Le tante facce del numero e di Nepero

Le tante facce del numero e di Nepero
Paolo Tilli
Dipartimento di Matematica
Politecnico di Torino
Premessa
Questa breve nota raccoglie, e in parte integra, il contenuto della conferenza da
me tenuta col medesimo titolo, nell’ambito degli incontri MAT+ del Politecnico
di Torino, rivolti agli studenti del primo anno e, più in generale, a un pubblico
eterogeneo.
Il titolo di questo intervento, il cui merito va all’amica e collega Anita Tabacco che ha organizzato questi incontri, è certamente accattivante ma anche
piuttosto impegnativo. Infatti, il numero e gioca un ruolo centrale in matematica, e voler qui presentarne una panoramica esauriente, sia pure a livello
elementare e introduttivo, sarebbe un’impresa destinata a fallire.
Pertanto, è stato assolutamente necessario effettuare delle scelte a livello di
impostazione generale. In particolare, anziché iniziare in maniera assiomatica
con una definizione del numero e e procedere dimostrando teoremi, ho preferito
cominciare con l’analisi di una semplice applicazione (il problema dell’interesse
composto), che conduce in modo abbastanza naturale ad una delle possibili definizioni del numero e, come limite di potenze crescenti. Naturalmente, qualsiasi
altro fenomeno con crescita esponenziale, come la riproduzione dei batteri o il
decadimento radioattivo, avrebbe portato alla stessa definizione. Ho poi deciso
di provare in dettaglio l’esistenza del limite
n
1
lim 1 +
n→∞
n
con cui viene definito il numero e. Per far questo vengono usati in particolare due
strumenti, la disuguaglianza G ≤ A tra media aritmetica e media geometrica,
e lo sviluppo del binomio (a + b)n coi relativi coefficienti. Per completezza, ho
dedicato a questi due argomenti due brevi appendici alla fine di questa nota.
Procedendo in questo modo, si ottiene con poco sforzo la relazione
1
1
1
,
e = lim 1 + + + · · · +
n→∞
1! 2!
n!
che costituisce una definizione alternativa del numero e. Grazie a questa formula, è possibile approssimare e per difetto col numero
1
1
1
+ + ··· +
1! 2!
n!
a patto di scegliere n sufficientemente grande, ed è anche possibile mostrare che
l’errore commesso è minore di 1/(n · n!). In modo abbastanza sorprendente1
1+
1I
teorici dei numeri, invece, conoscono bene questo fenomeno.
1
da una stima per l’errore, cioè da un risultato di calcolo numerico e tipicamente applicativo, è possibile dimostrare in poche righe un risultato dal sapore
fortemente teorico, ovvero il fatto che e è un numero irrazionale.
Infine, viene accennata la trascendenza di e e vengono presentate, senza
dimostrazione, altre possibili definizioni equivalenti assieme ad alcune curiosità.
1
Il problema dell’interesse composto
Consideriamo un capitale iniziale C, messo a fruttare con un tasso di interesse
annuo x > 0 (ad esempio x = 1/20 corrisponde ad un interesse del 5% e cosı̀
via). Dopo un anno, il capitale avrà fruttato una somma xC e il montante (cioè
il capitale iniziale aumentato dell’interesse) sarà dato da
C + xC = C(1 + x).
Supponiamo ora che la capitalizzazione (cioè l’aggiornamento del capitale in
base all’interesse maturato fino a quel momento) avvenga anziché ogni anno
ogni sei mesi, fermo restando l’interesse annuo x. Dopo il primo semestre il
capitale sarà allora aumentato di un fattore x/2 e salirà quindi a
x
x
.
(1)
C + C =C 1+
2
2
Nel secondo semestre, invece, l’aumento di capitale del restante fattore x/2
non sarà calcolato sul capitale iniziale C, bensı̀ sul capitale esistente alla fine del primo semestre, cioè quello già calcolato nella (1). In definitiva, una
capitalizzazione semestrale porta, dopo un anno, ad un montante
x x
x 2
C 1+
1+
=C 1+
.
2
2
2
In sostanza, anziché incrementare una sola volta il capitale di un fattore x (alla
fine dell’anno), lo si incrementa ora due volte, e ogni volta di un fattore x/2
(ogni semestre).
Analogamente, se si capitalizza ogni quadrimestre, il capitale verrà incrementato nell’anno tre volte – ogni volta di un fattore x/3 – fruttando dopo un
anno un capitale pari a
x 3
C 1+
.
3
Capitalizzando ogni giorno si realizzerà dopo un anno la cifra
x 365
C 1+
365
e, più in generale, se la capitalizzazione avviene n volte in un anno il montante
alla fine sarà dato da
x n
C 1+
.
n
È naturale chiedersi cosa accadrebbe al nostro capitale se l’aggiornamento avvenisse con frequenza sempre maggiore ovvero se (almeno in linea di principio) la
capitalizzazione avvenisse ad ogni istante. In questo senso, è naturale studiare
da un punto di vista matematico l’esistenza del limite
x n
lim C 1 +
.
n→∞
n
2
A questo proposito è chiaro che il capitale iniziale C gioca il ruolo di una semplice
costante di proporzionalità: il capitale dopo un anno sarà proporzionale a C, e
quel che conta è studiare il limite
x n
,
f (x) = lim 1 +
n→∞
n
che indichiamo con f (x) per sottolineare che tale limite potrà dipendere, in
qualche maniera, dal numero x. Naturalmente, in questo stadio della nostra
analisi, l’esistenza di questo limite è ancora tutta da provare.
Osserviamo però che, cambiando variabile e ponendo h = n/x, abbiamo
h !x
1
x n
=
1+
1+
.
n
h
Pertanto, se supponiamo per un attimo di aver già dimostrato che il limite
f (1) = lim
h→∞
1
1+
h
h
(2)
(dove h non è necessariamente un intero) esiste ed è finito, allora abbiamo
risolto il problema generale, poiché in tal caso f (1) è certamente positivo e per
un generico x > 0 si ha
h !x
h !x
1
x n
1
1+
f (x) = lim 1 +
= lim
= lim 1 +
= f (1)x
n→∞
h→∞
h→∞
n
h
h
(nella penultima uguaglianza si è usata la continuità dell’operazione di elevamento alla potenza x), e quindi ricapitolando
x n
f (x) = lim 1 +
= f (1)x , x > 0.
(3)
n→∞
n
In altre parole, basta mostrare l’esistenza del limite (2) corrispondente al caso
x = 1,2 per risolvere il caso generale riducendolo ad un elevamento alla potenza
x, ottenendo che la funzione f (x) è una esponenziale di base f (1).
In effetti, il limite nella (2) esiste ed è finito: esso è un numero reale positivo particolarmente importante in matematica, proprio perché emerge in modo
naturale (un po’ come π) in diversi ambiti della matematica e delle sue applicazioni. Naturalmente, si tratta del numero e, la base dei logaritmi naturali,
detto anche (un po’ impropriamente) numero di Nepero, dal nome del matematico scozzese John Napier (1550-1617), che alle fine del ’500 inventò i logaritmi
e ne compilò le prime tabulazioni per facilitare le operazioni di calcolo in trigonometria sferica e astronomia. In realtà, Napier non si imbatté mai nel numero
e, in quanto i suoi logaritmi erano definiti in modo geometrico (come corrispondenze tra progressioni geometriche e progressioni aritmetiche), e soltanto nel
1615, su suggerimento di Henry Briggs (1561-1631), Napier adottò il numero 10
come base del logaritmo. Tuttavia, la definizione moderna di logaritmo come
esponente di una base è successiva, poiché a quell’epoca gli esponenti frazionari
2 Un
interesse del 100%!
3
e irrazionali non erano in uso. Fu infatti Eulero (1707-1783) che definı̀ i logaritmi come esponenti e, nel 1728, propose il numero e come base dei logaritmi,
scelta questa universalmente adottata ancora oggi.
Eulero scoprı̀ diverse proprietà del numero e, e in particolare ne mostrò
l’irrazionalità nel 1737, tramite sviluppi in frazioni continue. Per ulteriori notizie
storiche, si rimanda al libro di Klein [4].
Esercizi
1.1 Indichiamo con bhc la parte intera del numero reale h. Usando le diseguaglianze
1+
1
bhc + 1
bhc−1
<
1+
1
h
h
<
1+
1
bhc − 1
bhc+1
,
h > 2,
mostrare che, se il limite (2) esiste con h intero, allora esiste anche con h reale.
2
Definizione del numero e
Definiamo dunque il numero e come
def
e = lim
1+
n→∞
1
n
n
,
(4)
e mostriamo che tale limite esiste ed è finito, limitandoci per semplicità al caso
in cui n è intero (si veda l’esercizio 1.1).
Prima di procedere è utile richiamare alcune nozioni. Dati n numeri reali
non negativi x1 , . . . , xn , la loro media aritmetica è per definizione il numero
A=
x1 + x2 + · · · + xn
,
n
mentre la loro media geometrica è il numero
G = (x1 x2 · · · xn )1/n ,
cioè la radice n-esima del loro prodotto. La media aritmetica A e la media
geometrica G di n numeri positivi sono sempre legate dalla disuguaglianza
G ≤ A,
che è dimostrata in appendice.3
Se ora consideriamo gli n + 1 numeri
1
1
1
, 1+
,..., 1 +
1, 1 +
n
n
n
dove (1 + 1/n) compare n volte, e calcoliamo le loro medie geometrica e aritmetica, troviamo
n
1 + n 1 + n1
1
1 n+1
=1+
.
G= 1+
, A=
n+1
n+1
n
3 La disuguaglianza in questione non è affatto ovvia, tuttavia per ricordarla basta pensare
che se uno solo degli n numeri si annulla, allora G = 0 mentre A > 0.
4
La disuguaglianza tra le medie G ≤ A, elevandone ambo i membri alla n + 1,
fornisce quindi
n n+1
1
1
≤ 1+
,
1+
n
n+1
ovvero la successione
an =
1+
1
n
n
,
n = 1, 2, . . .
(5)
è crescente. Da questo segue subito che il limite nella (4) esiste (finito, o infinito).
Per mostrare che il limite è finito, occorre dimostrare che la successione {an }
è superiormente limitata, e per questo introduciamo la successione {sn } definita
da
1
1
1
1
s0 = 0, sn = 1 + + + + · · · + , n = 1, 2, . . .
(6)
1! 2! 3!
n!
dove il simbolo n!, detto il fattoriale di n, indica il prodotto dei numeri naturali
da 1 fino a n, ovvero 1! = 1, 2! = 2 · 1, 3! = 3 · 2 · 1, e in generale
n! = n(n − 1)(n − 2) · · · 3 · 2 · 1.
Per convenzione, si definisce anche 0! = 1, per cui possiamo scrivere in maniera
più sintetica
n
X
1
, n = 0, 1, 2, . . .
sn =
j!
j=0
La successione {sn } risulta evidentemente crescente; d’altra parte, è facile mostrare che essa è anche superiormente limitata. In effetti, si ha
1
1
= ,
2!
2
1
1
1
=
< 2,
3!
3·2
2
1
1
1
=
< 3,
4!
4·3·2
2
e in generale
1
1
≤ n−1 , n = 2, 3, 4, . . .
n!
2
Pertanto, dalla (6) si trova, per n ≥ 2,
1
1
1
1 1
1
sn = 1 + 1 + + + · · · +
≤ 1 + 1 + + + · · · + n−1 .
2! 3!
n!
2 4
2
(7)
Per stimare la somma in parentesi, ricorriamo alla classica disuguaglianza
1+
1
1
1
α
+ 2 + · · · + n−1 <
,
α α
α
α−1
∀α > 1,
(8)
per la cui verifica basta indicare con S la somma a primo membro e osservare
che
1
1
1
1
1
αS = α 1 + + 2 + · · · + n−1 = α + 1 + + · · · + n−2 < α + S,
α α
α
α
α
da cui la (8).
Ora, scegliendo α = 2 nella (8), si ottiene che la somma in parentesi nella
(7) è minore di 2, per cui
sn < 3 ∀n.
(9)
5
Tornando alla (5), possiamo ora mostrare che in effetti si ha
an ≤ sn ,
n = 1, 2, 3, . . .
(10)
e per far questo ricorriamo allo sviluppo del binomio. Ricordiamo che si ha, per
ogni intero n ≥ 0 e per ogni coppia di numeri reali a, b
n
(a + b) =
n X
n
j
j=0
dove il simbolo
n
j
an−j bj ,
(11)
, detto coefficiente binomiale, è dato da
n
n(n − 1) · · · (n − j + 1)
,
=
j!
j
0≤j≤n
(12)
(per i maggiori dettagli, si veda l’Appendice II alla fine di questa nota). Ricor
diamo la convenzione 0! = 1 e notiamo che, in particolare, vale sempre n0 = 1.
Lo sviluppo del binomio (11), con a = 1 e b = 1/n, permette di scrivere an come
an =
1+
1
n
n
=
n X
n 1
.
j nj
j=0
(13)
Ora però, poiché per j > 0 il numeratore nella (12) è il prodotto di j fattori
minori o uguali a n, i coefficienti binomiali si possono stimare per eccesso con
n
nj
, 0≤j≤n
≤
j!
j
(la disuguaglianza è ovvia per j = 0). Inserendo questa stima nella (13), si
ottiene finalmente
n X
n
1
1
an = 1 +
≤
= sn < 3
n
j!
j=0
avendo usato anche la (9). Pertanto, essendo an crescente e superiormente
limitata, si ha che la (4) definisce effettivamente il numero reale e, e tale numero
verifica
2<e≤3
(la prima disuguaglianza segue ad esempio da a2 > 2). Inoltre, possiamo ora
effettivamente avvalerci della (3), con f (1) = e. Otteniamo allora, almeno per
x > 0,
x n
ex = lim 1 +
,
(14)
n→∞
n
una formula notevole per il calcolo della funzione esponenziale. In realtà, questa
formula è valida per ogni x reale (si veda l’esercizio 2.2), ed è la definizione di funzione esponenziale data da Eulero nella sua Introductio in analysin infinitorum
del 1748 (per maggiori dettagli si veda [4]).
6
Esercizi
2.1 Si calcoli quanto vale esattamente il primo membro nella (8), per ogni α reale (il caso
α = 1 va trattato a parte).
2.2 Osservando che per n 6= x si ha
1−
x n
=
n
1+
x
n−x
−n
,
dimostrare che, se per un certo x > 0 esiste il limite
a = lim
n→∞
1+
allora esiste anche il limite
lim
n→∞
1−
x n
,
n
x
n−x
n
e vale 1/a. Dedurre che la (14) vale per ogni x.
3
Una definizione equivalente
Vogliamo ora mostrare la formula notevole
1
1
1
e = lim sn = lim 1 + + + · · · +
,
n→∞
n→∞
1! 2!
n!
(15)
che rappresenta quindi un’altra possibile definizione del numero e, alternativa,
ma del tutto equivalente, alla (4).
Notiamo intanto che, passando al limite nella (10), si trova subito la disuguaglianza
e ≤ lim sn .
n→∞
Pertanto, ci basterà mostrare la disuguaglianza opposta e ≥ limn sn . A questo
scopo, scegliamo un qualsiasi numero naturale k (si immagini k grande, per
fissare le idee), e per n > k ricorriamo ancora allo sviluppo binomiale (13),
ottenendo in particolare
an =
n k X
X
n 1
n 1
>
,
j
n
j nj
j
j=0
j=0
∀n > k.
(16)
Ricordiamo che k è fissato, mentre n > k può essere preso arbitrariamente
grande; inoltre, nell’ultima sommatoria l’indice j non supera k. Ora, per ogni
j fissato tra zero e k, si vede facilmente dalla (12) che
n 1
1
n(n − 1) · · · (n − j + 1)
1
lim
=
lim
=
n→∞ j nj
j! n→∞
nj
j!
(se j > 0, a numeratore nella parentesi vi sono esattamente j fattori, ognuno
dei quali diviso per n tende a 1, quando n tende a infinito; se invece j = 0, la
relazione è ovvia). Quindi, passando al limite per n → ∞ nella (16), nell’ultima
sommatoria il j-esimo addendo tende a 1/j!, e segue quindi che
lim an ≥
n→∞
k
X
1
= sk .
j!
j=0
7
Ma il limite a sinistra è proprio e, mentre a destra k era stato fissato all’inizio
in modo arbitrario. Ne segue che e ≥ sk per ogni k (vale anzi e > sk essendo sk
strettamente crescente), ovvero
e ≥ sup{sk } = lim sk .
k→∞
Pertanto, la (15) è dimostrata.
Esercizi
3.1 Adattando il ragionanamento fatto per ottenere la (15), mostrare che
lim
n→∞
1+
3
n
n
1+
= lim
n→∞
e quindi (per la (14))
e3 = lim
n→∞
1+
3
32
3n
+
+ ··· +
1!
2!
n!
3
32
3n
+
+ ··· +
1!
2!
n!
3.2 Più in generale, mostrare che per x ≥ 0 si ha
ex = lim
n→∞
1+
x
x2
xn
+
+ ··· +
1!
2!
n!
.
(questa formula vale in realtà anche per x < 0).
3.3 Quale difficoltà si incontra se si cerca di dimostrare la formula precedente (che pur è
valida) quando x < 0?
3.4 Mostrare che, per ogni intero k ≥ 0, si ha
lim
x→∞
ex
= 0.
xk
Cosa significa questo, dal punto di vista della crescita di ex ?
4
Approssimazione numerica di e
Le due formule (4) e (15) sono quindi del tutto equivalenti, e possono essere
entrambe adottate come possibili definizioni del numero e, a seconda dell’approccio che si vuole adottare (naturalmente, se la (15) è presa come definizione
di e, allora la (4) diventa un teorema).
Osserviamo comunque che, da un punto di vista del calcolo numerico, la
(15) è più adatta a fornire una buona approssimazione del numero e, in quanto
a parità di n l’approssimazione per difetto di e tramite sn è assai migliore
rispetto all’approssimazione (sempre per difetto) tramite an . In particolare, se
si indica con Ek l’errore commesso approssimando per difetto il numero e col
numero sk , si ha
0 < Ek = e − sk = lim (sn − sk ) = lim
n→∞
n→∞
n
X
1
.
j!
(17)
j=k+1
Per stimare l’errore di approssimazione Ek , dobbiamo quindi stimare dall’alto,
in funzione di k, il limite dell’ultima sommatoria. In effetti se (come accade
nell’ultima sommatoria) si ha j ≥ k + 1, allora
1
1
1
1
1
=
≤
,
j!
(k + 1)! (k + 2)(k + 3) · · · (j − 1)j
(k + 1)! (k + 2)j−k−1
8
avendo considerato che nell’ultima parentesi, a denominatore, vi sono esattamente j − k − 1 fattori, ognuno dei quali vale almeno k + 2 (se j = k + 1, l’ultima
partentesi vale 1 e la disuguaglianza finale vale comunque). Pertanto si ha, per
ogni n > k, la stima
n
n
X
X
1
1
1
≤
j!
(k + 1)!
(k + 2)j−k−1
j=k+1
j=k+1
1
1
1
1
≤
+
·
·
·
+
.
1+
+
(k + 1)!
k + 2 (k + 2)2
(k + 2)n−1
Per stimare la somma dentro all’ultima parentesi usiamo ancora la (8), questa
volta con α = k + 2, ottenendo cosı̀
n
X
1
1
1
k+2
1 k(k + 2)
<
≤
=
j!
(k + 1)! k + 1
k · k! (k + 1)2
k · k!
j=k+1
(l’ultime disuguaglianza serve soltanto a ottenere una stima più leggibile). Dato
che l’ultima quantità non dipende da n ma solo da k, tornando alla (17) troviamo
la stima per l’errore
1
0 < Ek = e − sk <
.
(18)
k · k!
Ad esempio, poiché 6 · 6! = 4320, approssimando e con s6 si ottiene un errore
minore di 1/4320. In particolare, si ottiene che
e ≈ 2.718
con le prime tre cifre decimali corrette. L’approssimazione a venti cifre decimali
è data
e ≈ 2.71828182845904523536,
che puè essere ottenuta approssimando e, ad esempio, con s20 . Il calcolo di
sk = 1 +
1
1
1
+ + ··· +
1! 2!
k!
per k molto grande può essere fatto con un numero relativamente basso di moltiplicazioni, nonostante i vari fattoriali che compaiono nell’espressione, mettendo
in evidenza i fattori comuni. Ad esempio,
1
1
1
1
1
1
s4 = 2 + + +
=2+
1+
1+
2! 3! 4!
2
3
4
e, in generale,
sk = 2 +
1
2
1+
1
3
1+
1
4
1 + ··· +
1
k−1
1+
1
k
···
.
Esercizi
4.1 Se n > 4, mostrare che l’ultima cifra di n! è zero. Con quanti zeri termina, esattamente,
il numero 129! ?
4.2 Si determini almeno un valore di k tale che sk approssima e con almeno 40 cifre decimali
esatte.
4.3 Con una calcolatrice che effettui soltanto divisioni e somme, e che non possa memorizzare
calcoli intermedi, si dica come si può calcolare sk . Quante operazioni sono necessarie?
9
5
Irrazionalità e trascendenza di e
Ricordiamo che un numero x si dice razionale se esistono due interi p, q con
q 6= 0 tali che x√= p/q; in caso contrario, x si dice irrazionale. È ben noto che
il numero reale 2 è irrazionale. Cosa dire di e?
Teorema 5.1 (Eulero, 1737) Il numero e è irrazionale.
La dimostrazione che presentiamo è per assurdo, e sfrutta in maniera decisiva
la stima per l’errore (18), quando si approssima e con sk .
Dim. Supponiamo, per assurdo, che esistano due numeri naturali p, q tali che
e = p/q. Sappiamo già che 2 < e < 3, quindi e non è certamente intero: in
particolare, deve essere q > 1. Dalla stima per l’errore (18), fatta con k = q,
segue allora che
0<
p
1
1
1
1
p
− sq = − 1 − − − · · · − <
.
q
q
1! 2!
q!
q · q!
Ma, moltiplicando per q!, si ottiene
p
1
− sq < < 1,
0 < q!
q
q
che è assurdo in quanto q! pq − sq è un numero intero. È chiaro che un numero razionale x = p/q è radice dell’equazione di primo
grado
qx − p = 0
a coefficienti interi. Viceversa, la radice di un’equazione di primo grado a coefficienti interi è certamente un numero razionale: perciò, possiamo pensare ai
numeri razionali come a tutte le soluzioni di tutte le possibili equazioni di primo
grado a coefficienti interi.
Questa osservazione suggerisce una possibile generalizzazione del concetto
di numero razionale. Un numero reale x si dice algebrico se è radice di una
opportuna equazione di grado n ≥ 1
an xn + an−1 xn−1 + · · · + a1 x + a0 = 0
a coefficienti interi. È chiaro quindi che, in particolare, ogni numero razionale
è anche algebrico. Tuttavia, non è detto
che un numero algebrico sia raziona√
le: ad esempio, sappiamo che x = 2 non è razionale, tuttavia esso è radice
dell’equazione di secondo grado
x2 − 2 = 0
√
che è a √
coefficienti interi, quindi 2 è algebrico ma non razionale. Analogamente, 3 5 è irrazionale ma algebrico, in quanto risolve l’equazione cubica a
coefficienti interi
x3 − 5 = 0
√
(è fondamentale poter aumentare il grado dell’equazione, poiché 3 5 non risolve
alcuna equazione di secondo grado a coefficienti interi). Si può dimostrare che
10
radici, somme e prodotti di numeri algebrici sono ancora algebrici, per cui è
possibile costruire numeri algebrici anche molto complicati, come ad esempio
q
√
3√
5
4
12 − 8 2 + 11.
2
Non bisogna tuttavia credere che tutti i numeri algebrici si possano esprimere in
questo modo tramite radicali: ad esempio, le soluzioni delle equazioni di grado
maggiore di quattro non sono esprimibili, in generale, tramite radicali (si veda
[2], [4]).
In ogni caso, questa idea permette di classificare i numeri algebrici in classi
via via più complicate, a seconda del minimo grado d tale che x risolva un’equazione√di grado d a coefficienti interi (i razionali corrispondono al caso d = 1,
mentre 2 è per cosı̀ dire più complesso in quanto richiede d = 2). È allora
naturale chiedersi se i numeri algebrici esauriscano i numeri reali. Tuttavia, le
possibili equazioni a coefficienti interi di grado d sono un insieme numerabile,
quindi l’insieme di tutti i numeri algebrici è a sua volta numerabile: essendo
l’insieme dei numeri reali non numerabile, segue che esistono numeri reali non
algebrici (anzi, questo ragionamento basato sulla cardinalità mostra che i numeri reali non algebrici hanno la potenza di R, e in un certo senso sono quindi
“molti di più” rispetto ai numeri algebrici.
I numeri non algebrici si chiamano trascendenti . Qual è, allora, un esempio
di un numero reale non algebrico? Naturalmente, il numero e fa al caso nostro.
Teorema 5.2 Il numero e non è algebrico.
La dimostrazione di questo teorema è abbastanza laboriosa, e pertanto la omettiamo. Tuttavia, essa richiede soltanto qualche strumento di calcolo integrale,
ed è pienamente accessibile a uno studente universitario del primo anno (si veda
ad esempio [3]).
Esercizi
√
√
5.1 Mostrare, usando l’irrazionalità di e, che e e 3 e sono irrazionali. Segue o non segue,
soltanto dal fatto che e è irrazionale, che e2 è irrazionale?
5.2 Data una equazione di grado n a coefficienti interi
an xn + an−1 xn−1 + · · · + a1 x + a0 = 0,
chiamiamo “taglia” di questa equazione il numero intero
t = n + |an | + |an−1 | + · · · + · · · |a1 | + |a0 |.
Mostrare che, per ogni numero naturale t, le equazioni a coefficienti interi di taglia t sono in
numero finito. Si deduca che l’insieme dei numeri algebrici è numerabile.
√
√
5.3 Mostrare che 2 + 3 è algebrico.
6
Ulteriori proprietà e caratterizzazioni
Concludiamo questa nota con una breve rassegna di alcune proprietà e caratterizzazioni del numero e, che riportiamo senza dimostrazione.
1. Formula di Stirling.
11
Il limite notevole
√
2πn
n n
e
=1
n!
è noto come formula di Stirling (per una dimostrazione, si veda [1]) e serve,
tra l’altro, a fornire una stima precisa per la crescita del fattoriale. Da
questa formula, segue subito la caratterizzazione di e come
lim
n→∞
n
.
e = lim √
n
n→∞
n!
2. Funzione inversa del logaritmo.
Per x > 0, si definisce la funzione logaritmo naturale di x come
Z x
1
ln x =
dt, x > 0.
1 t
È facile vedere che ln x è una funzione continua, strettamente crescente e
inoltre
lim ln x = +∞.
lim ln x = −∞,
x→+∞
x→0+
Pertanto, ln x è surgettiva sulla retta reale ed ammette una funzione inversa. Si può dimostrare (oppure prendere come definizione dell’esponenziale) il fatto che ex sia la funzione inversa di ln x. In particolare, e risulta
definito come l’unico numero reale tale che
ln e = 1.
3. Area sottesa dall’iperbole.
Si consideri per x > 0 il grafico dell’iperbole di equazione y = 1/x. È
possibile definire il numero e come l’unico numero α > 0 tale che l’area
della regione di piano compresa tra l’asse y = 0, l’iperbole y = 1/x, e
le due rette verticali x = 1 e x = α, valga esattamente 1. In realtà,
l’area sotto l’iperbole si calcola tramite l’integrale di 1/x, quindi questo
approccio è soltanto una riformulazione geometrica del precedente.
4. Derangements.
Una permutazione di n elementi è una qualsiasi funzione iniettiva f :
{1, 2, . . . , n} 7→ {1, 2, . . . , n}. Essendo f iniettiva (e quindi anche surgettiva), se scriviamo consecutivamente i numeri
f (1),
f (2), . . . , f (n),
vedremo comparire (in un qualche ordine che dipende da f ) tutti i numeri
{1, 2, . . . , n}, e viceversa. Quindi, possiamo pensare a una permutazione f come a un possibile modo di scrivere, in un certo ordine, i numeri
{1, 2, . . . , n}. Ad esempio, per n = 4 la funzione
f (1) = 3,
f (2) = 2,
f (3) = 4,
corrisponde alla disposizione
3,
2,
12
4,
1,
f (4) = 1
mentre la disposizione
4,
1,
2,
3
corrisponde alla funzione
g(1) = 4,
g(2) = 1,
g(3) = 2,
g(4) = 3
(f e g sono due esempi diversi di permutazioni di 4 elementi). Si dice che il
numero i è un punto fisso per la permutazione f se vale f (i) = i. Nei due
esempi precedenti, f ha come unico punto fisso il 2 (essendo f (2) = 2),
mentre la permutazione g è priva di punti fissi (essendo sempre g(i) 6= i).
In generale, una permutazione può avere uno, più di uno, o nessun punto
fisso.
Una permutazione priva di punti fissi si chiama derangement (che in inglese significa “sconvolgimento”, “disordine”, per sottolineare che nessun
numero viene lasciato nella sua posizione naturale).
Tra le permutazioni di n elementi, quanti sono i derangements? Indicando
tale numero con dn , vale la formula
n!
,
(19)
dn =
e
dove il membro destro indica l’arrotondamento di n!/e all’intero più vicino.
Per una dimostrazione, si veda [5].
5. Calcolo delle probabilità.
In un aeroporto, gli n bagagli di n passeggeri vengono inizialmente smarriti
e poi successivamente ritrovati dal personale addetto. Tuttavia, nel frattempo, le etichette coi nomi sono andate distrutte, e viene deciso (avendo
l’elenco degli n passeggeri) di spedire un bagaglio a ciascun passeggero, in
maniera completamente casuale.
Cosı̀ facendo, quale tra le due alternative seguenti è la più probabile?
a) Nessuna persona si vede recapitare il proprio bagaglio.
b) Almeno una persona si vede recapitare il proprio bagaglio.
Naturalmente, si suppone che tutti i possibili abbinamenti tra bagagli e
passeggeri siano equiprobabili.
Osserviamo che, numerando le persone da 1 a n e analogamente i bagagli,
in modo che il bagaglio i appartenga al passeggero i, ogni possibile abbinamento può essere identificato con una permutazione f di n elementi
(dove f (i) = j significa che la persona i si vede recapitare il bagaglio j).
È allora chiaro che si verifica il caso a) se e soltanto se l’abbinamento f è
privo di punti fissi, cioè se e soltanto se f è un derangement.
Pertanto, affinché si verifichi a), il numero di casi favorevoli è il numero
dn dei possibili derangements, dato dalla (19). D’altra parte, il numero di
casi possibili è il numero di tutte le permutazioni di n elementi, ovvero n!
(si veda l’esercizio 6.11). In definitiva, la probabilità pn che si verifichi a)
è data da
n! pn =
13
e
n!
,
e quindi si ricava
1
.
e
Pertanto, se n è grande (in realtà, già per n > 2), è più probabile che si
verifichi l’evento b). In particolare, essendo 1/e ≈ 0.37, per n grande la
probabilità che si verifichi a) si assesta attorno al 37%, mentre quella che
si verifichi b) si assesta attorno al 73%.
lim pn =
n→∞
6. Equazione differenziale.
La funzione esponenziale ex può essere definita come l’unica funzione y(x)
definita su R, che verifichi il problema di Cauchy
f 0 (x) = f (x),
f (0) = 1
(naturalmente, occorre prima mostrare che tale problema ha una e una sola
soluzione). Avendo definito tale funzione, si puoi poi definire e ponendo
e = f (1).
Appendice I. Media aritmetica, media geometrica
e disuguaglianza tra le medie
Nella vita di tutti i giorni siamo abituati a usare il concetto di media aritmetica,
detta anche semplicemente media o valor medio. Ad esempio se x1 , . . . , xn rappresentano i chilometri percorsi ogni anno dalla nostra automobile in un periodo
di n anni, automaticamente siamo portati ad affermare che abbiamo percorso
in media ogni anno A chilometri, dove A è proprio la media aritmetica
A=
x1 + x2 + · · · + xn
n
delle lunghezze e non, ad esempio, la loro media geometrica
1
G = (x1 x2 · · · xn ) n .
Perché? La risposta è in gran parte soggettiva, tuttavia possiamo trovare una
giustificazione plausibile osservando che, se ogni anno percorressimo esattamente lo stesso numero di chilometri, percorrendo A chilometri all’anno per
n anni avremmo percorso una lunghezza complessiva pari a quella che abbiamo
effettivamente percorso (cioè la somma dei numeri x1 , . . . , xn ). E poiché
nA = x1 + x2 + · · · + xn ,
la media aritmetica A è in effetti l’unico numero che ha questa proprietà.
Ora supponiamo, invece, che i numeri x1 , . . . , xn rappresentino l’aumento
relativo di un capitale investito (o la sua diminuzione relativa) alla fine di ogni
anno, in un periodo complessivo di n anni. Ad esempio, x1 = 2 significa che
alla fine del primo anno il nostro capitale è raddoppiato, mentre x2 = 9/10
vuol dire che durante il secondo anno il nostro capitale è diminuito del 10%.
Qual è l’aumento relativo medio del nostro capitale, nell’arco degli n anni? La
media aritmetica sarebbe qui del tutto fuori luogo. Infatti, dopo il primo anno
14
l’incremento relativo del capitale è pari a x1 , dopo due anni è pari a x1 x2 , e
dopo n anni è dato dal prodotto
x1 x2 · · · xn .
D’altra parte, se il capitale avesse subito ogni anno una variazione relativa costante uguale a un certo numero α, dopo n anni la variazione relativa sarebbe
stata pari alla potenza αn ; pertanto, eguagliando questa ipotetica variazione
costante a quella effettiva, cioè ponendo
αn = x1 x2 · · · xn
e ricavando α, troviamo
α = (x1 x2 · · · xn )1/n ,
ovvero la media geometrica degli incrementi relativi di ogni anno. È quindi la
media geometrica, e non quella aritmetica, a giocare un ruolo naturale in questo
contesto. Altri tipi di medie usate frequentemente sono la media quadratica
r
x21 + x22 + · · · + x2n
Q=
n
e la media armonica (per numeri strettamente positivi)
H=
n
.
1
1
1
+
+ ··· +
x1
x2
xn
Limitandoci a considerare le medie geometrica e aritmetica, si ha il seguente
teorema, noto come disuguaglianza tra le medie.
Teorema 6.1 Siano x1 , x2 , . . . , xn numeri reali non negativi. Allora vale la
disuguaglianza
x1 + x2 + · · · + xn
,
(20)
(x1 x2 · · · xn )1/n ≤
n
ovvero la media geometrica è sempre minore o uguale alla media aritmetica.
Dim. La (20) è certamente vera se n = 2. Infatti, dati due numeri x1 , x2 ≥ 0,
si ha
√
√
( x1 − x2 )2 ≥ 0,
sviluppando il quadrato si ottiene
√
x1 + x2 − 2 x1 x2 ≥ 0,
e dividendo per 2 si trova che la media aritmetica di due numeri è sempre
maggiore o uguale alla loro media geometrica.
Ora mostriamo che, se la (20) è vera per n numeri positivi arbitrari, allora
è vera anche per 2n numeri positivi arbitrari. Consideriamo quindi 2n numeri
positivi
x1 , x2 , . . . , x2n
e indichiamo con G la loro media geometrica. Poiché
G = (x1 x2 · · · x2n )1/2n =
√
1/n
√
√
x1 x2 x3 x4 · · · x2n−1 x2n
,
15
la media geometrica G dei 2n numeri x1 , . . . x2n può essere pensata come la
media geometrica degli n numeri
√
x1 x2 ,
√
x3 x4 ,
√
...,
x2n−1 x2n .
Applicando quindi la disuguaglianza tra le medie geometrica e aritmetica di
questi n numeri, troviamo
√
√
√
1/n
x1 x2 + x3 x4 + · · · + x2n−1 x2n
√
√
√
G=
x1 x2 x3 x4 · · · x2n−1 x2n
≤
.
n
D’altra parte, sappiamo già (caso n = 2) che vale
√
x1 + x2
,
2
√
e disuguaglianze analoghe valgono per x3 x4 eccetera. Si ottiene quindi
G≤
x1 +x2
2
+
x3 +x4
2
x1 x2 ≤
+ ··· +
n
x2n−1 +x2n
2
=
x1 + x2 + · · · + x2n
= A,
2n
e quindi se la (20) vale per n numeri, essa vale vale anche per 2n numeri.
Essendo la (20) vera per n = 2, essa sarà allora vera anche per n = 4, 8, 16
eccetera, ovvero (per induzione su j) per tutte le potenze binarie n = 2j .
Il caso generale, in cui n non è una potenza di due, può essere facilmente
ricondotto al caso delle potenze binarie aggiungendo dei numeri fittizi, nel modo
seguente. Dato n, esiste certamente una potenza di due maggiore di n, ovvero
esiste un numero naturale m tale che n + m sia potenza di due (ad esempio, se
n = 9 possiamo scegliere m = 7). Dati allora n numeri positivi
x1 , x2 , . . . , xn ,
indichiamo con A la loro media aritmetica e consideriamo gli n + m numeri
x1 , x2 , . . . , xn , A, . . . , A
dove il numero A compare m volte. Per questo nuovo set di n + m numeri,
sappiamo che vale la disuguaglianza tra le medie
1
(x1 x2 · · · xn Am ) n+m ≤
x1 + x2 + · · · + xn + mA
,
n+m
essendo n + m una potenza di due. Ricordando però che x1 + · · · + xn = nA, la
disuguaglianza diventa
1
m
(x1 x2 · · · xn ) n+m A n+m ≤ A
che, come si vede subito, equivale alla (20).
16
Esercizi
6.1 Mostrare direttamente che, se la media aritmetica di due numeri a, b ≥ 0 coincide con la
loro media geometrica, allora i due numeri sono uguali.
6.2 Mostrare che la media geometrica di n numeri non negativi coincide con la loro media
aritmetica se e solo se gli n numeri sono tutti uguali. (Suggerimento: si riprenda in esame la
dimostrazione della disegueglianza tra le medie).
6.3 In un circuito vi sono n resistenze R1 , . . . , Rn collegate in parallelo. Se ci chiedessimo
qual è la resistenza media delle Ri , quale nozione di media sarebbe naturale usare?
6.4 Un pavimentatore piastrella ogni giorno, per n giorni, una stanza quadrata diversa, e
la i-esima stanza ha lato pari a li . Alla fine del lavoro il pavimentatore si chiede quale sia,
in media, il lato del quadrato che ha pavimentato in un giorno. Quale tipo di media gli
consigliereste di usare? E, se invece di piastrellare, si trattasse di imbiancare le pareti? (Si
supponga che i muri siano sempre della stessa altezza).
6.5 Ogni giorno una scavatrice esegue una buca a forma di cubo di lato li , i = 1, . . . , n, per
n giorni. Come calcolereste il lato medio della buca?
6.6 Una scavatrice scava una buca a forma di parallelepipedo, di lati a, b, c. Il pilota, abituato
a scavare buche a forma di cubo, si chiede quale sia il lato medio della buca, per quantificare
il lavoro fatto. Come deve procedere?
6.7 Sappiamo che vale sempre G ≤ A. Si cerchino analoghe diseguaglianze che coinvolgano
anche le medie armonica H, e quadratica Q (si inizi prima a esaminare qualche caso semplice,
ad esempio per n = 2).
Appendice II. Lo sviluppo del binomio
Le potenze intere di un binomio a + b
(a + b)0
(a + b)1
(a + b)2
(a + b)3
(a + b)4
..
.
=
1
=
a+b
=
a2 + 2ab + b2
3
=
a + 3a2 b + 3ab2 + b3
4
= a + 4a3 b + 6a2 b2 + 4ab3 + b4
si incontrano frequentemente nei calcoli, tanto è vero che lo sviluppo del quadrato (a + b)2 (“quadrato del primo termine, doppio prodotto e quadrato del
secondo termine”) risulta particolarmente familiare, cosı̀ come lo viluppo del
cubo (a + b)3 . In generale, se ci chiediamo quale sia la regola che consente di
espandere la potenza n-esima (a + b)n , possiamo anzitutto osservare che (a + b)n
è la somma di n + 1 termini, ognuno del tipo an−j bj (0 ≤ j ≤ n) moltiplicato
per un opportuno coefficiente che dipende da n e da j, e che indichiamo col
simbolo
n
,
j
detto coefficiente binomiale di indici n e j, o anche semplicemente “n binomiale
j”. Con questa notazione, possiamo senz’altro scrivere lo sviluppo del binomio
come
n X
n n−j j
n
(a + b) =
a
b ,
j
j=0
ma resta ancora il problema di trovare una formula esplicita per i coefficienti
binomiali.
17
Conviene riscrivere la precedente tabella tenendo conto soltanto dei coefficienti binomiali, ottenendo il seguente diagramma noto come triangolo di
Tartaglia:
n=0
1
n=1
1 1
n=2
1 2 1
n=3
1 3 3 1
n=4
1 4 6 4 1
n=5
1 5 10 10 5 1
n=6
1 6 15 20 15 6 1
..
.
1 ························1
Come fatto in figura, numeriamo le righe partendo da zero, in modo che il numero n di ciascuna riga corrisponda all’esponente di (a + b)n , mentre in ogni
riga numeriamo da sinistra (sempre iniziando da
zero) i coefficienti che vi compaiono. In tal modo, il coefficiente binomiale nj si trova effettivamente al posto
j nella riga n.
Le regole che governano il triangolo di Tartaglia sono sostanzialmente due.
Anzitutto, si nota subito che il primo e l’ultimo coefficiente di ogni riga sono
sempre uguali a 1, ovvero
n
n
=
= 1, n = 0, 1, 2, . . .
(21)
0
n
Ciò è naturale, in quanto il primo coefficiente di ogni riga n0 rappresenta il
coefficiente di an nell’espansione di
(a + b)n = (a + b)(a + b) · · · (a + b),
ed espandendo il prodotto si vede che la potenza an può essere ottenuta in un
solo modo, cioè moltiplicando tra loro n volte i simboli a contenuti in ciascuna
parentesi (per l’ultimo coefficiente di ogni riga, si ragiona in modo analogo con
bn ).
Inoltre, si osserva che nel triangolo di Tartaglia ciascun numero (che non
sia né il primo né l’ultimo della sua riga) è pari alla somma dei due numeri
che nel triangolo stanno sopra di lui (uno immediatamente a destra, l’altro
immediatamente a sinistra nella riga precedente). In formule, ciò vuol dire che
vale la regola
n+1
n
n
=
+
, 0 < j ≤ n,
(22)
j
j−1
j
che assieme alla (21) consente di generare, ricorsivamente, tutti i coefficienti
binomiali. La (22) si può dimostrare osservando che
(a + b)n+1 = (a + b)(a + b)n ;
pertanto, il monomio an+1−j bj nello sviluppo di (a + b)n+1 si può ottenere soltanto in due modi: come prodotto di a per il monomio an−j bj (che compare nello
sviluppo di (a+b)n ), oppure come prodotto di b per il monomio an+1−j bj−1 (che
compare anch’esso nello sviluppo di (a + b)n ). Sommando questi due contributi,
si ottiene che il coefficiente di an+1−j bj in (a + b)n+1 , ovvero n+1
, obbedisce
j
alla regola (22).
18
In effetti, in generale vale la formula esplicita
n
n!
=
, 0 ≤ j ≤ n,
j
(j!)(n − j)!
(23)
con la solita convenzione che 0! = 1. Questa formula coincide con la (21) per
j = 0 oppure j = n, ed è quindi vera in questo caso particolare. In generale,
la si può dimostrare per induzione su n: supponendo la formula valida per un
determinato n, se 0 < j < n + 1 abbiamo in base alla (22)
n!
n+1
n
n
n!
+
.
=
+
=
(j − 1)!(n − j + 1)! (j!)(n − j)!
j
j−1
j
Raccogliendo n! e portando a denominator comune si trova
n+1
j + (n − j + 1)
n+1
(n + 1)!
= n!
= n!
=
,
j
(j!)(n − j + 1)!
(j!)(n − j + 1)!
(j!)(n − j + 1)!
e quindi la (23) è vera anche per n + 1. La (23) può anche essere scritta in altro
modo, semplificando n! a numeratore con (n − j)! a denominatore, ovvero
n
n(n − 1)(n − 2) · · · (n − j + 1)
=
, 0 ≤ j ≤ n,
j!
j
dove il numeratore va inteso come 1 nel caso estremo in cui j = 0, poiché in tal
caso si ha ovviamente n!/(n − j)! = 1.
Da ultimo, osserviamo che il triangolo di Tartaglia è simmetrico rispetto al
suo asse verticale, ovvero si ha
n
n
=
, 0 ≤ j ≤ n.
j
n−j
Questa proprietà di simmetria dei coefficienti binomiali si ottiene subito dalla
(23), ma era del tutto prevedibile in quanto (a + b)n = (b + a)n , e quindi i
termini a e b giocano nello sviluppo del binomio un ruolo del tutto simmetrico.
Esercizi
6.8 Dimostrare che valgono le relazioni
n
1
=
n =n
n−1
( per n ≥ 1),
n
2
=
n n(n − 1)
=
2
n−2
(per n ≥ 2).
6.9 Dimostrare che per ogni n ≥ 0 vale
n X
n
j=0
j
= 2n .
6.10 Dimostrare che, per x ≥ 0 e per n intero positivo, si ha
(1 + x)n ≥ 1 + nx.
6.11 Dimostrare che k persone possono essere ordinate in fila in k! modi diversi. (Suggerimento: in quanti modi possiamo scegliere il primo della fila? Dopo aver scelto il primo della
fila, in quanti modi può essere scelto il secondo?).
6.12 Dimostrare che, se da n persone bisogna sceglierne k (k ≤ n) e ordinarle in una fila,
questo può essere fatto in n!/(n − k)! modi diversi (Si ragioni come nell’esercizio precedente).
19
6.13 Dimostrare che, se un allenatore ha n giocatori e deve sceglierne k da mandare in campo
per la partita, egli può effettuare la scelta in
n
k
modi diversi. (Suggerimento: si sfruttino i due precedenti esercizi, in ordine inverso).
6.14 Nell’esercizio precedente, k giocatori scendono in campo e gli altri n − k restano in
panchina. Da questo, si deduca che
n
k
=
n ,
n−k
0 ≤ k ≤ n.
Riferimenti bibliografici
[1] F.Conti, P. Acquistapace, A. Savojni, Analisi matematica, Milano,McGrawHill, 2001.
[2] R. Courant, H. Robbins, Che cos’è la matematica?, Torino, Boringhieri,
1978.
[3] E. Giusti, Analisi Matematica 1, Torino, Bollati Boringhieri, 1988.
[4] M. Klein, Storia del pensiero matematico, Torino, Einaudi, 1996.
[5] D. Knuth, The Art of Computer Programming, Volume I, Addison-Wesley,
1997, pag. 183.
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