paradigma della complessità

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Capitolo 1
Il paradigma della complessità
La complessità rifiuta di lasciarsi
definire in modo semplice e sbrigativo. Esistono due poli della complessità: un polo empirico, un polo logico. Il polo empirico è quello dei
disordini, dell'alea, dei grovigli, delle
inter-retro-azioni nei fenomeni. Il
polo logico è quello della causalità
retroattiva, delle contraddizioni inaggirabili a cui conduce la conoscenza
razionale-empirica, delle indecidibilità in seno a dei sistemi logici, della
complessità dell'identità.
E. Morin, 2002
Il paradigma della complessità
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La riflessione moriniana sulla complessità ha una genesi di
natura politico-sociale. Morin “è costretto” a una severa autocritica
dagli esiti catastrofici della oggettivazione della filosofia marxiana
del materialismo storico nella realtà socio-politica dell'Unione
Sovietica. Egli va alla ricerca delle motivazioni per cui aderì allo
stalinismo, accettò di piegare le ragioni e la morale individuali alle
esigenze dello sviluppo sociale e collettivo, e sottovalutò i tratti
negativi dell’ideologia e della prassi staliniane (astuzia, terrore e
violenze), classificandoli come epifenomeni assolutamente necessari per realizzare gli ideali universali della comunione e della fratellanza tra i popoli.
E in questo processo di rimeditazione e rigenerazione dell’esperienza, che è autoriflessivo e autocritico, Morin trasforma l’esperienza stessa in una nuova coscienza, che gli permetterà un nuovo
cammino.
È una lunga itineranza, scandita da riorganizzazioni progressive
del pensiero, le "riorganizzazioni genetiche", l'ultima delle quali, la
terza, a partire dal 1968, lo porterà a quella filosofia della complessità che egli stesso chiama "realismo complesso": un pensiero che
si alimenta del princìpio di contraddizione, ma non si arresta alla
contraddizione, vive di essa e la trasferisce al pensiero, all'etica e
alla politica.
Non cerca soluzioni nel campo ideologico o socio-politico, avverte
che l’errore è prevalentemente, se non essenzialmente, di natura
epistemologica, e nasce
da un modo mutilante di organizzazione della conoscenza,
incapace di riconoscere e di affermare la complessità del reale1.
Morin rompe con l’assunto marxiano secondo cui la cultura è
un fenomeno derivato della struttura economica della società,
affermando l’esistenza della noosfera o sfera delle idee come realtà
immanente a ogni formazione economico-sociale. Essa è sorta con
l’umanità, gode di vita ed esistenza proprie, è popolata da esseri
mentali (le idee) capaci di spingere l'uomo a gesti di straordinaria
grandezza, ma anche ad azioni irrazionali e di morte.
1 E. Morin, Teorie dell'evento, in A. Anselmo, Edgar Morin. Dal riduzionismo alla Complessità, Armando Siciliano, Messina, 2000, p. 12.
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Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
Morin intuisce che non vi può essere meccanica identificazione tra
l’uomo e la sua specifica collocazione di produttore. L’essere
uomo nel contempo sapiens e demens, è l'effetto singolare dell'attività conoscitiva, critica, che si esercita anche sugli errori e le illusioni, e per essere costruttiva deve sapere evitare il pericolo della
razionalizzazione che incombe continuamente sull’attività della
mente umana.
Afferma Morin che
Razionalizzazione
La razionalizzazione si crede razionale perché costituisce un
sistema logico perfetto, fondato sulla deduzione o sull’induzione,
ma si fonda su basi mutilate e false, e si chiude alla contestazione
degli argomenti e della verifica empirica2.
È dall’attività razionalizzatrice che nasce l'idealismo, la presa
di possesso del reale da parte dell’idea, che manipola e soggioga
l'ideatore, il sopravvento del mondo delle idee, la “foresta dei
miti", che fa degenerare l'attività di pensiero cioè l'idealità necessaria a tradurre il reale in idea.
Il filosofo francese confessa in Autocritica di non essere sfuggito a
questo errore di razionalizzazione. Il marxismo gli apparve come
un sistema di idee che avrebbe potuto articolare le scienze dell’uomo con le scienze della natura e promuovere pertanto, attraverso l’integrazione delle conoscenze più varie, la realizzazione di
un sapere globale3.
Fu posseduto a tal punto da questa idea-mito da fargli misconoscere i deliri, le crudeltà, le violenze della forma politico-istituzionale
che assunse il marxismo nella Russia sovietica: lo stalinismo.
Per questa ragione Morin ritiene fondamentale una
Transizione
riorganizzazione della struttura stessa del sapere, a
epistemologica
partire da una nuova scienza antropo-sociale, che
si articoli sulla scienza della natura, dunque, in definitiva, una
transizione epistemologica: dal paradigma (perduto) riduzionista
2 E. Morin, I sette saperi necessari all'educazione del futuro, Cortina,
Milano, 2001, p. 29.
3 A. Anselmo, Edgar Morin. Dal riduzionismo alla Complessità, op. cit., p.
17.
Il paradigma della complessità
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della scienza classica al paradigma della complessità, capace di
articolare la sfera antropo-sociale in quella biologica, ed entrambe
in quella fisica.
Progetto ambizioso quello del filosofo francese, che incontra notevoli difficoltà. Innanzitutto la necessità di un sapere enciclopedico,
poi l’abbandono del princìpio di derivazione cartesiana della
disgiunzione come metodo conoscitivo e in ultimo l’affermazione
di un nuovo princìpio epistemologico: il collegamento opposto alla
disgiunzione, cioè l’affermazione del princìpio di circolarità della
relazione physis-antropo-sociologia, che Morin stesso considera un
paradosso logico, per cui parla opportunamente di un
triplice muro: il muro enciclopedico, il muro epistemologico, il
muro logico4,
che tuttavia si prepara a superare nel passaggio dal pensiero all'azione.
4 E. Morin, Il Metodo 5. La natura della natura, Cortina, Milano, 2001, p. 7.
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Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
1.1 La transizione epistemologica: ordine e disordine
Sarà proprio dal mondo delle scienze della natura (fisica,
cosmologia e biologia), quello stesso che pretendeva di dettare alle
altre scienze i paradigmi epistemologici per l'indagine dei fatti e
dei fenomeni sociali, che arriveranno il cambiamento e la mutazione.
Molto opportunamente Annamaria Anselmo in Edgar Morin. Dal
Riduzionismo alla Complessità, parla di questo evento come di un
paradosso. Mentre da parte delle scienze sociali, infatti, si prende a
modello il metodo investigativo delle scienze della natura, in particolare della fisica, e si cerca di estenderlo, con scopi predittivi, ad
ambiti ancora più complessi del reale, come la sfera antropo-sociale, dall’interno stesso della fisica e della biologia emerge la critica
al teorema di investigazione riduzionista-meccanicistico-causalista. Si realizza, in buona sostanza, quella che Thomas Kuhn chiama “crisi epistemologica”, un mutamento di impostazione conoscitiva che sostituisce il vecchio paradigma col nuovo: la comparsa
del disordine nell’ordine cosmico della legge eterna ed universale,
che la modernità aveva a sua volta sostitutito alla Legge
dell’Eterno.
Il pilastro fisico dell’Ordine era rosicchiato, minato dal secondo princìpio. Il pilastro microfisico dell’Ordine era crollato.
L’ultimo e supremo pilastro, quello dell’ordine cosmologico, crolla
a sua volta. In ognuna delle tre scale in cui consideriamo
l’Universo, la scala macrocosmica, la scala microfisica, la scala
della nostra <<fascia intermedia>> fisica, spunta il disordine per
rivendicare audacemente il trono che occupava l’Ordine5.
L’orologio dell’universo si è, dunque, inceppato, sostiene
Morin. L’ordine che consentiva di unificare sotto la medesima
legge universale (la gravitazione) tutti i fenomeni terrestri e celesti,
si rompe. Una sacca di disordine genesico e organizzatore entra nel
cuore stesso dell’ordine fisico-meccanico: nella macro-fisica attraverso il princìpio di degradazione dell’energia e i nuovi sviluppi
della termodinamica, a livello microfisico tramite la meccanica
5 Ivi, p. 42.
Il paradigma della complessità
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quantistica di Planck e di Heisenberg, in cosmologia veicolate
dalle teorie dell’espansione dell’universo messe in luce da Edwin
Powell Hubble.
Fu Ludwig Boltzmann (1844-1906) ad annunciaEntropia e
termodinamica re la morte termica dell’universo, come conseguenza del secondo princìpio della termodinamica
o dell’irreversibilità dei fenomeni naturali, per cui la progressiva
dissipazione delle energie potenziali presenti nel sistema universo
porterebbe ad una crescita costante e continua di entropia, cioè
alla degradazione totale dell’energia universale e alla totale inabilità a svolgere lavoro.
Tutti i tentativi di salvare l’universo da questa morte termica –
afferma Boltzmann - non hanno avuto successo. E per non suscitare aspettative che io non posso soddisfare, voglio dire subito che
anch’io non farò alcun tentativo del genere6.
Il fisico austriaco sviluppa la sua analisi a livello di sistema e di
organizzazione di micro-unità (le molecole di gas), ricorrendo ai
princìpi della probabilità statistica. Se infatti l’aumento di calore
non è altro che un aumento della agitazione termica delle molecole
e l’energia (termica) è il movimento disordinato di queste molecole, se ne deduce che ogni crescita di entropia corrisponde a una
crescita del disordine interno del sistema.
Disordine e L’entropia, dunque, introduce, secondo Morin, non
probabilità solo il princìpio di degradazione energetica, bensì
quelli ben più importanti di disordine e di probabilità, per cui il grado di disordine di un sistema è collegato alla
crescita entropica. Inoltre, data l’altissima configurazione del sistema, si può concludere che le configurazioni probabili sono proprio
quelle disordinate7.
6 L. Boltzmann, Modelli matematici fisica e filosofia, Universale Bollati
Boringhieri, Torino, 1999, p. 35.
7 Spieghiamo il concetto di ordine e come esso sia improbabile, ricorrendo
ad una simulazione. Consideriamo tre palline numerate in un sacchetto,
estraiamole una ad una, avremo sei possibili combinazioni cioè 3!=1x2x3=6.
Distinguiamo come ordinata la sequenza 123, come disordinate tutte le altre:
213, 312, 132, 231, 321. La probabilità che esca la sequenza ordinata 123 è
di 1/6, che esca una disordinata è di ben 5/6. Se aumentiamo le palline a 4,
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Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
L’entropia indica la direzione degli eventi ed è contestualmente
tendenza e misura del disordine cui tendono tutti i sistemi o gli
esseri organizzati. E se, come dimostra Prigogine, dalla disorganizzazione possono nascere ordine ed organizzazione (è il caso specifico dei sistemi biologici), ciò non contraddice affatto questo
princìpio della termodinamica. L’organizzazione dei sistemi biologici nasce a spese dell’entropia dell’ambiente circostante.
L’articolazione, cioè, tra sistemi chiusi e sistemi aperti porta a
concludere che la neghentropia (diminuzione di entropia) di un
sottosistema che si organizza a partire dal disordine, avviene a
spese dell’entropia complessiva dell’universo, che aumenta.
Conclude Morin che una dimensione di degradazione e di dispersione è connaturata alla natura, così come è nata e si è sviluppata a
partire dalla catastrofe, e in ciò risiede il princìpio cosmologico di
complessità della physis:
l’universo è un apprendista sistema che si sbriciola e si fraziona nello stesso momento in cui si costituisce, è un processo che
attraverso le sue metamorfosi prolifera sotto forma di polisistemi e
di arcipelaghi di sistemi (le galassie, i sistemi solari), ma che per
questi tratti si trova privo di organizzazione sistemica d’insieme8.
Uno ad uno, secondo il filosofo francese, crollano dunque i
pilastri dell’ordine cosmico. Dopo il secondo princìpio tocca alla
microfisica (l’atomo).
Accanto alla fisica classica, sorgono due nuove
Meccanica
interpretazioni più generali: la fisica quantistica e
quantistica
la fisica relativistica. L’una valida per le piccole
dimensioni, l’altra per le grandi velocità; dimensione e velocità
avremo 4!=1x2x3x4=24 possibili combinazioni. Se aumentiamo a 5 e poi a 6
avremo rispettivamente 120 e 720 combinazioni. Nel secondo caso avremo
1/24 di possibilità a fronte di 23/24. Al crescere della complessità del sistema
diminuiscono le possibilità di una configurazione ordinata. Situazione che è
chiaramente applicabile ai gas, ove è improbabile che miliardi di molecole,
naturalmente e senza intervento esterno, si trovino ad agire tutte nella medesima direzione. La possibilità di avere spontaneamente una configurazione
ordinata è non impossibile ma molto improbabile. I fenomeni naturali evolvono dall’organizzazione alla disorganizzazione, dall’ordine al disordine.
8 E. Morin, Il Metodo 5. La natura della natura, op. cit., p. 76.
Il paradigma della complessità
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diventano le coordinate di applicazione delle teorie. La teoria classica newtoniana diventa un caso limite; essa può essere validamente applicata solo a grandi dimensioni e piccole velocità.
S’incaricherà Max Planck (1858-1847) di dimostrare la discontinuità della struttura atomica che Rutherford vedeva continua e
aveva assimilato a un piccolo sistema solare, con l’introduzione
del quanto di energia. Si introduce il concetto di fotone per spiegare la natura corpuscolare della luce, che va a integrare l'altra teoria,
quella ondulatoria.
La particella elementare gode di una doppia complessa "personalità", si scompone e si indetermina: ora corpuscolo, ora onda.
Perde i suoi caratteri d’ordine (massa, localizzazione, stabilità,
regolarità) e diviene disordine, evento aleatorio. Però questo disordine
è completamente differente dal disordine connesso al secondo
princìpio della termodinamica. Non è un disordine di degradazione e di disorganizzazione. È un disordine costitutivo che fa parte
necessariamente della physis, di ogni essere fisico. Fa parte – ma
in che modo? – dell’ordine e dell’organizzazione sebbene non sia
né ordine né organizzazione9.
Morin coglie in tutta la sua portata l’interesse epistemologico
della meccanica quantistica. Se dal secondo princìpio ci arriva il
concetto di disordine e di morte, la microfisica ci apporta il concetto di disordine genesico e di creazione, non più come scarto del
reale ma in quanto parte costitutiva del suo tessuto connettivo.
È grazie al lavoro di Ilya Prigogine (1917-2003),
Strutture
fisico e chimico di origine russa, nel campo della
dissipative
nuova termodinamica, che Morin può sostenere la
tesi del carattere genesico delle devianze, delle perturbazioni e
della dissipazione. Organizzazione ed ordine, che danno vita alla
struttura, possono nascere da eventi aleatori, dal disordine e dalla
dissipazione di energia. Ecco introdotto, allora, il concetto di
“struttura dissipativa”.
I sistemi, sostiene Prigogine, scambiando energia con l’ambiente,
producono entropia, ma sono nel contempo capaci di auto-struttu9 Ivi, p. 40.
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Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
rarsi, acquisendo forme organizzative nuove. Dunque ordine e
disordine non sono solo elementi antagonisti, ma agiscono secondo
un princìpio di complementarietà, che dà origine a un nuovo e più
elevato livello di organizzazione.
In definitiva, secondo Morin, ordine e organizzazione possono
nascere dal disordine. Ciò vale, anche e soprattutto, per i sistemi
viventi o "automi naturali".
Conclude Morin dunque che creazione, essere, organizzazione e
morte sono fenomeni intimamente connessi.
I vortici di Bénard (fisico francese), opportunamente richiamati da
Prigogine quale esempio di modello genesico di organizzazione da
disordine e instabilità, non sono di per sé sufficienti a dimostrare la
tesi di Morin che sarebbe possibile
esplorare l’idea di un universo che costituisce il suo ordine e la
sua organizzazione nella turbolenza, nell’instabilità, nella devianza, nell’improbabilità, nella dissipazione energetica10.
Una terza, grande rivoluzione nel pensiero è necessaria per supportare la complessità della posizione teoretica moriniana. Questa
rivoluzione giunge a Morin dalla nuova cosmologia.
Il vecchio universo, quello di Keplero, di Galileo,
la nuova
cosmologia di Copernico e di Newton era un universo freddo e
chiuso nella sua legge eterna, fatta di misura, equilibrio, ordine. Il nuovo universo, l’universo che parte da Hubble
(1889-1953), è un cosmo di fuoco, di spreco, di squilibrio, di caos,
un universo policentrico, retto da ordine mischiato a disordine.
Lo scenario ipercomplesso di questo universo sono la disintegrazione organizzatrice della cosmogenesi, il gioco delle interazioni relazionali, la dialettica tetralogica dei suoi termini (disordine, interazioni, ordine, organizzazione), la dialogica ordine/disordine, il tempo complesso, il soggetto-concettore nel suo rapporto
con l’oggetto conosciuto.
L’universo hubbleiano è un universo in continua espansione e in
progressivo raffreddamento. Stelle e galassie si allontanano nello
spazio-tempo originato da una grande esplosione, il Big bang, frutto della singolarità aporetica iniziale: l’infinità della densità e della
10 Ivi, p. 44.
Il paradigma della complessità
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temperatura. La sintesi dei nuclei (microgenesi), la formazione
delle galassie (macrogenesi) e l’accensione delle stelle sono il
risultato di un multiforme disordine, di una multiforme ineguaglianza cosmogenetica: del calore, dei movimenti, delle turbolenze, delle collisioni, delle rotture, delle esplosioni.
Il Big bang, sostiene Morin, se da una parte evoca
La
l’idea dell’esplosione, dall’altra è insufficiente a
Catastrofe
spiegare la problematicità complessa della cosmogenesi. Egli preferisce parlare di catastrofe, prendendo il termine
a prestito dal matematico René Thom. La sostituzione dell’idea di
Big bang con quella di catastrofe non è solo un artificio linguistico.
Morin sottolinea come la catastrofe evochi, a differenza del Big
bang, l’idea della rottura ma anche del cambiamento, e ci permetta
di cogliere, contemporaneamente, la disintegrazione e la genesi:
l’idea di catastrofe, pur contenendo in sé l’idea di un evento
esplosivo, si identifica con l’insieme del processo metamorfico
delle trasformazioni disintegatrici e creatrici. […] e questa catastrofe continua ancor oggi. L’idea di catastrofe è inseparabile da
tutto il nostro universo11.
È a partire dalla e nella disintegrazione che il cosmo auto-costruisce la sua complessa struttura.
Dal disordine nasce, dunque, un nuovo ordine,
Interazioni secondo un gioco che Morin chiama delle interazioni tra corpi, oggetti, fenomeni e sistemi, e questo gioco interazionale si fa più complesso nel passaggio dai singoli elementi al sistema.
L’interazione diventa così la piattaforma girevole fra disordine,
ordine e organizzazione12.
Sono, perciò, questi vincoli le “leggi universali” che conferiscono
coesione al nucleo atomico (la forza nucleare forte), stabilità alle
galassie (la forza gravitazionale), che connetteno gli elettroni ai
nuclei (le interazioni elettromagnetiche). Universali, sostiene
11 Ivi, p- 47.
12 Ivi, p. 56.
34
Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
Morin, nel senso pieno del termine. Valide non al di fuori del
tempo e dello spazio, bensì nel tempo-spazio originato dalla catastrofe, dunque, universali perché il loro campo di applicazione è
questo universo:
all’origine delle leggi universali si trovano la singolarità del
cosmo e il suo carattere contingente! Tali leggi sono universali
proprio in questo senso singolare: valide esclusivamente per il
nostro universo. Un altro universo, nato in condizioni differenti,
obbedirebbe ad altre leggi13.
L’ordine e l’organizzazione nascono, dunque, dal
disordine. Morin mutuandolo da von Foerster e dal
suo princìpio “order from noise”, introduce il
princìpio di organizzazione tramite il disordine, per dimostrare
come a partire da determinati vincoli (proprietà di forma e costituzione), attraverso interazioni selettive (interazioni nucleari, gravitazionali, magnetiche, elettromagnetiche), eventi casuali (collisioni, incontri, turbolenze), si co-produce disordine ma anche organizzazione, e questa, una volta prodotta, resiste a un gran numero
di spinte e disordini possibili.
Morin estende questa teoria cosmogenetica alla biologia e agli
esseri viventi e dimostra come l’evento improbabile ma necessario
alla morfogenesi è la costituzione dell’atomo di carbonio a partire
dalla collisione, in un tempo infinitamente piccolo, di un terzo
atomo di elio, che riunisce i primi due che si sfuggono. E anche
nell’automa vivente, una volta costituitosi per effetto del caso,
l’organizzazione diventa stabile e resistente al disordine.
Riepilogando si può affermare che la physis si costituisce, si
dispiega e si organizza a partire dalla concorrenza/complementarietà ordine/disordine, attraverso l’azione regolatrice delle interazioni, nella catastrofe organizzatrice che Morin chiama caos:
Ordine e
disordine
Caos è esattamente ciò che è inseparabile nel fenomeno bifronte tramite il quale l’Universo contemporaneamente, si disintegra e
si organizza, si disperde e si costituisce attorno a molti nuclei14.
13 Ivi, p. 54.
14 Ivi, pp. 62-63.
Il paradigma della complessità
35
Ma tutti e quattro gli elementi: disordine, interazioni, ordine, organizzazione non vanno ipostatizzati e letti singolarmente. Ciascuno
è parte del tutto, ognuno assume rilevanza e funzione nell’interazione con l’altro, sono termini contestualmente antagonisti e complementari, la cui significanza è strutturale e organizzativa, quindi,
formano un anello tetralogico.
Ecco il princìpio cosmologico immanente di traAnello
sformazione e organizzazione della physis, l’atetralogico
nello tetralogico:
ordine - disordine - interazione - organizzazione.
L’ordine non è più assoluto e ontologico come nello schema
interpretativo newtoniano, ma è creato dalle condizioni singolari
dell’universo ed è in divenire; esso, inoltre, è in relazione dialogica
con il disordine. Il "princìpio dialogico", sesto tra i princìpi del
realismo complesso, mutuato dalla filosofia eraclitea dell'antagonismo/complementarietà della vita e della morte, è per Morin una
categoria derivata dalla dialettica. Egli definisce dialogicità la condizione simbiotica di due diverse logiche che si combattono, si
parassitano, si oppongono e si completano vicendevolmente.
Mentre, però, la dialettica è fenomenica, il dialogo è princìpio di
relazione tra princìpi, relazione al tempo stesso concorrenziale e
complementare, antagonista e incerta. Ogni teoria infatti, afferma
Morin,
Dovrebbe non basarsi sull'ordine o sul disordine come su un
pilastro ontologico o trascendente, ma produrre correlativamente
le nozioni di ordine, di disordine e di organizzazione15.
Il nuovo mondo che si dischiude alla post-modernità cessa di essere newtoniano per divenire autenticamente shakespeariano. È una
multi-rappresentazione, e vi si rappresenta la tragedia della predizione del secondo princìpio della termodinamica: la morte termica
dell’universo, ma nel contempo l’epica dei processi di ordine e di
organizzazione strutturale che possono essere colti solo da un pensiero non disgiuntivo ma transdisciplinare.
Concetto All’entropia intesa nell’accezione moriniana di legge
di tempo cosmologica dobbiamo anche un contributo fonda15 Ivi, p. 90
36
Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
mentale nella rivalutazione del concetto di tempo. Il concetto
classico riposa su due dogmi della scienza classica, che negano il
concetto di tempo in divenire: il princìpio della reversibilità e
quello della riproducibilità.
Affermata la “certezza” dell’irreversibilità dei fenomeni naturali,
dispiegatosi il paradigma della non riproducibilità degli esperimenti in biologia e nelle scienze sociali, viene meno la nozione stessa
di tempo assoluto, così come si è cristallizzato in Newton. La
“freccia del tempo” non è più bi-direzionale, ma uni-direzionale.
Va dall’ordine al disordine, dall’entropia minore a quella maggiore, dal passato al futuro senza ritorno.
Morin afferma la complessità del tempo, il tempo che scorre, il
tempo complesso che segna la storia in quanto la materia ha una
storia:
Il grande tempo del Divenire è sincretico. […]. Esso mischia in
sé, in maniera diversa, questi tempi diversi nei suoi flussi e nei
suoi grovigli, […]. La complessità del tempo reale sta in questo
ricco sincretismo. Tutti questi diversi tempi sono presenti, agiscono e interferiscono nell’essere vivente e beninteso nell’uomo: ogni
vivente, ogni uomo porta in sé il tempo dell’evento/accidente/catastrofe (la nascita, la morte), il tempo della disintegrazione (la
senescenza che, attraverso la morte conduce alla disintegrazione),
il tempo dello sviluppo organizzativo (l’ontogenesi dell’individuo),
il tempo della reiterazione (la ripetizione quotidiana, stagionale,
dei cicli, dei ritmi e dell’attività), il tempo della stabilizzazione
(omeostasi)16.
Soggetto Il passaggio graduale da un pensiero disgiuntivo ad un
conoscente pensiero contestuale, o, in altri termini, la transizione
da una scienza obiettiva ad una epistemica, pone irrimediabilmente il problema del rapporto conoscenza-conoscente
e conduce ad un altro dei temi fondamentali della teoria della complessità: il tema del soggetto-conoscente, nel liguaggio moriniano,
soggetto-concettore.
Un tema che la scienza classica cartesiana e galileano-newtoniana
aveva esorcizzato, ricorrendo all’espediente della conoscenza
16 Ivi, p. 98.
Il paradigma della complessità
37
obiettiva, come copia esatta e fedele della realtà, che riposa su un
postulato filosofico che Wolfgang Pauli (1900-1958), fisico
austriaco, riferendosi alle note posizioni di Albert Einstein di rifiuto del princìpio di indeterminazione, chiama
idea (o ideale) dell'osservatore distaccato17.
L’ideale cartesiano della conoscibilità del reale
Principio di
indeterminazione viene invalidato dal princìpio d’indeterminazione18 di Werner Heisenberg (1901-1976), e,
conseguenzialmente, vengono posti due princìpi fondamentali
17AA. VV., Wolfgang Pauli fra fisica e filosofia, a cura di G. Gembillo e G.
Giordano, Armando Siciliano, Messina, 2001, p. 84.
18 Afferma Heisenberg in Principi di meccanica quantistica: “La nostra
descrizione abituale della natura e particolarmente il pensiero di una rigorosa
Causalità negli eventi della natura riposano sull’ammissione che sia possibile
osservare il fenomeno senza influenzarlo in modo sensibile. […] Nella fisica
atomica tuttavia a ogni osservazione è connessa in generale una perturbazione finita e fino ad un certo punto incontrollabile, cosa questa che era da
attendersi fin da principio nella fisica delle più piccole unità esistenti. Poiché
d’altra parte ogni descrizione spazio-temporale di un evento fisico è legata
ad un’osservazione dell’evento, ne segue che la descrizione spazio-temporale
degli eventi da un lato e la classica legge causale dall’altro, rappresentano
due aspetti complementari, escludendosi a vicenda, degli avvenimenti fisici.
È in sostanza impossibile effettuare sperimentazioni nel campo sub-atomico,
senza alterare lo stato delle grandezze misurate. Sicché è impossibile conoscere simultaneamente, nel corso di una determinazione sperimentale, i valori di due grandezze coniugate (la posizione e la sua quantità di moto prodotto
di massa per la velocità) di una particella sub-atomica", cit. in N.
Abbagnano, Dizionario di filosofia, Utet, Torino, 1993, pag. 122.
Efficacemente esemplifica Enzo Tiezzi il modello in Tempi storici e tempi
biologici, Garzanti, Milano, 1984, pag. 54: ” Supponiamo di volere determinare la traiettoria e la velocità di un proiettile. Se si usano molti schermi
(perforati dal proiettile) che indicano la sua traiettoria nello spazio, si modificherà la velocità dello stesso che alla fine risulterà falsata. Con infiniti schermi l’errore sulla traiettoria (coordinate) sarà nullo, ma l’errore sulla velocità
sarà elevatissimo. Viceversa con zero schermi l’errore sulla velocità sarà
nullo, ma non si saprà niente sulla traiettoria”.
38
Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
della epistemologia della complessità: le conoscenze scientifiche
sono limitate e approssimate e l’incertezza razionale è un princìpio
regolatore dell’attività conoscitiva.
Il princìpio di indeterminazione pone, dunque, il problema del soggetto in termini nuovi:
L’assenza di un punto di vista oggettivo – afferma Morin – fa
allora sorgere la presenza del punto di vista soggettivo in ogni
visione del mondo19.
Il soggetto è parte integrante del processo di conoscenza (princìpio
settimo). La conoscenza è ricostruzione della realtà a partire dal
soggetto, situato nel tempo e nella cultura.
Ma la soggettività di cui parla il filosofo francese non è la soggettività degradata dei fantasmi degli idola baconiani, ma è la coscienza dei limiti dell’intelletto osservatore, che interrogandosi su sé e
sulla realtà fuori di sé, sa rendere l’incertezza fermento della conoscenza complessa, e scopre, cammin facendo, che
non è solo l’umanità a essere un sottoprodotto del divenire
cosmico, [ma] anche il cosmo è un sotto-prodotto di un divenire
antropo-sociale20.
Il proposito di Morin è, in definitiva, la ricerca delle nuove leggi
della natura (la natura della natura), la cui intellegibilità è legata
alla capacità (un metodo) di cogliere le complesse articolazioni
Oggetto/Soggetto, Natura/Cultura, Physis/Società.
19 E. Morin, Il Metodo 1. La natura della natura, op. cit., p. 100.
20 Ivi, p. 103.
Il paradigma della complessità
39
1.2 Dal disordine all'organizzazione
Il cuore della physis, come emerge dal mutamento del paradigma epistemologico, è l'organizzazione, che è assente nella scienza
classica ma straordinariamente centrale nella nuova epistemologia.
La concezione della conoscenza tipica della scienza dell'ordine
portava inevitabilmente a sostenere un concetto di oggetto come
unità elementare, dotata di realtà oggettiva, determinata dalle sue
qualità fisico-chimiche, posizione e velocità, massa ed energia,
leggi di relazione fra gli enti, e tralasciava il concetto di organizzazione che nasce, invece, dal princìpio di interrelazione.
La svolta epistemologica conduce, invece, alla crisi del concetto di oggetto e alla sua sostituzione con quello di sistema.
Dalla termodinamica alla microfisica alla cosmologia, ovunque
emerge il princìpio sistemico ed organizzazionale, come impianto fondamentale della natura. La cellula vivente, il nucleo dell'atomo, il sole, le stelle e le galassie, ma anche le micro e le macro
organizzazioni sociali, costituiscono sistemi e poli-sistemi.
Neppure l'essere umano si sottrae a questo destino. La sua vera
natura è di essere un sistema di cellule, dentro uno di molecole, a
sua volta interno a uno di atomi, organizzato nello spazio di interrelazione con gli altri sotto-sistemi del sistema sociale, all'interno
di un ecosistema naturale, dentro un sistema solare che è interno, a
sua volta, a quello galattico.
Il sistema semplice chiamato oggetto è solo una semplificazione
didattica:
Il sistema ha preso il posto dell'oggetto semplice e sostanziale,
e si oppone alla riduzione ai suoi elementi, la catena di sistemi di
sistemi spezza l'idea di oggetto chiuso e autosufficiente. I sistemi
sono sempre stati trattati come oggetti: d'ora in poi si tratta di
considerare gli oggetti come sistemi21.
Ma cos'è un sistema? si chiede Morin. Il sistema è il
carattere fenomenico dell'organizzazione dei processi
di interazione fra le parti, che nell'organizzazione medesima assumono le funzioni di interrelazione, per cui esso è "un'unitas muliSistema
21 Ivi, p. 112.
40
Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
plex", che possiede alcune caratteristiche fondamentali.
È complesso perché coniuga unità e molteplicità; è emergente
perché ha qualità nuove rispetto alle proprietà delle singole parti;
sa organizzare la differenza, cioè sa trasformare le diversità in
unità e contemporaneamente creare diversità dall'unità; sa organizzare gli antagonismi.
È l'emergere di proprietà assolutamente nuove nel processo organizzazionale che porta all'unitas multiplex, e fa cogliere a Morin
che è il princìpio ologrammatico che regola il funzionamento
delle organizzazioni complesse. Se per il princìpio sistemico
il tutto è più della somma delle parti" e nel contempo "il tutto è
meno della somma delle parti", l'ologramma, invece, è il princìpio
per cui il tutto è scritto nella singola parte, così come ad esempio
"la società è presente in ogni individuo, nella sua interezza, attraverso il suo linguaggio, la sua cultura e le sue norme22.
L'emergenza perciò ha carattere fenomenico, che deve essere
osservato.
Val la pena di soffermarsi sull'interessante applicazione del concetto di emergenza alla sfera antropologica: l'unitas multiplex uomo.
Egli afferma che la coscienza umana, prodotto delle interazioni
biologia/cultura, si manifesta in forma epifenomenica: superficiale
e profonda, fragile e resistente, appare e scompare, abbaglia e si
spegne. Tuttavia, se può sembrare epifenomeno per l'altalenante
manifestazione tra opposti, essa, in realtà, è anche fenomeno principale, perché legata alla più straordinaria e globale qualità del cervello: l'autoriflessione che permette il costituirsi dell'ego.
La coscienza è, dunque, una
qualità dotata di potenzialità organizzatrici, in grado di retroagire sull'essere stesso, di modificarlo, di svilupparlo23.
Da queste considerazioni Morin trae un princìpio di interesse
metodologico generale: bisogna abbandonare una lettura di tipo
gerarchico del rapporto struttura/sovra-struttura, a favore di un'al22 E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del
pensiero, op. cit., p. 97.
23 E. Morin, Il Metodo 1. La natura della natura, op. cit., p. 124.
Il paradigma della complessità
41
tra che ci consenta di leggere il feed-back organizzazionale in
quella forma complessa dalla quale emerge che la struttura e la
sovra-struttura sono, nel contempo, causa e ed effetto l'una dell'altra.
Si tratta di un tema già presente nel Morin di Il vivo del soggetto
(1969) e di Autocritica (1970). Il filosofo francese, nello sforzo
autocritico e autoriflessivo, rimprovera a Marx di avere una concezione ristretta dell'uomo, mancando, in tal concezione, la dimensione psicologica e di aver misconosciuto il ruolo decisivo dell'immaginario.
Dalla persona umana alla società il passaggio è conseguenziale.
Attraverso un articolato sillogismo, che investe i concetti di infra e
sovra-struttura, di scienza e tecnica, di forze produttive o sviluppo
tecnico-economico, di immaginario e sogno, evidenzia che
La tecnica, che rivoluziona le forze produttive e quindi la
società intera, è anche figlia dell'immaginazione24,
quindi della scienza, che per il suo rapporto dialettico con la tecnica, non è solo sovrastruttura, ma si situa nel cuore stesso dell'infrastruttura.
La dialettica struttura-sovrastruttura non può essere di tipo lineare.
Va complessificata:
Dobbiamo chiudere ad anello la dialettica ai due estremi, il
sogno e l'utensile25.
Morin sancisce, in tal modo, la irriducibilità della società ai soli
rapporti di produzione economica. Si dichiara marxista in quanto
riconosce l'originalità di quel metodo critico che permette di
cogliere il nesso e i rapporti tra infrastrutture e divenire, ma certamente non marxista, perché rifiuta il marxismo come sistema totalitario che pretende di imprigionare la realtà in una concezione universale:
il materialismo storico non ha potuto evitare di minimizzare il
24 E. Morin, Autocritica, Moretti & Vitali, Bergamo, 19911, p. 202.
25 E. Morin, Il vivo del soggetto, Moretti & Vitali, Bergamo, 1998, p. 88.
42
Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
problema stesso del rumore e del furore, delle follie, ecc., cioè il
carattere profondamente nevrotico della storia umana; mostrando
che lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo è determinato dai rapporti
di produzione, ha quasi dimenticato che i rapporti di produzione
sono anch'essi determinati dallo sfruttamento, cioè da una struttura nevrotica dei rapporti tra uomo e uomo26.
Ma ritorniamo alla physis. Morin rileva un'altra caratteristica fondamentale del sistema. Esso è regolato, come ha ben mostrato Von
Bertalanffy, dall'armonia e dal conflitto, dall'organizzazione e dall'antiorganizzazione, dalla complementarietà e dalla conflittualità.
Da ciò ne deriva un altro princìpio fondamentale della physis:
non vi è organizzazione senza antiorganizzazione27.
Il sistema stella, ad esempio, è il risultato organizzazionale di due
processi antagonistici: uno di natura implosiva al centro del sistema, l'altro esplosivo che riguarda l'inviluppo della stella stessa.
Implosione del nucleo ed esplosione dell'inviluppo sono, dunque,
le cause dell'evolversi organizzazionale del sistema.
C'è voluta la rivoluzione epistemologica delle scienze della natura
(microfisica, macrofisica, biologia molecolare, cibernetica) per
ripudiare il princìpio di semplificazione, come modello conoscitivo
della realtà, a favore dell'idea dell'antagonismo/complementarietà,
come princìpio di complessità del reale.
Questo princìpio, già affermato in filosofia da Eraclito, da Hegel,
da Marx e da Niccolò Cusano, deve diventare il centro della nuova
scienza:
La complessità sorge dunque nel centro dell'Uno come relatività, relazionalità, diversità, alterità, duplicità, ambiguità, incertezza, antagonismo nel contempo, e nell'unione di queste nozioni
che sono complementari, concorrenti ed antagonistiche. Il sistema
è l'essere complesso che è più, meno, altro da se stesso. È nello
stesso tempo aperto e chiuso. Non vi è organizzazione senza
antiorganizzazione. Non vi è funzionamento senza disfunzione28.
26 E. Morin, Autocritica, Moretti & Vitali, Bergamo, 19911, pp. 202-203.
27 E. Morin, Il Metodo 1. La natura della natura, op. cit., p. 138.
28 Ivi, p. 169.
Il paradigma della complessità
43
1.3 La macchina e il vivente
La physis è popolata di famiglie di esseri-macchine
(Morin ne individua quattro: il sole o archi-macchina,
le proto-macchine, le macchine cibernetiche, i viventi), che partecipando della sua organizzazione ipercomplessa, l'accrescono, la moltiplicano, la complessificano. Alla base di questo
processo vi sono la competenza organizzazionale e la capacità di
produrre trasformazione a partire dai materiali naturali. Morin
chiama poietici questi esseri, proprio per sottolineare la loro capacità di produrre esistenza:
Esserimacchine
La macchina è quindi un essere fisico prassico, capace cioè di
effettuare le sue trasformazioni, produzioni o prestazioni in virtù di
una competenza organizzazionale29.
Il fine di Morin è spiegare la vita, ma intende ancorare il suo concetto di essere vivente alla physis; per questo prima di esaminare
tra i differenti tipi di macchine cerca ciò che li unisce. E ciò che
unisce le proto-macchine (il sole e le stelle), i motori selvaggi (vortici e mulinelli), gli esseri viventi e le società sono proprio i concetti di lavoro, prassi, produzione e trasformazione.
L'essere vivente nasce, per il filosofo francese, dalla generale
famiglia delle macchine e, pur non riducendosi al concetto di macchina, tuttavia, esso comporta e ingloba in sè l'idea di macchina e
tutte le sue caratteristiche.
La vita è, dunque, anch'essa un processo che Morin
La vita
chiama "poli-macchinale", che ha insieme i caratteri
della produzione e dell'auto-produzione. E il concetto Morin lo
estende anche alle interazioni tra individui, cioè alla società, che
nasce e si sviluppa da questo processo omeostatico di retroazioni e
regolazioni, con l'apparire della cultura, ma soprattutto con la
nascita del linguaggio:
la grande rivoluzione dell'ominidizzazione non è soltanto la
cultura, è la costituzione di questa macchina-linguaggio, dall'organizzazione estremamente complessa (la "doppia articolazione"
29 Ivi, p. 180.
44
Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
fonetico/semantica), che, all'interno della macchina antroposociale, totalmente e multiplamente ingranata a tutti i suoi processi di comunicazione/organizzazione, è necessaria alla sua esistenza come ai suoi sviluppi30.
Morin intende così riabilitare il concetto di fisico, degradato dalla
scienza classica, senza cadere però nell'errore opposto: la riduzione
del bio-sociale al fisico. Anzi ribadisce fermamente tale irriducibilità, sia pure in un nuovo quadro concettuale che lega il bio-sociale
al fisico, non per la comunanza della materia, bensì sull'idea di
organizzazione attiva.
L'esame della genealogia logico-evolutiva delle macchine, conduce Morin a considerare, come ultimo prodotto, la macchinacibernetica. A quest'artefatto socio-antropologico manca la "generatività organizzazionale", che è propria delle macchine fisiche,
biologiche e sociali, le sole capaci di auto-riprodursi, auto-ripararsi, auto-generarsi. E dal confronto macchina fisico-bio-sociale e
artificiale sorge, in Morin, un nuovo concetto: il sé. Scrive Morin:
E di colpo siamo indotti a far sorgere una nozione sconosciuta
nella macchina artificiale: essa ha essere, non ha sé. Il sé nasce
nella produzione e nell'organizzazione permanenti del suo proprio
essere31.
Morin arriva a stabilire le caratteristiche del vivente, singolo ed
associato, riesaminando il percorso logico-evolutivo che dalle
archi-macchine, attraverso il motore selvaggio conduce al vivente,
e da questo all'artefatto cibernetico. E introduce, in questo percorso
a ritroso, due importanti princìpi: il princìpio dell'anello ricorsivo
o ricorsione e il princìpio di autonomia/dipendenza.
La ricorsione è il quarto princìpio guida: fondamento
Ricorsione della generatività delle macchine fisiche e bio-sociali.
Le proto-macchine fisiche (il sole, le stelle, i vortici e
i mulinelli), hanno la caratteristica della circolarità. La loro organizzazione e riorganizzazione è un processo circolare, in cui gli
stati iniziali producono quelli finali, e questi ultimi quelli iniziali,
in un processo che ha caratteristiche genesiche (trasformazione
30 Ivi, p. 191.
31 Ivi, p. 207.
Il paradigma della complessità
45
dell'alea e del rumore in organizzazione attiva) e generative (produzione di sé, di un nuovo essere).
Morin mutua il concetto di feedback o retroazione dalla cibernetica di Norbert Wiener (1894-1964), al quale si deve anche la
spiegazione in linguaggio cibernetico del concetto di omeostasi,
intesa come
l'insieme dei processi organici che agiscono per mantenere lo
stato stazionario (steady state) dell'organismo, nella sua morfologia e nelle sue condizioni interne, nonostante le perturbazioni
esterne32.
L'omeostasi introduce un'altra linea di differenziazione tra il
vivente e la macchina artificiale. Quest'ultima è fatta
Omeostasi da materiali assai più affidabili, resistenti, incangianti, resiste alla degenerazione e si serve del "turnover
organizzazionale" per riparare la propria disorganizzazione.
La macchina vivente, al contrario, è poco affidabile, fragile, instabile e incostante, ma provvede da se stessa, a partire da questa
instabilità dei materiali, alla propria riorganizzazione, attraverso la
ricorsione omeostatica:
Vivere - afferma Morin - è insieme processo di
corruzione/disorganizzazione e processo di fabbricazione/riorganizzazione […] Quindi gli esseri-macchine producono la loro stessa esistenza in e attraverso la riorganizzazione permanente33.
Il concetto di apertura o princìpio di auto-eco-organizzazione,
che a Morin giunge dal biologo austriaco Ludwig
Apertura Von Bertalanffy, consente al filosofo francese di fare
un ulteriore progresso nella specificazione del termine vivente.
Gli organismi viventi, secondo il biologo austriaco, sono sistemi
aperti perché attingono continuamente materiale ed energia dall'ambiente, e in questo senso sono strutture dissipative
(Prigogine).
32 Ivi, p. 222.
33 Ivi, pp. 224-226.
46
Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
Come per le altre idee-guida, Morin, però, non assume tout-court il
concetto di apertura nella formulazione bertalanffyana, ma lo sottopone ad analisi critica. E attraverso questa giunge al concetto di
apertura sistemica e organizzazionale, ontologica ed esistenziale.
L'apertura d'ingresso indica a Morin l'eco-dipendenza degli esseri
dal proprio ambiente. Eco-dipendenza in termini di complessità bidirezionale: dall'essere all'ambiente e dall'ambiente all'essere.
L'apertura ha, dunque, una multidimensione. È ecologica, è organizzazionale, ma è, anche, ontologica ed esistenziale:
L'apertura è l'esistenza. L'esistenza è contemporaneamente
immersione in un ambiente e distacco rispetto a tale ambiente.
[…]. L'esistente è l'essere che permane sotto la dipendenza continua di ciò che lo circonda e/o di ciò che lo nutre34.
Il concetto di apertura è straordinariamente vitale per la epistemologia moriniana. Egli ne sottolinea la dimensione teorica e
logica. Teorica, in quanto realizza il radicamento ecologico del
vivente, conseguenza della relazione dialogica tra la teoria dell'organizzazione e la teoria termodinamica dei fenomeni dissipativi.
Logica, perché entra nel cuore stesso della metafisica classica e ne
scompagina i princìpi fondamentali, introducendo il terzo escluso:
l'ambiente. Morin afferma infatti che
Il princìpio del rapporto ecologico apre definitivamente il concetto chiuso di identità che isola gli oggetti in un'autosufficienza,
escludendo tanto l'alterità quanto l'ambiente dal suo princìpio.
L'essere eco-dipendente ha sempre una doppia identità perché
inserisce il suo ambiente nella zona più profonda del suo princìpio
di identità35.
Il princìpio d'autonomia/dipendenza vale in generale per tutti gli
esseri, ma in modo specifico per gli esseri viventi,
che sviluppano la propria autonomia dipendendo dalla loro
34 Ivi, p. 237.
35 Ivi, p. 240.
Il paradigma della complessità
47
cultura, e per le società, che si sviluppano dipendendo dal loro
ambiente geo-ecologico36.
Il concetto di apertura consente a Morin di dare una
nuova definizione del concetto del Sé, che non è più
immobile e autosufficiente a se stesso, ma nasce dalla
dialettica apertura/chiusura, per cui può essere definito come "la
chiusura originale e costituzionale degli esseri aperti". Ma poiché
chiusura e apertura (s'è detto) sono in rapporto dialogico e ricorsivo (l'una produce l'altra e viceversa), il sé è dinamico ed autopoietico, cioè produce se stesso, ritorna, ricomincia, rinasce. Per questa
ragione, sostiene Morin, è inficiato lo stesso princìpio di identità,
che va letto in termini dinamici, in una logica ricorsiva in cui entra
il terzo escluso: il flusso energetico, il rapporto ecologico e l'altro.
Sul terreno del Sè Morin coglie le differenze sostanziali tra macchine artificiali (che hanno autonomia prassica, esistenza debole,
ma sono sprovvisti del Sé) e macchine fisiche, le sole che hanno
pienezza d'essere, esistenza e sé; è la vita che aggiunge a queste
caratteristiche quella decisiva: il Sè come autoproduzione, autoreferenza che fa nascere il Me.
Il nuovo paradigma epistemologico che Morin sta costruendo, si
arricchisce di un nuovo e importante tema: il mai risolto rapporto
determinismo/finalismo.
Introducendo il concetto di endo-causalità, contrapEndoposto
a quello di eso-causalità, il filosofo francese
causalità
intende chiudere con la tradizione del pensiero della
scienza classica e occidentale che ha eliminato dal suo seno il concetto teleologico di finalità.
Ovviamente non nel senso dell'affermazione di una causalità (eso)
dalla venatura mistico-religiosa, esterna all'essere e all'esistenza,
bensì dal punto di vista più complesso di una causalità tutta interna
all'essere vivente, che lo differenzia dalla macchina artificiale.
Mentre questa, infatti, ha la sua "provvidenza" nel suo
concettore/progettista, che le conferisce ordine, organizzazione,
informazione e fini, l'altra macchina, quella vivente,
Il Sé
36 E. Morin, La testa ben fatta. Riforma dell'insegnamento e riforma del
pensiero, op. cit., p. 98.
48
Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
uscita da uno stato inferiore dell'organizzazione fisica, senza
deus pro machina, né informazione, né programma37,
è autopoietica anche in quanto ai fini.
Morin risolve l'antica disputa tra meccanicismo e
Teleonomia finalismo introducendo un nuovo princìpio: la teleonomia 38.
37 E. Morin, Il Metodo 1. La natura della natura, op. cit., p. 302.
38 Il termine Teleonomia si deve al biologo francese Jacques Monod
(1910-1976), premio Nobel per la fisiologia nel 1965. Nel suo importante
scritto Il caso e la necessità, (Mondadori, Milano, 1970, trad. di Anna Busi),
Monod dimostra che gli sviluppi recenti della biologia molecolare portano a
considerare gli esseri viventi "oggetti dotati di un progetto" e chiama questa proprietà interna teleonomia. La struttura stessa di un essere vivente,
secondo Monod, è il risultato delle "interazioni morfogenetiche interne
all'oggetto medesimo". Quindi vi sarebbe un relazione di causalità in grado
di attualizzare uno stato futuro, a partire da uno presente (determinismo
interno). Ma questo stato futuro consiste nella riproduzione invariante,
cioè nella trasmissione da una generazione all'altra dell'informazione che
permette la conservazione della normale struttura dell'individuo (informazione teleonomica). In sintesi, si può affermare che, secondo Monod, il progetto di ogni cellula è quello di dividersi in due, riproducendo e conservando
la forma strutturale.
Monod tenta, quindi, attraverso la biologia molecolare, una riconciliazione
dell'antitesi meccanicismo/finalismo sorta dal pensiero moderno di derivazione cartesiano-galileana, che nega la possibilità di fondare la conoscenza
oggettiva sull'interpretazione delle cause finali di un fenomeno naturale.
Ma poiché - sostiene Monod - è incontestabile che gli esseri viventi realizzano nelle loro strutture un progetto teleonomico, si impone dimostrare sul
piano epistemologico, la conciliabilità dei due punti di vista.
Monod risolve il dualismo meccanicismo/finalismo introducendo una priorità nel rapporto invarianza/teleonomia: "l'invarianza precede di necessità
la teleonomia", sì da salvaguardare il postulato di oggettività della scienza.
In sostanza le strutture viventi, già dotate della proprietà di invarianza, considerata primaria, evolverebbero verso forme teleonomiche dal caso e dalle
perturbazioni.
Così la teleonomia sarebbe una proprietà secondaria e subentrante, derivata
dalla invarianza.
Il paradigma della complessità
49
La finalità intesa come rispondenza ad un fine, ovvero come
princìpio organizzativo, non può essere estirpata dal processo vitale: essa è caratteristica irrinunciabile di ogni vivente. La biologia
ha reintrodotto il concetto di fine grazie agli apporti ricevuti dalla
cibernetica di Wiener, la quale ha fornito alla biologia molecolare
un apparato concettuale (codice, programma, informazione, comunicazione, retroazione, controllo), grazie al quale oggi è possibile
affermare che
l'essere vivente, la più funzionale, la più riccamente specializzata, la più finemente multiprogrammata delle macchine, è proprio
per questo la macchina più finalizzata a mete precise nelle sue
produzioni, nelle sue prestazioni, nei suoi comportamenti. Ma, in
quanto essere ed esistente, non è finalizzabile nelle sue origini
prime e nelle sue mete globali; la doppia finalità del vivere individuale e del ciclo di riproduzione è contrassegnata da un vuoto e
da un'incertezza39.
Ma il princìpio teleonomico non è esente da incertezza. Mentre
Sostenere, al contrario, come fanno tutte le filosofie animistiche e religiose,
che "l'invarianza è protetta, l'ontogenesi è guidata, l'evoluzione è orientata,
da un principio teleonomico iniziale" contraddirrebbe il postulato dell'oggettività della scienza. Monod considera erronei tutti quei sistemi filosofici
(vitalismo, animismo, sistemi religiosi) che facendo della teleonomia "il
motore dell'evoluzione" contraddicono il postulato dell'oggettività della
scienza.
Quanto all'altro decisivo problema dell'origine della vita, Monod contrasta
la tendenza umana a considerare necessarie e non contingenti tutte le cose
presenti nell'universo. La stessa biosfera e la vita, sono per il biologo francese l'esito unico ed irripetibile di un caso che relegato nel campo della probabilità quasi nulla, si è, invece, verificato: "Al momento attuale non abbiamo
alcun diritto di affermare, né di negare, che la vita sia apparsa una sola volta
sulla Terra e che, di conseguenza, prima che essa comparisse le sue possibilità di esistenza erano pressoché nulle".
La comparsa della vita sulla terra è considerata, dunque, evento unico ed irripetibile, e per questa ragione Monod nega che possa avere interesse nell'ambito della scienza classica.
39 E. Morin, Il Metodo 1. La natura della natura, op. cit., p. 306.
50
Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
Monod utilizza il concetto di teleonomia, quale qualità secondaria
del progetto riproduttivo cellulare, per conciliare il punto di vista
meccanicistico con quello finalistico, Morin, più complessamente,
introduce le due grandi finalità teleonomiche
vivere per sopravvivere, sopravvivere per vivere40
all'interno di un meta-concetto, che è la endo-eso-causalità o causalità complessa. Una causalità che se anche contiene una eso-causalità fatta di determinismi, nasce nel vortice stesso dell'avventura
della vita, quindi è immanente alla vita stessa e non risolve, ma
complessifica, il rapporto determinismo/finalismo.
Conclude Morin:
Per capire qualsiasi cosa nella vita, nella società, nell'individuo, occorre fare appello al gioco complesso delle causalità interne ed esterne: gli eventi non sono teleguidati dalla logica dell'esterno, e non sono pilotati da una logica a circuito chiuso41.
Ricapitolando possiamo definire la vita un processo poli-macchinale di tipo biologico, autopoietico e ricorsivo, eco-dipendente,
in cui il vivente emerge come coscienza di sé e del mondo, con fini
di esistenza e di sopravvivenza che nascono nel vortice ricorsivo
del processo vitale stesso. Il processo evolve verso un'organizzazione che è anch'essa ricorsiva e generativa, a spese dell'entropia
dell'ambiente, verso una neghentropia che si nutre di informazione.
Morin tenta di "chiudere" l'anello tetralogico esaminando il rapporto fondamentale neghentropia e informazione.
Il vivere, infatti, è la produzione di neghentropia (organizzazione),
resa possibile dagli scambi energetici con l'ecosistema, la "fenoteca", sulla base dell'informazione iscritta nel DNA, la "genoteca".
Le proteine presenti nelle cellule si degradano continuamente ma
si ricostruiscono grazie all'azione dell'informazione contenuta nei
geni.
Siamo nella prospettiva biologica espressa da Marturana e Varela,
secondo la quale "vivere è conoscere",
40 Ibidem.
41 Ivi, p. 313.
Il paradigma della complessità
51
i sistemi viventi sono sistemi cognitivi […] e il processo della
vita consiste in tutte le attività coinvolte nella continua materializzazione dello schema (autopoietico) di organizzazione di un sistema in una struttura (dissipativa) fisica42.
Teoria complessa Se il vivente è una macchina neghentropica e se
dell'informazione la neghentropia si nutre di informazione, va da
sé che l'informazione è parte integrante dell'organizzazione neghentropica.
Ma l'informazione di cui parla Morin è alquanto diversa dal concetto di informazione di Shannon, cui pure si ricollega.
L'informazione shannoniana, il bit, ha una carenza teorica dovuta
al fatto che: a) è "insensata" cioè priva di senso, b) privilegia la
quantità ma disconosce il princìpio organizzativo dell'informazione, c) è "degenerativa" nel senso entropico del termine.
Il fatto, poi, che l'informazione shannoniana possa evolvere in programma nell'artefatto cibernetico e acquisire caratteristiche di
generatività organizzazionale (neghentropiche), non contrasta con
il princìpio degenerativo, in quanto in una teoria complessa dell'informazione, (categoria alla quale la teoria shannoniana non
appartiene), entropia e neghentropia sono antagoniste e complementari.
Bisogna allora saltare il fossato, abbandonare l'ottica ristretta dell'informazione cibernetica-shanoniana, e introdurla nella vita,
come teoria complessa dell'informazione, a partire dalla domanda
da dove viene questo programma senza programmatore?43.
Le scoperte di Watson e Crick ci consegnano un codice, quello
genetico, che contiene in sè tre princìpi: il patrimonio genetico, il
princìpio organizzatore e il princìpio di riproduzione in un'unico princìpio, quello informazionale:
l'anello produttore-di-sè si riorganizza estraendo dall'ambiente
gli elementi chimici di cui ha bisogno per sopravvivere e riprodu42 F. Capra, La rete della vita, BUR, Milano, 1997, p. 297.
43 E. Morin, Il Metodo 1. La natura della natura, op. cit., p. 364.
52
Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
cendo le sue molecole che si degradano. Possiamo supporre che
ogni carenza o deviazione retroagisca sull'anello in un'onda d'allarme sino a che una molecola che reagisce specificamente a tale
deviazione o a tale carenza scatena una catalisi. Noi supponiamo
che in un primo stato del complesso regolatore-rigeneratore preinformazionale, le molecole così reattive siano in siti stabili,
appoggiati su una grande scala di RNA. A partire da queste interazioni: deviazione carenza (perturbazioni), stimolo, risposta (scatenamento di una catalisi), si crea un processo ciclico
stimolo/risposta, in cui lo stimolo mediatizzato fa l'effetto di un
segnale per una molecola o un gruppo di molecole che risponde
con un altro segnale l'enzima, che scatena la fabbricazione44.
Così, certe inter-retroazioni divengono comunicazionali.[…]; si ha
inter-grammaticazione reciproca non appena (la base nel RNA)
diviene segnale per l'altro (l'enzima) e inversamente45.
Il genoma contenuto nel nucleo della cellula, nel DNA, diventa,
così, "informazione generativa", indispensabile ai processi di rigenerazione e riproduzione della vita.
Certo la teoria non è priva di buchi neri. Soprattutto a livello di
spiegazione/comprensione del passaggio dal prebiotico, al protobiotico e al biotico.
Ma queste aporie iniziali non possono più scalfire la nuova realtà
degli esseri viventi, che sono complessi sistemi comunicazionali,
dotati di un apparato cerebrale ipercomplesso, di un linguaggio a
doppia articolazione e di una struttura sociale geno-fenomenica: la
cultura.
È in virtù di queste caratteristiche, uniche nelle società dei viventi,
che il complesso sistema biologico può saldarsi con quello socioantropologico, dando vita alla noosfera.
L'informazione senza senso di Shannon diventa apparato noosferico, fenomeno spirituale, universo ideale, teorico, filosofico, mitico,
onirico.
È l'apparato generativo, quello neurocerebrale, responsabile di
memoria e computazione, che consente di trasformare l'informazione in strategie organizzazionali.
44 Ivi, p. 372.
45 Ivi, pp. 371-372.
Il paradigma della complessità
53
Senza questo apparato non esisterebbe il complesso gioco
fisico/psichico che permette al soggetto di organizzare la conoscenza: la quale non è il riflesso o la fotocopia del reale, ma la sua
traduzione in una cultura ed in una storia.
Morin identifica da una parte l'entropia con la mancanza di
informazione, un difetto o una carenza di conoscenza, e si chiede
se questa mancanza sia il riflesso del disordine del reale o rifletta,
invece, i limiti della mente umana; dall'altra intende la conoscenza
come un superamento del rumore (necessario) e della ridondanza
dell'informazione. Conoscenza resa possibile da un apparato concettore: il soggetto.
Morin ritorna, dunque, al già esaminato rapporto conoscenza/conoscente e al problema del soggetto nel processo conoscitivo.
È il soggetto che traduce la physis in idee, "esseri noologici"
mediatori di questo complesso rapporto di traduzione del fisico in
psichico e viceversa. Per questa ragione il princìpio generale della
teoria dell'informazione, o dell'equivalente teoria della conoscenza
è un princìpio dialogico e ricorsivo ad anello a doppio ingresso:
l'ingresso fisico fenomenico e l'ingresso antropo-sociale-informazionale del soggetto/concettore.
Dove inizia e dove termina il circuito ricorsivo è domanda mal
posta. La teoria della complessità esige domande complesse e non
riduzionistiche e lineari. Conoscenza fisica e conoscenza antroposociale sono ricorsivamente retroattive, l'una richede l'altra e viceversa, l'altra retroagisce sull'una e viceversa, secondo uno schema
complesso autopoietico, in cui i caratteri fisico (organizzazione
materiale) e psichico (configurazione simbolica), non possono
essere scissi ma costituiscono un tutt'uno complesso che chiamiamo sapere.
L'impostazione paradigmatica shannoniana, che fa dell'informazione una nozione informazionale e non organizzazionale, è funzionale, secondo Morin, al dominio sociale,
quello di un potere che monopolizza l'informazione generativa
e programma l'azione degli esecutori ridotti ai compiti energetici46.
46 Ivi, p. 417.
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Complessità pedagogia educazione nel pensiero di Edgar Morin
Sicchè, al vecchio hegeliano dominio padrone-schiavo, si sostiuisce un'altro dominio l'informazione-energia.
Ma l'informazione, intesa in senso aperto, conclude Morin, conduce alla soglia del mistero, quel mistero che non può misconoscere
due problemi fondamentali, sia per il mondo biologico, ma ancor
di più per quello antropo-sociale: la possibilità dell'errore sempre
in agguato, e il dominio di un apparato che, scambiando l'informazione per comunicazione e ammantandosi di razionalità e funzionalità, giustifica il dominio e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
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