universit`a degli studi di siena sull`omissione di reticoli da parte di

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA
FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA
SULL’OMISSIONE DI RETICOLI DA
PARTE DI VARIETÀ
Relatore:
Tesi di Laurea di:
Chiar.mo Prof. Paolo Aglianò
Mattia Bongini
ANNO ACCADEMICO 2009-2010
Sommario
La primalità del filtro di Mal’cev delle varietà a congruenze modulari è un
problema aperto sin dalla pubblicazione del primo studio sistematico sul reticolo
dei tipi di interpretabilità delle varietà, dovuto a W. Taylor e O.C. Garcı̀a. Nella
sua tesi di dottorato, L. Sequeira ha dimostrato che il fallimento della primalità di
quel filtro non può verificarsi in presenza di termini che sono semplici, in un senso
specificato nel suo lavoro, e questo ha fatto sı̀ che si cercassero approcci alternativi
per dirimere l’interrogativo.
E’ noto dai tempi di R. Dedekind che la modularità di un reticolo è equivalente
all’omissione di N5 dal reticolo stesso, e tale osservazione motiva il nuovo punto
di vista assunto: invece di interpellare come di consueto i termini, si ricerca la
presenza o meno di alcuni tipi di reticoli all’interno del reticolo delle congruenze
delle algebre libere su insiemi di generatori di cardinalità infinita. Il primo risultato
presentato riguarda la fondatezza di questo approccio: la famiglia delle classi di
equivalenza di varietà che omettono un reticolo sottodirettamente irriducibile è un
filtro nel reticolo dei tipi di interpretabilità.
Il secondo risultato persegue, attraverso un contributo di W.D. Neumann, l’obiettivo di ricollocare la problematica della determinazione della primalità dei filtri
ottenuti con il risultato precedente, all’interno di un ambiente diverso e, probabilmente, più affine al nuovo approccio sviluppato: il reticolo dei sottouniversi del
reticolo delle equivalenze di un insieme.
Indice
1 Introduzione
3
1.1
Preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3
1.2
Struttura della tesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5
2 Concetti base
6
2.1
Algebre e Cloni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
6
2.2
Reticoli e Operatori di Chiusura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10
2.3
Congruenze e Teoremi di Isomorfismo . . . . . . . . . . . . . . . . .
16
3 Il Teorema HSP
22
3.1
Operatori di Classe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
22
3.2
Algebre Libere
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
25
3.3
Algebre dei Termini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
29
3.4
Equazioni e quozienti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
35
3.5
Condizioni di Mal’cev . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
40
4 Il reticolo dei tipi di interpretabilità delle varietà
47
4.1
La relazione di interpretabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
47
4.2
Proprietà basilari di L . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
50
4.3
Filtri di L . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
56
4.4
Primalità di alcuni filtri di L . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
59
5 Omissione di reticoli da parte di varietà
5.1
Primalità del filtro delle varietà a congruenze distributive . . . . . .
1
63
63
INDICE
2
5.2
Considerazioni sul rapporto tra intepretazione e congruenze . . . . .
68
5.3
Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
71
Bibliografia
72
Capitolo 1
Introduzione
1.1
Preliminari
Uno dei più ragguardevoli contributi di A.I. Mal’cev è quello di aver saputo
legare la permutabilità delle congruenze delle algebre di una varietà alla presenza
di un particolare termine che soddisfa precise equazioni, [9]. Questo risultato ha
aperto nuovi orizzonti in Algebra Universale perché ha dimostrato come sia possibile trasformare i problemi relativi alle congruenze in altri relativi alla presenza o
meno di termini con determinati comportamenti: la verifica della validità di una
proprietà delle congruenze delle algebre di una varietà si traduce nella ricerca di
un insieme di termini particolari, perseguibile tramite la manipolazione di termini
della varietà. Questo approccio è stato talmente rivoluzionario che ha indirizzato
gli sforzi di molti matematici, come A.F. Pixley, [13], B. Jònsson, [8], e A. Day, [3],
alla ricerca di altre proprietà delle congruenze traducibili in condizioni sui termini,
ottenendo importanti risultati che permettono una facile verifica della soddisfazione
o meno di queste proprietà da parte delle congruenze delle algebre di una varietà.
Questa serie di contributi ha portato allo sviluppo del concetto di reticolo dei
tipi di interpretabilità delle varietà da parte di W.D. Neumann [12]; tale struttura è l’ambiente ideale per lo studio delle proprietà delle condizioni di Mal’cev,
soprattutto per quanto riguarda la determinazione di quali tra queste condizioni
siano equivalenti, ma anche per altri aspetti che sorgono proprio una volta che si
3
1.1 Preliminari
4
conduce la ricerca sulla problematica su questo terreno. W. Taylor e O.C. Garcı̀a
sono gli autori del principale lavoro estensivo sull’argomento, [6]; in esso, particolare enfasi è rivolta alla primalità dei filtri di Mal’cev, filtri del reticolo dei tipi di
interpretabilità associati naturalmente ad una condizione di Mal’cev. E’ qui che
essi congetturarono che il filtro delle varietà a congruenze modulari fosse primo,
riponendo le loro speranze nella semplicità delle equazioni della condizione di Mal’cev relativa alla modularità, e quindi nella facilità di trovare una dimostrazione
sintattica (i.e., tramite manipolazione di termini) di questo fatto.
Tale congettura è ancora oggi irrisolta, e tuttavia la motivazione della speranza
di Taylor e Garcı̀a non sembra più cosı̀ solida: lo stesso argomento veniva utilizzato
per supportare la congettura sulla primalità del filtro delle varietà a congruenze
permutabili, presentata in coppia con la precedente, e tuttavia la dimostrazione
di Tschantz della correttezza di tale congettura, [18], portata avanti per via sintattica, è ben lontana anche solo dall’essere estendibile all’analoga questione sulla
n-permutabilità, a causa dell’eccessiva complessità del ragionamento. Inoltre, nella
sua tesi di dottorato, [14], L. Sequeira ha dimostrato come una confutazione della
congettura per via sintattica non si possa testimoniare attraverso termini semplici,
sollevando l’interrogativo se la questione sia a↵rontata dal punto di vista ottimale.
Il contributo di Sequeira non finisce qui, tuttavia: egli ha anche dimostrato l’affinità del filtro delle varietà a congruenze modulari con altri filtri di Mal’cev primi e
la sua distanza da altri non primi, esibendo una condizione presente nei primi ma
non nei secondi, e inoltre presente nel filtro delle varietà a congruenze modulari:
l’ottimismo di Taylor e Garcı̀a è, ad oggi, largamente condiviso.
Tornando alla questione del miglior terreno su cui portare avanti la ricerca sulla
problematica, la principale difficoltà di una dimostrazione per via sintattica sembra
risieda nella “forza” delle equazioni (intesa come capacità di non essere soddisfatta
da una varietà) con cui ha a che fare: nel caso di equazioni molto forti (e.g.,
la distributività, vedi ancora [6]) o molto deboli (e.g., W. Taylor, [17]) tale strada
sembra fruttuosa, ma nel caso di equazioni di “media” forza (come la permutabilità
e la modularità) le difficoltà aumentano enormemente.
Che la modularità di un reticolo sia equivalente all’omissione da parte del reti-
1.2 Struttura della tesi
5
colo stesso di N5 , è un contributo dovuto a Dedekind, [4]. Questo risultato rende
lecita la domanda se un approccio sviluppato nel senso dell’omissione di reticoli sia
più o meno efficace di quello usuale per via sintattica. Non si conoscono risultati
che certifichino la sterilità di una riformulazione del problema in questo senso, né,
addirittura, tentativi precedenti. E’ dunque necessario sviluppare ex novo questo
punto di vista, dimostrando che è ben fondato (facendo cioé vedere che l’omissione
di un certo tipo di reticoli da parte di varietà dà luogo ad un filtro nel reticolo
dei tipi di interpretabilità) e in grado di essere sviluppato coerentemente con la
problematica da risolvere.
1.2
Struttura della tesi
L’obiettivo principale di questa tesi è quello di fornire gli strumenti per a↵rontare la congettura sulla primalità del filtro di Mal’cev delle varietà a congruenze
modulari, e un possibile sviluppo nella strada che porta alla sua risoluzione. Nel
secondo capitolo vengono riportati i concetti essenziali per la comprensione dell’opera: ne viene fatta solo menzione, rinviando a [10] e [2] per un approfondimento.
Nel terzo capitolo si ripercorre l’intera dimostrazione del celeberrimo teorema HSP
di G. Birkho↵, [1], e riportando, alla fine, alcuni esempi di condizioni di Mal’cev,
che verranno poi ripresi nel capitolo seguente, dedicato al reticolo dei tipi di interpretabilità delle varietà. Qui verranno esposte le principali proprietà del reticolo e
il concetto di filtro di Mal’cev. Si studierà poi la primalità di alcuni di quei filtri
determinati dalle condizioni di Mal’cev riportate nel capitolo precedente. L’ultimo
capitolo si divide in due parti: nella prima si pongono le basi del nuovo approccio,
fornendo una dimostrazione alternativa della non primalità del filtro di Mal’cev delle varietà a congruenze distributive; riformulando la congettura di Taylor e Garcı̀a
secondo questo nuovo punto di vista, verrà fornito uno spunto di ricerca che, se
sviluppato, è in grado di dirimere la questione. Nel secondo si cercherà di fornire
uno spunto per il trasferimento del problema in un ambiente più ricco di proprietà
del reticolo dei tipi di interpretabilità qual é il reticolo dei sottouniversi del reticolo
delle equivalenze di un insieme.
Capitolo 2
Concetti base
2.1
Algebre e Cloni
Definizione 2.1. Sia A un insieme non vuoto. Una operazione n-aria è una
funzione Q : An ! A, dove n è un intero non negativo detto arietà dell’operazione.
Una operazione n-aria si dirà parziale se è definita su B ⇢ An .
Definizione 2.2. Si definisce tipo una coppia ordinata ⌧ = hI, ⇢i dove I è un
insieme non vuoto e ⇢ : I ! ! è la funzione arietà, o rango. Ogni Q 2 I è detto
simbolo di funzione, o simbolo di operazione. Per abbreviare, in luogo di Q 2 I
scriveremo Q 2 ⌧ .
Definizione 2.3. Un’algebra di tipo ⌧ = hI, ⇢i è una coppia ordinata A =
hA, QA (Q 2 I)i dove A è un insieme non vuoto e per ogni Q 2 I, QA è una
operazione ⇢(Q)-aria. A si dirà universo dell’algebra, QA si dirà operazione base
per ogni Q 2 I e I si dirà insieme degli indici o insieme dei simboli di operazione
di A.
Osservazione 2.4. Alcune considerazioni:
1. una operazione 0-aria su A viene indicata, quando è possibile, con l’unico
valore che assume;
6
2.1 Algebre e Cloni
7
2. si noti come, in luogo di operazioni 0-arie, si possa fare ricorso ad operazioni
unarie Q(x) obbedienti l’equazione Q(x) ⇡ Q(y). D’ora in avanti, per motivi
che saranno chiari in seguito, adopereremo tale convenzione;
3. se Q è un simbolo di operazione del tipo di A, la scrittura QA indica l’operazione base di A indiciata da Q: si dice che Q denota QA , o che QA è
l’interpretazione di Q. Per evitare di appesantire la notazione, useremo Q
invece di QA ovunque non ci sia possibilità di confusione.
Definizione 2.5. Siano ⌧ = hI, ⇢i e ⌧ 0 = hI 0 , ⇢0 i due tipi, e poniamo, per ogni
n 2 !,
In = {Q 2 I | ⇢(Q) = n}.
Si dice che ⇢ è uguale a ⇢0 se |In | = |In0 | per ogni n 2 !.
Definizione 2.6. Due algebre A e B si dicono simili se i loro tipi hanno funzioni
rango uguali.
Definizione 2.7. Dati due tipi ⌧ = hI, ⇢i e ⌧ 0 = hI 0 , ⇢0 i si scriverà ⌧ ✓ ⌧ 0 se I ✓ I 0
e ⇢ = ⇢0|I .
Si indicherà invece con ⌧ [ ⌧ 0 la coppia hI [ I 0 , ⇢i, dove ⇢(Q) = ⇢(Q) se Q 2 I,
mentre ⇢(Q) = ⇢0 (Q) se Q 2 I 0 .
Definizione 2.8. Sia Q una operazione n-aria su un insieme non vuoto A, e sia
X un suo sottoinsieme. Si dice che X è chiuso rispetto a Q se e solo se per ogni
a1 , . . . , a n 2 X
Q(a1 , . . . , an ) 2 X.
Se A è un’algebra, X ✓ A si dice un sottouniverso di A se è chiuso rispetto a tutte
le operazioni di base di A. Sub(A) indica l’insieme di tutti i sottouniversi di A.
Definizione 2.9. Sia A un’algebra. L’algebra B è una sottoalgebra di A se A e
B sono simili, B ✓ A, B è un sottouniverso di A e QB è la restrizione a B di QA
per ogni simbolo di operazione di A. Per indicare che B è una sottalgebra di A
scriveremo B  A.
2.1 Algebre e Cloni
8
Definizione 2.10. Siano A e B due algebre simili e sia Q un simbolo di operazione
n-aria. Una funzione f : A ! B rispetta l’interpretazione di Q (o rispetta Q) se e
solo se per ogni a1 , . . . , an 2 A
f (QA (a1 , . . . , an )) = QB (f (a1 ), . . . f (an )).
Definizione 2.11. Siano A e B algebre simili. Una funzione f : A ! B è detta un
omomorfismo da A a B se f rispetta tutti i simboli di operazione di A. hom(A, B)
indica l’insieme di tutti gli omomorfismi da A a B.
Osservazione 2.12. Alcune considerazioni:
1. Nel caso in cui f : A ! B sia anche una funzione iniettiva, f verrà detto
monomorfismo, mentre se è suriettiva verrà detto epimorfismo: in questo
caso B si dirà immagine omomorfa di A. Infine, se è biettiva, f prenderà il
nome di isomorfismo, A e B si diranno isomorfe e si scriverà A ⇠
= B;
2. un isomorfismo è una corrispondenza uno a uno tra gli elementi di due algebre che rispetta la interpretazioni di ciascun simbolo di operazione. Questo
significa che due algebre isomorfe sono indistinguibili l’una dall’altra rispetto
a un certo gruppo di proprietà dette “algebriche”: se una di queste è vera in
un’algebra allora sarà vera in tutte le immagini isomorfe di quell’algebra.
Definizione 2.13. Sia A = {Ai }i2I una famiglia di insiemi. Una funzione di scelta
per A è una funzione f : I ! A tale che f (i) 2 Ai per ogni i 2 I. Il prodotto diretto
di A è l’insieme di tutte le funzioni di scelta di A, e si indica come
Y
i2I
Ai
oppure
Y
A.
Se Ai = B per ogni i 2 I, il prodotto diretto di A si indicherà anche come B I .
Osservazione 2.14. Ogni insieme Ai con i 2 I è detto fattore del prodotto diretto.
Q
La i-esima proiezione, indicata con pi , è la funzione con dominio
A tale che
Q
pi (f ) = f (i) per ogni f 2
A. Spesso si usa la scrittura fi invece di f (i): ad
Q
esempio, ogni elemento di A si scrive come (fi )i2I .
2.1 Algebre e Cloni
9
Definizione 2.15. Sia A = {Ai }i2I una famiglia di algebre simili. Il prodotto
Q
diretto di A si indica come A ed è l’algebra dello stesso tipo delle componenti
Q
di A, che ha per universo l’insieme
A tale che per ogni simbolo di operazione
Q
n-aria Q e per ogni f 1 , . . . , f n 2 A si ha
Q
(Q
A
(f 1 , . . . , f n ))i = QAi (fi1 , . . . , fin )
per ogni i 2 I. Se Ai = B per ogni i 2 I, il prodotto diretto di A si indicherà
anche come BI .
Definizione 2.16. Siano g una operazione k-aria e f1 , . . . , fk k operazioni n-arie,
entrambe su un insieme A. La composizione di g, f1 , . . . , fk è l’operazione n-aria h
su A definita come
h(a1 , . . . , an ) = g(f1 (a1 , . . . , an ), . . . , fk (a1 , . . . , an ))
per ogni a1 , . . . , an 2 A. Per chiarezza, scriveremo
h = g(f1 , . . . , fk ).
Le operazioni proiezione, dette più semplicemente proiezioni, su un insieme A sono
le operazioni banali ⇡in con 1  i  n che soddisfano per ogni a1 , . . . , an 2 A
⇡in (a1 , . . . , an ) = ai .
Definizione 2.17. Sia A un insieme non vuoto. Un clono su A è un insieme di
operazioni su A che contiene le proiezioni ed è chiuso per tutte le composizioni.
Il clono di tutte le operazioni su A lo indicheremo con Clo(A), mentre il clono di
tutte le operazioni n-arie su A lo indicheremo con Clon (A).
Osservazione 2.18. Alcune considerazioni:
1. I cloni forniscono un importante esempio di algebre parziali, in quanto le
composizioni di operazioni non sono definite per tutti gli elementi del clono;
per esempio, la composizione di una operazione binaria con due operazioni
ternarie è una operazione parziale ternaria sull’insieme Clo(A) definita non
su tutte le terne di elementi ma solo per quelle terne (f1 , f2 , f3 ) tali che
f1 2 Clo2 (A) e f2 , f3 2 Clo3 (A);
2.2 Reticoli e Operatori di Chiusura
10
2. avendo deciso in precedenza di sostituire le operazioni 0-arie con particolari
operazioni unarie, è chiaro che Clon (A) è definito a partire da n = 1.
Definizione 2.19. Sia A un’algebra. Il clono delle operazioni termini di A, indicato con Clo(A), è il più piccolo clono su A che contiene le operazioni di base
di A. L’insieme delle operazioni n-arie in Clo(A) sarà denotato da Clon (A). Gli
elementi di Clo(A) si dicono operazioni termini di A.
Definizione 2.20. Sia A un insieme, f una operazione k-aria su A e ⌃ un insieme
di operazioni n-arie su A. Diciamo che ⌃ è chiuso per composizione con f se per
ogni g1 , . . . , gk 2 ⌃ allora f (g1 , . . . , gk ) 2 ⌃.
Teorema 2.21. Sia A un’algebra e sia n
insieme
n
1. Allora Clon (A) è il più piccolo
di operazioni n-arie su A che contiene le proiezioni n-arie ed è chiuso
per composizione con ogni operazione di base di A.
Osservazione 2.22. Il teorema (2.21) permette di dare una definizione induttiva
di operazione termine di un’algebra A. Si definisce Clon (A) come l’insieme tale
che:
1. ⇡in 2 Clon (A) per ogni 1  i  n;
2. se Q è una operazione di base k-aria di A e t1 , . . . , tk 2 Clon (A), allora
Q(t1 , . . . , tk ) 2 Clon (A);
3. nient’altro appartiene a Clon (A).
La dimostrazione che le due definizioni di Clon (A) sono equivalenti segue, appunto,
dal teorema (2.21).
2.2
Reticoli e Operatori di Chiusura
Definizione 2.23. Un reticolo è un’algebra L = hL, _, ^i le cui due operazioni
binarie (dette join e meet) soddisfano le seguenti equazioni:
2.2 Reticoli e Operatori di Chiusura
11
(L1) x _ y ⇡ y _ x
(L2) x ^ y ⇡ y ^ x
(L3) x _ (y _ z) ⇡ (x _ y) _ z
(L4) x ^ (y ^ z) ⇡ (x ^ y) ^ z
(L5) x _ x ⇡ x
(L6) x ^ x ⇡ x
(L7) x _ (y ^ x) ⇡ x
(L8) x ^ (y _ x) ⇡ x
Definizione 2.24. Sia A un insieme. Una relazione binaria  è un ordine parziale
su A se soddisfa le seguenti proprietà:
(O1) a  a
(O2) a  b e b  a implica a = b
(O3) a  b e b  c implica a  c
Un ordine parziale si dice totale se soddisfa
(O4) a  b o b  a
Un insieme non vuoto su cui è definito un ordine parziale si dice poset.
Definizione 2.25. Sia P un poset e A ✓ P . Un elemento p 2 P è un maggiorante
per A se a  p per ogni a 2 A. Un elemento p 2 P è un estremo superiore per A,
W
in simboli A, se è un maggiorante per A e a  b per ogni a 2 A implica p  b.
Si definiscono dualmente le nozioni di minorante per A e estremo inferiore per A,
V
in simboli A.
Definizione 2.26. Un poset L è un reticolo se per ogni a, b 2 L sia
V
{a, b} esistono in L.
W
{a, b} che
2.2 Reticoli e Operatori di Chiusura
12
La verifica che le due definizioni di reticolo sono equivalenti è un semplice
esercizio.
Definizione 2.27. Due reticoli L e M si dicono isomorfi se esiste una biiezione
f : L ! M tale che per ogni a, b 2 L si ha f (a _ b) = f (a) _ f (b) e f (a ^ b) =
f (a) ^ f (b).
Definizione 2.28. Siano P e Q due poset. Una funzione f : P ! Q si dice che
preserva l’ordine se a  b in P allora f (a)  f (b) in Q.
Teorema 2.29. Due reticoli L e M sono isomorfi se e solo esiste una biiezione
f : L ! M tale che sia f che f
1
preservano l’ordine.
Definizione 2.30. Un poset P si dice completo se per ogni X ✓ P esistono
V
e X in P . Un reticolo si dice completo se è completo come poset.
W
X
Osservazione 2.31. Si noti come la definizione di reticolo garantisca l’esistenza
W
V
di X e X solo nel caso in cui X sia finito e inoltre come ogni poset completo
sia un reticolo.
Definizione 2.32. Sia A un insieme. Una funzione C : P (A) ! P (A) è un
operatore di chiusura se per ogni X, Y 2 P (A) si ha
(C1) X ✓ C(X);
(C2) C(C(X)) = C(X);
(C3) X ✓ Y ) C(X) ✓ C(Y ).
X 2 P (A) si dice chiuso se C(X) = X. Indicheremo con C(A) l’insieme dei chiusi
di A.
Definizione 2.33. Sia A un insieme. F si dice un sistema di insiemi chiusi su A
se
(S1) F ✓ P (A);
(S2) A 2 F ;
2.2 Reticoli e Operatori di Chiusura
(S3)
T
13
G 2 F per ogni G ✓ F non vuoto.
Proposizione 2.34. Se C è un operatore di chiusura su A allora l’insieme
FC = {C(X) | X ✓ A}
è un sistema di insiemi chiusi su A. Viceversa, se F è un sistema di insiemi chiusi
su A allora la funzione CF : P (A) ! P (A) definita come
\
CF (X) = {K | X ✓ K e K 2 F }
per ogni X 2 P (A) è un operatore di chiusura su A. Inoltre le due costruzioni sono
l’una l’inversa dell’altra.
Teorema 2.35. Sia C un operatore di chiusura su un insieme A. Allora C(A) è
un reticolo completo dove
^
_
G =
\
G,
⇣[ ⌘
G = C
G ,
per ogni G famiglia di chiusi di A.
Definizione 2.36. Sia L un reticolo. Un elemento a 2 L si dice compatto se
W
W
W
tutte le volte che A esiste e a  A, con A ✓ L, allora a  B per qualche
sottoinsieme finito B di A. L si dice algebrico se è completo è ogni elemento di L
è un join di compatti.
Definizione 2.37. Un operatore di chiusura C su un insieme A è un operatore di
chiusura algebrico se per ogni X 2 P (A) si ha
S
(C4) C(X) = {C(Y ) | Y ✓ X e Y è finito}.
Teorema 2.38. Se C è un operatore di chiusura algebrico su A allora C(A) è un
reticolo algebrico, e i compatti di C(A) sono esattamente le chiusure di sottoinsiemi
finiti di A.
Definizione 2.39. Se C è un operatore di chiusura su A e Y è un sottoinsieme
chiuso di A, si dice che X ✓ A è un insieme di generatori per Y se C(X) = Y . Y
si dirà finitamente generato se esiste un insieme di generatori per Y finito.
2.2 Reticoli e Operatori di Chiusura
14
Corollario 2.40. Sia C un operatore di chiusura algebrico su A. Allora i sottoinsiemi finitamente generati di A sono esattamente i compatti di C(A).
Teorema 2.41. Se A è un’algebra allora Sub(A) è un sistema di insiemi chiusi
su A il cui operatore di chiusura è
SgA (X) =
\
{B | X ✓ B e B è un sottouniverso di A}.
Osservazione 2.42. Si scriverà Sg in luogo di SgA quando risulterà chiaro dal
contesto che ci si riferisce alla particolare algebra A.
Lemma 2.43. Sia A un’algebra e sia X ✓ A. Definendo Xn ricorsivamente come:
X0 = X,
Xn+1 = Xn [ Qn dove
Qn = {Q(~a) | Q operazione di base k-aria di A e ~a 2 Xnk },
si ha che Sg(X) =
S
n2!
Xn .
Teorema 2.44. Se A è un’algebra allora Sg è un operatore di chiusura algebrico
su A.
Corollario 2.45. Se A è un’algebra allora Sub(A), il reticolo il cui universo è
Sub(A) e le cui operazioni sono definite come
X ^Y
= X \ Y,
X _Y
= Sg(X [ Y ),
per ogni X, Y 2 Sub(A), è un reticolo algebrico.
Teorema 2.46. Sia A un’algebra tale che A = Sg(X), per qualche X ✓ A, e
siano f e g due omomorfismi da A a B. Se f (x) = g(x) per ogni x 2 X, allora
f (a) = g(a) per ogni a 2 A.
Teorema 2.47. Siano f : A ! B un omomorfismo e X un sottoinsieme di A.
Allora f (SgA (X)) = SgB (f (X)).
2.2 Reticoli e Operatori di Chiusura
15
Citiamo adesso un piccolo risultato che ci tornerà utile in seguito.
n
Teorema 2.48. Sia B = AA . Allora, Clon (A) è uguale al sottouniverso di B
generato dalle n proiezioni ⇡1n , . . . , ⇡nn . Dunque, le operazioni n-arie di A formano
un’algebra, che denoteremo con Clon (A).
Definizione 2.49. Un reticolo si dice distributivo se soddisfa almeno una delle
seguenti uguaglianze:
(D1) x ^ (y _ z) ⇡ (x ^ y) _ (x ^ z)
(D2) x _ (y ^ z) ⇡ (x _ y) ^ (x _ z)
Si dimostra facilmente come un reticolo soddisfa (D1) se e solo se soddisfa (D2).
Definizione 2.50. Un reticolo si dice modulare se soddisfa la legge
(M) x  y ) x _ (y ^ z) ⇡ y ^ (x _ z)
Teorema 2.51. Un reticolo è modulare se e solo se soddisfa l’equazione
(x ^ y) _ (y ^ z) ⇡ y ^ ((x ^ y) _ z).
Teorema 2.52. Un reticolo distributivo è anche modulare.
Definizione 2.53. Chiameremo N5 e M3 i seguenti reticoli
1
•
a•
@
@
@
@•
@
@
@
@•
0
N5
1
•
@
c
•b
a•
@
@
@
•b
@
@
@
@•c
@
@•
0
M3
Teorema 2.54 (Dedekind). Un reticolo è modulare se e solo se non ha sottoreticoli
isomorfi a N5 .
Teorema 2.55 (Birkho↵). Un reticolo è distributivo se e solo se non ha sottoreticoli isomorfi a N5 e M3 .
2.3 Congruenze e Teoremi di Isomorfismo
2.3
16
Congruenze e Teoremi di Isomorfismo
Definizione 2.56. Sia A un insieme. Una relazione R su A è un sottoinsieme di
A2 . Una relazione R su A si dice essere una relazione di equivalenza se, per ogni
a, b, c 2 A
(E 1) (a, a) 2 R;
(E 2) (a, b) 2 R ) (b, a) 2 R;
(E 3) (a, b), (b, c) 2 R ) (a, c) 2 R.
L’insieme di tutte le relazioni di equivalenza su A si indicherà come Eq(A).
Teorema 2.57. Se A è un insieme, Eq(A), con ✓ come ordine parziale, è un
reticolo completo. Ci riferiremo ad esso come Eq(A).
Definizione 2.58. Sia h un omomorfismo da A a B. Il kernel di h è la relazione
binaria di A
ker(h) = {(a, b) 2 A2 | h(a) = h(b)}.
Osservazione 2.59. Essendo definita in termini di uguaglianza, ker(h) è ovviamente una relazione di equivalenza. Il fatto che h sia un omomorfismo la rende però
capace di soddisfare la cosiddetta proprietà di sostituzione per A: sia Q una operazione di base n-aria di A e siano a1 , . . . , an , b1 , . . . , bn 2 A, allora se (ai , bi ) 2 ker(h)
per ogni 1  i  n si ha
(Q(a1 , . . . , an ), Q(b1 , . . . , bn )) 2 ker(h).
E’ quindi interessante andare a considerare tutte le relazioni di equivalenza che
godono della proprietà di sostituzione.
Osservazione 2.60. Sia A è un insieme e X ✓ A2 . Per convenienza di notazione,
talvolta scriveremo aXa0 in luogo di (a, a0 ) 2 X, e se
~a = (a1 , . . . , ak )
e
~a0 = (a01 , . . . , a0k )
2.3 Congruenze e Teoremi di Isomorfismo
17
allora scriveremo ~aX~a0 se ai Xa0i per ogni i = 1, . . . , k. Possiamo perciò riformulare
la proprietà di sostituzione per un’algebra A della relazione di equivalenza ✓ dicendo
che per ogni f operazione n-aria di base di A e per ogni ~a, ~a0 2 An
~a✓~a0 ) f (~a)✓f (~a0 ).
Definizione 2.61. Sia A un’algebra. Una congruenza di A è una relazione di
equivalenza sull’universo di A che soddisfa la proprietà di sostituzione per A.
Indicheremo con Con(A) l’insieme di tutte le congruenze di A.
Osservazione 2.62. Si noti come ogni algebra A abbia almeno due congruenze:
la congruenza diagonale
A
= {(a, a) | a 2 A},
e la congruenza totale
rA = {(a, b) | a, b 2 A}.
Un’algebra A si dice semplice se Con(A) = {
A , rA }.
Teorema 2.63. Se A è un’algebra allora Con(A) è un sistema di insiemi chiusi
su A2 il cui operatore di chiusura è
\
CgA (X) = {✓ | X ✓ ✓ e ✓ è una congruenza di A}.
per ogni X ✓ A2 .
Osservazione 2.64. Si scriverà Cg in luogo di CgA quando risulterà chiaro dal
contesto che ci si riferisce alla particolare algebra A.
Lemma 2.65. Sia A un’algebra e X ✓ A2 . Definendo Xn ricorsivamente come:
X0 = X [ {(a, b) | (b, a) 2 X} [ {(a, a) | a 2 A}
Xn+1 = Xn [ Tn [ Qn dove
Qn = {(Q(~a), Q(~a0 )) | Q operazione di base k-aria di A e ~aXn~a0 },
Tn = {(a, c) | aXn bXn c per qualche b 2 A},
2.3 Congruenze e Teoremi di Isomorfismo
si ha che Cg(X) =
S
n2!
18
Xn .
Teorema 2.66. Se A è un’algebra allora Cg è un operatore di chiusura algebrico
su A2 .
Corollario 2.67. Se A è un’algebra allora Con(A), il reticolo il cui universo è
Con(A) e le cui operazioni sono definite come
per ogni ✓,
✓^
= ✓\ ,
✓_
= Cg(✓ [ ),
2 Con(A), è un reticolo algebrico.
Definizione 2.68. Sia A un’algebra, a 2 A e ✓ 2 Con(A). Usiamo la notazione
a/✓ = {b 2 A | (a, b) 2 ✓},
A/✓ = {a/✓ | a 2 A},
dove a/✓ è detta classe di congruenza di a. La suriezione naturale di A in A/✓ è
la funzione ⇡✓ : A ! A/✓ definita come
⇡✓ (a) = a/✓.
Osservazione 2.69. Sembra naturale voler dotare A/✓ di una struttura in modo
che la suriezione naturale funga da epimorfismo “naturale” da A a A/✓. Sia perciò
QA una operazione di base n-aria di A. Si definisce QA/✓ operazione n-aria di A/✓
in modo che per ogni a1 , . . . , an 2 A
QA/✓ (a1 /✓, . . . , an /✓) = QA (a1 , . . . , an )/✓.
In questa maniera la suriezione naturale è un epimorfismo, visto che
⇡✓ (QA (a1 , . . . , an )) = QA (a1 , . . . , an )/✓
= QA/✓ (a1 /✓, . . . , an /✓)
= QA/✓ (⇡✓ (a1 ), . . . , ⇡✓ (an )).
2.3 Congruenze e Teoremi di Isomorfismo
19
Definizione 2.70. Sia A un’algebra e ✓ una congruenza di A. L’algebra quoziente
A/✓ è l’algebra simile ad A che ha per universo A/✓ e dove QA/✓ è l’interpretazione
di Q per ogni simbolo di operazione Q.
Teorema 2.71 (Teorema di Omomorfismo). Siano A e B due algebre simili, sia
h un epimorfismo da A a B, ✓ una congruenza di A e ⇡✓ la relativa suriezione
naturale. Allora, se ✓ = ker(h), esiste un unico isomorfismo f : A/✓ ! B che
soddisfa f
⇡✓ = h.
Osservazione 2.72. Si noti come, rimuovendo l’ipotesi di suriettività di f , il
Teorema di Omomorfismo possa essere riformulato come segue: siano A e B due
algebre simili, sia h un omomorfismo da A a B, ✓ una congruenza di A e ⇡✓ la
relativa suriezione naturale. Allora, se ✓ = ker(h), esiste un unico monomorfismo
f : A/✓ ! B che soddisfa f
⇡✓ = h.
La dimostrazione di questo fatto è speculare a quella del teorema (2.71), da-
to che la rimozione dell’ipotesi di suriettività di f implica solo la non necessaria
suriettività dell’omomorfismo di raccordo.
Teorema 2.73 (Secondo Teorema di Isomorfismo). Siano A, B e C tre algebre
simili, e siano f : A ! B e g : A ! C due omomorfismi, di cui f è un epimorfismo, tali che ker(f ) ✓ ker(g). Allora esiste un unico omomorfismo h : B ! C tale
che g = h f . Inoltre h è iniettiva se e solo se ker(f ) = ker(g).
Definizione 2.74. Sia L un reticolo e a, b 2 L tali che a  b. Indicheremo con
[a, b] = {x 2 L | a  x  b}.
La scrittura I[a, b] si riferirà al sottoreticolo di L il cui universo è [a, b].
Definizione 2.75. Sia A un’algebra e ✓,
dunque
2 Con(A) tali che ✓ ✓ . Si definisce
/✓ = {(a/✓, b/✓) 2 (A/✓)2 | (a, b) 2 }.
Teorema 2.76 (Teorema delle Corrispondenze). Sia A un’algebra e siano ✓ 2
Con(A). La funzione f : [✓, rA ] ! Con(A/✓) definita come
f ( ) = /✓
2.3 Congruenze e Teoremi di Isomorfismo
per ogni
20
2 [✓, rA ] ✓ Con(A) è un isomorfismo di reticolo da I[✓, rA ] a Con(A/✓).
Teorema 2.77. Sia A un’algebra. Allora A e hA, Clo(A)i hanno le stesse congruenze.
Definizione 2.78. Siano A e {Ai }i2I algebre dello stesso tipo. Un isomorfismo
Q
f : A ⇠
= i2I Ai è detto una rappresentazione diretta di A in {Ai }i2I . A è un
Q
prodotto sottodiretto di {Ai }i2I se A  i2I Ai e, per ogni proiezione i-esima
Q
Q
⇡i da i2I Ai ad Ai , ⇡i (A) = Ai . Un monomorfismo f : A ! i2I Ai è una
rappresentazione sottodiretta di A in {Ai }i2I se f (A) è un prodotto sottodiretto
di {Ai }i2I . Se esiste una rappresentazione sottodiretta di A in {Ai }i2I , si scriverà
A ,!
Y
Ai .
i2I
Q
Definizione 2.79. Diremo che due rappresentazioni sottodirette f : A ⇠
= i2I Ai e
Q
g:A⇠
Bi sono isomorfe se, per ogni i 2 I, esiste un isomorfismo hi : Ai ⇠
=
= Bi
i2I
tale che hi fi = gi .
Q
Osservazione 2.80. Ogni rappresentazione sottodiretta f : A ! i2I Ai è isoQ
morfa ad una della forma g : A ! i2I A/✓i , dove ✓i = ker(fi ), e fi è l’i-esimo
omomorfismo associato ⇡i f , in base al teorema (2.71).
Teorema 2.81. Sia A un’algebra e {✓i }i2I ✓ Con(A). Allora A ,!
T
e solo se i2I ✓i = A .
Q
i2I
A/✓i se
Definizione 2.82. Un’algebra A si dice sottodirettamente irriducibile se |A| > 1 e
Q
per ogni rappresentazione sottodiretta f : A ! i2I Ai con omomorfismi associati
fi : A ! Ai , esiste un i 2 I tale che fi : A ⇠
= Ai .
Teorema 2.83. Un’algebra A è sottodirettamente irriducibile se e solo se Con(A)
ha una minima congruenza non banale, i.e., una congruenza ↵ tale che, per ogni
altra congruenza , ↵ 
se e solo se
6=
A.
2.3 Congruenze e Teoremi di Isomorfismo
21
Esempio 2.84. I reticoli N5 e M3 sono sottodirettamente irriducibili in quanto i
loro reticoli delle congruenze sono
•
@
•
@
@
@•
@
@•
•
•
•
Con(N5 )
Definizione 2.85. Siano ↵,
↵e
Con(M3 )
due relazioni sull’insieme A. Il prodotto relazione di
è la relazione
↵
Si dice che ↵ e
= {(a, b) 2 A2 | 9c 2 A tale che a ↵ c
permutano se ↵
Se A un’algebra e ↵,
fattore se
(1) ↵ ^
=
(2) ↵ _
= rA ,
(3) ↵ e
permutano.
=
b}.
↵.
2 Con(A), allora (↵, ) è una coppia di congruenze
A,
Teorema 2.86. Sia A un’algebra e ↵,
2 Con(A). Allora A ⇠
= A/↵ ⇥ A/ se e
solo se (↵, ) è una coppia di congruenze fattore.
Capitolo 3
Il Teorema HSP
Il concetto di varietà è forse il concetto centrale dell’algebra universale, e la
ragione di ciò è sostanzialmente dovuta al teorema che caratterizza questa sessione, il cosiddetto teorema HSP. Il raggruppamento e l’organizzazione di algebre in
varietà è risultata una scelta cosı̀ vincente che non esistono serie alternative ad
essa, soprattutto in virtù della particolare prospettiva che questo capitolo svilupperà: come già la precedente definizione di reticolo ha messo in luce, è molto più
conveniente, ed anche molto più naturale, parlare di una varietà come di una classe
di algebre di un determinato tipo che soddisfa una certa “assiomatizzazione”. Il
compito dei successivi risultati sarà quello di chiarire cosa ciò voglia dire e quali
risultati immediati seguano da un simile approccio.
Nell’a↵rontare l’argomento, seguiremo le linee di [10] e [2], nei quali è rielaborato
il contenuto dell’articolo originale, [1].
3.1
Operatori di Classe
Definizione 3.1. Una funzione che mappa classi di algebre in classi di algebre
(tutte dello stesso tipo) si dice un operatore di classe.
Definizione 3.2. Sia K una classe di algebre simili. Indicheremo con:
1. I(K) la classe delle immagini isomorfe di membri di K;
22
3.1 Operatori di Classe
23
2. H(K) la classe delle immagini omomorfe di membri di K;
3. S(K) la classe delle immagini isomorfe di sottalgebre di membri di K;
4. P(K) la classe delle immagini isomorfe di prodotti diretti di famiglie di algebre
appartenenti a K.
Osservazione 3.3. Alcune considerazioni:
1. Gli operatori della definizione (3.2) sono operatori di classe, e se O è uno di
essi e K, K1 e K2 sono classi di algebre dello stesso tipo allora si noti come
valgano le seguenti proprietà:
(Incremento dell’Ordine) K ✓ O(K);
(Monotonia) O(K1 ) ✓ O(K2 ) se K1 ✓ K2 ;
(Idempotenza) O(O(K)) = O(K).
Tali operatori di classe possono essere quindi assimilabili ad operatori di
chiusura sulla classe delle algebre di uno stesso tipo;
2. se O1 e O2 sono due operatori di classe, scriveremo O1 O2 per la loro composizione e scriveremo O1  O2 se e solo se O1 (K) ✓ O2 (K) per ogni classe
K;
3. dalla definizione (3.2) segue banalmente che OI = O e che IO = O.
Lemma 3.4. Valgono le seguenti disuguaglianze: SH  HS, PS  SP e PH  HP.
Inoltre HS, SP e HP sono operatori di chiusura su una classe di algebre dello stesso
tipo.
Dimostrazione. Supponiamo A 2 SH(K). Allora esistono un’algebra B 2 K e un
epimorfismo f : B ! C tali che A ⇠
= D  C. Ma allora f 1 (D)  B, e dato
che f (f
1
(D)) = D, si ha che A è isomorfa a una immagine omomorfa di una
sottalgebra di un membro di K, ovvero A 2 HS(K).
Q
Sia ora A 2 PS(K); allora A = i2I Ai per certe Ai  Bi 2 K per ogni i 2 I.
Q
Q
Ma dato che i2I Ai  i2I Bi , si ha A 2 SP(K), il tutto ovviamente a meno di
isomorfismi.
3.1 Operatori di Classe
24
Infine, se A 2 PH(K), allora esiste un sistema di algebre {Ai }i2I ✓ H(K) e un
Q
isomorfismo ↵ : i2I Ai ⇠
= A. Dall’Assioma di Scelta, esiste un sistema di algebre
Q
Q
{Bi }i2I e epimorfismi fi : Bi ! Ai . Definendo f : i2I Bi ! i2I Ai come
f (hbi | i 2 Ii) = hfi (bi ) | i 2 Ii
si ha che f è suriettiva: preso hai | i 2 Ii 2
Scelta possiamo selezionare bi 2 f
1
Q
i2I
Ai , invocando l’Assioma di
{ai } per ogni i 2 I, e considerare hbi | i 2 Ii
come sua controimmagine. Il fatto che f sia un omomorfismo segue banalmente
Q
dal fatto che gli fi lo sono, dunque ↵ f è un omomorfismo da i2I Bi a A, e
dunque A 2 HP(K).
Per quanto riguarda la seconda a↵ermazione, le proprietà di incremento del-
l’ordine e monotonia seguono banalmente da quelle degli operatori H, S e P. L’idempotenza segue invece dalle disuguaglianze provate in precedenza. Prendiamo
ad esempio HS (la dimostrazione per gli altri operatori è identica): da una parte si
ha
(HS)(HS) = H(SH)S  H(HS)S = HHSS = HS,
mentre dall’altra parte
HS = (HI)(IS)  (HS)(HS),
visto che I  H, S.
Definizione 3.5. Diremo che una classe di algebre dello stesso tipo K è chiusa per
l’operatore di classe O se O(K) ✓ K.
Definizione 3.6. Una classe di algebre dello stesso tipo K è una varietà se K è
chiusa per H, S e P.
Osservazione 3.7. Una classe K è una varietà se e solo se le costruzioni algebriche di base (la formazione di immagini omomorfe, sottalgebre e prodotti diretti)
possono essere eseguite all’interno della classe stessa. E’ utile poter disporre della
più piccola varietà che contiene una certa classe di algebre dello stesso tipo ⌧ : dato
che la classe di tutte le algebre di tipo ⌧ è una varietà, e dato che l’intersezione
3.2 Algebre Libere
25
di una qualsiasi famiglia di varietà di algebre di tipo ⌧ è ancora una varietà, è
intuitivamente chiaro che esiste la più piccola varietà che contiene una certa classe di algebre di tipo ⌧ . (Diciamo “intuitivamente” perché trattare rigorosamente
famiglie di classi e operatori su classi, nella teoria assiomatica degli insiemi, richiede estrema attenzione. Tuttavia, come il prossimo risultato mostrerà, il simbolo
speciale che introdurremo per le nostre necessità può essere definito in maniera
sufficientemente legittima).
Definizione 3.8. Sia K una classe di algebre simili. V(K) indicherà la più piccola
varietà contenente K, detta varietà generata da K.
Teorema 3.9 (Tarski, [15]). V = HSP.
Dimostrazione. Dal lemma (3.4) si ha che
1. H(HSP) = HSP;
2. S(HSP) = (SH)SP  H(SS)P = HSP;
3. P(HSP) = (PH)SP  H(PS)P  HS(PP) = HSP;
quindi per ogni K si ha che HSP(K) è chiuso per H, S e P. Dato che V(K) è la
più piccola varietà che contiene K si ha che V  HSP. Dall’altra parte, dato che
K ✓ V(K) si ha che HSP(K)  HSP(V(K)) = V(K), visto che V(K) è chiuso rispetto
a tutti e tre gli operatori di classe, dunque HSP  V.
3.2
Algebre Libere
In questa sessione viene introdotto il concetto di algebra libera, illustrandone
quelle proprietà che verranno utilizzate a piene mani nei capitoli successivi.
Definizione 3.10. Sia K una classe di algebre di un tipo, sia U un’algebra di quel
tipo e sia X ✓ U . Diremo che U ha la proprietà di immersione universale per K
su X se per ogni A 2 K e per ogni funzione ↵ : X ! A esiste un omomorfismo
: U ! A che estende ↵ (i.e., (x) = ↵(x) per ogni x 2 X).
3.2 Algebre Libere
26
Definizione 3.11. Sia K una classe di algebre di un tipo, sia U un’algebra di quel
tipo e sia X ✓ U . Diremo che U è libera per K su X se U è generata da X e U ha
la proprietà di immersione universale per K su X. Diremo invece che U è libera in
K su X se U 2 K e U è libera per K su X. Se U è libera in K su X allora X si
dirà un insieme libero di generatori per U, e U si dirà liberamente generata da X.
Lemma 3.12. Se U è libera per K su X, allora hom(U, A) è in corrispondenza biiettiva con l’insieme delle funzioni AX , cioè ad ogni funzione ↵ : X ! A
corrisponde un’unica estensione di ↵ ad un omomorfismo
: U ! A.
Dimostrazione. Segue banalmente dal teorema (2.47).
Lemma 3.13. Siano K0 ✓ K1 . Se U è libera per K1 su X, allora U è libera per
K0 su X.
Dimostrazione. Ovvia.
Lemma 3.14. Se U è libera per K su X, allora U è libera per HSP(K) su X.
Dimostrazione. Faremo vedere che, sotto le ipotesi, allora U è libera su X per
ciascuna delle classi H(K), S(K) e P(K).
Supponiamo che U sia libera per K su X e sia A 2 H(K): allora esiste B 2 K
e un epimorfismo
: B ! A. Sia perciò ↵ : X ! A una qualsiasi funzione;
dall’Assioma di Scelta esiste ↵
ˆ : X ! B tale che ↵
ˆ (x) 2
1
{↵(x)} per ogni
x 2 X. Dunque, dalla proprietà di immersione universale di U su K, esiste un
ˆ è un omomorfismo da
omomorfismo ˆ : U ! B che estende ↵
ˆ . Dunque =
U a A, tale che per ogni x 2 X
(x) =
Dunque
ˆ(x) =
↵
ˆ (x) = ↵(x).
è l’estensione di ↵ cercata.
Supponiamo che U sia libera per K su X e sia A 2 S(K): dunque esiste B 2 K
tale che : A ⇠
= C  B. Sia ↵ una qualsiasi funzione da X ad A; dato che C
è un sottouniverso di B, la funzione ↵
ˆ : X ! C definita come ↵
ˆ (x) =
↵(x)
per ogni x 2 X può essere vista in realtà come una funzione da X a B. Per la
proprietà di immersione universale di U su K, esiste un omomorfismo ˆ : U ! B
3.2 Algebre Libere
27
che estende ↵
ˆ . Si vede facilmente come ˆ(U)  C dal fatto che U è generata da
X e che C è un sottouniverso di B: basta in e↵etti far vedere che, dato ↵
ˆ (x) 2 C
per ogni x 2 X, allora ˆ(u) 2 C per ogni u 2 U . Se U è generata da X, allora
Sg(X) = U ; dal lemma (2.43), per ogni u 2 U esiste un n
0 tale che u 2 Xn ;
0 e un termine t 2 Clom (U) tali
questo implica banalmente che esistono un m
che u = t(x1 , . . . , xm ) con x1 , . . . , xm 2 X. Dato che
è un omomorfismo, si
dimostra per induzione sulla complessità di t che
ˆ(t(x1 , . . . , xm )) = q( ˆ(x1 ), . . . , ˆ(xm )),
dove q 2 Clom (B). Ma allora ˆ(u) = q(ˆ
↵(x1 ), . . . , ↵
ˆ (xm )), e basta perciò di-
mostrare (ancora per induzione sulla complessità dei termini) che, dato che C è
un sottouniverso di B e che u1 , . . . , um 2 C allora per ogni termine q 2 Clo(B),
q(u1 , . . . , um ) 2 C, da cui segue banalmente ˆ(u) 2 C. Definendo perciò : U ! A
come = 1 ˆ si ha l’estensione di ↵ cercata.
Infine, supponiamo che che U sia libera per K su X e sia A 2 P(K): allora
Q
esistono Bi 2 K tale che : i2I Bi ⇠
= A. Sia perciò ↵ una qualsiasi funzione da X
ad A; consideriamo ↵i : X ! Bi per ogni i 2 I, tale che ↵i = ⇡i (
1
↵). Per la
proprietà di immersione universale di U su K, per ogni i 2 I esiste un omomorfismo
i
: U ! Bi che estende ↵i . Definiamo quindi
: U ! A come
(u) = (h i (u) | i 2 Ii);
il fatto che
sia un omomorfismo da U a A segue dal fatto che i
inoltre
(x) =
(h i (x) | i 2 Ii)
=
(h↵i (x) | i 2 Ii)
=
(h⇡i (
=
(
1
= ↵(x).
1
(↵(x))) | i 2 Ii)
(↵(x)))
i
lo sono, e
3.2 Algebre Libere
28
Una notevole proprietà delle algebre libere per una stessa classe di algebre K, è
quella di essere isomorfe a tutte le altre algebre libere per K su un insieme libero di
generatori della stessa cardinalità. Questo ci permette di “dimenticare” gli elementi
dell’insieme libero di generatori e concentrarci sulla sua cardinalità.
Lemma 3.15. Supponiamo che U1 e U2 sono libere per K su X1 e X2 rispettivamente. Se |X1 | = |X2 | allora U1 ⇠
= U2 .
Dimostrazione. Se |X1 | = |X2 |, sia f una biiezione da X1 a X2 ; ne segue che
esistono due omomorfismi
rispettivamente, e inoltre
: U1 ! U2 e
estende f f
1
: U2 ! U1 che estendono f ed f
= idX1 . Dal lemma (3.12),
1
non
può essere che l’omomomorfismo identico da U1 su sè stesso; alla stessa maniera si
può concludere che
tra le due algebre, e
è l’identità su U2 . Ne segue dunque che
è un isomorfismo
la sua inversa.
Definizione 3.16. Sia K una famiglia di algebre di un tipo e A un’algebra dello
stesso tipo. Definiamo la congruenza ⇥A (K) su A come
\
⇥A (K) = {✓ 2 Con(A) | A/✓ 2 S(K)}.
Lemma 3.17. Se U è libera per K su X, allora U = U/⇥U (K) è libera per K su
X = {x/⇥U (K) | x 2 X}, e U 2 SP(K). Quindi U è libera in V(K) su X.
Dimostrazione. Sia ⇡ l’epimorfismo canonico da U a U/⇥U (K) = U; allora chiaramente ⇡(X) = X è un insieme di generatori per U. Per vedere come U abbia
la proprietà di immersione universale per K su X, sia A 2 K e ↵ : X ! A
una funzione; sia
l’unica estensione di ↵
⇡ a un omomorfismo da U a A.
Ora, ker(⇡) = ⇥U (K) ✓ ker( ), perché se (u, v) 2 ker(⇡) allora (u, v) 2 ✓ per
ogni ✓ 2 Con(U) tale che U/✓ 2 S(K): ma allora (u, v) 2 ker( ), dato che
U/ ker( ) ⇠
= (U)  A. Dunque, dal teorema (2.73), esiste un omomorfismo
ˆ : U ! A tale che ˆ ⇡ = : è questo l’omomorfismo cercato, dato che
ˆ(x/⇥U (K)) = ˆ(⇡(x))
=
(x)
= ↵(⇡(x))
= ↵(x/⇥U (K)).
3.3 Algebre dei Termini
29
Quindi U è libera per K su X, ovvero, dal lemma (3.14), è libera per V(K) su X.
Per vedere come U 2 SP(K), consideriamo l’omomorfismo
Y
f :U!
{U/✓ | U/✓ 2 S(K)}
definito come f (u) = hu/✓ | U/✓ 2 S(K)i per ogni u 2 U . Si vede facilmente come
ker(f ) = ⇥U (K),
dato che, per ogni u, v 2 U , f (u) = f (v) se e solo se
hu/✓ | U/✓ 2 S(K)i = hv/✓ | U/✓ 2 S(K)i,
se e solo se u/✓ = v/✓ per ogni ✓ tale che U/✓ 2 S(K), cioè se e solo se (u, v) 2
T
{✓ 2 Con(A) | U/✓ 2 S(K)}. Dunque, invocando l’osservazione (2.72), si ha che
esiste un monomorfismo
g:U!
Y
{U/✓ | U/✓ 2 S(K)},
cioè U 2 SPS(K), ma dato che S(PS)  (SS)P = SP dal lemma (3.4), si ha che
U 2 SP(K). Quindi, dato che U appartiene a V(K), questa è libera in V(K) su
X.
3.3
Algebre dei Termini
Il nostro obiettivo, in questa sessione, è quello di dimostrare l’esistenza di un’algebra libera in V su X, dove X è un insieme non vuoto e V è una varietà con almeno
un membro non banale. Per far vedere che quest’algebra esiste, la costruiremo: anzitutto, costruiremo quella libera in K su X, dove K è la classe di tutte le algebre del
tipo di V. Tale algebra si dirà assolutamente libera, e a partire da essa otterremo
l’algebra libera in V su X.
Osservazione 3.18. Da qui in poi,
= hI, ⇢i denoterà un tipo, dove I è l’insieme
dei simboli di operazione, e K la classe di tutte le algebre di tipo . Si ricordi
come, per ogni 0  n  !,
In = {Q 2 I | ⇢(Q) = n}
sia l’insieme dei simboli di operazioni n-ari di .
3.3 Algebre dei Termini
30
Definizione 3.19. Una parola sull’alfabeto X [ I è una sequenza finita hs1 , . . . , sn i
dove si 2 X [ I per ogni 1  i  n; la indicheremo come s1 · · · sn .
Il prodotto di a = a1 · · · am e b = b1 · · · bn , due parole sull’alfabeto X [ I, è la
parola
ab = a1 · · · am b1 · · · bn ,
cioè la sequenza hc1 , . . . , cm+n i tale che ci = ai per ogni 1  i  m, e cm+i = bi per
ogni 1  i  n.
Definizione 3.20. L’insieme T (X) dei termini di tipo
su X si definisce come
l’insieme delle parole sull’alfabeto X [ I tale che
1. se p 2 X [ I0 allora la parola p 2 T (X);
2. se Q 2 In e p1 , . . . , pn 2 T (X) allora la parola Qp1 · · · pn 2 T (X);
3. nient’altro sta in T (X).
Osservazione 3.21. Alcune considerazioni:
1. dalla definizione è evidente come T (X) = ; se e solo se X [ I0 = ;;
2. quando ci si riferisce alla parola u, dove u 2 X [ I, si intende la sequenza hui
composta di un singolo elemento.
Definizione 3.22. Se T (X) 6= ;, allora l’algebra dei termini di tipo
indicata con T (X), è l’algebra di tipo
su X,
che ha come universo l’insieme T (X) e,
per ogni simbolo di operazione n-aria Q 2 I, si ha
QT
(X)
(p1 , . . . , pn ) = Qp1 · · · pn ,
per ogni p1 , . . . , pn 2 T (X).
Teorema 3.23. T (X) è libera per K su {hxi | x 2 X}.
Dimostrazione. Il fatto che T (X) sia generata dall’insieme {hxi | x 2 X} è una
banale conseguenza della definizione. Sia dunque A 2 K , e sia ↵ : {hxi | x 2
X} ! A una funzione. Definiamo
degli elementi di T (X):
: T (X) ! A per induzione sulla complessità
3.3 Algebre dei Termini
31
1. se la parola p è tale che p 2 X, allora
(p) = ↵(p), mentre se è tale che
p 2 I0 , allora (p) = p;
2. se p = Qp1 · · · pn , allora
(Qp1 · · · pn ) = QA ( (p1 ), . . . , (pn )).
Dunque, per come è stato definito,
è un omomorfismo da T (X) a A che estende
↵.
Corollario 3.24. Se V è una varietà di algebre di tipo , allora
T (X)/⇥T
è libera in V su {hxi/⇥T
(X) (V)
(X) (V)
| x 2 X}.
Dimostrazione. Segue banalmente dal lemma (3.17) e dal teorema (3.23).
Teorema 3.25. Se V è una varietà di algebre di tipo
con un membro non banale,
allora esiste un’algebra libera in V su X.
Dimostrazione. Dato che V possiede, per ipotesi, almeno un’algebra con più di un
elemento, ne segue che, per ogni x, y 2 X,
x 6= y ) hxi/⇥T
ovvero la funzione x 7! hxi/⇥T
T (X)/⇥T
(X) (V)
(X) (V)
(X) (V)
6= hyi/⇥T
(X) (V),
è iniettiva. Per il corollario precedente,
è libera in V su un insieme di cardinalità pari a quella di X. La
teoria degli insiemi ci permette di trovare un insieme F ed una biiezione f da F a
T (X)/⇥T
(X) (V)
tale che X ✓ F e f (x) = hxi/⇥T
(X) (V)
per ogni x 2 X. Dato
che f è una biiezione, è possibile trovare delle operazioni su F tali che l’algebra
F con le suddette operazioni e isomorfa a T (X)/⇥T
(X) (V)
sotto f . Perciò F è
libera in V su X.
Definizione 3.26. FK(X) indica un’algebra libera su V(K) con insieme libero di
generatori X. FK(), dove  è un numero cardinale, indica un’algebra FK(X) tale
che |X| = .
3.3 Algebre dei Termini
32
Osservazione 3.27. Si noti come FK(X), se esiste, sia determinata solo a meno di
un isomorfismo che si comporti come l’identità su X; dunque FK() è determinata
a meno di isomorfismi. FK(0) esiste se e solo se I0 6= ;, mentre se  6= 0, FK()
esiste se e solo se K ha almeno un membro non banale oppure  = 1.
Corollario 3.28. Sia X un insieme e K una classe di algebre di tipo
tale che
FK(X) esista. Allora FK(X) 2 SP(K) e
FV(K) (X) ⇠
= FK(X) ⇠
= T (X)/⇥T
(X) (V).
Dimostrazione. Segue banalmente dai lemmi (3.14) e (3.17) e dal teorema (3.25).
In [10] è specificato come, nel caso in cui X \ I = ;, T (X) abbia una notevole
proprietà, detta “unica leggibilità dei termini”. Non parleremo di questo risultato,
poiché lontano dal nostro interesse, e tuttavia assumeremo X = ! e ! \ I = ; per
non discostarci dal testo di riferimento.
Definizione 3.29. Sia
un tipo. Per termine di tipo
si intende un elemento
dell’algebra dei termini T (!). Per convenzione poniamo vn = hni e i termini vn
(n
1) sono detti variabili.
Osservazione 3.30. Alcune considerazioni:
1. per quanto detto in precedenza, T (!) è generata dall’insieme delle variabili
{v1 , . . . , vn , . . .}, e ovviamente, per ogni n
1, l’algebra dei termini T (n) è
una sottalgebra di T (!) generata da {v1 , . . . , vn }. Dunque
T (1) ✓ T (2) ✓ · · · ,
e inoltre
T (!) =
[
T (n);
1n<!
2. per ogni termine p esiste un unico insieme di variabili minimo {x1 , . . . , xk } tale
che p appartiene al sottouniverso di T (!) generato dall’insieme {x1 , . . . , xk }.
3.3 Algebre dei Termini
33
Ogni xj è precisamente una variabile vi tale che i occorre in p (si ricordi che
l’insieme di generatori è !). Si dice che p dipende da vi , o che vi occorre in
p, se e solo se vi appartiene all’insieme {x1 , . . . , xk }. Dunque p 2 T (n) se e
solo se ogni variabile che occorre in p appartiene all’insieme {v1 , . . . , vn };
3. il motivo per cui si scegli proprio T (!) come “casa” dei termini di tipo ,
è perché, avendo a che fare solo con operazioni finitarie, un termine (ottenuto dalla composizione di operazioni) è a sua volta una operazione finitaria,
e T (!) è la più piccola algebra assolutamente libera che contiene tutti i
termini.
Definizione 3.31. Sia A un’algebra di tipo
A
e p 2 T (n). Definiamo l’operazione
n-aria p su A per induzione sulla complessità di p:
1. se p = vi allora
pA (a1 , . . . , an ) = ai ,
cioè pA è la proiezione n-aria ⇡in ;
2. se p = Qp1 · · · pn allora
A
pA (a1 , . . . , an ) = QA (pA
1 (a1 , . . . , an ), . . . , pn (a1 , . . . , an )).
Lemma 3.32. Sia A un’algebra di tipo
e sia n 2 ! tale che n > 0 se
non
possiede operazioni 0-arie. La funzione p 7! pA è un epimorfismo da T (n) a
Clon (A).
Dimostrazione. La funzione in esame è banalmente un omomorfismo da T (n) nella
n
potenza diretta AA . Dato che v1 , . . . vn generano T (n), questo omomorfismo
n
è suriettivo nel sottouniverso di AA generato dalle proiezioni ⇡1n , . . . , ⇡nn , per il
teorema (2.47), e cioé, in base al teorema (2.48), in Clon (A).
Lemma 3.33. Siano A, B, Bi (i 2 I) algebre di tipo
n-ario. Allora:
, e sia p un
-termine
3.3 Algebre dei Termini
34
(1) se a1 , . . . , an 2 A e f : T (n) ! A (o f : T (!) ! A) soddisfa f (vi ) = ai per
ogni i  n, allora pA (a1 , . . . , an ) = f (p);
(2) p = pT
(n)
(v1 , . . . , vn );
(3) Se f : A ! B è un omomorfismo e a1 , . . . , an 2 A, allora
f (pA (a1 , . . . , an )) = pB (f (a1 ), . . . , f (an )).
Dimostrazione. Per provare (1), si noti come componendo l’epimorfismo ' da
Clon (A) a A definito come '(⇡in ) = ai per ogni i  n, con l’omomorfismo p 7! pA
del lemma precedente, si ottiene un omomorfismo da T (n) a A che associa ai ad
ogni vi , per ogni i  n: si tratta dunque di f , e questo implica che
f (p) = '(pA (x1 , . . . , xn )) = pA (a1 , . . . , an ).
(2) è una immediata conseguenza di (1), considerando l’omomorfismo identità
su T (n).
Per quanto riguarda (3), sia g : T (n) ! A l’omomorfismo definito da g(vi ) =
ai . Allora, visto che f g : T (n) ! B è l’omomorfismo definito da f g(vi ) = f (ai ),
da (1) segue
f (pA (a1 , . . . , an )) = f (g(p))
= f
g(p)
= pB (f (a1 ), . . . , f (an )).
Osservazione 3.34. Alcune considerazioni:
1. dove chiaro dal contesto, scriveremo p(a1 , . . . , an ) invece di pA (a1 , . . . , an ). Se
p è un termine n-ario, scriveremo p(v1 , . . . , vn ) in luogo di pT
(n)
(v1 , . . . , vn );
2. se p(v1 , v2 , v3 ) è un termine 3-ario, il termine p(x1 , x2 , x3 ) può non esserlo, ad
esempio se p dipende da v2 ma x2 = v3 ;
3. ogni termine della forma p(q1 , . . . , qn ) (dove p è n-ario e q1 , . . . , qn sono termini) è l’immagine di p sotto un qualunque endomorfismo di T (!) che manda
vi in qi per ogni i  n.
3.4 Equazioni e quozienti
3.4
35
Equazioni e quozienti
La più importante applicazione della nozione formale di termine da noi sviluppata, è la formalizzazione del concetto di equazione valida in un’algebra.
Definizione 3.35. Una equazione di tipo
è una parola della forma p ⇡ q dove p
e q sono termini di tipo . Sia A un’algebra e p ⇡ q una equazione (entrambi di
tipo ) e supponiamo che p, q 2 T (n). Se ~a 2 An , diremo che ~a soddisfa p ⇡ q in
A se pA (~a) = q A (~a), e scriveremo
A, ~a |= p ⇡ q.
L’equazione p ⇡ q si dice vera in A (o, equivalentemente, che p ⇡ q è valida in A,
che A soddisfa p ⇡ q, che p ⇡ q è una identità di A) se pA = q A (cioé se, per ogni
~a 2 An , A, ~a |= p ⇡ q), e scriveremo
A |= p ⇡ q.
L’equazione p ⇡ q si dice vera in K ✓ K se è vera in ogni membro di K, e scriveremo
K |= p ⇡ q.
Se ⌃ è un insieme di equazioni di tipo , diremo che ⌃ è vera in K se ogni equazione
di ⌃ è vera in K, e scriveremo
K |= ⌃.
Lemma 3.36. Sia A un’algebra e p ⇡ q una equazione (entrambi di tipo ). Allora
sono equivalenti:
(1) A |= p ⇡ q;
(2) se p, q 2 T (n) allora A, ~a |= p ⇡ q per ogni ~a 2 An ;
(3) per ogni f 2 hom(T (n), A), f (p) = f (q);
(4) se p, q 2 T (n) e x1 , . . . , xn sono n variabili distinte, allora
A |= p(x1 , . . . , xn ) ⇡ q(x1 , . . . , xn ).
3.4 Equazioni e quozienti
36
Dimostrazione. Banalmente, (1) e (2) sono equivalenti. Per provare l’equivalenza
di (2) e (3), sia n un intero positivo tale che p, q 2 T (n). Allora, dal lemma
(3.33.1), segue che pA = q A se e solo se f (p) = f (q) per ogni f : T (n) ! A.
Dato che T (!) è libera, ogni omomorfismo da T (n) ad A è la restrizione di un
omomorfismo da T (!) ad A; dunque, pA = q A se e solo se f (p) = f (q) per ogni
f 2 hom(T (!), A). Infine, sia n come in precedenza, e supponiamo che x1 , . . . , xn
siano n variabili distinte. L’assegnazione vi 7! xi , per ogni i  n, definisce un
automorfismo
su T (!) che soddisfa (p) = p(x1 , . . . , xn ) e (q) = q(x1 , . . . , xn ):
quindi p ⇡ q soddisfa (3) se e solo se p(x1 , . . . , xn ) ⇡ q(x1 , . . . , xn ) lo soddisfa, e
questo prova l’equivalenza di (1) e (4) via l’equivalenza, già dimostrata, di (1) e
(3).
Teorema 3.37. Sia K una classe di algebre di tipo , p, q 2 T (n), X un insieme
e x1 , . . . , xn 2 X. Allora sono equivalenti:
(1) K |= p ⇡ q;
(2) (p, q) 2 ⇥T
(!) (K);
(3) se FK(X) esiste, allora FK(X) |= p ⇡ q;
(4) se FK(X) esiste, allora
pFK (X) (x1 , . . . , xn ) = q FK (X) (x1 , . . . , xn ).
Dimostrazione. Procediamo passo passo.
(1) () (2) Supponiamo che K |= p ⇡ q, e sia ✓ 2 Con(T (!)) tale che
T (!)/✓ 2 S(K): quindi ✓ = ker(f ), dove f : T (!) ! A, per qualche
A 2 K. Dato che A |= p ⇡ q, si ha che f (p) = f (q) dal lemma (3.36),
da cui si ha che (p, q) 2 ✓; da ciò segue (p, q) 2 ⇥T
(!) (K),
in base alla sua
definizione. Inoltre, il ragionamento è chiaramente invertibile;
(2) ) (3) Partiamo dall’equivalenza di (1) e (2); grazie al corollario (3.28), sarà
sufficiente dimostrare che p ⇡ q è valida in T (X)/⇥T
f : T (!) ! T (X)/⇥T
(X) (K)
(X) (K).
Sia
3.4 Equazioni e quozienti
37
un omomorfismo, e sia
⇡ : T (X) ! T (X)/⇥T
(X) (K)
l’epimorfismo naturale. Scegliamo gli elementi ti 2 T (X) tali che f (vi ) =
⇡(ti ), e sia fˆ : T (!) ! T (X) l’omomorfismo definito da fˆ(vi ) = ti : allora,
⇡ fˆ = f , e per provare che f (p) = f (q) sarà sufficiente far vedere che
(fˆ(p), fˆ(q)) 2 ⇥T
(X) (K),
il quale è, appunto, il kernel di ⇡. Sia dunque ✓ 2 Con(T (X)) tale che
T (X)/✓ 2 S(K). Allora ✓ = ker(h), dove h è un omomorfismo di T (X) in
qualche algebra di K. Dato che K |= p ⇡ q, si ha che h(fˆ(p)) = h(fˆ(q)), cioé
(fˆ(p), fˆ(q)) 2 ✓, come si desiderava;
(3) ) (4) banale;
(4) ) (1) per dimostrare l’ultima implicazione, possiamo supporre che FK(X)
esista (altrimenti la varietà generata da K è composta solo da algebre banali
e in essa è valida qualunque equazione). Sia f : T (!) ! A, con A 2
K; dobbiamo far vedere che f (p) = f (q). Dato FK(X) ha la proprietà di
immersione universale per K su X, c’è un omomorfismo g : FK(X) ! A tale
che g(xi ) = f (vi ), per ogni i  n. Sia perciò h un qualsiasi omomorfismo da
T (!) a FK(X) tale che h(vi ) = xi , per ogni i  n. Allora f = g h su T (n),
visto che queste funzioni si comportano allo stesso modo sui generatori di
T (n). Perciò, facendo due calcoli, si ottiene che
f (p) = g(h(p(v1 , . . . , vn )))
= g(pFK (X) (h(v1 ), . . . , h(vn )))
= g(pFK (X) (x1 , . . . , xn ))
= g(q FK (X) (x1 , . . . , xn ))
= g(q FK (X) (h(v1 ), . . . , h(vn )))
= g(h(q(v1 , . . . , vn )))
= f (q).
3.4 Equazioni e quozienti
38
Lemma 3.38. Per ogni classe K di algebre di un tipo, le classi K, P(K), S(K),
H(K) e V(K) hanno precisamente le stesse equazioni valide.
Dimostrazione. Possiamo supporre che K abbia almeno un membro non banale.
Sia X un insieme infinito e O uno degli operatori di chiusura per classi di algebre:
allora FK(X) e FO(K) (X) esistono e, per il lemma (3.15), sono isomorfe; quindi una
equazione è valida in K se e solo se è valida in O(K), dall’equivalenza di (1) e (3)
nel teorema (3.37).
Definizione 3.39. Sia K una classe di algebre di tipo
e ⌃ un insieme di equazioni
di tipo . Poniamo
Th(K) = {p ⇡ q | K |= p ⇡ q} e
Mod(⌃) = {A | A |= ⌃}.
K si dice una classe equazionale se K = Mod( ) per un qualche insieme
di
equazioni di tipo ; in questo caso, diremo che K è assiomatizzata da . ⌃ si dice
una teoria equazionale se ⌃ = Th(C) per qualche classe C di algebre di tipo ; in
questo caso, diremo che ⌃ è la teoria equazionale di C. Infine, se K = Mod(⌃) e ⌃
è un insieme di equazioni finito, K si dirà finitamente assiomatizzabile.
Lemma 3.40. Sia K una classe di algebre di tipo , A un’algebra di tipo
un insieme tale che |X|
eX
|A|. Allora
(1) se K consiste solo di algebre banali, allora
A |= Th(K) () |A| = 1;
(2) se K possiede almeno un’algebra non banale, allora
A |= Th(K) () A 2 H(FK(X)).
Dimostrazione. Per provare (1), si osservi che se K consiste solo di algebre di un
elemento, allora x ⇡ y è una equazione valida di K. Questa equazione è valida in
3.4 Equazioni e quozienti
39
un’algebra A se e solo se A ha un solo elemento; in più, ogni equazione è valida in
un’algebra di un elemento. Dunque (1) segue da queste osservazioni.
Per provare (2), assumiamo che K abbia un membro non banale: quindi FK(X)
esiste e, dato che FK(X) 2 V(K), se A 2 H(FK(X)) allora A 2 V(K), perciò
A |= Th(K) (dalla definizione dell’operatore Th e dal teorema (3.37)). Viceversa,
supponiamo che A |= Th(K). Sia F = FK (X) l’algebra assolutamente libera
sull’insieme X. Data una qualsiasi funzione suriettiva ↵ : X ! A, sia
A l’epimorfismo che estende ↵; sia invece
:F!
l’omomorfismo da F a FK(X) che
estende l’identità su X. Dimostrando che ker( ) ✓ ker( ), in base al teorema
(2.73) potremo concludere che A è una immagine omomorfa di FK(X).
Supponiamo che (u) = (v), dove u, v 2 F . Sia {x1 , . . . , xn } un sottoinsieme
finito di X tale che u e v appartengano al sottouniverso generato da questi elementi.
Quindi esistono termini di tipo
n-ari p e q tali che u = pF (x1 , . . . , xn ) e u =
q F (x1 , . . . , xn ). L’uguaglianza (u) = (v) è equivalente a
pFK (X) (x1 , . . . , xn ) = q FK (X) (x1 , . . . , xn ),
dunque p ⇡ q 2 Th(K), dal teorema (3.37), da cui segue che A |= p ⇡ q. Ma
(u) = (v) è equivalente a
pA (↵(x1 ), . . . , ↵(xn )) = q A (↵(x1 ), . . . , ↵(xn )),
che è una conseguenza di A |= p ⇡ q, dunque ker( ) ✓ ker( ).
Teorema 3.41 (Teorema HSP). Per ogni classe di algebre simili K,
HSP(K) = Mod(Th(K)).
Quindi K è una varietà se e solo se è una classe equazionale.
Dimostrazione. Dato che, dal lemma (3.38), V(K) |= Th(K), segue che V(K) ✓
Mod(Th(K)).
D’altro canto, il lemma (3.40), garantisce che ogni membro di
Mod(Th(K)) è una immagine omomorfa di un membro di V(K), da cui Mod(Th(K)) ✓
V(K). Perciò, se K è una varietà, si ha che
K = V(K) = Mod(Th(K)),
3.5 Condizioni di Mal’cev
40
cioé K è una classe equazionale. Viceversa, se K è una classe equazionale, dal lemma
(3.38) segue che K è una varietà.
3.5
Condizioni di Mal’cev
Una delle più fruttuose direzioni di ricerca fu iniziata da A.I. Mal’cev in [9],
quando dimostrò la connessione tra permutabilità delle congruenze di tutte le algebre di una varietà V e l’esistenza di un termine ternario p tale che V soddisfa
certe equazioni concernenti p.
La caratterizzazione di proprietà in varietà tramite l’esistenza di certi termini
coinvolti in certe equazioni si dice essere una condizione di Mal’cev. Una definizione
più precisa verrà fornita nel prossimo capitolo.
Il prossimo lemma è il motore di tutte le dimostrazioni successive.
Lemma 3.42. Sia V una varietà e sia X = {x1 , . . . , xm , y1 , . . . , yn }. Se esistono
p, q 2 FV(X) tali che
(p(x1 , . . . , xm , y1 , . . . , yn ), q(x1 , . . . , xm , y1 , . . . , yn )) 2 CgFV (X) ({y1 , . . . , yn }2 ),
allora
V |= p(x1 , . . . , xm , y1 , . . . , y1 ) ⇡ q(x1 , . . . , xm , y1 , . . . , y1 ).
Dimostrazione. Sia f l’endomorfismo di FV(X) definito da
f (xi ) = xi , f (yj ) = y1 i = 1, . . . , n e j = 1, . . . , m.
Dimostriamo, per induzione sulla definizione alternativa di Cg data dal lemma
(2.65), che CgFV (X) ({y1 , . . . , yn }2 ) ✓ ker(f ): per il passo base, sia (p, q) 2 X0 ; allora
p = yi e q = yj per qualche i, j  n, e chiaramente f (p) = y1 = f (q). Per il passo
induttivo, supponiamo vera la tesi per tutti gli Xi con i  n, e sia (p, q) 2 Xn+1 ;
se (p, q) 2 Xn vale l’ipotesi induttiva; se (p, q) 2 Tn allora esiste t 2 FV(X) tale
che (p, t), (t, q) 2 Xn , quindi per ipotesi induttiva f (p) = f (t) = f (q); infine,
se (p, q) 2 Qn allora esiste una operazione n-aria Q del tipo di V e n coppie
3.5 Condizioni di Mal’cev
41
(p1 , q1 ), . . . , (pn , qn ) 2 Xn tali che p = Q(p1 , . . . , pn ) e q = Q(q1 , . . . , qn ). Ma dato
che, per ipotesi induttiva, f (pi ) = f (qi ) per ogni i  n, e che f è un omomorfismo,
f (p) = Q(f (p1 ), . . . , f (pn )) = Q(f (q1 ), . . . , f (qn )) = f (q),
cioé (p, q) 2 ker(f ).
Da quando detto sopra, e invocando il lemma (3.33.3), segue che
p(x1 , . . . , xm , y1 , . . . , y1 ) = p(f (x1 ), . . . , f (xm ), f (y1 ), . . . , f (yn ))
= f (p(x1 , . . . , xm , y1 , . . . , yn ))
= f (q(x1 , . . . , xm , y1 , . . . , yn ))
= q(f (x1 ), . . . , f (xm ), f (y1 ), . . . , f (yn ))
= q(x1 , . . . , xm , y1 , . . . , y1 ),
e, infine, dal teorema (3.37) si ha la tesi.
Introduciamo le condizioni di Mal’ce che studieremo più approfonditamente nei
capitoli successivi.
Definizione 3.43. A si dice a congruenze permutabili se, per ogni ↵,
↵ e
2 Con(A),
permutano. Una varietà V si dice a congruenze permutabili se, per ogni
A 2 V, A è a congruenze permutabili.
Teorema 3.44 (A.I. Mal’cev, [9]). Sia V una varietà. Allora, sono equivalenti:
(1) V è a congruenze permutabili;
(2) V possiede un termine ternario m(x, y, z) (detto termine di Mal’cev) tale che
V |= m(x, x, y) ⇡ y, m(x, y, y) ⇡ x.
Dimostrazione. Supponiamo che V sia a congruenze permutabili, e indichiamo con
F = FV(x, y, z) l’algebra libera su tre generatori (possiamo supporre che esista,
perché altrimenti V è composta solamente da algebre banali, e ogni termine ternario
soddisfa qualunque equazione). Ora, (x, z) 2 CgF (x, y)
CgF (y, z), per cui dalla
3.5 Condizioni di Mal’cev
42
permutabilità (x, z) 2 CgF (y, z) CgF (x, y); quindi esiste u 2 F , e u è della forma
mF (x, y, z), con m termine ternario, tale che
x CgF (y, z) mF (x, y, z) CgF (x, y) z.
Perciò, dal lemma (3.42), segue che
V |= m(x, y, y) ⇡ x
e
V |= m(x, x, y) ⇡ y.
Viceversa, supponiamo che esista un si↵atto termine ternario: allora ogni algebra A 2 V ha un termine operazione mA che soddisfa tali equazioni. Siano
↵,
2 Con(A), dove A 2 V. Se (a, b) 2 ↵
b, e dunque
a = mA (a, b, b)
cioé (a, b) 2
allora esiste c 2 A tale che a ↵ c
mA (a, c, b) ↵ mA (c, c, b) = b,
↵. Essendo il viceversa ovvio, si può concludere che ↵
=
↵,
e quindi che le congruenze di A permutano, per ogni A 2 V.
Esempio 3.45. Ecco alcune varietà a congruenze permutabili con il rispettivo
termine di Mal’cev:
1. i gruppi hG, ·,
1
, 1i sono una varietà a congruenze permutabili, il cui termine
di Mal’cev è
p(x, y, z) = xy 1 z;
2. gli anelli hR, +, ·, , 0i sono una varietà a congruenze permutabili, il cui
termine di Mal’cev è
p(x, y, z) = x
y + z;
3. i quasigruppi hQ, /, \, ·i sono una varietà a congruenze permutabili, il cui
termine di Mal’cev è
p(x, y, z) = (x/(y\y)) · (y\z).
3.5 Condizioni di Mal’cev
43
Definizione 3.46. Un’algebra A si dice a congruenze distributive se Con(A) è un
reticolo distributivo. Una varietà V si dice a congruenze distributive se, per ogni
A 2 V, A è a congruenze distributive.
Teorema 3.47 (B. Jònsson, [8]). Sia V una varietà. Allora, sono equivalenti:
(1) V è a congruenze distributive;
(2) esiste n e termini ternari d0 , . . . , dn tali che le seguenti sono equazioni valide
di V:
d0 (x, y, z) ⇡ x,
di (x, y, x) ⇡ x per ogni i  n,
di (x, x, y) ⇡ di+1 (x, x, y) per ogni i < n, i pari ,
di (x, y, y) ⇡ di+1 (x, y, y) per ogni i < n, i dispari ,
dn (x, y, z) ⇡ z.
Dimostrazione. Supponiamo che V sia a congruenze distributive, e indichiamo con
F = FV(x, y, z); allora
CgF (x, z) ^ [CgF (x, y) _ CgF (y, z)]
= [CgF (x, z) ^ CgF (x, y)] _ [CgF (x, z) ^ CgF (y, z)]
implica che
(x, z) 2 [CgF (x, z) ^ CgF (x, y)] _ [CgF (x, z) ^ CgF (y, z)].
Dunque esistono u1 , . . . , un
1
2 F (e, per ogni i, ui = dF
i (x, y, z), con di elemento
dell’algebra assolutamente libera del tipo di V) tali che
x
dF
1 (x, y, z)
dF
n 1 (x, y, z)
[CgF (x, z) _ CgF (x, y)] dF
1 (x, y, z),
[CgF (x, z) ^ CgF (y, z)] dF
2 (x, y, z),
..
.
[CgF (x, z) ^ CgF (y, z)]
z,
3.5 Condizioni di Mal’cev
44
e da questa sequenza si ottengono le equazioni via il lemma (3.42).
Viceversa, siano ↵, ,
2 Con(A), dove A 2 V. Dobbiamo far vedere che
↵ ^ ( _ ) ✓ (↵ ^ ) _ (↵ ^ ),
visto che l’altra inclusione è banale. Sia dunque (a, b) 2 ↵^( _ ); allora (a, b) 2 ↵
e esistono c1 , . . . , ck 2 A tali che
a
c1
...
ck
b.
Utilizzando i termini, si ha che, per ogni 0  i  n,
dA
i (a, a, b)
dA
i (a, c1 , b)
...
dA
i (a, ck , b)
dA
i (a, b, b);
quindi
dA
i (a, a, b) ↵ ^
dA
i (a, c1 , b) ↵ ^ . . . ↵ ^
dA
i (a, ck , b) ↵ ^
dA
i (a, b, b),
e infine
A
dA
i (a, a, b) (↵ ^ ) _ (↵ ^ ) di (a, b, b),
per ogni 0  i  n. Perciò, in base alle equazioni,
a (↵ ^ ) _ (↵ ^ ) b,
e dunque V è a congruenze distributive.
Definizione 3.48. Un’algebra A si dice a congruenze modulari se Con(A) è un
reticolo modulare. Una varietà V si dice a congruenze modulari se, per ogni A 2 V,
A è a congruenze modulari.
Teorema 3.49 (A. Day, [3]). Sia V una varietà. Allora, sono equivalenti:
(1) V è a congruenze modulari;
3.5 Condizioni di Mal’cev
45
(2) esiste n e termini quaternari m0 , . . . , mn tali che le seguenti sono equazioni
valide di V:
m0 (x, y, z, w) ⇡ x,
mi (x, y, y, x) ⇡ x per ogni i  n,
mi (x, x, y, y) ⇡ mi+1 (x, x, y, y) per ogni i < n, i pari ,
mi (x, y, y, z) ⇡ mi+1 (x, y, y, z) per ogni i < n, i dispari ,
mn (x, y, z, w) ⇡ w.
Dimostrazione. La dimostrazione sfrutta un argomento simile a quello utilizzato
nel teorema (3.47).
Definizione 3.50. Un’algebra A si dice a congruenze regolari se, per ogni ✓, ' 2
Con(A), se esiste a 2 A tale che a/✓ = a/', allora ✓ = '. Una varietà V si dice a
congruenze regolari se, per ogni A 2 V, A è a congruenze regolari.
Teorema 3.51 (B. Csákány - Thurston). Sia V una varietà. Allora, sono equivalenti:
(1) per ogni A 2 V, ogni congruenza non banale di A non ha classi di congruenza
che sono singoletti;
(2) V è a congruenze regolari;
(3) esiste n, termini ternari r1 , . . . , rn e termini quaternari d1 , . . . , dn tali che le
seguenti sono equazioni valide di V:
ri (x, z, z) ⇡ z per ogni i  n
d1 (x, y, z, r1 (x, y, z)) ⇡ x,
di (x, y, ri (x, y, z), z) ⇡ di+1 (x, y, z, ri+1 (x, y, z)) per ogni i < n,
dn (x, y, rn (x, y, z), z) ⇡ y.
(4) esiste n e termini ternari r1 , . . . , rn tali che la seguente implicazione è valida
in V:
r1 (x, y, z) ⇡ r2 (x, y, z) ⇡ . . . ⇡ rn (x, y, z) ⇡ z
()
x ⇡ y.
3.5 Condizioni di Mal’cev
46
Dimostrazione. Procediamo passo passo.
(1) ) (2) Supponiamo che non valga (2), cioé che esista A 2 V e ✓, ' 2 Con(A)
tali che esiste un a 2 A tale che a/✓ = a/' ma ✓ 6= '. Quindi ✓_' > ✓, perciò
(✓ _ ')/✓ è una congruenza non banale di A/✓. Ora, (a/✓, b/✓) 2 (✓ _ ')/✓ se
e solo se (a, b) 2 ✓ _ ', il che succede se e solo se esiste un intero non negativo
n e elementi c1 , . . . , cn 2 A tali che
a ✓ c1 ' c2 ✓ . . . ✓ cn ' b.
Ma, dato che a/✓ = a/',
a ' c1 ' c2 ✓ . . . ✓ cn ' b,
quindi
a ' c2 ✓ . . . ✓ cn ' b,
ovvero abbiamo accorciato la sequenza di un elemento. Continuando in questa
maniera, si arriva infine a a✓b, ovvero a/✓ = b/✓; dunque la congruenza
(✓ _ ')/✓ di A/✓ ha una classe di congruenza che è un singoletto, per cui (1)
non vale;
(2) ) (3) consueto argomento sulle congruenze delle algebre libere;
(3) ) (4) banale;
(4) ) (1) supponiamo che valga (4) e che ✓ sia una congruenza non banale di
A 2 V, dunque (a, b) 2 ✓ con a 6= b. Perciò, per ogni c 2 A, si ha che
riA (a, b, c)✓riA (a, a, c) = c per ogni i = 1, . . . , n,
ma, dato che a 6= b, esiste almeno un i  n tale che riA (a, b, c) 6= c (altrimenti
da (4) si avrebbe che a = b); questo implica che c/✓ non è un singoletto.
Capitolo 4
Il reticolo dei tipi di
interpretabilità delle varietà
Il reticolo dei tipi di interpretabilità delle varietà fu introdotto da W.D. Neumann, [12], e fornisce un adeguato contesto nel quale indirizzare le questioni relative
alle condizioni di Mal’cev. In questo capitolo studieremo tale reticolo, enunciando alcune basilari proprità, e faremo vedere come le condizioni di Mal’cev possano essere meglio comprese considerando i filtri del reticolo ai quali corrispondo
naturalmente.
4.1
La relazione di interpretabilità
Definizione 4.1. Siano V e W due varietà di tipo
interpretazione
e
rispettivamente. Una
di V in W è una funzione che associa ad ogni simbolo di ope-
razione n-aria Q 2
un termine n-ario tQ 2 T (!) tale che, se A 2 W, allora
A
(A) = hA, tA
Q (Q 2 I)i appartiene a V, dove tQ è l’interpretazione del lemma
(3.32) di tQ in A. Si dice che V è interpretabile in W se esiste una interpretazione
di V in W, e si scriverà V  W.
Osservazione 4.2. Se consentissimo ai tipi di disporre di operazioni 0-arie dovrem-
mo riformulare cosı̀ la definizione di interpretazione: se ⇢(Q) = n > 0 non cambia
nulla, mentre se ⇢(Q) = 0, la funzione associa a Q un termine unario tQ 2 T (!)
47
4.1 La relazione di interpretabilità
48
tale che
W |= tQ (x) ⇡ tQ (y).
Nel caso in cui siano accettate le operazioni 0-arie, tale estensione deriva dalla
necessità di interpretare varietà con costanti nel tipo in varietà prive di costanti
nel tipo.
Il problema di considerare come ammissibili le operazioni 0-arie è che queste
hanno una esistenza indipendente da quella di elementi del tipo, in quanto generatori di Clo0 (A) (dove A è una qualsiasi algebra con una operazione 0-aria).
Le costanti, dunque, non possono essere impunemente interpretate da un termine
unario senza che ciò influenzi la struttura del reticolo dei tipi di interpretabilità:
si ottiene infatti un diverso reticolo L0 , la cui struttura, tuttavia, si inferisce facilmente da quella di L (il reticolo che si otterrà attraverso la nostra convenzione).
Una più completa discussione sull’argomento si trova nell’introduzione di [6].
Osservazione 4.3. Ecco due casi immediati di varietà interpretabili in altre:
1. se W è una sottovarietà di V, allora V  W via l’interpretazione identità
(A) = A;
2. siano
con
e
due tipi tali che
✓ . Se A è un’algebra di tipo , indichiamo
A = hA, Q 2 i
l’algebra -ridotta di A. Se V è una varietà di tipo , indichiamo con
V = HSP({A | A 2 V});
è dunque evidente come V  V per ogni
✓ , tramite
(A) = A .
Osservazione 4.4. Diremo che due varietà V e W sono interpretabili, o che hanno
lo stesso tipo di interpretabilità, e si scriverà V ⌘ W, se V  W  V.
Il fatto che ⌘ sia una relazione di equivalenza discende banalmente dalla rifles-
sività e dalla transitività della relazione ; è quindi possibile definire [V], la classe
4.1 La relazione di interpretabilità
49
di equivalenza di V modulo ⌘, detta anche tipo di interpretabilità. Cosı̀ facendo,
la relazione
[V]  [V]
sse
VV
è un ordine parziale nella classe dei tipi di interpretabilità.
Proposizione 4.5. Se S è la varietà dei semigruppi e Sets è la varietà degli
insiemi, allora Sets ⌘ S.
Dimostrazione. Chiaramente Sets è interpretabile in qualsiasi varietà, visto che
è sprovvista di operazioni. Viceversa, possiamo associare all’operazione binaria
dei semigruppi la proiezione della prima componente (le proiezioni sono gli unici
termini di cui Sets dispone) per ottenere una interpretazione di S in Sets, visto che
per ogni A 2 Sets (cioé per ogni insieme A)
(A) = hA, ⇡12 i è un semigruppo.
Proposizione 4.6. Sia P la varietà con un simbolo di operazione ternario m
assiomatizzata dall’insieme di equazioni {m(x, x, y) ⇡ y, m(x, y, y) ⇡ y}, e sia M2
la varietà con tre simboli di operazione quaternari m0 , m1 , m2 assiomatizzata dalle
equazioni del teorema (3.49) per n = 2; allora P ⌘ M2 .
Dimostrazione. Per far vedere che P  M2 , poniamo
m(x, y, z) = m1 (x, x, y, z).
Verifichiamo le equazioni:
m(x, x, y) = m1 (x, x, x, y) = m2 (x, x, x, y) = y,
m(x, y, y) = m1 (x, x, y, y) = m0 (x, x, y, y) = x.
Facciamo adesso vedere che M2  P, definendo
m0 (x, y, z, w) = x,
m1 (x, y, z, w) = m(x, m(x, y, z), w),
m2 (x, y, z, w) = w;
4.2 Proprietà basilari di L
50
infatti si ha:
m1 (x, y, y, x) = m(x, m(x, y, y), x) = m(x, y, y) = x,
m1 (x, x, y, y) = m(x, m(x, x, y), y) = m(x, y, y) = y = m0 (x, x, y, y),
m1 (x, y, y, z) = m(x, m(x, y, y), z) = m(x, x, z) = z = m2 (x, y, y, z).
4.2
Proprietà basilari di L
Definizione 4.7. Il poset
L = h{[V] | V è una varietà }, i
è detto reticolo dei tipi di interpretabilità delle varietà.
Osservazione 4.8. Da ora in avanti, assumeremo che V e W abbiano tipi disgiunti
e
\ = ;), e che
(i.e.
V = Mod({↵i ⇡
i
W = Mod({'i ⇡
i
| i 2 I}),
| i 2 I 0 }).
Definizione 4.9. Il coprodotto delle due varietà V e W, è la varietà V
[
e assiomatizzata da ⌃ [
W di tipo
.
Proposizione 4.10. Per ogni varietà V e W si ha che
[V] _ [W] = [V
W].
Dimostrazione. Chiaramente V, W  V W, dato che V e W sono rispettivamente
la varietà -ridotta e quella -ridotta di V
W; supponiamo perciò che esista U di
tipo ⌧ tale che
V, W  U  V
e siano
1
e
2
W,
rispettivamente le interpretazioni di V in U e di W in U. Costruiamo
perciò l’interpretazione
di V
W in U assegnando ad ogni operazione Q 2
il
4.2 Proprietà basilari di L
⌧ -termine associatogli da
da
2.
1,
51
e ad ogni operazione Q 2
il ⌧ -termine associatogli
Facciamo vedere che, per ogni A 2 U, (A) = hA, tA
Q (Q 2 [ )i 2 V
W:
per ipotesi
1 (A)
2 (A)
dunque
Quindi V
= hA, tA
Q (Q 2 )i 2 V )
= hA, tA
Q (Q 2 )i 2 W )
(A) |= Th(V) [ Th(W), cioè
W  U, da cui V
W ⌘ U.
1 (A)
|= Th(V) e
2 (A)
|= Th(W),
(A) 2 Mod(Th(V) [ Th(W)) = V
W.
Osservazione 4.11. La definizione di coprodotto di due varietà si estende banalmente ad un qualunque insieme di varietà {Vi }i2I , dove ciascuna Vi è di tipo
L
S
e assiomatizzata dall’insieme di equazione ⌃i :
i2I Vi è la varietà di tipo
i2I
S
assiomatizzata da i2I ⌃i , e si dimostra facilmente che
"
#
_
M
[Vi ] =
Vi .
i2I
i
i
i2I
Se L fosse un insieme, l’esistenza di join arbitrari implicherebbe, via un argomento standard, l’esistenza di meet arbitrari, dimostrando cosı̀ la completezza di
L. Tuttavia, L risulta essere una classe propria (per approfondire, cfr. [6]), quindi l’esistenza dell’estremo superiore deve essere dimostrata con un ragionamento
diverso. Riportiamo il seguente, dovuto a Jan Mycielski.
Teorema 4.12. L è un reticolo completo, i.e, se K è una sottoclasse di LV che è
un insieme, allora ha estremo inferiore ed estremo superiore in LV.
Dimostrazione. Dal teorema precedente, è evidente come ogni insieme di varietà
V
abbia un supremo. Per costruire l’estremo inferiore K, prendiamo la classe dei
minoranti di K, K0 ; basterà far vedere che questa ha un supremo per provare l’as-
serto, e, per provare ciò, sarà sufficiente dimostrare l’esistenza di un sottoinsieme
cofinale con K0 , i.e., un insieme K 00 ✓ K 0 tale che per ogni V 2 K0 esiste W 2 K0
tale che V  W.
4.2 Proprietà basilari di L
52
Definiamo K00 come il sottoinsieme di K0 costituito da tutte le (classi di equivalenza di) varietà con un numero di operazioni  , dove
 =
Y
{(U) | U 2 K},
(U) = @0 + il numero di operazioni di U.
(L’esistenza della produttoria di cardinali è una conseguenza del fatto che K è un
insieme.) Facciamo dunque vedere che K00 ha la proprietà di cofinalità voluta: sia
V 2 K0 ; dato che V è un minorante per K, si ha, per ogni U 2 K una interpretazione
U
U
Q 7! ↵Q
, con Q che varia sull’insieme delle operazioni di V, e ↵Q
è un termine
nel linguaggio di U. Definiamo una relazione di equivalenza ✓ sull’insieme delle
operazioni di V:
Q✓Q0
()
U
U
↵Q
= ↵Q
0 per ogni U 2 K.
(dove l’uguaglianza è intesa come uguaglianza formale). Definiamo perciò, per ogni
V 2 K, la sottovarietà W assiomatizzata dalle ulteriori equazioni
Q(x1 , x2 , . . .) ⇡ Q0 (x1 , x2 , . . .) per ogni (Q, Q0 ) 2 ✓;
chiaramente V  W, e inoltre ogni W rimane un minorante per K perché per ogni V
riconsideriamo la medesima interpretazione di V in U che avevamo inizialmente: la
definizione di ✓, infatti, ci dice che questa interpretazione interpreta anche le nuove
identità di W. Quindi W 2 K0 e, inoltre, l’aritmetica elementare dei cardinali ci
dice che W ha al massimo  operazioni, per cui W 2 K00 .
Si noti che la dimostrazione precedente sia totalmente non costruttiva; in altre parole, per adesso non abbiamo idea di come sia fatto il meet di due tipi di
interpretabilità. Introduciamo, quindi, il concetto di prodotto di due varietà.
Definizione 4.13. Il prodotto delle due varietà V e W, è la varietà V ⌦ W che ha
come simboli di operazione quelli di
[ più una operazione binaria (indicata con
4.2 Proprietà basilari di L
53
la giustapposizione), e come identità le seguenti:
xx ⇡ x
(xy)(uv) ⇡ xv
Q(x1 y1 , x2 y2 , . . .) ⇡ Q(x1 , x2 , . . .)Q(y1 , y2 , . . .) per ogni Q 2
[
Q(x1 , x2 , . . .)y ⇡ x1 y per ogni Q 2
xQ(y1 , y2 , . . .) ⇡ xy1 per ogni Q 2
↵i y ⇡
iy
x'i ⇡ x
i
per ogni i 2 I
per ogni i 2 I 0 .
Proposizione 4.14. Per ogni varietà V e W si ha che
[V] ^ [W] = [V ⌦ W].
Dimostrazione. Notiamo anzitutto che V è equivalente alla sottovarietà di V ⌦ W
che soddisfa l’ulteriore equazione xy ⇡ x, mentre W a quella che soddisfa xy ⇡ y.
Infatti, concentrandosi sul caso di V, le equazioni della sottovarietà corrispondente
sono:
xx ⇡ x ) x ⇡ x
(xy)(uv) ⇡ xv ) x ⇡ x
Q(x1 y1 , x2 y2 , . . .) ⇡ Q(x1 , x2 , . . .)Q(y1 , y2 , . . .)
) Q(x1 , x2 , . . .) ⇡ Q(x1 , x2 , . . .) per ogni Q 2
[
Q(x1 , x2 , . . .)y ⇡ x1 y ) Q(x1 , x2 , . . .) ⇡ x1 per ogni Q 2
xQ(y1 , y2 , . . .) ⇡ xy1 ) x ⇡ x per ogni Q 2
↵i y ⇡
iy
x'i ⇡ x
i
) ↵i ⇡
i
per ogni i 2 I
) x ⇡ x per ogni i 2 I 0 .
Questo significa che la sottovarietà corrispondente soddisfa le medesime equazioni
di V più, oltre a quelle banali del tipo x ⇡ x, altre che rendono sia le operazioni di
tipo
che l’operazione di giustapposizione delle proiezioni (eliminandole entrambe
4.2 Proprietà basilari di L
54
formalmente). Essendo le interpretazioni in entrambi i versi ovvie, possiamo trattare le due varietà V e W come le due sottovarietà di V ⌦ W succitate, e quindi
V ⌦ W  V, W. Supponiamo, quindi, che esista U di tipo ⌧ tale che
V ⌦ W  U  V, W,
e siano
1
e
2
rispettivamente le interpretazioni di U in V e di U in W; dunque,
ad ogni Q 2 ⌧ sono associati un -termine ↵Q e un -termine
A
hA, ↵Q
(Q
2 ⌧ )i,
2 (A)
= hA,
A
Q (Q
Q
tali che
=
2 ⌧ )i 2 U. Costruiamo l’interpretazione
di U in V ⌦ W associando ad ogni Q 2 ⌧ il termine ↵Q
Q.
Omettiamo la
banale dimostrazione per induzione del fatto che, per ogni A 2 V ⌦ W,
A A
hA, ↵Q
Q (Q
1 (A)
(A) =
2 ⌧ )i 2 U.
Per questioni di semplicità nell’enunciare la seguente proposizione (e da ora in
poi), e motivati dall’argomento utilizzato nella proposizione precedente, assumeremo che V sia la sottovarietà di V ⌦ W assiomatizzata dall’ulteriore equazione
xy ⇡ x, e che W sia la sottovarietà di V⌦W assiomatizzata dall’ulteriore equazione
xy ⇡ y.
Proposizione 4.15. Ogni C 2 V ⌦ W è isomorfa a A ⇥ B per certe A 2 V
e B 2 W. Inoltre, ogni omomorfismo
: A1 ⇥ B1 ! A2 ⇥ B2 ha la forma
(a, b) = (↵(a), (b)) per certi unici omomorfismi ↵ : A1 ! A2 e
Indicheremo
con ↵ ⇥ .
: B1 ! B2 .
Dimostrazione. Scegliamo d 2 C e definiamo le due relazioni di equivalenza
(u, v) 2 ↵
()
ud = vd,
(u, v) 2
()
du = dv.
Non è difficile far vedere che ↵,
2 Con(C); facciamo vedere ad esempio che ↵
ha la proprietà di sostituzione per la giustapposizione: siano (u1 , v1 ), (u2 , v2 ) 2 ↵,
allora
(u1 u2 )d = (u1 u2 )(dd) = u1 d = v1 d = (v1 v2 )(dd) = (v1 v2 )d,
4.2 Proprietà basilari di L
55
dunque (u1 u2 , v1 v2 ) 2 ↵. La verifica delle altre operazioni del tipo la si fa invocando
le identità necessarie all’occorrenza. Supponiamo adesso che (u, v) 2 ↵ \ , cioé
ud = vd e du = dv; ciò implica che
u = uu = (ud)(du) = (vd)(dv) = vv = v,
cioé ↵ \
=
C.
Inoltre, per ogni u, v 2 C
(uv)d = (uv)(dd) = ud
e quindi u ↵ uv
Perciò ↵ e
e
v, ovvero (u, v) 2 ↵
d(uv) = (dd)(uv) = dv,
per ogni u, v 2 C: quindi ↵
= rC .
sono una coppia di congruenze fattore, e dal teorema (2.86) segue che
C⇠
= C/↵ ⇥ C/ .
Resta da far vedere che C/↵ 2 V (intesa come la sottovarietà di V ⌦ W che
soddisfa l’ulteriore equazione xy ⇡ x): mostreremo per l’appunto che C/↵ soddisfa
l’equazione xy ⇡ x. Siano u/↵, v/↵ 2 C/↵; dunque
(u/↵)(v/↵) = (uv)/↵ = u/↵,
perché uv ↵ u. La dimostrazione del fatto che C/ 2 W è analoga. Dal seguente
diagramma
↵
AO 1
⇡A1
AO 2
/
O
O
⇡A2
A1 ⇥ B1
✏✏
⇡B1
B1
/
A2 ⇥ B2
/
✏✏
⇡B2
B2
si evince come, invocando il teorema (2.71) sulle coppie di omomorfismi ⇡A1 , ⇡A2
e ⇡ B1 , ⇡ B 2
, si ottengano i due omomorfismi ↵ e
↵ ⇡ A1 = ⇡ A 2
,
⇡B1 = ⇡B2
,
tali che
cioé per ogni coppia (a, b) 2 A1 ⇥ B1 , (a, b) = (↵(a), (b)).
4.3 Filtri di L
56
Diamo, infine, le caratterizzazioni del massimo e del minimo di L (che esistono
per via della completezza del reticolo).
Proposizione 4.16. Per una varietà V sono equivalenti:
(1) [V] è il massimo in L;
(2) V |= x ⇡ y.
Dimostrazione. Se V |= x ⇡ y, allora V consiste interamente di algebre banali,
e perciò è una sottovarietà di ogni varietà (tenendo a mente che le costanti sono
sostituite con operazioni unarie). Se invece [V] è il massimo in LV allora ogni
varietà è interpretabile in V, compresa la varietà che soddisfa l’identità x ⇡ y;
dunque ogni algebra di V è un’algebra banale, cioè soddisfa x ⇡ y.
Proposizione 4.17. Per una varietà V sono equivalenti:
(1) [V] è il minimo in L;
(2) V  Sets;
(3) V ha un modello non banale in cui ogni operazione è una proiezione.
Dimostrazione. Il primo e il secondo punto sono equivalenti, visto che Sets è interpretabile in ogni varietà. Se V  Sets, allora V ha un modello non banale (i.e.,
un modello che soddisfa l’identità x ⇡ y), altrimenti sarebbe il massimo di LV;
inoltre ne ha anche uno in cui ogni operazione è una proiezione, visto che queste
sono gli unici termini disponibili in Sets per l’interpretazione. Se invece V ha un
modello non banale in cui ogni operazione è una proiezione, Sets è equivalente a
una sottovarietà di V, e dunque V  Sets.
4.3
Filtri di L
Definizione 4.18. Sia L un reticolo. Un filtro F di L è un sottoinsieme non vuoto
F ✓ L tale che, per ogni a, b 2 L,
(1) a, b 2 F implica a ^ b 2 F ;
4.3 Filtri di L
57
(2) a 2 F e a  b implicano b 2 F .
Un filtro F di L si dice primo se, per ogni a, b 2 L,
(3) a _ b 2 F implica a 2 F o b 2 F .
Un filtro F di L si dice irriducibile se ogniqualvolta è l’intersezione di due filtri,
allora uno di essi è F stesso.
Osservazione 4.19. Se un filtro è primo, allora è irriducibile, ma non vale il
viceversa. Per dimostrarlo, supponiamo che F sia un filtro primo tale che F =
A \ B, per certi filtri A e B, ma F 6= A, B: allora esistono a 2 A e b 2 B tali che
a, b 62 F . Dato che a, b  a _ b, a _ b 2 A \ B, perciò a _ b 2 F . Ma F è primo,
dunque ciò comporta che a 2 F o b 2 F , contro l’ipotesi.
Per far vedere che non vale il viceversa, consideriamo l’intervallo [c, 1] del
seguente reticolo:
1
•
•d
@
a•
@
@
@
• b @• c
@•
0
Tale intervallo è chiaramente un filtro irriducibile, e tuttavia d = a _ b, ma né a né
b sono elementi di [c, 1].
Definizione 4.20. Un filtro F di L è un filtro di Mal’cev se esistono varietà V1
V2
...
Vn
. . . finitamente assiomatizzabili e di tipo finito, tali che
F = {[W] | 9n > 0 tale che Vn  W}.
Una classe K di varietà è una classe di Mal’cev se esiste un filtro di Mal’cev F tale
che
K=
[
F = {W | [W] 2 F}.
4.3 Filtri di L
58
Una condizione di Mal’cev è una sequenza (⌃1 , ⌃2 , . . .) tale che ⌃i è un insieme
finito di identità per Vi come sopra. Una condizione di Mal’cev si dice forte se la
sequenza di cui sopra è composta solo da ⌃1 .
Esempio 4.21. Ecco alcuni esempi di classi di Mal’cev:
1. la classe KP delle varietà a congruenze permutabili; in virtù del teorema
(3.44), una varietà V è a congruenze permutabili se e solo se P  V, dove P
è la varietà con una operazione ternaria m assiomatizzata dalle equazioni del
teorema. Inoltre, la condizione di Mal’cev per la permutabilità è anche forte,
visto che
KP =
[
{[V] | P  V};
2. la classe KM delle varietà a congruenze modulari, visto che, dal teorema
(3.49), una varietà V è a congruenze permutabili se e solo se esiste un k tale
che Mk  V, dove Mk è la varietà con k + 1 operazioni quaternarie che
soddisfano le equazioni del teorema per n = k. In questo caso,
[
KM = {[V] | 9k > 0 tale che Mk  V};
3. la classe KD delle varietà a congruenze distributive, perché, dal teorema
(3.47), una varietà V è a congruenze distributive se e solo se esiste un k
tale che Dk  V, dove Dk è la varietà con k + 1 operazioni ternarie che
soddisfano le equazioni del teorema per n = k. Si ha, perciò,
[
KD = {[V] | 9k > 0 tale che Dk  V};
4. la classe KR delle varietà a congruenze regolari; come per i precedenti esempi,
invochiamo il teorema (3.51) per ricordare come una varietà V è a congruenze
regolari se e solo se esiste un k tale che Rk  V, dove Rk è la varietà con k
operazioni ternarie e k operazioni quaternarie che soddisfano le equazioni del
teorema per n = k. Quindi,
[
KR = {[V] | 9k > 0 tale che Rk  V}.
4.4 Primalità di alcuni filtri di L
59
Enunciamo, per completezza, un risultato che caratterizza le classi di Mal’cev,
la cui dimostrazione si trova in [16]
Teorema 4.22 (W. Taylor). Per una classe K di varietà sono equivalenti:
S
(1) K = F, dove F è un filtro di Mal’cev;
(2) per ogni coppia di varietà V, W
(a) se V  W e V 2 K, allora W 2 K;
(b) se V, W 2 K, allora V ⌦ W 2 K;
(c) se W 2 K allora esiste una varietà finitamente assiomatizzabile di tipo
finito V 2 K tale che V 2 W.
4.4
Primalità di alcuni filtri di L
Studiamo adesso la primalità di alcuni filtri di Mal’cev introdotti nel capitolo
precedente. Cominciamo però da un filtro molto semplice e significativo, che mette in luce come si possa giungere ad esibire la primalità attraverso ragionamenti
alternativi alla manipolazione di termini.
Lemma 4.23 (H.P. Gumm, [7]). Per una varietà V sono equivalenti:
(1) se A 2 V allora ogni automorfismo involutivo di A ha un punto fisso, ovvero
se ' è un automorfismo di A tale che '2 = idA , allora esiste un a 2 A tale
che '(a) = a;
(2) V possiede un termine binario s tale che
V |= s(x, y) ⇡ s(y, x).
Dimostrazione. Supponiamo che il termine binario esista; sia A 2 V, ' un automorfismo involutivo di A e a 2 A. Allora,
'(s(a, '(a))) = s('(a), '2 (a))
= s('(a), a)
= s(a, '(a)),
4.4 Primalità di alcuni filtri di L
60
cioè s(a, '(a)) è un punto fisso di '.
Viceversa, supponiamo che ogni automorfismo involutivo di ogni algebra di V
abbia un punto fisso, e sia F = FV(x, y) l’algebra libera su due generatori di V
(come in precedenza, possiamo supporre che esista altrimenti V sarebbe banale
e ogni termine ubbidirebbe a qualsiasi equazione); sia ' l’automorfismo di F che
scambia i generatori:
'(x) = y
e
'(y) = x.
Tale automorfismo è banalmente involutivo e quindi ha un punto fisso, cioé esiste un
u 2 F tale che u = '(u): dunque esiste un termine binario s tale che u = sF (x, y),
da cui segue che
sF (y, x) = sF ('(x), '(y))
= '(sF (x, y))
= sF (x, y),
quindi F |= s(x, y) ⇡ s(y, x) e, dal teorema (3.37), segue che
V |= s(x, y) ⇡ s(y, x).
Teorema 4.24. Sia V la varietà con un simbolo di operazione binaria s tale che
V = Mod({s(x, y) ⇡ s(y, x)}). Allora, il filtro F = {[W] | V  W} è un filtro di
Mal’cev primo.
Dimostrazione. Dalla definizione, è evidente che F è un filtro di Mal’cev. Per
dimostrare che è anche primo supponiamo che esistano due varietà U, W tali che
U
W 2 F ma V 6 U, W. Dunque, esistono U 2 U e W 2 W, e automorfismi
involutivi ', , rispettivamente di U e W, senza punti fissi, ovvero tali che '(u) 6=
u, (w) 6= w per ogni u 2 U , w 2 W . Possiamo assumere che |U | = |W | visto che,
se cosı̀ non fosse, si può dimostrare l’esistenza di un cardinale  tale che le algebre
U e W abbiano la stessa cardinalità; inoltre possiamo definire un automorfismo
involutivo senza punti fissi su entrambe a partire da ' e .
4.4 Primalità di alcuni filtri di L
61
Possiamo dividere U in due sottoinsiemi disgiunti di uguale cardinalità U1 e U2
tali che a 2 U1 se e solo se '(a) 2 U2 ; lo stesso possiamo fare per W , ottenendo
W1 e W2 . Dal fatto che |U | = |W |, segue che |U1 | = |U2 | = |W1 | = |W2 |, dunque
possiamo trovare una biiezione f : U ! W tale che, per ogni u 2 U ,
'(u) = f
1
( (f (u))).
Definiamo la nuova algebra U il cui universo è l’insieme U , e il cui tipo è composto
dai simboli di operazione di U e da un simbolo di operazione n-aria QU per ogni
simbolo di operazione n-aria QW di W, tale che
QU (u1 , . . . , un ) = f
Chiaramente U 2 U
1
(QW (f (u1 ), . . . , f (un ))).
W, e ', l’automorfismo involutivo senza punti fissi di U, è
un automorfismo involutivo senza punti fissi anche per U: basta infatti dimostrare
che ' soddisfa le nuove operazioni introdotte.
'(QU (u1 , . . . , un )) = f
1
( (f (QU (u1 , . . . , un ))))
= f
1
( (f (f
= f
1
( (QW (f (u1 ), . . . , f (un ))))
= f
1
(QW ( (f (u1 )), . . . , (f (un ))))
= f
1
(QW (f ('(u1 )), . . . , f ('(un ))))
1
(QW (f (u1 ), . . . , f (un ))))))
= QU ('(u1 ), . . . , '(un )).
Dunque, abbiamo trovato un’algebra di U
W che ha un automorfismo involutivo
senza punti fissi, il che è in contraddizione con l’ipotesi U
o W 2 F, da cui la primalità di F.
W 2 F. Perciò, o U 2 F
Teorema 4.25. Il filtro di Mal’cev delle varietà a congruenze regolari è primo.
Dimostrazione. Supponiamo che V e W non siano a congruenze regolari; allora
esistono due algebre A 2 V e B 2 W, e due congruenze ✓ 2 Con(A) e
2 Con(B)
che hanno una classe con esattamente un elemento e almeno una classe con più
4.4 Primalità di alcuni filtri di L
62
di un elemento. Sia  = max{|A|, |B|}, e definiamo una sottalgebra C di A con
universo
C = {↵ 2 A | per ogni i, j < , (↵i , ↵j ) 2 ✓};
chiaramente |C| = 2 . La congruenza ' 2 Con(C) definita come
(↵, ) 2 '
()
(↵0 ,
0)
2✓
ha esattamente due classi di congruenza: una di cardinalità 1 e una di cardinalità
2 ; se moltiplichiamo C con un’algebra di V di cardinalità 2 , otteniamo un’algebra
C 2 V con una congruenza ' che ha esattamente 2 classi di cardinalità 1 e 2 classi
di cardinalità 2 . Con lo stesso ragionamento, si ottiene un’algebra D 2 W con una
congruenza ⌧ che ha esattamente 2 classi di cardinalità 1 e 2 classi di cardinalità
2 . Ora, per una questione di cardinalità, esiste una biiezione
: C ! D che
mappa ' in ⌧ ; possiamo quindi “estendere” il tipo di C, come nella dimostrazione
del teorema (4.24), in modo da ottenere un’algebra di V W che ha una congruenza
con una classe che ha un solo elemento. Quindi V W non è a congruenze regolari,
e quindi segue la tesi.
Teorema 4.26 (S. Tschantz, [18]). Il filtro di Mal’cev delle varietà a congruenze
permutabili è primo.
Nel prossimo capitolo dimostreremo la non primalità del filtro di Mal’cev delle
varietà a congruenze distributive attraverso un argomento diverso da quello presente in [6], sebbene ivi accennato ma non investigato. Rivolgeremo poi la nostra
attenzione alla congettura di Taylor e Garcı̀a.
Congettura 4.27 (W. Taylor - O.C. Garcı̀a, [6]). Il filtro di Mal’cev delle varietà
a congruenze modulari è primo.
Capitolo 5
Omissione di reticoli da parte di
varietà
In questo capitolo gettiamo le basi per il nuovo approccio alla congettura di
Taylor e Garcı̀a. Si studierà inizialmente il problema dell’omissione di reticoli,
esibendo una condizione sufficiente affinché la classe delle varietà che omettono
un reticolo sia un filtro di L, ed una sua applicazione immediata alla primalità
del filtro delle varietà a congruenze distributive. Dopodiché verranno fatte alcune
osservazioni nel caso in cui il reticolo da omettere sia N5 . Infine, si mostrerà un
interessante sviluppo della problematica dell’omissione di reticoli.
5.1
Primalità del filtro delle varietà a congruenze
distributive
Definizione 5.1. Siano L e M due reticoli. Si dice che M omette L se
L 62 S(M).
Osservazione 5.2. Un reticolo è modulare se e solo se omette N5 , mentre un
reticolo è distributivo se e solo se omette N5 e M3 .
Definizione 5.3. Sia L un reticolo. Si dice che la classe di algebre K omette L se,
per ogni A 2 K, Con(A) omette L.
63
5.1 Primalità del filtro delle varietà a congruenze distributive
64
La classe [V] omette L se, per ogni W 2 [V], W omette L.
Teorema 5.4. Se V omette L e V è interpretabile in W, allora W omette L.
Dimostrazione. Sia
il tipo di V e
il tipo di W. Se V è interpretabile in W
allora esiste una funzione che associa ad ogni Q 2
che, per ogni A 2 W,
(A) =
elemento di Clo(A),
hA, tA
Q (Q
un termine tQ 2 T (!) tale
2 ))i sta in V. Dato che ogni tA
Q è un
Con(A)  Con( (A)),
in virtù del teorema (2.77). Ora,
(A) 2 V, perciò L 62 S(Con( (A))), e dalla
disuguaglianza precedente segue che L 62 S(Con(A)) per ogni A 2 W, cioé la
tesi.
Corollario 5.5. [V] omette L se e solo se V omette L.
Dimostrazione. Ovvio, in base al teorema precedente.
Lemma 5.6. Se C 2 V ⌦ W e C ⇠
= A ⇥ B come nel teorema (4.15), allora
Con(C) ⇠
= Con(A) ⇥ Con(B).
Dimostrazione. Ovviamente, l’isomorfismo cercato è quello che associa al kernel di
ogni omomorfismo
di C la coppia di congruenze ker(↵) e ker( ) tali che
= ↵⇥ :
'(ker( )) = (ker(↵), ker( )).
Tale funzione è infatti banalmente suriettiva: basta associare ad ogni coppia ( , ✓) il
kernel della funzione ⇡ ⇥⇡✓ , dove ker(⇡ ) =
e ker(⇡✓ ) = ✓. Riguardo l’iniettività,
supponiamo '(ker( )) = '(ker( )). Quindi
(ker(↵)), ker( )) = (ker(↵), ker( )),
perciò ker(↵) = ker(↵) e ker( ) = ker( ), dunque lo stesso vale per gli omomorfismi:
↵⌘↵e
⌘ ; ma allora
↵⇥
⌘↵⇥ ,
5.1 Primalità del filtro delle varietà a congruenze distributive
65
dato che agiscono componente per componente. Questo implica ker( ) = ker( ).
Facciamo vedere che tale funzione rispetta l’ordine in entrambe le direzioni:
potremo cosı̀ concludere, in base al teorema (2.29), che si tratta di un isomorfismo
tra reticoli. Innanzitutto, notiamo come ogni elemento x 2 C possa essere scritto
a meno di isomorfismi, in base alla decomposizione, come (xA , xB ), con xA 2 A e
xB 2 B. Di conseguenza sia ✓ una congruenza di C e '(✓) = (✓A , ✓B ); allora
h(xA , xB ), (yA , yB )i 2 ✓
()
(xA , xB )/✓ = (yA , yB )/✓
()
(xA /✓A , xB /✓B ) = (yA /✓A , yB /✓B )
()
xA /✓A = yA /✓A e xB /✓B = yB /✓B
()
(xA , yA ) 2 ✓A e (xB , yB ) 2 ✓B .
La seconda equivalenza segue dal fatto che
(xA , xB )/✓ = ⇡✓ (xA , xB )
= (⇡✓A (xA ), ⇡✓B (xB ))
= (xA /✓A , xB /✓B ).
Ne consegue che
✓
()
✓A 
()
(✓A , ✓B )  (
()
'(✓)  '( ).
A
e ✓B 
A,
B
B)
Il lemma precedente ci dà un indizio su quale possa essere una condizione sufficiente affinché la classe dei tipi di interpretabilità che omettono L sia un filtro:
concentriamoci sulla rappresentazione sottodiretta di un reticolo.
Lemma 5.7. Siano L, M, N tre reticoli tali che L  M ⇥ N . Allora L è un
prodotto sottodiretto di Mi e Ni , per certi Mi  M e Ni  N .
5.1 Primalità del filtro delle varietà a congruenze distributive
66
Dimostrazione. Gli epimorfismi canonici di L in M e N , definiti per ogni ha, bi 2 L
come
⇡M (ha, bi) = a,
⇡N (ha, bi) = b,
hanno come immagini omomorfe di L due sottoreticoli di M e N , detti Mi e Ni .
Dato che ovviamente L  Mi ⇥ Ni , ⇡M (L) = Mi e ⇡N (L) = Ni , si ha la tesi.
Corollario 5.8. Siano L, M, N tre reticoli tali che L sia sottodirettamente irriducibile e che M e N omettano L. Allora M ⇥ N omette L.
Dimostrazione. Se L 2 S(M ⇥ N ) tramite l’isomorfismo ', allora, dal lemma (5.7)
si avrebbe che '(L) è un prodotto sottodiretto di Mi e Ni , per certi Mi  M e
Ni  N , dunque
L ,! Mi ⇥ Ni ,
e tale rappresentazione sottodiretta è non banale, visto che né Mi né Ni possono
essere isomorfi a L, dall’ipotesi L 62 S(M), S(N ). Ma questo è assurdo.
Teorema 5.9. Se L è sottodirettamente irriducibile e V e W omettono L, allora
V ⌦ W omette L.
Dimostrazione. Dal lemma (5.6), il reticolo delle congruenze di ogni algebra di
V ⌦ W è isomorfo al prodotto dei reticoli di congruenze di un’algebra di V e
un’algebra di W. Perciò, dal corollario (5.8), dato che entrambi questi reticoli
omettono L e questo è sottodirettamente irriducibile, si ha la tesi.
Corollario 5.10. Se L è sottodirettamente irriducibile, allora
F(L) = {[V] 2 L | [V] omette L}
è un filtro nel reticolo dei tipi di interpretabilità L.
Dimostrazione. Dal teorema (5.4), per ogni [V] 2 F(L), se [V]  [W] allora [W]
omette L, quindi [W] 2 F(L). Invece, dal teorema (5.9), se [V] e [W] stanno in
F(L) allora anche [V] _ [W] = [V ⌦ W] omette L, quindi [V] _ [W] 2 F(L).
5.1 Primalità del filtro delle varietà a congruenze distributive
67
Guardiamo dunque una applicazione dei risultati ottenuti. Se {Li }ni=1 è una
famiglia di reticoli sottodirettamente irriducibili allora è ovvio come
F({Li }ni=1 ) =
n
\
i=1
{[V] 2 L | [V] omette Li }
sia un filtro. Perciò, prendiamo n = 2, L1 = N5 e L2 = M3 . Ovviamente, esistono
varietà che omettono N5 ma non M3 (non tutte le varietà a congruenze modulari
sono anche a congruenze distributive), mentre per il viceversa citiamo il seguente
risultato, presente in [5]
Teorema 5.11 (D. Papert). La varietà dei semireticoli omette M3 ma non N5 .
Teorema 5.12. Il filtro F({N5 , M3 }) non è primo.
Dimostrazione. Per quanto detto,
F({N5 , M3 }) = F(N5 ) \ F(M3 )
ed esistono due varietà V e W tali che [V] 2 F(N5 )\F({N5 , M3 }) e [W] 2
F(M3 )\F({N5 , M3 }), dunque F({N5 , M3 }) non è irriducibile, perciò in base all’osservazione (4.19), neanche primo.
Corollario 5.13. Il filtro delle varietà a congruenze distributive non è primo.
Possiamo perciò riformulare alla maniera seguente la congettura di Taylor e
Garcı̀a.
Congettura 5.14. Il filtro F(N5 ) è primo.
Questa riformulazione apre la strada ad un nuovo indirizzo di ricerca: se si è
in grado di esibire una proprietà di N5 che garantisce a F(N5 ) di essere primo (un
pò come si è scovata la sottodiretta irriducibilità per dimostrare che tale classe
è un filtro), allora la congettura di Taylor e Garcı̀a è dimostrata. E’ d’altronde
possibile anche la strada opposta: scovare, tra le proprietà di N5 , una che provi la
riducibilità di F(N5 ). Ma desideriamo essere più precisi. Siano V e W due varietà
di tipo
e
rispettivamente, e sia A un insieme. Se ⌧ è un tipo, indichiamo con
5.2 Considerazioni sul rapporto tra intepretazione e congruenze
68
[A]⌧ un’algebra con universo A e tipo ⌧ (qualora sia possibile definire su A delle
operazioni di tipo ⌧ ). Dalla definizione di coprodotto di due varietà,
[A]
[
2V
W
intendendo con operazioni di tipo
e viceversa; d’altronde,
Con([A]
[
()
[
[A] 2 V e [A] 2 W,
su A esattamente quelle di [A] e di [A] ,
) = Con([A] ) \ Con([A] );
ci si chiede dunque: tra le proprietà di N5 , ce n’è una che, nel caso in cui M =
M1 \ M2 e M ometta N5 , garantisca che M1 omette N5 o M2 omette N5 ?
Purtroppo, non si è stati in grado di esibire nessuna proprietà con le conseguen-
ze sopra citate, e non sembra a↵atto ovvio che ve ne siano; le difficoltà di questa
congettura sembrano quindi essere un invariante rispetto all’approccio adottato
(sia esso sintattico, vedi [14], che secondo l’omissione di reticoli). Ci si è perciò
domandati se non sia opportuno cambiare completamente punto di vista nell’affrontare la questione; il tentativo di ricollare la problematica in un nuovo tipo di
contesto è lo scopo perseguito nella sezione successiva.
5.2
Considerazioni sul rapporto tra intepretazione e congruenze
La prossima definizione sarà motivata in seguito dal teorema (5.18).
Definizione 5.15. Sia  un cardinale e V una varietà. Si definisce
V| = {A 2 V | |A|  }.
Osservazione 5.16. Dalla definizione, sono evidenti i seguenti fatti:
1. se  
allora V| ✓ V| ;
2. per ogni cardinale ,
H(V| ) = V|
e
S(V| ) = V| ;
5.2 Considerazioni sul rapporto tra intepretazione e congruenze
69
3.
V=

[
V| ;
card
4. per ogni cardinale ,
V=
[
V| .

Dimostrazione. Discendono tutte banalmente dalla definizione.
Proposizione 5.17. Per una varietà V sono equivalenti:
(1) V omette L;
(2) per ogni cardinale , V| omette L;
(3) esiste un cardinale
tale che, per ogni 
, V| omette L.
Dimostrazione. Ovviamente, se V omette L allora ogni V| lo omette. Viceversa
se V non omettesse L, supponiamo a causa di A 2 V tale che |A| = , allora, per
ogni 
, si avrebbe che V| non omette L, contro l’ipotesi. Quindi (1) e (2)
sono equivalenti.
Se esiste un cardinale
tale che, per ogni 
servazione (5.16) anche tutte le V|↵ con ↵ <
, V| omette L allora dall’os-
lo omettono. Essendo il viceversa
ovvio, (2) è equivalente a (3).
Il seguente risultato, riportato in [11], è la chiave di volta dei ragionamenti
successivi: dunque, d’ora in poi, V e W saranno due varietà che soddisfano l’ipotesi
(1) del prossimo teorema. A nostro avviso, il reticolo dei tipi di interpretabilità
subisce modificazioni solo marginali e, ad ogni modo, varietà definite da classi di
equazioni sono qualcosa di veramente esotico.
Teorema 5.18 (W.D. Neumann). Se V è una varietà, allora sono equivalenti:
(1) V è definibile da un insieme di operazioni;
5.2 Considerazioni sul rapporto tra intepretazione e congruenze
70
(2) V ammette un’algebra libera per ogni insieme di generatori, ed esiste un cardinale
tale che per ogni insieme X tale che |X|
si ha
|FV(X)| = |X|.
Per ogni varietà V che soddisfa (1), indicheremo il cardinale cui si riferisce il
punto (2) del teorema precedente come mV. Inoltre, ogni varietà verrà considerata
non banale (ovvero [V] < rL), visto che le varietà banali omettono ogni reticolo
ad eccezione di quello formato da un solo elemento (che non ci interessa).
Viene naturale chiedersi se il fatto che ogni algebra libera ometta un reticolo
comporti che la varietà intera lo ometta, giacché una varietà soddisfa una equazione
se e solo se la soddisfano tutte le sue algebre libere. Il seguente risultato ci dice
che la domanda ha risposta a↵ermativa.
Teorema 5.19. Se 
mV, allora
V| omette L () Con(FV()) omette L.
Dimostrazione. Se 
mV allora |FV()| =  per il teorema (5.18), perciò FV() 2
V| . In base a questa premessa, è ovvia l’implicazione
V| omette L ) L 62 S(Con(FV())).
Viceversa, sfruttando il lemma (3.40), per ogni A 2 V| si ha A 2 H(FV()),
ovvero esiste ✓ 2 Con(FV()) tale che
A⇠
= FV()/✓.
Dal teorema (2.76), dunque
Con(A) ⇠
= Con(FV()/✓) ⇠
= I[✓, rFV () ],
perciò Con(A) è un sottoreticolo di Con(FV()), quindi Con(A) omette L per
ogni A 2 V| .
Il prossimo teorema a↵ronta la questione di determinare quale rapporto intercorre tra i reticoli delle congruenze delle algebre di libere sullo stesso numero di
generatori di due varietà V e W tali che V  W.
5.3 Conclusioni
71
Teorema 5.20. Se V  W, allora, per ogni 
mV, mW,
Con(FW()) 2 S(Con(FV())).
Dimostrazione. Se V è interpretabile in W via l’intepretazione , allora (FW()) 2
V. Dato che l’insieme di base di
(FW()) è lo stesso di FW(), si ha che
| (FW())| = |FW()| = 
da cui
implica
(FW()) 2 V| , perciò
(FW()) 2 H(FV()), il che, dal teorema (2.76),
Con( (FW())) 2 S(Con(FV())).
Ma, d’altronde, come abbiamo osservato nella dimostrazione del teorema (5.4),
Con(FW())  Con( (FV())),
da cui segue la tesi.
Unendo i due risultati precedenti, abbiamo perciò come corollario immediato il
teorema (5.4). Il seguente corollario è, tuttavia, sorprendente.
Corollario 5.21. Per ogni 
mV,
Con(FV()) 2 S(Con(FSets())).
Dimostrazione. Segue banalmente dal teorema precedente, dal fatto che Sets è
interpretabile in ogni varietà e dal fatto che per ogni cardinale  (infinito o meno)
|FSets()| = , dato che non ci sono operazioni in Sets.
5.3
Conclusioni
L’ultimo corollario ci dice che il reticolo delle equivalenze di un insieme di
cardinalità  contiene, come copie isomorfe, i reticoli delle congruenze delle algebre
libere di cardinalità  di tutte le varietà V tali per cui 
mV. In virtù del teorema
(5.19), ciò significa che, se A è un insieme di cardinalità , il reticolo Sub(Eq(A))
5.3 Conclusioni
72
contiene una parte del filtro delle varietà che omettono L, ma a testa in giù (vedi
il teorema (5.20)).
Ci si chiede dunque se, per ogni cardinale , non sia possibile che, nel reticolo dei
sottouniversi del reticolo delle equivalenze di un insieme di cardinalità , l’insieme
di tutti i reticoli che omettono L sia un ideale, e che la primalità di tale ideale,
ovviamente per ogni , implichi la primalità del filtro dei tipi di interpretabilità che
omettono L. Ciò non sembra impossibile, date le relazioni che legano i reticoli delle
congruenze delle algebre di V e W con quelli delle algebre di V ⌦ W e V
W (vedi
capitolo 5.1). Se si riuscisse a dimostrare questo fatto, si sposterebbe la questione
in un ambiente più ricco di proprietà e molto più studiato del reticolo dei tipi di
interpretabilità, aumentando decisamente le probabilità di dirimere una volta per
tutte la questione.
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