Capitale del territorio falisco, Falerii Veteres sorgeva nel

Capitale del
territorio falisco, Falerii
Veteres sorgeva nel
luogo dell’odierna
Civita Castellana, su
un altopiano tufaceo
delimitato dal Rio
Maggiore a nord, dal
Rio Filetto a sud e dal
fiume Treja ad est.
Le testimonianze più antiche
della sua esistenza risalgono all’età
del Bronzo finale: un abitato di ampie
proporzioni è stato infatti individuato
sul colle del Vignale, altura posizionata a
nord-est di Civita Castellana, che diverrà
in seguito l’acropoli della città falisca.
È verosimile che anche nella
successiva età del Ferro il primo nucleo
dell’insediamento si sia sviluppato sulla
collina del Vignale, estendendosi solo
in un secondo momento sul pianoro
adiacente, luogo dell’attuale città.
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Mentre dell’area urbana distrutta
dai Romani nel 241 a.C. non rimangono
che pochi elementi, cunicoli e cisterne,
riferibili soprattutto alla cinta muraria,
numerose testimonianze sono restituite
dalle necropoli che si estendevano sulle
alture circostanti la città: la necropoli di
Montarano a nord-est, la più lontana dal
centro abitato in età storica, ha restituito
esclusivamente tombe a pozzo e a
fossa, databili fra l’VIII e il VII secolo
a.C., mentre per le necropoli di Celle ,
a nord-est, e della Penna e Valsiarosa a
sud-ovest è documentata una continuità
d’uso che giunge fino alla distruzione
della città.
Alle tombe a fossa, seguirono
infatti quelle a camera, anche di grandi
dimensioni, con loculi presenti sulle
pareti, spesso usate per più deposizioni
dall’età arcaica (VI secolo a.C.), all’età
ellenistica (III secolo a.C.).
Propria dell’età più antica, a
Falerii, è una certa sobrietà nella scelta
degli oggetti di corredo, costituiti
principalmente da ceramiche d’impasto
ornate da una ricca decorazione o ad
incisione; tuttavia, già verso il finire
dell’VIII secolo a.C., accanto ai prodotti
locali si notano corredi funerari di beni
di prestigio che segnalano l’emergere di
un ceto sociale elevato, evidentissimo
a partire dal VI secolo a.C., quando si
verifica un notevole afflusso di ceramica
attica di alta qualità.
In questa fase Falerii consolida
la sua posizione di centro guida della
“nazione” falisca, infatti la città mostra la
sua grandezza non solo per l’estensione
delle necropoli, ma anche per il numero
e l’importanza dei suoi santuari.
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È però soprattutto nel IV secolo
a.C. che Falerii conosce, nonostante
gli alterni incontri e scontri con Roma,
il periodo di maggior splendore,
particolarmente creativo sul piano
artistico e monumentale: accanto al
nascere di una notevole produzione di
ceramica a figure rosse, sono venuti
alla luce numerosi oggetti votivi in
terracotta e decorazioni fittili degli
edifici templari.
Riprese le ostilità con Roma, nel
293 a.C. Falerii conta una nuova sconfitta
ed è costretta a stringere un trattato di
pace perpetua poi interrotta da
una nuova ribellione nel 241
a.C.
Dopo
un
breve assedio la città
è conquistata e
distrutta, solo i
santuari furono
risparmiati dal
furore romano;
le conseguenze
per i suoi abitanti
furono gravi,
i sopravvissuti
furono trasferiti
in una zona
pianeggiante non
difendibile a cinque
chilometri di distanza,
dove si sviluppò una
nuova città: Falerii
Novi.
Alessandro Maria Barelli
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FALERII VETERES
FALERII VETERES
L’età del Bronzo:
il sepolcreto di
Montarano sud
Gli scavi condotti nel santuario
di Celle, tra il 1886 ed il 1888 portarono
alla scoperta, al di sotto delle strutture
del tempio di Giunone Curite, di quattro
tombe a pozzo che dovevano fare parte di
un piccolo sepolcreto protovillanoviano
ritenuto, a ragione, dagli scavatori del
tempo, la più antica necropoli di Falerii
e da loro attribuito ad un primo nucleo
abitato sulla collina di Montarano.
Scoperte ben più recenti, avvenute
nel corso di ricognizioni sul pianoro del
Vignale di frammenti di ceramica dell’età
del Bronzo finale hanno corretto la
precedente ipotesi ponendo quelle tombe
in relazione con un insediamento sul colle
di Vignale.
F.M.
FALERII VETERES
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A
rticolato in due nuclei ben distinti, situati a nord nord-est e a nord
dell’altura di Montarano, questo sepolcreto è il più antico sviluppatosi nell’età del
Ferro sul colle del Vignale.
Scavato tra il 1888 ed il 1890, ha restituito esclusivamente tombe a pozzo e
a fossa, i cui corredi presero strade diverse, verso il Museo di Villa Giulia, il Museo
civico di Bologna ed il Museo Archeologico di Firenze.
Le tombe più antiche, ad incinerazione e risalenti all’VIII secolo a.C., sono
caratterizzate dall’uso dell’olla, un vaso di medie dimensioni, come contenitore delle
ceneri del defunto, per lo più ritrovate all’interno di custodie in pietra; la maggior
parte di queste tombe sono state classificate dagli archeologi come sepolture maschili,
perché caratterizzate dalla presenza di rasoi sulla ciotola di copertura del vaso o sulla
custodia in tufo.
Forse anche a causa del ristretto numero di sepolture ad incinerazione
rinvenute, non si delineano nette divisioni sociali, ma solo segni di differenti livelli
di ricchezza.
Rara però è la presenza di armi: in una sola tomba gli archeologi hanno
rinvenuto una punta di lancia che connota come guerriero un defunto appartenuto ad
un ceto particolarmente ricco.
Una società guerriera è evocata anche dalla tomba così chiamata “dell’Elmo”
in cui, l’olla – cinerario, ha come coperchio un elmo crestato d’impasto, conservato
al museo di Villa Giulia.
Mentre più del 50% delle tombe a pozzo è sicuramente definibile come
maschile, agli archeologi sono mancati del tutto indizi, anche minimi, di tombe
femminili che, se da una parte si può anche ritenere che non siano facilmente
identificabili, dall’altro può significare che l’incinerazione fosse una pratica riservata
agli individui maschi di rango elevato.
Il persistere di molteplici credenze e costumi nel rituale funerario è d’altra
parte documentata anche dal ritrovamento di un’urna cineraria a forma di casa,
realizzata in lamina di bronzo conservata a Villa Giulia, di un tipo affine alle urne
fittili prodotte a Caere.
Con la progressiva affermazione del rito funerario dell’ inumazione si sviluppa
una nuova tipologia di tombe a fossa con l’uso di casse per la deposizione del defunto
e di sarcofagi di tufo con coperchio displuviato e forse anche l’uso, documentato solo
dalle descrizioni degli scavatori ottocenteschi, di tumuli al di sopra di alcune tombe.
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N
elle tombe ad inumazione non esistono particolari differenze nella
composizioni dei corredi personali maschili o femminili; in entrambe compaiono
fibule ad arco semplice, a sanguisuga, a navicella, bracciali, pendenti vari e collane.
Alcuni tipi di ornamenti, quali le fibule ad arco serpeggiante sono tuttavia peculiari
dei corredi maschili, mentre il costume femminile nelle tombe ricche è caratterizzato
dal cinturone a losanga di bronzo; ma è soprattutto nella sfera degli attributi relativi
alla funzione sociale degli individui che si colgono le differenze fra i sessi. Le
sepolture femminili sono infatti frequentemente accompagnate dal fuso in bronzo e
da strumenti per la filatura e la tessitura.
Nel periodo orientalizzante antico, ossia tra la fine dell’VIII e la prima metà
del VII sec. a.C., si assiste all’emergere di un ceto sociale dominante che fa sfoggio,
nel corredo funebre, dei segni distintivi del proprio potere. Nelle sepolture maschili
sono state rinvenute armi in bronzo ed in ferro che identificano i defunti come
guerrieri, e, solo in un caso, i resti di un carro, mentre nelle tombe sia maschili sia
femminili sono state ritrovate delle parure personali con oggetti sempre più preziosi
in oro ed argento che ci parlano di un popolo con un enorme potenziale economico. Il
rinvenimento di un sigillo proveniente dalla zona nord-siriana, appartenente al gruppo
del “Suonatore di Lira”, in una tomba a fossa femminile dell’inizio del VII secolo
a.C., e, nella stessa necropoli, di una coppa in bronzo con un’iscrizione cuneiforme,
oggi al Museo di Firenze, sottolinea il grado di ricchezza raggiunto, confermando
l’inserimento di Falerii in un circuito di scambi diretti con l’area orientale. I corredi
funerari, solitamente collocati nel loculo o ai piedi o alla testa del defunto, hanno
presentato alcune tipicità: a partire dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C. è stata
notata la presenza di particolari sostegni utilizzati dalle olle per la miscelazione del
vino che, talora dipinti con motivi geometrici in rosso o in bianco, concorrono ad
esprimere, per la loro specifica funzionalità, il carattere aristocratico delle sepolture
in cui vengono ritrovate, di un ceto principesco che attraverso il banchetto
testimonia nei secoli il segno del suo potere.
Mentre sporadica è la presenza di vasellame bronzeo nelle tombe
più ricche, i rimanenti vasi che fanno parte del corredo vascolare sono
composti da vasi d’impasto in alcuni casi anche decorati con
motivi decisamente diffusi nell’agro falisco: il cavallo, il pesce
e l’uccello dal becco ricurvo.
F. M.
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LE NECROPOLI
DALLA FORMAZIONE
DELLA CITTÀ
ALLA CONQUISTA
ROMANA
N
el corso del VII secolo a.C.
l’insediamento di Vignale si
estese fino ad occupare il pianoro
dell’odierna Civita Castellana, come
sembra indicare la disposizione
delle necropoli in questo periodo.
I sepolcreti della Penna e della
Valsiarosa, a sud-ovest e ad ovest
del pianoro, subito al di fuori del
limite della cinta muraria che dal V
secolo a.C. definiva l’area urbana,
possono essere utili per capire i
confini occidentali dello sviluppo a
Falerii nel VII secolo a.C.
La necropoli della Penna, scavata
tra il 1887 ed il 1890, è oggi in gran
parte cancellata dall’espansione
del moderno abitato.
Unguentari
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Le tombe più antiche, a fossa con uno
o due loculi, sono concentrate nel settore
nord del sepolcreto, quasi in prossimità
dell’area dell’insediamento.
Benché la poca quantità di materiali
rinvenuti dai corredi funebri non
consenta di elaborare tesi definitive circa
lo sviluppo della necropoli, tuttavia i dati
disponibili hanno indicato un avanzare
del sepolcreto in direzione sud-est verso
il Rio Filetto, dalle tombe più antiche,
di età orientalizzante ed arcaica, alle più
recenti che giungono fino al III secolo
a.C.
Anche la necropoli di Valsiarosa è stata
in gran parte obliterata dalla progressiva
urbanizzazione. Scavata tra il 1886 ed
il 1889, ha restituito sporadiche tombe
a fossa e soprattutto tombe a camera,
dall’età orientalizzante fino alla
conquista romana.
La necropoli deve il suo nome
alla chiesetta della Madonna
delle Rose e si estende a ridosso
del fossato artificiale che
proteggeva le mura in questo
tratto
pianeggiante,
poi
ricalcato dal fossato del Forte
Sangallo.
Gli archeologi individuarono,
durante gli scavi, un’ampia
via funeraria, sulla quale
si aprivano alcune tombe
a camera con loculi di età
ellenistica.
Poco più recenti, i due sepolcreti
di Colonnette e di Celle, a nord
della città lungo il Rio del Purgatorio,
sono formati esclusivamente da tombe
a camera e, benché siano presenti
alcuni interessanti monumenti di
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