1 Capitolo 2. Immunità innata L’immunità innata è il meccanismo filogeneticamente più antico di difesa dai microbi e si è evoluta con essi per difendere tutti i microorganismi pluricellulari. I ruoli di questo tipo di immunità sono fondamentalmente due: 1. Iniziare le risposte ai microbi che prevengono, controllano ed eliminano le infezioni. Questo ruolo è fondamentale in quanto se viene eliminata l’immunità innata e mantenuta la sola adattativa l’organismo risulta comunque molto più suscettibile alle infezioni. 2. Stimolare le risposte adattative e influenzarne meccanismi ed efficacia. Alcune componenti dell’immunità innata sono sempre funzionanti, anche prima dell’infezione: queste componenti sono le barriere fornite dalle superfici epiteliali della cute, del tratto GI e di quello respiratorio. Altre componenti sono inattive ma pronte a rispondere rapidamente ai microbi: queste includono i fagociti e il sistema del complemento. 1.1 Caratteristiche generali • L’immunità innata riconosce strutture caratteristiche dei microbi patogeni e per questo non presenti sulle cellule dei mammiferi: il numero di caratteristiche riconoscibili è limitato. Le sostanze microbiche che stimolano l’immunità vengono definite PAMPs, acronimo di Pathogen Associated Molecular Patterns, mentre i recettori che le legano sono definiti pattern recognition receptors. Tra i PAMPs principali si includono: – Acidi nucleici esclusivamente non-self, tra cui ds-RNA o con sequenze non-self, tra cui sequenze non metilate di CpG DNA. – Proteine che iniziano con N-formilmetionina – LPS, acidi teicoici e oligosaccaridi ricchi in mannosio Grazie alla specificità per strutture microbiche l’immunità innata non potrà mai reagire contro il self; per contrasto l’immunità adattativa non reagisce contro il self solamente perchè i linfociti autoreattivi vengono eliminati: per questo motivo l’immunità adattativa è alla base delle malattie autoimmuni mentre quella innata non presenta questo problema. • L’immunità innata riconosce strutture microbiche fondamentali alla sopravvivenza del patogeno, in modo da evitare che questo possa disfarsene per evitare il controllo immunitario. • I recettori per i PAMPs includono sia molecole associate alla cellula sulle membrane cellulari che proteine solubili nel sangue e nei fluidi extracellulari. In generale l’attivazione di questi recettori produce una trasduzione del segnale che attiva funzioni infiammatorie e antimicrobiche oppure facilita l’assorbimento del microbo all’interno delle cellule. • I recettori per i PAMPs sono codificati da DNA non riarrangiato somaticamente, quindi il numero di combinazioni possibili è basso: sono riconoscibili circa 1000 pattern molecolari. L’immunità adattativa, sfruttando un riarrangiamento somatico dei geni, è invece in grado di riconoscere almeno 107 pattern molecolari diversi. In sostanza dunque l’immunità innata riconosce classi di microbi, mentre quella adattativa riconosce antigeni diversi dei diversi microbi e perfino antigeni diversi dello stesso microbo. • L’immunità innata riconosce anche le cellule host danneggiate o stressate in quanto queste esprimono molecole normalmente rare nelle cellule sane. Tra queste molecole vanno inserite le HSP (Heat Shock Protein), alcune molecole simil MHC-1 e alcuni fosfolipidi di membrana. In questo modo l’immunità innata può contribuire all’eliminazione di cellule infette anche se i prodotti microbici non sono esposti in superficie. 1.1.1 Recettori per PAMP La classe più importante, anche se non l’unica, di recettori PAMPs è quella dei TLRs. 1 Toll-Like receptors Toll è un gene identificato inizialmente nella Drosophila la cui proteina media risposte antimicrobiche. Esistono undici diversi TLR nell’uomo, chiamati TLR1-11, e tutti contengono un dominio TIR (Toll/Il-1 receptor) nel lato citoplasmatico che è fondamentale per la trasduzione del segnale. Le più importanti classi di cellule che esprimono i TLR sono i macrofagi, le cellule dendritiche, i neutrofili, le cellule delle mucose epiteliali e le cellule endoteliali. I TLR si trovano sulle membrane cellulari in genere, sia membrane plasmatiche che intracellulari: possono dunque riconoscere infezioni in varie posizioni. I TLR 3,7,8 e 9 si collocano sul RE e sulle membrane endosomiali dove riconoscono acidi nucleici esogeni; le tipologie di acido nucleico riconosciute non sono esclusive microbiche, ma la posizione lo è: questi TLR riconoscono l’infezione dunque non sulla base del prodotto ma su quella della sua collocazione cellulare. L’attivazione di un TLR in genere attiva diversi pathway di segnalazione che terminano nell’attivazione di vari fattori di trascrizione. La segnalazione inizia con il legame ligando-recettore che porta alla dimerizzazione dei TLR e il reclutamento di proteine adattatrici contenenti un secondo dominio TIR; questo reclutamento facilita quello di varie protein kinasi che fosforilano diversi fattori di trascrizione, tra i quali i più importanti sono: • κB e AP-1, che stimolano la produzione di citochine infiammatorie, chemochine e molecole di adesione endoteliale. • IRF-3 e IRF-7 che stimolano l’espressione dei geni dell’interferone α/β. Lectine tipo C Le lectine tipo C sono molecole Ca++ -dipendenti che legano carboidrati e che sono espresse principalmente su macrofagi, cellule dendritiche ed altri leucociti. Queste molecole riconoscono strutture di carboidrati non presenti sulle cellule di mammifero: tra di esse quella più nota è il recettore per il mannosio. Recettori scavenger Molecole con la caratteristica comune di mediare l’uptake di lipoproteine ossidate all’interno delle cellule. Recettori per N-formil-met/leu/phe Questi recettori riconoscono piccoli peptidi contenenti residui di N-formilmetionile che sono caratteristici delle proteine batteriche (ma anche delle proteine sintetizzate nel mitocondrio). Questi recettori sono espressi su neutrofili (FPR) e macrofagi (FPRL1): in entrambi i casi consentono ai fagociti di riconoscere e rispondere alle proteine batteriche. Il funzionamento di questi recettori è quello di un recettore associato a proteina G: si attiva la via del fosfatidilinositolo e si promuovono riarrangiamenti del citoscheletro. NLRs Sono una famiglia di molecole citoplasmatiche che fungono da sensori intracellulari di infezione batterica. Molte NLRs riconoscono il peptidoglicano comunemente presente nelle pareti batteriche; a seguito del riconoscimento si ha il reclutamento della protein kinasi RICK che inizia la cascata che termina con l’attivazione dei fattori di trascrizione κB e AP-1 (gli stessi dei TLR, quindi produzione di citochine e altri mediatori). Proteine CARD Il dominio CARD (Caspase Activation and Recruitment Domain) è contenuto in recettori citoplasmatici che legano RNA virale e che attivano cascate segnalatorie che terminano con l’attivazione dei fattori di trascrizione IRF-3 e κB che stimolano l’espressione di interferoni antivirali di tipo I. 1.2 Componenti dell’immunità innata Le principali cellule effettrici dell’immunità innata sono neutrofili, fagociti mononucleati e cellule NK. Alcune di queste cellule, soprattutto macrofagi e NK, secernono citochine in grado di attivare i fagociti e stimolare l’infiammazione. L’infiammazione è la reazione cellulare dell’immunità innata e consiste nel reclutamento di leucociti e nell’uscita dai vasi di molte proteine plasmatiche verso il sito di infezione. L’infiammazione può anche danneggiare tessuti normali. Le proteine circolanti legate all’immunità innata sono invece quelle del complemento e altre che riconoscono strutture microbiche, come le lectine leganti il mannosio. 2 1.2.1 Barriere epiteliali Le tre principali sedi di contatto con l’ambiente esterno sono la cute, il tratto GI e quello respiratorio. Tutte e tre sono protette da un epitelio continuo: se questa continuità viene persa la suscettibilità alle infezioni aumenta. Gli epiteli, come alcuni leucociti, producono peptidi antimicrobici, soprattutto defensine e catelicidine. Defensine Le defensine sono piccoli peptidi caratterizzati da tre ponti disolfuro; esistono tre famiglie di defensine (α, β e φ) distinte sulla base della posizione dei ponti. Grandi produttrici di defensine α sono le cellule del Paneth nell’intestino, questo per limitare il numero di microbi nel lume. Alcune defensine sono prodotte in modo costitutivo ma la loro secrezione può essere stimolata da citochine o prodotti microbici. In altre cellule le defensine sono invece prodotte solo in risposta ad uno stimolo. L’azione protettiva delle defensine include sia tossicità diretta per i microbi che attivazione delle cellule coinvolte nelle risposte infiammatorie. Catelicidine Le catelicidine sono espresse dai neutrofili e dai vari epiteli. Un precursore di 18kD viene trascritto e digerito proteoliticamente in due peptidi, entrambi protettivi. Il frammento C- terminale, detto LL-37, ha tossicità diretta per molti organismi e attiva diverse risposte leucocitarie, oltre alla capacità di legare e neutralizzare LPS. L’altro frammento potrebbe anch’esso avere attività antimicrobiche ma il suo ruolo è meno chiaro. Gli epiteli delle barriere e le cavità sierose contengono certi tipi di linfociti, tra i quali i linfociti Tintraepiteliali e il tipo B-1 delle cellule B che riconoscono e rispondono ai microbi comunemente incontrati. Alcune popolazioni dei linfociti T e B hanno bassa diversità perchè c’è poca ricombinazione genica: queste riconoscono strutture comunemente espresse dalle specie microbiche, in pratica riconoscono i PAMPs. I linfociti T-intraepiteliali sono presenti nell’epidermide della cute e negli epiteli delle mucose: queste cellule hanno ruolo immunitario in quanto secernono citochine, attivano i fagociti e uccidono le cellule infette. La cavità peritoneale contiene invece la popolazione B-1 dei linfociti B, i cui recettori antigenici sono immunoglobuline; molte cellule B-1 producono anticorpi specifici verso antigeni polisaccaridici e lipidici, tipo LPS. Individui normali hanno infatti anticorpi verso questi batteri, spesso presenti nell’intestino, senza avere alcun segno di infezione: questi anticorpi sono detti anticorpi naturali e sono in gran parte prodotti dalle cellule B-1. Una terza popolazione di cellule presente sotto molti epiteli è quella dei mastociti che rispondono alle infezioni secernendo citochine e mediatori lipidici dell’infiammazione. 1.2.2 Fagociti e risposte infiammatorie I fagociti, cioè neutrofili e macrofagi, sono cellule il cui ruolo primario è identificare, ingerire e distruggere i microbi. La loro risposta funzionale consiste in una serie di step: 1. Reclutamento al sito di infezione 2. Riconoscimento 3. Ingestione 4. Distruzione In aggiunta a questo i fagociti producono citochine che svolgono importanti ruoli nelle risposte innate ed adattative e nella riparazione dei tessuti. Neutrofili I neutrofili, detti anche leucociti polimorfonucleati, sono la popolazione più abbondante dei globuli bianchi circolanti. Si tratta di cellule sferiche con diametro 12−15µm il cui nucleo si presenta segmentato in tre/cinque lobuli. Il citoplasma contiene due tipi di granuli; il tipo più abbondante è pieno di enzimi quali lisozima, collagenasi ed elastasi: questo granulo si colora molto poco e infatti i neutrofili appaiono con citoplasma chiaro. Il resto dei granuli è formato da lisosomi contenenti enzimi microbicidi tra i quali defensine e catelicidine. I neutrofili vengono prodotti nel midollo osseo e originano dalla stessa linea dei fagociti mononucleati. Un uomo adulto produce più di 1011 neutrofili al 3 giorno, ciascuno dei quali circola nel sangue per circa sei ore. Se un neutrofilo circolante non viene reclutato entro queste sei ore va incontro ad apoptosi e viene fagocitato dai macrofagi residenti in milza e fegato. Fagociti mononucleati Queste cellule originano nel midollo osseo, circolano nel sangue e infine maturano e diventano attive nei vari tessuti. La prima cellula che entra nel sangue periferico dopo aver lasciato il midollo è indifferenziata e prende il nome di monocita. Una volta entrati nei tessuti i monociti maturano e diventano macrofagi, che assumono diverse forme dopo l’attivazione da parte di stimoli esterni quali i microbi. I macrofagi attivati si possono fondere tra loro a formare cellule giganti multinucleate. La nomenclatura dei macrofagi varia a seconda del tessuto per indicarne la posizione: nel SNC si parla di cellule della microglia, nel fegato di cellule del Kupffer, nel polmone di macrofagi alveolari e nell’osso di osteoclasti. Le cellule di tipo macrofagico sono le più antiche filogeneticamente nel mediare l’immunità innata: sono presenti ad esempio nella Drosophila e anche nelle piante. I macrofagi rispondono alle infezioni rapidamente quanto i neutrofili ma hanno un emivita molto più lunga, grazie anche al fatto che a differenza di questi ultimi possono dividersi al sito infiammatorio. Per questo motivo i macrofagi sono le cellulle effettrici dominanti dopo uno o due giorni dall’infezione. Cellule dendritiche Le cellule dendritiche presentano lunghe proiezioni membranose e capacità fagocitiche e sono largamente distribuite nei tessuti linfoidi, nelle mucose e nel parenchima degli organi. Queste cellule derivano da precursori nel midollo osseo e la maggior parte è legata alla linea dei fagociti mononucleati. Le cellule dendritiche esprimono recettori PAMPs e rispondono secernendo citochine. Reclutamento dei leucociti ai siti di infezione Neutrofili e monociti vengono reclutati per legame con molecole di adesione sulle cellule endoteliali e per chemotassi. Il reclutamento è un processo a più step, ciascuno dei quali orchestrato da diverse molecole. Rolling In risposta a microbi e citochine le cellule endoteliali delle venule postcapillari aumentano l’espressione superficiale di proteine chiamate selectine. I fattori di stimolo più importanti sono il TNF e l’interleuchina1 (entrambi citochine). Due tipi di selectine sono espressi: la selectina P, che è già pronta in granuli e viene distribuita rapidamente, e la selectina E, che viene sintetizzata in risposta agli stimoli e viene resa disponibile entro un paio d’ore. Una terza selectina, chiamata selectina L, viene espressa sui linfociti e altri leucociti e media invece il direzionamento dei linfociti T naive verso i linfonodi. I leucociti esprimono i ligandi per le selectine sulle punte dei microvilli. Il legame selectina-ligando è a bassa affinità e presenta grande rapidità di distacco grazie alla spinta del sangue: il risultato è che i leucociti non si bloccano ma iniziano a rotolare sulla superficie endoteliale rallentando la loro corsa. Attivazione Le chemochine sono piccole citochine secrete dai macrofagi tissutali, dalle cellule endoteliali e da altre tipologie cellulari in risposta a TNF e IL-1. La loro funzione principale è stimolare la chemotassi. Le chemochine prodotte al sito di infezione vengono trasportate sulla faccia luminale delle venule postcapillari dove si accumulano in alte concentrazioni. In questa sede le 4 chemochine legano specifici recettori espressi sulla superficie dei leucociti rotolanti. I leucociti esprimono una famiglia di molecole di adesione dette integrine che normalmente sono in uno stato di bassa affinità. L’attivazione dei recettori per le chemochine produce due effetti: l’aumento dell’affinità delle integrine per i loro ligandi e il loro accumulo superficiale in modo da aumentare l’efficacia del legame del leucocita alla superficie endoteliale. Adesione Le citochine (TNF e IL-1) oltre all’attivazione delle integrine aumentano l’espressione endoteliale dei loro ligandi, in particolare VCAM-1 (Vascular Cell Adhesion Molecule, il ligando dell’integrina VLA-4) e ICAM-1 (Intercellular Cell Adhesion Molecule, il ligando per le integrine LFA-1 e Mac- 1). Il risultato finale è che i leucociti si attaccano saldamente all’endotelio, riorganizzano il loro citoscheletro e si allontanano dalla superficie endoteliale. Trasmigrazione Le chemochine stimolano i leucociti adesi a migrare attraverso gli spazi endoteliali lungo il gradiente chimico; altre proteine, tra cui CD31, giocano un ruolo in questo passaggio. I leucociti presumibilmente producono enzimi che li aiutano nell’attraversare la barriera. L’accumulo di leucociti nei tessuti è uno dei componenti fondamentali dell’infiammazione. Il processo di trasmigrazione è basato sull’espressione di varie moleole di adesione e varie chemochine; ad esempio la migrazione dei neutrofili si basa sul legame LFA-1/ICAM-1 e sui recettori per le chemochine CXCR1 e CXCR2, entrambi leganti CXCL8 mentre i monociti utilizzano il legame VLA-4/VCAM-1 e il recettore CCR2 legante CCL2. La progressione temporale di espressione di questi elementi garantisce che vengano prima reclutati i neutrofili (ore/giorni) e poi i monociti (giorni/settimane). Fagocitosi dei microbi La fagocitosi è un processo attivo di inglobamento di grandi particelle (diametro oltre i 0.5µm). L’uccisione dei microbi avviene all’interno delle vescicole formate per fagocitosi, in modo da proteggere il fagocita dai processi potenzialmente dannosi. Il primo passo nella fagocitosi è il riconoscimento del microbo. Neutrofili e macrofagi riconoscono solo cellule non self perchè esprimono recettori specifici per i microbi, recettori tra i quali si contano quelli per i PAMPs, le lectine tipo C e gli scavenger. Un secondo gruppo di recettori riconosce proteine dell’host che ricoprono i microbi: queste proteine sono dette opsonine e comprendono anticorpi, proteine del complemento e lectine. Il processo che porta alla copertura del microbo con opsonine è detto opsonizzazione. Uno dei metodi più efficaci di opsonizzare i microbi è ricoprirli di anticorpi; queste molecole hanno da un lato una regione che lega l’antigene e dall’altro una regione, detta regione Fc, che interagisce con le cellule effettrici del sistema immunitario. I fagociti esprimono recettori ad alta affinità (FcγRI) per gli anticorpi IgG: poichè gli anticorpi sono prodotti della difesa adattativa, si ha qui un caso particolare in cui l’immunità adattativa attiva quella innata. Quando un microbo o una particella lega un recettore sul fagocita la membrana plasmatica si redistribuisce e si estende intorno al microbo per poi chiudersi attorno ad esso formando una vescicola detta fagosoma. Il fagosoma viene portato all’interno della cellula dove si svolgerà l’uccisione del microbo da un lato e la presentazione ai linfociti T dall’altro. Uccisione dei microbi fagocitati La fusione del fagosoma con i lisosomi crea un fagolisosoma dove si concentrano quasi tutti i meccanismi microbicidi. I principali meccanismi sono: • Produzione di enzimi proteolitici nel fagolisosoma. Tra i più importanti nei neutrofili è l’elastasi, una serina proteasi. Un secondo enzima importante è la catepsina G: topi KO mostrano incapacità di uccidere i batteri se mancano queste molecole. • Conversione dell’ossigeno molecolare in ROS che distruggono i microbi. Il principale enzima coinvolto è l’ossidasi fagocitica, un enzima indotto da molti stimoli tra cui interferone e segnali dai TLRs. Questo enzima converte l’ossigeno in radicali liberi con NADPH come cofattore nel processo chiamato burst respiratorio. L’ossidasi agisce inoltre come pompa protonica generando un gradiente elettrochimico tra le membrane del vacuolo: questo crea il pH necessario per attivare elastasi e catepsina G. La malattia granulomatosa cronica è il risultato di una deficienza ereditata di uno dei componenti del sistema dell’ossidasi. • Oltre ai ROS vengono prodotti intermedi reattivi dell’azoto, in particolare ossido nitrico (NO) grazie all’azione della ossido nitrico sintasi inducibile (iNOS). Nel fagolisosoma NO si combina con 5 perossido o superossido di idrogeno per produrre molecole altamente reattive in grado di uccidere i microbi. Una forte attivazione di neutrofili e macrofagi può danneggiare i tessuti normali dell’ospite per rilascio degli enzimi lisosomiali, di ROS e di NO: se questi prodotti entrano nell’ambiente extracellulare diventano estremamente pericolosi. Funzioni accessorie dei macrofagi attivati Oltre all’uccisione fisica dei microbi i macrofagi attivati servono molte altre funzioni di difesa. In aggiunta al TNF e all’IL1 già citate i macrofagi producono IL-12 che stimola le cellule NK e le T a produrre interferone gamma. Alte concentrazioni di LPS inducono patologia sistemica caratterizzata da coagulazione disseminata, collasso vascolare e anormalità metaboliche: tutti risultati di alti livelli di citochine secrete dai macrofagi attivati. I macrofagi attivati producono infine fattori di crescita per fibroblasti e cellule endoteliali per aiutare il rimodellamento tissutale che segue le infezioni o i danni in generale. 1.2.3 Cellule NK Le cellule NK fanno parte di una linea di cellule legata ai linfociti e riconoscono le cellule infette o stressate rispondendo con uccisione diretta o con la secrezione di citochine infiammatorie. Queste cellule costituiscono fino al 20% delle cellule mononucleate di sangue e milza e sono rare negli altri tessuti linfoidi. Oltre all’uccisione diretta queste sono una grande fonte di interferone gamma che attiva i macrofagi per far uccider loro i microbi ingeriti. Le cellule NK sono derivate da precursori midollari e appaiono come grandi linfociti pieni di granuli citoplasmatici; queste cellule non sono linfociti T o B e non subiscono riarrangiamento somatico: usano recettori codificati nel DNA germinale. Attivazione L’attivazione delle cellule NK è regolata dal bilancio tra i segnali in arrivo dai recettori attivanti e da quelli inibenti. In generale i segnali attivanti devono essere bloccati da quelli inibitori per evitare l’attivazione della NK e l’attacco a cellule normali. Molti dei recettori sulle cellule NK riconoscono molecole MHC-1; queste molecole espongono vari peptidi tra cui quelli derivanti dai microbi per il riconoscimento da parte dei linfociti T CD8+ (le cellule NK usano però recettori di tipo diverso dai linfociti T per il riconoscimento). I recettori attivanti rilevano un vasto gruppo di molecole espresse da cellule stressate, infette o trasformate. Uno dei recettori più studiati è NKG2D che lega una famiglia di proteine simil MHC che si trovano nelle cellule infettate da virus e in quelle tumorali. Un altro tipo di recettore, CD16, lega le porzioni Fc di alcune classi di IgG e pertanto porta la cellula NK ad uccidere cellule ricoperte di anticorpi (opsonizzate). Quando la segnalazione ha inizio si attivano cascate kinasi-dipendenti che portano all’avvio dell’attività citotossica verso le cellule portanti il ligando e alla produzione di citochine. I recettori inibitori si legano a molecole MHC-1 normalmente espresse nelle cellule sane. L’avvio di questi pathway porta all’attivazione di fosfatasi che competono con le kinasi stimolate dalle vie attivanti: in questo modo le cellule sane sono protette dall’uccisione NK-mediata. Il più vasto gruppo di recettori inibitori è quello dei KIRs (Killer cell Immunoglobulin-like Receptor) che legano appunto molecole MHC. Un secondo importante recettore è CD94/NKG2A che lega una molecola MHC detta HLA-E. Lo sviluppo e le attività delle NK sono stimolate anche da citochine, in particolare IL-15 e IL-12 prodotte dai macrofagi sono fattori di crescita per queste cellule. Citotossicità Il meccanismo di uccisione delle NK è praticamente lo stesso dei linfociti T-Citotossici. Quando vengono attivate si ha esocitosi di proteine nelle vicinanze delle cellule bersaglio; una proteina, detta perforina, facilita l’ingresso delle altre, dette granzimi, all’interno del citoplasma della cellula. I granzimi sono enzimi in grado di iniziare l’apoptosi nella cellula bersaglio. Le cellule NK possono uccidere cellule infette prima che i linfociti T-Citotossici specifici diventino completamente attivi, quindi nei primi giorni di infezione. Durante le prime fasi infettive le NK vengono stimolate dalle citochine dell’immunità innata, quali IL-12 e IL-15, inoltre l’interferone da esse secreto attiva i macrofagi per la digestione dei microbi. 6 1.2.4 Proteine circolanti Sistema del complemento Il sistema del complemento consiste in parecchie proteine plasmatiche che vengono attivate dai microbi e il cui ruolo è distruggere il patogeno e generare infiammazione. Il riconoscimento avviene secondo tre vie: classica, alternativa e lectina dipendente. La via classica sfrutta una proteina, detta C1, che riconosce gli anticorpi IgM, IgG1 e IgG3 legati alla superficie di un microbo. La via alternativa, filogeneticamente più antica ma scoperta dopo, è innescata dal riconoscimento diretto delle strutture microbiche ed è dunque parte dell’immunità innata. La via lectino-dipendente è innescata da una proteina detta MBL (Mannose-Binding Protein) che riconosce i residui di questo zucchero: una volta avvenuto il riconoscimento si porta ad attivare una delle proteine della via classica in assenza di anticorpi grazie ad una serina proteasi associata. Il riconoscimento risulta nel reclutamento sequenziale di altre proteine in complessi di proteasi. La proteina centrale del complemento, C3, viene spezzata e il suo segmento maggiore, C3b, viene depositato sul microbo riconosciuto: questo serve da opsonina per promuovere la fagocitosi. Il segmento minore, C3a, viene rilasciato e promuove l’infiammazione agendo da chemoattrattore per i neutrofili. C3b lega altre proteine del complemento per formare una proteasi che spezza la proteina C5 in C5a e C5b. C5a stimola l’afflusso di neutrofili al sito di infezione mentre C5b inizia la formazione di un complesso delle proteine C6, C7, C8 e C9 che vengono assemblate in un poro di membrana che causa la lisi della cellula bersaglio. Pentrassine Molte delle proteine che riconoscono i microbi fanno parte della famiglia delle pentrassine, all’interno della quale si include la proteina C reattiva (CRP), l’amiloide P serico (SAP) e la pentrassi-na PTX3. Le concentrazioni plasmatiche di CRP sono molto basse negli individui sani ma possono aumentare di mille volte durante le infezioni: questo aumento è dovuto all’azione stimolante di IL-6 ed IL-1 sul fegato. In generale la sintesi delle pentrassine è aumentata da queste interleuchine e si parla di reattivi di fase acuta. Sia CRP che SAP si legano a diverse specie differenti di batteri e funghi. CRP è un opsonina e può anche attivare il complemento lungo la via classica. Collectine e ficoline Le collectine sono una famiglia di proteine all’interno della quale tre riconoscono pattern molecolari nel sistema immunitario innato: si tratta di MBL, SP-A ed SP-D. MBL è un opsonina che attiva il complemento lungo la via della lectina oltre che media una fagocitosi diretta. Le proteine surfactanti A e D si trovano negli alveoli del polmone e agiscono anch’esse come opsonine per facilitare la fagocitosi da parte dei macrofagi alveolari. Le ficoline sono proteine plasmatiche simili alle collectine ma con la differenza che non possiedono un dominio lectina tipo C (calcio dipendente). 7