Etnocentrismo e relativismo culturale Lezione ETNOCENTRISMO • “ETNOCENTRISMO È IL TERMINE TECNICO CHE DESIGNA UNA CONCEZIONE PER LA QUALE IL PROPRIO GRUPPO (IN-GROUP) È CONSIDERATO IL CENTRO DI OGNI COSA, E TUTTI GLI ALTRI (OUTGROUPS)SONO CLASSIFICATI E VALUTATI IN RAPPORTO AD ESSO…. OGNI GRUPPO ALIMENTA IL SUO ORGOGLIO E LA SUA VANITÀ, PROCLAMA LA PROPRIA SUPERIORITÀ , ESALTA LE PROPRIE DIVINITÀ E CONSIDERA CON DISPREZZO GLI STRANIERI.” • (William Graham Sumner, FOLKWAYS,1906) ETNOCENTRISMO ATTITUDINALE (V. Lanternari) • SENTIMENTO DI ADESIONE INCONSAPEVOLE ALLA PROPRIA FORMA DI VITA CONNESSO AL PROCESSO DI INCULTURAZIONE • ATTEGGIAMENTI DIFENSIVI DELLA PROPRIA “FORMA DI VITA” E DI CULTURA ETNOCENTRISMO IDEOLOGICO • SI CONFIGURA COME DISCORSO POLITICO, PUBBLICO. • E’ CONNESSO ALLE VARIE FORME DI NAZIONALISMO ED ETNICISMO. Esclusivismo culturale • Particolare forma di etnocentrismo che agisce nei rapporti interni alla società stratificate e complesse. I comportamenti degli strati subalterni e periferici vengono disprezzati e respinti fuori della ‘cultura’, perché non collimano con gli atteggiamenti e i valori dei ceti colti e dominanti, e più in genere perché non collimanti con i modi ufficiali di vedere il mondo (A.M.Cirese) RELATIVISMO CULTURALE • Atteggiamento di rifiuto dell’etnocentrismo • Accettazione della pluralità delle culture RELATIVISMO CULTURALE • OGNI CULTURA POSSIEDE UN PROPRIO SISTEMA DI RAZIONALITA’ E DI COERENZA. • TUTTE LE MANIFESTAZIONI HANNO SIGNIFICATO E VALIDITA’ SOLTANTO ALL’INTERNO DI TALE CONTESTO. • (Pasquinelli, Mellino, p. 132) RELATIVISMO CULTURALE • IL RELATIVISMO NASCE NELL’AMBITO DELLA SCUOLA AMERICANA DI FRANZ BOAS E DEI SUOI ALLIEVI (R. BENEDICT, M. MEAD, SAPIR, M. HERSKOVITZ) E DELL’ASSUNTO SECONDO CUI OGNI CULTURA HA UNA SUA UNICITA’. Il relativismo etico di M. Herkovitz • Nella sua formulazione teorica il relativismo si articola in • relativismo etico • relativismo cognitivo o epistemologico • MELVILLE HERSKOVITZ (1895-1963) cercò nel 1947 di condizionare la Commissione delle Nazioni Unite incaricata di stendere la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. • Vedeva il rischio di una Dichiarazione che fosse espressione esclusivo del pensiero occidentale (universalismo etnocentrico). MELVILLE HERSKOVITZ (1895-1963) • “I giudizi sono basati sull’esperienza e l’esperienza è interpretata da ciascun individuo nei termini della sua propria inculturazione” (1948). • Le nozioni di giusto, ingiusto, buono e cattivo, bello e brutto, il normale e l’anormale sono presenti in tutte le culture. • Ciò che varia, ciò che e’ relativo, sono i criteri di valutazione che sono appresi dagli individui attraverso il processo di socializzazione, educazione, inculturazione. MELVILLE HERSKOVITZ (1895-1963 • HERSKOVITZ elaborò un documento • “Statement on Human Rights”: • una Dichiarazione veramente universale e non etnocentrica deve tener conto della legittimità , per gli esseri umani, di pensare e agire in conformità alle credenze, ai costumi, ai codici morali della propria cultura. Lo Statement non fu accolto. RELATIVISMO CULTURALE ASPETTI POSITIVI • VALORIZZAZIONE DELLE CULTURE PRIMITIVE • CRITICA DEL RAZZISMO • TOLLERANZA VERSO LA DIVERSITA’ CULTURALE • RECIPROCO RISPETTO • NECESSITA’ DI CONOSCERE • << sospensione del giudizio>> RELATIVISMO CULTURALE Frutto avvelenato? • Quando il relativismo da metodo per la comprensione della diversità diventa un assoluto della storia, il riconoscimento della pluralità delle culture si traduce in una concezione di esse come entità chiuse in se stesse e stabili, nettamente definite, senza relazioni tra esse e incombenti sugli individui e, (visione essenzialista). Le società e le culture non sono cose • La ricerca antropologica mostra che le società e le culture non sono così tanto integrate e organiche al loro interno, sono attraversate da contraddizioni e conflitti e si sono sempre reciprocamente influenzate (acculturazione). • I valori esistono, ma sono piuttosto dei ‘criteri orientativi’ per gli individui e il processo inculturativo non elimina la dimensione individuale, la critica, il conflitto. Critiche al relativismo • Molti antropologi sono stati e sono contrari al relativismo, vedendo in esso il rischio della perdita di ogni criterio di giudizio morale e anche conoscitivo, una sorta di strumento per giustificare tutto in nome del fatto che ogni gruppo ha la sua cultura e che questa cultura determina i comportamenti degli individui: • “scambiare quattro chiacchiere con tutti e non condannare nessuno” (Gellner cit. in Fabietti, Antropologia Culturale, p. 21) Lévi-Strauss, Razza e storia ( 1952) • Le grandi dichiarazioni dei diritti dell’uomo dimenticano che gli esseri umani non realizzano la propria natura in una umanità astratta, ma in cultura tradizionali. • Come conciliare il riconoscimento di tale molteplicità con i principi universali di uguaglianza del genere umano? Lévi-Strauss, Razza e storia ( 1952) • La risposta di Lévi-Strauss è la seguente: • La comune umanità si realizza attraverso e non malgrado le differenze. • Il progresso è il frutto delle reciproca fecondazione di tradizioni diverse. Relativismo cognitivo Secondo il relativismo cognitivo in ogni gruppo umano variano non solo i contenuti dei saperi, legati come essi sono alle esperienze empiriche e alle congiunture storiche; ma variano altresì le strutture stesse del pensiero, le categorie secondo le quali i saperi vengono prodotti e organizzati Relativismo cognitivo Per quanto riguarda l'antropologia, il relativismo cognitivo ha impegnato gli studiosi fin dall'inizio del '900 in un dibattito ancora non concluso, che nella sua prima fase opponeva il pensiero magico, prelogico e empatico, ritenuto proprio dei popoli primitivi, e il pensiero razionale, astraente, generalizzante, considerato proprio dei popoli evoluti; Relativismo cognitivo Secondo Lévy-Bruhl era possibile parlare di una "mentalità primitiva" prelogica, fondata su principi diversi) da quelli della logica razionale (aristotelica) in quanto a tale mentalità avrebbero fatto difetto il principio di identità (A = A), il principio di non contraddizione (se A = A allora A = B) e il principio di causalità. Relativismo cognitivo • Il problema è il seguente: • se le forme del pensiero sono relative, interne a ciascuna cultura, come è possibile uscire dalla propria cultura, comunicare transculturalmente, far circolare i saperi? • Eppure, come l'esperienza dimostra, i saperi circolano e non da oggi. Basi storico-filosofiche della questione • La filosofia occidentale fin da Platone ha considerato la molteplicità degli usi e costumi locali un problema imbarazzante, rischioso e si è sempre “barcamenata tra il polo dell’unità e quello della molteplicità” • (Remotti, Noi primitivi, p. 80) Basi storico-filosofiche della questione • Dopo la scoperta dell’ America tra il XVI e XVII sec. Si oppongono Montaigne e Cartesio. • Il primo accetta la diversità dei costumi del mondo nuovo • Il secondo elabora un sistema filosofico basato sulla ragione che esclude i costumi, i propri e quelli degli altri: pensiero che pensa se stesso Basi storico-filosofiche della questione • Montaigne è un esempio del “giro lungo” dell’antropologia secondo la quale la diversità dei ‘costumi’ è costitutiva della ragione e del concetto di agente umano: tutto è consuetudine, non esistono verità assolute. Basi storico-filosofiche della questione • Per Cartesio e Kant e altri, la molteplicità dei costumi non è rilevante, essi sono “rami secchi” di una Storia e di una Scienza che ha nella Ragione il suo fondamento e nella Civiltà occidentale il suo centro. • Lettura DEI p. 44 Il Novecento - Anni ‘60 Dibattito tra universalisti e relativisti • La posizione relativista (Winch): • Non vi è nessun principio universale di razionalità in grado di comprendere e valutare tutte le culture umane. • Per comprendere i sistemi culturali alieni’ (ad es. la stregoneria presso gli Azande) non si possono usare le categorie della scienza occidentale. (vero/falso) Il Novecento - Anni ‘60 Dibattito tra universalisti e relativisti • La credenze possono essere compresi solo sulla base dei sistemi di regole che le governano e che sono radicati in specifici contesti sociali (‘forme di vita’). • Le forme di pensiero sono connesse alle forme di vita Il Novecento - Anni ‘60 Dibattito tra universalisti e relativisti • Posizione universalista: • Cercare un qualche forma o livello di razionalità comune a tutte le diverse culture sulla base dell’unità della mente umana. Anti-anti- relativismo(1984) CLIFFORD GEERTZ (1926-2006) • PERCHÉ ABBIAMO PAURA DEL RELATIVISMO CULTURALE COME LA CAUSA DI OGNI MALE DEL NOSTRO SECOLO? • IL MONDO GLOBALIZZATO COME COLLAGE IN CUI I BORDI SOCIALI NON SONO PIÙ NETTI E PRECISI, MA DEVIANO IN SFUMATURE, DIFFICILI DA LOCALIZZARE E IDENTIFICARE. LA DIVERSITÀ E IL SUO STUDIO SERVONO A CAPIRE CIÒ CHE CI STA DI FRONTE, A DARCI UNA COLLOCAZIONE IN QUESTO COLLAGE, SENZA ANNULLARE LE NOSTRE IDENTITÀ, NEL RISPETTO DELLE IDENTITÀ ALTRUI. • • ACQUISIRE “LA CAPACITÀ DI PENETRARE SENSIBILITÀ ESTRANEE, MODI DI PENSIERO CHE NON POSSEDIAMO E CHE NON SONO SIMILI AI NOSTRI” È OGGI DI GRANDISSIMA IMPORTANZA PERCHÉ LE DIFFERENZE SONO IN MEZZO A NOI, TALVOLTA PARTE DI NOI. “L’ESTRANEITÀ NON COMINCIA AL DI LÀ DEL FIUME, MA DALLA PELLE” Anti-anti- relativismo(1984) CLIFFORD GEERTZ (1926-2006) • CONSIDERARE GLI ‘ALTRI’ Non “ALTERNATIVE A NOI”, attraverso un impiego acritico delle nostre categorie interpretative ma “ALTERNATIVE PER NOI” vale a dire: • IMPARARE A COMPRENDERE CIÒ CHE NON POSSIAMO ACCETTARE NELLA DIREZIONE DI UN ACCRESCIUTO ORIZZONTE CULTURALE Etnocentrismo critico E. De Martino • L’e.c. rappresenta l’impegno da parte dell’antropologo di fronte ad una cultura ‘altra’ di presa di coscienza critica dei limiti della propria storia culturale, politica e sociale. • L’antropologo non può comprendere il diverso se non partendo dalle categorie conoscitive della propria cultura. • Tale sforzo conoscitivo tende a produrre un esame critico delle categorie usate dall’Occidente per conoscere l’altro e un loro ampliamento.