Henry Corbin Henry Corbin nasce a Parigi nel 1903 e

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Henry Corbin
Henry Corbin nasce a Parigi nel 1903 e, dopo studi di
filosofia, si dedica all’approfondimento della lingua araba. Il suo
percorso spirituale passa attraverso l’iniziazione alla teosofia
orientale, con il suo maestro Sohravardî, e un’esplorazione sistematica
dell’Oriente simbolico. La sua riflessione si orienta presto verso
l’ismailismo (eresia musulmana sciita), in particolare quello riformato
di Alamût.
In Germania incontra Heidegger, di cui sarà il primo
traduttore in Francia. Insieme a Jung, Eliade, Durand e altri
intellettuali del tempo, prende parte agli incontri del gruppo di Eranos,
di cui condivide lo spirito anti-accademico e aperto. Di Eranos Corbin
scrive: “ciò che vorremmo chiamare il senso di Eranos, e che è anche
tutto il segreto di Eranos, è che esso è il nostro essere al presente, il
tempo che noi agiamo personalmente, il nostro modo di essere. Ecco
perché forse non siamo «del nostro tempo», ma siamo di più: noi
siamo il nostro tempo”.
Dal 1955, Corbin si divide tra Parigi, dove insegna all’École
des Hautes Études e dirige il Dipartimento di Iranologia dell’Istituto
franco-iraniano, e Teheran. Nel 1959 esce una delle sue opere più
rilevanti, Imagination créatrice dans le soufisme d’Ibn ‘Arabî,
fondamentale per capire la nozione di “mondo immaginale”.
Nell’introduzione all’opera, l’autore precisa subito il suo scopo: “ciò
che ci si proporrà è una valorizzazione straordinaria dell’immagine e
dell’immaginazione per l’esperienza spirituale”.
Secondo Corbin, il mundus imaginalis della teosofia mistica è
un mondo mediano e mediatore, che si pone tra il mondo empirico
della percezione sensibile e il mondo della pura intuizione intellettiva.
L’immaginale è quindi il ponte tra il sensibile e l’intelligibile,
rendendo immateriali le forme sensibili e fornendo “immagini” alle
forme intelligibili. La potenza immaginativa non solo non è degradata
alla pura “fantasia”, intesa in senso riduttivo, ma è rivalutata nella sua
potenzialità di mediazione tra due mondi. Qualsiasi figura divina
archetipica non può essere contemplata che attraverso una figura
“concreta”, sensibile o immaginale, che la rende “visibile”
esteriormente o mentalmente.
Mettendo in evidenza la visione mistica, Corbin ne presenta
alcuni caratteri fondamentali: essa sfugge al tempo lineare del
quotidiano, è sincronica; nascendo dall’immaginale, è un’
“interfaccia”, una mediazione tra il mondo delle Essenze e quello
della percezione; infine, è attiva e creatrice, perché l’immagine, nella
visione mistica, è pienamente “reale”, nel senso che è trasformatrice
del mondo.
Corbin mostra così come tutta la mistica iraniana concepisca
l’immaginazione come una forza attiva: la visione della divinità
avviene attraverso un atto volontaristico che, desiderando la visione,
la pone in essere.
Nel 1971 esce la sua opera maggiore, En Islam iranien,
dedicata a sua moglie, Stella Leenhardt.
È senza dubbio merito di Corbin aver restituito alla potenza
immaginativa e all’immaginale (potremmo dire, utilizzando un
sinonimo, all’immaginario) quello statuto che in Occidente avevano
perso soprattutto con l’Illuminismo e l’enfasi sulla ragione e la
razionalità.
Valentina Grassi
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