02/11/2015
Materiale da consultare (obbligatorio)
Storia delle filosofia antica
Maddalena Bonelli
a.a.2015-2016
La causalità antica 3: Platone
Qualche precisazione
- L. Perilli e D. Taormina (a cura di): La filosofia
antica. Itinerario storico e testuale, UTET 2012,
capitoli 7-9
- Maddalena Bonelli, Leggere il Fedone, Carocci
2015 (da leggere tutto, con particolare riferimento
ai capitoli 3, 4, 6, 7)
- Facoltativo: Dispensa presente sul mio sito, Storia
della filosofia antica, codice 10625, programma
2014-2015, titolo: La causalità antica II (Platone)
Contesto storico e sociale (età classica:
V-IV a.C.)
• Torniamo al nostro argomento, la causalità. Si è detto
che, soprattutto a partire da Aristotele, la questione
della causalità/spiegazione entra a far parte, a pieno
titolo, di tutti i domini in cui la filosofia si articola:
logica, fisica, etica, epistemologia.
• Rispetto al corso sulla causalità dell’anno scorso, che ha
riguardato la causalità in generale, e quindi tutti gli
ambiti menzionati, quest’anno ci limiteremo solo alla
considerazione della «causalità» in ambito della
filosofia della natura (cioè, della fisica), toccando solo
marginalmente gli altri aspetti.
Già gli ultimi filosofi «presocratici» (Empedocle,
Anassagora, Democrito) si situano almeno in
parte in quella che è chiamata l’età classica. L’età
classica si estende convenzionalmente dallo
scoppio della rivolta dei Greci dell’Asia minore
contro la Persia nel 499 a.C. fino alla morte di
Alessandro Magno nel 322 a. C. Quindi
comprende il V secolo e tre quarti del IV secolo.
Il V secolo
(1) Guerre persiane (490-478 a.C.)
• L’età classica si divide in tre tappe:
(1) Le guerre persiane (490-478 a.C.)
(2) La pentecōntentia (478-431 a.C.)
(3) La guerra del Peloponneso (431-404 a.C.).
La premessa alle guerre persiane è la rivolta delle colonie greche
dell’Asia minore, sempre più vessate dalla Persia di Dario (499494). Tale insurrezione verrà soffocata nel sangue e fornirà prima
a Dario e poi a Serse il pretesto per intervenire in Grecia con
spedizioni punitive. Dopo alterne vicende (Maratona (490) vinta
dai Greci; Termopili (480) vinta dai Persiani, ecc.),
inaspettatamente i Greci ebbero la meglio e cacciarono i Persiani
nel 478, con la presa di Sesto.
Le guerre persiane fanno maturare il concetto di appartenenza
alla civiltà greca da parte di tutti i greci, sia delle colonie che
della terraferma.
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(2) Pentecontetia (478-431 a.C.)
(3) La guerra del Peloponneso (431404 a.C.)
Nel cinquantennio successivo («pentecontetia»,), iniziarono
gli attriti tra Sparta e Atene, le due principali poleis della
Grecia. All’inizio inquadrate nel modello della «doppia
egemonia» (esercitata per mare da Atene e per terra da
Sparta), presto entrarono in competizione, soprattutto per
colpa di Atene, che fondò la lega Delio-Attica (478) all’inizio
con l’intenzione di continuare la lotta contro la Persia per
liberare i Greci delle colonie, ma in seguito di fatto per
arricchirsi notevolmente grazie ai tributi pagati dagli alleati.
Per ciò che riguarda la politica interna, Atene in questo
periodo è segnata principalmente dall’età di Pericle (462-429),
in cui raggiunse il massimo del suo fulgore e
democratizzazione. Pericle usò il denaro della lega, tra le altre
cose, per monumentalizzare l’Acropoli e costruire il Partenone.
Lo scontro con Sparta diventò inevitabile. La guerra
del Peloponneso vide fasi alterne (importante in
questo periodo è la figura di Alcibiade ad Atene, che
però cadde in disgrazia perché coinvolto in uno
scandalo religioso di matrice oligarchica), ma si
concluse con la vittoria di Sparta e un periodo di
crisi per Atene. La vittoria di Sparta a Egospotami
(405) e il trattato di pace del 404 comportarono tra
le altre cose l’imposizione ad Atene del regime dei
trenta tiranni, che però venne rovesciato l’anno
dopo.
Il IV secolo a.C.
Anche il periodo che va dal 404 al 323 può
essere diviso in tre fasi:
(1) L’egemonia di Sparta (404-371 a.C.)
(2) L’egemonia di Tebe (371-362 a.C.)
(3) L’emergere della Macedonia (360-323 a.C.).
(1) L’egemonia di Sparta (404-371 a.C.)
Sparta esercitò la propria egemonia con grande durezza. Poco
tempo dopo la pace, una nuova lega costituita da Atene,
Corinto e Tebe, finanziata dalla Persia, iniziò a combattere
Sparta (guerra di Corinto: 395-386). Si protrasse con varie
vicende fino alla firma della cosiddetta «pace comune»,
proposta dalla Persia e con Sparta come garante. Questa pace
imponeva di rinunciare definitivamente ai Greci dell’Asia
Minore e contemporaneamente sanciva l’autonomia di tutte
le città greche. Di fronte all’atteggiamento comunque
persistentemente aggressivo di Sparta, Atene fondò una
seconda lega navale (377) con funzione antispartana. L’urto
con Tebe in particolare e la sconfitta nella battaglia di Leuttra
(371) condusse alla perdita dell’egemonia e alla decadenza di
Sparta.
(2) L’egemonia di Tebe (371-362 a.C.)
(3) L’emergere della Macedonia (360323 a.C.)
L’egemonia sul mondo greco passò allora a Tebe,
che (grazie ai due vincitori di Leuttra, Pelopida e
Epaminonda), riuscì ad effettuare spedizioni in
Tessaglia e nel Peloponneso, per estendere la
propria influenza e strangolare definitivamente gli
spartani. Tali progetti ebbero vita breve anche
perché Atene si alleò con Sparta (370-369) in
funzione anti-tebana, tradendo la seconda lega da
lei fondata. Sia Pelopida che Epaminonda morirono,
il primo durante una campagna in Tessaglia (364), il
secondo a Mantinea, nel Peloponneso (362).
Approfittando della situazione di incertezza creatasi dopo
Mantinea, emerse la potenza macedone. Filippo II
(reggente e poi re dal 360/59 al 336) consolidò la
posizione della Macedonia. Filippo sconfisse i Greci nella
battaglia di Cheronea (338) che di fatto sancì la fine
dell’indipendenza greca. Filippo non ricorse a una forma
di dominio diretto ma impose regimi filomacedoni nelle
varie città. Ucciso da una congiura nel 336, fu sostituito
dal figlio Alessandro, che fece una spedizione contro il
nemico di sempre, la Persia, conquistando l’impero
persiano fino all’Indo, legittimando al contempo
definitivamente la supremazia di Macedoni sulla Grecia.
Alessandro muore poco più che trentenne nel 323.
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Platone
«Platone, ateniese, fu figlio d’Aristone e Perittione. Sua madre, per la
sua famiglia, risaliva a Solone. In effetti, Solone aveva per fratello
Dropide, padre di Crizia, a sua volta padre di Callescro, a sua volta
padre di Crizia (che fu uno dei Trenta tiranni) e di Glaucone, padre di
Carmide e Perittione, che con Aristone ebbe per figlio Platone, sesto
nella discendenza da Solone. [...] Dicono anche che il padre di Platone
discendesse da Codro, figlio di Melanto, i quali sono detti da Trasillo
discendenti di Poseidone. [...] Platone è nato, come dice Apollodoro
nelle Cronache nel corso dell’88ma Olimpiade, nel settimo giorno del
mese di Targelione [= metà maggio 428/427], il giorno in cui gli abitanti
di Delo dicono che sia nato Apollo. Ed è morto, come dice Ermippo,
durante un banchetto di nozze nel primo anno della 108ma Olimpiade
[348/47], all’età di 81 anni». (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, III, 1-2).
La lettera VII
«Alla fine, mi resi conto che fino a quel momento tutte le
città soggiacevano a un cattivo governo, in quanto le loro
leggi, senza un intervento straordinario e una buona dose
di fortuna, si trovavano in una condizione di quasi
incurabilità. E fui costretto a dire, elogiando l’autentica
filosofia, che solo a partire da essa è possibile individuare
tutte quante le forme di giustizia sia politica che
personale. Le generazioni umane non saranno quindi
liberate dai loro mali finché la generazione di coloro che
praticano la filosofia in modo autentico e vero non sia
pervenuta al potere politico, oppure finché coloro che
comandano nelle città, per una qualche sorte divina, non
comincino a praticare la filosofia» (326a-b).
La lettera VII
«Da giovane anch’io condivisi una passione
comune a molti: pensavo, non appena divenuto
padrone di me stesso, di volgermi all’attività
politica» (Lettera VII, 324b).
«Caso volle che fra i Trenta si trovassero alcuni
miei parenti [Crizia e Carmide] e persone a me
ben note, e subito mi mandarono a chiamare,
come se la cosa mi spettasse» (324d).
I dialoghi
I° periodo (399-385)
399: morte di Socrate
Ia) 399-390:
Ippia minore, Eutifrone, Ione, Lachete, Carmide, Apologia di Socrate,
Critone, Protagora
In queste opere Platone presenterebbe le caratteristiche e i contenuti
filosofici del personaggio storico;
Ib) 390-385:
388: primo viaggio in Sicilia; 387: fondazione Accad.
Gorgia, Menone, Ippia maggiore, Eutidemo, Liside, Menesseno,
Repubblica I (Trasimaco)?
II° periodo (385-370):
Simposio, Cratilo, Fedone, Repubblica (I(?)-X), Fedro
I dialoghi
La classificazione dei dialoghi
III° periodo (370-347):
(366: 2° viaggio in S.; 361: 3° viaggio in S.)
Teeteto, Parmenide, Sofista, Politico, Timeo, Crizia, Filebo,
Leggi I-XII (Lettera VII?)
Nel II° e nel III° periodo, il Socrate storico scomparirebbe a
poco a poco per lasciar sempre più posto alla filosofia
platonica. In base a questo criterio, nei dialoghi del II°
periodo ci sarebbe un mélange di motivi socratici e
platonici, mentre negli ultimi dialoghi Socrate sarebbe solo
il portavoce della filosofia platonica.
Per i dialoghi probabilmente apocrifi e quelli certamente
apocrifi, vedi La filosofia antica, p. 201.
Platone iniziò a scrivere i dialoghi dopo la morte di
Socrate. Essi però sono tutti ambientati nel
trentennio precedente, nell’arco che va dalla morte
di Pericle (429) fino al colpo oligarchico dei trenta
tiranni (404) e alla restaurazione democratica.
La classificazione è stata fatta secondo due criteri:
1) La presenza di Socrate, massiccia all’inizio, via
via alleggerita
2) L’aporeticità iniziale dei dialoghi, che lascia posto
a un atteggiamento più costruttivo.
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Socrate filosofo della natura?
• Apologia, 18b:
«I miei accusatori più pericolosi, o uomini di Atene, sono
quelli che hanno convinto la maggior parte di voi, fin da
quando eravate piccoli, rivolgendomi un’accusa falsa, cioè che
esiste un certo Socrate, uomo sapiente, che riflette sulle cose
celesti e indaga quelle sotterranee, e che rende vincente il
discorso peggiore».
- Si tratta di una quasi citazione delle Nuvole (vedi versi 882885).
• Fedone: 96a-100a:
«Da giovane fui preso da una straordinaria passione per
questa forma di sapere che chiamano indagine sulla natura».
La confutazione socratica
«Che cos’è x?»
«x è F»
Conseguenze:
- o contraddizione e inaccettabilità della risposta
- o parzialità e inadeguatezza della risposta
Es. (Rep.I, 331c-332c):
«Che cosa intendi per ‘giusto’?»
«giusto è restituire ciò che si è avuto in deposito»
«In questo caso, sarebbe giusto restituire a un amico
impazzito un’arma avuta in deposito quando era sano di
mente, affinché se ne serva per compiere una strage».
Le dottrine di Platone
La teoria delle Idee
Platone è celebre per diverse dottrine. Eccone l’elenco,
avvertendo però che noi ci occuperemo di quelle dottrine
che hanno a che fare con il tema del nostro corso (per le
altre, fare riferimento al manuale di Filosofia antica):
1) Teoria delle Idee (o Essenze, o Forme)
2) Uno, Essere e Non-Essere
3) La conoscenza
4) L’anima
5) La politica
6) L’universo
7) Il bene.
Aristotele, Metafisica A, 987a32-987b7:
«Platone, essendo stato fin da giovane amico di Cratilo e
seguace delle dottrine eraclitee, secondo cui tutte le cose
sensibili sono in continuo flusso e di esse non è possibile
scienza, mantenne queste convinzioni anche in seguito. Invece
Socrate, occupandosi di questioni etiche e non della natura
nella sua totalità, di esse ricercava l’universale, avendo per
primo fissato la sua attenzione sulle definizioni; ora, Platone
ne accolse la dottrina, ma a causa di quella eraclitea, credette
che universale e definizioni riguardassero altre realtà e non
quelle sensibili. E’ impossibile, infatti, che la definizione
comune riguardi qualcuna delle cose sensibili, che mutano
sempre. Egli denominò queste altre realtà Idee».
Socrate e la definizione
Socrate e la definizione
E’ cosa nota che nei cosiddetti dialoghi «socratici»
(e non solo), Socrate parte con la seguente
domanda: «che cos’è x?», dove x può essere il pio
(Eutifrone), il bello (Ippia maggiore), la virtù
(Protagora), ecc.
Egli cerca cioè cos’è x, l’essenza o la sostanza di x, al
di là delle sue manifestazioni sensibili (un uomo pio,
un bell’albero, un’azione virtuosa). Socrate cioè
cerca l’universale, ciò che caratterizza tutte le azioni
virtuose (nel caso della virtù) o le cose belle (nel
caso del bello). Egli cerca cioè una definizione.
Secondo molti studiosi, nei dialoghi «socratici»
Socrate andrebbe alla ricerca di un’idea generale
(es. il Bello) da definire con un procedimento
induttivo. Es.:
x è bello; y è bella, z è bella…
Trovando quelle caratteristiche comuni che
fanno di x, y, z delle cose belle, da utilizzare nella
definizione di bellezza in generale.
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La separazione
Secondo Aristotele, infatti, Socrate non separava le
definizioni (e quindi l’universale) dalle realtà
particolari (Metafisica M, 1086b3-4).
Invece, secondo Aristotele, la teoria delle Idee
come separate dai sensibili sarebbe stata elaborata
da Platone nel Fedone (vedi Aristotele, de
generatione et corruptione, 335b9-13). E questo
perché Platone, eracliteo, ritiene che il sensibile sia
troppo mutevole per potere da esso estrarre i
caratteri di una definizione.
La differenza tra le Idee e le
manifestazioni sensibili
Fedone, 74d4-7: «E dimmi […] Ci sembra forse
che [i legni sensibili] siano uguali così come <è
uguale> l’uguale in sé? Oppure a essi manca
qualche cosa di quello per essere tali quale
l’uguale?»
Il Fedone: l’esistenza delle Idee
Fedone, 74a9-b1:
«Noi affermiamo in qualche modo che c’è
qualcosa di uguale, non voglio dire un legno
uguale a un altro legno, o una pietra uguale a
un’altra pietra, né null’altro di questo genere,
ma qualcosa di diverso da tutte queste cose,
l’Uguale in sé (auto to ison). Possiamo dire che
esso è qualcosa oppure nulla?-Diciamo che è
qualcosa!»
Il Fedone: lo statuto ontologico delle
Idee
Fedone, 78d1-7:
«L’essenza (ousia) in sé, del cui essere diamo
ragione interrogando e discutendo, permane
sempre, invariabilmente, secondo le stesse cose,
oppure ora è in un modo, ora in un altro? L’Uguale
in sé, il Bello in sé, ciascuna cosa che è in sé ciò che
è, forse che accolgono mai un qualsiasi
mutamento? Oppure, ciascuna di queste entità che
è, permane invariabilmente secondo le stesse cose,
e non accoglie mai, in nessun caso e in nessun
modo alcuna alterazione?»
Statuto delle Idee
Fedone: lo statuto ontologico delle
cose sensibili
Tre interpretazioni (Dixsaut):
1) Interpretazione realista: le Idee sono enti reali (quasi
con la stessa consistenza delle cose sensibili) o una
moltiplicazione dell’ente parmenideo;
2) Interpretazione linguistica: le Idee sono predicati;
3) Interpretazione idealista: le Idee sono concetti a
priori, innati, che noi applichiamo alle cose.
Posizione Dixsaut:
L’essenza esiste ed è intellegibile. Anche se non
riusciamo a coglierla, riusciamo però a indicare l’essenza
come ciò che dà senso a quello che facciamo quando
pensiamo
Fedone, 78d10-e4:
«Che dire invece delle molteplici cose belle, per
esempio uomini, cavalli, mantelli, o qualsivoglia
altre cose di siffatto genere, o delle cose uguali, o di
tutte le cose che sono di quelle omonime?
Permangono forse secondo le stesse cose, oppure
tutto al contrario di quelle, né in riferimento a sé
stesse, né le une rispetto alle altre, non
permangono mai, per così dire, in nessuna maniera
secondo le stesse cose?»
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La partecipazione
La partecipazione
Fedone, 100c3-7:
«Ponendo come ipotesi che esiste un Bello in sé
e per sé, un Buono, un Grande, e così per tutte
le altre cose […] esamina ora ciò che consegue
dall’ammettere quelle realtà […] Infatti, a me
pare che, se vi è una cosa bella al di fuori del
Bello in sé, per nessun’altra cosa è bella se non
perché partecipa del Bello; e così dico per ogni
cosa».
Nel Fedone il rapporto tra Idee e sensibili è volutamente
ignorato (100D: Socrate dichiara esplicitamente di non
voler insistere su questo punto). Tre le interpretazioni
standard:
i) Presenza
ii) Ciò che sta sopra
iii) Somiglianza
iv) Mancanza (Dixsaut)
Ciascuna di queste precisazioni di ‘partecipazione’ del
sensibile all’idea dà luogo a problemi (vedi Parmenide):
Presenza
La reminiscenza
1) Se l’Idea è in una molteplicità di cose, verrà
indefinitamente moltiplicata nei sensibili;
2) Se L’Idea è sopra una molteplicità di cose, si
frammenterà indefinitamente grazie al molteplice
sensibile;
3) Se l’Idea ha con le cose un rapporto di somiglianza,
allora le cose e l’Idea possiedono una caratteristica
comune, che richiederà l’esistenza di un’Idea a un
livello superiore cui la prima Idea e la cosa
partecipano. E così via all’infinito (argomento
aristotelico del terzo uomo)
L’uguale in sé
Fedone, 74a9-b1:
«Noi affermiamo in qualche modo che c’è
qualcosa di uguale, non voglio dire un legno
uguale a un altro legno, o una pietra uguale a
un’altra pietra, né null’altro di questo genere,
ma qualcosa di diverso da tutte queste cose,
l’Uguale in sé (auto to ison). Possiamo dire che
esso è qualcosa oppure nulla?-Diciamo che è
qualcosa!»
Fedone, 72E-73A:
«anche secondo questa teoria <la reminiscenza>
è necessario che noi abbiamo appreso in un
tempo precedente ciò di cui ora ci ricordiamo. E
questo è impossibile, se la nostra anima non
esisteva in qualche luogo prima di entrare in
questa forma umana; cosicché, anche in questo
modo, sembra che l’anima sia qualcosa di
immortale».
Conoscere è ricordare
Fedone, 74B:
«E da dove ne traiamo conoscenza? Forse che non la
traiamo dagli uguali di cui si parlava ora, legni o pietre, o
altre cose simili, vedendo che sono uguali? E’ a partire da
questi che concepiamo quell’Uguale che è diverso da
essi?».
Fedone, 74D: «C’è stata quindi reminiscenza».
Fedone 74D-75A: «Dunque, è necessario che noi
conoscessimo l’uguale prima di quel momento in cui,
vedendo per la prima volta gli oggetti uguali, abbiamo
pensato: ‘Tutti questi oggetti tendono a essere come
l’uguale, ma lo sono in modo difettoso’».
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Le cause: Socrate filosofo della natura
Fedone, 96A:
«Da giovane fui preso da una straordinaria
passione per questa forma di sapere che
chiamano indagine sulla natura. Mi sembrava,
infatti, che fosse il massimo conoscere la causa
di ciascuna cosa, perché ciascuna cosa diviene,
perisce ed è».
Esempi di spiegazioni causali
«Perché x è o diviene F (o più F di)?»
1) Perché l’uomo diviene grande?
Per il mangiare e il bere (preposizione dia più due verbi
all’infinito)
2) Perché dieci è più grande di otto?
Per l’aggiungersi di due a otto (preposizione dia più una
frase con il verbo all’infinito)
3) Perché x è più grande di y?
A causa della testa (dativo strumentale).
4) Perché x è bello?
A causa del suo colore.
Il finalismo mancato (Anassagora)
Fedone, 98B:
«Da meravigliosa speranza, amico mio, me ne
andavo trascinato via, poiché procedendo nella
lettura [di Anassagora] vedo un uomo che non
utilizza affatto l’Intelletto né gli assegna alcuna
responsabilità causale, per l’ordine dato alle
cose, ma adduce come causa l’aria, l’etere,
l’acqua, e molte altre cose assurde».
Le spiegazioni materialistiche
96C-E:
«Io, infatti, in precedenza avevo conoscenza di alcune cose
chiaramente, almeno per quanto sembrava a me e agli altri,
ma poi, a partire da questa indagine, divenni completamente
cieco, cosicché disimparai anche quelle cose che prima
pensavo di sapere, intorno ad altre questioni e perché l’uomo
cresca. Prima, infatti, credevo che fosse chiaro a tutti che è a
grazie al mangiare e al bere. […]E considera anche questo:
quando un uomo grande, posto accanto a uno piccolo, pareva
essere più grande della testa […] e ancora, per darti esempi
più evidenti: mi sembrava che dieci fosse più di otto per avere
l’aggiunta di due, e che il bicubito fosse maggiore del cubito
perché lo supera della metà».
La delusione di Socrate: problemi della
spiegazione in termini di accostamento
fisico
1) Spiegazione in termini di accostamento fisico:
problemi (es.: i predicati numerici).
Es. Io e mia madre siamo due donne
2) Accostamento e separazione: due processi
opposti per uno stesso risultato. (es.: si ottiene il
due sia per accostamento di due unità che per
frazionamento di una unità in due)
a) Due processi opposti non possono produrre
uno stesso effetto
La materia non è una vera causa…
Fedone, 98C-E:
«Mi sembrava che si fosse verificato un caso similissimo a
quello di chi dicesse che Socrate fa tutto quello che fa con
l’intelletto, ma che poi, cominciando a menzionare le cause di
ciascuna cosa che faccio, dicesse prima di tutto che ora mi
trovo qui seduto per questo, cioè perché il mio corpo è
composto di ossa e nervi, e perché le ossa sono dure ma
hanno articolazioni che le separano reciprocamente, e perché
i nervi sono capaci di tendersi e allentarsi […] trascurando di
menzionare le vere cause, e cioè che, poiché gli Ateniesi
hanno creduto fosse meglio condannarmi, per questo anche a
me è sembrato meglio stare qui seduto, e che fosse più giusto
rimanere e sottomettermi alla pena che richiedono».
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Ma una condicio sine qua non
Fedone, 99A-B:
«Chiamare cause cose di questo genere è assurdo. Se
qualcuno dicesse che, senza queste cose, ossa, nervi, e
tutto quello che ho, non sarei capace di fare le cose che
mi sembra di dover fare, direbbe la verità: ma dire che
esse sono il ‘per questo’ faccio ciò che faccio, e che le
faccio con l’intelletto, ma non scegliendo il meglio,
significherebbe molta e vasta trascuratezza nel parlare».
Aggiungiamo un quinto esempio di spiegazione
materialistica:
5) Perché Socrate si trova in prigione?
Spiegazione materialistica vs spiegazione finalistica
Problemi
a) Accostamento fisico
b) Due opposti sembrerebbero produrre lo
stesso effetto
c) (esempio della testa):
Due problemi:
d) una stessa cosa causa processi opposti
e) Ciò che funge da causa per la trasmissione di
una proprietà possiede la proprietà opposta
Ultimi problemi
f) La bellezza spiegata facendo ricorso a
proprietà fisiche pone il problema
dell’arbitrarietà;
g) Socrate in carcere per via dei suoi meccanismi
corporei. Confusione tra vere cause e condizioni
necessarie.
Per riassumere:
1) Perché l’uomo diviene grande?
Per il mangiare e il bere (preposizione dia più due verbi
all’infinito).
2) Perché dieci è più grande di otto?
Per l’aggiungersi di due a otto (preposizione dia più una frase
con il verbo all’infinito).
3) Perché x è più grande di y?
A causa della testa (dativo strumentale).
4) Perché x è bello?
A causa del suo colore.
(5) Perché Socrate è in prigione?
A causa dei suoi muscoli.
La testa
Fedone, 101A-B:
«Se tu affermassi che è per la testa che una cosa è più
grande e un’altra più piccola, temeresti, credo, che ti
obiettassero prima di tutto che è a causa di una stessa
cosa che il più grande è più grande e il più piccolo,
piccolo; e poi, che il più grande è più grande per la testa,
che è piccola; e questo è prodigioso, che una cosa sia
grande a causa di ciò che è piccolo».
b) Una stessa causa non può produrre due effetti
opposti;
c) Ciò che funge da causa deve possedere la stessa
proprietà che trasmette all’oggetto che subisce l’effetto.
La seconda navigazione: Le Idee come
cause
Fedone, 99E:
«Ebbi paura di diventare cieco nell’anima, fissando le cose con gli occhi
e cercando di coglierle mediante ciascuno dei sensi Mi parve di dover
trovare rifugio nei ragionamenti».
Fedone, 99C-D:
«Poiché rimasi privo di quella causa, e non fui capace né di trovarla da
me né di apprenderla da altri, vuoi tu, Cebete, che io ti faccia
un’esposizione di come ho condotto la mia navigazione alla ricerca di
essa?».
Fedone, 100A:
«Mi mossi per questa via: ponendo in ciascun caso come ipotesi
l’affermazione che ritenevo più solida, le cose che mi sembrava si
accordassero con essa, le consideravo come vere, sia rispetto alle
cause che a tutte le altre cose; quelle che invece non si accordavano, le
consideravo come non vere».
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L’ipotesi
Le Idee come cause efficienti?
Fedone, 100C:
«Ponendo come ipotesi che esiste un Bello in sé
e per sé, un Buono, un Grande, e così per tutte
le altre cose […] esamina ora ciò che consegue
dall’ammettere quelle realtà […] Infatti, a me
pare che, se vi è una cosa bella al di fuori del
Bello in sé, per nessun’altra cosa è bella se non
perché partecipa del Bello; e così dico per ogni
cosa. Concedi questa causa?».
Fedone, 100D-E:
«Nel caso qualcuno mi dica a causa di che (di’oti)
una qualunque cosa è bella, un colore sgargiante o
una figura, a tutte queste altre cose mando tanti
saluti (…) e mi tengo stretta questa: che a rendere
(poiei) una cosa bella non è null’altro che o la
presenza (parousia) o la comunanza (koinonia) di
quel bello in sé, o di qualunque altro tipo di
relazione si tratti; non insisto su questo, ma sul fatto
che grazie al bello tutte le altre cose sono belle».
La teoria delle idee: una soluzione
esplicativa sicura
Gradi di proprietà
1) Perché x è o diviene più grande?
A causa della sua partecipazione alla Grandezza
in sé
2) Perché x è più grande di y?
A causa della sua partecipazione alla Grandezza
in sé
4) Perché x è bello?
A causa della partecipazione alla Bellezza in sé
L’ipotesi: accordo e disaccordo
Consideriamo una spiegazione del tipo:
x è F a causa di g
Es:
x è bello a causa del suo colore
x è più grande di y a causa della testa
Questa spiegazione sarà in disaccordo con l’ipotesi
delle Idee, e quindi verrà considerata falsa o poco
sicura; falsa perché dà luogo a contraddizioni (es.
della testa); poco sicura perché oggetto di possibili
obiezioni (es. del bello dovuto al colore).
Da notare: L’idea F è causa non solo dell’essere F,
ma anche dell’essere più F (vedi esempio 2):
Fedone, 100D-E:
«Questa infatti mi sembra la risposta più sicura
(asphalestaton) (…) che grazie al bello le cose belle
diventano belle (…) e grazie alla grandezza le cose
grandi sono grandi o più grandi, e grazie alla
piccolezza quelle più piccole sono più piccole».
L’ipotesi: accordo e disaccordo
Consideriamo invece spiegazioni della forma
x è F a causa dell’F in sé
Spiegazioni di questo tipo saranno in accordo con le ipotesi, quindi
vere e sicure, anche se poco informative (100D: risposte sempliciotte,
atechnos).
Le Idee dunque funzionano come cause vere, e questo perché
soddisfano le tre condizioni poste da Socrate. Esempio:
Il Bello in sé:
a) è il solo a poter produrre il bello;
b) può produrre solo il bello;
c) è bello e non potrà mai essere brutto.
E’ l’ultima condizione a rivelarsi fondamentale per l’ultima
dimostrazione dell’immortalità dell’anima.
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L’ipotesi: riassumendo
Rendere conto dell’ipotesi
L’ipotesi, come si è visto, è la seguente:
1) l’F in sé esiste (il Bello, il Grande, ecc.)
2) Le cose sensibili sono (o diventano) F perché
partecipano dell’F in sé.
Saremo in accordo con questa ipotesi tutte le volte
che forniremo delle spiegazioni causali del tipo:
x è F a causa dell’F in sé.
Saremo in disaccordo con l’ipotesi tutte le volte che
forniremo delle spiegazioni causali del tipo:
X è F a causa di g.
Fedone, 101D-E:
«Se qualcuno volesse attenersi (echomenos)
all’ipotesi stessa, non lo lasceresti perdere e non gli
risponderesti fino a quando non avrai esaminato se
le cose che ne risultano si accordino o non si
accordino tra loro? Qualora ci fosse bisogno di
rendere ragione dell’ipotesi, non ne daresti conto
allo stesso modo, ponendo ancora una volta come
fondamento un’altra ipotesi, quella che ti
sembrasse migliore tra quelle che sono in alto, fino
a che tu giungessi a qualcosa di sufficiente?»
Problemi
Le cause più raffinate
1- Socrate ha in mente i Sofisti, che si
opponevano alla teoria delle Idee deducendo
dall’ipotesi conseguenze tra loro
contraddittorie?
2- cosa significa «rendere conto dell’ipotesi»?
3- cosa significa «fino ad arrivare a qualcosa di
soddisfacente?»
Fedone, 102A-B:
«[Fedone parla]: Quando gli fu concesso questo, e si fu
d’accordo che ciascuna delle Idee è qualche cosa, e che le
altre cose, che di esse partecipano, prendono il loro
nome, Socrate dopo di ciò domandò: se la pensi così,
quando affermi che Simmia è più grande di Socrate e più
piccolo di Fedone, non dici forse che in Simmia si trovano
entrambe le cose, grandezza e piccolezza?»
Es. Simmia è più grande di Socrate e più piccolo di Fedone
- In Simmia si trovano sia grandezza che piccolezza
Proprietà essenziali/proprietà
accidentali
Proprietà accidentali relazionali
Fedone, 102B-C:
«Ma in realtà -disse- sei d’accordo che dire che Simmia è più
grande di Socrate non è vero così come viene espresso nelle
parole? E che Simmia non è più grande per sua natura, per il
fatto di essere Simmia, ma per la grandezza che si trova ad
avere? Né che è più grande di Socrate perché questi è Socrate,
ma perché Socrate ha la piccolezza rispetto alla grandezza?»
. Distinzione tra proprietà essenziali e proprietà accidentali:
- Proprietà essenziali (che appartengono ad un oggetto per
natura)
- Proprietà accidentali (che ‘capitano’ all’oggetto, e che
possono non esserci senza che l’oggetto cessi di essere se
stesso)
Nell’esempio:
Simmia è più grande di Socrate
abbiamo una predicazione accidentale relazionale:
Simmia supera Socrate non a causa del suo essere
Simmia, ma a causa di una proprietà che si trova ad
avere accidentalmente, nel suo essere paragonato a
Socrate
Uguale discorso per Fedone.
NB Con questo esempio Platone vuole dimostrare
che l’incompatibilità tra contrari riguarda i contrari
stessi, non i soggetti che li ospitano come predicati.
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Proprietà essenziali
L’alternativa fuggire/perire
Fedone, 102D-103A:
«Voglio che tu condivida la mia opinione. A me pare, infatti, non solo
che la Grandezza in sé non voglia mai essere contemporaneamente
grande e piccola, ma che anche la grandezza in noi non voglia mai
accogliere la piccolezza né esserne superata; ma, delle due cose l’una:
o fugge e cede il posto, qualora il suo contrario, la piccolezza, le si
avvicini, oppure, al sopraggiungere di quella, si distrugge».
* Le Idee opposte (Caldo-Freddo; Grande-Piccolo) non possono mai
essere caratterizzate dai loro contrari. Quando il contrario si avvicina,
delle due l’una:
-o la Grandezza fugge e cede il posto quando la Piccolezza le si
avvicina;
- oppure la Grandezza perisce quando la Piccolezza le si avvicina.
* stesso discorso per gli enti sensibili e particolari che partecipano di
questo tipo di Idee.
Qual è il senso dell’alternativa fuggire/perire?
Es. Simmia è più grande di Socrate e più piccolo
di Fedone
La piccolezza si avvicina quando Simmia è messo
in paragone con Fedone: la grandezza fugge, si
ritira (ma permane nel paragone SimmiaSocrate). In compenso, quando il paragone
Simmia-Fedone cessa, la piccolezza si ritira
(perisce?)
Grandezza in sé/Grandezza in noi
Proprietà essenziali: gli esempi del
fuoco, della neve, del numero
Qui Socrate fa una distinzione tra la Grandezza
in sé (l’Idea di grandezza) e le cose grandi, che
della Grandezza partecipano.
Simmia può essere grande in relazione a Socrate
e piccolo in relazione a Fedone, ma non può
essere contemporaneamente grande e piccolo in
relazione per esempio a Socrate (oppure in
relazione a se stesso).
Fedone, 103C-D:
«E vedi ancora se su questo sei d’accordo con me:
c’è qualcosa che tu chiami caldo e qualcosa che tu
chiami freddo? (…) E’ forse lo stesso che neve e
fuoco? (…) il caldo è qualcosa di diverso dal fuoco e
il freddo dalla neve? (…) Ma credo che tu sia
dell’opinione che la neve, in quanto neve, una volta
che accolga il caldo (…) non sarà mai più ciò che era,
neve, e caldo, ma all’appressarsi del caldo o gli
cederà il campo o perirà».
Impossibilità della compresenza di
proprietà contrarie
Proprietà essenziale e impossibilità
della compresenza della proprietà
opposta
Fedone, 103E:
«Dunque, disse Socrate, per alcuna di queste cose
accade che non solo l’Idea in sé ha il diritto di avere
per sempre lo stesso nome, ma possiede lo stesso
diritto anche un’altra cosa, che non è l’Idea, ma che
dell’Idea possiede eternamente il carattere, fino a
quando esiste».
Esempio: il Fuoco non si identifica con il Caldo, ma
ne possiede il carattere essenziale, appunto il caldo,
e lo possiederà per sempre.
Fedone, 104B-C:
«E’ evidente che non soltanto quei contrari non si
accettano reciprocamente, ma anche tutte quelle cose
che, pur non essendo contrarie tra loro, portano sempre
con sé i contrari, neppure queste sembrano accogliere
quell’idea che sia contraria a quella che c’è in loro, ma al
suo sopraggiungere di certo muoiono o cedono il
campo».
Es. sebbene il Tre non possieda un opposto, è comunque
caratterizzato da un membro di una coppia di proprietà
opposte (il Dispari, opposto al Pari), e quindi deve
escludere l’altro membro della coppia, il Pari.
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Il Portare con sé
Fedone, 104E-105A:
«Dunque, quelle cose che dicevo di individuare, quelle che, pur non
essendo contrarie a qualche cosa, tuttavia non ammettono quel
contrario – come il tre, (…) il due, il fuoco con il freddo (…), vedi un po’
se le individui così: non soltanto il contrario non ammette il contrario,
ma anche ciò che porta sempre con sé qualche cosa di contrario a ciò
verso il quale esso si muova, questa cosa, appunto, che porta con sé,
non ammetterà mai il contrario di ciò che porta con sé».
- Le cose come fuoco, neve, numero, non solo possiedono una
proprietà essenziale (e quindi escludono la proprietà opposta), ma
la portano con loro.
- Sono gli enti di questo genere, che si configurano come cause
poiché portano e trasmettono proprietà a loro essenziali, ad essere
detti «cause più raffinate».
Le cause più raffinate: conclusione
Fedone, 105B-C:
«E ancora – disse Socrate – da capo, rispondi: ma
non mi rispondere con le stesse parole con le quali
ti interrogo; segui il mio esempio. Dico questo
perché, oltre alla risposta che dicevo prima, quella
sicura, dai ragionamenti fatti ne vedo un’altra
sicura. Se infatti tu mi domandassi che cosa debba
trovarsi in un corpo perché sia caldo, non ti darò
quella risposta sicura ma ignorante (amathe): ‘il
calore’; ma da ciò che si è detto ora, un’altra più
sottile: ‘il fuoco’».
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