schede didattiche di sergio guarente - l`eros

L’EROS
SCHEDE DIDATTICHE DI SERGIO GUARENTE
1° TEMA DI DISCUSSIONE
“Quali sono i caratteri dell’Eros come passione?”
L’amore-passione costituisce senza dubbio uno dei grandi temi della cultura occidentale,
dal platonismo alla poesia dei trovatori, al romanticismo. Provate allora ad individuare i caratteri
della passione d’amore, confrontando le vostre esperienze personali con le indicazioni che
emergono dai brani proposti relativi all’Eros come passione
“L’eros ha la sua radice profonda nel desiderio sessuale che genera desiderio di possesso e di
esclusività, non disgiunto dall’idealizzazione dell’amato e da una tendenza al dominio totale su di
lui.”
da U. Galimberti, Dizionario di psicologia, Utet, Torino, 1992, p. 44.
“Passione vuol dire sofferenza, cosa subita, prepotere del destino sulla persona libera e
responsabile. Amare l’amore più dell’oggetto dell’amore, amar la passione per se stessa,
dall’amabam amare di Agostino fino al Romanticismo moderno, significa amare e cercar la
sofferenza. Amore-passione: desiderio di ciò che ci ferisce e ci annienta col suo trionfo. E’ un
segreto di cui l’Occidente non ha mai tollerato la rivelazione, continuando ostinatamente a
soffocarlo. […]
Tale è l’amore platonico: ‘delirio divino’, trasporto dell’anima, follia e suprema ragione. E
l’amante è vicino all’essere amato ‘come in cielo’, poiché l’amore è la via che sale per gradi d’estasi
verso l’origine unica di tutto ciò che esiste, lontano dai corpi e dalla materia, lontano da ciò che
divide e distingue, oltre l’infelicità d’esser se stessi e d’esser due nell’amore stesso.
L’Eros è il Desiderio totale, è l’Aspirazione luminosa, lo slancio religioso originale portato
alla sua più alta potenza, all’estrema esigenza di purezza che è l’estrema esigenza di Unità. Ma
l’unità ultima è negazione dell’essere attuale, nella sua sofferente molteplicità. Così lo slancio
supremo del desiderio sfocia in ciò che è non-desiderio. La dialettica di Eros introduce nella vita
qualcosa di affatto estraneo ai ritmi dell’attrazione sessuale: un desiderio che non si estingue più, che
più nulla può soddisfare, che respinge e fugge persino la tentazione di realizzarsi nel mondo, perché
non vuol abbracciare che il Tutto. E’ il superamento infinito, l’ascensione dell’uomo verso il suo dio.
Ed è un movimento senza ritorno.”
da D. de Rougemont, L’Amore e l’Occidente, Rizzoli, Milano, 1993, pp. 95 e 103-104.
2° TEMA DI DISCUSSIONE
“L’Amore è un’illusione (che maschera l’impulso sessuale)?”
La nozione di Amore come “sentimento” e “passione” che coinvolge la totalità della
persona, oltre il semplice desiderio sessuale, viene “smascherata” tra ‘800 e ‘900 da autori come
Arthur Schopenhauer e Sigmund Freud, i quali affermano l’illusorietà di ogni esperienza
amorosa considerata indipendentemente dalle sue origini fisiologiche. Sulla base dei brani
proposti, provate a riflettere su questa concezione dell’amore, esprimendo il vostro giudizio
“Ogni innamoramento, per quanto etereo voglia apparire, è radicato esclusivamente
nell’istinto sessuale, anzi non è assolutamente altro che un impulso sessuale più determinato, più
specializzato, meglio individualizzato nel senso più stretto del termine. […]
E’ una illusione di voluttà quella che inganna l’uomo, facendogli credere che troverà fra le
braccia di una donna di bellezza a lui confacente un piacere più grande che non fra quelle di qualsiasi
altra; ed è la stessa illusione che, diretta esclusivamente a un’unica donna, lo persuade fermamente
che il possederla gli procurerà una straordinaria felicità. Perciò egli s’illude di fare sforzi e sacrifici
per il proprio piacere, mentre ciò accade solo per la conservazione del normale tipo della specie, o
anche per dare la vita a una ben determinata individualità, che può nascere soltanto da questi
genitori.”
da A. Schopenhauer, Metafisica dell’amore sessuale, Rizzoli, Milano, 1993, pp. 71 e 80-81.
“Si deve riconoscere uno sfondo romantico anche alla dottrina di Freud, secondo la quale,
l’Amore è la specificazione e la sublimazione di una forza istintiva originaria che è la libido.”
da N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, Utet, Torino, 1961, p. 29.
“In completa analogia con la ‘fame’, la ‘libido’ sta a designare la forza con la quale si
manifesta una certa pulsione: in questo caso la pulsione sessuale, nel caso della fame la pulsione di
nutrirsi.”
da S. Freud, Introduzione alla psicoanalisi, Boringhieri, Torino, 1978, p. 283.
“Il costante collegamento operato da Freud tra la realtà dell’amore e la teoria della libido
rappresenta la prospettiva entro la quale può essere adeguatamente compresa la sua trattazione del
tema, anche se il vocabolario aridamente scientifico con il quale essa viene condotta sembra
limitarne i molteplici e più vasti significati. In effetti, come è stato ampiamente notato, il limite più
vistoso a cui vanno incontro le dottrine freudiane è quello del riduzionismo; ciò condurrebbe allo
svilimento delle più alte e complesse manifestazioni dello spirito umano - tra le quali è naturalmente
da annoverare anche l’amore -, in conseguenza della riconduzione di esse a forze primordiali ed
elementari.”
da M. Schoepflin, Via amoris. Immagini dell’amore nella filosofia occidentale, Edizioni San Paolo,
Cinisello Balsamo (Mi), 1998, pp. 171-172.
3° TEMA DI DISCUSSIONE
“L’Amore è impossibile?”
Nel corso del ‘900, la contestazione dell’amore-passione trova la sua teorizzazione forse
più lucida in Jean-Paul Sartre, secondo il quale l’amore è impossibile, ossia è un’inevitabile fonte
di conflitto tra gli amanti, che pretendono entrambi di porsi come l’assoluto per il proprio partner:
lo scontro tra i due assoluti condurrebbe allo scacco ed al fallimento dell’esperienza amorosa.
Partendo dai brani proposti, cercate di discutere criticamente la posizione di Sartre e le sue
implicazioni
“Appare chiaro che amare è, nella sua essenza, il progetto di farsi amare. Di qui una nuova
contraddizione ed un nuovo conflitto: ciascun amante è del tutto prigioniero dell’altro in quanto
vuole farsi amare lui ad esclusione di qualsiasi altro; ma nello stesso tempo, entrambi esigono
reciprocamente un amore che non si riduce affatto al ‘progetto-di-essere-amato’. Ciò che ogni
amante esige, infatti, è che l’altro, senza cercare originariamente di farsi amare, abbia un’intuizione
insieme contemplativa ed affettiva dell’amato come il limite oggettivo della sua libertà, […] come la
totalità d’essere ed il valore supremo.”
da J.P. Sartre, L’essere e il nulla, Net, Milano, 2002, p. 425.
“Secondo Sartre, l’amore, che costituisce il principale tentativo di realizzare l’unità o
l’assimilazione tra l’io e l’altro, risulta strutturalmente conflittuale e votato allo scacco. Infatti,
l’amore è, fondamentalmente, un voler essere amato. E voler essere amato è la volontà di valere per
l’altro come l’assoluto stesso. […]
In altri termini, nell’amore ognuno vuol essere per l’altro l’oggetto assoluto, il valore
supremo. Ma per questo occorre che l’altro, nella sua libertà, rimanga soggettività assoluta. E poiché
entrambi vogliono la stessa cosa, l’unico risultato dell’amore è il conflitto. In altre parole ancora,
nell’amore alberga un paradosso di fondo, poiché da un lato si vuole che l’altro sia libero (l’amore di
un automa non ci interessa) e dall’altro che egli sia schiavo della nostra libertà. […]
C’è bensì un’altra via per realizzare l’assimilazione dell’uno e dell’altro, che è esattamente
inversa rispetto a quella ora descritta: in luogo di progettare di assorbire l’altro conservandogli la sua
alterità, posso progettare di farmi assorbire dall’altro e di perdermi nella sua soggettività per
sbarazzarmi della mia. In questo caso, invece di cercare di esistere per l’altro come oggetto-limite,
come mondo o totalità infinita, cercherò di farmi trattare come un oggetto fra gli altri, come uno
strumento da utilizzare: in una parola, come una cosa. Si avrà allora l’atteggiamento masochista. Ma
il masochismo stesso è e dev’essere uno scacco, perché si avrà un bel volere diventare un semplice
strumento inanimato, una cosa umile, ridicola od oscena. Si dovrà per l’appunto volerlo, cioè porsi,
per questo scopo, come soggettività libera.
Non c’è pertanto salvezza nell’amore: il conflitto e lo scacco gli sono intrinsecamente
necessari.”
da N. Abbagnano, G. Fornero, Protagonisti e testi della filosofia, volume D tomo 1 (Da Nietzsche
all’Esistenzialismo), Paravia, Torino, 1999, pp. 485-486.
4° TEMA DI DISCUSSIONE
“Il sesso è soltanto un’esperienza ‘consumistica’?”
Lo “smascheramento” e la contestazione della nozione di Amore nella cultura occidentale,
così come la laicizzazione dei costumi subentrata nel secondo dopoguerra, hanno contribuito,
dagli anni ’50 del ‘900, a convertire l’ormai degradato mito dell’amore-passione nella
rivendicazione della sessualità quale esperienza aproblematica e semplice consumazione del
desiderio sessuale, attraverso cui superare le difficoltà dell’amore ed escludere l’“intenzionalità”
verso l’altro. Provate quindi, partendo dall’analisi dei brani proposti, a riflettere sulle modalità e
sui caratteri della sessualità nella realtà odierna
“Il desiderio è stato dirottato sull’accessibilità del sesso, che sarebbe un luogo aproblematico,
anzi il luogo eletto per risolvere tutti i problemi o gli impegni connessi con l’amore.
Ma, innanzitutto, il sesso non è accessibile che secondo i modelli standard via via proposti
(sempre dall’industria: Pubblicità e Cinema, Cosmesi e Moda, Rotocalco) di una certa bellezza
deputata, o di un certo successo, di un certo comportamento à la page, e via dicendo. […] In secondo
luogo, il sesso non è così aproblematico, così privo di coinvolgimenti con l’affettività e la psiche
come viene pubblicizzato e offerto in consumo. Anche se oggi tende ad essere vissuto in dicotomia
con l’amore, quell’amore-passione di cui ci parla de Rougemont.”
da A. Guiducci, Introduzione a D. de Rougemont, L’Amore e l’Occidente, Rizzoli, Milano, 1993, p.
41.
“Se proviamo a descrivere il desiderio sessuale con le categorie della biologia umana,
perdiamo proprio l’intenzionalità dell’emozione sessuale, il suo essere diretta al soggetto incarnato.
La caricatura che ne risulta non definisce il desiderio, ma la perversione. La descrizione del desiderio
che dà Freud è la descrizione di qualcosa che conosciamo e che evitiamo – o che dovremmo evitare.
Un eccitamento che si concentri sugli organi sessuali, di un uomo o di una donna, e che cerchi di
passare oltre il complesso rapporto che si esercita con il viso, con le mani, con la voce, e col
portamento, è perverso. Priva il desidero della sua intenzionalità, e la sostituisce con la ricerca della
merce sessuale, che può sempre essere ottenuta pagando.”
da R. Scruton, Guida filosofica per tipi intelligenti, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1997, pp. 123124.
5° TEMA DI DISCUSSIONE
“Quali rapporti tra Eros e matrimonio?”
Tra le risposte che sono state date nel corso del ‘900 all’interrogativo circa la possibilità di
restituire senso ed autenticità all’Eros, risultano particolarmente significative, nel loro contrasto,
quelle di Denis de Rougemont e di Herbert Marcuse; per il primo, l’Eros potrà ricevere un senso
soltanto dalla disciplina della passione egoistica e strumentale ad opera del matrimonio (inteso
come reciproco riconoscimento del valore della persona), mentre per il secondo l’Eros potrà
ritrovare la sua autenticità e sottrarsi ai modelli consumistici soltanto attraverso una profonda
trasformazione della società in direzione non repressiva ed un superamento di istituzioni come la
famiglia tradizionale. Partendo dai brani proposti, cercate di interrogarvi sulle due posizioni e di
definire i rapporti tra Eros, matrimonio e famiglia
“La fedeltà degli sposi è l’accettazione della creatura, la volontà di accettare l’altro così
com’è, nella sua intima singolarità. La fedeltà nel matrimonio non può essere quell’atteggiamento
negativo che abitualmente s’immagina; non può essere che un’azione. Contentarsi di non ingannare
la propria moglie sarebbe una prova di povertà e non d’amore. La fedeltà vuole molto di più: vuole il
bene dell’essere amato, e, quando per questo bene agisce, essa crea davanti a sé il prossimo. E’
dunque compiendo questo giro, e passando attraverso l’altro, che l’io attinge la sua persona, al di là
della felicità sua propria. Così la persona degli sposi è una mutua creazione: il duplice traguardo
dell’’amore-azione’. Ciò che negava l’individuo e il suo naturale egoismo, edifica invece la persona.
[…]
Si suole obiettare allora che il matrimonio è ‘la tomba dell’amore’. […] Sarebbe più giusto
dire, con Benedetto Croce, che ‘il matrimonio è la tomba dell’amore selvaggio’ (e, più
comunemente, del sentimentalismo). […]
L’amore selvaggio spersonalizza le relazioni umane. Per contro, l’uomo che si domina non lo
fa per mancanza di ‘passione’ (di ‘temperamento appassionato’) ma proprio perché ama, e in virtù di
questo amore, rifiuta di imporsi, si rifiuta a una violenza che nega e distrugge la passione. Egli prova
così che vuole anzitutto il bene dell’altro. Il suo egoismo passa attraverso l’altro. Dobbiamo
ammettere che si tratta d’un’assai seria rivoluzione.
E noi potremo ora superare la formula tutta negativa e privativa del Croce, e definire il
matrimonio come quell’istituzione che disciplina la passione non più con la morale, ma con
l’amore.”
da D. de Rougemont, L’Amore e l’Occidente, Rizzoli, Milano, 1993, pp. 367 e 372-373.
“Tutte le forze della morale civile furono chiamate in campo contro l’uso del corpo come
puro oggetto, mezzo, strumento di piacere. […] Proprio nella sua soddisfazione e specialmente nella
soddisfazione sessuale, l’uomo doveva essere superiore, determinato da valori superiori; la sessualità
doveva ricevere la sua dignità dall’amore. Col sorgere di un principio della realtà non repressivo,
abolita la repressione addizionale richiesta dal principio di prestazione, questo processo dovrebbe
rovesciarsi. […] Non più usato durante l’intera giornata come strumento di lavoro, il corpo si
risessualizzerebbe. […] Il corpo nella sua integrità diventerebbe oggetto di investimento libidico,
oggetto di godimento – uno strumento di piacere. Questo cambiamento del valore e della portata
delle relazioni libidiche porterebbe a una disintegrazione delle istituzioni nelle quali vennero
organizzati i rapporti interpersonali privati, e particolarmente la famiglia monogamica e patriarcale.”
da H. Marcuse, Eros e civiltà, Einaudi, Torino, 1968, p. 218.
PER APPROFONDIRE
Riferimenti bibliografici
ALBERONI F., Innamoramento e amore, Garzanti, Milano, 1982.
BARTHES R., Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi, Torino, 1979.
BOTTIROLI G., Eros, in Enciclopedia, Einaudi, Torino, 1978, vol. V, pp. 657681.
CAROTENUTO A., Eros e pathos, Bompiani, Milano, 1987.
DE ROUGEMONT D., L’Amore e l’Occidente, Rizzoli, Milano, 1993.
MARCUSE H., Eros e civiltà, Einaudi, Torino, 1968.
MELCHIORRE V., Metacritica dell’eros, Vita e Pensiero, Milano, 1987.
PLATONE, Simposio, Adelphi, Milano, 1979.
SCHOEPFLIN M., Via amoris. Immagini dell’amore nella filosofia
occidentale, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi), 1998.
STENDHAL, Dell’amore, Garzanti, Milano, 1985.