RASSEGNE REVIEWS Il monitoraggio terapeutico dei farmaci in neurologia Manuela Contin, Fiorenzo Albani Laboratorio di Neurofarmacologia Clinica, Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie, Università di Bologna, e IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, Azienda USL di Bologna Questo lavoro è stato in parte presentato al Convegno “Il Laboratorio nelle malattie del sistema nervoso”, 6-7 Giugno 2013, Vicenza. ABSTRACT Therapeutic drug monitoring (TDM) in neurology. TDM relies on the quantitative determination of drugs in biological fluids. Since its introduction in the early sixties, TDM has gone through major steps of development, from a drug assay-oriented to a patient-oriented approach. The acronym TDM is retained, but it is intended as “management” instead of “monitoring” to emphasize the actual role of laboratory measurement in therapy handling. In the field of neurology, TDM is a long recognized tool in the clinical management of epilepsies. Moving from our experience in antiepileptic TDM, in this paper we critically revise the pharmacologic and methodologic requirements for a correct application, interpretation and use of TDM in optimizing individual patient drug treatment. The “reference range” concept and its limitations are thoroughly discussed. Experimental evidence is also provided outlining the role of TDM in the post-marketing, real-world characterization of clinical and toxicological profiles of new drugs. INTRODUZIONE Il monitoraggio terapeutico dei farmaci (TDM) si basa sulla determinazione delle concentrazioni dei farmaci nei fluidi biologici. Il concetto di TDM è stato nel corso degli anni profondamente rivisitato (1), passando dalla semplice misura della concentrazione dei farmaci nei fluidi biologici (“therapeutic drug measuring”), proposta nei primi anni sessanta sulla spinta dello sviluppo delle tecniche analitiche, a strumento di controllo terapeutico (“therapeutic drug monitoring”), fino ad ausilio per il clinico nella gestione individualizzata della terapia (“therapeutic drug management”) (2). Si è passati quindi da un approccio prevalentemente orientato al risultato laboratoristico a una visione incentrata sul paziente, intesa a includere nel TDM tutti i processi che interessano la gestione della terapia e i relativi esiti clinici: raccolta di informazioni sulle dosi dei farmaci, tempi dei prelievi, effetti indesiderati, risposta terapeutica, interpretazione dei risultati e aggiustamenti delle dosi. Nel campo della neurologia la terapia delle epilessie è il settore che più si è avvalso del TDM come strumento di ottimizzazione dello schema posologico dei pazienti. Questa rassegna presenta, partendo dalla concreta esperienza del nostro Laboratorio di Neurofarmacologia Clinica nel TDM dei farmaci antiepilettici (FAE), il razionale del monitoraggio terapeutico e le procedure per il corretto utilizzo di questo strumento nella pratica clinica. L’obiettivo è riesaminare criticamente: a) i presupposti farmacologici per la misura delle concentrazioni plasmatiche dei farmaci; b) i requisiti metodologici per una corretta raccolta e analisi dei campioni plasmatici e interpretazione dei risultati, con particolare riferimento al concetto di “intervallo terapeutico”; c) l’appropriatezza delle richieste. Lo scopo è stimolare un approccio al TDM inteso non come semplice misura delle concentrazioni plasmatiche dei farmaci, ma come vero e proprio strumento di gestione della terapia, la cui efficacia è condizionata dal livello d’interazione e consapevolezza di tutte le professionalità coinvolte. Saranno inoltre riportati degli esempi raccolti dalla nostra attività di ricerca, che Corrispondenza a: Manuela Contin, Laboratorio di Neurofarmacologia Clinica, Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie, Università di Bologna e IRCCS - Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna. Via Altura 1/8, 40139 Bologna. Tel. 0514966752, Fax 0514966208, E-mail [email protected] Ricevuto: 06.06.2013 Revisionato: 03.09.2013 Accettato: 13.09.2013 biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 3 175 REVIEWS RASSEGNE evidenziano il ruolo importante esercitato dal TDM nella caratterizzazione post-commercializzazione dei FAE, sia per quanto riguarda le possibili interazioni farmacocinetiche con le concomitanti terapie, antiepilettiche e non, sia riguardo l’utilizzo in particolari condizioni fisiologiche, come l’invecchiamento. PRESUPPOSTI FARMACOLOGICI Il razionale del TDM si basa su presupposti legati in parte alla patologia da trattare, in parte alle caratteristiche del farmaco utilizzato. In linea generale, i presupposti farmacologici al TDM sono i seguenti: ● l’effetto del farmaco non è facilmente misurabile sulla base dei soli segni clinici o di parametri strumentali o di laboratorio; ● il trattamento è spesso profilattico, come nel caso di pazienti con crisi epilettiche rare; ● l’aggiustamento della dose è spesso difficile sulla sola base clinica; ● è frequente l’utilizzo di politerapie. I farmaci candidati al TDM sono caratterizzati da: ● una finestra terapeutica ristretta, ossia uno stretto margine di sicurezza fra concentrazioni efficaci e tossiche; ● un’ampia variabilità cinetica interindividuale; ● un alto potenziale d’interazione; ● una modesta trasformazione in metaboliti attivi; ● un meccanismo d’azione reversibile. Anche nel campo dei FAE la possibile utilità del monitoraggio varia a seconda delle caratteristiche farmacocinetiche dei diversi agenti (Tabella 1). Fra i FAE di “vecchia generazione”, la fenitoina (PHT) è il farmaco per il quale il TDM è risultato di particolare ausilio per il clinico nella gestione della posologia, poiché la cinetica non lineare, “dose dipendente”, rende difficile la previsione delle concentrazioni plasmatiche sulla base delle sole dosi orali. Fra i FAE di “nuova generazione”, la rufinamide (RFN) è un esempio di farmaco che presenta peculiari caratteristiche farmacocinetiche che rendono plausibile l’applicazione del TDM (3): assorbimento lento e “dose dipendente”, alto potenziale d’interazione con co-terapie antiepilettiche, che si traducono in un’ampia variabilità cinetica intra- e interindividuale, come osservato dalla relazione fra concentrazione plasmatica e dose giornaliera del farmaco in una popolazione di pazienti con epilessia che hanno effettuato il TDM presso il nostro laboratorio (Figura 1). REQUISITI METODOLOGICI Le concentrazioni plasmatiche del farmaco devono essere misurate in condizioni stabili, quando il farmaco ha raggiunto nell’organismo una condizione di equilibrio (stato stazionario) fra la quantità assorbita e quella eliminata. Il tempo di equilibrio è determinato dall’emivita di eliminazione del farmaco nel plasma (t½); viene calcolato empiricamente moltiplicando per 5 il valore di t½. I valori indicativi di t½ dei principali FAE sono riportati nella Figura 2. Dopo ogni modifica dello schema posologico (dose, co-terapia), occorre quindi aspettare il tempo necessario al raggiungimento di una nuova Tabella 1 Caratteristiche farmacocinetiche dei principali farmaci antiepilettici da considerare in relazione all’utilità del monitoraggio terapeutico (TDM) Farmaco Acido valproico Carbamazepina Etosuccimide Felbamato Fenitoina Fenobarbitale Gabapentin Lacosamide Lamotrigina Levetiracetam Monoidrossiderivato dell’oxcarbazepina Pregabalin alta alta alto moderate-marcate +++ alto moderate alto alto moderata alto alta non rilevante alta alto bassa moderata moderata basso basso moderato marcate moderate ++ + ++ modeste ++++ marcate + assenti moderate-marcate ++ + moderate-marcate +++ moderate ++ marcate non rilevante alta alto moderate +++ alto moderate ++ moderata alta alto alto alto marcate + bassa moderata biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 3 Utilità TDM alta alta Tiagabina Zonisamide Fluttuazioni interdose delle concentrazioni basso moderata Topiramato Potenziale d’interazione moderata Primidone Rufinamide 176 Variabilità cinetica interindividuale assenti marcate non rilevanti + ++ + ++ RASSEGNE REVIEWS Concentrazione plasmatica di rufinamide (mg/L) condizione di equilibrio dei farmaci prima di richiederne il monitoraggio. I prelievi per la misura delle concentrazioni plasmatiche del farmaco devono essere eseguiti a tempi fissi rispetto all’orario di somministrazione delle dosi. Generalmente si preferisce misurare la concentrazione minima giornaliera, effettuando il prelievo alla mattina, prima dell’assunzione della terapia. In casi particolari (farmaci con ampie fluttuazioni delle concentrazioni nell’intervallo fra le dosi, comparsa di fenomeni di tossicità possibilmente dipendenti dalle concentrazioni al picco del farmaco) può essere utile effettuare un secondo prelievo a distanza di 2-4 ore dall’assunzione della terapia. Occorre prestare particolare attenzione a quei farmaci che presentano fluttuazioni importanti delle concentrazioni plasmatiche nell’arco della giornata; tali fluttuazioni sono in funzione delle caratteristiche farmacocinetiche, quali il tempo di picco di concentrazione plasmatica (tmax) e il t½ del farmaco, dell’intervallo fra le dosi e del tipo di formulazione (ad es., soluzioni e sospensioni presentano un più rapido Dose di rufinamide (mg/kg/die) Figura 1 Correlazione tra dose giornaliera di rufinamide e concentrazioni plasmatiche del farmaco al mattino, prima dell’assunzione della terapia (r = 0,64, P <0,001, n=106). assorbimento e possono dar luogo a fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche del farmaco più accentuate rispetto alle formulazioni in capsule o compresse). L’importanza della standardizzazione dell’orario del prelievo ematico rispetto all’assunzione delle dosi del farmaco è rappresentata nella Figura 3, dove è riportato l’andamento delle concentrazioni plasmatiche giornaliere di fenobarbitale e levetiracetam in un paziente con epilessia, in terapia stabile. Mentre il fenobarbitale, caratterizzato da un lento assorbimento e da una lenta eliminazione (t½, 70-140 ore) non mostra variazioni significative dei valori delle concentrazioni plasmatiche fra i due prelievi eseguiti a distanza di 12 e 15 ore dall’assunzione della dose serale del farmaco, il levetiracetam, la cui cinetica è caratterizzata da un rapido assorbimento (tmax, 1-2 ore) e da una veloce eliminazione (t½, 6-8 ore) mostra dei valori circa triplicati a distanza di 3 ore dalla somministrazione della dose del mattino. È evidente che, specie per farmaci come il levetiracetam, la definizione accurata del tempo del prelievo rispetto all’ultima somministrazione del farmaco è requisito essenziale per poter ottenere dei risultati utili dal punto di vista clinico e confrontabili nella gestione longitudinale, intra-paziente, della terapia. é importante che siano impiegate condizioni standardizzate di raccolta, invio e conservazione dei campioni plasmatici, da concordare con il laboratorio che effettua il TDM. È importante accertarsi inoltre che il laboratorio utilizzi metodi affidabili e accurati, e che adotti gli opportuni controlli di qualità. Inoltre, devono essere raccolti e registrati al momento del prelievo ematico una serie di dati clinici e terapeutici del paziente, fondamentali per interpretare correttamente il risultato analitico alla luce delle caratteristiche del farmaco da monitorare e dello stato clinico del paziente. Fra i dati essenziali ricordiamo: - età e peso del paziente; - posologia di tutta la terapia specifica per la sindrome da trattare, compresi i farmaci per i quali non è richiesto il monitoraggio; - comorbidità ed eventuali terapie correlate; Figura 2 Tempi indicativi di raggiungimento dello stato stazionario nel plasma dei principali farmaci antiepilettici. biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 3 177 REVIEWS Concentrazione plasmatica (mg/L) RASSEGNE Ora Figura 3 Esempio di fluttuazioni giornaliere delle concentrazioni plasmatiche in funzione delle caratteristiche cinetiche dei farmaci sottoposti a monitoraggio in un paziente con epilessia. Posologia: fenobarbitale, 100 mg/die, ore 21; levetiracetam, 2000 mg/die, 1000 mg ore 8, 1000 mg ore 21. Il prelievo ematico delle ore 8 è stato effettuato prima dell’assunzione della dose di levetiracetam del mattino. - presenza di effetti indesiderati; data e ora del prelievo; Orario di assunzione dell’ultima dose del farmaco per cui si richiede il TDM rispetto all’orario del prelievo. L’importanza della corretta raccolta di tutti i dati utili alla valutazione clinica del risultato analitico è spesso sottovalutata da parte dei clinici ed è uno degli aspetti critici nell’ambito dell’erogazione del TDM. Strategie educazionali, quali cicli di seminari rivolti agli operatori sanitari del settore in un’ottica di approccio multidisciplinare al TDM, la distribuzione di materiali informativi, la stesura di linee guida, possono contribuire ad aumentare la consapevolezza dell’utilità della raccolta di questi dati, ma richiedono un impegno notevole e continuato da parte del laboratorio di riferimento (4). Modalità di raccolta computerizzata dei dati, con la presenza di campi obbligatori, possono essere d’aiuto, ma devono essere sempre accompagnate da un supporto adeguato e sensibilizzazione continua da parte del servizio di TDM. DALL’“INTERVALLO DI RIFERIMENTO” ALL’“INTERVALLO DI CONCENTRAZIONE DI RIFERIMENTO INDIVIDUALE” La difficoltà nell’acquisizione dei dati clinicoterapeutici del paziente contestualmente al prelievo ematico è riconducibile in parte a una visione riduttiva del TDM inteso come semplice misura delle concentrazioni dei farmaci nei fluidi biologici, incentrata sul confronto dei risultati analitici con i valori riportati nei cosiddetti “intervalli di riferimento” delle concentrazioni dei farmaci (indicati anche come “intervalli terapeutici” o “intervalli ottimali”), suggeriti dai diversi laboratori. L’interpretazione e l’utilizzo di questi “intervalli”, spesso denominati in maniera intercambiabile e inappropriata anche nella letteratura scientifica, è un altro dei punti 178 biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 3 Aumenta IL RISCHIO DI TOSSICITÀ INTERVALLO di RIFERIMENTO Ci si può attendere una RISPOSTA TERAPEUTICA Figura 4 Rappresentazione grafica del concetto di “intervallo di riferimento”. critici del TDM. Come raccomandato dalle linee guida della Lega Internazionale contro l’Epilessia (ILAE) (5), l’ “intervallo di riferimento” va inteso come un intervallo probabilistico di concentrazioni, suggerito sulla base di studi clinici, osservazioni cliniche allargate, analisi retrospettive, per lo più in popolazioni di pazienti con sindromi epilettiche molto eterogenee, con un limite inferiore al di sotto del quale una risposta terapeutica è verosimilmente improbabile e un limite superiore al di sopra del quale ci sono maggiori probabilità di comparsa di effetti tossici (Figura 4). Gli intervalli di riferimento delle concentrazioni plasmatiche dei principali FAE, suggeriti dal nostro laboratorio anche in base alle più recenti rassegne sul TDM (5, 6) sono riportati nella Tabella 2. È importante sottolineare che i valori suggeriti non devono essere utilizzati come guida assoluta alla terapia, ma devono essere inseriti nel contesto clinico individuale. Data l’ampia variabilità interindividuale, infatti, alcuni soggetti potranno mostrare una risposta terapeutica ottimale anche a concentrazioni al di fuori dell’“intervallo di riferimento” e altri presentare effetti tossici anche all’interno di questo intervallo. Sulla base di queste considerazioni è stato introdotto il concetto di “intervalli di concentrazioni di riferimento individuali”, ottenibili dal confronto intra-soggetto delle concentrazioni plasmatiche dei FAE e delle relative risposte cliniche. Con questo concetto il TDM può essere applicato indipendentemente dall’esistenza di un ben definito “intervallo di riferimento” statistico e adottato come strumento utile nella individualizzazione dello schema posologico e, possibilmente, nel raggiungimento del successo terapeutico in ciascun paziente (3, 5). APPROPRIATEZZA DELLE RICHIESTE Una regola pratica per il corretto utilizzo del TDM è che ogni richiesta di monitoraggio sia accompagnata da un preciso quesito clinico-terapeutico (1). Qui di seguito sono ricapitolate alcune indicazioni di carattere generale applicabili in tutte le fasi dell’iter terapeutico (5), dall’impostazione della terapia, alla ricerca della terapia RASSEGNE REVIEWS Tabella 2 Intervallo di riferimento per le concentrazioni plasmatiche dei principali farmaci antiepilettici Acido valproico Carbamazepina Intervallo di riferimento (mg/L) 40-100 5-12 Etosuccimide 40-80 Fenitoina 10-25 Felbamato Fenobarbitale Gabapentin Lacosamide Lamotrigina Levetiracetam Monoidrossiderivato dell’oxcarbazepina Pregabalin 40-80 15-30 6-20 5-20 3-15 10-40 12-35 3-9 Rufinamide 10-30 Zonisamide 10-30 Topiramato Lamotrigina (mg/L) Principio attivo misurato 3-20 ottimale e al mantenimento del controllo della sintomatologia: ● dopo l’inizio del trattamento o dopo modifica delle dosi; ● in caso di modifica della formulazione del farmaco (ad es., utilizzo di formulazioni generiche equivalenti); ● nella conferma dell’efficacia terapeutica; ● in presenza di effetti tossici; ● in caso di mancata risposta al trattamento; ● in caso di modificazioni dello stato fisiologico (ad es., in gravidanza); ● in presenza di malattie intercorrenti; ● per verificare la possibilità d’interazione tra farmaci; ● in caso di sospetta assunzione irregolare della terapia. IL TDM DOPO LA COMMERCIALIZZAZIONE DEI FARMACI Il TDM riveste un ruolo importante nella fase successiva alla commercializzazione dei farmaci, contribuendo a evidenziare e oggettivare interazioni farmacocinetiche, a definire gli schemi posologici in caso di comorbidità o in particolari fasce di popolazione, come bambini, anziani e donne in gravidanza. Sappiamo, infatti, che le conoscenze scaturite dalle sperimentazioni cliniche sono ottenute in popolazioni di pazienti selezionati, che non rappresentano pienamente la popolazione reale cui i farmaci sono destinati. Di seguito sono riportati alcuni esempi recenti tratti dall’esperienza del nostro laboratorio di come il TDM abbia contribuito a una più completa caratterizzazione farmacologica e clinica dei nuovi FAE introdotti sul mercato negli ultimi anni. Figura 5 Fluttuazioni intra-soggetto delle concentrazioni plasmatiche di lamotrigina in relazione alla fase di assunzione dei contraccettivi estroprogestinici. Adattata da rif. 8. Lamotrigina e contraccettivi orali L’assunzione di contraccettivi estroprogestinici può determinare una riduzione significativa (~50% in media) delle concentrazioni plasmatiche della lamotrigina (LTG) (7). La LTG è metabolizzata largamente a livello epatico per glucuronazione, via metabolica indotta dai contraccettivi orali. L’interazione può avere conseguenze clinicamente rilevanti, esponendo le pazienti in terapia con LTG al rischio di recrudescenza o ricomparsa di crisi qualora venga iniziato il trattamento contraccettivo o alla comparsa di effetti tossici alla sospensione dei contraccettivi. Partendo da queste nozioni e dall’osservazione di una maggiore variabilità intra-soggetto delle concentrazioni plasmatiche di LTG riscontrata in pazienti in trattamento con preparati estroprogestinici che prevedono un ciclo di somministrazione di 21 giorni, seguita da 7 giorni di sospensione, abbiamo confrontato in un gruppo di 8 pazienti le concentrazioni plasmatiche intra-soggetto di LTG misurate fra il 18° e il 21° giorno di assunzione del ciclo mensile del contraccettivo con quelle misurate fra il 5° e 7° giorno di sospensione. Le concentrazioni plasmatiche di LTG sono risultate significativamente più alte (~25% in media) nella settimana di sospensione del contraccettivo (Figura 5) (8). Esiste tuttavia un’alta variabilità fra soggetti, imputabile in parte alle diverse dosi e formulazioni dei contraccettivi utilizzati e ai diversi polimorfismi funzionali degli enzimi (uridina difosfato glucuronosiltransferasi) coinvolti nei meccanismi di glucuronazione. I risultati di questo studio mostrano quanto sia importante ai fini del monitoraggio terapeutico di LTG una standardizzazione del momento del prelievo ematico rispetto alla fase di assunzione del ciclo mensile di contraccettivo. biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 3 179 REVIEWS RASSEGNE P <0,001 P <0,001 (n=33) (n=42) Figura 7 Rapporto concentrazione plasmatica/dose giornaliera (L/D) di lacosamide in pazienti con epilessia raggruppati in base alle coterapie antiepilettiche (FAE). Per la simbologia vedere Fig. 6. Adattata da rif. 10. P=0,008 Figura 6 “Clearance” orale apparente (CL/F) di levetiracetam in pazienti con epilessia suddivisi in tre gruppi in base all’età: gruppo A, 3065 anni; B, 66-80 anni; C, 81-96 anni. I “box plot” visualizzano l’intervallo dei dati entro il 25°-75° percentile; la linea orizzontale indica il valore mediano; le barre verticali definiscono l’intervallo dei dati entro il 10°-90° percentile; i simboli rappresentano i valori anomali. Adattata da rif. 9. Levetiracetam nell’anziano con epilessia La comparsa di crisi epilettiche, principalmente di origine cerebrovascolare, ha un’incidenza piuttosto alta negli anziani. Il levetiracetam (LEV) è uno dei nuovi FAE più utilizzati nel trattamento delle epilessie in questa fascia di popolazione. Le favorevoli caratteristiche farmacocinetiche, la buona tollerabilità e il basso rischio d’interazioni con le eventuali terapie concomitanti hanno contribuito alla sua larga diffusione. Tuttavia, i dati disponibili sulla farmacocinetica del LEV negli anziani sono scarsi: il farmaco è escreto principalmente per via renale e la sua velocità di eliminazione dall’organismo (“clearance”) è attesa diminuire con l’avanzare dell’età, in proporzione alla riduzione fisiologica della velocità di filtrazione glomerulare. Il nostro laboratorio ha condotto di recente un’analisi prospettica di confronto della “clearance” orale apparente di LEV in una popolazione di pazienti anziani (>65 anni) vs. pazienti non anziani adulti afferenti al laboratorio per il TDM del farmaco. Sono stati inclusi nello studio 272 pazienti, suddivisi in tre gruppi in 180 biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 3 base all’età: gruppo A “non anziani”, 30-65 anni (n=97); gruppo B “anziani”, 66-80 anni (n=105); gruppo C “molto anziani”, 81-96 anni (n=70). I tre gruppi erano paragonabili per sesso, dose giornaliera di LEV (mg/kg) e numero di somministrazioni giornaliere. Dal confronto è emersa una significativa riduzione (P <0,001) della “clearance” del farmaco con l’aumentare dell’età, intorno al 33% nei pazienti del gruppo B e del 52% in quelli del gruppo C, rispetto ai pazienti non anziani (Figura 6) (9). In termini pratici, per ottenere una data concentrazione plasmatica di LEV, la dose del farmaco dovrebbe essere ridotta di ~30% nei pazienti >65 anni e del 50% negli ultraottantenni rispetto ai pazienti adulti non anziani (9). Lacosamide e co-terapie antiepilettiche La lacosamide (LCM) è uno dei FAE di ultima generazione indicato come trattamento aggiuntivo nelle epilessie parziali. I dati riguardanti la farmacocinetica clinica del farmaco, e in particolare il potenziale d’interazione con le co-terapie antiepilettiche, sono molto scarsi e per lo più ottenuti in gruppi di volontari sani. Un’analisi prospettica delle concentrazioni plasmatiche di LCM ricavate in una popolazione di 75 pazienti con epilessia afferenti al nostro laboratorio ha dimostrato una riduzione significativa (~30%) del rapporto concentrazione plasmatica/dose giornaliera di LCM (in mg/kg) nel sottogruppo di pazienti in co-terapia con FAE potenti induttori metabolici del citocromo P450 (fenobarbitale, carbamazepina, fenitoina) rispetto al sottogruppo in co-terapia con FAE classificati come induttori/inibitori non forti, quali LTG, LEV, oxcarbazepina, o con inibitori enzimatici (acido valproico) (Figura 7) (10). CONCLUSIONI Anche se gli unici due studi controllati finora RASSEGNE REVIEWS Figura 8 Monitoraggio terapeutico dei farmaci inteso come strumento di gestione individualizzata della terapia. Tabella 3 Le dieci “regole d’oro” per il corretto utilizzo del monitoraggio terapeutico dei farmaci antiepilettici (FAE). Da rif. 5. 1. Adeguata conoscenza delle proprietà cinetiche e dinamiche dei FAE 2. Assicurarsi che il laboratorio adotti adeguate misure di controllo di qualità 3. Richiedere il TDM solo quando esiste un chiaro quesito clinico 4. Le concentrazioni dei FAE devono essere misurate in condizioni stazionarie 5. I prelievi ematici devono essere standardizzati rispetto al tempo di assunzione delle dosi 6. L’interpretazione dei risultati deve tener conto dell’intervallo di tempo dall’ultima dose somministrata e delle caratteristiche cinetiche dei FAE 7. Essere consapevoli che gli “intervalli di riferimento” hanno solo un significato probabilistico. Informare anche i pazienti riguardo ai limiti di tali riferimenti 8. Tenere in considerazione le situazioni che possono modificare la relazione concentrazione-effetto dei FAE (ad es., età avanzata, severità dell’epilessia, gravidanza) 9. Applicare il concetto che ciascun paziente ha il proprio “intervallo di riferimento di concentrazioni” 10. Trattare il paziente, non la concentrazione plasmatica del farmaco, e non prendere mai una decisione clinica solo sulla base dei valori di concentrazione pubblicati sull’argomento non sono riusciti a dimostrare un impatto significativo del TDM sugli esiti clinici nei pazienti con epilessia (11,12), evidenze derivanti dall’esperienza clinica suggeriscono che il TDM può avere un ruolo importante nel guidare le scelte del clinico nella gestione della terapia, a patto però che determinati presupposti farmacologici e requisiti metodologici siano considerati e applicati rigorosamente e che le richieste del monitoraggio siano supportate da appropriati quesiti clinici (5). Questi aspetti sono importanti da considerare, anche nell’ottica di contenimento dei costi della spesa sanitaria imposti a livello nazionale e in funzione delle richieste sempre più frequenti da parte degli enti sanitari di documentare il rapporto costo-efficacia dei servizi clinico-diagnostici erogati (13). Sulla base delle considerazioni esposte in questa rassegna, il TDM, inteso come guida all’ottimizzazione individualizzata della posologia, è un processo complesso, che richiede il contributo consapevole e l’integrazione di diverse professionalità, dal clinico all’infermiere, al tecnico di laboratorio, al farmacologo clinico (Figura 8). Nella Tabella 3 vengono riportate le dieci “regole d’oro” per un corretto utilizzo del TDM contenute nelle linee guida della ILAE (5). Anche se delineate nell’ambito della gestione della terapia antiepilettica forniscono una sintesi dei presupposti farmacologici, dei requisiti metodologici e di appropriatezza del TDM applicabili a tutte le categorie terapeutiche. CONFLITTO DI INTERESSI Nessuno. BIBLIOGRAFIA 1. Albani F, Contin M, Riva R, et al. Il monitoraggio biochimica clinica, 2014, vol. 38, n. 3 181 REVIEWS RASSEGNE 2. 3. 4. 5. 6. 7. 182 terapeutico dei farmaci antiepilettici. IJLaM 2007;3:51-6. Pippenger CE. 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