L’ Indice Glicemico (IG) è l’incremento di glucosio nel sangue determinato dalla assunzione di un dato alimento; esso viene valutato in base ad una scala, i cui i valori sono compresi tra 0 e 100 (il valore 100 è a?ribuito al pane bianco) Valori di IG • compresi tra 70 e 100 sono consideraA alA • tra 55 e 70 sono consideraA medi • inferiore a 55 sono consideraA bassi L’indice glicemico Dopo il Consumo di carboidrati si ha: Dapprima un aumento della concentrazione di zuccheri nel sangue E successivamente una diminuzione Risposta glicemica Tale risposta si traduce in un valore e dipende da: Alimento, tipo di zucchero, natura e forma dell’amido, i metodi di cottura e di lavorazione industriale utilizzati, Metabolismo, momento della giornata in cui viene ingerito il carboidrato. Questa misurazione prende il nome di indice glicemico (IG). l'indice glicemico (IG) esprime la capacità dei carboidrati contenuti negli alimenti di innalzare la glicemia Si misura dapprima la glicemia a digiuno Assunzione di 50 g di glucosio, da parte del soggetto e si misura La glicemia nel tempo Successivamente viene assunta, dallo stesso individuo una pari quantità di carboidrati dell’alimento ed allo stesso modo si misura la glicemia Area so/o la curva del glucosio : 100 = Area so/o la curva dell'alimento : IG alimento da cui: Indice glicemico = (area alimento / area glucosio) x 100 INDICE GLICEMICO DI ALCUNI ALIMENTI DI USO COMUNE (prendendo come riferimento il glucosio) Alimenti con indice glicemico basso (IG inferiore a 55) Pasta, Lenticchie, Mele/succo di mele, Pere Arance/succo d’arancia Uva, Yogurt magro Fagioli lessi Cioccolato Alimenti con indice glicemico medio (IG compreso tra 55 e 70) Banane Fiocchi d’avena Bibite analcoliche Mais Ananas Zucchero Alimenti con indice glicemico alto (IG superiore a 70) Pane Patate al forno Cornflakes Patatine fritte Miele Puré di patate Riso bianco Consumando alimenti ad alto indice glicemico: • la glicemia sale di più e più in fretta; • la risposta insulinica è più marcata; • l'organismo si abitua ad utilizzare, preferenzialmente, gli zuccheri al posto dei grassi; • anche la trasformazione dello zucchero in grassi tende ad aumentare (sovrappeso) • Lo stress ossidativo aumenta (invecchiamento precoce, rischio oncologico) • Dopo 2-4 ore la glicemia scende e torna la fame • Nel tempo si crea un sovraccarico di lavoro per il pancreas che causa Inizialmente insulinoresistenza e successivamente la comparsa del diabete • Il rischio di carie dentaria è maggiore Ossidazione Energia Apporto nutrizionale GLUCOSIO Deposito/ Interconversione Glicogeno Amminoacidi Acidi grassi Cervello Cuore Muscoli EritrociC Eccetera OMEOSTASI DELLA GLICEMIA La concentrazione del glucosio nel sangue (glicemia) viene mantenuta entro limiA abbastanza ristreB. Il meccanismo omeostaAco è mediato da diversi ormoni; tra quesA l’insulina tende ad abbassare la concentrazione del glucosio emaAco, mentre altri ormoni tendono ad aumentarla, come l’ormone della crescita GH e il glucacone (in condizioni normali), e i glicocorCcoidi e l’adrenalina (nel digiuno protra?o e nello stress). I meccanismi a?raverso cui quesA ormoni sono in grado di controllare la glicemia possono coinvolgere varie vie metaboliche (glicogenosintesi, glicogenolisi, neoglucogenesi, uAlizzazione alternaAva di altre fonA energeAche). L’effe?o degli ormoni sulla omeostasi glicemica non dipende solo dalla loro concentrazione assoluta, ma sopra?u?o dai rapporA di concentrazione (bilanciamento) con gli ormoni che esercitano un effe?o opposto (ormoni antagonisA). Dopo un periodo ada?o di digiuno (almeno 4 ore) la glicemia a?esa è 65-­‐110 mg/dl. Durante le prime due ore dopo il pasto, o dopo assunzione di glucosio, si realizza l’assorbimento intesAnale di glucosio con aumento della glicemia. L’immediata conseguenza è l’aumento di 10-­‐15 volte dei tassi insulinemici e la caduta di concentrazione del glucagone e del GH. L’interazione di quesA differenA parametri determina un incremento della glicemia fino ad un valore massimo che si verifica dopo circa un’ora dal pasto e che in genere non supera il valore di 160-­‐180 mg/ dl. In seguito la glicemia inizia a diminuire fino a valori di 120 mg/dl alla seconda ora; tra la seconda e la quarta ora dopo il pasto, la glicemia conAnua a diminuire progressivamente pur mantenendosi a valori lievemente superiori a quello basale. Quando il digiuno si protrae oltre le 4 ore, il tasso insulinemico diminuisce notevolmente e diventano allora preminenA gli effeB degli ormoni antagonisC che sAmolano la produzione di glucosio da parte del fegato aBvando la glicogenolisi e la glucogenesi. Nella situazione di digiuno protra?o, il 60% circa del glucosio prodo?o dal fegato serve al metabolismo cerebrale, mentre il rimanente viene uAlizzato dagli eritrociA e dai muscoli. L’altro effe?o degli ormoni antagonisA, glucocorAcoidi e GH, è rappresentato dallo sAmolo della lipolisi, con aumento in circolo degli FFA che vengono uAlizzaA a scopo energeAco sopra?u?o dal tessuto muscolare, con risparmio di glucosio; si ha però un aumento nella concentrazione di aceAl-­‐CoA che, trovandosi in eccesso, tende a dar luogo alla formazione dei corpi chetonici. Se poi la glicemia si abbassa a valori inferiori al normale (ipoglicemia), entra in funzione un meccanismo di emergenza addizionale, cosAtuito dalla secrezione di adrenalina, che aBva ulteriormente la glicogenolisi e sAmola la produzione di ACTH, con successivo aumento degli ormoni corAcosteroidi e aBvazione della gluconeogenesi. In ulAma analisi, una funzionalità corre?a e bilanciata delle isole del Langerans, dell’adenoipofisi, della corteccia e della midollare del surrene, consente di mantenere l’omeostasi glicemica in modo rapido e efficiente. Ormoni che controllano la glicemia Organo Pancreas Surrene Ipofisi Tiroide Ormone Azione Effetto su glicemia Insulina ↑ Ingresso glucosio (tranne fegato, cervello, RBC) ↑ glicolisi, glicogenosintesi epatica e sintesi ac. grassi ↓ Lipolisi e gluconeogenesi ↓ Glucagone ↑ glicogenolisi e gluconeogenesi epatiche ↑ Lipolisi ↑ Somatostatina ↓ rilascio di insulina, glucagone e ormoni ipofisari (impedisce oversecrezione) Adrenalina ↑ Glicogenolisi muscolare e lipolisi ↑ Cortisolo ↑ Gluconeogenesi da aa. Antagonista dell’insulina ↑ ACTH ↑ Rilascio di cortisolo e lipolisi ↑ GH Antagonista dell’insulina ↑ Tiroxina ↑ Glicogenolisi e gluconeogenesi epatica ↑ Assorbimento intestinale di zuccheri ↑ Effe, metabolici dell’insulina Processo Trasporto glucosio Glicolisi Glicogenosintesi Lipogenesi Protidosintesi Gluconeogenesi Lipolisi Azione Tessuto(i) + + + + + - Muscolare/Adiposo Muscolare/Adiposo/ Epatico Muscolare/Epatico Adiposo/Epatico Muscolare/Epatico Epatico Adiposo Principali cause di iper-­‐ (>120 mg%) e ipo-­‐glicemia (<50 mg%) Iperglicemia Ipoglicemia Transitoria Stress emotivo/fisico acuto Shock Infarto miocardio Convulsioni Epatopatia grave Feocromocitoma Farmaci (salicilati, b bloccanti) Alcolismo Sepsi Epatopatia grave Glicogenosi Persistente Insulinoma Glicogenosi tipo I Diabete mellito Sindrome di Cushing (iperattività surrene) Acromegalia (ipersecrez. GH) Ipertiroidismo Obesità mala$a rischio rispe.o ai non diabe2ci Cecità* 20 volte Insufficienza renale* 25 volte Amputazione* 40 volte Infarto miocardico 2 – 5 volte Ictus 2 – 4 volte Biochimica clinica del diabete mellito e delle sue complicanze • Diagnosi – glicemia a digiuno/occasionale – glicemia da carico • Sorveglianza (del compenso metabolico) – glicemia – proteine (emoglobina) glicate • Complicanze – Microangiopatia: (micro)albuminuria – Aterosclerosi: lipidi e lipoproteine – Chetoacidosi: chetonuria, emogasanalisi La diagnosi si pone se: • Coesistono sintomi clinici (poliuria, polidipsia) ed un valore glicemico “casuale” (ossia non necessariamente a digiuno o dopo carico) >200 mg/ dL oppure se: • La glicemia a digiuno risulta >126 mg/dL (in due diverse determinazioni) oppure se: • La glicemia a 2 ore da un carico orale di 75g di glucosio risulta >200 mg/dL Alterazioni della glicemia GLICEMIA BASALE (mg/dl) GLICEMIA 2 h. DOPO OGTT DIABETE DIABETE ALTERATA GLICEMIA A DIGIUNO ALTERATA TOLLERANZA AL GLUCOSIO NORMALE NORMALE IPOGLICEMIA OGTT -­‐ Test di Tolleranza al Glucosio per Os: disciolto in acqua per os • La prova, eseguita con diversi protocolli (glucosio somministrato/tempo), ha avuto grande rilevanza nel passato • Oggi è meno utilizzata, anche perché poco riproducibile • Si raccomanda comunque un carico di 75g e un prelievo dopo 2 ore • Per il diabete gestazionale esistono due protocolli, rispettivamente per screening e conferma diagnostica OGTT (Oral Glucose Tollerance Test) • Si effe?ua dopo 10 ore di digiuno, • dopo tre giorni di dieta libera (150-­‐200g carboidraA al di • Somministrare 75g di glucosio in 200 ml acqua • Prelievi: T0; T30; T60; T90; T 120. 1,75g/Kg peso nei bambini (sino a 50g) 100 g (1 tappa) o 50g + 100g (2 tappe) in gravidanza INDICAZIONI: oltre 45 anni, obesi, familiarità, aumentato rischio, ipertesi, dislipidemici, gravidanza (ripetere tra la 24° e la 28° seBmana e 6° seBmane dopo parto) Criteri interpretaAvi della OGTT Popolazione Glicemia a 2 ore • Normale: < 140mg/dl • Rido?a tolleranza tra 140 e 199mg/dl • Diabete > 200mg/dl Uno degli obieBvi principali della terapia del diabete è il raggiungimento e il mantenimento dell’euglicemia, intesa come valori glicemici più prossimi a quelli fisiologici, in relazione alle esigenze quoAdiane dell’organismo. L’euglicemia è di fondamentale importanza per o?enere un compenso metabolico oBmale e ridurre il rischio di insorgenza e progressione delle complicanze diabeAche. Il monitoraggio della glicemia da parte dei pazienA e degli operatori sanitari è considerato parte integrante della gesAone del diabete. I risultaA del monitoraggio vengono uAlizzaA per valutare l’efficacia della terapia e per apportare eventuali ada?amenA alla dieta, all’aBvità fisica e alla terapia farmacologia in modo tale da o?enere il miglior controllo glicemico possibile. • Il test del glucosio emaCco e urinario e il test dei chetoni nell’urina forniscono informazioni uAli sulla gesAone giornaliera del diabete. • UAle ,in parAcolar modo nelle fasi iniziali di stabilizzazione e di tra?amento, effe?uare un profilo glicemico. Esso va eseguito su 6 prelievi emaAci consecuAvi eseguiA 1) prima di colazione, 2) a metà maBnata, 3) prima di pranzo, 4) a metà pomeriggio, 5) prima di cena e 6) prima di coricarsi. Esso perme?e di valutare sia la concentrazione media di glucosio della giornata (MBG, dalle iniziali di Mean Blood Glucose concentra2on) sia le flu?uazioni giornaliere della glicemia (MAGE, dalle iniziali di Mean Amplitude of Glycemic Excursions). QuesA test però non offrono al paziente o al team medico una misura obieBva della glicemia per un lungo periodo di tempo. • Le misurazioni delle proteine glicate, in parAcolare l’emoglobina e le proteine sieriche, consentono una valutazione migliore della glicemia. Con una singola misurazione, quesA test quanAficano la glicemia media nell’ulAmo periodo (seBmane-­‐2 mesi), perfezionando il controllo giornaliero. Dosaggio del glucosio La glicemia va misurata subito dopo il prelievo oppure è necessario impedire alterazioni dei valori con l'aggiunta di stabilizzanA glicostaAci Apo fluoruro di sodio. Il metodo di analisi più uAlizzato per la glicemia prevede l'ossidazione del glucosio ed uAlizza l’enzima glucosio ossidasi . L'acqua ossigenata che si forma reagisce con un acce?ore di ele?roni in presenza di perossidasi e produce acqua ed un cromogeno bruno la cui assorbanza a 450 -­‐ 500 nm consente di risalire alla concentrazione emaAca di glucosio. Oscillazioni della concentrazione plasmatica di glucosio in un soggetto diabetico. Glucosio è eliminato con le urine (glicosuria) quando la concentrazione plasmatica sorpassa la soglia di riassorbimento tubulare (soglia renale). Soglia renale La sorveglianza del diabetico mira a verificare lo stato del controllo glicometabolico, mentre la terapia tende a ricondurlo alla norma. La glicemia è l’indicatore del controllo glico-metabolico, ma i sui valori sono soggetti a variazioni giornaliere marcate, rapide ed imprevedibili. • Il controllo sistemaCco della glicosuria delle 24 ore può in effeb indicare l’evento di una pregressa puntata iperglicemica anche in presenza di glicemia normale nella fascia oraria (8.00-­‐10.00) dei prelievi “di rouCne“ • Ciò tu/avia non presenta una “praCcabilità” consistente con una sorveglianza sistemaCca di tub i pazienC • Inoltre, picchi iperglicemici al diso/o della soglia renale (cira 180-­‐190 mg/dL) non danno comunque luogo a glicosuria Esiste quindi il problema di effe/uare una verifica “retrospebva” del controllo glicemico senza dover effe/uare prelievi ripetuC Misura delle proteine glicate per la sorveglianza del compenso glico-metabolico nel diabetico • Principio: in un ambiente contenente glucosio, questo si lega stabilmente alle proteine, che risultano “glicate”. • L’entità della glicazione è proporzionale all’integrale della concentrazione di glucosio per il tempo di contatto • La glicazione è un processo lento: l’entità è limitata dalla vita media della proteina L’emoglobina glicosilata rappresenta il prodo?o di una reazione non enzimaAca tra una molecola di glucosio e il gruppo amino-­‐terminale della valina della catena b dell’emoglobina. Ciò avviene in due fasi: la prima reversibile, che conduce alla formazione di una base di Schiff (aldimina), e una seconda irreversibile con la formazione di un prodo?o di Amadori, la chetoamina. La formazione di HbA1c avviene durante tu?o il periodo di vita del globulo rosso e dipende anche dall’età cellulare. Un incremento transitorio della glicemia può produrre la formazione di una notevole quanAtà di aldimine, reazione comunque reversibile con la normalizzazione dei valori glicemici. La persistenza di iperglicemia, tu?avia, rende tale reazione irreversibile, per cui la molecola di emoglobina resterà “glicata” sino alla morte del globulo rosso. La relazione tra valore glicemico medio e percentuale di Hb-­‐glic è stata dimostrata. Generalmente, ogni aumento di 1% dell’Hb-­‐glic corrisponde ad un aumento della glicemia pari a 35 mg/dl di glucosio plasmaAco medio. reversibile irreversibile veloce lenta HbA1c labile HbA1c stabile Reazione non enzimatica di condensazione tra il gruppo aldeidico del glucosio e il gruppo amminico N-terminale delle catene β della Hb. HbAo Hb glicata HbA1c HbA3 HbF HbA1a+b α-chain L’a?endibilità dell’HbA1c quale marker del controllo glicemico può essere rido?a anche dalle situazioni che modificano la vita media delle emazie. Ad esempio, valori elevaA di HbA1c in presenza di un MBG normale può essere osservato nei casi in cui il turnover delle emazie è rido?o, come avviene nei casi di diabete associaA ad anemia non tra?ata da carenza di ferro, acido folico, vitamina B12 o per emoglobinopaAe (Hb fetale, anemia a cellule falciformi). La condizione opposta, con un valore falsamente basso di HbA1c rispe?o all’MBG, si riscontra nei casi in cui vi siano in circolo percentuali maggiori di eritrociA giovani come avviene in corso di emolisi, e nei pazienA in tra?amento con Fe, vitamina B12 e folaA. Valori più elevaA di HbA1c sono rilevabili anche in corso di insufficienza renale cronica, a causa di un’interferenza nel dosaggio dell’HbA1c da parte dell’emoglobina carbamilata in presenza di elevate concentrazioni di urea. Questo problema, tu?avia, si verifica solo con alcune metodiche (cromatografia su colonna e a scambio ionico, ele?roforesi su agar-­‐gel) e può essere superato uAlizzando altre metodiche (cromatografia per affinità boronato–agarosio che rileva le stru?ure ketaminiche sui gruppi NH2 terminali della valina e lisina). Glicemia (mg/dL) glicoHb (%) 65 4,0 101 5,0 137 6,0 172 7,0 208 8,0 244 9,0 279 10,0 315 11,0 350 12,0 Oltre alla Hb, altre proteine si “glicano”: la loro misura può fornire indicazioni sul controllo glicemico • In un dato momento, l’entità della glicazione misurabile è una misura retrospettiva dell’integrale “concentrazione di glucosio su tempo”, per un intervallo di tempo dipendente dalla vita media della proteina • Per le proteine più utilizzate l’intervallo di tempo è dell’ordine di: – emoglobina del sangue 6-12 settimane; – proteine (albumina) del siero 3-5 settimane • La glicazione della emoglobina viene stimata misurando la percentuale glicata ed espressa come come percentuale della Hb totale (%Hb) • La glicazione delle sieroproteine (albumina) viene misurata come “fruttosammina” ed espressa in µmol/L Metodo cineAco-­‐colorimetrico per la determinazione delle fru?osamine Principio Le fru?osamine del siero in ambiente alcalino sono presenA so?o forma idrossilaminica. Il gruppo idrossilaminico riduce il nitroblutetrazolio (NBT) rendendo evidente la produzione di formavano. La reazione che si sviluppa è dire?amente proporzionale alla concentrazione delle fru?osamine nel siero Misura delle proteine glicate: emoglobina glicata o fruttosammina • La misura della Hb glicata è maggiormente standardizzata analiticamente e validata clinicamente: è largamente usata in tutto il mondo • Si può utilizzare in sostituzione la fruttosammina quando: – E’ necessaria una informazione relativa ad un periodo precedente più breve (per es. valutazione degli effetti di variazione terapeutica) – Esistono ragioni biologiche (es. anemia emolitica) od analitiche (es. presenza di varianti emoglobiniche) che rendono inaffidabile la misura della Hb glicata Il controllo glicemico può essere valutato anche con la determinazione di altre proteine sogge?e a glicosilazione (chetoamine) quali la fru?osamina (test della fru?osamina). È stata dimostrata una buona correlazione tra il test della fru?osamina e dell’HbA1c, ma è necessario tenere in considerazione che: 1) le variazioni biologiche soggeBve della fru?osamina sono maggiori rispe?o all’HbA1c; 2) il turnover dell’albumina rispe?o all’emoglobina è più breve (circa 28 gg. vs 120 gg. rispeBvamente) e per cui il test delle fru?osamina fornisce indicazioni sul controllo glicemico delle ulAme 2 seBmane; 3) il risultato deve essere corre?o in base alla concentrazione emaAca di albumina; 4) valori falsamente bassi possono essere riscontraA in condizioni di aumentato turnover proteico, quali le enteropaAe proteino-­‐disperdenA e la sindrome nefrosica; IL CICLO NUTRIZIONE / DIGIUNO ASPETTI GENERALI FASE DI ASSORBIMENTO • 2-4 ore successive all’assunzione di un pasto. • E’ caratterizzata da un transitorio ↑ della concentrazione ematica di glucosio, amminoacidi e trigliceridi. Il pancreas risponde con: • ↑ della secrezione di INSULINA • ↓ della secrezione di GLUCAGONE • L’elevato rapporto INSULINA/ GLUCAGONE e la disponibilità di substrati porta ad un ↑ della sintesi di trigliceridi, glicogeno e proteine. • Durante questa fase praticamente tutti i tessuti utilizzano il glucosio come fonte di energia. Variazione delle attività enzimatiche nella condizione di apporto di nutrienti • Il flusso di intermedi lungo le vie metaboliche è controllato da 4 meccanismi: • 1) disponibilità di substrati • 2) attivazione o inibizione allosterica di enzimi • 3) modificazioni covalenti di enzimi (p.es. fosforilazione o defosforilazione) • 4) induzione o repressione della sintesi di enzimi (p.es. l’ ↑ di insulina produce un ↑ della sintesi di enzimi chiave del metabolismo anabolico). • Nelle condizioni di apporto alimentare, tali meccanismi garantiscono che i nutrienti disponibili siano trattenuti sotto forma di glicogeno, trigliceridi e proteine. FEGATO • Occupa una posizione strategica per l’elaborazione e la distribuzione dei nutrienti di provenienza alimentare. • Ha infatti il ruolo di attenuare le fluttuazioni dei nutrienti a disposizione dei tessuti periferici. ************ • Il sangue che il fegato riceve dopo un pasto (v. porta) è ricco di nutrienti e contiene un elevato livello di insulina. • Durante il periodo dell’assorbimento intestinale, il fegato assume carboidrati, lipidi e gran parte degli amminoacidi * • Questi nutrienti saranno poi: (a) metabolizzati e conservati oppure b) instradati verso altri tessuti. • *gli AA a catena ramificata, leucina, isoleucina e valina, sfuggono al metabolismo epatico FEGATO: metabolismo dei carboidrati • Normalmente il fegato produce glucosio piuttosto che consumarlo. • Dopo un pasto contenente carboidrati, il fegato trattiene ≈ 60% degli zuccheri presenti nel sangue portale e li utilizza per le sue attività. • Il metabolismo epatico del glucosio ↑ attraverso diversi meccanismi: (1) ↑ fosforilazione del glucosio (glucochinasi) (2) ↑ sintesi del glicogeno (attivazione della glicogenosintasi) (3) ↑ attività della via dei pentosi (4) ↑ glicolisi (la conversione del glucosio in acetil CoA è stimolata dal rapporto elevato Insulina/Glucagone; L’Acetil CoA è utilizzato nella sintesi degli Ac. Grassi o per generare energia nel Ciclo di Krebs) (5) ↓ gluconeogenesi (scarsa attività della piruvato carbossilasi e inibizione di altri enzimi della via) Fegato: metabolismo dei grassi ↑ sintesi degli Ac. Grassi • Il fegato è il tessuto principale nel quale avviene la sintesi ex novo degli acidi grassi. • La sintesi degli Ac. Grassi è favorita dalla disponibilità di substrati (acetil CoA e NADPH) derivanti dal metabolismo del glucosio. ↑ sintesi dei Trigliceridi • E’ favorita dalla disponibilità di acetil CoA (proveniente sia dalla sua sintesi ex novo sia dall’idrolisi dei trigliceridi presenti nei remnants dei chilomicroni). • Il fegato introduce i trigliceridi nelle VLDL, secrete nel sangue ed utilizzate di tessuti extraepatici (soprattutto t. adiposo e t. muscolare) Fegato: metabolismo degli Amminoacidi (AA) ↑ della degradazione degli AA(*) • la disponibilità di AA è > necessità delle cellule • gli AA eccedenti sono: (1) liberati nel sangue e usati da altri tessuti (sintesi proteica) (2) deaminati → scheletri carboniosi → piruvato, acetil CoA o altri intermedi del ciclo di Krebs →ossidazione o sintesi Ac. Grassi (*) N.B. Gli AA a catena ramificata (leucina, isoleucina e valina) sfuggono al metabolismo epatico e sono assunti dal tessuto muscolare. ↑ della sintesi proteica • sostituzione di proteine degradate nel periodo precedente TESSUTO ADIPOSO • Dopo il fegato, il tessuto adiposo è secondo per capacità di distribuire molecole di combustibile. • In un uomo di 70 kg, rappresenta il 20% circa. • Negli individui obesi, può costituire fino al 70% della massa corporea. Metabolismo dei carboidrati • ↑ del trasporto del glucosio (sensibile alla [insulina] nel sangue) • ↑ della glicolisi (fornisce il glicerolo fosfato per la sintesi dei trigliceridi) • ↑ della via dei pentosi (producendo NADH necessario per la sintesi dei grassi) TESSUTO ADIPOSO Metabolismo dei grassi ↓ della degradazione dei trigliceridi (inibizione della lipasi ormone- sensibile) ↑ della sintesi dei trigliceridi • L’innalzamento della glicemia e dell’insulinemia favoriscono l’accumulo di trigliceridi. • Gli Ac. Grassi esogeni (chilomicroni e VLDL) si liberano per azione della lipoproteina lipasi (legata alle pareti dei capillari sanguigni, spt del t. adiposo e muscolare). • Il glicerolo 3-P per la sintesi dei trigliceridi proviene dal metabolismo del glucosio poiché gli adipociti non contengono la glicerolo chinasi. ↑ della sintesi degli Ac. Grassi • N.B. La sintesi ex novo a partire dall’Acetil CoA è molto limitata, tranne nei casi di alimentazione dopo un periodo di digiuno. La maggior parte degli Ac. Grassi deriva dai grassi della dieta (chilomicroni) ed una piccola quantità dalle VLDL. MUSCOLO SCHELETRICO • Il consumo di O2 a riposo è circa il 30% del consumo corporeo totale ma può arrivare al 90% durante un esercizio fisico intenso. • Il muscolo scheletrico è pertanto un tessuto ossidativo (benchè abbia la potenziale capacità di utilizzare per un periodo transitorio la glicolisi anaerobica). N.B. Il muscolo cardiaco differisce da quello scheletrico per 3 aspetti: (1) è in continua attività mentre i muscoli si contraggono in maniera intermittente (2) ha un metabolismo completamente aerobico (3) contiene riserve energetiche (glicogeno e lipidi) in quantità trascurabile. Le sostanze da cui ricava energia sono il glucosio libero, gli Ac. Grassi ed i corpi chetonici. Ne consegue che una condizione di ischemia provoca rapidamente la morte dei cardiomiociti. MUSCOLO SCHELETRICO Metabolismo dei carboidrati • ↑ del trasporto del glucosio (sensibile alla [insulina] nel sangue), che verrà fosforilato e poi metabolizzato. • ↑ sintesi del glicogeno, soprattutto se le scorte sono state esaurite in precedenza in seguito ad esercizio fisico. N.B. Il glucosio è il principale combustibile nella fase di apporto di nutrienti! Metabolismo degli Ac. Grassi Gli Ac. Grassi si liberano dai chilomicroni e dalle VLDL per azione della lipoproteina lipasi. N.B. Nel periodo di apporto di nutrienti gli Ac. Grassi sono combustibili di secondaria importanza! Metabolismo degli Amminoacidi • ↑ sintesi proteica (sostituzione di proteine catabolizzate nella fase precedente) • ↑ uptake di AA a catena ramificata (sfuggono al metabolismo epatico), usati come fonte energetica e per la sintesi proteica. L’ENCEFALO • L’encefalo consuma il 20% (a riposo) dell’ossigeno utilizzato dall’organismo, benchè contribuisca solo per il 2% alla massa corporea di un adulto. • L’encefalo consuma energia a ritmo costante • I substrati, per poter essere utilizzati, devono superare la “barriera emato-encefalica” • Il glucosio normalmente funge da combustibile primario • I corpi chetonici, in quanto combustibili, svolgono un ruolo significativo nei periodi di digiuno. • N.B. Se la glicemia crolla ad un livello < 30 mg/100ml (V.N. 70-90 mg/100 ml) la funzionalità cerebrale è compromessa. ENCEFALO Metabolismo dei Carboidrati • L’encefalo dipende completamente dalla disponibilità del glucosio ematico in quanto non contiene scorte significative di glicogeno. • Nelle condizioni di apporto di nutrienti, l’encefalo utilizza esclusivamente il GLUCOSIO come combustibile (ne ossida completamente circa 140 g/die a CO2 ed H2O). Metabolismo dei Grassi • L’encefalo non contiene scorte significative di trigliceridi • Gli Ac. Grassi presenti nel sangue non attraversano con efficienza la barriera emato-encefalica. DIGIUNO CAUSE 1) impossibilità di reperire del cibo 2) desiderio di perdere peso rapidamente 3)impossibilità ad alimentarsi in seguito ad un trauma, ad un intervento chirurgico, ad una neoplasia ecc. EFFETTI • I livelli plasmatici del Glucosio, degli Amminoacidi e dei Trigliceridi tendono a ↓ • La secrezione di INSULINA ↓ mentre quella del GLUCAGONE ↑ • Il periodo di digiuno è un periodo CATABOLICO, caratterizzato dalla degradazione di Trigliceridi, Glicogeno e Proteine. • S’ innesca uno scambio di substrati tra FEGATO, Tessuto Adiposo, Tessuto Muscolare ed Encefalo, sotto la spinta di due priorità: • 1) mantenere costante la glicemia • 2) mobilizzare Ac. Grassi dal Tessuto Adiposo ed attivare la sintesi dei Corpi Chetonici. Le scorte energetiche (in un adulto di 70 Kg di peso corporeo) • Costituite soprattutto da trigliceridi (20% circa del peso) • Proteine (8,5% circa del peso). N.B. Solo 1/3 circa delle proteine corporee può essere utilizzato per la produzione di energia senza compromettere le funzioni vitali poiché ciascuna proteina ha una propria funzione (p.es. enzima, componente strutturale etc.) • Glicogeno (0,3% circa del peso) I cambiamenti enzimatici nel digiuno Nel digiuno, il flusso di intermedi lungo le vie del metabolismo intermedio è controllato dagli stessi meccanismi che intervengono nelle condizioni di apporto di nutrienti: • 1) disponibilità di substrati • 2) attivazione o inibizione allosterica di enzimi • 3) modificazioni covalenti di enzimi (p.es. fosforilazione). La maggior parte è nello stato fosforilato ed è inattiva. • 4) induzione o repressione della sintesi di enzimi N.B. Molte modificazioni sono opposte rispetto all’apporto di nutrienti. IL FEGATO (durante il digiuno) • Il fegato ha un ruolo primario nel metabolismo energetico, che consiste nella sintesi e nella distribuzione di molecole di combustibile ad altri organi. Metabolismo dei Carboidrati (1) ↑ della glicogenolisi • L’aumentato rapporto tra glucagone ed insulina provoca una rapida mobilizzazione delle scorte epatiche di glicogeno. • E’ una risposta transitoria che avviene nella prima fase del digiuno. • Il glicogeno epatico (100 g circa) è quasi esaurito dopo 10-18 ore di digiuno. (2) ↑ della gluconeogenesi • La gluconeogenesi inizia da 4 a 6 ore dopo l’ultimo pasto e raggiunge la massima attività quando le scorte di glicogeno sono esaurite. • Ha un ruolo essenziale nel mantenimento della glicemia sia ne digiuno notturno sia in quello prolungato. IL FEGATO (durante il digiuno) Metabolismo dei grassi • ↑ dell’ossidazione degli Ac. Grassi provenienti dal tessuto adiposo (è la principale fonte di energia per il fegato durante la fase di postassorbimento) • ↑ della sintesi dei corpi chetonici E’ una prerogativa del fegato! Gli acidi Acetoacetico e β-idrossibutirrico sono trasportati dal sangue ai tessuti, dove potranno essere riconvertiti in acetil CoA che sarà ossidato nel ciclo di Krebs. L’acetone non è metabolizzabile. N.B. 1) Il fegato, essendo privo dell’enzima tioforasi, non può utilizzare come combustibile i corpi chetonici! 2) La disponibilità di corpi chetonici in circolo è importante perché riducendo il bisogno di sintetizzare glucosio attraverso la gluconeogenesi a partire daglischeletri carboniosi di AA, rallenta la perdita di proteine essenziali. TESSUTO ADIPOSO (digiuno) Metabolismo dei Carboidrati • Il trasporto del glucosio negli adipociti ed il suo successivo metabolismo sono depressi (per il basso livello d’insulina) → ridotta sintesi di Ac. Grassi e di Trigliceridi. Metabolismo dei Grassi • ↑ idrolisi dei Trigliceridi di deposito (per ↑ dell’Adrenalina e soprattutto della Noradrenalina, che stimolano l’attività della lipasi sensibile agli ormoni). • ↑ liberazione degli Ac. Grassi in circolo. Legati all’albumina, essi raggiungono un molteplicità di tessuti e sono utilizzati per produrre energia. Il glicerolo prodotto dalla degradazione dei trigliceridi è utilizzato dal fegato come precursore gluconeogenico. • ↓ assunzione degli Ac. Grassi. L’attività della lipoproteina lipasi è bassa pertanto i trigliceridi, presenti in circolo nelle lipoproteine, non si rendono disponibili. MUSCOLO SCHELETRICO (digiuno) • Il muscolo a riposo utilizza gli Ac. Grassi come fonte principale di energia. • Il muscolo in esercizio inizialmente utilizza le scorte di glicogeno (durante uno sforzo intenso, il glucosio 6-P è convertito in lattato con la glicolisi anaerobica); successivamente la fonte principale diventano gli acidi grassi liberi (derivanti dalla mobilizzazione dei trigliceridi del t. adiposo). Metabolismo dei Carboidrati Il trasporto del glucosio all’interno delle fibre è depresso (basso livello d’insulina) MUSCOLO SCHELETRICO (digiuno) Metabolismo dei lipidi Durante le prime due-tre settimane di digiuno, il muscolo utilizza sia Ac. Grassi che Corpi Chetonici. Successivamente utilizza quasi esclusivamente Ac. Grassi. N.B. La ↓ utilizzazione dei Corpi Chetonici da parte del muscolo provoca un ↑della loro [plasmatica], cui fa seguito una loro > utilizzazione da parte dell’encefalo. Metabolismo delle proteine • Durante i primi giorni, si ha una rapida demolizione delle proteine muscolari, per fornire al fegato AA da utilizzare per la gluconeogenesi (spt. Alanina e glutammina). • Dopo varie settimane di digiuno, la velocità della proteolisi diminuisce, poiché l’encefalo ha iniziato ad utilizzare i corpi chetonici come fonte di energia. L’ENCEFALO (digiuno) • Durante i primi giorni, l’encefalo utilizza a scopo energetico esclusivamente glucosio (ottenuto grazie alla gluconeogenesi). • Nel digiuno protratto (oltre 2-3 settimane), i corpi chetonici raggiungono livelli significativamente elevati e l’encefalo li utilizza come combustibili, in aggiunta al glucosio. In tal modo si riduce la richiesta di un catabolismo proteico per alimentare la gluconeogenesi. Da Champe et al. - Le basi della Biochimica- Zanichelli AMP is a sensiAve indicator of Cellular Energy Capacity AMP-­‐acCvated protein kinase (AMPK) global mobilizaCon of energy stores