Cibo e indice glicemico
Gentili lettori,
approfondiamo insieme un altro basilare concetto riguardante la nutrizione: l’indice glicemico (IG)
degli alimenti.
Esistono due ormoni antagonisti il cui “gioco” equilibrato è importante per il nostro benessere e per
il controllo del peso corporeo: l’insulina e il glucagone, ormoni che regolano la glicemia.
La glicemia è la concentrazione di zucchero nel sangue ed il glucosio è la fonte indispensabile di
energia per l’organismo. Il cervello in primis, e tutte le cellule del corpo necessitano di questa
sostanza.
Quando il tasso glicemico diminuisce il pancreas secerne un ormone, il glucagone, per ristabilire un
corretto livello glicemico mobilizzando lo zucchero dalle cellule. Nel caso opposto, cioè se la
glicemia aumenta, viene prodotta e secreta l’insulina, altro ormone pancreatico, allo scopo di
regolare, abbassandolo, il livello di zucchero nel sangue.
Quando si mangia e gli alimenti vengono assorbiti, il glucosio in particolare determina un aumento
della glicemia, variabile in base al tipo di glucide ingerito, fino ad un massimo che è detto “picco
glicemico” in funzione del quale verrà secreta insulina, il cui effetto sarà quello di permettere il
passaggio del glucosio dal sangue alle cellule dove potrà essere usato e/o immagazzinato nel fegato,
nei muscoli e … nel tessuto adiposo.
Infatti uno degli effetti dell’insulina, importante per mantenere corretti i livelli di glicemia, è
innescare la lipogenesi, cioè la costruzione di grasso come deposito.
È quindi importante conoscere l’indice glicemico degli alimenti cioè l’ampiezza dell’aumento della
glicemia prodotta dall’ingestione dell’alimento stesso, non solo per controllare il nostro peso
corporeo, ma anche per salvaguardare questo fine meccanismo di regolazione evitando di
mantenerlo sotto stress continuo, prevenendo l’insorgere di significativi disordini metabolici.
L’indice glicemico è un parametro variabile da 0 a 100, specifico per ogni alimento, che ci formisce
una preziosa informazione sull’impatto che quel cibo, una volta ingerito, avrà sulla glicemia ed è
tanto più elevato quanto maggiore è l’iperglicemia che ne deriva con tutte le conseguenze cui
abbiamo accennato e altre ancora.
Anche il trattamento industriale, la raffinazione, le modalità di cottura, nonché il contenuto in fibre
e in proteine del cibo determinano variazioni dell’indice glicemico. Ad esempio: per ciò che
riguarda la nostra amata pasta, l’IG varia in base al tipo di farina (di frumento, di kamut, di farro
ecc.), al tipo di lavorazione (se integrale o meno), al formato (gli spaghetti vengono sottoposti ad un
tipo di pastificazione che ne riduce l’IG), alla cottura (la pasta al dente ha IG più basso e la pasta
fredda ancora più basso per il fenomeno della retrogradazione) ecc.
In conclusione l’IG è considerato basso fino a 35 (i cibi contenuti in questa fascia ci aiutano a
mantenere corretti livelli di glicemia e a correggere e controllare il nostro peso corporeo), medio
fino a 55 (ci aiutano a mantenere il peso corporeo e a prevenirne l’aumento) e alto da 55 in poi
(possono causare aumento della glicemia e del peso corporeo).
L’alimentazione nel passato era essenzialmente composta da alimenti poco glicemici quali pane
integrale, cereali completi, farine non raffinate, legumi, frutta e verdura e le alterazioni metaboliche
e il soprappeso erano molto meno diffusi. Al contrario le abitudini alimentari moderne privilegiano
i cibi a IG elevato.
Questo è solamente uno dei molteplici aspetti e caratteristiche che devono essere considerati nel
momento in cui viene programmato un regime alimentare corretto, sia terapeutico che preventivo.
Ancora una volta è fondamentale sottolineare che sono la conoscenza e la consapevolezza le armi
vincenti anche in ambito alimentare.
Dr. Chiara Biondani