Epifania del Signore Isaia 60,1-6; Salmo 71; Tito 2,11–3,2; Matteo 2,1-12 Il racconto di Matteo sulla visita dei Magi propone una delle sintesi più suggestive, e certo anche più impegnative, del mistero di Natale. Illustra in particolare questo aspetto decisivo di quel mistero: il figlio di Dio nasce a Betlemme, nella terra di Davide, illuminata dalla promessa del Messia, dalla legge di Mosè e poi dalla testimonianza di tutti i profeti; e tuttavia proprio coloro che da generazioni sono stati preparati a questo evento non lo riconoscono. Lo riconoscono invece altri, che vengono da lontano. L’attesa della salvezza di Dio in Israele durava da secoli, da troppi secoli si sarebbe tentati di dire; il protrarsi dell’attesa aveva persuaso molti a desistere dalla speranza. Quelli che attendevano erano soprattutto fuori di Israele, appartenevano ad altri popoli, dispersi per tutta la faccia della terra. I magi rappresentano i molti che cercano Dio. All’improvviso, quasi magicamente, essi trovano quello che cercano. I più vicini invece non cercano, e quindi neppure trovano. Come accadeva allora, pare accadere anche oggi: un’attesa vivace nei confronti del vangelo mostrano spesso coloro che sono lontani, molto meno coloro che ascoltano il vangelo ogni domenica, o addirittura ogni giorno. All’origine della pagina di Matteo sta un fatto accaduto nei primi mesi, o forse nei primi anni, della vita di Gesù. Di quel fatto è impossibile ricostruire i tratti precisi attraverso il racconto di Matteo. Il vangelo, e forse già la tradizione precedente, ha trasformato quel fatto in una parabola, la quale interpreta in forma concisa il senso dell’intera vicenda di Gesù sulla terra. Il suo passaggio in Israele ha prodotto un esito paradossale: quelli che un tempo apparivano lontani divennero vicini; quelli che parevano vicini invece divennero tragicamente lontani, addirittura ostili. La vicinanza e la lontananza di cui qui si parla è, ovviamente, quella nei confronti di Dio. Lontani erano i pagani; lontani da Gerusalemme e dal tempio; soprattutto, lontani dalle Scritture, dalla Legge e dai profeti. Dopo la Pasqua, molti pagani, ascoltando la predicazione degli apostoli, si convertirono in fretta e con gioia; apparve allora chiaro che in realtà essi erano assai più vicini a Dio dei figli di Abramo, cresciuti alla scuola di Mosè e dei profeti. Gli scribi conoscevano il Libro sacro a memoria; ma quando venne Gesù, che le Scritture portava a compimento, non lo capirono. Neppure lo capirono molti Giudei devoti, che ascoltavano le scritture ogni sabato nelle loro sinagoghe. Presero a pretesto la lettera del Libro per respingere Gesù, la sua parola e i suoi gesti. Apparve allora con tutta chiarezza come la lettera uccida; per riconoscere Gesù, la familiarità con la lettera del libro può diventare addirittura un ostacolo. Occorre invece volgersi allo Spirito, a una luce dunque che viene in cielo I Magi sono l’immagine appunto di questi pagani, che segretamente cercano Dio. Sono interessati alla legge di Mosè; il loro interesse trova alimento però in una stella, in un presagio arcano, non invece nell’abitudine. Alle Scritture si accostano con precauzione, quasi timorosi; sanno di non avere mezzi per intenderle. E tuttavia comprendono il messaggio celeste, che non comprendono gli scribi attaccati al Libro. In tal senso appunto il racconto dei Magi anticipa la vicenda tutta di Gesù. Il racconto del passaggio dei Magi attraverso Gerusalemme propone un aspetto tragico, e insieme un aspetto comico. I Magi arrivano a Gerusalemme con una domanda: Dov’è il re dei Giudei che è nato? Notiamo, per inciso, che un giudeo mai si sarebbe espresso così; mai avrebbe detto il re dei Giudei, ma il re d’Israele; in quel modo potevano esprimersi soltanto i pagani. Il ricorso a tale espressione - la stessa scritta sul cartiglio della croce – nell’intenzione di Matteo ha un senso allusivo e sottile. Anche nel caso della croce chi scrive il cartiglio è un pagano; la verità delle parole scritte da Pilato è tuttavia diversa, e superiore, rispetto a quella da lui intesa. Così è anche nel caso dei Magi: la domanda sul re dei Giudei esprime una verità che ad essi sfugge. 1 La domanda è rivolta a Erode; ma questi la gira agli esperti, gli scribi; essi danno la risposta giusta; citano la precisa parola del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda,... Conoscere bene la risposta delle Scritture tuttavia serve poco a riconoscere il Messia presente; gli scribi conoscono bene le parole del Libro, ma sfugge loro la verità. Non capiscono, perché non cercano Dio. La consuetudine col Libro, anziché accendere in essi la ricerca di Dio, sembra averla spenta; ha spento la luce più essenziale, quella appunto che solo dal cielo può venire, ed è rappresentata dalla stella che guida i Magi. Udite le parole del re, essi partirono, così è scritto dei Magi. Soltanto dopo aver lasciato la città incredula, videro da capo la stella, che avevano visto nel suo sorgere. Al vedere la stella provarono una gioia grandissima. C’è un insegnamento profondo in queste parole. La fede vera non s’incolla alle parole degli esperti. Raccoglie indicazioni anche dagli esperti, certo; ma poi cerca subito una luce più che umana, quella di una stella. La testimonianza deve giungere direttamente dal cielo; senza tale testimonianza, tutte le parole di questo mondo – comprese le stesse parole del Libro santo – non servirebbero a nulla. I Magi passano dunque da Gerusalemme, raccolgono l’indicazione che loro preme, trovano il re dei Giudei, e tornano a casa per un’altra via. Anche dopo la morte e la risurrezione di Gesù, Gerusalemme parrà restare fuori dal percorso dei predicatori cristiani. Non accadrà per caso la stessa cosa fino ad oggi? Non accadrà che altri verranno da lontano, da Oriente e da Occidente, e sederanno alla mensa del regno, mentre i cristiani ne saranno cacciati? Dobbiamo porci questa domanda con molta serietà, e con molta preoccupazione. Fino ad oggi accade spesso che gli esperti sacerdoti, cattolici assidui lettori delle Scritture, o solo praticanti dei riti cristiani diventino portatori ignari di una verità che non comprendono. La loro testimonianza è intesa da altri, considerati lontani, assai meglio di quanto sappiano fare essi stessi. Ai loro occhi appunto diventa vera la parola che i cristiani sanno a memoria, sempre da capo ripetono, ma non comprendono. Il Signore stesso faccia brillare la sua stella sul nostro cammino, ci consenta di conoscere la gioia grandissima che conobbero i Magi, e ci renda insieme testimoni affidabili del suo vangelo fino ai confini del mondo. 2