59 LA MALATTIA DI PARKINSON

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Prof. Benvenuti
LA MALATTIA DI PARKINSON
Definizione
La malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa cronica progressiva causata dalla
perdita lenta e selettiva dei neuroni dopaminergici della substantia nigra del
mesencefalo; è caratterizzata dalla comparsa di difficoltà del movimento, in assenza di
paralisi, associate a movimenti involontari (tremore). Nel morbo di Parkinson, la perdita
cellulare avviene nella sostanza nera, con la formazione di corpi di inclusione all’interno dei
neuroni, i cosiddetti corpi di Lewy.
Epidemiologia
•
Prevalenza:
- 0.3% della popolazione generale
- 3% degli ultra65enni
- 10% degli ultra80enni
•
Incidenza:
- popolazione generale: 20 nuovi casi / 100.000 persone / anno
- 70-79 anni:
170 nuovi casi /100.000 persone / anno
•
Età media di insorgenza: 60 anni
•
5 - 10% forme giovanili (esordio dei sintomi prima dei 40 anni)
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Eziopatogenesi
Nel giovane adulto sono,
presenti a livello mesencefalico circa 500 000 cellule
dopaminergiche, la maggior parte delle quali si trova nella parte compatta della sostanza nigra.
queste cellule contengono dopamina. La connessione striatopallidale partecipa alla
progettazione e all’esecuzione automatica dei movimenti acquisiti. Si ritiene che la via
dopaminergica abbia un ruolo di modulazione in questo processo. La piccola popolazione dei
neuroni della sostanza nigra influenza in tal modo l’attività motoria dei gangli della base. La
sostanza nigra è la sede principalmente coinvolta nella patologia del morbo di parkinson; le
larghe cellule pigmentate del mesencefalo degenerano e all’ispezione macroscopica si può
osservare un’area pallida; corpi inclusi intraneuronali (corpi di Lewy) sono marker biologici del
processo patologico
La
connessione
striatale è coinvolta
nella
elaborazione
del
movimento
volontario. Gli impulsi
corticali raggiungono
il neostriato. Gli
impulsi che dal globo
pallido arrivano al
talamo
influenzano
l’esecuzione
del
movimento
attraverso il tratto
corticospinale.
I
neuroni
della
sostanza
nera
mesencefalica,
attraverso la via
nigrostriata,
controllano il flusso
dei
processi
attraverso i tratti striatali. La dopamina è il principale neurotrasmettitore delle vie afferenti che
vanno dalla sostanza nera allo striato.
Le
-
cause della malattia di Parkinson sono sconosciute:
vi è una degenerazione dei neuroni dopaminergici esattamente come nell’Alzheimer
ci sono rari casi familiari di trasmissione autosomica dominate o recessiva
ci può essere un danno cellulare causato dalla produzione ossidativa di radicali liberi, cioè
si verifica un relativo eccesso di radicali liberi nelle cellule della sostanza nera, dovuto a
uno stress ossidativo, che comporta un’aumentata degradazione ossidativa della dopamina
e l’accumulo di prodotti metabolici tossici, questo può verificarsi nel parkinson da d-d-t
(pesticidi)
- cause post-traumatiche
- maggior ruolo di fattori genetici nelle forme giovanili
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La malattia di P. dove è stato riscontrato un andamento Mendeliano della trasmissione ad
ereditarietà sono quelli ad esordio giovanile; nell’anziano, invece, di solito c’è un ascendente
genico. I geni studiati sono stati diversi, le proteine che sono state identificate come
responsabili nella degenerazione della malattia di P. legate ad una modificazione puntiforme
genetica sono: la parkina 1, la parkina 2 e la parkina 3, trovate sul cromosoma 2,4 e 6.
Un’altra proteina che è stata isolata nel cervello, attraverso la produzione di alfa-sinucleina è
nella demenza a corpi di Lewy.
Come si fa a fare la diagnosi differenziale tra la malattia di P. e la demenza a corpi di Lewy?
Nella malattia di P. l’esordio è sempre con un disturbo motorio e in una % bassa il disturbo è
cognitivo; viceversa nella demenza a corpi di Lewy prima c’è il disturbo cognitivo e in una %
alta dopo c’è il disturbo motorio.
Questi sono dati importanti da sapere perchè il paziente che arriva con un disturbo
extrapiramidale che ha esordito con un disturbo cognitivo se è agitato, bisogna stare attenti
a dargli gli psicofarmaci, perchè la demenza a corpi di Lewy ha come caratteristica che gli
psicofarmaci fanno l’effetto rebound (riflesso).
REPLAY:
Si è detto che la malattia di P. è una malattia neurodegenerativa a livello della substanza
nigra del mesencefalo, è una malattia che ha una prevalenza maggiore nelle età avanzate,
tuttavia può colpire tutte le età si è detto che le forme giovanili hanno più un andamento gi
genetico rispetto a quelle dell’anziano.
Segi motori
• ACINESIA/BRADICINESIA
Difficoltà nell’inizio/lentezza nell’esecuzione del movimento, segno chiave della malattia, si
manifesta con:
- deambulazione a piccoli passi con riduzione dei movimenti pendolari degli arti superiori,
fino ad arrivare alla festinazione per la necessità di mantenere il centro di gravità
all’interno della base di appoggio, perchè la postura è flessa
- ipomimica faciale
- fissità dello sguardo e riduzione dell’ammiccamento
- ipofonia (diminuzione dell’intensità della voce)
- disfonia (alterazione della fonazione causata da fattori che ostacolano l’avvicinamento
delle corde vocali)
- scialorrea (per ridotta deglutizione)
- perdita dei movimenti spontanei (gesticolare, accavallare le gambe)
- micrografia (modificazioni della scrittura)
Altra caratteristica, come sintomo di accompagnamento, che è correlato al problema dei
circuiti è la seborra (i parkinsoniani spessissimo hanno la dermatite seborroica) questa è
presente sulla fronte e risponde a cortisone perchè è neuromediata.
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Esistono disturbi detti paradossi:
1. Festinazione, accelerazione del ritmo dei passi, perchè la necessità di mantenere il
baricentro dentro la base di appoggio lo impossibilita a compiere i movimenti per la rigidità
e la bradicinesia lievemente ampi e correlati fa si che il paziente per non cadere tende ad
accelerare la marcia riducendo la lunghezza del passo
2. Acatisia, cioè l’irrequietezza motoria che è una sensazione di crampo di fastidio dovuto ad
una rigidità muscolare per cui il paziente non riesce a stare fermo
Il parkinsoniano quando si alza tende a tenere il tronco rigido all’indietro, quindi per alzare il
paziente parkinsoniano si deve mandare la testa in avanti.
•
-
TREMORE
a riposo
localizzato inizialmente alle dita
•
-
RIGIDITA’
Omogenea alla mobilizzazione passiva degli arti
tipicamente ad esordio monolaterale
determina l’atteggiamento in lieve flessione di capo, tronco e arti
Insieme al tremore e alla rigidità bisogna ricordare anche:
• DEFICIT DEI RIFLESSI POSTURALI
Cioè la ridotta capacità di ristabilire l’equilibrio a seguito delle perturbazioni esterne. Quando
io devo esaminare il paziente, in piedi, valuto il tono dei polsi e del bicipite e valuto le risposte
ai riflessi posturali. Perchè nel parkinsoniano c’è una perdita dei riflessi posturali.
Decorso della malattia
Il paziente esordisce con un solo lato, che poi tende a coinvolgere grandi lati per cui la ridotta
capacità di mantenere i riflessi posturali avviene man mano che si va avanti con la malattia.
I DISTURBI VEGETATIVI sono:
- l’ipotensione ortostatica
- la stipsi
- iperriflessia detrusionale con incontinenza da urgenza (è un bisogno impellente di mingere
che non ammette ritardi)
- iperseborrea
- disfunzione erettile
- disturbi del sonno, che sono determinati dai farmaci e dai crampi
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I DISTURBI COGNITIVI
Si manifestano nei 15-20% dei soggetti, c’è una ridotta flessibilità del pensiero, una maggiore
difficoltà nel passare da un ragionamento ad un altro, c’è un disturbo nelle funzioni esecutive
e sono tipiche dei circuiti sottocortico-frontali ma non si può parlare di demenza, c’è un
rallentamento più da un punto di vista comportamentale. Invece, nelle fasi avanzate di
malattia, dopo 4-5 anni, può esserci la comparsa di una demenza e si parlerà quindi, di
parkinson demenza (demenza associata alla malattia di parkinson). Il 40% dei parkinsoniani va
incontro a depressione che risponde agli psicofarmaci. Nelle fasi avanzate di malattia si
possono notare i sintomi psicotici legati alla funzione dopo lungo termine del parkinsoniano e
sono:
- allucinazioni
- deliri
- stato confusionale
- depressione (40%)
Effetti della terapia
La malattia inizia colpendo un lato del corpo, dopo anni di terapia con L-dopa compaiano:
- Fluttuazioni motorie con fenomeni di on-off (attivo e spento), il paziente passa dalla fase
on alla fase di blocco, che può essere parziale oppure totale. Infatti, a questi pazienti gli
si chiede: si sente più impacciato in certe ore del giorno? Nelle fasi iniziali di malattia non
ci sono le fluttuazioni motorie, dopo qualche anno iniziano e uno può intervenire
modificando la terapia in modo tale da ridurre le fasi di blocco o addirittura farle
scomparire. Negli stadi avanzati di malattia le fasi di blocco diventano poi incontrollabili.
- Freezing
- Disicinesie (movimenti involontari delle braccia e delle gambe)
Replay:
- bradicinesia/acinesia
- rigidità
- modificazione della postura
A questi si associano la festinazione e il freezing e riduzione dei movimenti pendorali. I
sintomi d’accomapagnamento sono:
- disfonia
- faces ipomimica
- micrografia (parto normale e arriva piccolo fino a bloccarsi)
Ipotensione ortostatica, iperseborrea e iperriflessia detrusoriale sono sintomi vegetativi da
accompagnamento.
I parkinsoniani vanno incontro ad una sindrome che si chiama: sindrome delle gambe senza
riposo
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Diagnosi
La diagnosi si fa quando sono presenti 2 dei 3 segni cardinali (bradicinesia/acinesia-rigiditàtremore a riposo) due dei tre devono essere presenti per fare diagnosi di parkinson.
Tipicamente vie è una buona risposta a L-dopa, tuttavia per fare la diagnosi sono necessari
degli esami che sono: TAC, RMN, PET CEREBRALE con marcatore dopaminergico. La PET ci
dirà se esiste una riduzione della dopamina a livello dei gangli della base; tuttavia è necessario
mettere in atto degli esami per escludere patologie che possono determinare la malattia di
parkinson quindi dosaggio degli ormoni tiroidei, inoltre esami ematici di routine.
Se il paziente presenta: tac o rmn negativa, pet che mostra una riduzione della captazione alla
dopamina, gli ormoni tiroidei sono normali, gli esami del sangue sono normali si procede a
somministrare L-dopa, se c’è buona risposta si fa diagnosi di Parkinson.
Trattamento
Il
-
trattamento può essere:
farmacologico
non farmacologico
chirurgico
Farmaci
o
L-dopa (precursore della dopamina che passa la barriera emato-encefalica, di solito
associata alla benserazizide, che è un inibitore periferico della degradazione della
dopamina. E’ necessario la bezerazide per assumere una quantità sufficiente di L-dopa. Le
proteine non si devono associare, con la terapia, perchè riducono l’assorbimento di L-dopa
a livello intestinale. Da tre anni sono stati introdotti in commercio degli inibitori di
degradazione della dopamina a livello del fegato (entacafone). A livello epatico ci sono
degli enzimi che si chiamano COMT. Il farmaco una volta assunto fa un primo passaggio dal
fegato e viene subito degradato, poi passa dal sangue dove viene ulteriormente degradato.
o
Gli inibitori delle MAO non si usano, uguale gli anti-colinergici.
o
L’amantadina, invece, si usa nelle forme iniziali ed è un’antivirale e agisce probabilmente
perchè ha un’azione a livello dei recettori dopaminergici che mima L-dopa.
o
A questi si associano i dopamino-agonisti che stimolano la cellula bersaglio agendo sul
recettore dopaminergico. I nomi sono: pergolide, bromocriptina, rapinirolo, carbegolina e
prominarolo. Dopo circa 5 anni di trattamento con L-dopa iniziano le fluttuazioni motorie
con discinesie e fenomeni on-off. Già nelle fasi iniziali può comparire la nausea che di
solito passa con il domperidone.
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Successivamente gli effetti dei farmaci sono:
- deliri
- allucinazioni
- confusione mentale
Il gioco della terapia con L-dopa è quello di introdurla in modo frazionata, perchè stressa
meno i neuroni.
o
I dopamino-agonisti prima erano considerati i farmaci di prima scelta, ora sono dei farmaci
co-primari insieme all’L-dopa. I dopamino-agonisti danno molti effetti collaterali: nausea,
vomito, attacchi di sonno e ipotensione ortostatica).
o
Gli anti-colinergici possono essere dati quando è presente scialorrea, perchè danno
secchezza delle fauci.
Gli
-
interventi non farmacologici sono:
la riabilitazione
supporto psicologico
nutrizione
Terapia chirurgica
La terapia chirurgica è la cosiddetta stimolazione cerebrale profonda.
Prima si procede, facendo la RMN e si mettono dei marcatori e si stabilisce il punto dove si
vuole mettere l’elettro-stimolatore, di solito a livello del globo-pallido, perchè è a livello di
questo che arrivano le afferenze eccitatorie dell’area premotoria-centrale. Dalla sostanza
nigra arrivano dei comandi eccitatori dall’area premotoria centrale e gli dice scarica sul globo
pallido. Se c’è una riduzione dei neuroni colinergici a livello della sostanza nigra il comando non
parte, l’area premotoria centrale non scarica e quindi si ha una riduzione della modulazione
della scarica elettrica a livello del globo-pallido. Questo si fa con un elettrostimolatore, si va
a bucare direttamente il cervello si arriva al talamo e si lascia l’elettro stimolatore
collegandolo con un filo sottocute che va ad un peace-maker, che scarica.
1° controindicazione-> l’operazione va fatta da svegli e quindi ci vuole grossa collaborazione da
parte del paziente.
2° controindicazione -> il paziente non deve avere > 70 anni perchè aumentano le allucinazioni,
il delirio e c’è una minore risposta.
Da qualche anno è stato introdotto un nuovo intervento possibile anche per le persone > 70
anni (stimolazione della corteccia motoria). E’ intervento più semplice del precedente,
consiste nel togliere un pezzo di teca-cranica, senza toccare la dura madre si posiziona un
elettrostimolatore in corrispondenza dell’area precentrale-motoria. Prima si fa una RMN, poi
vengono messi degli elettrostimolatori e con l’ausilio del navigatore cerebrale,
l’elettrostimolatore viene fissato sulla dura madre, viene risaldato l’osso e viene inserito il
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peace-maker nel sottocute e si va a scaricare sull’area precentrale-motoria. L’intervento si
può fare a pazienti di lunga data, > di 5 anni di malattia, con fluttuazioni motorie non
controllabili con la terapia.
Nella stimolazione della corteccia motoria avere anche un lieve decadimento cognitivo è una
controindicazione relativa non assoluta, invece nella stimolazione cerebrale profonda è
assoluta. Con la 2° c’è una riduzione del 15-20% dei farmaci con la 1° non c’è nessun riduzione
della terapia.
Scale di valutazione
La malattia di parkinson si classifica in diversi stadi secondo la scala di HOEHN e YAHR,
questa scala va da 1 a 5. I vari stadi sono:
1
1-2
2
2-3
3
4
5
malattia unilaterale
malattia unilaterale e disturbi assiali
disturbo bilaterale senza disturbo dell’equilibrio
disturbo bilaterale con disturbo dell’equilibrio ma recupero al test di spinta
disturbo bilaterale da lieve a moderata con iniziali disturbi dell’equilibrio in paziente
ancora autonomo
disabilità severa
paziente costretto alla sedentarietà o allettato
Esistono delle scale di valutazione motorie e cognitive in grado di valutare il pz. parkinsoniano.
C’è ne sono due:
1. La U.P.D.R.S. (Unified Parkinson's Disease Rating Scale) è una scala che serve per valutare
il pz. in tutti gli aspetti che sono coinvolti dalla malattia di parkinson. Questa scala valuta:
l’aspetto mentale, l’attività della vita quotidiana, l’aspetto motorio, rigidità, tremore,
bradicinesia, cadute, freezing, il linguaggio, capacità di deglutire, la possibilità di compiere
in modo ritmico i movimenti, la stabilità posturale, le complicazioni (discinesie, periodi di
on-off).
Questa
è
una
scala
poco
maneggievole.
2. Esiste anche una scala più semplice come la WRS, nata alla fine degli anni 60-70, è una
scala che la possono somministrare anche gli infermieri. Questa scala coinvolge varie voci:
- bradicinesia
- rigidità
- postura
- oscillazioni
- andatura
- tremore
- facies
- seborrea
- parola
- autonomia
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Il punteggio per ciascuna voce va da 0 a 3, il punteggio massimo è 30. Questa scala conviene
farla al ricovero ospedaliero e ogni volta che si nota un peggioramento delle condizioni cliniche
del paziente.
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