Articolo n. 12 del 30 maggio 2005 Il Parkinson non fa piu’ Paura Intervista alla dott.ssa Laura Godi Responsabile Dirigente Medico Responsabile della Struttura Semplice a valenza Dipartimentale di Neurologia dell’ASL 13. Il Parkinson per anni ha riscosso grande paura, ma la testimonianza di una grande personalità come quella di Papa Giovanni Paolo II ha permesso di attirare l’attenzione su questa malattia e di parlarne con meno pudore e soprattutto di farla conoscere ad una più ampia fascia di popolazione. I numerosi servizi televisivi e di stampa hanno rivelato – afferma la dott.ssa Godi - tanti risvolti della vita pastorale e personale del Pontefice. E rivedere, nel tempo di un programma televisivo, la sintesi della sua vita, e in particolare la trasformazione del suo aspetto fisico, ci fa ancora una volta riflettere sulla malattia: il Parkinson. Le parole che Giovanni Paolo II ha pronunciato il giorno della sua nomina nel 1978 - che certamente avevano una valenza più estesa -: “Non abbiate paura..”. devono aiutare anche chi convive ogni giorno con questa malattia. Possiamo affermare che la malattia di Parkinson fa certamente meno paura oggi rispetto a qualche anno fa, perché fortunatamente le risorse scientifiche offrono vari presidi terapeutici. Di cosa si tratta? Il Parkinson è una malattia del sistema extrapiramidale, ovvero di quelle strutture che realizzano non il movimento ma la sua qualità. Nel tempo i malati parkinsoniani pur essendo in grado di compiere tutti i movimenti, lo fanno con difficoltà perché più lenti, impacciati, con tremore. Quali sono i sintomi più comuni? I sintomi cardine sono costituiti da tremore a riposo, rigidità plastica e rallentamento dei movimenti, che vengono semplificati ed impoveriti. A questi si aggiunge la perdita del controllo posturale. I sintomi, spesso asimmetrici, sono la conseguenza di alterazioni degenerative di alcune strutture cerebrali, della sostanza nera in particolare, e per molti anni della malattia con i farmaci che vanno a migliorare la connessione tra le diverse strutture coinvolte nel circuito alterato (Figura 1 vie dopaminergiche cerebrali). Il tasso di incidenza, ovvero il numero di nuovi casi anno, della malattia di Parkinson varia tra 1,9 e 22,1 per 100.000 abitanti, ed aumenta nelle età più avanzate. Nonostante si ipotizzi che all’origine della malattia di Parkinson contribuiscano sia fattori ambientali che ereditari, non è stata ancora individuata una causa specifica; due sono fattori di rischio noti: familiarità per malattia ed esposizione occupazionale a pesticidi, ed un fattore protettivo: esposizione a fumo di sigaretta, per lo sviluppo della malattia. Minori evidenze epidemiologiche supportano l’ipotesi che fattori di rischio siano anche l’esposizione a metalli pesanti e la residenza in aree rurali. Come si diagnostica questa malattia? La diagnosi del Parkinson è basata su criteri clinici e gli esami strumentali che talvolta si richiedono servono ad escludere altre forme di parkinsonismo, cioè di malattie che si manifestano anche con i segni del Parkinson, ma che possono riconoscere cause differenti ed il cui trattamento può essere diverso, spesso meno efficace. Precedentemente ha parlato di sintomi principali, ma ci possono essere altre manifestazioni di tale malattia? Accanto ai classici sintomi motori (tremore a riposo, bradicinesia, rigidità, instabilità posturale, disturbi dell’andatura, riduzione della mimica faciale (ipomimia), difficoltà di linguaggio (disartria, ipofonia), alterazione della scrittura (micrografia) possono essere presenti anche disturbi del sistema nervoso autonomico (ipotensione ortostatica, disturbi urinari, stipsi), sintomi psichici (depressione, apatia, bradifrenia, demenza), disturbi del sonno (frammentazione del sonno notturno, eccessiva sonnolenza diurna, sindrome delle gambe senza riposo). Ancora oggi la diagnosi di “Malattia di Parkinson idiopatica” è clinica. Un’attenta analisi della modalità di inizio dei sintomi citati, della progressione di malattia e della risposta alla terapia possono permettere di effettuare una diagnosi corretta. Accanto alla valutazione clinica, sono da tener presente gli accertamenti neuroradiologici, i test di somministrazione orale, sottocute o endovenosa di farmaci dopaminergici (levodopa o apomorfina) e alcuni esami testanti le funzioni autonomiche. Altri esami? Gli esami strumentali possono essere utili per la diagnosi differenziale anche se le neuroimmagini (TC e RM encefalo) non evidenziano alterazioni specifiche. Più di recente è stato dimostrato che la SPECT integrata con l’anamnesi e la presentazione clinica, è di notevole aiuto diagnostico poiché permette di confermare o di escludere la compromissione del sistema dopaminergico anche in uno stadio precoce di malattia. E’ possibile curare il Parkinson con una terapia farmacologica? Nella malattia di Parkinson La L-Dopa è certamente il farmaco più efficace nel controllo dei sintomi, trasformandosi a livello cerebrale nel mediatore chimico dopamina; il suo uso a lungo termine è tuttavia associato allo sviluppo di complicanze, tra cui le fluttuazioni motorie e le discinesie. La interrompo, può chiarire i due aspetti? Le fluttuazioni motorie sono un fenomeno per cui dopo alcuni anni di assunzione del farmaco il paziente ne avverte l’efficacia solo per alcune ore, ed ha la necessità della dose successiva dovendo pertanto anticipare l’orario della compressa successiva o associare formulazioni a lento rilascio. A volte la fine dose è solo una percezione soggettiva, senza particolare ricaduta motoria; a volte invece è proprio un “blocco motorio” per cui il paziente non riesce a programmare ed eseguire movimenti anche semplici. Le discinesie sono invece dei movimenti in eccesso degli arti e/o del capo, involontari, che possono essere presenti durante le ore di massima efficacia della pastiglia, o solo all’inizio e alla fine della sua azione. La causa delle complicanze motorie è ad oggi sconosciuta; tuttavia sembra legata ad una maggiore perdita dei terminali dopaminergici ed una ridotta capacità di immagazzinamento della dopamina, e ad ipotetiche alterazioni molecolari. Ritorniamo ai farmaci… E’ pratica corrente, in particolare nei pazienti con età inferiore a 70 anni, associare alla L-dopa un farmaco dopaminoagonista, o addirittura far assumere solo quello, rimandando nel tempo l’avvio di L-dopa. Tali farmaci (apomorfina, cabergolina, pramipexolo, ropinirolo) concorrono a stimolare il recettore per la dopamina. Non necessitano di trasformazioni biochimiche a livello cerebrale, hanno una maggiore durata di azione, e per alcuni di essi sono in commercio o di prossima commercializzazione formulazioni differenti da quella per bocca (iniettiva, transdermica…). E’ stato ipotizzato per questi farmaci un meccanismo neuroprotettivo, ma non vi sono chiare conferme scientifiche. Altri farmaci utilizzati sono l’entacapone, la selegilina e la amantadina; intervengono nella riduzione del catabolismo della L-dopa, rendendola maggiormente efficace. E per il futuro cosa si prevede? Nuove prospettive terapeutiche sono aperte dallo studio di farmaci che possano arrestare la degenerazione delle cellule della sostanza nera, e dalle ricerche sui trapianti di cellule staminali che dovrebbero ripristinare la funzione persa. Negli ultimi anni si sono diffuse anche in Italia tecniche di Deep Brain Stimulation (DBS), ovvero di stimolazione cerebrale profonda, per cui uno stimolatore impiantato sottocute (tipo un Pace Maker) viene connesso ad elettrodi inseriti profondamente nel cervello. Tale metodica viene generalmente proposta a pazienti di età non troppo avanzata, che rispondono alla L-dopa ma presentano notevole disabilità indotta dalle fluttuazioni motorie. L’obiettivo della DBS è ottenere un miglioramento della qualità di vita del paziente attraverso un miglioramento delle prestazioni motorie grazie a una corretta combinazione di stimolazione e trattamento farmacologico. Quali altri consigli può dare… Certamente la malattia trae beneficio anche da alcune abitudini di vita e da terapie non farmacologiche. E’ bene sapere ad esempio che l’assorbimento intestinale del farmaco L-dopa può essere ridotto dalla contemporanea assunzione di proteine di origine animale; è pertanto buona norma assumere il farmaco prima dei pasti, spostando le proteine animali (carne, formaggio) alla sera. E’ infine buona regola mantenere una adeguata attività fisica quotidiana, con esercizi di mobilizzazione passiva che contrastino la rigidità e la conseguente riduzione articolare indotta dalla malattia. Le Associazioni presenti sul territorio sono attive, tanto che… L’Associazione Parkinsoniani - sede di Novara e VCO (verbano-cusio-ossola) organizza periodiche sedute di ginnastica per pazienti e familiari presso una palestra di Arona. L’associazione è per i malati occasione di incontro, di conoscenza della malattia e di impegno per iniziative di auto aiuto, tra cui il corso di ginnastica, e merita l’attenzione di tutti. Per chi volesse saperne di più, può contattare l’Associazione al numero telefonico 338 4554539 nelle ore pomeridiane.