Google, un arsenale da 007 - Corriere delle Comunicazioni

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DELLE
www.corrierecomunicazioni.it
n°7. 18 aprile 2011
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Laguerradeicookies
à
Google, un arsenale da 007
Dagli Analytics a YouTube ecco le porte che immettono nella nostra privacy
Andreaciccolini
Google è il campione di spionaggio del web. Il più grande motore di
ricerca del mondo traccia l’utente ottenendo i dati fondamentali per l’industria dell’advertising. La società di
Mountain View cattura informazioni
sui consumatori quando registrano un
account sul sito, quando utilizzano i
servizi offerti da Google, inviano email
o sms alla società e visitano il sito
tramite l’invio di cookie. Questi dati
ufficialmente servono, si legge sul sito
dell’azienda, a “migliorare la qualità
del servizio, nonché a memorizzare
le preferenze dell’utente, migliorare
i risultati di ricerca e la selezione degli annunci e monitorare le tendenze
degli utenti, ad esempio le modalità di
ricerca”. Di fatto vengono utilizzati da
inserzionisti e publisher per conoscere
i gusti dei consumatori e fornir loro
pubblicità mirata. Il grafico (anche
questo ripreso dal Wall Street Journal)
mostra da quanto tempo, per ogni singolo servizio, il sito di Mountain View
raccoglie dati sugli utenti. Nel 1998,
Google:
dati raccolti e posizione
dominante
nella pubblicità
PUBBLICITÀ
anno di fondazione del sito, non viene
raccolto nessun dato, ma già dall’anno successivo, tramite lo strumento
di ricerca, BigG inizia a collezionare
indirizzi Ip per aumentare la racconta
di dati con l’attivazione di nuovi servizi. Fra gli altri, la cronologia delle
ricerche, i contenuti delle email, il
profilo dell’utente, i video guardati,
la localizzazione, la navigazione su
siti terzi, il testo digitato sulla barra
degli indirizzi, le relazioni personali.
Le informazioni raccolte da Google
tramite GMail, MobileMaps, Search,
YouTube e DoubleClick, sono utilizzate per fini di advertising. Mentre i
dati raccolti da Google tramite Toolbar, Analytics, Checkout, Chrome e
Buzz, non vengono sfruttati per scopi
pubblicitari. Per tre servizi che tracciano gli utenti (Search, DoubleClick e
Analytics), l’utilizzo dei dati è ancora
in discussione. Per tutelare la privacy
Google afferma di oscurare l’ultimo
“ottetto” - le ultime otto cifre - dell’indirizzo Ip, ma, secondo il Gruppo di
Lavoro Articolo 29, l’organo consultivo indipendente dell’Ue per la
protezione dei dati personali, questo
sistema non basta a garantire l’anonimato degli internauti. Articolo 29 chiede anche che Google riduca, da nove
a sei mesi, il tempo di permanenza in
chiaro dell’Ip dell’utente nei log. Google, per mantenere un atteggiamento
trasparente sul tracciamento, mette a
disposizione Dashboard, un servizio
che mostra tutte le informazioni sui
dati che ha collezionato sull’utente
registrato. BigG permette anche due
sistemi di opt-out per bloccare il tracciamento.
à
Non usato a scopi pubblicitari
DATO RACCOLTO
Usato a scopi pubblicitari
Utilizzo in discussione
PUBBLICITÀ
Video guardati, caricati
profilo utente
Behaviour
based
Ricerche Google
Indirizzo IP
Content
based
Contenuti
messaggi email
Content
based
Localizzazione
Location
based
WEB site visitati nella
Google AD Network
Behaviour
based
Profilo e relazioni
dell’utente
X
DATO RACCOLTO
X
Navigazione WEB
Cronologie ricerche
X
Navigazione WEB
su siti terzi
X
Nomi, indirizzo
dettagli, transazione
X
History e testo digitato
nella barra degli indirizzi
Fonte: Wall Street Journal
L’intervista. Fabiano Lazzarini (Iab Italia)
Mercati
«Non strozzate
la pubblicità online»
ALESSANDROLONGO
La pubblicità online è un mercato
molto promettente in Italia, anche se
ancora giovane. Ora bisogna scongiurare un pericolo: di tarpargli le ali con
leggi troppo restrittive sulla privacy,
sostiene Iab Italia (Internet advertising bureau). Ce ne parla Fabiano
Lazzarini, general manager di Iab.
Dove si sta indirizzando l’advertising online? L’avvento dei social
network sta modificando la tipologia
e le modalità di advertising?
In termini generali il mercato
cresce (prevediamo un +15% nel
2011). Il ruolo dei social network è
che fanno avvicinare alcuni investitori
alla pubblicità. Piaccia o no, questo
è un mondo che vive anche di mode. E adesso quello che va di moda
sono i social network. Poi però gli
investitori, scoperti i vantaggi della
pubblicità internet, adottano anche gli
altri strumenti. I social network sono
soltanto uno dei tanti. Salvo casi molto
rari, quello che funziona meglio sulla
pubblicità online è l’utilizzo di tutti
gli strumenti. La rete è complessa, da
questo punto di vista, ma quando è
usata bene dà risultati notevoli.
Le aziende che fanno pubblicità
online che cosa si aspettano in termini di ritorni?
Sono gli obiettivi tradizionali della
comunicazione. Brand awareness oppure far trovare un proprio prodotto
L’azienda
è partita
con la raccolta
di dati personali
degli utenti
a un anno
dalla nascita
Ora la maggior
parte dei servizi
offerti viene
utilizzato
per tracciare
le nostre
abitudini
fabiano
lazzarini
general
manager
di Iab Italia
l’associazione
per lo sviluppo
della comunicazione
pubblicitaria
interattiva
à
Gli operatori italiani fanno più fatica degli altri
Ulteriori barriere rischiano di frenare la crescita
invece di quello dei concorrenti. Prima spendevano in pubblicità Internet
solo con i residui di budget. Adesso
ci vanno con molto interesse e con
la volontà di usare il mezzo in modo
scientifico, come già si fa con la tivù.
Ma che cosa di Internet apprezzano di più?
La possibilità di raggiungere clienti
molto ben definiti, con un basso in-
vestimento, e di sperimentare campagne diverse rispetto a quello che
fanno di solito con la pubblicità tradizionale. Va detto tuttavia che solo
alcune aziende italiane riescono già
a valutare il ritorno dell’investimento
su Internet.
L’universo del marketing e della
pubblicità online è spesso finito nel
mirino per lo sfruttamento illecito
dei dati degli utenti attraverso la
profilazione: è vero che esiste un
mercato nero dei dati?
Anche io ne ho sentito parlare,
anche se non ne sono mai venuto in
contatto. Immagino di sì, ma comunque non fa a capo ad aziende serie,
ma a un sottobosco di truffatori. Che
catturano dati personali e poi li usano
per fare phishing online.
Non ci sono investitori pubblicitari che comprano dati ottenuti
illegalmente?
No, non avrebbe senso. Sugli utenti
Internet è possibile avere informazioni
legali, avuti con il permesso dell’utente e che hanno costi non eccessivi.
Perché le aziende dovrebbero andare
nel mercato nero e avere database di
dubbia preferenza?
Iab ha uno “statuto” in tema di
privacy online? Ovvero: le aziende
associate devono rispettare regole
per garantire la corretta applicazione delle norme sulla privacy?
Uno statuto no, ma stiamo lavorando a livello europeo su un codice
di autoregolamentazione. Darà linee
guida agli operatori per orientarli
all’utilizzo dei dati. Non è stato an-
cora deliberato e quindi non posso
darne i dettagli. L’obiettivo però è
permettere all’utente di sapere se ha
cookie sul proprio pc, di scoprire da
quali network pubblicitari vengono e
di rimuoverli se non li vuole.
La legge italiana sulla privacy è
più severa rispetto a quella di altri
Paesi: quali differenze ci sono in termini di gestione e utilizzo dei dati? È
possibile applicare norme nazionali
in un contesto, come quello del Web,
che non ha confini geografici?
Non le nascondo che è una questione molto complicata. Il Web è
per definizione internazionale e per
i grandi attori, che operano su molti
Paesi, è difficile allinearsi alle norme
nazionali. Adesso quello che stiamo
cercando di scongiurare è il passaggio a un regime di opt in per i cookie.
Vorremmo che si rimanesse come ora,
con l’opt out, ma informando bene
l’utente su quello che deve fare per
rifiutare i cookie. Già il nostro Paese
è in ritardo e i nostri operatori fanno
più fatica della media; vorremmo evitare ulteriori barriere per questo che
secondo noi sarà uno dei pochi mercati
in crescita.
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