20. Le guerre del Vietnam
Nel periodo della decolonizzazione in Asia, mentre la Gran Bretagna tendeva a non
contrastare con la forza le aspirazioni dei popoli all’indipendenza, la Francia cercava di
conservare per quanto possibile il proprio impero. Il problema si pose con particolare forza in
Indocina, dove nel 1945 il leader comunista Ho Chi Minh proclamava l’indipendenza del
Vietnam. Come in Cina, anche in Indocina nei decenni precedenti si era formato, accanto ad
un partito moderato, il Partito nazionale, ispirato all’esempio del Guomindang ed espressione
di una borghesia locale favorevole all’accordo con la potenza coloniale, un movimento più
radicale, il Partito comunista del Vietnam, espressione dei contadini poveri e fautore di una
rivoluzione sociale nelle campagne da raggiungere insieme all’indipendenza. Il partito era
stato fondato nel 1931 da Nguyen Ai Quoc, un esule che, dopo aver studiato in Francia, aveva
vissuto a lungo in Unione Sovietica ed in Cina con il nome di Ho Chi Minh.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale e la brusca sconfitta militare della Francia
rafforzarono le posizioni del partito comunista che già nel 1937 aveva conquistato la
maggioranza alle elezioni svoltesi nel sud del paese: nel 1941 per iniziativa dei comunisti si
formò il Vietminh, il Fronte per l’indipendenza del Vietnam. Alla resa del Giappone,
nell’agosto del 1945, il Vietminh lanciò la parola d’ordine dell’insurrezione nazionale che
mosse all’offensiva dalle campagne e dalle montagne del nord. Il 2 settembre 1945 il governo
provvisorio guidato da HoChi Minh proclamò l’indipendenza del paese. Si annunciava inoltre
l’elezione di un’Assemblea costituente, si introduceva la giornata lavorativa di otto ore,
l’uguaglianza dei sessi ed un sistema di istruzione pubblica rivolto ad una popolazione per
l’80% analfabeta. Come in Cina, i beni dei notabili e dei grandi proprietari furono confiscati.
In sintonia con la propria carta costituzionale, la Francia intendeva invece creare una
federazione tra i popoli dei suoi possedimenti in Indocina, riservandosi il controllo militare,
l’emissione di moneta, la politica estera e quella economica. Nel 1945 questa posizione ebbe
l’appoggio degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Con l’appoggio delle truppe britanniche, i
francesi avevano intanto riconquistato il sud del paese. Ho Chi Minh accettò di iniziare una
trattativa con la Francia, ma le pressioni degli ambienti militari e civili francesi presenti in
Indocina, a difesa in particolare dei propri interessi nelle piantagioni di caucciù portarono ad
un conflitto aperto e alla formazione di uno stato del sud, riconosciuto da Stati Uniti e Gran
Bretagna, ed uno del nord, con capitale Hanoi, sostenuto da Unione Sovietica e Cina
popolare. In particolare erano gli Stati Uniti a sostenere gran parte dell’apparato militare dello
stato del sud . Nel 1953 la Francia tentò un’estrema soluzione militare, lanciando un’offensiva
in tutta l’Indocina e costituendo un caposaldo a Dien Bien Phu, nel cuore delle zone
controllate dal nord. Le truppe vietnamite, comandate da Vò Nguyen Giap, circondarono però
i 20.000 soldati francesi della base che si arrese nel maggio 1954, dopo 56 giorni di violenti
combattimenti. Era la più grave sconfitta subita da secoli da una potenza occidentale ad opera
di un popolo asiatico.
Nello stesso anno si svolge la conferenza internazionale di Ginevra per dare una soluzione
negoziata al conflitto, e si giunge ad un compromesso favorito da Stati Uniti, Cina e Unione
Sovietica: vengono costituiti due stati indipendenti, divisi dal 17° parallelo: Vietnam del Nord
e Vietnam del Sud. Gli accordi prevedevano che entro due anni si sarebbero svolte libere
elezioni, nella prospettiva di una pacifica riunificazione. In realtà nessuno rispettò queste
condizioni. Nel nord si avviò un’involuzione autoritaria che vide l’esodo di un milione di
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cattolici verso il sud, la costruzione di un regime a partito unico, la nazionalizzazione della
vita produttiva. Nel sud si aprì una fase di instabilità politica e di lotte tra fazioni politiche e
religiose, mentre i sostenitori di Ho Chi Minh si riunivano con il nome di vietcong (comunisti
vietnamiti) nel Fronte di liberazione nazionale. Le azioni di guerriglia dei vietcong
provocarono dal 1960 la reazione degli Stati Uniti e di Kennedy che cominciò ad inviare
ingenti quantitativi di armi e di denaro, oltre ad alcune centinaia di consiglieri militari. Niente
comunque riusciva a frenare l’offensiva dei vietcong. Agli Stati Uniti non rimaneva che
l’intervento militare diretto: nel 1964 il Senato americano conferiva pieni poteri al presidente
Johnson per difendere “anche con l’uso della forza” la libertà degli alleati asiatici.
Il Vietnam del nord fu così sottoposto a pesantissimi bombardamenti aerei ed il numero dei
soldati americani in Indocina aumentò fino a superare nel 1968 il mezzo milione. Ciò
nonostante nel gennaio 1968, in occasione del Thet, il capodanno buddista, l’esercito
nordvietnamita lanciò una forte controffensiva, decisiva per convincere gli Stati Uniti
dell’impossibilità di una vittoria. Negli Usa inoltre andava crescendo l’opposizione contro la
guerra ed aumentava il numero dei giovani che disertavano dal servizio militare. Nel marzo
1968 vengono quindi interrotti i bombardamenti e si apre un periodo di difficili e prolungati
negoziati, con il nuovo presidente Nixon che prosegue il disimpegno del suo paese,
completato nel 1973. La guerra civile vietnamita proseguì invece fino al 1975, quando le
forze del nord conquistarono Saigon e unificarono il paese. La guerra del Vietnam aveva
pesantemente coinvolto anche i vicini stati della Cambogia e del Laos: nel Laos una lunga
guerra civile si concluse ugualmente nel 1975 con la vittoria del Pathet Lao, partito
filovietnamita, mentre in Cambogia, dove un colpo di stato organizzato dagli Usa aveva
abbattuto il neutralista principe Sihanouk, prevalse la fazione filocinese dei “Khmer rossi”,
guidati da Pol Pot e ispirati da una fanatica ideologia contraria alla modernità e alla civiltà
urbana, che avrebbe prodotto negli anni successivi drammatiche conseguenze per la
popolazione cambogiana.
La fine delle guerre anticoloniali lasciava in eredità alla martoriata Indocina un’acuta tensione
fra Urss e Vietnam da una parte, e Cina e Cambogia dall’altra, che nello spazio di pochi anni
avrebbe dato luogo a nuovi conflitti. Oltre a ingentissimi danni materiali e ambientali e ad una
enorme perdita di vite umane: le vittime americane erano state più di 58.000, le vittime
vietnamite circa tre milioni, due terzi delle quali civili.
UNIVERSITÀ DI PISA, CORSO DI LAUREA DI SCIENZE PER LA PACE
Materiali di studio per l’insegnamento di
“Europa e mondo dall’età moderna all’età contemporanea”
(prof. Marco Della Pina)
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