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Teatro Municipale Valli
6 aprile 2009, ore 20
Mahler Chamber Orchestra
Claudio Abbado, direttore
Nina Stemme, soprano
Ludwig van Beethoven
Ouverture Leonore III in do maggiore op. 72a
Ludwig van Beethoven
Recitativo e aria di Leonore, da Fidelio
Richard Strauss
Vier letzte Lieder
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 5 in do minore op. 67
Edizioni del Teatro Municipale Valli
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Fondazione I Teatri di Reggio Emilia 2009
Ufficio stampa, comunicazione e promozione
L’editore si dichiara pienamente disponibile a regolare le eventuali spettanze relative a diritti di riproduzione per le immagini e i testi di cui non
sia stato possibile reperire la fonte.
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Indice
Programma
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Note biografiche
Claudio Abbado
Nina Stemme
Mahler Chamber Orchestra
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Note di sala
di Enrico Girardi
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I testi
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Beethoven e l’Illuminismo
di Luigi Magnani
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Coincidenze
a cura di Giulia Bassi
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Programma
Ludwig van Beethoven
Ouverture Leonore III in do maggiore op. 72a
Adagio – Allegro
Ludwig van Beethoven
Recitativo e aria di Leonore, da Fidelio
Richard Strauss
Vier letzte Lieder
Frühling
September
Beim Schlafengehen
Im Abendrot
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 5 in do minore op. 67
I. Allegro con brio
II. Andante con moto
III. Allegro
IV. Allegro
Mahler Chamber Orchestra
Claudio Abbado direttore
Nina Stemme soprano
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Gli interpreti – note biografiche
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CLAUDIO ABBADO
Claudio Abbado ha debuttato nel 1960 al Teatro alla Scala di Milano,
di cui è stato direttore musicale dal 1968 al 1986. Dal 1986 al 1991 è
stato direttore musicale della Staatsoper di Vienna e dal 1987 Generalmusikdirektor della città di Vienna.
Nel 1988 ha fondato il Festival Wien Modern, manifestazione di musica
contemporanea, ampliatasi nel tempo fino ad includere diversi aspetti
dell’arte e dal 1991 anche un concorso internazionale per giovani compositori.
Ha diretto la Berliner Philharmonisches Orchester per la prima volta
nel 1966. Nel 1989 l’Orchestra lo ha eletto direttore artistico. Nel 1994
Claudio Abbado è stato nominato direttore artistico del Festival di Pasqua di Salisburgo. A completamento delle produzioni liriche e dei concerti sinfonici, ha inserito un ciclo di musica da camera contemporanea,
un premio per una composizione musicale e un premio per un’opera
letteraria.
Claudio Abbado ha sempre sostenuto i giovani talenti. Nel 1978 ha
fondato la European Community Youth Orchestra, nel 1981 la Chamber Orchestra of Europe e nel 1986 la Gustav Mahler Jugendorchester
dalla quale si è costituita la Mahler Chamber Orchestra.
Dal 2003 è impegnato con la nuova Orchestra del Festival di Lucerna, complesso appositamente creato per Arturo Toscanini prima della
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guerra, e ha tenuto la prima serie di concerti alla guida della nuova
Orchestra nell’agosto 2003; la formazione è composta dalla Mahler
Chamber Orchestra, da alcune prime parti dei Berliner e dei Wiener
Philharmoniker, da solisti di fama internazionale, dall’Ensemble Sabine
Meyer, dall’Hagen Quartett e da elementi dell’Alban Berg Quartett.
Nasce poi a Bologna nel 2004 l’Orchestra Mozart, di cui è direttore
musicale ed artistico. Nel novembre di quell’anno, presso l’Accademia
Filarmonica di Bologna, è stato insignito del Premio Kythera, che ha
devoluto in borse di studio a due giovani musicisti della nuova orchestra.
A Caracas e a l’Havana, nel gennaio 2005, Abbado inizia a fare musica
con l’orchestra Simon Bolivar alla quale si sono aggiunti giovani di tutti
i paesi del Sudamerica, per dare vita all’Orquesta de Jòvenes Lanitoamericanos, una formazione multiculturale e multirazziale di ben 285
elementi tra i 15 e i 24 anni. Questa esperienza si inserisce nella mastodontica iniziativa portata avanti da trent’anni da José Antonio Abreu,
che coinvolge duecentoquarantamila (240.000!) giovani musicisti, molti
dei quali tolti dal mondo poverissimo dei barrios e delle favelas, a cui è
stata data la possibilità di ricevere degli strumenti e un’adeguata educazione.
Fra le incisioni discografiche di Claudio Abbado ricordiamo l’integrale
delle opere sinfoniche di Beethoven, Mahler, Mendelssohn, Schubert,
Ravel, Cajkovskij, Prokof ’ev, opere di Verdi, Rossini, Mozart e Wagner.
Nel 2000 è uscita l’edizione integrale delle Sinfonie di Beethoven con
i Berliner Philharmoniker, acclamata quanto la serie di esecuzioni dal
vivo delle Sinfonie e dei Concerti per pianoforte di Beethoven tenutesi a
Roma e a Vienna nel febbraio 2001, realizzate in DVD. Le sue incisioni
hanno ricevuto i premi più prestigiosi: International Grammy Award,
Grand Prix International du Disque, Diapason d’or, Record Academy
Prize, Stella d’oro, Orphée d’or e Grand Prix de la Nouvelle Académie.
Claudio Abbado ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il Pre-
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mio Freud, la Gold Medal of the International Gustav Mahler Society,
l’Ehrenring (1973), la Medaglia d’Oro Nicolai dei Wiener Philharmoniker (1980), la Mozart Medaille, la Mahler Medaille, la Schubert Medaille, l’Ehrenring der Stadt Wien, il Premio Nonino (1999). La Repubblica Italiana lo ha insignito della Gran Croce Ordine al Merito e della
Medaglia d’oro ai Benemeriti della cultura e dell’arte, quella francese
della Grand Croix de la Légion d’Honneur, la Repubblica austriaca
della Grosse Goldenes Ehrenzeichen. In Germania ha ricevuto la
Grosse Verdienstkreuz e l’Ernst-von-Siemens-Musikpreis, è stato eletto
“direttore dell’anno” dalla stampa tedesca (2001), gli è stato consegnato
il Würth-Preis della Jeunesses Musicales e il premio della critica “Kritikerpreis des Verbandes der deutschen Kritiker” (2002). Nello stesso
anno il Presidente della Repubblica Federale Tedesca, per l’alto valore
del lavoro artistico svolto a Berlino, lo ha insignito del massimo riconoscimento dello stato: Das Grosse Verdienstkreuz mit Stern. Nel maggio
2004 gli è stato conferito la “Ernst Reutter Plakette” della Città di Berlino. Nel 2003 ha ricevuto la Medaglia d’Oro della Royal Philharmonic
Society London, il prestigioso Praemium Imperiale della Japan Arts Association e il premio della critica musicale italiana “Franco Abbiati”. Le
Università di Cambridge, Aberdeen, Ferrara e della Basilicata gli hanno
conferito la laurea honoris causa.
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Foto: Tanja Niemann
NINA STEMME
Di origine svedese, Nina Stemme è presente nei più importanti teatri
d’opera internazionali. Dopo il suo debutto come Cherubino, in Italia, si è esibita all’Opera di Stoccolma, alla Staatsoper di Vienna, alla
Semperoper di Dresda, all’Opera di Ginevra, all’Opera di Zurigo, al
San Carlo di Napoli, al Liceu di Barcellona, al Metropolitan di New
York, all’Opera di San Francisco, e ai Festival di Bayreuth, Salisburgo,
Savonlinna, Glyndebourne, Bregenz.
Ha interpretato: di Puccini, La bohéme (Mimì), Madama Butterfly (Cio-CioSan), Tosca (Tosca), Manon Lescaut (Manon) e Suor Angelica (Suor Angelica); di J. Strauss figlio, Die Fledermaus (Rosalinde); di Čajkovskij, Evgenij
Onegin (Tatjana); di Gluck, Orphée et Eurydice (Eurydice); di Šostakovič,
Lady Macbeth del distretto di Mcensk (Katerina); di Mozart, Le nozze di Figaro
(la Contessa); di Gounod, Faust (Marguerite); di Weber, Der Freischütz
(Agathe); di Berg, Wozzeck (Marie); di Janáček, Jenůfa (Jenůfa); di R.
Strauss, Der Rosenkavalier; di Wagner, Die Meistersinger von Nürnberg (Eva),
Tannhäuser (Elisabeth), Lohengrin (Elsa), Der fliegende Holländer (Senta) e Die
Walküre (Sieglinde); di Verdi, Un ballo in maschera (Amelia), Forza del Destino (Leonora) e Aida (Aida). Ha debuttato come Isolde (Tristan und Isolde
di Wagner) a Glyndebourne, ora divenuto un dvd.
Ha inoltre interpretato Isolde nella famosa registrazione Emi del Tristan und Isolde con Placido Domingo e con grande successo al festival di
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Bayreuth e all’Opera di Zurigo. Recenti punti di eccellenza sono state
le sue interpretazioni di Arabella a Goteborg e di Ariadne all’Opera di Ginevra, Sieglinde e Brünnhilde (Siegfrid) nel nuovo Anello dei Nibelunghi
all’Opera di Vienna.
Tra le incisioni in cd ricordiamo: Tristan und Isolde (Emi); Greek Passion
(Koch Schwann); König Kandaules (Andante); The Flying Dutchman (in
inglese/Chandos); scena finale di Salome e Capriccio e Four Last Songs
(Emi); Nina Stemme Singt Lieder (Phaedra); In Flanders’ Fields (Phaedra); e
tra le incisioni in dvd: Der Rosenkavalier; Aida; Jenůfa; Tristan und Isolde.
Tra i suoi prossimi impegni, si segnalano Tristan und Isolde al Bavarian
State Opera di Monaco alla Houston Grand Opera e Royal Opera
House Covent Garden di Londra, il suo debutto in Salome al Gran Teatre del Liceu di Barcelona e Teatro Real di Madrid, Ariadne in Ariadne
auf Naxos al Metropolitan Opera di New York, Brünnhilde nel Ring a
San Francisco, in Valkiria alla Scala di Milano, in Götterdämmerung a Atene, Der Fliegende Holländer e Rusalka al Bavarian State Opera di Monaco,
Tannhäuser all’Opera Bastille di Parigi, Fidelio al Covent Garden di Londra e in versione concerto con Claudio Abbado al Festival di Lucerna,
e Un ballo in maschera alla Royal Opera di Stoccolma.
Terrà inoltre recital a Strasburgo, Parigi, Milano, Roma, così come concerti a Stoccolma, Copenhagen, Madrid, Amburgo, Ferrara, Lucerna,
Carlstadt.
Nina Stemme è stata insignita del titolo di “Cantante della Corte Reale Svedese” nel 2006 ed è membro della Accademia Reale Musicale
Svedese; nel giugno 2008 il re di Svezia le ha consegnato la Medaglia
“Litteris et Artibus”.
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MAHLER CHAMBER ORCHESTRA
La Mahler Chamber Orchestra è un ensemble unico nei nostri giorni,
per struttura, prestigio e qualità esecutiva. La sua organizzazione e il
modo di operare la rendono un modello per il futuro orchestrale europeo. Composta da circa quaranta musicisti provenienti da venti nazioni
diverse, indipendente dalla pressione di sponsor esterni, la MCO esegue
opere e concerti in tutto il mondo, in città come in festival esclusivi, dal
Polo Nord al Mar Rosso. L’orchestra è stata fondata nel 1997 dagli stessi
musicisti e da Claudio Abbado, riuscendo da allora a dare un contributo originale e determinante per la vita musicale europea.
Daniel Harding ha raggiunto una posizione centrale nell’orchestra nel
1998, a ventidue anni, quando ha assunto il ruolo di primo direttore
ospite; nel 2003, è stato scelto come direttore ed è stato nominato direttore principale a partire dal 2008. A Harding è affidato un quarto dei
più importanti progetti di ogni stagione dell’orchestra. Ha lavorato con
l’orchestra sulla maggior parte delle opere chiave del periodo classico
– incluse le più importanti opere di Mozart, e un ciclo di musiche di
Beethoven. Da qualche tempo, l’attenzione è rivolta al repertorio romantico, che sta sviluppando con una vitalità e ricchezza di sfumature,
fortemente influenzati da un approccio cameristico.
Nella stagione 2008/09, la MCO eseguirà sinfonie, opere, e musica
da camera in 38 città attraverso undici nazioni. Altri importanti part-
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ner artistici oltre a Claudio Abbado e Daniel Harding, sono i direttori
Yannick Nézet-Séguin, Marc Minkowski, Tugan Sokhiev, Thomas
Hengelbrock, Kent Nagano e Robin Ticciati. Fra i solisti si segnalano:
Waltraud Meier, Susan Graham, Janine Jansen, Christian Tetzlaff, Renaud Capuçon, Hélène Grimaud, Fazil Say e Pierre-Laurent Aimard.
I debutti per questa stagione sono previsti al Musikverein di Vienna, al
Megaron di Atene e al Festival Mattei in Svezia. Progetti speciali hanno
previsto Fidelio con Claudio Abbado e Der Freischütz con Thomas Hengelbrock, cosi come una tournée europea con Daniel Harding.
L’orchestra è regolarmente ospite in Asia e Sud America, ed ha avuto
il suo debutto del 2007 a New York, alla Carnegie Hall. In Europa la
MCO è accolta dai più conosciuti produttori e festival dal sud dell’Italia
al nord della Norvegia: ha relazioni con Lingotto Musica di Torino, Bologna Festival, Teatro Regio di Parma, Alte Oper di Francoforte, Musikfest di Brema, Théâtre des Champs-Élysées di Parigi, Mozartwoche
di Salisburgo, Musikfestival Grafenegg, Festival Harstad nel nord della
Norvegia e Festival di Aldebourgh a Snape.
Nel 1998, la MCO è diventata l’orchestra residente a Ferrara Musica.
Grazie a questa residenza, l’orchestra ha eseguito oltre ottanta serate
fra opere e concerti negli ultimi undici anni, incontrando compositori e
solisti di talento.
Dal maggio 2009 la MCO ha trovato una nuova residenza nella regione
settentrionale della Westfalia. I più grandi teatri di questa residenza saranno quelli di Dortmund, Essen e Colonia; i partner e gli sponsor della
MCO in questa avventura sono il Kunststiftung NRW e lo stato federale
del nord Rhein-Westphalia. Insieme al teatro e all’Orchesterzentrum
NRW di Dortmund, la MCO ha programmato concerti ed opere per i
prossimi tre anni, cosi come una serie di progetti educativi. Il soggiorno
si apre con Der Freischütz di Weber diretta da Thomas Hengelbrock al
Konzerthaus Dortmund. La MCO è profondamente legata al Festival
di Lucerna dal 2003, da quando Claudio Abbado ha dichiarato l’orchestra il punto centrale della Lucerne Festival Orchestra.
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Progetti operistici formano spesso una parte della programmazione dell’MCO, e sono eseguiti grazie a cooperazioni internazionali con famosi
teatri e festival come Festspielhaus Baden-Baden, Munich Opernfestspiele, Vienna Festwochen, Holland Festival, Teatro Real di Madrid e
i teatri di Reggio Emilia, Ferrara e Modena.
Il debutto internazionale della MCO è avvenuto dopo pochi mesi dalla
sua fondazione, con l’esecuzione del Don Giovanni di Mozart al Festival
di Aix-en-Provence, registrato sia in audio che in video. Insieme a Daniel Harding, l’orchestra ha eseguito tutte le grandi opere mozartiane
negli ultimi anni.
Claudio Abbado è stato nominato Direttore dell’Anno per la sua produzione nel 2008 di Fidelio con la MCO, mentre la produzione di Patrice
Chéreau di Da una casa di morti di Janácek diretta da Pierre Boulez, ripresa in dvd, ha vinto il premio di Opera dell’Anno nel 2007.
Nei suoi dieci anni di vita la MCO ha effettuato molte registrazioni
che le sono valsi premi prestigiosi. Tra le incisioni realizzate con Daniel
Harding vi sono Don Giovanni e The Turn of the Screw (Choc de l’Année 2002), i concerti per violoncello di Haydn con Gautier Capuçon
(Choc du monde de la musique 2003) e la Quarta Sinfonia di Mahler.
Con Marc Minkowski è stata registrata per Deutsche Grammophon la
Sinfonia fantastique di Berlioz che ha ottenuto il premio della Deutschen
Schallplattenkritik 2003.
Con Claudio Abbado, sempre per Deutsche Grammophon, sono stati
incisi i concerti per oboe di Lebrun e Mozart con Albrecht Mayer, arie
d’opera italiane con Anna Netrebko, i Concerti per violino di Stravinskij
e Berg con Kolja Blacher (Diapason d’or) e il Secondo e Terzo Concerto
per pianoforte e orchestra di Beethoven con Martha Argerich, registrati
dal vivo a Ferrara, album che ha ottenuto il Grammy Award nel 2006.
Nel 2007 è stata pubblicata una registrazione dal vivo del Concerto per
violoncello di Schumann e della prima Serenata di Brahms.
Nell’ottobre del 2008 esce la registrazione del Concerto per violino di
Ciajkovskij con Janine Jansen. Imminente l’uscita di un album di arie
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romantiche con il tenore Jonas Kaufmann e Claudio Abbado registrato
lo scorso dicembre all’Auditorium Niccolò Paganini di Parma.
Foto Andreas Richter
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Primi Violini
Gregory Ahss* Concert Master
Ken Aiso
Cindy Albracht
Eoin Andersen
Isabelle Briner
Annette zu Castell
Kirsty Hilton
Meesun Hong
Julia-Maria Kretz
Geoffroy Schied
Henja Semmler
Lina Tur Bonet
Secondi Violini
Irina Simon-Renes*
Paulien Holthuis
Jana Ludvickova
Nicolas Ortiz
Janka Ryf
Kio Seiler
Yunna Shevchenko
Giacomo Tesini
Mette Tjaerby-Korneliusen
Akemi Uchida
Viole
Joel Hunter*
Florent Bremond
Michelle Bruil
Lilli Maijala
Anna Puig Torné
Alexandre Razera
Pauline Sachse
Delphine Tissot
Violoncelli
Konstantin Pfiz*
Raphael Bell
Florian Berner
Stefan Faludi
Stefano Guarino
Philipp von Steinaecker
Contrabbassi
Bozo Paradzik*
Sung-Hyuck Hong
Burak Marlali
Rick Stotijn
Flauti
Chiara Tonelli*
Julia Gallego
Francisco Varoch Estarelles
(ottavino)
Andrew Cunningham
(ottavino)
Oboi
Mizuho Yoshii*
Emma Schied (corno inglese)
Christelle Chaizy
Clarinetti
Marco Thomas*
Jaan Bossier (clarinetto basso)
Gaelle Burgelin
Fagotti
Andrea Zucco*
Chiara Santi
Alessandro Battaglini
(controfagotto)
Intendant/General
Manager
Prof. Andreas Richter
Direttore principale
Daniel Harding
* Prime parti
Corni
Alessio Allegrini*
Giuseppe Russo
Geremia Iezzi
Stefan Oetter
Trombe
Christopher Dicken*
Bernhard Ostertag
Robert Baxter
Tromboni
Joaquin Vicedo Davo*
Johnathan Randall
Mark Hampson
Tuba
Nicholas Etheridge
Timpani
Martin Piechotta*
Arpa
Sandrine Chatron
Celesta
Enrico Cacciari
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Note di sala
di Enrico Girardi
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Beethoven
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Prima e al di là di ogni suo aspetto linguistico, “morale” e contenutistico, Fidelio, unico titolo operistico del catalogo di Beethoven, è un
Singspiel, lavoro strutturalmente connotato dalla continua alternanza
di parti recitate (Spielen in tedesco significa appunto recitare) e di numeri
musicali cantati (Singen = cantare). Questi ultimi, dunque, arie, duetti,
terzetti, quartetti o concertati che siano, non sono preceduti da recitativi
ma da veri e propri dialoghi in prosa. E ciò è tipico del resto di tutti i
generi comici (si pensi all’opéra-comique francese o alla zarzuela spagnola),
fatta eccezione per l’opera buffa italiana che invece alterna i numeri
musicali con altri segmenti cantati, ossia i recitativi secchi (declamazione ritmica del testo accompagnata da una semplice base armonica
realizzata solitamente da uno strumento a testiera con il rinforzo di un
violoncello). Ma ciò non toglie che tra il Singspiel e l’opera buffa vi sia
una significativa analogia, sempre di ordine strutturale: in vista di un
numero intonato da un personaggio importante, di rango tale che potrebbe anche figurare in un’opera seria, accade cioè che la relativa aria
sia preceduta da un recitativo accompagnato dall’orchestra (brano dal
peso specifico assai maggiore del recitativo secco dell’opera buffa e, a
maggior ragione, del corrispondente segmento in prosa del Singspiel).
Lo si vede nelle opere buffe di Mozart (si pensi alle arie del Conte e della
Contessa nelle Nozze di Figaro, per dire il primo esempio che corre alla
mente), ma lo si vede anche in Fidelio, precisamente in due casi. L’uno
è quello dell’aria di Florestano che apre l’ultimo atto, l’altro è quello
dell’aria di Leonora, quella eseguita nella presente occasione, che nella
versione primitiva dell’opera (1805, in tre atti) figura come n.11 alla fine
del secondo atto e che sia nella versione successiva (1806, in due atti) sia
in quella definitiva (1814, in due atti) appare collocata al n. 9 verso la
fine del primo atto.
In quel mentre Fidelio (ossia la protagonista Leonora nel suo travestimento maschile) ha appena realizzato che il misterioso prigioniero
ingiustamente rinchiuso in carcere è il marito Florestano, sparito senza
lasciare traccia. Si raccoglie in se stessa e dopo aver biasimato (nel re-
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citativo) come la natura umana obnubilata dalla collera politica possa
essere priva anche della minima ombra di pietà, fa appello (nell’aria)
alla Speranza affinché la sorregga nel proposito di tentare ogni via per
recare, se non la salvezza, almeno un po’ di conforto all’amato. Si tratta
dunque di un “numero” privo di azione, o meglio, innervato da un’azione esclusivamente psicologica. Ed è al tempo stesso il cuore dell’opera,
perché è proprio in virtù della carica emotiva qui introiettata che la
donna troverà lo slancio e il coraggio che le permetterà di salvare la vita
a lui, al contempo affermando i valori eterni della giustizia e dell’amore
coniugale.
L’amarezza delle riflessioni che danno vita al recitativo si esprimono
attraverso una declamazione nitida, scultorea, ben profilata, sopra
un’orchestra che alterna le classiche scansioni accordali proprie di questa forma a figurazioni ritmiche agitate (come le sestine di sedicesimi
dell’esordio). Una transizione rapida ma intensa (al cui interno il passo
si stabilizza armonicamente dal sol minore iniziale al definitivo mi maggiore) conduce poi direttamente, senza soluzione di continuità, all’aria,
preannunciata da un bel canto di corni e fagotto: un brano bipartito
con una prima sezione in tempo Adagio (invocazione alla Speranza)
e una successiva in tempo Allegro con brio (risoluzione ad agire, costi
quel che costi), entrambe in mi maggiore. Anche qui il passaggio tra
la morbida, luminosa cantabilità del tempo lento alla spigolosa drammaticità di quello rapido avviene attraverso una transizione condotta
da una serie di figurazioni che impegnano soprattutto gli strumentini.
Formalmente simile a una cabaletta, quest’ultima sezione prevede due
esposizioni del tema principale, intervallate da un segmento di raccordo
armonicamente assai vivace.
La funzione dell’orchestra, che dialoga con la voce mai attestandosi in
una funzione di mero accompagnamento, rende questo brano più simile a un’aria da concerto che a un’aria operistica in senso stretto, il che
giustifica la sua frequente apparizione nei programmi da concerto.
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«I Vier letzte Lieder (Quattro ultimi Lieder) – lo afferma Quirino Principe,
studioso quanto mai autorevole della figura d’artista di Richard Strauss
– sono l’ultima maschera del compositore, che in essi intonò un’elegia
sul tramonto della grande musica occidentale e della tradizione classico-romantica tedesca». Struggenti, appassionati, essi si chiudono con
una immagine speculare rispetto a quella del viandante schubertiano,
che tale irripetibile tradizione aveva inaugurato. Così infatti recitano
gli ultimi versi di Eichendorff: «siamo così stanchi del cammino / è
così, forse, che si muore?». Ed è proprio su di essi che Strauss cita il se
stesso di Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione), il celebre poema
sinfonico di impronta tardo-romantica e decadente che aveva composto
sessant’anni prima, sublimando così anche il cerchio della propria parabola personale di musicista.
Tanto si è detto a riguardo dell’evoluzione degli anni giovanili e della
presunta involuzione degli anni della maturità del musicista di Monaco:
i Quattro ultimi Lieder, se si vuole identificare la storia della musica con la
storia del linguaggio musicale, non sarebbero altro che l’ultimo esempio
dell’anacronismo, dell’assoluta inattualità della produzione dello Strauss
degli ultimi decenni: proprio quello Strauss che con Elektra, opera rappresentata nel 1909, aveva segnato uno degli approdi più autorevoli a
ciò che si identifica con il moderno in musica. Benché la composizione
non segua la forma strofica suggerita dai testi, ma persegua una sua
fraseologia interna, fatta di liberi rimandi tematico-strutturali, la logica compositiva è infatti ancora sostanzialmente tonale, per quanto di
una tonalità intesa in senso tanto “allargato” da renderne quantomeno discutibile ogni classificazione armonica in chiave “funzionale”. A
maggior ragione ove si consideri che i tortuosi percorsi armonici che
vengono realizzati nella trama sinfonica dell’opera non sono finalizzati
alla messa in atto di una dialettica ancora wagneriana tra tensione e
distensione, quale si riscontra nella produzione giovanile ed ancora in
opere come Die Frau ohne Schatten (1919) o Die Ägyptische Helena (1928,
1933). Ma serve, al contrario, a stabilire un’immediatezza, un’adesione
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Strauss
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persino “madrigalistica” al dettato, quando semantico e quando emotivo, dei testi qui collazionati, che si verifica anche (e si potrebbe dire,
ancora una volta) attraverso il sensazionale magistero strumentale dello
Strauss orchestratore, tale da inglobare nel proprio tessuto persino la
stessa linea sopranile del canto.
Eppure. Al di là di ogni concezione estetica e/o poetica, i Quattro ultimi
Lieder sono una delle creazioni più alte del Novecento musicale, a dimostrazione che la bellezza è categoria indipendente da ogni sua pur necessaria formulazione storico-filosofica. Strauss li compose mentre era
in esilio nei Grigioni, poiché accusato di implicazioni con il nazismo.
L’ordine di composizione – Im Abendrot (maggio 1948); Frühling (luglio
1948); Beim Schlafengehen (agosto 1948), September (settembre 1948) – non
corrisponde a quello con cui i Lieder furono pubblicati da Boosey &
Hawkes nel 1950 e con il quale essi vengono tradizionalmente eseguiti.
L’aggettivo letzt non era nelle intenzioni del musicista (che difatti compose un successivo Lied, Malven, nel novembre del 1948), ma fu imposto
– con felice scelta, si deve riconoscere – dallo stesso editore. Strauss non
ebbe modo di ascoltarli eseguiti: la prima esecuzione, con il soprano
Kirsten Flagstadt e Wilhelm Furtwängler alla guida della Philarmonia
Orchestra di Londra, ebbe luogo al Royal Albert Hall di quella città il
22 maggio 1950.
Compositore scettico e sensuale, abile come pochi altri di toccare le
corde del tragico e del comico, autore teatrale per eccellenza proprio
per la capacità di tradurre in idee musicali plastiche, quasi tangibili,
ogni possibile moto dell’animo umano, Strauss si congeda dal mondo
con questi Lieder che sembrano certificare l’attesa, se non la certezza,
della morte intesa come pacificazione, come il giungere di un gesto sereno e carezzevole: una morte che dice che quanto ci si lascia alle spalle
non sono i concetti, le idee, tantomeno i principi, ma i colori dell’estate
settembrina, il canto delle allodole, il frusciare delle foglie, lo splendore
di un paesaggio. Insomma, la vita; quella vita che vale la pena di essere
vissuta per chi abbia imparato a riconoscere e a dare un nome al Bello.
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La Sinfonia n.5 in do minore Beethoven la compose tra il 1804 e il 1807 e
la dedicò al principe Lobkowitz e al conte Rasumowsky (lo stesso dei tre
Quartetti op. 59). La prima esecuzione ebbe luogo a Vienna al Theater
an der Wien il 22 dicembre 1808, in una memorabile serata monografica comprendente anche la Sinfonia n.6 “Pastorale”, il Concerto n.4 per
pianoforte e orchestra e la Fantasia per pianoforte, soli, coro e orchestra.
Lo studio della genesi rivela che l’opera rappresentò un capitolo tutt’altro che facile per l’autore, che l’aveva abbozzata ancor prima della
Quarta ma che la riprese e la portò a conclusione solo in un secondo
momento, dopo averla lasciata riposare in un cassetto per lungo tempo.
Non solo. Il manoscritto, così pieno di cancellature e rifacimenti, dice
quanto tormento l’opera deve aver causato al suo creatore. Il che, alla
luce dell’immensa fortuna di cui essa ha sempre goduto, suona paradossale. La Quinta infatti è da sempre percepita come pagina esemplare,
icona dell’autore, del suo tempo, del sinfonismo tout-court. Un’opera-manifesto, come tale sottoposta a un processo di mitizzazione che non ha
uguali nell’intera storia della musica occidentale.
Ma è proprio in tale paradosso che si rivela la natura profonda dell’arte
beethoveniana. Opera “giusta”, misurata, squadrata, proporzionata,
classica: così essa giunge all’ascoltatore ma come frutto di un incessante,
anche faticoso lavoro di “composizione” (risparmiamoci il termine “ricerca”, ma non sarebbe fuori luogo), e non come la naturale conseguenza del montaggio di una serie di materiali uniformi. Come edificare un
palazzo fatto di pietre una diversa dall’altra, ma non meno perfetto di
un secondo costruito con mattonelle già squadrate di per se stesse: in
altre parole, una forma regolare ottenuta con materiali irregolari.
Si osservi ad esempio la “contabilità” relativamente al primo movimento: 124 battute di esposizione, 128 di sviluppo, 121 di ripresa e 129 di
coda. All’interno dell’esposizione – e della ripresa, seppure con minute
ma necessarie varianti armoniche – la prima regione armonica (motto
di 5 battute e primo tema di 16) occupa 21 battute, 37 il ponte modulante, 36 il secondo tema e altre 30 l’estensione dello stesso secondo tema.
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Questi “numeri” non sono senza significato, sebbene possano interessare
assai poco l’ascoltatore. Né si pretende che quest’ultimo si dedichi a tale
grigia ragioneria per meglio capire e apprezzare la logica dell’eloquio
beethoveniano. Ma il fatto che vi sia sostanziale identità di proporzione
tra le quattro sezioni del movimento, che il ponte modulante abbia durata doppia del primo tema e che il secondo tema, completo della sua
estensione (o “codetta”, secondo una antica terminologia), sia a sua volta il doppio del ponte: ciò rappresenta la ragione “architettonica” per
cui una pagina come questa suggerisce quel senso tutto particolare di
giustezza che anche l’ascoltatore più distratto vi rintraccia. Raramente
si trovano testi musicali al cui riguardo si possa con altrettanta sicurezza
affermare, come fece l’indimenticabile Leonard Bernstein, non potersi
toccare nemmeno una nota senza che la perfezione del disegno ne risenta totalmente. Ogni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa.
Per ciò la Sinfonia n.5 in do minore, oltre che la più nota, amata ed eseguita
del catalogo beethoveniano, è il paradigma stesso del genere. Scontro
epico di forze uguali e contrarie, materiali di straripante energia, massima drammaticità e massimo lirismo nello spazio di poche battute, un
senso plastico, solidissimo, inattaccabile della forma: della più classica
– non dimentichiamolo – delle forme! Come non pensare, ad esempio,
alla centralità del motto d’apertura – il proverbiale “destino che bussa
alla porta” –, al modo in cui si traduce lungo tutto lo scheletro della
composizione. Alla coerenza assoluta che genera. Come s’insinua nello
Scherzo (che tale è seppure l’autore non lo indichi più come tale), come
si stempera, rabbioso, nel tema fugato di contrabbassi del Trio; come si
amplifica, glorioso, nella luminosa perorazione del Finale, dopo che nella ripresa dello Scherzo si era ridotto a mera figura ritmica, misteriosamente evocata dal timpano tra i pedali sospesi degli archi. E, in mezzo,
nel secondo movimento, quale lirismo si diffonde, quando l’appassionato tema di violoncelli in apertura si presta, senza mai perdere la sua
natura, al gioco delle variazioni, interrotto tre volte da fanfare d’ottoni
che già preannunciano l’ottimismo luminoso dell’apoteosi finale.
33
Difficile non cadere nella retorica, quando si parla di quest’opera. Non
a caso le pagine più durature su di essa provengono dalla fantasia degli
scrittori, prima che dall’osservazione analitica dei musicologi. A cominciare da E. T. A. Hoffmann, che tra i primi registrò, ascoltandola,
non solo lo slancio sfrenato che sarebbe risultato caro ai romantici, ma
soprattutto “l’unitarietà e la logica interiore”, ovvero la dimensione profondamente classica, la solidità dell’edificio, la simmetria, l’equilibrio
tra le parti.
34
I testi
35
Recitativo e Aria
da Fidelio, Primo atto, n.9
Leonore
Leonore
Abscheulicher! wo eilst du hin?
Was hast du vor – in wildem Grimme?
Des Mitleids Ruf, der Menschheit Stimme, –
(heftig)
rührt nichts mehr deinen Tigersinn?
Doch toben auch wie Meereswogen
dir in der Seele Zorn und Wut,
so leuchtet mir ein Farbenbogen,
der hell auf dunkeln Wolken ruht;
Der blickt so still, so friedlich nieder,
der spiegelt alte Zeiten wieder,
und neu besänftigt wallt mein Blut.
Komm, Hoffnung, laß den letzten Stern
der Müden nicht erbleichen!
O komm, erhell’ mein Ziel, sei’s noch so fern,
die Liebe, sie wird’s erreichen.
Scellerato! Dove t’affretti?
Che mediti con selvaggio furore?
Il richiamo della pietà, la voce dell’umanità –
(con ferocia)
non toccano più il tuo cuore di tigre?
Ma se, come i marosi, imperversano
nella tua anima rabbia e furore,
per me riluce un’iride
che posa luminosa su cupe nubi;
riluce così serena e pacifica,
specchio di tempi antichi,
e ancora il mio sangue fluisce placato.
Vieni, speranza, non far impallidire
l’ultima stella a me affranta!
O vieni, illumina la mia meta, pur sì lontana,
l’amore la raggiungerà.
Ich folg’ dem innern Triebe,
ich wanke nicht,
mich stärkt die Pflicht
der treuen Gattenliebe.
O du, für den ich alles trug,
könnt’ ich zur Stelle dringen,
wo Bosheit dich in Fesseln schlug,
und süßen Trost dir bringen!
Seguo l’impulso interiore,
io non vacillo,
mi dà forza il dovere
d’un fedele amore di sposa!
O tu, per cui tutto sopportai,
possa io penetrare là
dove la malvagità ti tiene in catene,
e portarti dolce conforto!
36
Vier letzte Lieder
Quattro ultimi Lieder
Frühling
Primavera
In dämmrigen Grüften träumte ich lang
von deinen Baümen und blauen Lüften
von deinem Duft und Vogelsang.
Nun liegst du erschlossen in Gleiß und Zier,
von Licht übergossen wie ein Wunder vor mir.
Du kennst mich wieder, du lockst mich zart.
Es zittert durch all meine Glieder
deine selige Gegenwart
(H. Hesse)
In fosse oscure sognai con rimpianto
I verdi alberi, i tuoi sereni azzurri,
il tuo profumo, degli uccelli il canto.
Ora, piena di grazie, qui per me ti dischiudi;
circonfusa di luce, d’un prodigio m’illudi.
Di nuovo mi conosci, e con dolce irruenza
mi attiri. Trema in me, in tutte le mie membra,
di te, del tuo ritorno, la beata presenza.
September
Settembre
Der Garten trauert
kühl sinkt in die Blumen der Regen.
Der Sommer schauert
still seinem Ende entgegen.
Triste il giardino: la pioggia è caduta
Fresca sui fiori reclini.
Rabbrividisce l’estate: muta,
va incontro alla sua fine.
Golden tropft Blatt um Blatt
nieder vom hohen Akazienbaum,
Sommer lächelt erstaunt und matt
in den sterbenden Gartentraum.
Da foglia a foglia stillan gocce d’oro
dall’alta acacia, giù. Smorta, l’estate
sorride affaticata: il suo stupore
nel morente giardino si dilata.
Lange noch bei den Rosen
bleibt er stehen, sehnt sich nach Ruh.
Langsam tut er die großen
müdgewordenen Augen zu.
(H. Hesse)
Là, fra le rose, ancora lungamente
essa indugia, a cercar requie laggiù.
Poi, lentamente,
gli occhi ormai stanchi chiude sempre più.
37
Beim Schlafengehen
Andando a dormire
Nun der Tag mich müd gemacht,
soll mein sehnliches Verlangen
freundlich die gestirnte Nacht
wie ein müdes Kind empfangen.
Sono stanco del giorno: ora è il momento
che la notte, col suo cielo stellato,
ogni mio desiderio dolcemente
accolga come un bimbo affaticato.
Hände laßt von allem Tun,
Stirn, vergiß du alles Denken,
alle meine Sinne nun
wollen sich in Schlummer senken.
Mani, lasciate ogni vostro lavoro,
dimentica tu, fronte, ogni pensare;
tutti i miei sensi e sentimenti, ora,
vogliono giù nel sonno sprofondare.
Und die Seele, unbewacht,
will in freien Flügeln schweben,
um im Zauberkreis der Nacht
tief und tausendfach zu leben.
(H. Hesse)
E nei liberi voli errabonda
si libererà l’anima incustodita;
nel cerchio magico, in notte profonda,
potrà vivere mille e mille vite.
Im Abendrot
Al tramonto
Wir sind durch Not und Freude
gegangen Hand in Hand,
vom Wandern ruhen wir
nun überm stillen Land.
Attraversando la pena e la gioia
Camminammo, la mano nella mano;
del lungo andar, di sua fatica e noia,
ora in terra silente riposiamo.
Rings sich die Täler neigen,
es dunkelt schon die Luft,
zwei Lerchen nur noch steigen
nachtträumend in den Duft.
Intorno inclinano le valli; avanzano
L’ombre quaggiù, mentre l’aria s’annera.
Due allodole soltanto ancor s’innalzano,
sognando, nel profumo della sera.
Tritt her und laß sie schwirren,
bald ist es Schlafenszeit,
daß wir uns nicht verirren
in dieser Einsamkeit.
Vien qui vicino, lasciale garrire,
tra poco è l’ora che gli occhi si chiudono,
e non vorrei che tu e io smarrire
ci dovessimo in questa solitudine.
O weiter, stiller Friede,
so tief im Abendrot.
Wie sind wir wandermüde ist dies etwa der Tod?
(J. von Eichendorff)
Pace, silenzio, avanza più vicino
qui nel tramonto che ti apre le porte.
Noi siamo stanchi, stanchi del cammino…
Forse è questa la morte?
© 2009 Traduzione di Quirino Principe
38
Beethoven e l’Illuminismo
di Luigi Magnani
da: Beethoven nei suoi quaderni di conversazione,
cap. II “Ideali sociali e passione politica”, Einaudi, Torino,1975.
La prima parte del capitolo è stata pubblicata sul programma di sala del concerto
del 26 novembre 2008 con Claudio Abbado, Margarita Höhenrieder e Mahler Chamber Orchestra.
39
Beethoven
40
Alcuni passi dei Quaderni stanno a rivelare una insospettata problematica che sorge dall’intimo contrasto tra la sua coscienza individuale e la
società che lo attornia.
Se Beethoven si scaglia contro quella forma concreta di oppressione
della personalità umana, che si identifica nell’assolutismo e nei privilegi
di un ordinamento ancora feudale – e può intendersi come la constatazione di una triste ineluttabile realtà l’ambigua frase da lui scritta nei
Quaderni: «Gewalt, die eins ist vermag alles gegen die Mehrheit die es
nicht ist» («Il potere, che è uno, può tutto contro la maggioranza, che
non lo è») – non sa tuttavia reprimere, lo vedemmo, la sua istintiva insofferenza a riconoscersi e a identificarsi nel popolo: «...hier ein[e] Liicke herrscht, die sollte ausgefullt werden, den[n] ich gehore nicht gemass
meine[r] Bescheftig[ung] unter diese pleb[ejer] M[as–se]» («... qui una
lacuna deve essere colmata perché io non appartengo per la mia attività
a questa massa plebea»).
L’ideale democratico e rivoluzionario non sembra trovare adeguata e
concreta rispondenza nella realtà della vita, cede nel conflitto che si determina tra la sua aristocratica individualità e l’indistinta massa popolare, tra lo spirito di grandezza che è in lui e il Geist der Klemichkeit, la gretta
mentalità piccolo borghese, tra la chiara coscienza della sua superiorità
e il sentirsi relegato di fatto in una classe sociale inferiore.
Quando in seguito ad una notizia pubblicata in un lessico si era sparsa la
voce che Beethoven fosse figlio naturale di Federico il Grande, anziché
darne una pronta smentita ed esigerne una rettifica, come gli amici suggeriscono con insistenza, egli sembra piuttosto compiacersene. Avevano
un bel ripetergli che egli «non abbisognava ricevere lustro da un re»;
ma intanto il Landrecht, la Corte speciale di Vienna, per non aver egli
potuto provare la sua nobiltà di nascita, gli aveva inferto l’umiliazione
di respingere il ricorso per la tutela del nipote, rinviandolo al tribunale
comune, con conseguenze catastrofiche sull’andamento della causa che
tanto gli stava a cuore. «Questo trasferimento della causa – scrisse poi
Schindler – costituì per Beethoven un gravissimo colpo. Attribuiva egli
una così grande importanza al fatto di essere considerato nobile dal41
l’opinione pubblica? È difficile a dirsi. Si può tuttavia essere certi che né
il suo genio né la sua opera gli avrebbero assicurato il posto privilegiato
che egli occupava nell’ambiente aristocratico, se la nobiltà non lo avesse
considerato uno dei loro. La prova si ebbe ripetutamente da quando la
decisione presa dall’Alta Corte fu resa di pubblica ragione. Resta il fatto
che dopo la decisione del Landrecht austriaco la grande città di Vienna
divenne troppo piccola per il nostro maestro offeso e che, se egli non
fosse stato trattenuto dai doveri di cui le ultime volontà del fratello lo
avevano investito, egli avrebbe fatto allora quel viaggio in Inghilterra di
cui aveva sovente parlato e sarebbe rimasto forse a lungo in questo paese
di cui egli già molto apprezzava le istituzioni politiche».
Se la sua estrazione familiare lo esclude dalla classe privilegiata, la
profonda coscienza del suo valore lo eleva non solo sul popolo ma sui
principi. «Di principi ce ne sono e ce ne saranno delle migliaia – di
Beethoven non ce n’è che uno» aveva gridato durante un diverbio a
Lichnowsky, suo protettore ed amico.
Egli si rifiutava infatti di riconoscere ciò che un uomo e «per casualità di
nascita», sminuiva l’importanza della condizione sociale cui appartiene,
non per livellare gli uomini in basso o in alto, ma per stabilire una nuova gerarchia di valori, per affermare l’autentica superiorità degli höhere
Menschen, degli spiriti eminenti, che costituiscono quella vera aristocrazia, fiore di umanità, cui egli sa di appartenere.
Aristocrazia rivoluzionaria la sua, in lotta contro la falsa superiorità e la
supremazia della classe dominante ed insieme contro la mediocrità spirituale e la vita miseramente egoista della classe borghese, disprezzate
entrambe da Beethoven perché entrambe di ostacolo al libero sviluppo
della personalità umana, all’affermazione piena del merito individuale.
Questo ideale umanistico, che lo Sturm und Drang aveva posto al centro
delle sue aspirazioni, era destinato ad entrare in conflitto con la realtà
storica di un’epoca ancora asservita a un ordinamento feudale e suscitare il disagio di intime contraddizioni negli spiriti indipendenti, restii ad
adeguarsi ai limiti e alle esigenze livellatrici della borghesia cui appartenevano e di cui pur auspicavano il trionfo.
42
Non diversamente da Goethe, che si era imposto «sich selbst zu leben»,
di vivere tutto se stesso, anche Beethoven aveva anelato di poter «vivere
mille volte la vita», insofferente delle caste chiuse ma anche dell’apertura verso una concezione democratica, che anteponga la società all’individuo, i doveri ai diritti dell’uomo.
Goethe e Beethoven giustificano infatti il loro istintivo prepotente individualismo identificandolo con la natura, che ha la supremazia su ogni
forma meditata di ordinamento e di organizzazione, di cui riconoscono
l’opportunità pratica, ma cui si rifiutano di sottostare.
«Solo la natura – dice Werther – è infinitamente ricca, e lei sola forma il
grande artista. Si possono dire molte cose sulla utilità delle regole, all’incirca quanto si può dire in lode della società borghese»: ove la semplice
e pur così eloquente contrapposizione tra la spontanea forza creativa
della natura e la pratica utilità degli ordinamenti umani, sia nell’arte
che nella vita sociale, implica un giudizio di valore che trova pieno consenso nell’animo di Beethoven.
La sua notoria ammirazione per Federico il Grande non era originata
infatti soltanto da ragioni sentimentali, come vanno insinuando nei
Quaderni gli amici («Janitschek – dice Peters – pensa che voi amiate
tanto Federico il Grande perché deve essere vostro padre»), e neppure
da ragioni politiche. In quel tempo di incertezze e di contraddittorie
tendenze la figura del re di Prussia poté apparire a molti in Germania
come esempio storico destinato a rafforzare il principio sempre più
sentito e diffuso della unità nazionale tedesca e Beethoven, al pari di
Goethe, ammirò in quel sovrano non solo il mito astratto dell’eroe, ma
la grandezza dell’uomo che aveva saputo affermare vittoriosamente la
propria personalità, rivendicare i propri diritti.
Era questa la suprema finalità dell’individuo: un volere che è potere,
azione in atto, libertà. «Vouloir et agir c’est precisement la meme chose qu’être libre» aveva detto Voltaire, propugnando una libertà che si
identifica con la coscienza e con l’umanità della vita. L’azione appariva
necessariamente determinata dal pensiero: doveva infatti bastare che
43
gli uomini conoscessero questa idea della libertà per sentirsi spinti a
realizzarla. L’artista, non meno del filosofo e del politico, aveva il dovere
di renderia manifesta agli uomini di buona volontà per conquistarli alla
sua causa.
Questa corrente di pensiero, trionfante nella Francia rivoluzionaria, era
giunta, attraverso la mediazione di Kant, a Beethoven che l’accolse, la
fece propria, la visse con passione. Essere libero significò anche per lui,
come per Voltaire, avere coscienza dei diritti dell’uomo, come per Kant,
volere ciò che si deve.
Il diritto di Natura, affermato ed esaltato dall’individualismo francese del
Settecento, doveva infatti trovare equilibrio nel sentimento del dovere,
elevarsi a legge morale. Intimamente legato a questa concezione illuministica, Beethoven la sostiene contro la nuova tendenza romantica
che al diritto naturale oppone il diritto acquisito, all’indipendenza e
alla libertà individuale la dipendenza alle istituzioni sociali e alle leggi;
tendenza di cui si fa portavoce, in una conversazione raccolta dai Quaderni, l’amico giornalista Karl Bernard.
Questi aderendo alle teorie di moda nega infatti l’esistenza del diritto
naturale: «si è sempre pensato che ve ne fosse uno, ma poiché non esiste
alcun stato di natura non si può concedere tale analogo diritto. I diritti
vengono originati solo in seno alla società. Se io sono isolato non ho
alcun diritto e nessuno può vantarne su di me. Lo stato di natura presuppone l’uomo senza restrizioni; non appena egli fa parte di un gruppo
sociale ha restrizioni e riguardi e deve osservare doveri verso gli altri;
questi ne hanno a loro volta da osservare verso di lui, e li può esigere
poiché anch’egli li deve assolvere. Questi sono i suoi diritti, che non possono aver luogo nello stato di natura, poiché allora l’uomo è solo».
Pur da queste categoriche negazioni e affermazioni, come dall’insistenza polemica con cui Bernard ripete gli argomenti, è dato poter intuire
l’opposizione di Beethoven, il suo pensiero, la sua fede nella trascendenza dell’idea del diritto, il suo apriorismo, l’affermazione dell’esistenza
di un diritto naturale insito nell’animo dell’uomo anteriormente al
44
formarsi degli aggregati sociali, l’accettazione del concetto dello stato di
natura, come pietra di paragone della società presente, condizione ideale
insita nel fondo incontaminato dell’uomo, da cui sorge il perenne richiamo al bene, alla verità, alla libertà.
Bernard ha un bel ribattere: «Non c’è alcuno stato di natura poiché
allora dovrebbe esistere un uomo completamente solo». Il filosofo orecchiante che pretende di confutare Rousseau, opponendogli argomenti
da questi già superati e risolti, mostra di non averlo neppure inteso a
dovere. Così quando dimostra che diritti e doveri sono reciproci nella
vita sociale, che il diritto si identifica nelle restrizioni a tutto ciò che si
vorrebbe fare agli altri e nella esigenza che gli altri osservino lo stesso
riguardo verso di noi, non scopre nulla di nuovo, come vorrebbe far
credere a Beethoven. Sebbene Bernard affermi con sufficienza e arroganza, quasi a vantare una sua superiorità culturale, che «tutto questo
non si trova esposto nei manualetti» (Lehrbuchern), quella sua tesi che
non esista individualità se non in rapporto alla comunità e che solo in
seno ad essa si esplichi la vita del diritto, ci riporta in realtà a Fichte,
alla Grundlage des Naturrechts (Fondamento del diritto naturale), ove appunto
la vita del diritto viene integrata dal suo aspetto oggettivo, sociale e
statale, accentuata l’estrinsecazione del singolo rispetto ai propri simili.
Principi questi per altro già impliciti nel Contratto sociale di Rousseau,
donde Kant e Fichte trassero ispirazione di idee e da cui giunse per via
diretta o mediata a Beethoven la fede nei diritti dell’uomo, l’aspirazione
ideale ad una libertà in cui il singolo obbedisca alla volontà universale,
riconosciuta come la propria, libertà che l’uomo e la società devono
conquistare come una redenzione.
Arte e politica sembrano qui integrarsi per essere entrambe mezzo di
azione volto allo stesso fine, per ispirarsi ad uno stesso ideale di umanità
e di libertà, per assumere alto carattere morale. «L’uomo non è fatto
per meditare, ma per agire» riafferma con Rousseau tutto l’illuminismo
tedesco.
Nessuno poteva né doveva sottrarsi alla grande opera di rinnovamento
45
spirituale e sociale allora in atto che, tutti ormai lo avvertono, stava preparando un nuovo avvenire al mondo.
Der Menschheit Würde ist in eure Hand gegeben,
bewahret sie!
Sie sinkt mit euch! Mit euch wird sie sich heben!
«La dignità umana è posta nelle vostre mani, custoditela! Essa decade
con voi! Con voi si eleverà!» aveva ammonito Schiller rivolgendosi agli
artisti.
La coscienza di questo grande compito suscita in Beethoven una nuova
tensione interiore, che egli domina e dirige verso ideali chiaramente determinati, quali trovano piena espressione nella Nona Sinfonia. Come la
poesia per Herder, la musica per Beethoven diviene «impeto di azione»,
assume una funzione sociale, risuona come espressione di nuovi valori
spirituali, destinati ad agire sulle realtà umane.
«Comporre, questo non significa per voi agire? – chiede Schindler a
Beethoven. – È un atto straordinario».
«Se si sapesse cosa voi pensate con la vostra musica» dice Grillparzer. E
Kuffner: «Le parole sono censurate: per fortuna i suoni, che rappresentano le parole e conferiscono loro forza, sono ancora liberi».
Mediante questo linguaggio eloquente e segreto Beethoven poteva
esprimere e trasmettere ad altri spiriti le idealità supreme e assolvere in
questo la sua missione di artista.
E non si equivochi su quel «pensare», e su quel «rappresentare», né si
attribuisca un senso significante e concettuale alla sua musica, pur così
nutrita di fatti e di idee. Una musica la sua in cui fatti ed idee sono elevati alla sfera del sentimento, in cui la coscienza individuale e l’universale
si conciliano in una superiore unità, pensiero ed immagine poetica si
compenetrano e si fondono in virtù di una folgorante intuizione assoluta, di quella «intellektuelle Anschauung» di cui, come la poesia tragica
per Hölderlin, anche la musica di Beethoven può dirsi metafora.
46
Coincidenze
47
1805
Beethoven, Recitativo e aria di Leonore da Fidelio
Beethoven, Concerto n.4 in sol maggiore per pianoforte ed orchestra op.58;
Romanza in fa maggiore per violino ed orchestra
Muore Boccherini
Milano: Napoleone diventa re d’Italia (che viene assorbita così nell’Impero Francese).
Napoleone riceve la corona e pronuncia la storica frase “Dio me l’ha data, guai a chi
la tocca”; la Repubblica di Genova viene annessa all’Impero Francese.
Nasce una forte coalizione antifrancese, la terza, capeggiata dagli inglesi cui
aderiscono ora Russia, Austria, Svezia; mentre la Spagna si schiera con la Francia.
Simòn Bolìvar durante il suo viaggio a Roma, si trova a sostare nella zona di Monte
Sacro. Qui ascolta commosso il racconto della tragica vicenda dei Tribuni della
Plebe e pronuncia il solenne giuramento di consacrare la propria vita alla conquista
della libertà per i Paesi dell’Americ meridionale oppressi dal dominio spagnolo.
Il 21 ottobre: battaglia navale di Trafalgar. Gli inglesi distruggono quasi
completamente la flotta francese e spagnola comandate dal generale Villeneuve.
Nello scontro muore Orazio Nelson ammiraglio inglese, ma gli inglesi con questa
vittoria si assicurano il predominio del mare. Napoleone dà battaglia sulla terra
ferma attaccando gli austriaci a Ulm. Bonaparte scompagina i piani del generale
austriaco Mack. Infligge agli austriaci una pesante sconfitta, catturando 30.000
prigionieri. Poi occupa Vienna.
Nella battaglia di Austerlitz l’esercito napoleonico infligge una pesante sconfitta
alle forze austriaco-russe. L’imperatore austriaco Francesco I, sfiduciato da questa
ennesima disfatta, si arrende e firma la Pace di Presburgo.
Terremoto a Napoli seguito da un’eruzione effusiva del Vesuvio.
I fratelli Albrecht, missionari tedeschi anglicani, aprono la strada alla conquista
germanica, fondando una missione a Warmbad, nell’Africa sud-occidentale.
1806
Beethoven, Ouverture Leonore III op. 72a
Beethoven, Sinfonia n.4 in si bemolle maggiore op.60; Concerto per violino in re
maggiore op.61; Sonata per pianoforte n.22 ; Ventidue Variazioni in do minore per
pianoforte (1806-7).
Muore Haydn.
Weber, Sinfonia n.1.
48
In Egitto, gli inglesi sono sconfitti a Rosetta dall’esercito egiziano. Il Pascià dell’Egitto
Mohammed Ali intima l’immediata espulsione delle truppe inglesi dalla sua terra.
Inizia per l’Egitto la grande riforma.
In Germania dopo la sconfitta dei prussiani, nella Confederazione del Reno entra
anche la Sassonia. A perdere il titolo d’Imperatore del Sacro Romano Impero, è
Francesco II d’Asburgo, cui resta soltanto il titolo di imperatore d’Austria e cambia il
nome in Francesco I, ciò comporta l’estinzione formale del Sacro Romano Impero (6
agosto).
Il 1 gennaio in Francia viene abolito il Calendario Rivoluzionario Francese.
Il 15 marzo Napoleone sconfigge re Ferdinando I, dei Borboni, e nomina re di
Napoli suo fratello maggiore Giuseppe.
Scoppia a Soveria Mannelli in Calabria una sommossa contro i francesi che durerà
ininterrottamente fino al 1815.
Napoleone trasforma la Repubblica Batava in Regno d’Olanda nominando re
il fratello Luigi. Il 12 luglio Napoleone costituisce la Confederazione del Reno,
comprendente la Baviera, Baden e Württemberg, ma sempre sotto l’egemonia
francese. La Prussia reagisce inviando un ultimatum ai francesi di lasciare la zona
tedesca fino al Reno.
Con l’arrivo delle truppe di Napoleone Bonaparte il Regno di Napoli ottiene la
cosiddetta eversione della feudalità con la legge n. 130. Le truppe napoleoniche
compiono il drammatico assedio e sacco della piccola città lucana Lauria dove si
concentrò una durissima resistenza anti-francese (Massacro di Lauria).
Grazie a Napoleone il Liechtenstein ottiene la propria sovranità.
Il 15 ottobre l’esercito prussiano viene affrontato e battuto nella Battaglia di Jena.
I prussiani sono inseguiti da Napoleone fino alla città di Berlino che viene così
occupata dai soldati dell’imperatore francese.
In dicembre, dopo tre giorni di eroici sforzi, si conclude la resistenza di Maratea, e
il colonnello Alessandro Mandarini consegna dignitosamente il Castello di Maratea
alle truppe napoleoniche guidate da Maximen Lamarque.
1807
Beethoven, Sinfonia n. 5 op. 67
Beethoven, Ouverture Coriolano e Leonore n.1; Quartetti d’archi op.59
“Rasumovsky”; Messa in Do maggiore; ‘In questa tomba oscura’, arietta
Spuntini La Vestale, opera
Paganini, Sonata Napoleone
49
Georg Wilhelm Friedrich Hegel pubblica la Fenomenologia dello spirito.
Viene abolita la più antica delle Federazioni politiche d’Europa, la Reggenza dei
Sette Comuni.
L’8 febbraio si registra la battaglia tra Francia e Russia-Prussia a Eylau, vinta dalla
Francia.
Napoleone Bonaparte e lo zar Alessandro I si incontrano a bordo di una zattera sul
fiume Niemen per firmare il trattato di pace tra Russia e Francia che prenderà il
nome di Pace di Tilsit.
Francia e Spagna stipulano a Fontainebleau un trattato segreto per la spartizione del
Portogallo tra queste, che tuttavia non ebbe mai seguito.
Viene scoperto 4 Vesta che è l’unico asteroide visibile ad occhio nudo dalla Terra.
A Londra il Pall Mall è la prima strada illuminata da lampioni a gas.
1948
Richard Strauss, Vier letzte Lieder
Strauss, Duetto-Concertino per clarinetto, fagotto ed archi
Muoiono Giordano, Léhar e Wolf-Ferrari
Kodály, Czinka Panna, opera
Malipiero, Mondi celeste e infernali, opera (1948-9); Sinfonia n.7 Delle canzoni ; Concerto
per pianoforte n.3
Stravinskij, Messa per coro e doppio quintetto di fiati; The Rake’s Progress, (1948-51)
Prokov’ev, Il fiore di pietra balletto (1948-53)
Hindemith, Concerto per tromba, fagotto e archi; Settimino per fiati
Poulenc, Quatre petites prieres per coro
Dallapiccola, Quattro liriche di Antonio Machado, per soprano e pianoforte
Britten, St. Nicholas, per voci e strumenti
Bernstein, Four Anniversaries, per pianoforte
Il 1 gennaio entra in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana.
La Birmania ottiene l’indipendenza dal Regno Unito.
Viene firmato un armistizio tra le forze nazionaliste indonesiane e l’esercito olandese.
Il leader pacifista indiano Mahatma Gandhi è assassinato da un estremista indù.
In Cecoslovacchia: colpo di stato (Colpo di Praga) con il quale prende il potere il
partito comunista.
Francia, Gran Bretagna e Benelux firmano il Trattato di Bruxelles che istituirà la
Unione Europea Occidentale e ispiratore della istituzione della NATO.
Viene creato a Parigi l’organizzazione europea per la cooperazione economica 50
OECE, per la ripartizione degli aiuti previsti dal Piano Marshall.
Il segretario di Stato USA George Marshall, in un discorso all’Università di Berkeley,
afferma che lo stanziamento di 176 milioni di dollari a favore dell’Italia sarebbe
venuto meno nel caso di una vittoria elettorale delle sinistre in quel Paese.
Inizia il blocco di Berlino Ovest da parte delle truppe controllate dal governo
sovietico.
Viene assassinato in Colombia il leader liberale Jorge Eliecer Gaitan, si scatena la
cosiddetta Violencia, uno dei periodi più bui della storia colombiana del secolo XX.
In aprile: elezioni politiche in Italia per il primo parlamento repubblicano. La
Democrazia Cristiana ottiene il 49% dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi.
Luigi Einaudi viene eletto dalle Camere riunite del Parlamento Presidente della
Repubblica Italiana
Israele dichiara la propria indipendenza. Contingenti militari provenienti da Egitto,
Transgiordania, Libano, Siria, Iraq e Arabia Saudita attaccano Israele. La guerra
costa al nuovo Stato la vita di 6000 cittadini tra civili e soldati (l’1% dell’intera
popolazione ebraica del neonato Stato).
26 giugno: inizio del ponte aereo alleato verso Berlino Ovest in risposta al blocco
sovietico.
Un giovane universitario liberale, Antonio Pallante, spara al segretario del PCI
Palmiro Togliatti che rimane gravemente ferito. In Italia si sfiora la guerra civile.
Gli Stati Uniti riconoscono il governo della Corea del Sud. La Repubblica di Corea
viene stabilita a sud del 38º parallelo.
Negli Stati Uniti si tengono le Elezioni presidenziali: Harry Truman sconfigge lo
sfidante Thomas E. Dewey.
Gino Bartali vince il suo secondo Tour de France.
Esce il primo albo di Tex fumetto western creato da Gian Luigi Bonelli e Aurelio
Galleppini.
Fonti: Cronologia universale, Roma, Newton Compton, 1996
Dizionario della musica e dei musicisti, Utet, 1994
www.musicweb.uk.net/Classpedia/index.htm
51
Fondazione
Consiglio di amministrazione
Presidente
Graziano Delrio
Vice Presidente Vicario
Giuseppe Gherpelli
Giorgio Allari
Enrico Baraldi
Maria Brini
Annusca Campani
Elena Montecchi
Paola Silvi
Revisori dei conti
Carlo Reverberi presidente
Gianni Boni
Roberto Davoli
Direttore artistico
Daniele Abbado
Consulente musicale
Cesare Mazzonis
Consulente per la Danza e RED
Fabrizio Grifasi
53
Comitato di Indirizzo
Marco Bindocci
Giorgio Cucchi
Sandra De Pietri
Alessandro Di Nuzzo
Silvia Grandi
Alessandro Panizzi
Loretta Piccinini
Emanuela Vercalli
Pasquale Versace
Gigliola Zecchi Balsamo
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Fondazione
Segreteria artistica e organizzativa
Costanza Casula
Lorella Govi
Marina Basso
Segretario generale
Daniela Spallanzani
Amministrazione
Paola Azzimondi
Maurizio Ghirri
Wilma Meglioli
Elisabetta Miselli
Personale
G. Paolo Fontana capo settore
Luisa Simonazzi
Copia e protocollo
Sabrina Burlamacchi
Federica Mantovani
Maria Carla Sassi
Archivio Biblioteca Editoria
Susi Davoli capo settore
Liliana Cappuccino
Stampa, comunicazione e promozione
Mario Vighi capo ufficio stampa
Paola Bagni
Veronica Carobbi
Roberto Fabbi
Angelo Martini
Lorenzo Parmiggiani
Francesca Severini
Biglietteria
Cinzia Trombini
Luca Cagossi Usai
Concorso “Premio Paolo Borciani”
Mario Brunello direttore artistico
Francesca Zini
Servizi tecnici di palcoscenico
Andrea Gabbi direttore tecnico
Federico Bianchi
Mauro Farina
Brunella Spaggiari
Tecnici elettricisti
Luciano Togninelli
Gianluca Antolini cabinista
Marino Borghi
Luca Cattini fonico
Ousmane Diawara
Fabio Festinese
Guido Prampolini
Roberto Predieri
Tecnici macchinisti
Giuseppe Botosso
Gianluca Baroni
Maurizio Bellezza
Carmine Festa
Massimo Foroni
Gianluca Foscato
Renzo Grasselli
Alan Monney
Luca Prandini
Andrea Testa
Sartoria
Monica Salsi
Maria Grazia Landini
Servizi generali
Maria Grazia Conforte
Cristina Gabbi
Mariella Gerace
Giuseppina Grillo
Lorena Incerti
Claudio Murgia
Sergio Petretich
Patrizia Zanon
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Paola Benedetti Spaggiari, Enea Bergianti, Franco Boni, Gemma Siria Bottazzi, Gabriella Catellani Lusetti,
Achille Corradini, Donata Davoli Barbieri, Anna Fontana Boni, Grande Ufficiale Comm. llario Amhos Pagani,
Comm. Donatella Tringale Moscato Grazia Maria di Mascalucia Pagani, Paola Scaltriti, Mauro Severi,
Corrado Spaggiari, Deanna Ferretti Veroni, Vando Veroni, Gigliola Zecchi Balsamo
Gianni Borghi, Vanna Lisa Coli, Andrea Corradini, Ennio Ferrarini, Milva Fornaciari,
Giovanni Fracasso, Silvia Grandi, Claudio Iemmi, Franca Manenti Valli, Ramona Perrone,
Viviana Sassi, Alberto Vaccari
Le attività di spettacolo e tutte le iniziative per i giovani e le scuole sono realizzate con
il contributo e la collaborazione della Fondazione Manodori
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