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Attualità | IN EVIDENZA
L’artroscopia e la chirurgia mininvasiva dell’anca nel trattamento dell’artrosi:
il Cof di Lanzo è sempre all’avanguardia
di Maria Fiore
L
scopia d’anca al BUPA Cambridge Lea Hospital e il dott. William Harris a Boston, dirigente
del centro di chirurgia protesica al Massachussets General Hospital. Andrea Fontana è
iscritto a diverse associazioni scientifiche tra
cui l’International society for hip artroscopy
e nuove frontiere della chirurgia mininvasiva consentono un maggiore risparmio
di tessuti, osso e muscolo, e una dispersione minima di sangue. L’obiettivo del trattamento è eliminare il dolore e garantire un
recupero funzionale che permetta al paziente di svolgere le proprie attività quotidiane
in autonomia. Spesso le patologie dell’anca
sono dovute all’artrosi, una malattia degenerativa, che si instaura progressivamente e
negli anni conduce a una disabilità crescente.
L’intervento all’anca in artroscopia è indicato
nella maggioranza dei casi in cui c’è una fase
iniziale di artrosi. L’obiettivo è duplice ed è
quello di risolvere sia i sintomi del paziente,
prevalentemente il dolore e la limitazione dei
movimenti, sia di prevenire la degenerazione
dell’articolazione ed evitare quindi o posticipare la necessità di dover eseguire un intervento di protesi.
Ne abbiamo parlato con il dottor Andrea
Fontana, chirurgo responsabile della Sezione
Ortopedia 1 al Cof Lanzo Hospital, Clinica ortopedica fisiatrica di Lanzo d’Intelvi (Como).
Lo specialista in ortopedia e traumatologia
ha lavorato nel campo dell’artroscopia e della chirurgia protesica dell’anca con alcuni dei
massimi esponenti internazionali, il dottor
Richard Villar a Cambridge, esperto in artro-
Andrea Fontana, chirurgo
responsabile della Sezione Ortopedia
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COF di Lanzo
(Isha), la European society
of knee and arthroscopy e la
Società italiana di ortopedia
e traumatologia.
Dottor Fontana,
parliamo di chirurgia
mininvasiva…
«Si tratta di un insieme di tecniche chirurgiche che utilizzano vie di accesso minime,
che riducono il trauma della
parte coinvolta. Il concetto
di mininvasività non è legato però alla lunghezza della
cicatrice chirurgica, ma al di
risparmio di tessuti, di muscoli e di osso ed al rispetto
dell’anatomia. Nel caso del-
la protesi d’anca la cosa più
importante da ottenere nel
corso dell’operazione è una
buona visione dell’articolazione. Di conseguenza se
l’intervento riesce con una
incisione piccola, che lascerà
una cicatrice irrilevante, tanto di guadagnato. Tuttavia
non è questo l’obiettivo».
Che cosa è l’artroscopia
dell’anca?
«È la vera chirurgia mininvasiva dell’anca e previene la
sua degenerazione. Questa
procedura consente, attraverso due o tre piccole incisioni, di trattare le patologie
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dell’anca che sono l’anticamera dell’artrosi. Negli ultimi
anni si sono sviluppate molte
conoscenze sulla chirurgia
pre-artrosica dell’anca. Si è
visto che l’artrosi ha un’incidenza sulla popolazione
molto più elevata di quanto
si possa pensare. E spesso
viene confusa con le patologie della schiena».
Quali sono i primi segni
dell’artrosi?
«Non sono localizzati all’anca, ma si manifestano frequentemente con una lombalgia. Sarebbe molto utile
per i pazienti, che accusano
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mal di schiena e non riescono a risolverlo con
le terapie antiinfiammatorie, fare degli accertamenti alle anche, che poi il medico di base
trasmette all’ortopedico».
Perché il paziente che soffre di artrosi all’anca avverte prima il dolore alla schiena?
«La motivazione è legata a due fattori. L’anca
è un’articolazione molto profonda ed è difficile che il paziente riesca a localizzare il dolore. La schiena è coinvolta nella patologia della deambulazione. Nel camminare i problemi
all’anca si trasmettono alla schiena perché lo
schema della deambulazione viene alterato».
Dopo la prima fase di accertamento
tramite il medico di base si arriva dal chirurgo ortopedico. In quali casi si prevede l’artroscopia dell’anca?
«L’intervento di artroscopia è previsto nella
maggioranza dei casi nei quali c’è una fase
iniziale di artrosi dell’anca. L’obiettivo è quello di risolvere i sintomi del paziente, che
spesso si manifestano con il mal di schiena e
successivamente causano dolore localizzato
all’inguine o al gluteo e difficoltà nei movimenti. Inoltre l’artroscopia d’anca è in grado di prevenire la degenerazione artrosica
dell’articolazione».
Quali tempi richiede l’intervento?
«L’artroscopia dell’anca viene eseguita in genere in anestesia spinale, richiede un ricovero di tre giorni e una riabilitazione leggera di
circa un mese».
A volte le aspettative del paziente
superano quelle del medico…
«In realtà l’intervento è di grande entità, anche se viene eseguito con una tecnica mininvasiva, che consente un notevole risparmio
di tessuti e necessita di due o tre incisioni
di 1 centimetro. Questa operazione inoltre
rende possibile l’uso delle biotecnologie. Oltre all’osso l’articolazione subisce un danno
alla cartilagine, che viene curata nella sede
dell’intervento con tecniche che prevedono
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l’impiego delle cellule staminali proprie del paziente.
Queste cellule staminali vengono applicate direttamente
nella sede dove è presente il
danno della cartilagine mediante una procedura che
prende il nome di microfratture. Vengono, in sintesi
eseguite delle perforazioni
ossee che permettono di far
arrivare, direttamente dal
midollo osseo del paziente,
le cellule staminali nella sede
della lesione. Qui viene inoltre applicata una membrana
riassorbibile che serve a concentrare le cellule ed a farle
diventare cartilagine».
camera che trasmette l’immagine delle articolazioni in
video e permette di vedere
all’interno e di curare le parti
danneggiate».
Come funziona
l’artroscopio?
«L’operazione, molto diffusa e utile, rimane complessa
anche se le tecnologie hanno
«Non è altro che una tele-
Quando non è indicato
l’intervento dell’anca in artroscopia?
«Se la forma artrosica è
avanzata e grave, l’intervento in artroscopia non è indicato. Lo stesso risulta invece
estremamente utile nel trattamento dei casi di artrosi
iniziale».
Come è cambiato in
questi anni l’intervento
di protesi dell’anca?
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raggiunto standard elevati
e la qualità dei materiali utilizzati sono di ottimo livello.
Le stime dell’Organizzazione
mondiale della sanità dicono che 1 milione di persone
all’anno nel mondo occidentale subisce un intervento di
protesi d’anca».
Con quali criteri vengono scelte le protesi
da impiantare?
«Faccio una selezione dei
sistemi protesici che sono
più semplici per i pazienti ed
adeguati all’anatomia a partire dai materiali più tollerati. Il problema della protesi
d’anca è l’immissione di un
elemento meccanico dentro un organismo biologico.
L’usura è inevitabile. Le mi-
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protesizzata».
sure delle protesi sono gradualmente diminuite. Tuttavia è sempre necessario valutare
la qualità dell’osso per stabilire quale protesi
garantisca la migliore tenuta. L’intervento di
protesi d’anca è comunque un ottimo trattamento che permette ai pazienti la risoluzione
del dolore e la ripresa di un’adeguata autosufficienza».
Come si svolge la riabilitazione nel caso degli interventi di artroscopia
e di protesi dell’anca?
«Nel caso dell’artroscopia dell’anca il paziente può seguire la riabilitazione a casa dopo
tre giorni dal ricovero. Il programma prevede degli esercizi di base molto semplici con
la cyclette ed eventualmente del nuoto. Nel
caso dell’intervento di protesi d’anca, al ricovero chirurgico segue in clinica il passaggio
al reparto di riabilitazione. Questo consente
al paziente di essere dimesso dopo circa tre
settimane e di raggiungere una buona autosufficienza. Il ritorno a casa avviene dopo
avere eseguito la riabilitazione più importante in fase di ricovero».
Quanto dura in media una protesi?
«Quando impianto una protesi d’anca cerco
di fare tutto il possibile perché questa duri
per tutta la vita, ma poi molto dipende da
vari fattori come l’età del paziente, il peso e
lo stile di vita. La protesi può garantire una
ripresa funzionale ottimale e l’autosufficienza, sempre nel rispetto di alcune regole che
prevedono un uso accurato dell’articolazione
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