Potatura delle piante ornamentali. Riccardo Antonaroli La potatura

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Prof. Riccardo Antonaroli
Dottore Agronomo – Ordine Dottori Agronomi e Forestali di Bologna n°734
Potatura delle piante ornamentali.
Riccardo Antonaroli
La potatura di una pianta è un intervento costoso che, se correttamente eseguito, deve consentire di eliminare o, almeno, ridurre problemi strutturali o sanitari, ma se realizzata in modo errato
può al contrario crearli.
Per compiere quest’intervento in modo corretto si deve perciò essere in grado di rispondere
ad alcune semplici domande:

E’ necessario potare questa pianta? E’ evidente che la necessità scaturisce da una razionale analisi dei fini di un intervento di potatura. Molto spesso si assiste a severe potature, consistenti in
sbrancature e capitozzature eseguite ad intervalli di tempo regolari, con lo scopo di mantenere
l’albero entro lo spazio assegnato. Un’altra causa di irrazionali potature è rappresentata dal timore degli schianti o ribaltamenti degli alberi ad opera del vento poiché si vedono questi piegarsi, anche in modo molto appariscente, sotto la sua azione, non considerando che è proprio la
capacità di ridurre la superficie trasversale della chioma rispetto alla direzione del vento, realizzata piegando le ramificazioni lungo il verso della corrente, che consente agli alberi di diminuire la possibilità che avvengano dei danni.

Le condizioni sanitarie e strutturali di questa pianta giustificano l’intervento di potatura? Non è
più tempo, se mai lo è stato, di interventi inutili, si deve quindi compiere un’analisi fitostatica e
sanitaria prima di potare: una corretta gestione degli alberi comporta l’esigenza di disporre delle
informazioni necessarie per definire le priorità di intervento e per stabilire, sulla base di parametri oggettivi, la possibilità di mantenimento o di sostituzione di un albero. Una pianta deperiente
attenua o ritarda la messa in atto dei processi biochimici che portano ad una pronta cicatrizzazione dei tagli di potatura; la sintesi dei metaboliti secondari con attività antifungina ed i processi di compartimentazione dei parassiti del legno sono, inoltre, spesso incompleti. Per gli alberi monumentali l’intervento può essere considerato in ogni caso giustificabile, ma per essere
classificati tali debbono possedere una o più delle seguenti caratteristiche:
1. Grandi dimensioni. Una pianta per essere considerata di grandi dimensioni deve possedere, in
funzione della specie di appartenenza, i valori di circonferenza riportati di seguito:
SPECIE
Aceri ssp., Carpino ssp., Gelsi, Melo selvatico, Pero selvatico, Orniello, Prunus spp., Sorbi, Leccio, Salice, Tasso
Cornus spp, Ginepro, Agrifoglio, Lentisco, Terebinto, Biancospino,
CIRCONFERENZA cm
150
100
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Maggiociondolo, Albero di Giuda
Roverella, Pioppo, Frassino, Pino, Tiglio, Olivo
250
Faggio
350
2. Portamento e forma particolari. Si tratta di piante con forme particolari, ad es. chiome sbilanciate.
3. Rarità botanica. E’ il caso di specie non tipiche dell’ambiente in cui crescono, si tratta quindi di
piante ben sviluppate fuori dalla fascia bioclimatica di crescita, come ad esempio la quercia da sughero in Pianura Padana.
4. Valore storico-culturale. Se l’importanza della pianta è legata a particolari eventi della storia
locale, a tradizioni, a leggende, ecc.
5. Valore paesaggistico-architettonico. Sono le piante collocate in un contesto territoriale particolare, o la cui presenza caratterizza e connota un certo luogo o esemplari legati ad edifici, monumenti
ad elevato valore storico-culturale.
1. Crescita e portamento.
Per compiere in maniera corretta la potatura delle piante arboree ornamentali è necessario,
innanzitutto, conoscere come queste crescono e quali fattori ne determinano la conformazione.
Ad eccezione della potatura in forma obbligata o formale, la potatura di un albero deve conservarne la naturale conformazione, detta portamento. Nel caso di alberi che a causa di errate potature eseguite in passato tale forma sia stata irrimediabilmente perduta, la potatura avrà la funzione
di conseguire una chioma adatta alla struttura scheletrica del singolo albero.
I tipi di portamento sono: ovoidale, conico, colonnare, espanso, arrotondato, piangente. Solitamente il tipo di portamento è tipico della specie. L’eccezione è costituita dal portamento a ceppaia, che non è tipico di una specie. In questo caso si tratta di alberi aventi più tronchi a 1,30 m di altezza. Il portamento degli alberi cambia con l’età: nella fase giovanile questo è spesso ellissoidale o
conico.
Il portamento ovoidale è caratterizzato da branche assurgenti, che sono inserite sul tronco
con un angolo di 40-70°. Esempi di questo portamento sono Acer spp., Platanus spp., Tilia spp. Il
portamento conico è tipico delle conifere e di Carpinus betulus Pyramidalis. Le specie dal portamento colonnare, come Cupressus sempervirens, presentano una forte dominanza da parte della
freccia. Le branche verticali hanno spesso un angolo di inserzione prossimo a 30°. Le piante dal
portamento espanso, come Catalpa bignonioides, hanno le branche inserite con un angolo di circa
90° o inferiore, ma con andamento orizzontale. Il portamento arrotondato è visibile in Aesculus
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hippocastanum. Infine il portamento piangente può essere dovuto a tecniche di allevamento, a loro
volta associabili a combinazioni varietali ottenute mediante innesto.
Il metodo S.I.A., acronimo di Static Integrated Method, per la valutazione della stabilità degli alberi consente di distinguere quattro forme di chioma: cilindro sottile, ellissoidale, sfera e cuore.
Di solito le gemme laterali dei germogli si sviluppano solamente nella primavera dell’anno
seguente a quello della loro formazione, sono cioè dormienti. Se però si esegue la cimatura, che
consiste nell’asportazione dell’apice di un germoglio in attivo accrescimento, le gemme laterali diventano pronte e danno origine a rami anticipati. Il fenomeno per cui la gemma apicale impedisce
lo sviluppo delle altre gemme prende il nome di dominanza apicale.
L’accrescimento dei germogli inizia con un ritmo assai elevato, per poi attenuarsi ed arrestarsi nel corso dell’estate. La cimatura, se eseguita precocemente, da maggio a metà giugno, annulla la dominanza apicale. Se, al contrario, è eseguita quando i germogli hanno cessato di accrescersi
attivamente, le gemme laterali non divengono pronte e restano dormienti. La cimatura, ad esempio,
trova applicazione nella potatura in vivaio del cedro dell’Himalaia (Cedrus deodara).
Gli assi laterali possono, nel corso del loro sviluppo, restare più corti rispetto al loro asse
principale ed essere quindi subordinati a questo. E' questo il fenomeno della crescita monopodiale
che si presenta, ad esempio, nei generi Abies e Picea. Al termine del ciclo annuale la gemma apicale si riforma e sviluppa in seguito un nuovo germoglio sul prolungamento del precedente.
In altri casi sono gli assi laterali ad essere favoriti rispetto a quello principale: al ciclo successivo uno o più nuovi assi si potranno sviluppare solo da gemme laterali e l’asse si svilupperà biforcandosi progressivamente. si parla in questo caso di sistema simpodiale (generi Betula, Tilia,
Ulmus).
I rami laterali possono crescere in maniera disforme, si avranno allora rami lunghi (macroblasti), con internodi allungati, e rami corti (brachiblasti), con internodi compressi; questi ultimi
hanno spesso vita limitata, si ramificano poco o affatto; sovente è su di essi che avviene la fioritura
(per esempio generi Prunus, Malus).
Le fasi della crescita di un albero sono influenzate dalla dominanza apicale: un albero giovane è caratterizzato da un unico asse verticale (ramo apicale) e da una serie di rami molto dominati
da questo (in figura da 1 a 4): la forma della chioma è perciò ellissoidale. Indipendentemente dalla
posizione del ramo su cui le gemme sono inserite, le prime a schiudersi sono sempre quelle apicali,
seguite dalle mediane e quindi dalle basali. Si crea così un gradiente di vegetazione. Il successivo
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allungamento dei germogli dipende dall’habitus vegetativo delle singole specie e dalla posizione
dei rami su cui si trovano i germogli. L’habitus vegetativo è dato dal grado di ramificazione, dalla
disposizione dei rami laterali sull’asse principale e, infine, dall’intensità dello sviluppo e
dall’orientamento dei rami laterali di ordini diversi in rapporto ai loro stessi assi e agli assi principali. Per quanto riguarda la posizione dei rami, se si prende in esame l’ipotesi più semplice, quella di
un ramo diritto e verticale, si possono presentare i seguenti casi:
a) i germogli apicali sono i più sviluppati: acrotonia (per esempio Pyrus spp., Ulmus spp.);
b) i germogli basali superano in sviluppo quelli apicali: basitonia (per esempio Juglans regia);
c) i germogli hanno tutti una misura simile: mesotonia.
Gli arbusti e le piante erbacee perenni sono solitamente basitoni o mesotoni.
Con lo sviluppo in altezza della pianta si ha un allungamento del percorso che l’acqua deve
compiere per salire, contro la forza di gravità, dalle radici all’apice: si raggiunge di conseguenza un
momento in cui l’apice perde progressivamente la propria dominanza sugli altri rami. Le branche
immediatamente sottostanti iniziano quindi a prendere il sopravvento, la loro crescita si orienta verso l’alto e iniziano ad assumere una simmetria radiale (isotonia): ciascun apice ripete il modello di
crescita dell’apice originario, e diventa indipendente da questo, le sue ramificazioni prendono il sopravvento (fasi 5 e 6). La chioma assume la forma di una sfera: non si distingue più una linea del
tronco, ma una serie di tronchi secondari che ramificano progressivamente (crescita simpodiale).
I rami più bassi, nati per primi e fortemente dominati, muoiono progressivamente: sono le
fasi di maturità dell’albero, con lo sviluppo in altezza quasi annullato, mentre i rami si rinnovano
per sostituzioni successive, inclinandosi sotto il proprio peso, permettendo alle ramificazioni che
crescono verso l’alto di svilupparsi maggiormente (epitonia). Queste ultime ramificazioni provocano il deperimento e la morte dei rami inseriti sul lato inferiore e, in seguito, dell’asse principale
stesso, andando a sostituirlo (fasi 7 e 8). La rottura dell'equilibrio tra la vegetazione e le radici avviene nella fase 8: le parti verdi devono produrre una quota di energia sempre più alta per nutrire
tessuti non produttivi, vale a dire quelli del legno, che aumentano sempre a causa della crescita secondaria di tronco, rami e radici. La funzionalità delle radici diminuisce perché con l’accrescimento
diametrale del tronco la parte viva si allontana sempre di più dal centro e le radici più interne finiscono per morire, limitando l’apporto idrico ai rami, soprattutto agli apici più lontani: il vigore della
pianta si concentra sempre più verso la base dei rami e verso il tronco. I rami più esterni sono abbandonati e le vecchie gemme quiescenti si riattivano, costituendo una ramificazione sempre più interna (fase 9). Con il passare del tempo, infine, la vegetazione diviene insufficiente ad alimentare
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l’intera struttura lignea: il cambio inizia a diventare discontinuo formando dei vuoti. L’attività del
cambio si concentra attorno alle ultime ramificazioni rimaste e forma nuove radici nella parte più
esterna, così che l’albero si suddivide in colonne, ciascuna delle quali è formata da branche, pezzi
di tronco e radici, completamente separate e indipendenti l’una dall’altra; si tratta, di fatto, di individui fisicamente separati da tratti di legno morto (fase 10). Questa situazione si verifica raramente,
perché nella maggior parte dei casi l’albero muore prima per cause patologiche connesse al suo
progressivo indebolimento.
Quando un albero raggiunge la fase adulta ed esprime completamente la sua unità architettonica, parrebbe destinato a conservare a tempo indeterminato la forma raggiunta, aumentando solo
di dimensioni, ma mantenendo inalterato il proprio livello di organizzazione. In realtà la maggior
parte delle specie subisce un’alterazione durante la crescita e duplica, in tutto o in parte, la propria
unità architettonica formando una o più reiterazioni. La “reiterazione”, vale a dire il processo morfogenetico per il quale l’organismo duplica in modo totale o parziale la sua architettura elementare,
si ha per perdita di dominanza apicale, quando una parte dell’albero diviene indipendente dalla gerarchia precedentemente impostata e inizia a crescere, creando una nuova unità architettonica. Il
complesso reiterato si sviluppa secondo il modello tipico della specie, come se fosse un nuovo individuo, cosi che la struttura globale dell’albero diventa un sistema composto da più unità architettoniche distinte. Le reiterazioni sono accidentali quando si formano a seguito di traumi, quali potature
troppo severe o altri fattori patologici o ambientali, oppure possono essere automatiche, quando avvengono come tappa obbligata nel percorso di crescita.
Per effetto del proprio peso o di carichi accidentali, come neve e vento, gli alberi subiscono
deformazioni che si accumulano nel tempo, modificando progressivamente la forma dei rami già lignificati, portandoli a inarcarsi verso l’esterno della chioma e verso il basso, quindi spostando le
masse vegetative da essi portate rispetto alla posizione originaria. A parità di sezione del ramo,
l’effetto del peso è tanto più marcato quanto più il ramo è lungo e inclinato orizzontalmente, poiché
aumenta il braccio della forza peso e, quindi, la flessione. I rami più sollecitati sono di solito quelli
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più vecchi, che si trovano nella parte bassa del tronco e, normalmente, hanno le maggiori probabilità di rottura.
La post-selezione, causa della “autopotatura”, è l’eliminazione di alcuni rami esistenti che si
trovano in posizioni particolarmente sfavorite, ad esempio troppo ravvicinati tra loro e quindi in
concorrenza reciproca, oppure all’interno della chioma, o nella parte bassa, dove la mancanza di luce porta a un progressivo indebolimento e poi alla morte, oppure li costringe a un allungamento eccessivo fino a renderli meccanicamente fragili. Perciò non tutti i rami possono sopravvivere ma, secondo i casi, la pianta segue una strategia più o meno marcata di eliminazione e di semplificazione
della propria struttura, che determina la formazione di palchi o masse vegetative ben distinte, che
non si ostacolano a vicenda nello sfruttamento della luce, oppure alla formazione di una chioma
omogenea esternamente, ma vuota all’interno, allo scopo di ottenere la maggior superficie fotosintetica possibile con il numero minimo di ramificazioni. In alcuni alberi, come certe conifere, la
post-selezione è quasi assente perché la pianta adotta una strategia di pre-selezione durante la formazione dei rami: la dominanza apicale costringe i meristemi a formare fin da subito una struttura,
che in seguito non ha quasi bisogno di essere corretta. Altre specie, invece, adottano una forte selezione a posteriori, con la perdita progressiva delle ramificazioni più basse e la formazione di biforcazioni o cambi di direzione che dopo alcuni anni rendono la pianta praticamente irriconoscibile.
2. Motivi della potatura delle piante ornamentali.
La potatura delle piante ornamentali è un argomento sempre molto dibattuto, sia tra gli operatori del settore sia tra i semplici utilizzatori del verde urbano.
Molto diffuse sono due impostazioni antitetiche: quella dei sostenitori delle potature severe,
cui attribuiscono taumaturgiche capacità rinforzanti per l’albero, e quella dei non potatori, convinti
assertori dell’autoregolazione degli alberi anche in ambienti creati dall’uomo, quali sono i parchi ed
i giardini.
Nel primo caso le severe potature aprono ampie superfici di taglio, che vanificano la capacità della pianta di circoscrivere le conseguenti alterazioni del legno, innescando così futuri problemi
di stabilità dell’albero. La vistosa reazione dell’albero, consistente nell’emissione di nuovi rami,
dalla crescita spesso vigorosa, non è da attribuire ad un miglioramento delle condizioni della pianta
ma, al contrario, al tentativo della stessa di riequilibrare la chioma mutilata con l’apparato radicale.
Gli assertori dell’autoregolazione degli alberi non considerano che l’autopotatura, che significa la perdita naturale di rami ormai inutili per l’albero, non è accettabile, per la pericolosità che ne
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consegue, in ambienti antropizzati. Inoltre, gli alberi cresciuti in spazi insufficienti oppure entrati
nella fase di senescenza possono avere delle branche dall’eccessivo peso apicale, talvolta dalla debole inserzione: la rottura della branca, oltre ai danni diretti di cui può essere causa, apre ampie ferite, che spesso si tramutano in vaste zone di decadimento del legno.
Assai più realistica ci pare quindi una posizione intermedia, che vede il ricorso alla potatura
necessario solo per alcuni, ben circoscritti, motivi, che possono essere così schematizzati:
a) eliminazione della vegetazione troppo densa: si vuole permettere alla luce e all’aria di circolare
all’interno di tutta la chioma. Una vegetazione troppo densa predispone, infatti, le piante a possibili
danni dovuti all’azione del vento e al peso della neve, in particolare nel caso delle latifoglie sempreverdi, come per esempio Magnolia grandiflora e leccio. L’eccessiva umidità che si può formare
all’interno della chioma a causa dei limitati movimenti d’aria, inoltre, può favorire gli attacchi fungini;
b) correzione o riparazione di danni: è il caso delle piante danneggiate da eventi meteorici (vento,
neve, ecc.) o, spesso, da errate operazioni di potatura come, per esempio, la capitozzatura. Nello
stesso quadro può essere fatta ricadere l’eliminazione di rami o branche, morti o deperiti. In questa
categoria rientra anche l’eliminazione di parti colpite da parassiti animali, come il ragnetto verde
delle conifere, o da crittogame, quale è il caso dell’antracnosi del platano o del cancro del cipresso;
c) incoraggiamento della fioritura e della produzione dei frutti: anche le piante ornamentali, come
quelle da frutto, tendono all’alternanza di produzione, vale a dire ad alternare anni in cui l’attività
vegetativa è esaltata, a scapito di quella riproduttiva, ad anni in cui avviene il fenomeno opposto.
Negli anni di carica, in cui l’attività produttiva è predominante su quella vegetativa, si dovrà eseguire una potatura invernale piuttosto leggera per non ridurre ancora di più il già limitato numero di
gemme a fiore. Negli anni di scarica si devono seguire accorgimenti opposti. Scopo di questa potatura è perciò di ottenere una fioritura più costante nei singoli anni e, inoltre, di migliorarne, per
quanto possibile, la qualità. Un esempio è la potatura degli arbusti a fioritura invernale-primaverile,
come Forsythia x intermedia e Syringa spp., la cui potatura è compiuta alla fine di questa, stimolando l’emissione di fiori dell’anno seguente;
d) direzione e controllo della crescita al fine di arrestare lo sviluppo della pianta in una direzione e
di incoraggiarlo in un’altra;
e) riequilibrio della chioma in seguito a trapianto: parte epigea ed ipogea della pianta sono normalmente in equilibrio tra loro. In seguito a trapianto la parte ipogea è mutilata; con questa potatura si
riduce la chioma, porzione epigea dell’albero, in proporzione, in modo da riequilibrarle. Quando la
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grandezza della zolla è correttamente dimensionata e la pianta è regolarmente irrigata questo intervento perde gran parte della propria importanza;
f) mantenimento degli alberi secolari (veterani). Gli alberi nella fase di senescenza presentano la
nuova vegetazione concentrata all’estremità delle branche. L’albero in questo stadio utilizza buona
parte delle sostanze che forma non per la crescita, ma per sostenere il peso dei rami posti
all’estremità delle branche (crescita terminale). In questo modo, le branche, specialmente se con difetti strutturali, si spezzano con facilità, provocando ampie ferite, da cui possono facilmente penetrare nell’albero microrganismi patogeni. La potatura è tesa a favorire l’alleggerimento delle branche ed inoltre, consentendo alla luce di penetrare all’interno della chioma, permette l’instaurarsi di
un’efficiente superficie fotosintetica anche all’interno di quest’ultima. La potatura è inefficace
sull'invecchiamento, ma migliora alcuni aspetti della funzionalità fisiologica, come la capacità di
immagazzinamento dell'albero, ed è essenziale per la sicurezza meccanica;
g) potatura di allevamento di giovani alberi. Al trapianto è opportuno eliminare i rami codominanti
al fine di assicurare un armonico sviluppo alle piante. Negli anni successivi una modesta, ma puntuale, potatura aiuterà l’albero a formare uno scheletro equilibrato, adeguato allo spazio a disposizione;
h) ottenimento di effetti speciali o di forme artificiali: è questo un campo di applicazione molto vasto. Si va dalle potature a scopo decorativo (spalliera) alla trasformazione di alberi di alto fusto in
siepi o cespugli.
E’ evidente da questa breve rassegna dei motivi che spingono alla potatura delle piante ornamentali che, nel caso si voglia creare una nuova area verde, grande importanza assume l’oculata
scelta delle specie, in funzione non solo delle condizioni pedoclimatiche, ma anche dello spazio a
disposizione. Si dovranno inoltre prediligere esemplari ben allevati in vivaio, che dovranno essere
messi a dimora in maniera corretta e quindi sottoposti ad un’adeguata potatura, sia di trapianto sia
di allevamento. Per gli alberi questa dovrà essere volta ad individuare il ramo principale, vale a dire
la freccia di prolungamento del fusto principale, mentre i rami codominanti dovranno essere asportati oppure, se è impossibile, ridotti. Contemporaneamente si dovrà aver cura di compiere la selezione dei rami che, per vigore e disposizione sull’asse principale, sono più adatti alla creazione di
una chioma armonica e ben strutturata.
Per quanto riguarda la potatura, fin dall’impianto questa deve essere realizzata avendo ben
chiari gli obiettivi che si intendono raggiungere e considerando che se è eccessiva si causerà la per-
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dita di equilibrio da parte della pianta, costringendo a compiere negli anni successivi
un’impegnativa potatura di ricostituzione dello scheletro.
La potatura ha un grande effetto sulla dimensione dell’albero e sull’entità della superficie
fogliare, che potenzialmente può anche superare l’influenza delle caratteristiche pedoclimatiche.
Dalla nascita alla morte dell'albero si assiste ad un progressivo aumento percentuale della quantità
di legno rispetto alle foglie, in proporzione cioè l'attività fotosintetica è sempre meno importante rispetto alla struttura legnosa della pianta. Considerazioni analoghe si possono fare relativamente alla
parte radicale dell'albero. Eliminando una buona quantità dei rami più giovani, quando l'albero è
nella fase giovanile, si sopprimono molte foglie, ma il rapporto tra foglie e legno resta a favore delle foglie; se invece si sopprimono troppe foglie quando l'albero è maturo, si diminuisce una percentuale di foglie già bassa, accelerando il deperimento progressivo dell'albero.
Le sostanze di riserva sono accumulate dall’albero nelle radici, nel tronco, nelle branche e
nei rami. Una potatura severa asporta quindi molte sostanze di riserva immagazzinate e riduce la
capacità della pianta, mediante la fotosintesi, di produrne di nuove e di accumularle. Una potatura
non dovrebbe di conseguenza comportare l’asportazione di oltre il 25% delle ramificazioni vive.
Per gli alberi adulti si dovrà tener presente soprattutto la diversa risposta al taglio da parte
delle varie specie e che la tecnica di potatura da adottare non è unica, ma che dipende dalle condizioni in cui si trova l’albero e dagli scopi che, come si è visto, s’intendono raggiungere con la potatura. Le potature devono essere eseguite sull'albero rispettando per quanto possibile la sua ramificazione naturale.
L’entità della potatura, vale a dire la quantità di superficie fogliare rimossa con un intervento, deve essere commisurata alle effettive necessità e, comunque, deve essere modesta. In generale
un corretto intervento di potatura deve portare ad una riduzione massima del 20-25% della superficie fogliare. Interventi più severi devono essere evitati, per una serie di motivi così schematizzabili:

la riduzione della superficie fogliare comporta una minore disponibilità di nutrienti per le radici
e le altre parti dell’albero. Le conseguenze fisiologiche possono essere molto gravi, come il deperimento e la morte di parte dell’apparato radicale;

l’esposizione frequente della corteccia dei rami più interni alla luce diretta del sole può provocarne il surriscaldamento con conseguente necrosi dei tessuti. Il danno è tanto più grave quanto
più la specie è sciafila, come per esempio nel caso di Fagus sylvatica;
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
il taglio dei rami si traduce in un’abbondante produzione di germogli inseriti debolmente che,
col tempo, possono divenire pericolosi. Si tratta dei rami “epicormici”, che non sono dotati del
“cono del ramo”;

il legno dei monconi rilasciati dopo il taglio è vulnerabile all’attacco dei funghi patogeni, poiché
i monconi sono incapaci di produrre barriere chimiche di difesa o di ricoprire completamente la
ferita;

la perdita della parte superiore della chioma porta l’albero a raddrizzare le giovani branche rimaste o a costituire dei ricacci verticali, con formazione di biforcazioni assurgenti e codominanti, che presentano spesso all’inserzione della corteccia inclusa. Queste biforcazioni sono strutturalmente fragili.
3. Le principali operazioni di potatura.
Le operazioni elementari.
a) Cimatura: consiste nell’asportare l’apice dei germogli ed è uno dei più importanti interventi di
potatura verde.
La cimatura è un’operazione molto delicata, essendo attuata su organi in via di accrescimento e,
quindi, fisiologicamente instabili. Se la cimatura è praticata precocemente determina un arresto
temporaneo della vegetazione mentre le gemme laterali dei germogli cimati divengono “pronte” e
danno origine a getti anticipati i quali, se cimati a loro volta, possono dare origine a nuovi getti anticipati. Quando è praticata tardivamente, vale a dire quando l’accrescimento comincia ormai a rallentare, cioè dopo la fine di giugno, provoca l’arresto dello sviluppo ed una maggiore lignificazione
dei germogli.
b) Diradamento: consiste nella completa asportazione dei rami con un taglio praticato all’inserzione
sulla branca o rasente al tronco oppure all’altezza del terreno. Con questa operazione si stimola lo
sviluppo degli altri rami. Si applica solitamente alle piante molto vigorose in allevamento.
c) Raccorciamento dei rami: consiste nella parziale asportazione dei rami con taglio eseguito in
prossimità di una gemma o di una branca laterale: in quest’ultimo caso si parla più propriamente di
“taglio di ritorno”. Se l’operazione è limitata alla parte apicale del ramo si ha la “spuntatura”, se invece la potatura è energica e si lascia solo un breve tratto di ramo, si parla di “speronatura”. Il taglio
di ritorno sul tiglio deve essere energico, rilasciando rami di buon diametro, perché questi sono
molto elastici e tendono a curvarsi facilmente, a differenza, per esempio, del platano.
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Nelle piante acrotone il raccorciamento del ramo, eseguito prima della schiusura delle gemme, causa uno spostamento in basso del gradiente di vegetazione. Nelle basitone accentua il prevalente sviluppo dei germogli basali. Con questa operazione, nelle piante deboli o senescenti, si può
ottenere un maggior rigoglio vegetativo ed è proprio a tali piante che è solitamente applicata.
I germogli che si originano da un ramo raccorciato sono di solito singolarmente più sviluppati di quelli che si formano dai rami rilasciati dal diradamento, anche se la vegetazione complessiva può essere maggiore in questo secondo caso.
d) Inclinazione, piegatura e curvatura: la distinzione si basa sull’intensità di piegatura. Gli effetti di
queste operazioni, ormai eseguite raramente, si manifestano durante l’accrescimento dei germogli.
Nelle specie acrotone si accentua lo sviluppo dei rami inseriti nel tratto mediano e basale e così pure nelle specie basitone, fino a inibire lo sviluppo delle gemme apicali.
4. Le operazioni di potatura delle piante ornamentali.
La potatura, quindi, è un intervento che riveste un carattere di straordinarietà: in particolare
le potature andranno effettuate per eliminare rami secchi, lesionati o ammalati, per motivi di difesa
fitosanitaria, per problemi di pubblica incolumità, per rimuovere elementi di ostacolo alla circolazione stradale e nei casi d’interferenza con elettrodotti o altre reti tecnologiche preesistenti.
Rimonda degli alberi.
Questa operazione consiste nell’eliminazione dei rami e monconi morti, mortificati, ammalati e nella rimozione delle formazioni fungine e dei detriti nelle biforcazioni. Si deve provvedere a
togliere tiranti e pezzi di ferro che iniziano a essere inglobati nel legno, porgendo particolare attenzione a non ledere i tessuti.
Diradamento della chioma.
Ha per obiettivi un maggior passaggio di luce attraverso la pianta, la riduzione della resistenza al vento e l’alleggerimento di branche eccessivamente appesantite. Con quest’operazione si
eliminano in primo luogo i rami deperiti, sottili o sovrapposti. In un secondo tempo, se è necessario,
si passa a quelli robusti, avendo cura di lasciare una distribuzione uniforme di fogliame. Ci si dovrebbe limitare, per quanto possibile, ad eliminare, in quest’ultimo caso, solo le parti periferiche
delle branche con il “taglio di ritorno”.
Innalzamento della chioma.
Questa operazione, causata spesso dalle necessità del traffico, consiste nell’eliminazione,
con taglio di ritorno o rasente al tronco, delle ramificazioni più basse.
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La condizione ottimale è quella in cui ci si trova ad operare su piante giovani. Sulle piante
adulte, infatti, si creano delle aperture antiestetiche e di difficile cicatrizzazione. E’ sconsigliabile
inoltre, per motivi d’ordine estetico, intervenire su alberi a tronco eretto e ramificazioni a palchi regolari, come nel caso delle conifere. L’innalzamento della chioma deve essere graduale: la chioma
deve rappresentare almeno i due terzi dell’altezza totale dell’albero.
Riduzione e modellazione della chioma.
Consiste nella riduzione del volume della chioma, operando dall’esterno verso l’interno con
tagli di ritorno sui rami più esterni, avendo cura di mantenere la chioma dell’albero nella forma più
naturale possibile. In ogni caso non deve essere rimosso più di 1/3 della massa fogliare totale.
Quest’operazione riguarda alberi che hanno assunto uno sviluppo eccessivo in relazione allo spazio
disponibile o con deficit strutturali. L’intervento si estrinseca nell’accorciamento dei rami fino ad
un punto in attività di crescita con la tecnica del “taglio di ritorno”. Si deve, inoltre, operare in modo tale da mantenere la forma naturale dell’albero.
Non tutte le specie possono essere sottoposte a questa operazione: querce, faggi e betulle
adulte, ad esempio, si disseccano.
Rinnovo o ristrutturazione della chioma.
E’ il caso della ristrutturazione di piante in precedenza capitozzate, come accade frequentemente per le alberature stradali.
Se la pianta è vigorosa ha sviluppato, in seguito al taglio, una chioma molto alta, con numerose branche ascendenti, vicine e in concorrenza tra loro. Queste sono spesso male inserite sul tronco o sulla branca, a loro volta frequentemente colpite dalla carie.
Con questo intervento si vuole ridare alla chioma l’aspetto naturale. Si tenderà quindi a eliminare all’inserzione le branche e i rami in soprannumero, mediante un diradamento, che interesserà circa la metà delle formazioni presenti. L’intervento dovrà essere perciò ripetuto più volte, a intervalli di alcuni anni, fino a ottenere la densità desiderata.
Se si deve abbassare l’altezza dell’albero perché la parte apicale è cariata o per motivi di
spazio, si deve avere la possibilità di utilizzare una branca, dall’età non troppo avanzata, come cima
di sostituzione.
E’ spesso necessario eliminare zone cariate per l’incolumità delle persone. In relazione a ciò
si può verificare l’effettiva stabilità della pianta e, eventualmente, deciderne l’abbattimento.
La vita delle piante sottoposte a tali interventi di ristrutturazione della chioma è, comunque,
di solito limitata nel tempo.
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Potatura di ostacolo della senescenza
Nelle aree urbane la potatura degli alberi senescenti ha lo scopo prevalente di migliorare la
stabilità e la sicurezza delle piante. Gli alberi in questa fase non sono in grado di sopportare la potatura poiché hanno limitate riserve per fronteggiare l’attacco di funghi ed insetti. La potatura deve
perciò essere limitata allo stretto indispensabile. La potatura consiste nell'eliminazione dei rami e
monconi morti, mortificati, ammalati e nella rimozione delle formazioni fungine e dei detriti nelle
biforcazioni. Le ramificazioni periferiche devono essere diradate così da consentire alla luce di penetrare all’interno della chioma.
In caso di ingenti danni di natura meteorica o meccanica con conseguenti abbondanti emissione di ricacci o getti epicormici, spesso con debole inserzione, si dovrà provvedere
all’eliminazione progressiva di tale nuova vegetazione sopra il punto di inserzione o, nel caso di
una pianta ancora vigorosa, alla selezione di alcuni di questi getti per la formazione di una nuova
chioma.
Su alberi molto vecchi le operazioni di potatura devono essere distribuite nel tempo, intervenendo ad intervalli di qualche anno, così da consentire all’albero di attivare meglio i suoi sistemi
di difesa rispetto ai tagli eseguiti.
Riduzione delle radici.
Si deve intervenire se queste sono esposte o danneggiate, recidendole con taglio netto. Può
essere inoltre opportuno distribuire dei concimi per promuovere lo sviluppo delle radici assorbenti.
Nel caso in cui l’apparato radicale sia stato mutilato a causa, ad esempio, di lavori stradali o
di apertura di fognature, è indispensabile eseguire una potatura di riduzione e modellazione della
chioma.
Eliminazione di germogli o rami non desiderati.
Le formazioni avventizie si hanno sul tronco e sulle branche di alberi energicamente potati.
Il motivo è da addursi a gemme latenti che, a causa della quantità eccessiva di linfa inviata dalle radici in rapporto alla ridotta superficie elaborante, entrano in attività. Questi germogli, detti epicormici, che continueranno a essere prodotti fino a quando la pianta non ricostituirà un apparato fogliare equilibrato, devono essere eliminati.
Potatura di allevamento.
La potatura deve favorire lo sviluppo di una chioma bilanciata che poggi le sue basi su una
robusta struttura di ramificazioni inserite su un unico fusto. La chioma potrà essere innalzata
all’altezza desiderata in relazione ai caratteri della specie e dei luoghi dove l’albero è radicato.
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La struttura della pianta può essere migliorata attraverso la soppressione di alcune branche
al fine di avere una distribuzione e una spaziatura il più possibile uniforme. Dovranno essere eliminate o ridotte le branche con inserzione debole, quelle con corteccia inclusa, così come i rami danneggiati, deboli o quelli che incrociandosi tra loro si danneggiano reciprocamente.
5. Modalità di esecuzione dei tagli.
All’inizio della stagione dedicata alla potatura cambiate o affilate le lame delle forbici; quasi
tutti i modelli in commercio hanno ormai le lame sostituibili. In ogni caso è indispensabile accertarsi che siano ben affilate: si devono evitare tagli irregolari o “sfilacciati “.
Se dobbiamo potare specie soggette a particolari malattie fungine, come per esempio cipressi, platani, olmi, albizia, è necessario anche disinfettare gli attrezzi quando passiamo da una pianta
all’altra: di solito è sufficiente passare le lame su di una fiamma o immergerle nella benzina o, infine, in una soluzione sterilizzante.
Per quanto concerne gli accorgimenti da seguire durante l’esecuzione delle operazioni di potatura, la maggior parte delle specie europee presenta nel punto di inserzione del ramo un colletto di
corteccia. L’angolo di tale colletto coincide con l’angolo dello xilema compatto, che rappresenta il
punto di separazione tra ramo e tronco. Il punto ideale in cui compiere il taglio di potatura è situato
lungo il piano che collega la parte posta immediatamente all'esterno del colletto di corteccia e l'estremità superiore del collo della branca. L’angolo di taglio è di conseguenza leggermente obliquo
rispetto al tronco. La stessa angolazione si terrà anche per quegli alberi, come le specie del genere
Alnus, che non hanno un colletto ben visibile. Nel caso di branche orizzontali, come avviene frequentemente per le conifere, il colletto forma invece un anello intorno all'inserzione. Il taglio in
questa particolare situazione sarà eseguito parallelamente al tronco, senza ledere il colletto, i cui
tessuti fanno già parte del tronco. Il taglio sarà sempre pareggiato e si elimineranno le fibre che
sporgono dalla ferita. Queste operazioni assumono un particolare rilievo in corrispondenza dei tessuti che formeranno il callo di cicatrizzazione.
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Individuazione del corretto angolo di taglio.
I rami devono essere tagliati in maniera da non lasciare monconi che possono morire oppure
dare origine a una vegetazione disordinata.
I rami di piccole dimensioni, che si possono tenere in mano, si tagliano nettamente con un
solo taglio. Nel caso di branche o rami di grandi dimensioni, bisogna operare in maniera particolare
per evitare scosciature. In primo luogo occorre rimuovere la maggior parte della branca con due tagli. Il primo è fatto a considerevole distanza dal tronco, nella parte inferiore della branca, non deve
essere troppo profondo altrimenti il peso della branca chiuderà la sega. Il secondo taglio deve essere
fatto nella parte superiore della branca, esternamente e parallelamente al primo, a una distanza che
va da 2 a 5 cm, in ragione della dimensione della parte interessata. Il taglio definitivo è effettuato in
corrispondenza del collare della branca. Se la branca è molto grande si procederà con ripetuti tagli.
La robinia (Robinia pseudoacacia) ha un legno che si dilata sensibilmente con il calore della catena
della motosega, soprattutto in prossimità dei nodi, questa tende perciò facilmente a incastrarsi.
Nel caso che le parti tagliate siano di notevoli dimensioni è consigliabile legarle e calarle
lentamente al fine di non causare danni alla pianta. La fune di ancoraggio deve essere fatta passare
attraverso una robusta biforcazione sovrastante alla branca in oggetto. Il punto di ancoraggio deve
essere, per quanto possibile, perpendicolare alla branca per impedire oscillazioni. Al ramo si dovrà
assicurare anche una piccola fune avente il compito di guidarlo fino a terra. Il taglio dovrà essere
pareggiato, soprattutto in corrispondenza dei tessuti che formeranno il callo di cicatrizzazione.
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6. Casi particolari di potatura: conifere e latifoglie sempreverdi arboree.
Le specie sempreverdi, sia conifere sia latifoglie, sono accomunate, con poche eccezioni,
quali i larici, dalla formazione di modeste quantità di sostanze di riserva. Questo è uno dei motivi
per cui gli interventi di potatura devono essere limitati allo stretto indispensabile.
Le conifere.
Solo alcune specie (generi Thuja,Taxus e Tsuga) si prestano al taglio in forma obbligata.
La maggior parte delle conifere non possiede né gemme dormienti né gemme avventizie
lungo il tronco e i rami: in pratica non possono produrre nuova vegetazione dal tronco e dalle branche. Esse possono emettere nuove foglie, gli aghi, solo da gemme che si trovano sulle parti non ancora lignificate, sui rametti ancora verdi. Data questa caratteristica, se si rimuovono i rametti secondari lungo i rami principali, si va a togliere la possibilità per il ramo di germogliare “indietro”; la
nuova vegetazione si svilupperà pertanto solo in punta, dove ci saranno le parti ancora verdi, progressivamente i rami si allungheranno sempre di più, costituendo nel tempo leve sempre più svantaggiose, fino alla rottura causata dal loro stesso peso.
Le conifere con ramificazioni a palchi (generi Abies, Picea, Pinus) possono quindi essere
potate in primavera soltanto sui germogli perché non emettono nuova vegetazione in altri punti.
Molte conifere con disposizione a spirale delle branche lungo il tronco (generi Cedrus, Cupressus,
Metasequoia, Sequoia, Sequoiadendron, Taxodium, Tsuga) crescono invece a scatti per tutta la stagione di crescita ed emettono nuovi germogli dai rami potati se ricoperti di vegetazione. Il taglio
devono essere compiuto in prossimità di una gemma (raccorciamento del ramo) oppure di una branca laterale (taglio di ritorno). Nel caso delle piante del secondo gruppo si può ricorrere anche
all’eliminazione della branca, con taglio rasente al tronco. Particolare attenzione si deve prestare nel
tagliare il cipresso (Cupressus sempervirens), perché i margini del taglio tendono facilmente a sfilacciarsi.
Nel caso delle piante del primo gruppo, si può indurre la pianta a emettere nuovi rami e nello stesso tempo a irrobustirsi con la cimatura dei nuovi getti eseguita a circa metà della lunghezza
(1).
La potatura di rimonda delle conifere consiste, in particolare, nell'eliminare i cumuli di aghi
e rami secchi soprattutto all'interno della chioma, dove la mancanza di luce provoca il disseccamen1
I cedri al riguardo presentano alcune differenze di comportamento.
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to della vegetazione. La potatura di rimonda è soprattutto necessaria per specie a forma globosa o a
ombrello, come Pinus pinea, che tendono a trattenere un eccessivo carico di neve e offrono troppa
resistenza al vento risultandone danneggiate, a causa dell'eccessiva massa di rami secchi che si accumulano nel loro interno. Si tratta di una potatura tipica della fase di senescenza in cui la pianta
produce meno gemme a legno perché l'attività vegetativa è ridotta e i rami non sono rinnovati.
La riduzione e modellazione della chioma delle conifere si basa sul taglio selettivo di branche e ramificazioni per diminuire l’altezza o l’ampiezza della chioma, così da alleggerirne il peso e
ridurre il braccio di leva sul lato interessato. L’intervento consiste nel raccorciamento o
nell’eliminazione dei rami interessati, badando a non squilibrare la pianta e quindi intervenendo anche sul lato opposto, se necessario. Gli alberi vigorosi appartenenti al genere Cedrus sviluppano, in
seguito alla potatura severa o alla mancanza di spazio, una chioma molto alta, con branche assurgenti, che con il passare degli anni raggiungono un peso considerevole. Queste sono spesso male
inserite sul tronco o sulle branche primarie. Le branche assurgenti che non possono essere eliminate
saranno private della cima con la tecnica del “taglio di ritorno”.
Un caso particolare è quello che riguarda il danneggiamento della cima della pianta:
l’intervento interesserà la branca immediatamente sottostante, la quale sarà portata in posizione verticale e, se necessario, dovrà essere legata in tale posizione.
Nel caso del trapianto di giovani conifere è utile, al fine di favorire il rinfoltimento della parte basale della pianta, eseguire dei tagli di raccorciamento degli apici.
Latifoglie sempreverdi arboree.
Per queste piante, come per esempio Quercus ilex e Magnolia grandiflora, nelle zone in cui
si verificano abbondanti precipitazioni nevose è opportuno compiere periodicamente degli interventi aventi lo scopo di sfoltire la chioma, per impedire così l’accumulo della neve che può causare la
rottura delle branche.
7. La potatura delle rose.
Tutte le rose crescono bene se sono potate regolarmente, i tagli devono essere netti appena
sopra la gemma e leggermente inclinati. Si deve potare sempre appena sopra una gemma rivolta
verso l’esterno, in modo da favorire lo sviluppo armonioso del cespuglio, ed evitare una crescita in
altezza troppo compatta.
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I rami giovani basali sopportano meglio un numero maggiore di gemme, quindi lasciarli indisturbati o al massimo accorciarli di poco secondo la varietà. I rami vecchi, deboli o danneggiati
vanno eliminati se necessario fino alla base o fino all’intersezione con un nuovo getto vigoroso.
Potate sempre lasciando la prima gemma, immediatamente sotto il taglio, rivolta verso
l’esterno.
Quasi tutte le rose fioriscono sui rami dell’anno, ma alcune varietà di rose antiche, botaniche
e certe rose moderne, fioriscono sui rami dell’anno precedente; per questo dobbiamo sapere con che
tipo di rosa abbiamo a che fare, per evitare di recidere rami con gemme nuove e fioriere.
Generalmente la potatura è da farsi in un periodo cha va da novembre a febbraio/marzo. Nei
climi freddi e umidi del Nord Italia, la potatura va posticipata all’inizio della primavera; sono da evitare in ogni caso interventi di potatura durante i freddi intensi. Nei climi più caldi,
quest’operazione è meglio anticiparla all’inizio dell’inverno. Se le condizioni climatiche lo consentono è opportuno in ogni modo non posticipare troppo l’operazione di potatura.
7.1. Rose arbustive e botaniche.
Sono rose che fioriscono sui rami dell’anno precedente, quindi dobbiamo prestare attenzione
a non recidere rami che ci daranno fioriture. Durante il periodo estivo subito dopo la fioritura, richiedono una minima potatura, più adatta a dare al cespuglio una forma armoniosa. In genere sono
rose che produrranno cespugli di notevoli dimensioni sopra i 2 metri d’altezza e ampiezza, perciò
l’ideale è lasciare che prendano forma e vigoria prima di intervenire in modo severo con le cesoie.
Eliminate i rami vecchi, morti o danneggiati, in modo da favorire i nuovi getti basali. E’ opportuno dare più luce e respiro al centro del cespuglio, in modo da favorire aerazione ed evitare
un’eccessiva umidità al centro, causa di propagazione di malattie fungine. I rami vanno accorciati a
un terzo della loro lunghezza.
Un elenco di alcune di queste varietà: R.Hugonis, R.Macrantha, R.Complicata, R.Moyesii e
suoi ibridi, R.Pimpinifolia, Stanwell Perpetual, Bonica, ecc. Molte di queste rose sono caratterizzate
da sottili rami interamente ricoperti di fiori, che non vanno toccati, fatto salvo le indicazioni precedenti.
In questa categoria possiamo inserire anche tutte le rose rugose, come Roseraie de L’Hay,
Pink Grootendorst, Scabrosa, ecc., le quali necessitano però, dopo qualche anno dall’impianto, di
una severa potatura fino a 20-30 cm da terra, per favorire nuovi getti basali e ringiovanire la pianta.
7.2. Rose rampicanti, Climber e Rambler.
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Per le rampicanti Climber, rifiorenti e dai fiori più grandi rispetto alle Rambler, le regole da
seguire sono generalmente come per le precedenti varietà.
E’ necessario lasciare i nuovi rami basali dell’anno, mentre i rami fioriferi dell’anno precedente vanno accorciati anche di 2/3 della lunghezza. Si devono eliminare i rami vecchi o morti per
dare vigoria alla pianta. Prima che inizino i primi caldi primaverili si procede a potare i getti laterali
al ramo portante, a 3-4 cm di lunghezza, avendo cura di lasciare almeno 2-3 gemme. Dopo alcuni
anni, devono essere eliminati i rami vecchi più esausti e si devono favorire, come già detto, nuovi
rimpiazzi dalla base. Alcune rose rampicanti hanno esigenze particolari; ad esempio la Mermaid,
che è caratterizzata da una forte vigoria e la potatura rischia di limitarne la bellezza, date le dimensioni che può raggiungere, va lasciata libera e si deve solo contenerne la forza.
Trattare ogni singolo esemplare per le proprie caratteristiche è, però, molto dispersivo, vale
quindi la regola di favorire lo sviluppo dei nuovi getti basali e legarli accuratamente a sostegni.
I Rambler non vanno toccati e devono essere lasciati liberi, se non per contenerne lo sviluppo, in questo caso applicare le regole dei Climber.
7.3. Rose antiche.
Quasi tutte queste rose sono caratterizzate da un’unica fioritura, perciò dobbiamo prestare
attenzione a non potare i rami nuovi dell’anno, dato che saranno i rami fioriferi dell’anno successivo.
In estate, subito dopo la fioritura, è opportuno intervenire sui rami vecchi accorciandoli fino
all’immediata inserzione con un nuovo getto, o tagliandoli fino alla base se non si presenta la possibilità del nuovo ramo.
Potare in ogni modo con molta moderazione, sono rose molto vigorose e tendono a sviluppare un notevole apparato fogliare. In autunno potare i rametti fioriferi come per le rampicanti, a 23 gemme dalla base e, se necessario, legare a tutori o sostegni i rami che promettono fioriture abbondanti nell’anno.
7.4. Rose Tea e Floribunde.
Negli ibridi di Tea si asportano i rami vecchi, deboli o danneggiati, e si accorciano i rami
più robusti a 4-6 gemme dalla base, a 2-4 gemme i meno vigorosi. Controllate sempre la pianta
prima di intervenire, datele una forma a vaso ed evitate di verticalizzare la crescita. Nelle Floribunde, che produrranno un numero maggiore di fiori, la potatura deve essere più leggera, eliminate
sempre i rami danneggiati, deboli o malati. Accorciare i rami a 6-7 gemme dalla base, sempre cercando di liberare il centro del cespuglio in modo da favorire il passaggio di aria.
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Le Rose Inglesi pur essendo rose moderne devono essere potate meno severamente rispetto
alle altre. Sarà necessario lasciarle leggermente più alte, 30-40 cm da terra.
8. Epoca di potatura.
I periodi critici annuali nel vigore di un albero sono due: la fase di emissione delle foglie, in
cui l’albero eroga grandi energie, e l’abscissione autunnale delle stesse, in cui la fase di sporulazione di molte crittogame è elevata. In queste due epoche è meglio non potare.
Per gli alberi sempreverdi non esiste un periodo preciso in cui eseguire gli interventi di potatura. Gli aceri, le betulle, i noci e i carpini non dovrebbero essere tagliati nei periodi di particolare
attività vegetativa, vale a dire orientativamente da febbraio a maggio, per l’eccessiva emissione di
linfa dalle ferite (“pianto”). In particolare, le betulle possono emettere fino a 5 litri di liquido in 24
ore.
Riguardo all’epoca di potatura le specie arbustive ornamentali possono essere divise in due
grandi gruppi: quelle che fioriscono in primavera e quelle che fioriscono in estate. Le prime portano
i fiori sul legno dell’anno precedente e debbono essere potate durante la fioritura o immediatamente
dopo, in modo da lasciare alla pianta il maggior tempo possibile a disposizione per la formazione di
nuovo legno prima dell’inverno (per esempio, Forsythia intermedia, Philadelphus spp., Syringa
vulgaris). Le seconde (ad esempio, Hibiscus syriacus e Lagerstroemia indica), si possono potare
come le precedenti, durante o dopo la fioritura, oppure si può attendere la primavera seguente e potare dopo che il pericolo del gelo è passato, ma prima che la pianta inizi a vegetare.
La potatura eseguita durante i mesi estivi ha un effetto deprimente sullo sviluppo della vegetazione sia per le sempreverdi ma, in particolare, per le latifoglie decidue. Se si lavora quando le
piante sono in succhio si deve tenere presente, inoltre, che anche il più piccolo urto può causare
ampie lacerazioni della corteccia. La potatura estiva è tuttavia indicata per le thuje ed i cipressi, il
cui sviluppo è più accentuato nei mesi estivi, consentendo così di ricoprire rapidamente i tagli effettuati.
La potatura invernale, che stimola l’attività vegetativa nella stagione vegetativa seguente al
taglio, deve indirizzarsi soprattutto verso l’eliminazione della vegetazione superflua e delle parti
morte o deperite. Con questa potatura, inoltre, si deve indirizzare la crescita della vegetazione in
modo tale da chiudere gli spazi vuoti che si trovano nella chioma.
Qualcosa da leggere.
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
Antonaroli
R.,
Schiff
l.
(1996)
http://www.trafioriepiante.it/VitaAlberi/VademecumPotatore.htm

Antonaroli R. (2009)- Piante ornamentali: potarle quanto serve. Pubblicato sulla rivista “Agricoltura”, n°7/8. (www.ermesagricoltura.it/content/download/14136/.../ra0908049s.pdf)

http://www.fiskars.com/images/IT/173699_corsopotaturaII.pdf

http://www.bayergarden.it/Cura-del-Giardino/Cura%20delle%20Rose/How-to-prune-roses
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