leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri

leggi, scrivi e condividi le tue 10 righe dai libri
http://www.10righedailibri.it
SCAFFALE APERTO
PSICOLOGIA
Alessandro Onelli
IL SENTIERO EVOLUTIVO
DELLA NOSTRA MENTE
Multidisciplinarietà e Multiculturalità
nella relazione di aiuto
ARMANDO
EDITORE
ONELLI, Alessandro
Il sentiero evolutivo della nostra mente. Multidisciplinarietà e Multiculturalità
nella relazione di aiuto ; Prefaz. di Mario Papadia
Roma : Armando, © 2013
224 p. ; 21 cm. (Scaffale aperto - psicologia)
ISBN: 978-88-6677-379-5
1. Evoluzione/Neuroni e neuroplasticità
2. Ecosistema interiore e comportamenti
3. L’arte del Counseling
CDD 150
© 2013 Armando Armando s.r.l.
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21-09-100
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Sommario
Prefazione di MARIO PAPADIA
9
Ringraziamenti
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Introduzione: L’orizzonte verso il quale muoviamo
15
Capitolo 1: Evoluzione, una questione di equilibrio
Instabilità e omeostasi
Dall’instabilità, la vita
I primi organismi, i batteri
Epigenetica, Ambiente e comportamento funzionale del gene
Verso organismi più complessi
Con la differenziazione, il movimento
La comparsa del coordinamento fisiologico
La comparsa del coordinamento emotivo
Il “bandolo della matassa”, la componente strutturale
L’archivio delle nostre emozioni
La comparsa del coordinamento mentale
Neuroni e neuroplasticità
Dal ragionamento simbolico alla cultura
Le tracce immortali delle idee
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Capitolo 2: Ecosistema interiore e comportamenti
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Lenti deduttive
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Programmi innati e acquisiti, il linguaggio della natura e della cultura 64
Triune Brain, evoluzione e comportamenti
65
Geni(alità) e Ambiente: il sentiero della nostra crescita
67
Neurogenesi e sinaptogenesi
68
Concepimento, tra congiunture e casualità
Programmazioni genetiche
Programmazioni emotive
Programmazioni mentali
Fattori esperienziali ed autocoscienza
Programmi e credenze, i lacci del nostro agire e del nostro sentire
La tensione assassina
Campi e co-evoluzione: l’omeostasi sistemica e l’interazione
tra campi esistenziali
Campi quantici ed oscillatori armonici
Dal generale al particolare, dal particolare al generale:
deduzioni e induzioni
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81
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Capitolo 3: Riprogrammare ciò che è programmato
Quale speranza?
La postura dialettica
La riprogrammazione esistenziale
Il “bello” ed il “brutto”, facce della stessa medaglia
Verso una rinascita
Oltre il dialogo
Il modello neuroevolutivo
Simulare il reale, il “mio” nuovo ruolo nel mondo
Progettare e realizzare il cambiamento
103
103
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113
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122
124
Capitolo 4: L’Arte del Counseling
Definizioni e contorni
Cosa non è il Counseling
Private Counseling, un crocevia professionale
L’uomo, una struttura in cerca di equilibrio
I modelli lineari di causa ed effetto
La grande utopia, l’uomo ad ingranaggi
“Tutto va come se”
Le teorie dell’imprevedibile, le logiche del caos
Una nuova prospettiva
Il requisito procedurale, la multidisciplinarietà
Il requisito fondante, il cammino interiore
Il requisito contemporaneo, la multiculturalità
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Capitolo 5: Corporate Counseling e gli snodi dell’infrastruttura
Trasformazioni
I limiti delle Scuole di Counseling
Corporate Counseling, una nuova definizione
Ecosistema organizzazione
Un lenzuolo bianco, un sistema pensato per pochi
La moderna leadership rampante, tra glamour e solipsismo
Navigare in un mare in tempesta
Manager e Leader, gli snodi dell’infrastruttura organizzativa
Ontogenesi di un Leader
Risonanza e dissonanza
Intelligenza emotiva
Leadership risonante, l’Altro al centro del proprio universo
Leadership dissonante, i costi di quel “qualcosa di irrisolto”
Educazione manageriale, una scuola nell’azienda
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200
202
203
206
208
Conclusioni: L’orizzonte verso il quale guardare
213
Bibliografia
219
Prefazione
MARIO PAPADIA*
Per il Counseling, in Italia, questo è un momento magico: si è moltiplicata l’attenzione da parte degli operatori interessati ai molteplici diversi
aspetti della relazione d’aiuto e si è perfino aperto un contenzioso ideologico fra costoro e gli psicologi, mentre – significativamente – la società
stessa è divenuta più sensibile al bisogno di arricchire e semplificare le
tecniche di approccio ai bisogni di orientamento nelle scelte e nelle competizioni quotidiane. Mentre la società diviene sì sempre più liquida, ma
anche più precipite e tumultuosa, gli individui sentono la necessità di confronti e risposte immediate, come fossero nel bel mezzo della battaglia, che
si affianchino agli eventuali lunghi percorsi necessari al cambiamento della
coscienza o alla cura di distorsioni psichiche.
Il fiorire dell’operare Counseling – nel senso anglosassone – ha contribuito a promuovere un Ambiente intellettuale favorevole all’elaborazione
di tecnologie del problem solving e dell’orientamento nella realtà, debitamente radicate in un modello antropologico che non sia limitato da una
visione parziale dell’essere umano.
È l’intento che si propone l’Autore di questo complesso lavoro, di
grande spessore culturale e tuttavia pervaso anche da un forte connotato
di passione emotiva. Parte da lontano, Onelli, ponendo imperativamente
in alcune leggi emerse dall’evoluzione biologica le premesse della comprensione del nostro quotidiano agire. In questo modo egli si emancipa
dalla stretta dello psicologismo e conduce per mano il lettore fino a comprendere la persona per quello che realmente è, una struttura “dissipativa”
anatomo-fisio-psicologica immersa in un contesto bioecologico. I passaggi
sono graduali ma netti: dal continuo gioco di equilibrismo fra instabilità ed
* Direttore
dell’Accademia Per La Riprogrammazione.
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omeostasi, del quale è particolarmente significativo quello fra genoma ed
epigenetica, all’emergere di vari sistemi di coordinamento interno dell’organismo, prima fisiologico, poi emotivo, infine mentale e simbolico. Ogni
passaggio si intreccia così profondamente con l’altro da rendere evidente
un assioma: è il tutto che si evolve, non vi è stratificazione ma progressivo
adattamento di una entità integrale, unitaria, ma non necessariamente armonizzata alla perfezione, appunto perché risultato di adattamento.
Ma esiste un filo rosso che lega questo lungo e magnifico processo,
che Onelli poeticamente così descrive: «A livello biologico e fisiologico,
nasciamo con informazioni trascritte in epoche lontane: le nostre cellule
hanno memoria dell’antico brodo, la concentrazione salina nel sangue, e
negli altri fluidi corporei, è la stessa dei primordiali oceani, il processo di
differenziazione delle cellule che si ha non appena l’ovulo è fecondato
segue le stesse logiche con cui le prime cellule, sotto la spinta evoluzionistica, si organizzarono per dare vita a sistemi di complessità crescente.
L’ontogenesi, che ha accompagnato lo sviluppo del cervello, conserva antiche trascrizioni e continuamente ne assorbe di nuove per effetto dell’interazione con la cultura. Come ci insegnano le neuroscienze e la biologia,
nel continuum chiamato “uomo”, in ogni istante, cooperano programmi».
Ecco introdotto il concetto chiave della lunga premessa teorica di questo
libro. I programmi sono procedure sistemiche «del continuum chiamato
“uomo”», circuiti, biologici, fisiologici, emozionali e cognitivi che interagiscono e cooperano tra loro ma non in modo deterministico, bensì come
procedure tendenziali – innate o anche acquisite nel proprio Ambiente. La
mente, afferma l’Autore, è un sistema integrato che include, nei termini più
generali possibili, reti sinaptiche, dedite a funzioni cognitive, emozionali
e motivazionali.
L’osservazione nodale che consegue è perentoria: «Siamo figli di programmazioni innate trascritte a livello genetico, assorbiamo programmi
che plasticamente forgiano la nostra mente e ci inducono a creare delle credenze, subiamo l’influenza di invisibili campi energetici a noi avulsi che ci
modificano e talvolta ci intossicano, crescendo, le nostre esperienze ci portano a incontrare modelli programmatici diversi e contesti nei quali i limiti
indotti dalle programmazioni lasciano pochi margini alla salvezza». Ma
l’Autore non indulge al determinismo: «Ciò che è programmato, in virtù
della malleabilità intrinseca al concetto stesso di programma, e proprio in
virtù nella natura plastica con cui funzioniamo, può essere riprogrammato
o comunque riposizionato».
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Ecco allora il senso del Counseling: decodificare le programmazioni
ricorsive che hanno portato la persona all’attuale situazione di impasse esistenziale, per la quale ricorre all’aiuto del Counselor, per riprogrammarle.
Ma, considerata la prospettiva olistica in cui ci hanno posto le premesse
teoriche «nel Counseling, non è sufficiente avere un approccio di ordine
squisitamente cognitivo, ma è necessario coadiuvare la prassi dialogica con
una serie di nuove esperienze pratiche che permettano al cliente di osservare e sperimentare, da angolature e prospettive differenti, l’agire dei propri
pensieri e programmi». L’Autore dedica ampio spazio all’approfondimento
di questi enunciati, rifacendosi anche al modello della “Riprogrammazione
esistenziale” ma rielaborata nella prospettiva dell’omeostasi evolutiva, al
cui culmine sta l’evoluzione neurologica, che è appunto, per lui, la chiave
di lettura fondamentale della fenomenica vitale.
Nella terza parte Onelli si dedica ad approfondire il Counseling, considerandolo – al giorno d’oggi, nella società precaria e rapida cui apparteniamo, e alla luce del proprio modello neuroevolutivo – una professione collocata al crocevia delle relazioni d’aiuto perché, nel suo fare, ha delle implicazioni profonde, che attengono «a come l’uomo funziona ed al perché
funziona così». Le ragioni di ciò stanno nel modello adottato dall’Autore,
che ne fa una professione multidisciplinare e multiculturale. Muovendo da
prassi e metodologie proprie a più indirizzi scientifici, il Counseling, nella
prospettiva neuroevolutiva integrata dalla Riprogrammazione esistenziale,
si sottrae alla logica deterministica del comportamentismo e pone «opzioni,
effetti e soluzioni nell’ambito del possibile e del probabile piuttosto che del
prevedibile» grazie alle risorse neuronali a disposizione dell’individuo.
Un’attenta e approfondita attenzione viene dedicata dall’Autore a quello che egli chiama il Corporate Counseling, intendendo con ciò una consulenza che si verifica in un setting che, per quanto sia privato nel suo momento di svolgersi, tuttavia appartiene all’azienda in cui avviene. «Quando
si lavora come Counselor in una azienda, – afferma perentoriamente – non
si negozia mai l’intervento con un singolo, come avviene nel Counseling
privato, ma con un’“Entità” che, nel chiedere supporto, ha chiari gli obiettivi che la struttura di cui è espressione vuole perseguire. Ciò implica che
non basta comprendere, come nel Counseling privato, le “ragioni” del singolo ma è necessario comprendere anche le “ragioni” per cui il sistema, nel
quale il singolo è inserito, sta chiedendo supporto. Sebbene il Corporate
Counselor, in quanto professionista della relazione di aiuto, è obbligato a possedere tutti i requisiti etici e deontologici propri del Counseling,
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operando all’interno di un contesto aziendale, deve anche tener conto di
quanto contrattualmente lo lega all’Organizzazione che lo ha ingaggiato.
In altre parole, il Counselor stipulando un negozio giuridico – o atto negoziale – con un’Istituzione organizzativa deve necessariamente riadattare
gli scopi, le funzioni e le proprie metodologie, in funzione delle esigenze
espresse dal committente». Queste impegnative e categoriche affermazioni
delimitano con chiarezza l’ambito del Corporate Counseling e lo distinguono dal Business Consulting, che invece è rivolto all’organizzazione in
quanto entità impegnata in un business, e dagli usuali corsi di formazione
al Counseling in ambito lavorativo, promossi da varie scuole, che in realtà
sono Private Counseling mascherati.
Con lucidità espositiva e verve polemica, Onelli indica contenuti concettuali, contesti sociali, metodologie e tecniche di un Corporate Counseling
rispondente alle dinamiche produttive, lavorative e competitive odierne.
Stante queste premesse il Corporate Counselor – che per lui deve essere
uno Strategic Counselor – è un operatore chiamato ad un grande equilibrio
sociale e professionale, che ha acquisito i grandi principi evolutivi e coevolutivi posti in premessa di questo libro. «Il suo compito è quindi duplice:
da un lato, supportare il singolo all’interno del sistema, valutando con lui
la strategia più idonea per riconquistare benessere ed equilibrio; dall’altro,
supportare il sistema nel suo complesso, a trovare un assetto flessibile che,
a fronte di un cambiamento, eventualmente imposto anche dall’esterno,
salvaguardi la bontà di produttività, performance, clima e benessere collettivo. Unica garanzia, quest’ultima, di sopravvivenza del sistema all’interno
dell’Ambiente (mercato) nel quale è inserito».
Auguro ad Alessandro Onelli e a questo suo lavoro di essere la piattaforma per la formazione della figura professionale del Corporate Counseling
che contribuisca all’innovazione del mondo produttivo e lavorativo italiano.
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A mio padre.
Un inconsapevole maestro di vita che, come un tempo, ancora oggi nel
silenzio della sua assenza continua a ispirare le mie riflessioni, a spingermi a
guardare il quotidiano da prospettive differenti, a supportarmi nel discernere
il bene dal male, il giusto dall’ingiusto, il bello dal brutto.
Insegnandomi ad amare entrambi, come parte di uno stesso disegno.
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Ringraziamenti
Il mio pensiero va a mia moglie Claudia e ai miei figli, Andrea e Federico.
Forse loro più che di ringraziamenti avrebbero diritto a una vera dedica.
La loro amorevole pazienza nei riguardi delle mie interminabili assenze,
anche nel periodo più bello dell’anno, quello del Natale, non può se non
prevedere un profondo sentimento di gratitudine. So che ciò, soprattutto per
i miei figli, non basta; il tempo perduto è perduto. La mia unica consolazione
è che forse i concetti che qui esprimo possano un giorno tornare loro utili. A
Claudia, anche lei Counselor come me, va anche la mia gratitudine per l’attenta rilettura grazie alla quale mi ha permesso di rendere alcuni passaggi,
particolarmente ostici, fluidi e comprensibili.
Un grazie va a Pasquale Caianello che, con la sua indomabile curiosità
di scienziato e studioso di reti neuronali ed intelligenza artificiale, ha riletto
con pazienza questo scritto suggerendomi di volta in volta migliorie e corretto alcuni posizionamenti.
Un altro doveroso grazie va a Mario Papadia. Mi ha letteralmente aperto
gli occhi su un’arte. Da lui ho appreso la tecnica, ma anche la sensibilità di
guardare oltre il “racconto”, oltre le parole e gli eventi. Ed ora mi regala
l’onore di introdurre questo testo.
Un ultimo, ma non ultimo, grazie ai miei clienti. Loro, che già per il solo
fatto di scegliermi andrebbero ringraziati, ogni giorno mi insegnano tutto.
Con le loro storie, la loro sofferenza, il loro sorriso e le loro lacrime mi insegnano l’arte del coraggio e dell’umiltà. Mi insegnano quanto sia incredibile
la forza nascosta in ciascuno di noi. Se c’è una magia, che non finirà mai
di stupirmi, è quella che scorgo nei loro occhi quando l’intuizione dirada
il disorientamento, il concetto si chiarisce e il viso si illumina di una luce
inconfondibile che apre ad un sorriso di stupore e compiacenza, che irradia
felicità. È solo un istante ma tanto intenso che, vi confesso, ogni volta mi
commuove. Una magia che mi fa capire quante sfumature diverse possa
avere la parola Amore.
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Introduzione
L’orizzonte verso il quale muoviamo
Qualsiasi cosa voi pensiate o crediate di poter fare, cominciatela. L’azione ha in sé la magia, la grazia e il potere.
Johann Wolfgang von Goethe
Qualsiasi persona decida di scrivere qualcosa su di un argomento, se
mosso dalla sana curiosità di comprendere o spiegare questo qualcosa,
non può non permeare la propria elaborazione con qualche cosa d’intimo,
qualcosa che richiama alla propria storia e alla propria biografia. È quindi
indubbio che le considerazioni che mi accingo a esporre in questo libro
siano solo una parte di una verità. Quella parte appresa e mediata dalla mia
personale esperienza esistenziale, dalle speculazioni attraverso cui ho interpretato eventi e assorbito nozioni raccolte nel corso degli anni, dal modo
con cui ho cercato di comprendere me stesso, gli altri, il mondo in cui sono
cresciuto e gli avvenimenti che l’hanno caratterizzato e lo continuano a
caratterizzare.
Sono onesto, nella mia vita, fin da ragazzo, non mi sono mai lasciato
molto tranquillo. Per il solo mero gusto di capire ciò che sentivo, ho sempre voluto scomporre fatti ed eventi e questo, si sa, non sempre aiuta a
dormire sonni sereni. Questa indole mi ha però permesso di tentare almeno
di capire in quale punto mi trovassi nel mio viaggio terreno, di non dare
nulla per scontato e, nel farlo, di interrogarmi su temi di varia natura con
amici, conoscenti e professionisti.
Nel corso degli anni ho incontrato tante persone, discusso con loro temi
intimi e meno intimi, ragionato sul perché delle cose, sul perché accadono
e sul perché lo fanno in un determinato momento. In questi confronti, ho
imparato con fatica ad ascoltare gli altri e, con ancora più fatica, ad ascoltare me stesso. Mi sono sottoposto autonomamente a due psicoterapie e a
una psicoanalisi. Tutte esperienze importanti che mi hanno permesso di
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portarmi a casa qualcosa, ma nessuna di esse mi ha mai permesso di sciogliere definitivamente dubbi e nodi che contribuivano ad alimentare taluni
disorientamenti.
Incontrando e confrontandomi con diversi psicoterapeuti, psicologi e
Counselor ho avuto modo di conoscerne pensieri, approcci e metodologie.
In taluni casi, ne ho apprezzato la perspicacia, l’intuito e il metodo, in altri,
messo in discussione, o per lo meno nutrito perplessità, sull’approccio.
Alcuni, sebbene ispirati da approfondite ed erudite competenze accademiche, li ho percepiti poco efficaci, altri illuminati.
Nel tempo ho sottoposto a critica anche me stesso e i miei di metodi.
L’introspezione, il confronto dialogico credo mi accompagnino da sempre
e, anche quando non ero Counselor, mi capitava sovente che taluni mi chiedevano un consiglio, un parere, un punto di vista su questioni personali.
Per anni, non ho fatto molto caso a come mi comportavo, a quanto dicevo
ed al modo con cui lo dicevo. Generalmente il piano su cui si giocava la
comunicazione era amicale, tra coetanei, e così non badavo molto né alla
forma né ai contenuti. Con gli anni però le cose sono iniziate a cambiare e
i temi che mi capitava spesso di affrontare non solo erano emotivamente
significativi ma, in qualche modo, il solo fatto di affrontarli mi faceva sentire il peso di quelle confidenze e la responsabilità che avevo non appena
diventavo parte di quei segreti. Lentamente ho iniziato così ad interrogarmi
se veramente quanto dicevo, e il modo con cui lo dicevo, era idoneo, utile e
pertinente. In altri termini, ho iniziato ad interrogarmi su quanto avveniva
in quei colloqui e su quanto può realmente accadere in una persona quando
parliamo, suggeriamo ed interpretiamo. Ho cercato di capire cosa mi accadeva quando qualcuno mi parlava, mi suggeriva, mi interpretava.
Sarà a causa di tutto questo, dei miei studi, delle mie esperienze o di
questa endemica irrequietezza che mi accompagna da sempre, che mi sono
ritrovato una decina di anni fa a confrontarmi con il Counseling. Grazie al
Counseling ho avuto modo di mettere a verifica ascolto, intuizioni, metodologie ma, soprattutto, trasformare in qualcosa di professionale ciò che
fino ad allora non lo era. Ed è così che esperienza dopo esperienza, scoperta dopo scoperta è nata l’idea di questo libro che per l’appunto parla di
Counseling ma, come vedremo, anche di tanto altro.
Non posso a priori conoscere le ragioni che vi hanno spinto a scegliere
questo libro. Forse ve lo ha suggerito qualche amico o un conoscente; forse
siete stati incuriositi dal titolo o forse, nel vostro viaggio, siete semplicemente alla ricerca di qualcosa che ancora non sapete e il caso vi ha messo
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tra le mani questo libro. Qualsiasi sia la vostra ragione, voglio essere sincero.
In questo libro, se non l’avete ancora, certamente vi farete un’idea di
cosa sia il Counseling, dato che ne darò una definizione “accademica”. La
definizione sarà però solo il pretesto per raccontare come personalmente
vedo questa professione. La mia esperienza di “paziente” e poi di cliente, unitamente a quanto appreso e sperimentato negli anni, mi ha infatti
portato ad elaborare una mia personale opinione sul Counseling e, più in
generale, sulle peculiarità umane, formative e metodologiche che dovrebbero accompagnare chiunque opera nell’ambito della relazione di aiuto e
del benessere mentale ed esistenziale. In questo senso annovero nella lista
non solo Counselor ma anche psicoterapeuti, psicanalisti, psichiatri, insegnanti di sostegno, tutori, educatori, medici, dottori, Manager e perché no,
sebbene in forma più marginale, anche quelle figure professionali che nelle
aziende lavorano nell’ambito delle risorse umane. Figure, queste ultime,
che, occupandosi di problemi organizzativi, non dovrebbero mai dimenticare che le Organizzazioni sono fatte di persone e che le loro azioni, come
la funzione a cui appartengono suggerisce, alle persone sono rivolte.
Il vero obiettivo che si cela dietro al tema è quindi certamente quello
di parlare di Counseling e di tentare di chiarirne confini e peculiarità, ma
anche quello di offrirne una lettura sulla base di quanto ho personalmente
imparato camminando nella vita, dalle esperienze dei miei clienti, dai miei
studi e dal modo con cui negli anni ho rielaborato la mia personale esperienza esistenziale e professionale. Intendiamoci però sui termini. In questo
libro non ho né la presunzione di affermare che quanto dico sia la verità, né
rivelare chissà quali scoperte. La bibliografia contiene già tutto ed è ricca
di spunti, di idee e di teorie. Ciò che qui ho tentato di fare è stato quello
di mettere insieme le idee, trovare correlazioni tra discipline differenti e
dare, infine, un quadro articolato ma coerente di quanto io personalmente
considero sia la relazione di aiuto.
Ho a lungo rimandato la stesura di questo libro ma, come spesso accade
nella vita, c’è sempre un evento o una situazione, forse attribuibile al caso,
che offre un inizio. Per me questo “inizio” è stata una frase che recentemente
ha catturato la mia attenzione, mosso riflessioni e spinto a decidermi di iniziare a scrivere. La frase cui faccio riferimento è quella dello scrittore inglese,
Aldous Huxley, che un giorno affermò: «L’esperienza non è ciò che succede
a un uomo, ma quello che un uomo realizza utilizzando ciò che gli accade».
Arrivati a questo punto del discorso, è chiaro perché proprio questa
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frase mi abbia ispirato. Di cose sul Counseling ne ho lette tante anch’io, ho
anche studiato a lungo testi di psicologia, di psicoterapia, di psicoanalisi e
testi che parlano di differenti discipline che afferiscono anch’esse alla relazione d’aiuto; ma nel tempo mi sono convinto del fatto che nessuno e nulla
può insegnarti veramente qualcosa, se questo qualcosa non è anche mediato dalla tua personale esperienza e da quello che impari e senti attraverso
di essa. In altri termini, se non è mediato da un processo di autoconsapevolezza che ti porta a scendere nel buio della tua intimità e da quell’oscurità
a risalire verso la luce.
Ciò premesso, chiariamo fin da subito l’orizzonte verso il quale muoviamo con questo libro.
L’idea che mi sono fatto è che qualsiasi professione che ha come missione quella di aiutare una persona richiede una conoscenza del funzionamento dell’Uomo, e dell’Ambiente in cui egli è inserito, che sia multidisciplinare e, oggigiorno, anche multiculturale. In buona sostanza, il mio
assunto è che, oltre alle competenze di ordine relazionale, peculiari e necessarie in una qualsiasi interazione professionale su temi di grande impatto emotivo, il Counselor, come anche le altre figure professionali citate in
precedenza, deve avere coscienza e consapevolezza della complessità con
cui la nostra psiche – qui intesa come quell’articolato insieme di funzioni
cerebrali, emotive, affettive, fisiologiche e relazionali che rendono coesi
tutti gli aspetti biologici e mentali di un individuo – intimamente opera e
interagisce con gli ambienti in cui è inserita.
So che questa posizione è forte, ma come avremo modo di leggere nel
corso dei prossimi capitoli, la storia del nostro sviluppo ci ha portato a
essere entità complesse nelle quali cooperano, secondo logiche adattive
ed evoluzionistiche, molteplici sottosistemi di natura biologica, fisica, cerebrale e mentale. La nostra struttura si è forgiata nel corso di miliardi di
anni con il preciso scopo di sopravvivere, adattandosi alle imprevedibili
mutazioni dell’Ambiente in un lento processo evolutivo che ha fatto della
variazione e dell’assorbimento delle strategie funzionali alla sopravvivenza un vero e proprio algoritmo con cui la vita ha generato la vita, e l’ha
trasmessa alle generazioni successive.
Uomo e Ambiente diventano parte di uno stesso processo: da un lato c’è
l’uomo con la sua biostruttura che gestisce l’interazione con il mondo interno ed esterno secondo logiche apprese anticamente; dall’altro c’è l’Ambiente che, in forza delle imprevedibili trasformazioni, impone un costante
riadattamento necessario per raggiungere un nuovo equilibrio.
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Guardando la relazione di aiuto da questa prospettiva, è facile intuire
come coloro i quali sono chiamati a operare con un intervento strutturato,
breve e mirato alla specifica problematica espressa dal cliente, come ad
esempio avviene nel Counseling, devono possedere nella propria compagine formativa e nella propria prassi una serie di competenze che afferiscono
a più discipline sia scientifiche che umanistiche.
Interagire con quanto attiene alla psiche richiede sicuramente la capacità di interpretare in modo coerente aspetti prettamente comunicativi
(comunicazione interpersonale) e relazionali (accoglienza, empatia, ascolto, mediazione), ma anche quella di tener conto degli elementi con cui
questa psiche, nella sua globalità, funziona e che accompagnano, anche
in termini evoluzionistici, le procedure con cui essa opera. In altre parole,
approcciare alla persona in termini di relazione di aiuto non significa solo
coltivare competenze di ordine squisitamente comunicativo e relazionale
o, come qualcuno pensa, confondendosi, di ordine psicologico, ma integrare in un unicum formativo competenze di sociologia, biologia, fisiologia,
neuroscienze, fisica, antropologia e filosofia. Fondere ed interpolare teorie
e conquiste di discipline che tentano di spiegare la realtà e la “Vita” anche
in termini strutturali e sistemici.
In questo senso, mi ha confortato leggere quanto scriveva Konrad
Lorenz nel suo trattato di etologia già nel 1980. Parlando dell’approccio
non sistemico di alcune discipline umanistiche, Lorenz affermava: «Nella
fisica atomica e nello studio delle particelle, il fisico si viene a trovare
in un campo dove falliscono la maggior parte delle prestazioni cognitive
umane e dove non sono neppure più applicabili le categorie di pensiero,
indispensabili secondo Immanuel Kant, della causalità e della sostanzialità e neppure le forme intuitive di spazio e di tempo. Il fisico qui si trova
ad avere a che fare con fenomeni che non si possono né descrivere né
rendere intuibili e che si possono definire solo con le operazioni che li
hanno prodotti e manifestati al ricercatore. […] Il fisico applica metodi e
definizioni operazionali non perché li considera particolarmente “esatti”
e “scientifici”, ma perché nei campi citati, non ne ha altri a disposizione.
[…] I sistemi più complicati esistenti sono i sistemi nervosi centrali degli
organismi superiori e le loro reciproche relazioni sulle quali si fonda il
“sistema” di una società. Ciò nonostante, nelle scienze del comportamento, in psicologia e, incomprensibilmente, soprattutto in sociologia, domina
la tendenza di modo di imitare i metodi dei fisici, pur avendoli fraintesi.
Nella sua riduzione generalizzante, il fisico non studia le strutture per se
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stesse, ma perché è necessario che le comprenda per poter ricondurre a
leggi più generali le leggi che regolano queste strutture, e applica metodi
operazionali solo dove non esistono strutture nel vero senso della parola e
dove falliscono tutte le altre prestazioni cognitive dell’uomo. Egli non crede che si possano trascurare le strutture ed evitare di studiarle, né disprezza
la molteplicità delle prestazioni cognitive umane. Entrambe le cose, però,
le fanno gli psicologi e i sociologi, che qui sono oggetto di critica. Essi
evidentemente nutrono la speranza di potersi risparmiare lo studio delle
strutture e delle funzioni dell’organismo vivente e soprattutto lo studio del
sistema nervoso centrale, riuscendo, con metodi operazionali e statistici, a
trovare delle leggi generali indipendenti dalle strutture particolari. In altre
parole, considerano inutile spiegare il comportamento animale e umano
con il meccanismo fisiologico di cui è funzione» (Lorenz, 1980).
Citando questo scritto non voglio entrare nel merito di sterili polemiche, ma confermo solo che la complessità del sistema uomo impone a
coloro che se ne vogliono occupare il dovere di avere un approccio che
integri, anche nella prassi, lezioni apprese da altre discipline che pongono
anch’esse l’uomo al centro del loro universo investigativo, ma da altre
prospettive.
Come si è già anticipato, a quanto detto c’è però da aggiungere che
qualsiasi analisi che non tenga conto del contesto e dell’Ambiente in cui
l’uomo è inserito è destinata a offrire solo una parziale visione della realtà. Come avremo modo di vedere nei prossimi capitoli, c’è un fenomeno
simbiotico che lega i destini degli individui all’Ambiente e l’Ambiente agli
individui. Un flusso informativo costantemente bidirezionale con cui la
Natura evolve da miliardi di anni, trasformandosi. In questo libro parleremo di co-evoluzione, di interazione tra campi quantistici ed elettromagnetici, di omeostasi, di come la cultura plasma l’uomo e l’uomo a sua volta
plasma la cultura.
Reciprocità e mutualità che sottendono anche l’altro assunto enunciato
in precedenza e cioè quello secondo cui fare Counseling oggi non è più
come farlo nel passato: i cambiamenti geopolitici cui assistiamo impongono alla professione un approccio alla relazione di aiuto che tenga conto
della dimensione multiculturale. La mescolanza di etnie e razze che oggi
compone la base sociale dell’Ambiente in cui tutti noi viviamo e lavoriamo.
Ciò determina, come vedremo, nuove categorie di problemi, fino a qualche
anno fa inesistenti; parlare di relazione di aiuto oggi significa quindi anche
saper gestire conflitti e disorientamenti prodotti da diversi protocolli comu20
nicativi ed esistenziali che ciascuno di noi, in virtù del suddetto principio
di reciprocità, eredita dall’Ambiente nel quale vive e si sviluppa.
Come fare ad arrivare a queste conclusioni? Per comprenderlo affronteremo un lungo viaggio. I principi guida che ci accompagneranno saranno
Ambiente, interscambio, apprendimento, omeostasi e neuroplasticità.
Ci avventureremo sul sentiero fin dal primo capitolo che ci porterà dalle
primordiali molecole probiotiche1 alle primitive strutture anatomiche psichiche e fisiologiche dei primati non umani – «i nostri cugini più prossimi
dal punto di vista filogenetico2» (Goleman, 2002) – e poi, con l’avvento
e lo sviluppo del cosiddetto cervello pensante, fino alle strutture corticali
che ancora oggi ci caratterizzano come esseri umani. Questo primo tratto
di strada ci permetterà di cogliere i primi tratti distintivi e “programmatici”
della nostra specie (alcuni innati nel nostro modo di essere e di pensare,
altri strategicamente appresi durante il cammino) e ci permetterà anche di
fare le prime interessanti considerazioni su quelli che sono gli elementi
peculiari e ricorrenti nella relazione tra Ambiente e Uomo. Un tema che
sarà ripreso, e sviluppato, nei capitoli 2 e 3, dove apprenderemo come il
contesto opera sul nostro ecosistema interiore, come esso può determinare
l’esito delle nostre esistenze, come tutto ciò possa trasformarsi in prassi
che un Counselor può mettere in campo per supportare il proprio cliente
in una rinascita e, infine, come sia lecito introdurre e parlare di un modello
neuroevolutivo. Alla luce di quanto appreso nei capitoli precedenti, il capitolo 4 sarà dedicato ad un’analisi epistemologica dell’arte del Counseling
con l’obiettivo di mettere in evidenza l’aspetto di mediazione e di lettura
della realtà che accompagna la sua azione. Qui sarà data la definizione
accademica della professione del Counseling ma saranno anche messi in
risalto alcuni degli imperativi che personalmente ritengo debbano essere
parte della definizione stessa di Counseling. Avrei potuto inserire questo
capitolo prima, come capitolo di apertura del libro, ma non l’ho voluto
fare appositamente e questo per una ragione fondamentale: detesto le definizioni dal sapore speculativo. Per intenderci, le definizioni che sono date
senza che sia mai chiaro il processo che ha portato a quella determinata
formulazione. Questo è quello che spesso accade con le fonti informative
che parlano di Counseling. Generalmente queste partono con la definizione
1
Le prime molecole che interagendo tra loro avrebbero dato origine a molecole organiche più complesse e, in seguito, ai primi organismi viventi.
2 La filogenesi è il processo evolutivo degli organismi vegetali e animali dalla loro
comparsa sulla Terra fino ai nostri giorni.
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di Counseling e, invece di preoccuparsi di spiegare il perché di questa definizione, cosa c’è dietro ad essa e quali sono i prerequisiti che giustificano
il Counseling, quasi sempre hanno subito fretta di esporre cosa “non è il
Counseling” ed in particolare ciò che lo differenzia dalla psicoterapia, dalla psicanalisi, dalla psicologia. In altri termini leggendo queste definizioni
ho sempre la sensazione che il Counseling sia spesso descritto dicendo
cosa non è piuttosto di cosa è, forse per paura di critiche e attacchi che
ultimamente sembra sia di moda fare.
A me questo approccio non piace. Nel bene e nel male io ho una formazione scientifica e questa mi porta prima di tutto ad osservare i fatti,
poi a descriverli e solo alla fine ad interpretarli e, quindi, ad offrirne una
definizione. Questo libro, in un certo senso, cerca di seguire proprio questo schema: legge e racconta i fatti che raccontano dell’uomo, li analizza
da diverse prospettive, li descrive ragionando sulle modalità con cui gli
elementi che emergono dai fatti possono essere trattati ed approcciati e,
solo alla fine, tira le sue conclusioni che in questo caso coincidono con la
definizione che, nel capitolo 4, viene data del Counseling ed in particolare del Private Counseling. Una definizione che, a questo punto, spero sia
percepita come la naturale e logica conseguenza di quanto raccontato nei
capitoli precedenti.
Per comprendere a fondo il ruolo assunto dall’Ambiente, e quanto esso
sia attuale, al capitolo 5 approfondiremo un particolare contesto operativo
che è quello delle Aziende. Un Ambiente dove la complessità del sistema
“Uomo” incontra la complessità del sistema “Organizzazione”; uno spazio
tempo denso di eventi e situazioni dove il Counseling può trasformarsi in
un vero strumento a supporto del successo del singolo e del sistema. Questo
capitolo, oltre a raccontare cosa avviene all’interno delle Organizzazioni e
quali dovrebbero essere gli snodi su cui l’azione del Counseling, dovrebbe,
a parer mio, focalizzarsi, offre una nuova definizione di Counseling che è
quella del Corporate Counseling. Una definizione che, come vedremo, si
discosterà da quella di Private Counseling proprio a causa del particolare
contesto all’interno del quale la consulenza viene fatta.
Prima di partire per questo lungo viaggio, un’ultima importante premessa. Trovare un punto di sintesi tra discipline complesse e vaste come
quelle citate è un’impresa ardua e, francamente, esula sia dagli specifici
obiettivi di questo testo sia da quelle che sono le mie convinzioni sull’essere umano e sull’atteggiamento che dovrebbero assumere coloro che decidono di mettere la propria competenza a servizio degli altri. Le moderne
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tecnologie diagnostiche e terapeutiche3 offrono quasi quotidianamente in3
Annovero tra queste tecnologie: 1) La Functional Magnetic Resonance Imaging
(fMRI), una moderna tecnica biomedica d’imaging che fa uso della risonanza magnetica
nucleare – in inglese Nuclear Magnetic Resonance NMR – per valutare lo stato funzionale
di un organo. La tecnica si basa sostanzialmente sulla concentrazione di acqua contenuta
nei tessuti e prevede la misura della rotazione intorno al proprio asse (precessione) dello
Spin (momento angolare intrinseco) di protoni e nuclei presenti nella materia quando sono
sottoposti all’azione di un campo magnetico intenso. In particolare, quando queste particelle
sono investite dalla forza generata dal campo magnetico, i loro momenti magnetici, ovvero
la grandezza che quantifica la tendenza di un dipolo magnetico a orientarsi in una data direzione in presenza di un campo magnetico, si allineano nella direzione del campo esterno. Si
genera, cioè, una momentanea alterazione della configurazione delle particelle. Quando il
campo magnetico viene spento, le particelle tornano alla posizione originaria e questo genera dei segnali che sono trasformati in immagini tridimensionali. In queste immagini, i tessuti ricchi di liquidi si presentano di colore chiaro – grazie alla presenza di atomi d’idrogeno –
quelli invece poveri di acqua si presentano più scuri. Questa differenza cromatica permette
di ottenere immagini molto dettagliate di ogni organo e di individuare eventuali alterazioni.
In ambito medico, tutte le tecniche che fanno uso della NMR sono per questa ragione anche
dette Tomografia a Risonanza Magnetica (TRM). Le immagini che sono generate si presentano molto diverse da quelle che sono prodotte negli esami radiologici convenzionali (raggi
X): il segnale di densità nella RMN è dato dal nucleo atomico dell’elemento esaminato
mentre la densità radiografica è determinata dalle caratteristiche degli orbitali elettronici
degli atomi quando sono colpiti dai raggi X. 2) La Positron Emission Tomography (PET),
altra tecnica di tomografia genera, invece, immagini per effetto dell’emissione di positroni
(o antielettroni con stessa massa dell’elettrone ma carica opposta emessi da un isotopo
radioattivo). Al paziente è immesso per via endovenosa – o, raramente, per inalazione – un
tracciante radioattivo che, per le sue caratteristiche fisiche, è chiamato positrone-emittente
ed i cui segnali (raggi gamma) sono successivamente elaborati per generare l’immagine. La
peculiarità di questa tipologia di analisi, invasiva, è proprio nell’interazione che avviene tra
materia (elettroni presenti negli atomi dei tessuti) e antimateria (positrone) con la conseguente produzione di energia (raggio gamma). A differenza della TAC e della NMR, la PET
fornisce informazioni di tipo fisiologico e non morfologico cosicché essa si presenta più indicata in tutti quei casi in cui è necessario ottenere immagini associate ai processi funzionali
all’interno del corpo. 3) Elettroencefalografia (EEG) è la registrazione dell’attività elettrica
dell’encefalo. 4) L’elettromiografia (EMG) e l’elettroneurografia (ENG) rientrano, invece, in quelli che si definiscono esami di carattere neurofisiologico, utilizzati nello studio
di patologie che coinvolgono il sistema nervoso periferico (SNP) soprattutto dal punto di
vista funzionale. Questi esami infatti mirano ad avere informazioni sulla funzionalità dei
nervi periferici e dei muscoli scheletrici. In questi casi, se l’esame neurologico evidenzia
un qualche deficit a carico del sistema nervoso periferico allora si provvede generalmente
a eseguire anche l’elettromiografia per comprendere più a fondo il quadro clinico (sede di
lesione, entità e tipo di lesione). 5) La stimolazione magnetica transcranica (TMS) sostanzialmente consiste in una stimolazione elettromagnetica del tessuto cerebrale attraverso
la quale è possibile analizzare il funzionamento dei circuiti e delle connessioni neuronali
all’interno del cervello. 6) La Transcranial Direct Current Stimulation (tDCS) è una stimolazione cerebrale operata attraverso un flusso di corrente elettrica depolarizzante di debole
intensità applicata nella parte anteriore del cervello attraverso l’ausilio di elettrodi. Il flusso
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formazioni che aprono a nuove teorie sul funzionamento della nostra mente e sui processi che sottendono le sue incredibili e meravigliose capacità di
apprendimento. Molti ricercatori, nel tentativo di superare le difficoltà che
le convenzionali scienze biomediche e psicologiche hanno nell’associare
patologie a cause singole e specifiche – tipico del determinismo ovvero di
quell’approccio scientifico, pervasivo nella fisica classica, secondo cui in
Natura nulla avviene a caso, ma sempre come conseguenza di una o più
cause ben definite –, sono stati obbligati «a fare ricorso alle leggi della
meccanica quantistica e a nuove teorie, a mezza strada tra effetti non deterministici e la fisica classica» (Budetta, 2010). Alcuni di questi studi sono
addirittura arrivati a paragonare la struttura del cervello alla complessità
che caratterizza i frattali4, mentre altri tentano di ricondurre il fenomeno
della sua riorganizzazione plastica – anch’essa recentemente scoperta – a
fenomeni che vanno dall’ordine assoluto al caos quantistico5.
Scopo di questo libro non è descrivere “tutte” le teorie esistenti né, tanto meno, farne una sintesi allo scopo di elaborare una “super sintesi” che
dia un quadro esaustivo di come funzioniamo.
Io credo che, in virtù della malleabilità che caratterizza a livello endemico la nostra natura, non finiremo mai di elaborare nuovi modelli, di
apprendere nuove cose su noi stessi e sul contesto nel quale, ogni giorno,
nascono e muoiono i sogni di tante persone.
di corrente aumenta o diminuisce l’eccitabilità neuronale a seconda del tipo di stimolazione
utilizzato. Questo cambiamento di eccitabilità neuronale conduce ad alterazioni della funzione cerebrale, che può essere utilizzata in varie terapie e consente di avere informazioni
aggiuntive sul funzionamento del cervello umano.
4 Sebbene in natura esistano numerosissimi esempi di frattali (piante, alberi, nuvole, cristalli di neve, profili di montagne, struttura elicoidale del DNA, reti neurali artificiali, ecc.),
e siano ancora in corso numerosi studi avanzati per descriverne lo sviluppo e la crescita, non
esiste ancora una formulazione matematica precisa che li descriva in modo esaustivo. Le
caratteristiche che contraddistinguono i frattali sono specificatamente quattro: autosimilarità,
secondo cui un frattale è composto da copie di se stesso; struttura fine, secondo cui il frattale
rileva dettagli a ogni ingrandimento; irregolarità, secondo cui il frattale si sviluppa secondo
una funzione ricorsiva e non si può descrivere come luogo di punti che soddisfano semplici
condizioni geometriche o analitiche; dimensioni di auto similarità, secondo cui le dimensioni
sono sempre maggiori della “dimensione topologica” ovvero, sebbene i frattali possano essere
rappresentati in uno spazio convenzionale, la loro dimensione non è intera bensì frazionaria.
5 Con il termine “caos quantistico” si fa riferimento allo studio di sistemi classicamente
caotici con metodi della fisica quantistica. Il concetto, elaborato verso la fine degli anni
Settanta da un Gruppo di fisici teorici di Berlino, aveva come obiettivo quello di comprendere come la meccanica quantistica (teoria che governa il microcosmo) poteva spiegare i
fenomeni di caos cui sono sottoposti i sistemi macroscopici quando sono soggetti a una
generica perturbazione (non linearità).
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