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PRIMO PIANO
Sabato 7 Febbraio 2015
Per fare un bilancio della politica economica fallimentare che è stata realizzata sinora
Una conferenza europea sul debito
Così non si va avanti. Vediamo quindi come fare altrimenti
DI MARIO LETTIERI*
E PAOLO RAIMONDI**
D
opo le elezioni politiche,
da Atene è partita la
proposta di una «conferenza europea sul
debito». Ciò sta determinando
un ampio dibattito in tutto il
vecchio continente. La Bce di
Draghi e la Commissione Ue
non possono ignorarla. I fautori del rigore fiscale e dell’austerità senza crescita e senza
sviluppo dovranno rivedere il
loro approccio. L’Ue e l’eurogruppo sono di fronte a decisioni che sollecitano profondi
cambiamenti di metodo e di
politica economica. La Grecia
ha un debito pubblico di 310
miliardi di euro pari a circa
il 175% del suo pil. Prima del
2007 era dell’89%. Nella zona
euro era del 66% prima della
crisi finanziaria globale, oggi si
aggira intorno al 93%.
Negli anni passati, per
salvarsi dalla bancarotta, Atene ha chiesto e ricevuto da Ue e
Fmi due bailout (prestiti di salvataggio, ndr) per 240 miliardi
di euro. In cambio, ha dovuto
sottoporsi a una «terapia shock»
fatta di tagli dei budget statali,
drastiche riduzioni delle spese
pubbliche e aumenti delle tasse
richiesti e imposti dalla Troika. Così, oggi l’economia greca
è in ginocchio. Dopo 6 anni di
compressione economica, gli
investimenti sono stati ridotti
del 63,5%, la sua produzione
industriale è scesa di un terzo,
il pil si è ridotto del 26%. La disoccupazione è salita a oltre il
25% della forza lavoro e quella
giovanile al 62%.
D’altra parte è noto che
dei 240 miliardi di «aiuti»
(l’Italia vi ha contribuito con
41 miliardi di euro) solo il 10%
è andato a sostegno della spesa
pubblica o del reddito dei cittadini greci. Il resto è stato una
partita di giro. Sono stati acquistati titoli di stato greco detenuti dalle grandi banche private
europee ed internazionali che
premevano per disfarsene, minacciando quindi di accelerare
il processo di bancarotta dello
Stato. E una parte è andata a
pagare gli interessi sul debito
pubblico cresciuti a dismisura.
In una simile situazione la cosiddetta ripresa economica non
ci può essere, è uccisa ancora
prima di iniziare. Riteniamo
che sia una scelta suicida sia per
Atene che per Bruxelles.
Perciò la richiesta della
ristrutturazione del debito
greco all’interno di una specifica
conferenza europea sul debito è
l’unica mossa razionale possibile
che va ben al di là del colore politico del governo pro tempore.
Infatti la Spagna, l’Irlanda e il
Portogallo mostrano un grande
interesse per tale proposta. Pensiamo che lo debba fare anche il
nostro paese. Anche importanti
analisti economici di differenti
scuole di pensiero economico, e
persino il Financial Times, giudicano la politica europea nei
confronti della Grecia completamente fallimentare. Osservano che, se fossero concessi nuovi
aiuti finanziari, indispensabili
per tenere in vita lo Stato e il
debito della Grecia, e fossero
usati come nel passato, l’economia e la società comunque
sprofonderebbero nella palude
della depressione.
La Bce sta già acquistando titoli di stato dei Paesi europei per creare maggiore liquidità per nuovi investimenti. La
stessa banca inoltre potrebbe
acquistare sui secondary bond
market, i cosiddetti mercati obbligazionari secondari, titoli di
stato, detenuti dai privati, della
Grecia e non solo. Ciò comporterebbe una rivoluzione copernicana nella Bce e nell’Ue poiché
si potrebbe unilateralmente rinviare indefinitamente le scadenze a tassi di interesse irrisori.
In sintesi Atene chiede
un trattamento non dissimile a quello concesso alla Germania dopo la Seconda Guerra
mondiale dalla Conferenza di
Londra del 1953 che fu guidata
dagli Usa e coinvolse 20 nazioni,
tra cui la Grecia. Alla Germania fu concessa la cancellazione
del 50% del debito accumulato
dopo le due guerre mondiali e
l’estensione per almeno 30 anni
del periodo di ripagamento del
restante. Inoltre dal 1953 al
1958 la Germania avrebbe pagato soltanto gli interessi sul
debito. Fu concordato che i pagamenti non superassero il 5%
del surplus commerciale della
Germania.
Tale accordo permise
all’economia tedesca di ripartire. Il Piano Marshall di sostegni
economici fu poi determinate
per lo sviluppo dell’economia.
Molti paesi creditori furono interessati a sostenere l’export della
Germania, permettendole così
di pagare i debiti e gli interessi.
Naturalmente l’allora geopolitica, che assegnava alla Germania il ruolo di baluardo nei
confronti dell’Unione Sovietica,
fu decisiva. È importante sottolineare che l’Accordo del 1953
affermava di voler «rimuovere
gli ostacoli alle normali relazioni
economiche della Germania Federale con gli altri paesi e quindi
dare un contributo allo sviluppo
di una prosperosa comunità di
nazioni». Un concetto che meriterebbe di essere proposto anche
oggi per l’intera Europa.
* Già deputato e sottosegretario all’Economia
**economista
© Riproduzione riservata
QUELLA PIÙ CORPOSA È AL SAN DOMENICO DI FORLÌ CON 160 OPERE DI BOLDINI E 70 DI ALTRI AUTORI
Ferrara e Forlì dedicano due grandi mostre a Boldini. Piaceranno molto
ai visitatori ma ridimensionano un pittore largamente sopravvalutato
GIANFRANCO MORRA
tutti, non ci sono misteri o drammi o
simboli, vi prevalgono donne eleganti
a che bisogno c’era di e raffinate, sempre in posa, disinibite
nuove mostre su Boldi- e seduttrici.
Boldini era partito, tra il 1864 e
ni? Negli anni recenti
ne abbiamo avute tante, il 1870, dalla pittura dei macchiaioli.
a Padova e Como, Roma e Rovigo, Fi- E’ la novità della mostra di Forlì, che
renze, Ferrara e, appena chiusa, Mi- fa conoscere molte opere di quell’epolano: ripetitive come la sua pittura, ca, in genere di piccolo formato. Ma
anche, per la prima
apprezzate dal pubvolta, due dipinti mublico come una torta
Boldini
offriva
con
le
rali fatti per la villa
alla panna, mistificasue
tele
un
elisir
di
gioFalconiera, presso
te da presentazioni
vinezza
a
gentildonne
Pistoia. Sono gli anni
di rara fabulazione.
danarose giunte alla
di Firenze capitale
Ora sono Ferrara e
d’Italia, ma l’espeForlì che si sfidano
mezza età, angosciate
rienza macchiaiola si
a colpi di Boldini:
per l’incipiente decastava concludendo. A
nello stesso giorno
denza.
Egli
ridonava
partire dal 1871 trane hanno aperte due.
loro
la
freschezza
sferì la sua residenza
Nel Castello Estense
di
un
tempo
con
un
a Parigi, dove alteri quadri, ben noti, di
nò la frequentazione
Boldini e De Chirilifting creato dai colori
di altri italiani colà
co, ospitati nei mue dal tratto dei sui proemigrati (De Nittis,
sei a loro intitolati a
digiosi pennelli
Corcos, ZandomeFerrara, chiusi dopo
neghi) con quella di
il terremoto del 2012
e ora in restauro. Più che una mo- alcuni impressionisti francesi (Degas
stra, un trasferimento, ci resteranno e Manet). Ma pittori tragici come
van Gogh e Gauguin, o spiritualisti
tre anni.
Forlì, al S. Domenico, ha inau- come Redon e Puvis de Chavanne,
gurato una monografica assai ricca, gli rimasero estranei. Proust lo stidocumentata e allestita con grande mava molto. Nel 1909, su «La Voce»,
impegno e serietà: «Boldini: lo spet- Ardengo Soffici ebbe la definizione
tacolo della modernità dai macchiaioli esatta: «Non fu né un creatore, né un
a Parigi» (sino al 14 giugno; ore 9.30- poeta».
Egli aveva ormai maturato
19, lunedì chiuso). Che oltre alle pitture presenta non poche realizzazioni quello stile, che lo rese famoso e ingrafiche, disegni, acquerelli e incisioni confondibile. Forse fu il più capace a
(160 opere di Boldini e 70 di altri au- cogliere il gusto della «belle époque», la
tori, davvero ben scelti, che consen- sua frivolezza e raffinatezza, sensualitono di capire influenze e ambiente). tà ed eleganza, esibizione e dandismo.
Di certo sarà un successo di pubblico: Anche l’esperienza di Toulouse-Lauuna mostra facile e comprensibile per trec, l’altro grande nano della Parigi
DI
M
dell’epoca, con le sue donne di malaf- e inimitabile artigiano, più che un aufare e la sua predilezione per il circo, tentico artista. Dirà nel necrologio del
non lo scosse. Ma il conte Toulouse 1931 il suo concittadino De Chirico:
frequentava abitualmente i casini, il «Un grandissimo talento, ma si esita
borghese Boldini bussava ai palazzi un po’ a chiamarlo grande pittore».
dei ricchi.
Boldini morì a 89 anni. Ma dal
Il «little italian», come lo chia- 1914 molto gli s’era indebolita la vista
mavano a Londra, divenne il principe e dovette lasciare quasi del tutto la
dei ritrattisti e si inserì perfettamente pittura. Era il momento giusto. Quel
in quel ruolo, che gli
mondo del benessedette una sicura agiare, che i suoi occhi e
Boldini
morì
a
89
anni
tezza: «Un artista ulil suo pennello avequando
il
suo
mondo,
tra-chic, tra il salotto
vano mitizzato, si
la
belle
èpoque
era
e il teatro», lo chiamò
andava spegnendo.
Berenson. La quaLa tragedia dell’Eustato inesorabilmente
lità del suo pennello
ropa era cominciata.
travolto dalla ferocia
era sicura e indiscuIl colpo di pistola di
dei campi di battaglia
tibile, offriva un eliSarajevo aveva aperdella
prima
guerra
sir di giovinezza per
to una nuova e anmondiale.
Quel
mondo
gentildonne giunte
gosciosa epoca, una
di voluttà, che il suo
alla mezza età, ango«laide époque» nella
sciate per l’incipiente
quale la bellezza idepennello mitizzò, si era
decadenza e affannaalizzata e falsificata
spento inesorabilmente a non perdere gli
di Boldini, si tratti
te. E per sempre.
ultimi colpi. Egli dodell’attrice Cléo de
nava loro un lifting
Mérode, della ina colori, le trasformava in «femmes fanta Eulalia di Spagna o dell’esteta
fatales» grazie ad un mestiere unico Robert de Montesquiou, era divee incomparabile: il disegno veloce, il nuta qualcosa di estraneo e lontano.
colore squillante, il tocco virtuoso e E già nuove tendenze, rivelatrici del
raffinato.
diverso e angosciato spirito del temForse ha esagerato il grande po, battevano alla porta: simbolismo e
fotografo inglese (quello del film My futurismo, cubismo, espressionismo e
Fair Lady) Cecil Beaton, quando ha surrealismo, tutte terre incognite per
parlato di «ritratti superficiali e pieni l’arricchito e soddisfatto Boldini.
di lenocini»: anche se di certo le sue
La mostra forlivese ha un granfotografie di donne fatali (come Mar- de merito, ci aiuta a capirlo e a delene Dietrich) sono più vere e pulite mitizzarlo. E ci convince che un solo
delle artefatte icone sexy di Boldini. nudo di Modigliani o un manichino
Le doti del pittore ferrarese, il suo di De Chirico valgono più di tutte le
esasperato virtuosismo, i suoi artefat- gentildonne vestite da Fortuny e sati colori, la sua minuziosa epidermica cralizzate da Boldini.
pennellata ne hanno fatto un perfetto
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