Isole Britanniche Il Regno unito di Gran Bretagna ed Irlanda del

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Isole Britanniche
Le Isole Britanniche sono situate al largo della costa nord occidentale dell'Europa, sono le punte emerse di una catena montuosa
sottomarina, nata dallo scontro fra la placca continentale europea
e quella nord-americana. Le due isole più grandi sono la Gran Bretagna, divisa in Inghilterra, Scozia e Galles e l'Irlanda, costituita
dalla Repubblica d'Irlanda e dall'Irlanda del Nord (Ulster), che appartiene al Regno Unito.
L' arcipelago delle Isole Britanniche comprende inoltre le Orcadi, a
nord-est della Scozia, le Shetland, al largo della Scozia settentrionale, le Isole Scilly, a sud-ovest dell'Inghilterra, le Isole Ebridi, a
ovest della Scozia, l'Isola di Man, a nord-ovest dell' Inghilterra, l'Isola di Wight, a sud dell'Inghilterra e oltre 5000 isole e isolotti adiacenti di dimensioni minori che, insieme a Gran Bretagna e Irlanda, coprono una superficie totale di 315.000 km² circa.
La Manica, il Mare del Nord e lo Stretto di Dover separano la Gran
Bretagna dal continente europeo. L'Irlanda è situata a ovest della
Gran Bretagna e le due isole sono separate dal North Channel, il
Mar d'Irlanda e il Saint George's Channel.
Geograficamente, la zona meridionale della Gran Bretagna è parte
della pianura dell'Europa settentrionale. La parte settentrionale
dell'isola, punteggiata da laghi panoramici, è formata da antiche
montagne erose. Il clima piovoso, ma mite della Gran Bretagna è
famoso. Qui ebbe inizio la rivoluzione industriale nel XVIII secolo,
favorita dalla presenza di numerosi giacimenti di ferro e carbone.
Figura 1 Le isole britanniche
L'Irlanda è prevalentemente collinare e abbondantemente irrigata da numerosi fiumi e laghi. L'economia si basa essenzialmente sull'agricoltura e l'industria, in particolare quella ad alta tecnologia.
Il turismo gioca un ruolo importante qui, come in Gran Bretagna e nella maggior parte delle Isole Britanniche maggiori.
Il Regno unito di Gran Bretagna ed Irlanda del nord
Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (in inglese United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland), spesso indicato semplicemente come Inghilterra o Gran Bretagna, è uno stato dell'Europa Occidentale, formato da una serie di Atti d'Unione che
riunirono i regni di l Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda. Gran parte dell'Irlanda si separò nel 1922 costituendo lo Stato Libero d'Irlanda (l'attuale Repubblica d'Irlanda), la parte restante è ancora sotto il Regno Unito e viene chiamata Irlanda del Nord (o Ulster).
Anche dopo la fine del suo impero coloniale, la Gran Bretagna è riuscita ad evitare il declino della sua influenza nel mondo, rimanendo una grande potenza. Membro del G8, il Regno Unito è un paese tra i più sviluppati del globo; la sua economia, con un PIL
stimato sui 2200 miliardi di dollari, è la quinta a livello mondiale e la seconda in Europa. È il terzo Stato più popoloso d'Europa dopo
Germania e Francia con una popolazione di 60,2 milioni di abitanti, membro fondatore della NATO e dell'ONU dove è membro
permanente del Consiglio di sicurezza con diritto di veto. Il Regno Unito è una delle maggiori potenze militari mondiali ed è dotato
di armi nucleari.
Aspetti geofisici e climatici
Il territorio del Regno Unito è molto vario e comprende l’Isola della Gran Bretagna, la parte settentrionale dell’Irlanda e gran parte
delle altre isole dell’arcipelago. Oltre a numerose colonie d’oltremare, in Europa (Gibilterra) ed altri continenti.
Il clima del Regno Unito, per l'influsso dei mari che lo circondano, è generalmente mite e umido, con temperature invernali molto
rigide solo in alcune zone montuose all'interno della Scozia.
Le condizioni atmosferiche più frequenti sono nebbia, foschia e cielo coperto. In Inghilterra la media annua delle precipitazioni, più
abbondanti in ottobre, è di 760 mm circa. Nel Galles varia secondo l'altitudine: da 762 mm circa in alcune regioni costiere fino a oltre 2.450 mm sul massiccio dello Snowdon. In Scozia le precipitazioni annue sono comprese tra i 3.810 mm delle Highlands occidentali e i 635 mm circa di alcune zone orientali. In Irlanda del Nord le precipitazioni sono distribuite nell'arco dell'anno, con massimi di
oltre 1.016 mm a nord e di 760 mm circa a sud.
La Gran Bretagna
L'isola della Gran Bretagna, ottava al mondo per dimensioni (229.870 km²), è costituita da Inghilterra, Galles e Scozia. Essa costituisce poco più del 90% della superficie del Regno Unito, e presenta una morfologia del territorio decisamente varia: dalle pianure al-
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luvionali e aree palustri che caratterizzano le coste profondamente frastagliate, al dolce paesaggio collinare interrotto da scoscesi
dirupi, dalle regioni costellate di antichi laghi a quelle caratterizzate
da aspri rilievi montuosi. Isola principale dell'Europa, la Gran Bretagna è separata dalla costa occidentale del continente dal Mare del
Nord e dal Canale della Manica, mentre il Mar d'Irlanda la separa
dalla Repubblica d'Irlanda. Da nord a sud il territorio si estende per
un massimo di 968 km di lunghezza e in larghezza non supera i 520
km.
L'Inghilterra, che occupa la parte centrale e sudorientale dell'isola, è
la regione più densamente popolata. Il paesaggio è caratterizzato da
brughiere, erbose distese collinari, aree palustri e colline di gesso e
dai Monti Pennini, che si estendono dalla Scozia fino alla regione
centrale dell'Inghilterra. All'estremità nordoccidentale dell'Inghilter1
ra si trova il Lake District che, con i suoi laghi luccicanti, i verdi
scoli, le dorsali e le vette montuose, è un vero paradiso per
sionisti e amanti della natura. La costa orientale è invece caratterizzata da una serie di aree paludose bonificate, The Fens, che costituiscono il punto più basso dell'isola. Scoscese scogliere di gesso si staFigura 2 Massiccio del Monte Snowdon: la valle di Nant
gliano infine sul litorale affacciato sulla costa della Manica.
Ffrancon.
La penisola del Galles, che occupa un decimo circa del territorio della Gran Bretagna, si protende nel Mar d'Irlanda dalla costa sudoccidentale dell'isola. I due terzi del Galles sono occupati dai Monti Cambrici, mentre la parte restante è caratterizzata da valli e pianure
costiere. Nella sezione nordoccidentale della regione sorge il suggestivo massiccio dello Snowdon, un gruppo di cinque vette collegate da ripide dorsali, che appartiene allo Snowdonia National Park, il più vasto parco nazionale del Galles. La costa sudoccidentale
è caratterizzata dalle spettacolari scogliere del Pembrokeshire Coast National Park.
La Scozia, che occupa la parte settentrionale dell'isola, ha carattere prevalentemente montuoso ed è suddivisa in tre aree geografi2
che: le Highlands , le Central Lowlands e le Southern Uplands, a cui si aggiungono numerose isole. La regione delle Highlands, che
occupa oltre la metà del territorio scozzese, è segnata da aspri rilievi montuosi, brughiere, foreste e pianure, ed è punteggiata da
numerosi laghi, tra cui il Loch Ness, famoso per la leggenda del mostro, e il Loch Lochy. Nei Monti Grampiani si trova il Ben Nevis
(1.343 m), la vetta più elevata della Gran Bretagna. La regione delle Central Lowlands, la più densamente popolata della Scozia,
forma una cintura attorno alla parte centrale del Paese. Brughiere collinose interrotte da dirupi rocciosi caratterizzano, infine, la
regione delle Southern Uplands.
I fiumi del Regno Unito hanno perlopiù corso breve e portata regolare. I principali sono il Tamigi e il Severn, situati nell’Inghilterra
meridionale, entrambi con un corso di circa 340 km. Altri fiumi importanti sono l’Humber, nell’Humberside, il Tyne, nel Northum-
Il Lake District è una regione di origine glaciale dell’Inghilterra nord occidentale caratterizzata da una serie di rilievi di
media altezza (le vette maggiori, tra cui lo Scafell Pike, superano di poco i 900 m.), e costellata da numerosi laghi,
innumerevoli laghetti di montagna e corsi d'acqua. L'area, dal punto di vista paesaggistico una delle più suggestive del
paese, è stata dichiarata parco nazionale nel 1951
Il distretto divenne famoso quando un gruppo di poeti britannici, tra cui William Wordsworth, Samuel Taylor Coleridge e
Robert Southey, vi si stabilì agli inizi dell'Ottocento, così da guadagnarsi il soprannome di "Poeti dei laghi", basandosi
su un gioco di parole che si riferiva alla natura "annacquata" dei loro versi.
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Oltre metà della superficie della Scozia è occupata dalle Highlands, letteralmente "terre alte", che costituiscono la regione più montuosa dell'isola della Gran Bretagna.
Divise dal resto della Scozia da una linea ideale che va da Dumbarton a Stonehaven, le Highlands sono formate da catene parallele di monti con andamento nordest/sud-ovest, interrotte da profondi burroni e da valli. Dirupi scoscesi, altipiani con brughiere, laghi montani, insenature marine, impetuosi corsi d'acqua e fitti boschetti
scandiscono il paesaggio di questa che è la parte meno densamente popolata della Scozia.
Le Highlands sono attraversate da una depressione nota come Glen More, che si estende dal Firth of Inverness al Loch Linnhe. A nord-ovest si allineano vette fortemente erose con elevazioni piuttosto uniformi comprese fra 610 e 915 m.
A sud-est di Glen More la morfologia si diversifica. La regione è percorsa dai Monti Grampiani, il principale sistema montuoso della Scozia. Questi raggiungono l'altitudine massima nel Ben Nevis (1.343 m), che è la cima più alta del Regno Unito. La zona è l'unica della Scozia con vasti tratti di foresta.
Nelle Highlands si trova il famoso Loch Ness, lago dalla forma stretta e allungata, che si apre nel Canale di Caledonia. Secondo la leggenda, nelle sue acque abiterebbe
il celebre mostro.
Gli abitanti delle Highlands si considerano il ceppo celtico più puro e per secoli si sono distinti culturalmente dalla popolazione delle "terre basse" soprattutto per aver
mantenuto viva l'antica lingua gaelica.
Gli splendidi paesaggi della regione hanno ispirato poeti e romanzieri, tra cui Sir Walter Scott. Le città più importanti delle Highlands sono Aberdeen e Inverness. Le
principali attività economiche sono la pesca, la pastorizia e la produzione di whisky e di tessuti tweed.
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berland, e, in Scozia, il Clyde. Il Dee nasce nel Bala Lake, il maggior lago naturale del Galles e attraversa il Galles settentrionale e
l'Inghilterra. La regione meridionale è percorsa da numerosi fiumi che scorrono in ripide vallate.
Irlanda del Nord e Scozia sono caratterizzate da un gran numero di laghi, chiamati Loch (in Scozia) e Lough (in Irlanda). I maggiori
sono, oltre al già citato Lough Neagh, il Loch Lomond e il Loch Ness, in Scozia.
La Scozia è caratterizzata da molti corsi d'acqua e da laghi, particolarmente numerosi nel centro e a Nord, dove si estendono il Loch
Lomond (il maggiore), il Loch Ness, il Loch Tay e il Loch Katrine. Il fiume più lungo della Scozia è il Tay.
L’Irlanda del nord
Il territorio dell'Irlanda del Nord è prevalentemente costituito da una pianura bassa e piatta, occupata al centro dal Lough Neagh, il
lago più esteso delle isole britanniche (lungo 29Km. e largo 24Km.), formato dal Bann, che scorre a nord del Canale del Nord, e da
alcuni corsi minori, quali: il Blackwater, il Main e il Lagan . Altri laghi importanti sono il Lower Lough Erne e l’Upper Lourgh Erne. Il
fiume principale è il Foyle, che segna parte del confine nord occidentale e s’immette nel Lough Foyle a Londonderry. A parte alcuni
rilievi isolati, le cime più elevate sono le Sperrin Mountains a nord-ovest, le Antrim Mountains lungo la costa nordorientale e le
Mourne Mountains a sud-est, nei quali sorge la cima più alta, dell'Irlanda del Nord, Slieve Donard.
Le isole Orcadi
Le umide e ventose Orcadi sono un arcipelago separato dalla costa nordorientale della Scozia dal Pentland Firth, comprendono 90
isole e isolotti circa, dei quali un terzo circa abitati. Mainland, nota anche come Pomona, è la più estesa delle isole e vi sorge Kirkwall, il capoluogo e la città principale delle Orcadi. Le altre maggiori isole dell'arcipelago sono Hoy, Sanday, Westray, Stronsay e
South Ronaldsay.
Prevalentemente di modesta altitudine, le isole sono battute dai venti, cosicché la vegetazione è essenzialmente ridotta a piante di
basso fusto. Tuttavia il suolo fertile consente l'agricoltura e l'allevamento che, insieme alla pesca, costituiscono le principali risorse
delle Orcadi. Lo sviluppo dell'attività estrattiva del petrolio nel Mare del Nord ha contribuito all'incremento della popolazione e costituisce attualmente la principale attività economica.
Abitate durante l'Età neolitica, molte isole conservano ancora i caratteristici brochs, torri di pietra erette dai Pitti, una popolazione
celtica proveniente dalla Scozia, e altre vestigia. Invase dai Vichinghi alla fine del IX secolo, le Orcadi caddero sotto il dominio della
Corona norvegese e infine sotto l'autorità della monarchia scozzese nel 1472.
Le isole Shetland
Le Shetland, situate al largo della costa scozzese, tra l'Oceano Atlantico e il Mare del Nord, consistono di circa 100 isole e isolette
accidentate, di cui solo 19 abitate. Mainland è la maggiore: altre isole importanti sono Yell, Unst, Fetlar, Whalsay, Bressay, Muckle
Roe e Fair. Lerwick, sul territorio di Mainland, è il centro amministrativo e la città principale. Attività economica fondamentale è la
pesca; gli isolani allevano inoltre bovini e ovini e con i raccolti soddisfano il proprio fabbisogno alimentare. Le esportazioni includono i famosi pony Shetland, lana e prodotti dell'artigianato tessile.
Le isole Scilly
Le Isole Scilly sono un arcipelago situato a 40 km circa al largo della costa sudoccidentale dell'Inghilterra, formato da centoquaranta speroni rocciosi e isolotti, di cui
solo cinque abitati: Saint Mary's, Tresco, Saint Martin's, Saint Agnes e Bryher. Un
tempo paradiso dei pirati, l'arcipelago è famoso per le frastagliate scogliere granitiche e per il paesaggio selvaggio: molte navi sono naufragate su queste coste rocciose.
L’arcipelago è noto per la mitezza del clima, che favorisce la coltivazione, persino in
inverno, di ortaggi e fiori subtropicali, che vengono poi spediti via mare ai mercati
di Bristol e Londra. Il turismo e la pesca affiancano le principali attività economiche
Figura 3 Le isole Scilly
ortofrutticola e florovivaistica. Le isole sono raggiungibili per mare o tramite elicottero da Penzance, in Inghilterra. Il capoluogo, Hugh Town, su Saint Mary's, la maggiore delle isole, possiede un porto notevole, con
possibilità di ancoraggio.
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Le isole Ebridi
Le Isole Ebridi, isole fredde, umide, ventose e poco popolate, formano un arco nell'Oceano Atlantico, al largo della costa occidentale della Scozia. L'arcipelago, costituito da 500 isole circa, delle quali un centinaio abitate, è diviso in due gruppi dai canali North
Minch e Little Minch (che fanno parte del canale The Minch) e dal Mare delle Ebridi. Le isole principali delle Ebridi Esterne sono Lewis, Harris, l'isola Barra, North Uist e South Uist. La maggiore delle Ebridi Interne è Skye; altre isole importanti di questo gruppo sono Mull, Islay, Jura, Tiree e Coll.
L'arcipelago, che reca ancora le tracce della sua formazione glaciale, ha un terreno roccioso, interrotto da acquitrini, brughiere, laghi e valli. La morfologia del territorio che rende suggestivo il paesaggio comprende profondi glen, altipiani rocciosi e ripide scogliere. Le Cuillin Hills di Skye, che raggiungono un'altitudine di 1.009 m, sono note per la loro bellezza selvaggia.
Le principali attività economiche delle Isole Ebridi sono la pesca, l'allevamento di pecore, l'industria tessile, l'agricoltura e, durante i
mesi estivi, il turismo. Le isole sono note per la loro fauna, che comprende alci, capre selvatiche, cavalli e pony. Nel 1957 la piccola
isola Rhum fu scelta come centro di ricerca per lo studio della geologia e della natura del luogo.
L’isola di Mann
La costa dell'Isola di Man è caratterizzata da alte scogliere e incisa da baie. La maggior parte della superficie è coperta da glen boscosi e da colline tondeggianti, la più alta delle quali è lo Snaefell con i suoi 620 m. Il clima mite rende possibile la coltivazione di
molte piante subtropicali e oltre la metà della superficie dell'isola è coltivata. L'Isola di Man è una nota meta turistica.
Agli inizi dell'era celtico-cristiana, l'isola era sotto l'influenza della Repubblica d'Irlanda. Le principali testimonianze storiche sono i
resti di abitazioni su palafitte in pietra, monumenti dell'epoca runica e druidica, forti, castelli, torri e pietre miliari. La lingua corrente è l'inglese, ma l'uso del manx, di origine celtica, sopravvive in un gruppo ristretto della popolazione.
L’isola di Wight
L'isola di Wight ha all'incirca la forma di una diamante ed ha un'area di 381 km quadrati. Circa metà, principalmente la parte occidentale, fa parte del Isle of Wight AONB (zona dell'isola di Wight di bellezza naturalistica eccezionale).
I paesaggi dell'isola sono molto diversi, facendole meritare il nomignolo di "Inghilterra in miniatura". La parte occidentale è principalmente rurale, con l'impressionante linea costiera dominate dal famoso costone in pietra calcarea, che percorre tutta l'isola e che
termina nel Needles stack - uno dei punti più fotografati dell'intera isola.
Il resto dei paesaggi dell'isola hanno una grande varietà, probabilmente i più interessanti sono i dolci pendii digradanti verso il mare
e gli scogli affioranti dal mare, che sono spettacolari ed importanti per la vita degli animali selvatici e soggetti a protezione ambientale. Il fiume Medina scorre verso nord nel Solent, mentre l'altro fiume lo Yar scorre verso nord-est sfociando nella baia di Bembridge all'estremita est dell'isola. A creare confusione è la presenza di un altro fiume Yar nella parte occidentale dell'isola, questo non
ha niente a vedere con l'altro e sfocia non lontano dalla baia Freshwater con un estuario relativamente ampio a Yarmouth. Per distinguerli normalmente sono utilizzati i nome di Yar Occidentale e Yar Orientale. La costa sud dell'isola si affaccia sul canale della
manica.
La fauna selvatica è degna di nota, essendo l'unico posto in Inghilterra dove vive con una popolazione stabile lo scoiattolo rosso. Al
contrario del resto dell'Inghilterra non sono presenti scoiattoli grigi o daini selvatici, ma possiamo incontrare molte rare specie protette di animali, come il dormouse (una specie di topo con la coda coperta da una folta pelliccia) e molte specie di pipistrelli. La farfalla Glanville Fritillary in Inghilterra vive solamente sui pendii di fronte al mare dell'isola di Wight.
Gibilterra
Precedentemente conosciuta come Calpe, una delle Colonne d'Ercole, oggi ci si riferisce colloquialmente a Gibilterra come Gib o la
Rocca.
Deve il suo nome a Tariq ibn Ziyad (dall'arabo ‫ز
د رق‬, morto nel 720), conosciuto dagli spagnoli come Taric el Tuerto, il
condottiero berbero che conquistò la Spagna nel nome dell'Islam. Quindi Jabal Ţāriq ( ‫ )رق‬che significa "Monte di Tariq".
È situata nell'Europa sud-occidentale, sulla costa meridionale della Spagna; un luogo strategico sullo stretto di Gibilterra, che mette
in comunicazione l'Oceano Atlantico settentrionale con il Mar Mediterraneo. Fa parte dell'Unione Europea, anche se è fuori dall'unione doganale
Con un’estensione di 6,5 km². Condivide 1,2 km di confine territoriale con la Spagna (Provincia di Cádice in Andalusia) e ha 12 km di
costa. Il clima è mediterraneo con inverni miti e estati calde.
Il terreno è una piana costiera che circonda la Rocca di Gibilterra (426 metri di altezza). Le risorse naturali sono trascurabili, così
come quelle di acqua potabile. Fino a poco tempo fa venivano usati larghi raccoglitori in cemento o pietra per l'acqua piovana, ma
adesso esiste un impianto di desalinizzazione.
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Demografia
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Il Regno Unito ha una popolazione di circa 60 milioni di abitanti, con una densità media di 249 abitanti per Km . Non esiste una lingua ufficiale, di fatto è l’inglese, ma la Carta Europea delle lingue Regionali ha ufficialmente riconosciuto come lingue autoctone e
regionali il gallese, il gaelico scozzese, il gaelico irlandese, il cornico, lo Scots e l'Ulster Scots.
Nel paese convivono numerose etnie. Oltre ai britannici (85,67% ), possiamo trovare numerose minoranze, costituite soprattutto
da immigrati dalle ex colonie, tra le quali troviamo: gli Indiani (5,27 %), i pakistani (1,3%), gli irlandesi (23 %), i meticci (1,2 %), i neri
(1,5 %), immigrati originari dal Bangladesh (0,5 %) ed altre popolazioni di origine asiatica (0,8 %).
Nonostante la Chiesa Anglicana sia considerata culto ufficiale, vi aderisce il 45% dei britannici, la libertà religiosa è largamente garantita. Con l'Act of Union del 1707 in Scozia è considerata religione ufficiale quella della Chiesa di Scozia (presbiteriana). Questa e
gli altri gruppi protestanti rappresentano il 10 % dell'intera popolazione.
Anche il cattolicesimo è molto diffuso (17%), nonostante il duro colpo subito nel Cinquecento con la Riforma Anglicana. Fu restaurato in Inghilterra e Galles dal 1850 e in Scozia nel 1878 ed è da sempre molto forte nell'Irlanda del Nord.
Le numerose comunità straniere professano i culti di origine: islamismo tra Arabi e Pakistani, induismo tra gli Indiani, buddhismo
ecc. Si contano inoltre 267.000 ebrei (la seconda comunità dell'Europa occidentale, dopo quella francese).
Alta è la percentuale di atei e agnostici (35 %).
Il Regno Unito è una tra le nazioni più urbanizzate del mondo: l’89% (2005) della popolazione risiede nelle città, in corrispondenza
dei maggiori distretti industriali. Circa il 40% è concentrato nei sette agglomerati urbani delle città di Londra, Manchester, Liverpool, Sheffield, Birmingham, Leeds e Newcastle-upon-Tyne. Tranne Londra, queste città – come anche Glasgow ed Edimburgo – si sono tutte sviluppate come centri manifatturieri, minerari e commerciali nel corso del primo secolo dell’industrializzazione. Nel corso
del XX secolo l’Inghilterra meridionale, e in particolare la zona sudorientale, ha riaffermato il proprio ruolo storico di cardine della
crescita economica e demografica del Regno Unito.
Il livello di alfabetizzazione è molto alto (99%), grazie anche ad un sistema scolastico molto evoluto. In effetti il prestigio internazionale di cui gode il sistema educativo britannico è dovuto alla reputazione di alcune scuole private o indipendenti, chiamate “scuole
pubbliche” (Public Schools) perché originariamente fondate, nel Medioevo, come istituti caritatevoli per l’istruzione dei bambini
indigenti. Tra queste vi sono l’Eton College, la Harrow School e la Rugby School. Solo il 7% dei bambini nel Regno Unito, tuttavia,
riceve un’istruzione privata: il resto frequenta le scuole statali.
L’istruzione è obbligatoria a partire dai 5 anni d’età. L’obbligo scolastico termina a 16 anni, ma il 65% degli allievi prosegue gli studi.
Il titolo di studio universitario è diviso in due gradi: dopo tre o quattro anni si ottiene il bachelor, dopo il quale si possono proseguire gli studi per ottenere i titoli di master e doctor. Le università britanniche sono completamente autonome. La formazione e la ricerca sono finanziate da appositi consigli istituiti dal Parlamento. Molte delle università più antiche contano su propri cospicui fondi: tra queste, le università di Oxford e Cambridge, fondate nel XII e XIII secolo, e le università scozzesi di Edimburgo, Saint Andrews,
Glasgow e Aberdeen, risalenti al XIV e XV secolo.
Divisioni amministrative e città più importanti
Il Regno Unito, è uno stato che comprende l'Inghilterra, il Galles, la Scozia e l'Irlanda del Nord nelle Isole Britanniche, a loro volta
suddivisi in Contee, Regioni e Distretti, oltre ad alcuni altri territori, talvolta in regime post coloniale:
Anguilla
Bermuda
Territori Britannici dell'Antartico
Territori Britannici dell'Oceano Indiano
Isole Cayman
Isole Falkland (dette anche Isole Malvine o Isole Malvinas)
Georgia del Sud e Isole Sandwich meridionali
Gibilterra
Montserrat
Isole Orcadi
Isole Pitcairn
Isola di Sant'Elena
Isole Turks e Caicos
Isole Vergini Britanniche
Basi militari di Akrotiri e Dhekelia a Cipro.
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L'isola di Man, a dispetto di quanto credono molte persone, non fa parte del Regno Unito ma è una dipendenza diretta della Corona
britannica, mentre le Isole del Canale (Isole Anglo-Normanne) hanno uno status simile appartenendo al re d'Inghilterra in qualità di
duca di Normandia. Le Isole Orcadi e Shetland, invece, fanno semplicemente parte della Scozia.
L’Inghilterra è divisa in 148 unità amministrative (78 distretti e 70 contee); tra le contee storiche si ricordano: Bedfordshire, Buckinghamshire, Cambridgeshire, Cheshire, Cornwall, Cumbria, Derbyshire, Devon, Dorset, Durham, East Sussex (vedi Sussex), Essex,
Gloucestershire, Greater London, Greater Manchester, Hampshire, Hertfordshire, Kent, Lancashire, Leicestershire, Lincolnshire,
Merseyside, Norfolk, North Yorkshire (vedi Yorkshire), Northamptonshire, Northumberland, Nottinghamshire, Oxfordshire, Shropshire, Somerset, South Yorkshire, Staffordshire, Suffolk, Surrey, Tyne and Wear, Warwickshire, West Midlands, West Sussex, West
Yorkshire, Wiltshire, Worcestershire.
Il Galles è suddiviso in 22 distretti unitari, ripartizioni delle precedenti otto contee: Clwyd, Dyfed, Gwent, Gwynedd, Mid Glamorgan, Powys, South Glamorgan, West Glamorgan.
La Scozia è divisa in 32 distretti unitari, ripartizioni delle precedenti dodici regioni: Borders, Central, Dumfries and Galloway, Fife,
Grampian, Highland, Lothian, Orkney Islands (Orcadi), Shetland Islands, Strathclyde, Tayside, Western Isles.
L’Irlanda del Nord è divisa in 26 distretti: Antrim, Ards, Armagh, Ballymena, Ballymoney, Banbridge
Londra è la capitale, la sede del governo e la maggior città del Regno Unito. È anche il capolupogo dell’Inghilterra, mentre il capoluogo della Scozia è Edimburgo, Cardiff è quello del Galles e Belfast quello dell’Irlanda del Nord. Altri centri importanti sono Glasgow, in Scozia, e in Inghilterra le città di Birmingham, cuore del distretto industriale delle Midlands, Leeds, Sheffield, Manchester,
che si sviluppò come centro manifatturiero e minerario dell’Inghilterra del nord, e i porti di Liverpool e Bristol.
Economia
Il Regno Unito ha un ruolo trainante fra le economie occidentali sia sotto l'aspetto finanziario sia sotto quello commerciale. Negli
ultimi due decenni il paese ha fatto fronte ad un intenso processo di privatizzazione. L'agricoltura è di tipo estensivo e altamente
meccanizzata e la produzione copre circa il 60% del fabbisogno interno. Il Regno unito è ricco di risorse minerarie, ed ha un settore
industriale molto sviluppato, ma la maggior parte del Prodotto Interno Lordo viene dal terziario; banche, assicurazioni e servizi finanziari.
Attualmente, la Gran Bretagna è tra i 7 paesi più industrializzati del mondo. In termini di prodotto nazionale lordo (PNL) è al quarto
posto, prima di Francia e Italia e dopo Stati Uniti, Giappone e Germania. Nel 2002 il prodotto interno lordo del paese fu di
1.566.283 milioni di dollari USA, pari a un PIL pro capite di 26.440 dollari. A partire dal secondo dopoguerra il paese ha dovuto affrontare numerosi problemi economici quali la pressione valutaria, il deficit della bilancia totale dei pagamenti, l'inflazione e, fino a
poco tempo fa, una scarsa capacità produttiva. Durante la recessione verificatasi nel 1974, la situazione si fece ancor più critica: il
numero di disoccupati superò il milione, vi fu un declino della produttività, i salari aumentarono e la moneta toccò minimi storici.
Nel luglio 1975 il governo adottò severe misure anti-inflazione, con l'appoggio del mondo economico e dei sindacati, in modo da
contenere gli aumenti salariali e l'inflazione. Verso la fine degli anni settanta del Novecento la scoperta di giacimenti di petrolio nel
Mare del Nord consentì un'importante riduzione del deficit nella bilancia dei pagamenti. A partire dal 1979 la politica economica
del paese ha promosso una maggior delega al settore privato, mettendo un freno alla spesa pubblica e ai servizi statali. Obiettivo
prioritario rimaneva il contenimento dell'inflazione, a costo però di un tasso di disoccupazione storicamente elevato. Intorno alla
metà degli anni ottanta vi erano nel paese oltre 3 milioni di lavoratori senza impiego e dieci anni dopo ne rimanevano ancora circa
2,6 milioni. Il deficit di bilancio annuo all'inizio degli anni novanta era pari a circa l'1,1% del prodotto interno lordo. Nel gennaio del
1973 il Regno Unito aderì alla Comunità Europea (ora Unione Europea). La struttura del lavoro è oggi significativamente cambiata.
Nel 2002 la forza lavoro ammontava complessivamente a 29.602.654 lavoratori. Nel settore dei servizi è attualmente impiegato il
73% dei lavoratori, mentre nel 1955 lo era solo un terzo della forza lavoro. L'industria, che rappresentava un tempo il settore principale in termini di occupazione (42% della forza lavoro nel 1955), assorbe oggi solo il 25% della popolazione attiva. Il problema della disoccupazione è oggi meno grave che in passato: il tasso di disoccupazione del paese ha raggiunto infatti il 5,1% (2002).
Agricoltura e settori correlati
Nonostante il 23,7% del territorio britannico sia coltivato, il settore riveste una modesta importanza in termini di occupazione e di
partecipazione al PIL, come riflesso della precoce industrializzazione conosciuta dal paese. Nel 2001 l'agricoltura impiegava appena
il 1% della popolazione attiva e partecipava alla formazione del PIL per l'1%. Il settore raggiunge tuttavia alti livelli di efficienza e
produttività. In vaste zone del paese, soprattutto in Scozia e in Galles, i terreni possono essere sfruttati soltanto per il pascolo; oltre
la metà delle aziende agricole è impegnata nell'allevamento di bovini e ovini e nella produzione lattiero-casearia. Dalla metà degli
anni novanta del XX secolo il settore della zootecnia si è trovato ad affrontare, come altri paesi europei, il problema della crescente
diffusione di casi di encefalopatia spongiforme bovina, che ha avuto gravi conseguenze sull'esportazione di carne bovina. La produzione di bovini rimane comunque molto consistente (10,4 milioni di capi nel 2003). L'arativo è concentrato perlopiù nell'Inghilterra
orientale e centromeridionale e nella Scozia orientale. Le colture principali sono frumento (oltre 14,3 milioni di tonnellate prodotti
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nel 2003), barbabietola da zucchero (circa 9 milioni di tonnellate), orzo (oltre 7 milioni di tonnellate), patate e avena. L'alta produttività del settore è stata raggiunta grazie all'estensione dei campi, attraverso opere di diboscamento, la meccanizzazione e l'impiego intensivo di fertilizzanti e pesticidi.
Anche lo sfruttamento delle risorse forestali non è una voce rilevante dell'economia britannica; la produzione di legname fu, nel
2002, di 7.577.000 m³. La pesca praticata in alto mare ha conosciuto un certo declino a partire dalla seconda metà del Novecento,
in parte a causa della legislazione restrittiva adottata dall'UE per la tutela delle specie. Tuttavia rimane un'attività economicamente
importante in Scozia e in alcune zone dell'Inghilterra sudoccidentale, e rappresenta la principale fonte di occupazione in alcune città portuali. Nel 2001 la produzione totale di pesca marina ammontava a 595.124 tonnellate. Le specie maggiormente pescate sono
lo sgombro, il merluzzo, la sogliola, l'aringa e i crostacei. Importanti porti di pesca sono:
Hull, Grimsby, Fleetwood, North Shields, Lowestoft, Plymouth, Brixham e Newlyn in Inghilterra;
Aberdeen, Peterhead, Lerwick, Ullapool e Fraserburgh in Scozia;
Kilkeel, Ardglass e Portavogie in Irlanda del Nord.
Dotato di una consistente flotta di pescherecci, il Regno Unito è stato particolarmente colpito dalle misure imposte dall'Unione Europea. Per tutelare la fauna ittica e consentirne la riproduzione, le navi devono rimanere forzatamente inattive per numerosi giorni
all'anno, e il governo ha dovuto adottare piani di finanziamento per incoraggiare l'abbandono di questa attività. All'inizio del 1996
alcune aree, tradizionalmente riservate alla pesca britannica e irlandese, sono state aperte ai pescherecci spagnoli in base a un accordo del dicembre 1994. Ratificato da un'esigua maggioranza del Parlamento, questo accordo ha provocato nel corso dell'anno
considerevoli tensioni e incidenti; il malcontento si è ulteriormente diffuso dopo la riduzione delle quote di pescato britannico indicata dai programmi europei.
Risorse energetiche e minerarie
Gli importanti giacimenti di ferro e stagno che, sin dall’antichità, hanno favorito lo sviluppo del paese sono oggi esauriti. Oltre alle
miniere di sale del Cheshire, sfruttate sin dai tempi preistorici, il Regno Unito può comunque contare su buone disponibilità di zinco, piombo, oro (soprattutto in Galles), argento, petrolio e gas naturale. In particolare, le riserve d’oro, argento, petrolio e gas naturale sono proprietà della Corona e ai produttori possono solo essere concesse licenze di sfruttamento. La produzione di minerali
comprende inoltre calcare e dolomite, sabbia e ghiaia, arenaria, argilla e caolino. Ancora importante è l’estrazione del carbone, anche se dal 1913 in poi il settore ha conosciuto, e sta tuttora conoscendo, un graduale declino (il numero degli occupati in questa
industria è sceso da circa 200.000 persone nel 1985 a circa 11.000 nel decennio successivo). Quasi i tre quarti del carbone britannico provengono da giacimenti profondi, il resto da miniere all'aperto e, nonostante i problemi che il settore ha dovuto affrontare in
epoca recente, esso provvede tuttora a circa il 25% dell'energia del Regno Unito. Nel 2001 il paese ha prodotto 34,7 milioni di tonnellate di carbone. Il petrolio fu scoperto nel 1969 nel Mare del Nord, al largo della costa della Scozia nordorientale; la produzione
iniziò nel 1975. Nel 1980 vi erano 15 giacimenti, che producevano 1,6 milioni di barili al giorno, tanto da soddisfare il fabbisogno
interno e rappresentare una nuova voce nel mercato delle esportazioni. Nuovi giacimenti di petrolio e gas naturale sono stati scoperti a partire dal 1980, in particolare nel Dorset, nell'Inghilterra meridionale. Nel 2001 il Regno Unito era al nono posto tra i produttori mondiali di petrolio (2.586 migliaia di barili di greggio al giorno).
Il Regno Unito è stato tra i primi paesi a sviluppare impianti per la produzione di energia nucleare che oggi provvede nella misura
del 18% al fabbisogno energetico del paese. La prima centrale nucleare per la produzione di energia su scala commerciale entrò in
funzione nel 1956 a Calder Hall, in Cumbria, nell'Inghilterra nord occidentale. Nei primi anni novanta le centrali nucleari producevano circa il 18% dell'elettricità britannica. Nel 2008 il governo del Primo Ministro Gordon Brown ha deciso di rilanciare i programmi
nucleari con la costruzione di 22 nuovi reattori di varia capacità ed un investimento finanziario di 100 miliardi di Euro.
Industria
La Gran Bretagna è stata la prima nazione a conoscere l’industrializzazione, già intorno alla metà del XIX secolo il Regno Unito era
una nazione industrializzata, la prima al mondo. Tra le cause principali di questo precoce sviluppo vi furono: l'antica posizione di
preminenza britannica nel commercio mondiale della lana; l'abbondanza di risorse minerarie; lo sviluppo della navigazione e del
dominio navale dei mari; l'acquisizione di mercati coloniali; una maggiore libertà politico-religiosa e un minor impegno bellico rispetto agli altri paesi d'Europa; lo sviluppo di tecniche manifatturiere più efficienti; infine, la rivoluzione agraria. Quest'ultima, che
precedette e accompagnò la rivoluzione industriale, fu molto importante, in quanto, grazie all'introduzione di nuove tecniche produttive, permise un'enorme crescita della produzione alimentare che poté far fronte allo sviluppo urbano. Essa rese inoltre disponibili migliaia di lavoratori per le nuove fabbriche. Nel XVI e XVII secolo l'immigrazione di fiamminghi e ugonotti diede grande impulso all'industria laniera, che costituì la base dell'economia britannica medievale. Grazie all'invenzione di nuovi macchinari l'industria tessile si sviluppò rapidamente fino a diventare una delle più importanti del paese. Lo sviluppo e le migliorie apportate dal motore a vapore, ideato dagli ingegneri scozzesi James Watt e George Stephenson, furono di capitale importanza per l'industrializzazione britannica, soprattutto nei settori carbonifero e siderurgico.
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Il Regno Unito rimane un paese altamente industrializzato, nonostante i molti problemi che il settore ha incontrato fin dagli anni
settanta del Novecento, tra cui la concorrenza straniera e gli effetti negativi della recessione degli anni ottanta. Nel 2002 l'industria
contribuiva nella misura del 26,4% alla formazione del PIL, mentre l'82% delle esportazioni consisteva di prodotti manufatti. Ciononostante, il numero degli occupati nel settore è diminuito in seguito alla chiusura degli stabilimenti o all'introduzione di nuove tecnologie per aumentare la produttività. Nel 2001 il comparto industriale occupava il 25% della forza lavoro.
I settori tradizionali tessile e automobilistico, anche se ancora fiorenti, hanno subito un lieve ridimensionamento, mentre un più
rapido sviluppo hanno avuto le industrie farmaceutiche, chimiche, elettroniche, aerospaziali e di strutture per l'industria petrolifera. Nei primi anni novanta il Regno Unito produceva circa il 40% dei personal computer d'Europa ed era uno dei maggiori produttori
mondiali di apparecchiature per comunicazioni, tra cui cavi in fibre ottiche. Fiorenti sono inoltre l'industria editoriale e della carta.
La Scozia e l'Irlanda del Nord vantano una lunga tradizione nella produzione di whisky e tessili (tweed e lino). I maggiori distretti
industriali del paese si trovano nei pressi di Londra, Manchester, Birmingham e Tyne and Wear.
Commercio e finanza
L'unità monetaria del Regno Unito è la lira sterlina (pound), divisa in centesimi (penny, plurale pence). La Bank of England, creata
per concessione nel 1694 e nazionalizzata nel 1946, è la sola banca autorizzata a emettere moneta in Inghilterra e Galles. Alcune
banche in Scozia e Irlanda del Nord possono emettere moneta in limitate quantità. Nel paese esistono inoltre molti istituti finanziari, come la Borsa valori di Londra, il più antico mercato finanziario del mondo, e la Borsa delle assicurazioni dei Lloyd's, che fanno
del Regno Unito uno dei più importanti centri della finanza mondiale. I servizi bancari, finanziari, assicurativi e di credito costituiscono circa il 20% dell'attività economica britannica. Tradizionale centro dei servizi finanziari è il noto Square Mile (il “miglio quadrato”) nella City di Londra, che ospita la maggior concentrazione al mondo di banche e un gran numero di istituti assicurativi.
Da centinaia di anni il commercio ha per il Regno Unito un'importanza vitale. La posizione dominante del paese nel commercio
mondiale durante il XVIII e XIX secolo fu dovuta in gran parte all'isolamento geografico delle isole britanniche rispetto ai conflitti e
ai problemi politici che affliggevano il continente. Lo sviluppo delle grandi compagnie mercantili (Compagnia delle Indie Orientali;
Compagnia della Baia di Hudson), l'espansione coloniale e il controllo navale dei mari furono fattori conseguenti. Prima del XVII secolo il commercio estero dell'Inghilterra era gestito quasi interamente da operatori stranieri. La lana era il principale prodotto di
esportazione e le importazioni erano rappresentate soprattutto da manufatti. Con il mercantilismo, la dottrina economica prevalente in Inghilterra nei secoli XVII e XVIII, lo stato promosse il commercio estero, lo sviluppo della flotta e delle compagnie mercantili. Con l'aumento dei possedimenti coloniali britannici nel XVIII e XIX secolo, l'allevamento ovino per la produzione di lana e carne
divenne un'attività importante nelle colonie, mentre cotone, ferro, acciaio e carbone divennero i principali prodotti di esportazione.
Oggi il Regno Unito è la quinta nazione al mondo per volume di scambi, con un valore pro capite delle esportazioni superiore a
quello degli Stati Uniti e del Giappone. I principali beni di importazione sono generi alimentari, legno e prodotti cartacei, macchinari, prodotti chimici e mezzi di trasporto. Tra le esportazioni britanniche figurano macchinari, mezzi di trasporto, manufatti di base,
petrolio, prodotti chimici, strumenti di precisione, attrezzature aerospaziali ed elettroniche. Nel 2002 le esportazioni ammontavano
a 288.647 milioni di dollari USA; le importazioni a 351.709 milioni di dollari USA. Il 50% circa degli scambi avviene con i paesi dell'Unione Europea, soprattutto con Germania, Paesi Bassi e Francia, il 13% circa con Stati Uniti e Canada.
Trasporti e vie di comunicazione
La presenza di numerose insenature lungo la costa e la navigabilità dei fiumi, che hanno consentito la costruzione di funzionali centri portuali, hanno contribuito a fare del Regno Unito una potenza marittima. Gli Atti di navigazione del XVII e XVIII secolo furono
emanati per favorire al massimo le navi inglesi nel trasporto di prodotti nazionali. Con le vittorie navali sulla Spagna e la Francia, le
principali rivali nel commercio mondiale, l'Inghilterra si assicurò il controllo dei mari e la preminenza mondiale della sua flotta mercantile. La sua leadership durò fino alla seconda guerra mondiale, quando la distruzione della flotta britannica e la crescita della
capacità produttiva dei cantieri navali statunitensi permisero alla marina mercantile americana di superare quella britannica, la cui
importanza ha da allora conosciuto un ulteriore declino. Oggi i principali porti britannici sono Londra, Tees e Hartlepool, Grimsby e
Immingham, Sullom Voe, Milford Haven, Southampton, Liverpool, Felixstowe, Forth, Dover e Portsmouth. Nelle isole Shetland e
Orcadi hanno sede porti a servizio dell'industria petrolifera. Vi sono oggi nel Regno Unito circa 3.200 km di canali e fiumi navigabili
alcuni dei quali, costruiti nel XVIII secolo, rappresentano ancora importanti vie di comunicazione: tra questi, il canale di Manchester
e il canale di Caledonia, nella Scozia settentrionale, che consente collegamenti tra l'oceano Atlantico e il Mare del Nord. Nel Regno
Unito fu inaugurata nel 1825 la prima ferrovia del mondo percorsa da treni a vapore, la Stockton and Darlington Railway. Nel 1923
la rete ferroviaria del paese era gestita da quattro compagnie, che furono nazionalizzate nel 1948, mentre nel 1955 fu avviato un
programma di modernizzazione. Oggi le ferrovie, gestite dalla compagnia Railtrack, recentemente privatizzata, dispongono di una
rete di 17.067 km, di cui circa il 30% elettrificato. A questi si aggiungono i circa 400 km della rete metropolitana londinese che si sta
estendendo con la costruzione di nuove linee nella parte orientale e sudorientale della città. Il progetto per la costruzione di un
tunnel sotto la Manica risale alla fine del XIX secolo. Ripresi nel 1957 e nuovamente interrotti nel 1973 per ragioni finanziarie, i la-
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vori ricominciarono definitivamente nel 1987 e un primo tunnel di servizio venne completato nel 1990. Il tunnel (chiamato Eurotunnel), lungo 50,4 km e situato a 40 m sotto il livello del mare, collega Folkestone, in Inghilterra, a Calais, in Francia. È stato ufficialmente inaugurato il 6 maggio 1994.
L’aeroporto di Heathrow (Londra), è in assoluto il più trafficato d’Europa, ed uno dei maggiori del mondo. La British Airways, la
compagnia di bandiera britannica, è una delle principali compagnie aree del mondo. Nel 1976, con Air France, British Airways inaugurò il primo servizio passeggeri che utilizza il Concorde; l’aereo fu in servizio fino al 2001. Oltre alla compagnia area nazionale, vi
sono nel Regno Unito molti operatori indipendenti.
Anche la rete stradale è molto sviluppata, con 392.342 km di strade, tra cui 3.716 km di autostrade.
Turismo
Nel 2005 affluirono nel paese 29.970.000 turisti, attratti dalla grande ricchezza delle tradizioni culturali britanniche, oltre che dalle
bellezze paesaggistiche. Teatri, musei, gallerie d’arte, edifici storici sono molto numerosi in tutto il paese, dove si svolgono inoltre,
ogni anno, manifestazioni artistiche di alto livello. Londra, dove hanno sede le maggiori istituzioni culturali, esercita un’influenza
predominante nel paese, ma anche la Scozia, il Galles, l’Irlanda del Nord e tutte le regioni d’Inghilterra vantano profonde tradizioni.
La Scozia ospita una delle principali rassegne artistiche del mondo, il Festival di Edimburgo. Fra le varie manifestazioni annuali che
celebrano la musica, la poesia e le tradizioni gallesi, ha grande rilievo il Royal National Eisteddfod.
A Londra hanno sede il British Museum, la National Gallery, il Victoria and Albert Museum, la Tate Gallery e il Courtauld Institute,
oltre a numerose altre collezioni di rilievo internazionale. Degni di nota sono inoltre i musei Ashmolean, a Oxford, e Fitzwilliam, a
Cambridge; la Galleria d’arte di Birmingham; le Tate Galleries di Liverpool e Saint Ives; il Museo della fotografia, del cinema e della
televisione a Bradford. Una curiosità è costituita dal Museo Eureka! di Halifax, il primo al mondo concepito specificamente per i
bambini.
A Londra troviamo anche il Museo delle cere di Madame Tussauds, diviso in due parti, quella principale, composta da un susseguirsi
di camere a tema, in cui sono raffigurati in cera i principali personaggi storici, politici, dello sport e dello spettacolo, e quella dedicata specificatamente ai grandi della musica. Recentemente, poi, la struttura ha aggiornato le sue attrazioni, inserendo anche l'emozionante Chamber Live, una camera degli orrori dove attori veri, in carne ed ossa, interpretano i personaggi dei più noti film
dell’orrore.
Ma nel Regno Unito sono possibili anche altri tipi di turismo, da quello escursionistico sui monti del Galles e della Scozia, a quello
d’istruzione, l’inglese è ormai divenuta la lingua franca per eccellenza dell’intero pianeta.
Il paese, in oltre, può offrire una vasta gamma di strutture ricettive, dai bed and breakfast agli alberghi extra-lusso.
Organizzazione dello Stato
L’attuale denominazione di “Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord” risale al 1922 e fece seguito alla creazione dello Stato libero d’Irlanda. Il Regno Unito è una monarchia costituzionale ereditaria. Il sovrano britannico è il capo dello stato, del sistema
giudiziario, delle forze armate e delle chiese anglicana e scozzese. L’ordinamento dello stato britannico è basato su documenti parlamentari (tra cui il Parliament Act del 1911 e lo Statuto di Westminster del 1931), su alcuni documenti storici (tra cui la Magna
Charta del 1215 e il Bill of Rights del 1689) e sulla Common Law.
Le funzioni esecutive, nominalmente conferite alla Corona, di fatto vengono esercitate da un gabinetto presieduto dal premier,
nominato dal sovrano nella persona del leader del partito di maggioranza. Il governo è responsabile del suo operato di fronte al
Parlamento.
Il sistema legislativo è basato su un Parlamento composto da due camere. La Camera dei Lord (House of Lords) è attualmente composta da 713 membri (detti Peers, “Pari”) nominati a vita dal sovrano; riguardo alla Camera dei Lord è in corso un processo di riforma, che potrebbe portare alla sua sostituzione con una camera alta elettiva. La Camera dei Comuni (House of Commons) è composta da 646 membri eletti a suffragio universale per un termine di cinque anni. La Camera dei Comuni è presieduta da uno speaker.
Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 18 anni di età.
Il sistema giudiziario britannico è basato sulla Common Law. La Camera dei Lord è la massima corte d’appello e impiega solo giudici
e giuristi professionisti. La pena di morte è stata del tutto abolita nel 1998 per i reati ordinari (dal 1969 l’omicidio non era punibile
con la pena capitale); dal 2001 non è prevista neanche nei codici militari.
Il servizio militare è interamente volontario; le forze armate contano 205.890 effettivi (2004). Il paese dispone di armamenti nucleari.
Storia
Il Regno Unito nasce nel 1707 dall’unione fra l’Inghilterra (che comprendeva il principato del Galles) e la Scozia. I due paesi fin dal
Medioevo costituivano due regni separati, ma dalla morte di Elisabetta I, nel 1603, erano stati governati dallo stesso sovrano. Nel
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1707 venne istituito un solo Parlamento e un sistema nazionale unificato per l’amministrazione, la tassazione, i pesi e le misure.
Tuttavia Inghilterra e Scozia mantennero le proprie tradizioni giuridiche e due diverse religioni di stato, il presbiterianesimo in Scozia e l’anglicanesimo in Inghilterra e nel Galles. Tuttavia, la storia britannica ha inizio molto prima, già in epoca preistorica, vediamo
di ripercorrerla con ordine.
La preistoria e l’età romana
Prima della conquista romana, avvenuta tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., l’isola rivestiva un’importanza relativa nella storia della
civilizzazione dell’Occidente. La prima dettagliata descrizione dell’isola e dei suoi abitanti è da ascriversi al viaggiatore greco Pitea, il
quale ne esplorò le coste intorno al
325 a.C.
Scarse sono le notizie intorno alla
lingua e alla civilizzazione delle popolazioni autoctone, se si escludono
alcuni monumenti megalitici come
Stonehenge, che data al Neolitico.
Nel periodo che va dall’età del
Bronzo al VI secolo a.C. la Britannia
fu abitata dai pitti e dai celti, i quali
periodicamente invasero le Isole
britanniche fino al I secolo a.C.
Giulio Cesare invase l’isola nel 55
a.C. e, ritornatovi l’anno seguente,
sottomise le popolazioni autoctone,
definite senza distinzione con il
termine britanni: essi conservarono
Figura 4 Fattoria dell’età del ferro: Nel 1972, a Buster Hill, nello Hampshire, nell'ambito di
la libertà politica ma dovettero paun progetto di archeologia sperimentale, venne ricostruita una fattoria comprendente algare un tributo a Roma per almeno
cune capanne circolari. I volontari che tuttora la gestiscono arano il terreno, coltivano le
un secolo, fino a che l’imperatore
piante, allevano gli animali con strumenti in uso nell'età del Ferro.
romano Claudio iniziò la conquista
sistematica della Britannia, nel 43 d.C. Dal 47, le legioni romane avevano preso possesso del territorio dell’isola a sud del fiume
Umber e a est del fiume Severn.
Le tribù note con il nome di siluri, che abitavano le attuali regioni del Galles e dello Yorkshire, riuscirono caparbiamente a resistere
per più di trent’anni, un periodo segnato dalla sanguinosa e fallimentare ribellione del 61, capeggiata dalla regina Boudicca. Da allora la regione fu trasformata in provincia imperiale, con il nome di Britannia, e fu amministrata da governatori romani. Nel 79 i romani sottomisero le tribù del Galles e posero sotto parziale controllo lo Yorkshire.
Tra il 79 e l’85 l’esercito romano, al comando di Gneo Giulio Agricola, si spinse verso il nord dell’isola completando la conquista della regione sino al golfo di Forth. Agricola si spinse quindi verso nord, in Caledonia (l’attuale Scozia), ma il dominio sul territorio tra il
golfo di Forth e quello di Clyde rimase controverso. I pitti conservarono l’indipendenza.
Poco si sa dei rapporti tra i britanni e i loro conquistatori tra l’85 e il 115. Dopo il 115 le popolazioni indigene si ribellarono ai dominatori e annientarono le guarnigioni romane presso Eburacum (attuale York). In seguito l’imperatore Adriano si recò in Britannia
(122) per avviare la costruzione di una fortificazione estesa per 117 km tra il golfo di Solway e l’imboccatura del Tyne. Ancora oggi si
possono ammirare i resti di questa grandiosa opera difensiva nota come vallo di Adriano.
Vent’anni dopo fu costruita un’altra linea fortificata, il vallo di Antonino, che si estendeva a nord dal golfo di Forth sino a quello di
Clyde. La regione compresa tra le due fortificazioni servì come area di difesa dalle popolazioni della Caledonia, che vennero spinte a
nord del vallo di Adriano nel III secolo. Il vallo definì il confine settentrionale delle frontiere romane per i successivi duecento anni,
che corrisposero a una fase di relativa pace.
Verso la fine del III secolo l’esercito romano iniziò a ritirarsi dalla Britannia per intervenire in difesa di altri settori dell’impero. Nel
410, in occasione dell’invasione di Roma da parte dei visigoti, venne fatto rientrare l’ultimo contingente romano dall’isola. La cultura celtica recuperò allora il suo predominio, mentre le testimonianze della presenza romana caddero progressivamente in rovina.
L’influenza di Roma scomparve completamente durante l’invasione germanica nel corso del V e del VI secolo. Da quel momento in
poi, si sviluppò in tutta l’isola la cultura degli angli e dei sassoni. Con le invasioni germaniche, la Britannia fu suddivisa in Inghilterra,
Scozia e Galles.
La conquista di un’isola posta notevolmente a nord rispetto al resto dell’impero e lontana dal bacino del Mediterraneo finì per dimostrarsi una mossa non poco azzardata per Roma. Sappiamo, ad esempio, che durante l’impero di Nerone si era presa in conside-
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razione l’idea di abbandonarla. In ogni caso, il ritrovamento di lingotti di piombo, stagno, rame e argento, documenta l’importanza
rivestita dalle risorse minerarie della Britannia. Il riferimento ad abiti locali nell’editto dei prezzi di Diocleziano (301) e
l’esportazione di grano da parte di Giuliano suggeriscono che la regione fosse ancora prospera in età tardo-antica, come del resto
testimonia la presenza di grandi ville rustiche.
Appare inoltre degno di nota il fatto che quasi tutte le città fondate da Roma fossero ancora in vita nel Medioevo, e che si siano
mantenute importanti ancora oggi: la più grande è certamente Londra (Londinium), ma anche città come York (Eburacum), Gloucester (Glevum), Winchester (Venta Belgarum), Canterbury (Durovernum), Lincoln (Lindum) e Leicester (Ratae Coritanorum) sono ancora i capoluoghi delle rispettive regioni. Oggi non si ritiene più che il cristianesimo sia scomparso con la fine dell’impero romano
(anche nella Britannia orientale), ma che sia parzialmente sopravvissuto secondo un modello di continuità cultuale.
D’altra parte, l’occupazione dei centri urbani fu alquanto ridotta a partire dall’età tardo-romana e per un secolo o due le città si ridussero a piccoli centri amministrativi, in gran parte abbandonati dai loro abitanti, anche se la campagna circostante sembra che
venisse ancora coltivata. Un’altra vittima di tale situazione fu la cultura latina: la lingua più diffusa in Britannia era il celtico a ovest e
l’anglosassone a est. I processi di cambiamento, che appaiono difficili da capire, non furono in ogni caso cruenti.
La Britannia romana testimonia in modo esemplare la capacità di Roma di diffondere i propri modelli culturali adattandoli alle diverse realtà locali. In ambito religioso, ad esempio, le divinità indigene vennero identificate con i loro equivalenti romani, come
possiamo vedere nel caso del santuario di Bath (Aquae Sulis), dove un tempio dalle forme architettoniche romane venne eretto in
onore di Minerva Sulis. A Nettleton Shrub, Apollo era venerato come Cunomaglos (“principe-cane”), mentre a Lydney Park, oltre il
canale di Bristol, esisteva un sacello dedicato a Marte Nodens.
Anche dove non sono stati mantenuti i nomi locali (come a Uley nel Gloucestershire, dove in età romana venne dedicato un tempio
a Mercurio), i britanni continuarono a venerare queste divinità: qui, come a Bath, sono state trovate tavolette di piombo con iscrizioni latine in cui si richiede aiuto contro i ladri,
mentre sugli altari i resti di zampe di animali sono
tutto quanto rimane di sacrifici celebrati come ringraziamento agli dei.
Nel periodo immediatamente successivo alla fine
della dominazione romana, il politeismo continuò
a sopravvivere in modo deciso, come dimostra il
ritrovamento di un nascondiglio di gioielli d’oro e
di cucchiai d’argento nel Norfolk (ora al British Museum), dedicato alla divinità italica Fauno, qui venerato con epiteti locali, quali Ausecus (“dalle oFigura 5 Stonehenge
recchie a punta”) e Medigenus (“generato dai prati”).
Nel corso del IV secolo, la diffusione del cristianesimo è testimoniata da una serie di ritrovamenti,
come un probabile piatto per l’eucaristia recante dediche cristiane, nel Cambridgeshire (ora al British Museum); pitture raffiguranti
il simbolo chi-rho e un battistero nel Kent; o, ancora, una chiesa con cimitero a Budd Road, all’esterno del vallo di Colchester.
La Britannia preromana fu caratterizzata da una raffinata tradizione artistica, che produsse pezzi come lo scudo di Battersea o il
torque d’oro di Snettisham (al British Museum). La conquista romana, in seguito, non distrusse, come si riteneva un tempo, questa
tradizione, ma la trasformò: le botteghe locali di fabbri rivolsero ora la loro attenzione a un repertorio di soggetti più vasto, che includeva immagini in cui il classicismo romano si fondeva con il gusto celtico, rivolto all’elaborazione di forme sinuose e di decorazioni astratte. Tra i prodotti più interessanti vi sono una rappresentazione del dio Marte (al British Museum) da Foss Dyke, nel Lincolnshire, con lunghi capelli e una muscolatura stilizzata, o una piccola statuetta di musa da Silchester (al Reading Museum).
Gli artigiani locali partecipavano verosimilmente anche alla realizzazione della grande arte statuaria: con ogni probabilità anche il
ritratto di Adriano, al British Museum, è un lavoro di artigianato locale: sicuramente la forma sinuosa dei capelli sembra di tradizione celtica. Si vedano inoltre gli importanti esiti scultorei in pietra costituiti dalla celebre Gorgone maschile dal frontone del tempio
di Minerva Sulis a Bath; il grande capitello “abitato” da figure del dio Bacco e del suo seguito a Cirencester (al Corinium Museum); o
una maschera femminile dall’espressione afflitta, con capelli dai ricci a forma di spirale, da Towcester, nel Northamptonshire (al
British Museum).
Tuttavia, la produzione artistica certamente più famosa della Britannia romana è quella del mosaico. Nel II secolo d.C. vennero realizzati mosaici tracciati su disegni con motivi perlopiù geometrici ma anche, in qualche caso, figurati. Dopo un periodo di recessione
che provocò una flessione nella committenza, nel IV secolo i mosaicisti della Britannia iniziarono una ricca produzione autonoma:
frequente nelle raffigurazioni al centro di pavimenti il motivo mitologico di Orfeo circondato da animali. L’esemplare più grande
andò perduto in un incendio del palazzo di Woodchester, ma una versione ridotta, proveniente dalla villa di Barton Farm, è tuttora
©2008 Andrea Soldati Figura 6 il Vallo di Adriano: Il Vallo è un sistema di fortificazioni fatto erigere nell'Inghilterra
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settentrionale dall'imperatore Adriano intorno al 122 d.C. Costellato nell'antichità da fortezze e torri di
guardia, serviva a difendere i territori romani della Britannia dalle incursioni dei pitti, stanziati in
Scozia.
Isole Britanniche
visibile nel museo. Altri
pavimenti della stessa
scuola sono conservati a
Chedworth. Un’altra bottega, specializzata in decorazioni animali e vegetali,
operava a Dorchester, nel
Dorset.
Il grandioso complesso residenziale di Frampton,
inoltre, appare decorato da
mosaici raffiguranti scene
mitologiche, con Perseo e il
mostro
marino,
Enea
nell’atto di cogliere il ramo
d’oro, e Cadmo che uccide
il serpente di Marte. Si è
supposto che questi temi
derivino da illustrazioni
delle Metamorfosi di Ovidio. È certo invece che la storia di Didone e di Enea, raffigurata sul pavimento delle terme di una villa a Low Ham, nel Somerset (ora
al Taunton Museum), derivi da una copia miniata dell’Eneide di Virgilio; il pavimento del triclinium (la sala da pranzo) della villa di
Lullingstone, nel Kent, che rappresenta Europa portata da Giove nelle sembianze di un toro, reca un’iscrizione in versi (in un metro
simile a quello di Ovidio) in cui si allude alla tempesta che fece naufragare la flotta di Enea a Cartagine. Probabilmente il verso fu
dettato dal proprietario della villa, e riflette la sua istruzione, che si basava sull’uso del latino e sulla conoscenza dei testi della letteratura latina.
L’Inghilterra
La storia dell’Inghilterra ha inizio, nel 449, con l’invasione della Britannia da parte degli anglosassoni. Questi giunsero sulle coste
occidentali dell’isola pochi anni dopo la fine della colonizzazione romana (409), spingendo i celti verso il Galles e la Cornovaglia. Gli
anglosassoni diedero alle terre occupate il nome di Angle-land (“Terra degli angli”), divenuto successivamente England.
Frammentarie informazioni sulla storia inglese tra il V e VI secolo si possono trarre dal De excidio et conquestu Britanniae, scritto
nel VI secolo dal cronista Gildas, dalle vite dei santi, dai ritrovamenti archeologici, dallo studio dei toponimi e di opere poetiche.
Verso la metà del V secolo, a imitazione dei romani, i capi militari britannici assoldarono mercenari germanici per difendere il paese
dalle bellicose tribù del Nord. In seguito, i mercenari sassoni si ribellarono contro i britannici, dando avvio a un processo d’invasione
e insediamento che nel VII secolo culminò con l’eliminazione della classe dominante locale e l’instaurazione di regni germanici in
tutta l’isola. Gli invasori erano angli, sassoni, frisoni, iuti e franchi, popolazioni vincolate da tradizioni simili che assunsero nel tempo
un’identità comune, prendendo il nome di anglosassoni.
Nel VII secolo i regni germanici comprendevano Northumbria, Bernicia, Deira, Lindsey, Mercia, Anglia Orientale, Essex, Wessex,
Sussex e Kent. Erano regni turbolenti, ma tutte le società anglosassoni erano caratterizzate da forti monarchie, feudi, leggi basate
sulle consuetudini e una forma di compensazione in denaro (guidrigildo) per la morte, il ferimento o il furto ai danni di un uomo
libero. Gli anglosassoni professavano culti politeistici, non possedevano una cultura scritta e vivevano di agricoltura, caccia e allevamento.
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Figura 7 L’Inghilterra
Gli avvenimenti principali dei due secoli seguenti furono la diffusione del cristianesimo e l’unificazione politica. Nel 596 il papa Gregorio Magno inviò nel Kent un gruppo di missionari guidati dal monaco Agostino, accolto favorevolmente dal re Etelberto, che si
convertì. Agostino divenne il primo vescovo di Canterbury e i regni meridionali divennero cristiani. In questo periodo il cristianesimo romano incontrò quello di matrice celtico-irlandese, diffusosi prima in Scozia, tramite san Colombano, quindi in Northumbria
tramite sant’Aidano, che nel 635 fondò il monastero di Lindisfarne. Al sinodo di Whitby, Owsy, re di Northumbria, scelse il cristianesimo di Roma; Teodoro di Tarso, divenuto arcivescovo di Canterbury nel 668, istituì numerose diocesi e dotò la Chiesa inglese di
una struttura di base. L’incontro fra la cultura celtica e quella latina diede avvio a una notevole fioritura letteraria, in particolare in
Northumbria, terra natale di grandi pensatori come Beda il Venerabile e Alcuino di York.
Le frequenti guerre innescarono un processo di unificazione dei regni germanici. Già durante il regno di Etelberto del Kent (560616) un re poteva essere dichiarato Bretwalda, ossia sovrano della Britannia; nel VII secolo il titolo fu appannaggio dei re di Northumbria, nell’VIII passò a quelli di Mercia e nel IX fu adottato da Egberto di Wessex, che nell’825 sconfisse il re di Mercia a Ellendun. Nel secolo seguente la sua famiglia giunse a regnare su tutta l’Inghilterra. Il nipote di Egberto, Alfredo, divenne re del Wessex
(871) in uno dei momenti più difficili per il paese. Durante il suo regno i danesi, una popolazione vichinga che aveva già compiuto
numerose incursioni sulle coste inglesi, decisero di conquistare l’isola. Dopo aver sottomesso una parte del paese, essi furono tuttavia sconfitti da Alfredo a Edington (878); l’Inghilterra fu allora divisa nel Wessex e nella regione poi chiamata Danelaw (comprendente Essex, East Anglia e Northumbria), che rimase agli invasori fino al 937, quando fu riconquistata dal nipote di Alfredo, Etelstano, che conseguì una grande vittoria a Brunanburh nel 937. La conquista del Danelaw rese possibile la creazione di un governo unificato per tutta l’Inghilterra. Il sovrano regnava con l’assistenza del Witenagemot, un consiglio che contribuiva all’emanazione delle
leggi e alla nomina dei sovrani. Furono creati circa quaranta shires (contee), ognuno dei quali aveva una shiremoot, o assemblea,
costituita da uomini liberi che si riunivano due volte l’anno e presieduta da uno sceriffo.
Sotto il regno di Etelredo II (978-1016 ca.) ripresero le invasioni danesi. Nel 1014 Etelredo fu deposto da Sven I, re di Danimarca, ma
ritornò sul trono pochi mesi dopo, alla morte di Sven. Morto Etelredo, nel 1016, Canuto II, figlio di Sven, sconfisse Edmondo II, figlio
di Etelredo. Sotto Canuto II, l’Inghilterra fece parte di un regno che comprendeva anche la Danimarca e la Norvegia. Dopo i brevi e
impopolari regni di Aroldo I e Hardeknute, figli di Canuto, la corona passò a Edoardo il Confessore, figlio di Etelredo, richiamato dalla Normandia dove viveva in esilio. Nel 1066, quando Edoardo morì senza lasciare eredi, il Witenagemot scelse in qualità di successore Aroldo, conte di Wessex. Ciò provocò la reazione degli altri aspiranti al trono: Aroldo III di Norvegia e il duca Guglielmo di
Normandia. Aroldo II sconfisse il primo a Stamford Bridge il 25 settembre 1066, ma fu battuto da Guglielmo nella battaglia di Hastings, il 14 ottobre. Guglielmo fu allora incoronato re.
L’anno 1066 fu cruciale nella storia inglese. Guglielmo I il Conquistatore e i suoi figli regnarono con fermezza. I normanni introdussero il feudalesimo nel paese, ridistribuendo la terra fra i conquistatori, dando vita a una nuova classe aristocratica di origine francese e a una nuova struttura sociale e politica. Alla morte di Guglielmo (1087), ascese al trono inglese il suo secondogenito Guglielmo II il Rosso, mentre sul trono normanno si insediò il primogenito Roberto. In seguito, il terzogenito Enrico ereditò il trono inglese
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alla morte del fratello (1100) e conquistò il trono normanno (1106). Enrico designò a succedergli la figlia Matilde, ma nel 1135 il nipote, Stefano di Blois, prese il potere. Gli anni del suo regno (1135-1154) furono contrassegnati dalla guerra civile.
Il figlio di Matilde, Enrico Plantageneto, conte di Angiò, salì al trono con il nome di Enrico II (1154). I Plantageneti, in particolare Enrico II e i figli Riccardo e Giovanni, tentarono di rafforzare l’autorità della corona. Enrico pose fine all’anarchia del regno di Stefano,
bandendo i mercenari e distruggendo i castelli dei baroni che si erano dichiarati indipendenti. Rafforzò la struttura governativa, elaborò una legislazione comune, applicabile a tutta l’Inghilterra, che fu amministrata dai tribunali reali e contrastò l’autorità della
Chiesa privandola di parte dei privilegi acquisiti. L’autorità di Enrico si estese inoltre su più di metà della Francia, sull’Irlanda e sulla
Scozia. Per quanto abile nel governare, egli non seppe però tenere a freno le ambizioni dei figli, che gli si ribellarono più volte, sostenuti sia dalla loro madre, Eleonora d’Aquitania, sia dai re francesi.
Alla morte di Enrico II (1189), la prematura creazione di uno Stato moderno si dissolse rapidamente. Nell’arco dei dieci anni del suo
regno (1189-1199), Riccardo I Cuor di Leone trascorse in Inghilterra meno di un anno, impegnandosi dapprima nelle crociate, poi
nella riconquista dei territori perduti in Francia durante la sua assenza. Il fratello Giovanni Senzaterra non seppe fronteggiare
l’opposizione dei baroni che raggiunse il culmine dopo la sconfitta subita nel 1214 a Bouvines e la conseguente perdita di gran parte
dei possedimenti inglesi sul suolo francese. Nel 1215 fu costretto a concedere la Magna Charta, documento solenne con il quale il
sovrano rinunciava ad alcuni importanti privilegi e si impegnava a rispettare e ad applicare la legge inglese e i costumi feudali, nel
rispetto dei diritti di tutti gli uomini liberi del regno.
Alla morte di Giovanni Senzaterra (1216) i baroni accettarono l’ascesa al trono del figlio Enrico III, di nove anni, e assunsero il controllo del governo. Nel 1227, raggiunta la maggiore età, Enrico III confermò la Magna Charta. Nei secoli XII e XIII l’Inghilterra prosperò. Si estesero le coltivazioni, mentre l’allevamento di pecore e la vendita della lana assunsero un’enorme importanza. Londra e
altre città divennero i centri vitali del commercio e della ricchezza e acquisirono, con licenza reale, il diritto di autogoverno locale.
Furono fondate le università di Oxford e Cambridge. I monasteri, in particolare quelli cisterciensi, guidarono l’espansione rurale,
accumulando ingenti ricchezze. Negli anni Venti del XIII secolo giunsero in Inghilterra i frati francescani e domenicani, che divennero studiosi nelle università.
Alla metà del secolo i rapporti tra la Corona e l’aristocrazia si deteriorarono nuovamente a causa dell’eccessivo peso fiscale imposto
dal sovrano. I dissidi che ne seguirono portarono, nel 1264, allo scoppio di una guerra civile (vedi guerra dei baroni). Dopo il breve
governo del capo dei baroni, Simone de Montfort, conte di Leicester, il potere ritornò allora a Enrico e al figlio, Edoardo.
Edoardo I, che regnò dal 1272 al 1307, ristabilì l’autorità regia, limitando i poteri giurisdizionali dei baroni. La sua riforma più importante fu la modifica del consiglio feudale del re in base alla quale fu istituito un Parlamento dotato di un maggior numero di membri
e costituito da grandi baroni, vescovi, abati e rappresentanti di contee e città. Nel 1297, per raccogliere il denaro necessario alle sue
guerre, Edoardo riconobbe che le tasse dovevano avere l’approvazione comune di tutto il regno. Nel secolo seguente il Parlamento
si divise in due Camere, dei Lord e dei Comuni, ed esercitò il proprio diritto di controllo sull’imposizione fiscale partecipando
all’emanazione delle leggi.
Nel 1283 Edoardo I conquistò il Galles nordoccidentale e intervenne nella politica scozzese, reclamando anche il trono di quel regno. Morì nel 1307, senza essere riuscito a impadronirsi della Scozia. Il figlio, Edoardo II, dovette rinunciarvi. Nel 1314, nella battaglia di Bannockburn, il re scozzese Roberto I Bruce riuscì a difendere l’indipendenza del proprio paese, che riuscirà a mantenerla per
altri tre secoli.
Edoardo II fu un re debole, in parte influenzato dai suoi favoriti e in parte vincolato da una serie di ordinanze emanate dal Parlamento nel 1311, che conferivano ampi poteri di governo ai baroni. Nel 1327 fu costretto ad abdicare. Il figlio, Edoardo III, dopo aver
invaso la Scozia, nel 1337 diede inizio alla guerra dei cent’anni contro la Francia per impossessarsi del trono francese, sul quale avanzava rivendicazioni dinastiche a seguito dell’estinzione del ramo diretto dei Capetingi. In un primo tempo gli inglesi conseguirono importanti successi nelle battaglie di Crécy (1346) e Poitiers (1356), a partire dal 1369 l’Inghilterra cominciò tuttavia a perdere
terreno; Edoardo fu costretto a chiedere ripetutamente al Parlamento d’imporre nuove tasse e, per ottenerle, dovette concedere
diritti e privilegi.
Nel 1377 gli succedette il nipote Riccardo II, di appena dieci anni. Re moderato, fu coinvolto in una lotta con i nobili, contrari alla
politica di accentramento del potere nelle mani del sovrano. Nel 1399 il cugino, Enrico di Bolingbroke, lo costrinse ad abdicare e salì
al trono con il nome di Enrico IV.
Nel corso del XIV secolo il trasferimento della sede papale da Roma ad Avignone (1309-1376, Cattività avignonese) e il Grande Scisma (1378-1417), nel quale si opponevano papi rivali, causarono in Inghilterra una perdita di rispetto nei confronti del papato. Con
una serie di ordinanze venne limitata l’autorità del papa nella nomina dei prelati. John Wycliffe criticò la corruzione della Chiesa,
anticipando numerose istanze della Riforma, ma nel 1382 un tribunale ecclesiastico lo trasferì in una parrocchia di campagna e dichiarò eretiche le sue idee, mentre i suoi seguaci, i lollardi, furono duramente perseguitati.
Dal 1216 il trono era sempre passato al primogenito del re; perciò Enrico IV, figlio di Giovanni di Gaunt, duca di Lancaster, quarto
figlio di Edoardo III, non aveva diritto alla corona. La questione dell’illeggittimità dell’autorità regia della casata dei Lancaster fu
all’origine di molteplici concessioni al Parlamento e alla Chiesa da parte del sovrano e di alcuni conflitti contro le potenti famiglie
ribelli del Galles e del Nord. Enrico V, che succedette al padre nel 1413, conseguì una brillante vittoria sui francesi nella battaglia di
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Azincourt (1415) e vide il suo successo confermato dal trattato di Troyes (1420). Sposò la figlia di Carlo VI di Francia e assunse il
controllo del governo francese: pur non riuscendo a estendere il proprio dominio sull’intero paese, Enrico V poneva così le basi di
una futura unificazione delle corone dei due regni.
Nel 1422, quando morirono sia Enrico sia Carlo, sul trono dei due paesi salì infatti il figlio del primo, Enrico VI, di soli nove mesi. Per
un breve periodo i due abili zii di Enrico, John di Lancaster, duca di Bedford, e Humphrey di Gloucester si spartirono il controllo dei
due regni. Nel 1429 Giovanna d’Arco cominciò tuttavia a promuovere la resistenza contro il dominio inglese; nel 1431 fu catturata,
accusata di eresia e condannata al rogo, ma il dominio inglese continuò a vacillare.
Durante il regno di Enrico VI, il governo effettivo del paese passò da una fazione nobile all’altra. La guerra in Francia evidenziava
l’incapacità del re di governare in patria. La perdita della Normandia (1450) e la corruzione del governo provocarono una rivolta
popolare, che fu repressa nel sangue. La successiva perdita di tutti i possedimenti inglesi in Francia, a eccezione di Calais (1453), fu
il preludio del conflitto dinastico chiamato guerra delle Due Rose (1455-1485), che oppose i due rami della famiglia reale, i Lancaster di Enrico VI e gli York, guidati da Riccardo Plantageneto.
La svolta decisiva avvenne nel 1460, quando Riccardo fu ucciso in battaglia. La sua eredità fu raccolta dal figlio Edoardo che sconfisse i Lancaster nel 1461, fece prigioniero Enrico e riuscì a farsi acclamare re dal Parlamento con il nome di Edoardo IV. Dopo alterne
vicende, Edoardo, sostenuto anche dal cognato Carlo il Temerario di Borgogna, riuscì a consolidare il regno. Alla sua morte, avvenuta nel 1483, il trono passò al figlio dodicenne, Edoardo V, che tre mesi dopo fu deposto dallo zio Riccardo, divenuto re con il nome
di Riccardo III. Due anni dopo Enrico Tudor, che rivendicava il trono ai Lancaster, sconfisse Riccardo nella battaglia di Bosworth Field
e divenne re con il nome di Enrico VII.
La dinastia Tudor diede all’Inghilterra un forte ed efficiente governo centrale. Enrico VII si sbarazzò dei rivali York e sposò Elisabetta,
figlia di Edoardo IV, ottenendo in breve tempo il riconoscimento della Spagna e nel 1489, con il trattato di Medina del Campo, della
Francia, dei Paesi Bassi e della Scozia.
Ambizioso e audace, Enrico VIII regnò dal 1509 al 1547. Animato dal desiderio di riportare l’Inghilterra tra i principali attori europei
e consigliato dall’abile cardinale Thomas Wolsey, sconfisse prima i francesi a Guinegatte, poi gli scozzesi a Flodden Field. Desiderando un erede maschio, che non ottenne dalla moglie Caterina d’Aragona, Enrico VIII chiese a papa Clemente VII il permesso di
divorziare, ma l’assenso gli fu negato. Allora Enrico rifiutò di riconoscere l’autorità papale e con l’Atto di supremazia (1534) si proclamò capo della Chiesa nazionale, che prese il nome di Chiesa anglicana. Fu così libero di sposare Anna Bolena. Il matrimonio avvenne nel 1533, ma nemmeno Anna diede al re un figlio maschio. Enrico prese allora in moglie Jane Seymour, che morì dando alla
luce Edoardo. Thomas Cromwell, abile consigliere del re, guidò i cambiamenti rivoluzionari degli anni Trenta del XVI secolo, comprendenti la rottura con la Chiesa cattolica, la soppressione dei monasteri, la vendita dei beni ecclesiastici, la riforma del Parlamento e la creazione di una nuova struttura burocratica, sorta dal vecchio consiglio reale.
Sotto Edoardo VI, che regnò dal 1547 al 1553, venne rafforzata la riforma protestante. Edoardo morì a sedici anni e gli succedette la
sorellastra, figlia di Caterina d’Aragona, che divenne regina con il nome di Maria I.
La regina reintrodusse la religione cattolica e sposò il cugino Filippo II di Spagna. La condanna a morte di numerose persone accusate di eresia contribuì ad alimentare il malcontento popolare, già suscitato dal suo matrimonio, che aveva trascinato l’Inghilterra in
una guerra contro la Francia, terminata con la perdita di Calais (1558). Quando Maria la Sanguinaria, come venne chiamata, morì
(1558), salì al trono la sorellastra Elisabetta, figlia di Anna Bolena.
Elisabetta I fu uno dei più grandi sovrani inglesi. In accordo con il Parlamento, nel 1559 diede alla Chiesa un’impronta moderata.
Neutralizzò la minaccia scozzese aiutando la fazione protestante e filoinglese di quel paese a predominare. Appoggiò i ribelli protestanti dei Paesi Bassi spagnoli e incoraggiò le navi inglesi a razziare quelle spagnole. Nel 1588 la sua flotta sconfisse l’Invincibile Armata spagnola, impedendole di invadere l’Inghilterra. L’Irlanda, che era sempre più scossa da moti di ribellione, divenendo così vulnerabile agli attacchi stranieri, fu conquistata definitivamente nel 1603. Il regno di Elisabetta segnò l’ascesa politica ed economica
dell’Inghilterra: le istituzioni politiche, pur sottomesse all’assolutismo, mantennero autorità e vigore, mentre l’economia subì una
decisa accelerata grazie all’espansione dei commerci internazionali.
Estintasi la dinastia Tudor con la morte di Elisabetta, salì al trono inglese il re scozzese Giacomo VI, con il nome di Giacomo I, che
regnò dal 1603 al 1625, e unificò per la prima volta le corone di Inghilterra, Scozia e Irlanda. Durante il suo regno prese avvio un
secolo di conflitti interni, dovuti perlopiù ai problemi ereditati dal regno precedente. I puritani, protestanti estremisti, nutrivano
una crescente insoddisfazione nei confronti della Chiesa anglicana, che ritenevano ancora troppo impregnata di cattolicesimo.
L’inquietudine religiosa raggiunse il culmine nel 1633, quando l’antipuritano William Laud fu nominato arcivescovo di Canterbury;
in precedenza la Congiura delle polveri, un attentato cattolico contro il Parlamento e il re (1605), aveva già confermato i timori di
una restaurazione cattolica.
Il figlio di Giacomo I, Carlo I (che regnò dal 1625 al 1649) inasprì il conflitto con il Parlamento, orientando la politica della corona in
senso ancor più assolutista; il Parlamento rivendicò la propria indipendenza e, nel 1628, ottenne la Petition of Right, che ribadì il
controllo parlamentare sulle tasse. Tuttavia, dal 1629 al 1640, il sovrano tentò di governare senza il Parlamento e di ottenere denaro imponendo tasse straordinarie. Nel 1637 il tentativo di Carlo di imporre in Scozia l’anglicanesimo provocò una rivolta. Il re fu costretto a convocare il Parlamento (1640).
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Quest’ultimo, noto come Parlamento Lungo, approfittò della situazione per prendere il controllo del governo; fece liberare i prigionieri politici e giustiziare Laud, abolì i tribunali ecclesiastici, limitò il potere del re d’imporre tasse e stabilì che le sedute parlamentari dovessero aver luogo ogni tre anni.
Su altri provvedimenti (quali l’abolizione della carica di vescovo) il Parlamento era diviso, una situazione accentuata dal tentativo di
Carlo di arrestare alcuni deputati, da lui accusati di cospirazione. Fallito questo tentativo, il re si ritirò in Parlamento con i suoi sostenitori, detti cavalieri. I restanti deputati, puritani (soprannominati Roundheads, “Teste rotonde”), chiamarono il popolo alle armi, e Carlo riunì il suo esercito. Grazie all’appoggio degli scozzesi e, soprattutto, grazie all’abile guida di Oliver Cromwell, le Teste
rotonde vinsero la guerra civile inglese. Carlo, che si era arreso agli scozzesi nel 1646, venne consegnato alle Teste rotonde nel
1647, ma riuscì a fuggire e a stringere un patto con gli scozzesi, dando avvio alla seconda fase della guerra civile (1648). Cromwell
vinse nuovamente, epurò il Parlamento, che prese allora il nome di Rump Parliament, e processò il re, facendolo giustiziare il 30
gennaio 1649. Il Parlamento abolì la monarchia e la Camera dei Lord, dichiarando l’Inghilterra un Commonwealth.
Dopo la guerra civile la figura dominante fu Cromwell, che, fra il 1649 e il 1651, sottomise l’Irlanda e la Scozia che divennero parte
del Commonwealth. Nel 1653 sciolse il Rump Parliament e tentò invano di creare un’assemblea a lui favorevole, il cosiddetto Parlamento Corto (Barebones Parliament); governò allora come dittatore con il titolo di Lord Protettore. Cromwell perseguì un’attiva
politica estera. Nel 1651 emanò l’Atto di Navigazione, che monopolizzava il commercio con le colonie e di fatto danneggiava soprattutto i Paesi Bassi. Scoppiò così la prima delle guerre anglo-olandesi (1652-1654), dalle quali l’Inghilterra uscì padrona dei mari. Dopo una guerra con la Spagna, gli inglesi conquistarono anche la Giamaica (1655). Dai tempi di Elisabetta, l’Inghilterra non godeva di
un simile prestigio. Il regime crollò dopo la morte di Cromwell, nel settembre del 1658. Il figlio Riccardo non seppe guadagnarsi il
rispetto dell’esercito e, nei disordini che seguirono, fu ristabilita la monarchia.
L’Inghilterra diede il benvenuto a re Carlo II, figlio di Carlo I, nel 1660. Il Parlamento reintrodusse la carica di vescovo ed espulse dal
corpo ecclesiastico i dissidenti (protestanti che non facevano atto di sottomissione alla Chiesa anglicana), limitando le loro attività
politiche e religiose. Nel 1673 i cattolici furono rimossi dal governo e da altre cariche pubbliche (Test Act). Il complotto papista del
1678 e il tentativo di escludere dalla successione Giacomo, fratello cattolico del re, rivelavano la natura dei partiti politici allora in
formazione. I Whigs, favorevoli al Parlamento e contrari ai papisti, erano per l’esclusione; i Tories, favorevoli alla Corona e alla Chiesa anglicana, vi si opponevano. Carlo riuscì a prendere il controllo e governò senza il Parlamento. Morì nel 1685, e il trono passò al
fratello Giacomo II.
Giacomo II creò un esercito permanente e conferì ai cattolici cariche importanti. Nel 1688 concesse la libertà di culto ai cattolici e ai
dissidenti. I suoi oppositori fecero allora appello al protestante Guglielmo III d’Orange-Nassau, governatore dei Paesi Bassi e suocero del re. Al suo arrivo Giacomo fuggì, poiché il suo esercito si era schierato a fianco del nemico. Nel 1689 il Parlamento incoronò
congiuntamente Guglielmo e la moglie Maria II, a patto che accettassero il Bill of Rights che poneva l’autorità del Parlamento su
basi costituzionali. Lo stesso anno, l’Atto di tolleranza confermò la libertà di culto per i dissidenti. Questo rivolgimento prese il nome di Gloriosa Rivoluzione perché, a differenza di quella avvenuta fra il 1640 e il 1660, fu incruenta e coronata da successo. Coloro
che non giurarono fedeltà ai nuovi monarchi furono chiamati giacobiti (dal nome latino di Giacomo, cioè Jacobus). Di questi ultimi,
sottomessi con la forza, facevano parte numerosissimi cattolici scozzesi e irlandesi.
Sotto Guglielmo III, gli inglesi presero parte alle coalizioni contro la Francia di Luigi XIV, combattendo nella guerra della Lega di Augusta (1688-1697) e nella guerra di successione spagnola (1701-1714). Le guerre dimostrarono la potenza e la ricchezza
dell’Inghilterra; nel 1694 venne fondata la Bank of England, atto che pose le basi dello sviluppo finanziario di Londra.
Nel 1702 salì al trono Anna Stuart, figlia minore di Giacomo II. Poiché Anna aveva perso tutti i suoi figli, nel 1701 il Parlamento, per
evitare il ritorno dei cattolici Stuart, emanò un atto che affidava la successione ai protestanti Hannover. La Scozia esitava però ad
approvare l’atto, come aveva già fatto con la dichiarazione dei diritti nel 1689. Per superare la crisi, gli inglesi decisero di unire i due
regni e promulgarono l’Atto di Unione (1707) che creava il regno di Gran Bretagna.
La Scozia
Dopo l’invasione romana della Britannia, la regione corrispondente all’odierna Scozia divenne nota con il nome di Caledonia.
L’unica popolazione citata dalle fonti storiche è quella dei pitti.
I pitti resistettero con successo alla conquista dei romani, avviata alla fine del I secolo d.C. Nel 122, per contenere la minaccia dei
pitti, l’imperatore romano Adriano ordinò la costruzione di un bastione difensivo, il cosiddetto Vallo di Adriano che partiva dal Solway Firth e giungeva sino alla foce del fiume Tyne. Due decenni dopo i romani spostarono il sistema difensivo verso nord e costruirono un’altra barriera, detta Vallo di Antonino, tra il Firth of Forth e il Firth of Clyde. Nel 211 il confine settentrionale della Britannia
romana fu stabilito al Vallo di Adriano.
Dopo il ritiro dei romani dalla Britannia (409) i pitti razziarono sistematicamente i territori meridionali abitati dai britanni, che si sarebbero poi organizzati nel regno di Strathclyde. Nel VI secolo la regione settentrionale venne invasa dagli scoti (invasori celtici provenienti dall’Irlanda) che vi fondarono il regno di Dalriada e poi diedero il nome all’intero paese, e dagli angli del regno di Northumbria. Nel VI secolo iniziò anche l’intensa attività di cristianizzazione a opera del missionario irlandese san Colombano.
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Verso il 730 Angus MacFergus, re dei pitti, sottomise Strathclyde e Dalriada; ma alla fine dell’VIII secolo l’invasione vichinga sulle
coste caledoni settentrionali determinò la veloce decadenza dei pitti e la riconquista dell’indipendenza per scoti e britanni. Nell’844
Kenneth MacAlpine, re di Dalriada, unificò i regni, formando il regno di Alban, poi conosciuto come Scozia, che comprendeva tutto
il territorio a nord dei Firth di Forth e di Clyde. Sottoposto alle continue razzie dei vichinghi, il nuovo regno riuscì a impedire che le
Figura 8 La Scozia
popolazioni scandinave creassero un caposaldo in Dalriada ma non che conquistassero alcune zone costiere e le isole Orcadi, Shetland ed Ebridi (le prime due rimasero possessi norvegesi fino al XV secolo).
Nel X secolo i re di Alban attaccarono ripetutamente le piazzaforti della Northumbria a sud del Firth of Clyde; fu durante il regno di
Malcolm II Mackenneth (1005-1034) che la Northumbria venne definitivamente sconfitta nella battaglia di Carham (1018). Ereditata
anche la corona di Strathclyde, il successore Duncan I divenne allora re di Scozia, i cui domini comprendevano tutto il territorio a
nord del Solway Firth e del fiume Tweed.
Nel 1040 il re Duncan venne ucciso da Macbeth, mormaor ('grande capo') di Ross and Moray, che divenne re di Scozia. Macbeth
(reso immortale da William Shakespeare) regnò fino al 1057, quando fu sconfitto e ucciso dal figlio di Duncan, Malcolm Canmore.
L’ascesa al trono di Malcolm Canmore come Malcolm III MacDuncan inaugurò una nuova era. Dopo un lungo esilio fra gli inglesi,
Malcolm aveva acquisito un profondo interesse per il loro stile di vita. La tendenza verso l’anglicizzazione del regno si accentuò
quando, nel 1067, questi sposò Margherita, principessa inglese. L’interferenza di Margherita in campo religioso si scontrò con
l’opposizione di molti capi scozzesi. Dopo la morte di Malcolm scoppiò una rivolta, che si concluse con la fuga di Margherita, del
figliastro Duncan (in seguito Duncan II, re di Scozia) e dei loro seguaci inglesi. La rivolta fu soffocata con l’aiuto anglonormanno. Nel
1097 Edgardo, uno dei sei figli di Malcolm e Margherita, salì al trono scozzese.
L’anglicizzazione della Scozia proseguì durante il regno di Edgardo, e in seguito durante quello dei suoi fratelli Alessandro I e Davide
I. Sotto di loro, in Scozia fu introdotto il sistema feudale anglonormanno. La riorganizzazione fu dapprima limitata alle riforme ecclesiastiche, ma in seguito investì tutti i settori della vita pubblica. Gli ordini religiosi celtici furono soppressi; furono fondati numerosi monasteri e la Chiesa celtica fu uniformata a quella cattolica. Il franconormanno soppiantò il gaelico a corte, mentre l’inglese si
diffondeva tra il popolo. Durante il regno di Davide I, il sistema tradizionale di possesso della terra basato sui clan fu abolito. Il re
assegnò enormi appezzamenti ai nobili anglonormanni e scozzesi, che divennero così fedeli vassalli della Corona. Davide I promosse
riforme giudiziarie, legislative e amministrative, tutte basate su modelli inglesi, incoraggiò lo sviluppo del commercio e concesse
ampi privilegi alle città scozzesi.
Durante il regno di Davide si verificarono dispute di confine con l’Inghilterra. Nel 1149 la Northumbria, che era stata ceduta alla
Scozia, ritornò agli inglesi. Il nipote di Davide, Guglielmo il Leone, incoronato re di Scozia nel 1165, tentò di riottenere la Northumbria sostenendo militarmente una rivolta (1173-74) contro Enrico II d’Inghilterra. Nel 1174 Guglielmo fu catturato e costretto a giurare fedeltà al re inglese. Alessandro II, figlio e successore di Guglielmo, rinunciò alle rivendicazioni scozzesi sulla Northumbria e su
altri territori dell’Inghilterra settentrionale (1237). Nel 1266, dopo una guerra vittoriosa contro la Norvegia, Alessandro III riottenne
le Ebridi. Alla morte di Alessandro III, nel 1286, si aprì una crisi politica e ben tredici discendenti di ex monarchi rivendicarono il trono. Edoardo I d’Inghilterra colse l’opportunità per proclamare la sovranità sulla Scozia, intervenendo a favore di Giovanni de Baliol,
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nipote di Davide I. Parte della nobiltà scozzese riconobbe formalmente la sovranità inglese. Nel novembre del 1292, dopo aver guidato un esercito contro il regno da lui ritenuto vassallo, Edoardo I proclamò Giovanni re di Scozia.
Molti nobili e gran parte della popolazione avvertirono l’interferenza inglese come una minaccia per l’indipendenza. Nel 1295 il re
di Scozia si alleò con la Francia, allora in guerra con l’Inghilterra, e invitò il suo popolo alla rivolta. La prima fase della guerra si risolse a favore di Edoardo, che batté l’esercito di Baliol a Dunbar nel 1296 e decretò l’annessione della Scozia. Baliol fu deposto e il regno occupato militarmente.
La lotta contro l’Inghilterra riprese nel 1297 sotto la guida di William Wallace, che sconfisse un esercito inglese a Stirling e, in nome
di Giovanni de Baliol, ricostituì la monarchia scozzese. L’anno seguente Edoardo ottenne una vittoria decisiva a Falkirk. Wallace ingaggiò una guerriglia, ma nel 1305 fu tradito e consegnato agli inglesi, che lo giustiziarono.
Dopo la morte di Wallace, Robert Bruce, un discendente di Davide I, assunse il comando della resistenza e venne incoronato re di
Scozia nel 1306. Nel 1307 salì al trono inglese Edoardo II, che condusse una spedizione punitiva (1314) conclusasi con una disastrosa sconfitta a Bannockburn. Egli si rifiutò tuttavia di concedere l’indipendenza alla Scozia, e la guerra proseguì sino al 1328 quando,
con il trattato di Northampton, la Scozia ottenne l’indipendenza, che riuscì a mantenere per quasi quattrocento anni.
Dopo la morte di Bruce (1329), per oltre duecento anni la Scozia fu teatro di continue lotte fra i nobili. Dopo il trattato di Northampton, il re inglese Edoardo III tentò di sottomettere la Scozia appoggiando Edoardo de Baliol, figlio di Giovanni e pretendente al trono scozzese. Nel 1333 Edoardo III e Baliol guidarono un esercito che sbaragliò gli scozzesi vicino a Berwick-upon-Tweed. Il re inglese
occupò allora gran parte della Scozia sudoccidentale. Nel 1337, dopo il coinvolgimento nella guerra dei Cent’anni, Edoardo abbandonò Baliol, che fu scacciato dalla Scozia (1339). Nel 1341 Davide II ritornò in Scozia per rivendicare il trono: nel 1346, alleato con la
Francia, fu fatto prigioniero mentre tentava d’invadere l’Inghilterra settentrionale e venne rilasciato solo dopo il pagamento di un
riscatto (1357).
Davide II morì nel 1371; il nipote, Roberto II, fu il primo re Stuart di Scozia. Sotto il suo regno, terminato nel 1390, e sotto quello del
suo successore Roberto III (1390-1406), il paese fu nuovamente devastato dalla guerra con l’Inghilterra. Giacomo, figlio di Roberto
III, fu catturato dagli inglesi nel 1406 e tenuto prigioniero nella torre di Londra fino al 1424. Tornato in Scozia e acquisito il titolo,
non solo nominale, di re di Scozia con il nome di Giacomo I, ottenne dal Parlamento l’approvazione di molte riforme allo scopo di
rafforzare l’autorità regia e riportare ordine nel paese; ma nel 1437 venne assassinato da alcuni nobili scontenti del suo operato e
dai discendenti di Roberto II; gli succedette il figlio, di sei anni, con il nome di Giacomo II.
Nel corso di quel secolo, i successori di Giacomo I (Giacomo II, 1437-1460, Giacomo III, 1460-1488, e Giacomo IV, 1488-1513), tentarono di tenere a freno la nobiltà ribelle, ma solo Giacomo IV ottenne risultati significativi. Fu mantenuta l’alleanza con la Francia e
nel 1460 fu completata l’estromissione dell’Inghilterra dalla Scozia meridionale. Nello stesso secolo le Orcadi e le Shetland tornarono alla Scozia grazie al matrimonio di Giacomo III con una principessa danese. All’inizio del XVI secolo, Giacomo IV sposò Margherita
Tudor, figlia di Enrico VII d’Inghilterra, ma fra le due nazioni continuarono i dissidi. Nel 1513, approfittando della guerra tra la Francia ed Enrico VIII, Giacomo IV mosse contro l’Inghilterra, ma fu ucciso e il suo esercito sbaragliato.
In quegli anni, la Riforma cominciò a diffondersi in Scozia. Nel 1538 Giacomo V sposò Maria di Guisa, appartenente alla famiglia reale francese. Sconfitto dagli inglesi a Solway Moss (1542), morì poco dopo.
Maria Stuart (nota in Italia come Maria Stuarda), figlia di Giacomo, venne inviata in Francia (1548) per essere allevata a corte. La
madre, Maria di Guisa, assunse la reggenza nel 1554. La sua politica filofrancese suscitò opposizioni nel regno e quando morì, nel
1560, i capi protestanti scozzesi si riunirono in assemblea per abolire il cattolicesimo e adottare la fede calvinista. Nel 1561 Maria
Stuarda tornò in Scozia. Fervente cattolica, divenne la figura centrale della Controriforma scozzese. La lotta fra protestanti e cattolici sfociò in guerra civile. Nel 1567, l’esercito di Maria fu sconfitto, la regina fu catturata e costretta ad abdicare in favore del figlio
Giacomo VI, nato l’anno precedente.
Per molti anni la Scozia venne governata da reggenti, tutti protestanti e filoinglesi. Tuttavia, nel 1586 Giacomo VI ebbe il pieno controllo del governo e concluse un’alleanza militare con Elisabetta I d’Inghilterra. Egli si rifiutò però di intercedere per la madre, la
quale, prigioniera degli inglesi, venne giustiziata nel 1587. Moderato in merito alle questioni religiose, egli mantenne ferma
l’autorità regia. Alla morte di Elisabetta (1603), Giacomo VI, suo erede più prossimo, divenne re d’Inghilterra e Scozia con il nome di
Giacomo I. Benché le corone dei due paesi fossero unite, questi rimasero peraltro entità politiche separate per un altro secolo.
Sotto il regno di Giacomo, la Scozia conobbe un periodo di pace. La politica del figlio e successore Carlo I condusse invece allo scoppio della guerra civile inglese, conclusasi con la vittoria delle forze parlamentari guidate da Oliver Cromwell e con l’esecuzione di
Carlo nel 1649. Durante la guerra civile, molti scozzesi sostennero il Parlamento contro il re in cambio della promessa che il presbiterianesimo sarebbe divenuto religione ufficiale. Ma la promessa non venne mantenuta e Cromwell sconfisse i realisti scozzesi insorti in difesa dell’erede al trono, Carlo II, che venne incoronato in Scozia nel 1651. Negli anni successivi Cromwell impose un unico
governo a Inghilterra e Scozia. Quando, nel 1660, Carlo II salì nuovamente al trono, la Scozia venne separata politicamente
dall’Inghilterra. La Scozia non ebbe alcun ruolo nella caduta del fratello e successore di Carlo, Giacomo VII (Giacomo II d’Inghilterra),
né nella Gloriosa Rivoluzione del 1688. Quando fu dichiarato re Guglielmo III (II di Scozia), il Parlamento scozzese lo riconobbe immediatamente. Guglielmo godeva tuttavia dell’appoggio di una sola parte di scozzesi; quelli rimasti fedeli al re in esilio, Giacomo, si
ribellarono nel 1689-90, senza ottenere alcun successo.
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Nel 1707 il Parlamento scozzese ratificò l’ingresso della Scozia nel Regno Unito, sancito dall’Act of Union, con la garanzia di mantenere l’autonomia nel sistema giudiziario e nelle questioni ecclesiastiche. L’unione fu avversata da molti scozzesi, che ripetutamente
si ribellarono a sostegno del figlio di Giacomo VII, Giacomo Stuart. Nel 1746 la sconfitta di Carlo Edoardo Stuart, figlio di Giacomo
Stuart, nella battaglia di Culloden Moor, pose fine ai tentativi di restaurare la dinastia Stuart sul trono d’Inghilterra.
Figura 9 Il Galles
Il Galles
Abitata fin dall’antichità – come testimoniano i numerosi ritrovamenti archeologici –, nel 600 a.C. la regione venne occupata dai
celti di lingua britonica che introdussero nel paese le tecniche di lavorazione del ferro e la religione dei druidi. Conquistato dai romani durante il regno di Vespasiano (69-79 d.C.) senza però essere mai assimilato alla cultura latina, a partire dal V secolo il Galles
subì le invasioni degli angli e dei sassoni, che provocarono lo spostamento della popolazione celtica verso le zone interne e montuose della regione, dove riuscirono a conservare una loro autonomia. Fu in questo periodo che dal ceppo britonico si formò la lingua gallese, chiamata cymraeg (cimrico), da Cymru, “Galles”.
Il primo tentativo di creare uno stato unitario venne compiuto nel IX secolo da Rhodri Mawr, grande condottiero che riuscì a resistere alle invasioni vichinghe; alla sua morte la precaria unità fu subito spezzata e divisa tra i figli. Dopo il 1066 la regione venne invasa dai normanni che, guidati da Guglielmo il Conquistatore, si stanziarono nel Galles meridionale dove instaurarono un sistema di
impronta feudale. I principi gallesi del nord si opposero alla dominazione anglo-normanna e parteciparono alla guerra dei baroni a
fianco di Simone di Monfort contro Edoardo I re d’Inghilterra; tra essi si distinse Llewelyn di Gruffydd, il quale nel 1267 assunse il
titolo di principe del Galles, riconosciutogli anche dalla Corona inglese. Uscito vincitore, Edoardo I incorporò il Galles all’Inghilterra
(1282), lo suddivise in contee e nel 1284, estintasi la dinastia dei cimri, assegnò il territorio a suo figlio maggiore, il futuro Edoardo
II, insignito del titolo di principe del Galles. Da allora è tradizione che il primogenito del sovrano britannico abbia tale titolo. Tuttavia, lo spirito nazionalista gallese sopravvisse attraverso la letteratura e la tradizione orale, mantenuta viva dai bardi.
Con gli Acts of Union, siglati durante il regno di Enrico VIII tra il 1536 e il 1543, il Galles venne annesso definitivamente
all’Inghilterra, suddiviso in 13 contee e con diritto a una rappresentanza al Parlamento inglese.
Lenti nell’adottare il protestantesimo, i gallesi si mostrarono decisamente diffidenti verso il puritanesimo di Oliver Cromwell e dovettero essere persuasi con la forza. Nel XVIII secolo iniziarono ad abbracciare il calvinismo, e la nascita della Chiesa metodista anticonformista dopo il 1730 fu un’affermazione di nazionalismo. I liberali gallesi incominciarono a premere per l’abolizione della Chiesa anglicana in Galles, ottenuta solo nel 1920, con la creazione della Chiesa del Galles.
Il nazionalismo gallese rimane tuttora un movimento molto attivo e organizzato nel Partito del Galles (Plaid Cymru), che sostiene il
distacco dal Regno Unito. In seguito alla riforma costituzionale del 1999, basata sul principio della “devolution” (decentramento
amministrativo), il Galles dispone, al pari della Scozia, di un Parlamento autonomo dotato di ampi poteri.
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L’Irlanda
Secondo la tradizione, l'Irlanda fu abitata dapprima da varie tribù; le più importanti furono quelle dei nemedian, dei fomorian, dei
firbolg e dei tuatha de danann, tutti sottomessi successivamente dai milesian (scozzesi). Nonostante l'isola comparisse con il nome
di Ierne in una poesia greca del V secolo a.C. e come Hibernia e Juverna in varie opere della latinità classica, essa non appartenne
mai all'impero romano e poco è noto sui suoi abitanti prima del IV secolo d.C., epoca in cui le tribù irlandesi degli scoti razziavano la
provincia romana della Britannia. Le loro spedizioni si estesero alla costa della Gallia fino al tempo di Loigare, o re MacNeill (428463), durante il cui regno san Patrizio si prodigò per convertire la popolazione. Benché il cristianesimo fosse stato già introdotto in
alcune zone, Patrizio incontrò grandi ostacoli e la nuova fede si diffuse solo un secolo dopo la sua morte, intorno al 461.
Fin dagli inizi le varie province dell'Irlanda possedettero propri sovrani, tutti sudditi dell'ardri, o sommo monarca, che governava la
regione centrale di Meath e risiedeva a Tara, una collina situata nell'odierna contea di Meath. I clan erano guidati da un capo scelto
all'interno della famiglia più importante. Le leggi erano emanate da giuristi di professione, detti brehon, che ricevevano terre e notevoli privilegi.
Nel VI secolo sorsero grandi monasteri, che divennero centri di culto e di sapere agli inizi del Medioevo e formarono molti missionari, quali i santi Colombano e Brandano. Furono gli eremiti irlandesi a visitare per primi le isole Fær Øer, l'Islanda e la Groenlandia.
Il fiorire della civiltà locale fu però frenato dalle incursioni degli scandinavi che, cominciate verso la fine dell'VIII secolo, continuarono per più di duecento anni. I vichinghi crearono insediamenti sulla costa orientale dell'Irlanda e da lì condussero le loro razzie
nell'interno fino alla sconfitta di Clontarf (1014), nei pressi di Dublino, a opera del re irlandese Brian Boru.
Il primo passo verso la conquista anglonormanna dell'Irlanda si deve a Enrico II d'Inghilterra, che nel 1155 sostenne di aver ottenuto
dal papa Adriano IV una bolla con l'autorizzazione a impadronirsi dell'isola, condizionata al pagamento di una rendita annuale al
tesoro pontificio. La bolla fu probabilmente un falso e nulla successe fino a quando Dermot MacMurrough, il deposto sovrano di
Leinster, cercò rifugio alla corte di Enrico, che gli permise di arruolare truppe inglesi per recuperare il trono. Nel 1169 Dermot ritornò in Irlanda con mercenari stranieri e numerosi alleati irlandesi, riuscendo a riconquistare parte dei suoi domini e a far capitolare
Dublino e altre città della costa orientale. Alla sua morte il genero Richard Strongbow, secondo conte di Pembroke, avanzò pretese
alla successione nel regno di Leinster. Nel 1172 Enrico II sbarcò in Irlanda con un grande esercito e ricevette gli omaggi di numerosi
capi locali e normanni; a questi ultimi, suoi diretti sudditi, concesse proprietà terriere sull'isola, che essi riuscirono però a occupare
con grandi difficoltà. Il governo fu affidato a un viceré e nelle zone assoggettate all'Inghilterra fu introdotto il sistema legislativo
normanno.
Nel XIII secolo avventurieri anglonormanni si avvicendarono al potere nelle province dell'isola. I Fitzgerald s'impossessarono di Kildare e del Munster orientale; i Le Botiller, o Butler, del Munster occidentale; i De Burgh s'insediarono a Connaught. Dopo la battaglia di Bannockburn (1314) Edward Bruce, il fratello minore del re scozzese Robert Bruce, invase l'Irlanda e tentò, senza esito, di
rovesciare il predominio degli inglesi, che spinsero il papa a scomunicarlo insieme ai suoi alleati irlandesi. Benché l'impresa di Bruce
fallisse, il suo tentativo d'invasione segnò il momentaneo declino del potere inglese sull'isola.
I discendenti dei più potenti coloni anglonormanni si fusero gradualmente con la popolazione locale, di cui finirono per assorbire
lingua, abitudini e leggi. Ciò incontrò l'opposizione del Parlamento anglo-irlandese che nel 1366 decretò, con lo statuto di Kilkenny,
la scomunica e gravi sanzioni a coloro che avessero adottato i costumi o si fossero alleati con la gente dell'isola. Lo statuto rimase
tuttavia inapplicato, nonostante Riccardo II d'Inghilterra nel XIV secolo inviasse in Irlanda agguerriti contingenti di truppe. Il potere
dei signori locali crebbe talmente che, al tempo della guerra delle Due Rose fra York e Lancaster, l'autorità della Corona inglese si
ridusse alla zona nota come English Pale, un piccolo distretto costiero limitrofo a Dublino e al porto di Drogheda. L'Irlanda si schierò
con gli York, che furono sconfitti.
Enrico VII riconfermò inizialmente viceré d'Irlanda Gerald Fitzgerald, ottavo duca di Kildare, benché fosse sostenitore dei suoi avversari. Ma allorché questi offrì aiuti agli York, il re lo sostituì (1494) con Edward Poynings, uomo d'armi e diplomatico, fedelissimo
alla Corona inglese, che convocò il Parlamento di Drogheda e varò leggi a difesa dell'English Pale, a svantaggio dei signori angloirlandesi. Questi ebbero il veto di esercitare il potere sulla nobiltà minore, di riscuotere esazioni dai fittavoli e di riunire forze armate.
Lo statuto di Kilkenny, che costringeva gli inglesi e gli irlandesi a vivere separati e proibiva la legislazione e gli usi locali nel Pale, fu
riconfermato. Il re si arrogò tutte le funzioni statali, tra cui quella di magistrato, e l'intero corpus giuridico inglese fu esteso al Pale.
Ancora più importante fu la legge Poynings, che assoggettava il Parlamento irlandese alla Corona d'Inghilterra, alla quale spettava
l'approvazione di ogni proposta legislativa e la concessione di riunire il Parlamento.
Quando Enrico VII reinsediò Kildare, il più potente dei nobili irlandesi, nella carica di viceré, il Pale crebbe e prosperò. Enrico VIII, nel
1537 cercò d'introdurre la Riforma protestante in Irlanda, con conseguente chiusura dei monasteri: i capi locali furono compensati
con una parte dei beni ecclesiastici confiscati, con titoli nobiliari inglesi e con la riconferma delle loro terre. Seguì una politica di
conciliazione con gli irlandesi, che rimasero sottoposti alle proprie leggi, mentre una commissione inglese esercitava la giustizia nel
rispetto degli usi locali e in un clima di pace. Il Parlamento del 1541, cui presenziarono per la prima volta i capi locali insieme ai signori del Pale, cambiò il titolo di signore dell'Irlanda, conferito a Enrico VIII dal papa, in quello di re dell'Irlanda.
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I disordini che caratterizzarono i regni di Edoardo VI e Maria Tudor ebbero sull'Irlanda scarsa risonanza religiosa ma un grande impatto politico-sociale. Nonostante fosse cattolica, Maria fu la prima a inviare sull'isola coloni inglesi, che sottrassero le terre agli abitanti delle contee di Kings e di Queens (odierne Offaly e Laois). Elisabetta I seguì dapprima la politica paterna di conciliazione con i
capi irlandesi, ma la rivolta del capo dell'Ulster, Shane O'Neill, la costrinse a misure più severe; fu approvata una legge che divideva
l'Irlanda in contee e i commissari di giustizia ricevettero poteri militari, che usarono spesso in modo arbitrario, portando a ulteriori
sommosse da parte dei cattolici irlandesi. James Fitzgerald, conte di Desmond, della potente casata dei Geraldine che governava su
buona parte di Munster, fu sconfitto dopo una lunga lotta. Hugh O'Neill, barone di Dungannon e conte di Tyrone, debellò un esercito inglese a Blackwater e sconfisse Robert Devereux, conte di Essex, che Elisabetta gli aveva mandato contro. Verso il 1603 O'Neill
fu tuttavia costretto a sottomettersi. Durante la guerra entrambe le parti si abbandonarono a nefandezze di ogni tipo. Per annientare la resistenza locale gli inglesi devastarono villaggi, raccolti e bestiame, mandando a morte molte persone. Il Munster e l'Ulster
furono per buona parte messi a ferro e fuoco, mentre la fame mieteva più vittime della guerra.
Sotto Elisabetta e Giacomo I il potere della Chiesa anglicana si estese all'Irlanda, subentrando alla Chiesa del Pale e alla Chiesa celtica, cattolica, da secoli in lotta tra loro. Quasi tutta la popolazione celtica irlandese e la maggioranza degli abitanti del Pale rimasero
cattolici, anche perché la Chiesa anglicana si prestava alla strumentalizzazione politica da parte degli organi di governo inglesi insediati nel castello di Dublino.
Durante il regno di Giacomo I la legge inglese fu estesa a tutta l'Irlanda. Le ultime parvenze di autonomia del Parlamento irlandese
furono distrutte dalla creazione di 40 seggi elettorali in altrettanti piccoli villaggi, una manovra politica che assicurò la maggioranza
permanente nell'aula alla Corona inglese.
La severa ma vigorosa amministrazione di Thomas Wentworth, conte di Strafford e viceré sotto Carlo I, portò ordine e prosperità in
Irlanda. Rendendo più equilibrato il numero di cattolici e di protestanti in Parlamento e facendo balenare ai primi la promessa della
tolleranza religiosa, egli riuscì a ottenere fondi per il re in lotta contro il Parlamento inglese. Gli irlandesi estromessi dall'Ulster e da
altre zone approfittarono tuttavia dell'instabilità della Corona per riappropriarsi dei loro beni.
Nel 1641 Rory O'More si pose a capo di una congiura per la conquista di Dublino e la cacciata degli inglesi, che furono espulsi
dall'Ulster in un crescendo di azioni sanguinose; gli scozzesi dell'Ulster furono invece risparmiati. Agli insorti si unirono presto i signori cattolici del Pale; insieme scelsero il Consiglio supremo per il governo dell'Irlanda. Carlo I inviò Edward Somerset, conte di
Glamorgan, a trattare, con la promessa di concedere alla Chiesa cattolica il predominio religioso in Irlanda in cambio di aiuti. Nel
1647 ebbe fine l'alleanza tra i signori del Pale, che miravano unicamente alla tolleranza religiosa, e gli irlandesi autoctoni, che volevano la restaurazione del vecchio sistema di distribuzione delle terre. Nel 1648 lo statista e uomo d'armi irlandese James Butler,
conte di Ormonde, viceré di Carlo I, riuscì a coalizzare i signori cattolici intorno al partito del re.
Nel 1649 Oliver Cromwell sbarcò a Dublino, città che i signori cattolici non erano riusciti a espugnare. I 10.000 soldati del New
Model Army, l'esercito forgiato da Cromwell, considerandosi vendicatori protestanti della rivolta del 1641 oltre che sostenitori della
lotta del Parlamento contro la fazione del re, assaltarono Drogheda e passarono a fil di spada la sua guarnigione di 2000 uomini.
L'attacco a Wexford ebbe un esito simile. Henry Ireton ed Edmund Ludlow, successori di Cromwell, conclusero con successo la
guerra, confiscando e dividendo tra le forze parlamentari le terre migliori di Munster, Leinster e Ulster. I proprietari cattolici e realisti furono esiliati a Connaught. Sotto Carlo II una parte delle terre confiscate venne restituita, anche se due terzi rimasero ai protestanti, e Ormonde, il viceré, si adoperò per ristabilire l'ordine e promuovere le attività industriali. Giacomo II ribaltò la politica di
Carlo II. Il suo viceré, Richard Talbot, conte di Tyrconnel, concesse ai cattolici incarichi statali e il controllo della milizia organizzata
precedentemente da Ormonde. Ciò guadagnò l'intera popolazione cattolica alla causa di Giacomo II nella cosiddetta Gloriosa Rivoluzione del 1688. Quando, nel 1689, Giacomo sbarcò a Dublino, Talbot aveva già riunito un esercito irlandese per sostenerlo. I protestanti furono cacciati dalle loro case e si rifugiarono nelle città di Enniskillen e Londonderry. Il Parlamento del 1689 restituì tutte
le terre confiscate precedentemente (1641) e approvò una legge contro i sostenitori di Guglielmo III. Costui sbarcò nell'isola e nel
luglio 1690 sconfisse le forze irlandesi nella battaglia di Boyne. Non riuscì, tuttavia, a espugnare la città di Limerick, ma l'anno dopo i
suoi generali sconfissero l'esercito irlandese ad Aughrim, e Limerick dovette capitolare. Il trattato di Limerick (1691), concedeva ai
cattolici alcune libertà in materia di culto e di religione, nonché il recupero delle terre possedute sotto Carlo II.
In seguito il Parlamento inglese costrinse Guglielmo a revocare le concessioni del trattato di Limerick sulla restituzione delle terre e
il Parlamento irlandese violò i termini relativi alla tolleranza religiosa varando leggi penali rivolte soprattutto contro i cattolici. I
commerci e le industrie irlandesi furono deliberatamente annientati dagli inglesi. Se già decreti del 1665 e del 1680 proibivano l'esportazione di bestiame, latte, burro e formaggio dall'Irlanda all'Inghilterra, anche il commercio della lana, seppure gestito dai protestanti, fu bloccato dalla legge del 1699, che vietava l'esportazione di capi in lana verso qualsiasi paese. Queste misure causarono
un graduale declino economico e l'emigrazione massiccia dal paese; i cattolici ripararono in Spagna e Francia, i protestanti in America.
La guerra d'indipendenza americana suscitò molte simpatie nell'Ulster, specialmente presso i presbiteriani che, non potendo accedere alle cariche pubbliche, chiedevano l'emancipazione per sé e per i cattolici. Nel 1778 il Parlamento irlandese approvò una legge
che eliminava alcune più ingiuste discriminazioni. Intanto i protestanti irlandesi, con la scusa di difendere il paese dalla Francia, alleata dell'America, avevano costituito associazioni militari volontarie. Così spalleggiati, chiesero l'indipendenza legislativa per l'Ir-
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landa e ottennero, su mozione dello statista e oratore britannico Charles James Fox, la revoca della legge Poynings e di buona parte
dei decreti anticattolici. Il Parlamento irlandese era tuttavia composto interamente da protestanti della Chiesa ufficiale di stato,
contrari a estendere il suffragio ai cattolici.
In Irlanda i principi della Rivoluzione francese trovarono la loro più potente espressione nella Società degli irlandesi uniti, che organizzò la rivolta del 1798. I contadini si sollevarono a Wexford e, benché male armati, combatterono valorosamente. Proprio quando
Dublino pareva sul punto di capitolare, gli insorti furono sconfitti dalle forze regolari a Vinegar Hill, nonostante lo sbarco di 1100
francesi nella baia di Killala. Il primo ministro inglese William Pitt il Giovane capì che l'unione legislativa di Gran Bretagna e Irlanda,
insieme all'emancipazione cattolica, era l'unico rimedio alla rivolta cattolica e al dominio protestante in Irlanda. Con donazioni in
denaro e favori indusse il Parlamento irlandese ad approvare una legge che il 1° gennaio 1801 proclamò formalmente l'unione (vedi
Acts of Union). L'opposizione di Giorgio III impedì però a Pitt di realizzare anche la promessa emancipazione dei cattolici.
Da allora la storia dell'Irlanda è connessa soprattutto alla lotta per la libertà civile e religiosa e per l'autonomia dalla Gran Bretagna.
Subito dopo la ratifica dell'unione, lo scontento degli irlandesi sfociò nella sommossa del 23 luglio 1803, guidata dal patriota Robert
Emmet e rapidamente repressa. Nel 1823 sorse l'Associazione Cattolica che chiese, e infine ottenne, la completa emancipazione di
culto. Nel 1828 i cattolici furono autorizzati ad accedere alle cariche pubbliche e nel 1829 poterono sedere in Parlamento. Cominciarono allora le lotte per l'eliminazione della decima, un tributo che tutti gli irlandesi, cattolici inclusi, dovevano pagare per il mantenimento della Chiesa anglicana locale. Grandi crudeltà furono perpetrate da entrambe le parti durante il conflitto, che ebbe anche come obiettivo la revoca dell'atto di unione.
La riforma del Parlamento britannico nel 1832 elevò il numero di rappresentanti irlandesi da 100 a 105 e concesse maggiore potere
alla classe media, indebolendo l'aristocrazia pro-inglese. Nel 1838 fu approvato un decreto che trasformava la decima in affitto da
pagarsi ai proprietari terrieri, cosicché l'agitazione contro la Chiesa anglicana si placò. Dal 1845 al 1847 l'Irlanda subì gli effetti di
una disastrosa carestia per la perdita del raccolto delle patate. Si calcola che alla fine del 1848 la popolazione calasse di due milioni
di persone, in seguito alle massicce emigrazioni (soprattutto in America) e ai decessi per fame.
Nell'ultimo terzo dell'Ottocento entrò in vigore una serie di riforme ecclesiastiche e agrarie. Le agitazioni per l'autonomia trovarono
il loro principale campione nel leader nazionalista Charles Stewart Parnell. Tra le molte società segrete attive per la creazione della
repubblica irlandese, quella degli Invincibili, di matrice estremista, già nel 1867 aveva lanciato nelle contee di Dublino e Kerry una
rivolta, fallita. Nel 1882 i rivoluzionari uccisero il governatore britannico Frederick Charles Cavendish, e il suo vice, Thomas Henry
Burke, per protesta contro l'Atto di Coercizione del 1881, che dava al viceré il potere di arrestare chiunque sul semplice sospetto di
tradimento, intimidazione e reati simili. L'Atto Criminale, approvato subito dopo il doppio assassinio, rese i provvedimenti ancora
più severi. In Inghilterra il primo ministro William Gladstone cercò di risolvere la questione irlandese con un decreto sull'autonomia
che, introdotto formalmente nel 1886, dava al Parlamento irlandese il diritto di nominare il governatore, benché il potere di esigere
tasse rimanesse appannaggio del Parlamento britannico. Parnell accettò il decreto, che trovò tuttavia grandi opposizioni nell'Ulster
e in Inghilterra e non passò alla Camera dei Comuni. Nel 1893 Gladstone fece un'altra proposta di legge, che fu respinta dai Lord.
Alla svolta del secolo si svilupparono due nuove forze, in un certo senso avulse dalle lotte politiche e religiose: l'Irish Agricultural
Organization Society (1894) e la Lega Gaelica (1903). La prima mirava a realizzare nel settore economico ciò che la seconda cercava
di perseguire in campo intellettuale, cioè la rivalutazione intrinseca dell'Irlanda, della sua economia, della sua cultura e della sua
civiltà. Nel 1902 il leader politico e giornalista Arthur Griffith fondò il Sinn Féin, che divenne partito politico nel 1905. Sorto come
organizzazione per promuovere il benessere economico dell'Irlanda e per ottenere la completa indipendenza, il Sinn Féin divenne il
più importante partito politico del paese e una forza propulsiva per il raggiungimento finale dell'autonomia.
Il Regno Unito
Uno degli scopi dell’unificazione fu quello di rafforzare il paese impegnato nella guerra di successione spagnola (1701-1714). Sotto
la guida di John Churchill duca di Marlborough, l’Inghilterra aveva vinto molte battaglie contro la Francia, allora il più potente stato
d’Europa. Nel 1710, tuttavia, fu impossibile impedire che il re francese Luigi XIV eleggesse un borbone al trono spagnolo. Con il trattato di Utrecht (1713), la Gran Bretagna riconobbe il diritto dei Borboni alla corona spagnola, ricevendo in cambio dalla Francia le
regioni nordamericane della baia di Hudson, la Nuova Scozia e Terranova. La Spagna cedette alla Gran Bretagna Gibilterra e l’isola
di Minorca, garantendo ai mercanti britannici un limitato diritto di commercio con le sue colonie americane; fino al 1750 questa
concessione riguardò anche l’asiento, il diritto di importare schiavi africani nell’America spagnola. Alla regina Anna, morta senza
lasciare eredi, succedette nel 1714 Giorgio I.
Due importanti crisi segnarono i primi anni del regno di Giorgio I: la rivolta giacobita del 1715, da parte dei seguaci di Giacomo Edoardo Stuart, e il crollo finanziario della Compagnia dei mari del Sud, noto come South Sea Bubble, nel 1720. Il governo locale venne
affidato in gran parte alla nobiltà di campagna. A livello nazionale, l’ordinamento dello stato combinava elementi monarchici (il sovrano ereditario), aristocratici (la Camera dei Lord, ereditaria) e democratici (la Camera dei Comuni, elettiva) e prevedeva un potere
giudiziario indipendente. Il regno di Anna era stato contrassegnato da un’accesa rivalità tra le due fazioni Whig e Tory. Sotto Giorgio
I furono questi ultimi a ottenere maggior consenso. La maggioranza dei cittadini che non godeva del diritto di voto aveva la possibi-
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lità di rivolgere istanze, di far parte delle giurie nei processi e di ottenere garanzie contro l’arresto arbitrario. Pieni privilegi politici
erano riconosciuti solo agli appartenenti alla Chiesa anglicana.
Fra il 1739 e il 1763, la Gran Bretagna fu quasi ininterrottamente impegnata nei conflitti. Alla guerra contro la Spagna seguì la guerra di successione austriaca, in cui la Gran Bretagna divenne il principale alleato dell’Austria, combattendo la Francia per terra e per
mare in Europa, in Nord America e in India. Nel 1745, i giacobiti scozzesi, approfittando dell’impegno della Gran Bretagna sul continente, misero in atto l’ultimo tentativo di riportare sul trono britannico la dinastia degli Stuart. Tornato in Scozia dall’esilio e postosi
a capo dei giacobiti, il principe Carlo Edoardo Stuart cercò di rovesciare Giorgio II e marciò con l’esercito verso Londra, ma venne
sconfitto nella battaglia di Culloden Moor (1746) e fu costretto a riparare in Francia.
La guerra di successione austriaca si concluse con il trattato di Aquisgrana (1748) che, per quanto riguardava la Gran Bretagna, ristabiliva lo status quo territoriale. La guerra dei Sette anni (1756-1763), oppose la Gran Bretagna, alleata della Prussia, alla coalizione di Francia, Austria e Russia. Con il trattato di Parigi (1763) la Gran Bretagna ottenne tutti i possedimenti francesi in Canada e a
est del fiume Mississippi, nonché la maggior parte dei territori francesi in India. La Spagna, che era entrata in guerra a fianco della
Francia nel 1762, dovette cedere la Florida. Il trattato di Parigi costituì un trionfo diplomatico che segnò l’apice dell’impero britannico nel XVIII secolo.
Durante il XVIII secolo, il Regno Unito visse una forte crescita demografica, alla quale contribuì la scoperta di un vaccino contro il
vaiolo, da parte di Edward Jenner, nel 1796. La trasformazione dell’economia si accelerò negli ultimi decenni del Settecento, quando James Watt perfezionò il motore a vapore e nuove invenzioni permisero di meccanizzare la lavorazione del cotone. Fra il 1760 e
il 1830 la produzione di tessuti decuplicò, diventando la voce principale dell’esportazione britannica; grazie a ulteriori invenzioni,
crebbero notevolmente anche la produzione di acciaio e l’estrazione del carbone. Non più tardi del 1830 questa rivoluzione industriale riuscì a fare della Gran Bretagna l’“officina del mondo”.
La popolazione di Londra, stimata intorno ai 600.000 abitanti nel 1701, era cresciuta a 950.000 nel 1801 e a 2,5 milioni nel 1851,
facendo della capitale britannica la più grande città del mondo e della Gran Bretagna il primo paese in cui la popolazione urbana
superava quella rurale. La popolazione complessiva del paese, cresciuta fra il 1751 e il 1801 fino a raggiungere 10,7 milioni di unità,
raddoppiò fra il 1801 e il 1851.
Eliminato, dopo il 1763, il pericolo francese, le colonie britanniche in Nord America, che da tempo godevano di un considerevole
grado di autonomia, mal sopportavano la subordinazione politica al governo di Londra. La resistenza americana condusse alla convocazione del primo Congresso continentale (1774) e al conflitto aperto (1775), nonostante gli inviti alla conciliazione rivolti al governo di Londra da parlamentari come Edmund Burke.
Il dominio britannico sulle 13 colonie crollò a seguito della guerra d’indipendenza americana. Dopo la sconfitta del generale John
Burgoyne a Saratoga (1777), la guerra civile americana divenne un conflitto internazionale. La Francia (1778), la Spagna (1779) e
l’Olanda (1780) si schierarono contro la Gran Bretagna, mentre le altre potenze formarono una Lega di neutralità armata, causando
il primo isolamento diplomatico della Gran Bretagna da oltre un secolo. Dopo la resa del generale Charles Cornwallis in seguito alla
presa di Yorktown (1781), le dimissioni di Lord North (1782) e la firma del trattato di Parigi (1783), le 13 colonie furono riconosciute
come stati indipendenti e ottennero tutto il territorio a sud dei Grandi Laghi. La Florida e Minorca furono cedute alla Spagna, mentre la Francia ottenne alcune isole delle Indie Occidentali e alcuni porti africani.
Con William Pitt il Giovane, divenuto nel 1783, a 24 anni, il più giovane primo ministro della storia britannica (1783-1801 e 18041806), si delineò la figura di primo ministro nella sua accezione moderna. Pur essendo favorevole alle riforme politiche,
all’abrogazione delle restrizioni imposte ai protestanti non anglicani e all’abolizione del commercio degli schiavi, non ottenne una
maggioranza parlamentare per dar corso a tali misure; i vicini eventi della Rivoluzione francese, provocarono infatti nel Regno Unito
l’isolamento dei riformatori e l’introduzione di una legislazione fortemente repressiva.
Tra la fine del XVIII secolo e il 1815 l’Europa fu sconvolta dalla guerra (vedi Guerre napoleoniche). La prima coalizione contro i francesi, voluta da Pitt (con Prussia, Austria e Russia), si sciolse nel 1796, e nel 1797 la Gran Bretagna subì una sconfitta navale e tentativi di invasione francesi, che portarono all’Atto di unione con l’Irlanda (1801) e alla formazione del Regno Unito di Gran Bretagna e
Irlanda; l’assemblea legislativa di Dublino venne soppressa e i 100 rappresentanti irlandesi entrarono a far parte del Parlamento di
Londra.
L’ascesa al potere di Napoleone I preoccupò ancor più gli inglesi, che costituirono con Russia, Austria e Regno di Napoli la seconda
coalizione. Dopo ripetute sconfitte subite dalla coalizione, solo la vittoria navale riportata da Horatio Nelson a Trafalgar (1805)
scongiurò l’invasione napoleonica della Gran Bretagna. La Francia fu definitivamente sconfitta solo nel 1815, nella battaglia di Waterloo; il Regno Unito, che emerse dalle guerre napoleoniche come la maggiore potenza del mondo, era anche afflitto da una gravissima crisi economica e sociale.
A Giorgio III, sofferente di una malattia mentale, succedette, nel 1820, il figlio Giorgio IV. L’impero britannico guadagnò alcuni ex
possedimenti olandesi, come la Colonia del Capo e Ceylon (l’odierno Sri Lanka). Sul fronte interno, il malcontento della popolazione
sfociò in numerose rivolte, che furono duramente represse dal governo, che tuttavia, negli anni Venti, avviò una politica di riforme
al fine di scongiurare il pericolo di una sollevazione rivoluzionaria.
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Nel 1830 Guglielmo IV succedette a Giorgio IV e al governo britannico si insediò un gabinetto whig presieduto da Charles Grey. La
principale questione politica del biennio 1831-32 fu la riforma parlamentare voluta dai whig. Approvata dopo un infuocato dibattito
nel giugno del 1832, questa contemplava una ridistribuzione dei seggi in favore delle nuove città industriali e l’estensione del diritto
di voto al ceto medio di proprietari, quasi raddoppiando l’elettorato. La riforma favoriva il sistema partitico sia a livello locale che
nazionale, indebolendo l’influenza del sovrano e della Camera dei Lord. La legge di riforma del lavoro del 1833 limitava l’orario lavorativo di donne e bambini e istituiva degli ispettori; nello stesso anno fu abolita la schiavitù.
Nel 1837 a Guglielmo IV succedette la nipote diciottenne Vittoria, il cui regno avrebbe segnato un’epoca di fondamentale importanza per la storia britannica. Il governo conservatore di Robert Peel (1841-1846) abolì i dazi commerciali, reintroducendo al contempo la tassa sul reddito e, nell’inverno 1845-46, in seguito alla carestia che aveva colpito l’Irlanda, approvò la totale abolizione
delle leggi sul grano, con il sostegno dei whig e l’opposizione di due terzi del suo partito. La conseguente divisione dei conservatori
riportò al potere i whig (1846). Nel 1846 l’Irlanda fu colpita da una nuova carestia, che provocò la morte di circa un milione di persone tra il 1847 e il 1851.
La soppressione delle leggi sulla navigazione (1849) diede un forte impulso agli scambi commerciali. Fu inoltre abolito il lavoro
femminile e minorile nelle miniere (1842), e nelle fabbriche l’orario di lavoro fu limitato a 10 ore giornaliere (1847). Venne infine
introdotta una regolamentazione delle strutture sanitarie urbane (1842) e delle ferrovie (1844).
Tra la fine degli anni Quaranta e i tardi anni Sessanta del XIX secolo, il Regno Unito conobbe un periodo di grande prosperità economica, che solo in parte risentì delle guerre sul continente e oltremare. La Grande Esposizione di Londra del 1851 divenne
l’emblema del primato industriale britannico. La rete ferroviaria raddoppiò la sua estensione, vennero inaugurate le comunicazioni
via telegrafo e il processo di lavorazione inventato alla metà del secolo da Henry Bessemer ridusse il costo dell’acciaio, potenziando
le attività del settore siderurgico.
Alleatosi con la Francia di Napoleone III, il Regno Unito partecipò alla guerra di Crimea nel 1854. Nel 1859, sedata la Grande rivolta
indiana, il governo britannico si sostituì definitivamente alla Compagnia delle Indie Orientali, facendo dell’India britannica una colonia della Corona. Il Regno Unito mantenne una difficile neutralità durante la guerra civile americana (1861-1865), favorì
l’unificazione italiana e assistette con timore alla creazione di un impero tedesco sotto la dominazione prussiana di Otto von Bismarck.
Dopo il 1865, la politica britannica fu dominata dal contrasto fra due eminenti figure politiche, William Ewart Gladstone e Benjamin
Disraeli, che si alternarono al governo per sedici anni. L’adozione di barriere tariffarie da parte di Stati Uniti, Germania e Francia
rivalutò l’importanza delle colonie come mercati e inaugurò un’epoca di concorrenza con la Russia in Medio Oriente e lungo il confine indiano. Hong Kong e Singapore furono i principali centri del commercio britannico in Cina e nel Pacifico meridionale. La realizzazione del canale di Suez (1869) ebbe come conseguenza indiretta il protettorato britannico sull’Egitto, nel 1882. La regina Vittoria
divenne imperatrice delle Indie nel 1876. La politica del ministro delle colonie, Joseph Chamberlain, contribuì allo scoppio della
guerra anglo-boera nel 1899, che, dopo la presa di Johannesburg e Pretoria nel 1900, si sarebbe conclusa nel 1902.
All’indomani della guerra boera, il Regno Unito concluse un trattato di alleanza con il Giappone (1902) e pose fine a diversi decenni
di rivalità con la Francia con l’Entente cordiale (1904) che, dopo la composizione dei contrasti con la Russia, si costituì in Triplice
Intesa (1907), con l’intento di controbilanciare la Triplice Alleanza fra Germania, Austria e Italia.
All’inizio del regno di Edoardo VII, succeduto alla regina Vittoria, la politica britannica fu dominata dalle questioni interne. Durante il
governo conservatore del primo ministro Arthur Balfour (1902-1905) venne riformata l’istruzione secondaria. Le elezioni generali
del 1906 conferirono ai liberali una schiacciante maggioranza e divenne più forte il Partito laburista nato nel 1893, che ottenne 29
seggi.
Grazie soprattutto a David Lloyd George e Winston Churchill, il governo gettò inoltre le fondamenta del Welfare State (vedi Stato
sociale). La ripresa dei conservatori alle elezioni generali del 1910 obbligò i liberali a cercare l’appoggio dei nazionalisti irlandesi per
rimanere al potere. Gli anni tra il 1911 e il 1914 furono segnati da grandi scioperi di minatori, portuali e lavoratori del settore dei
trasporti. Le donne del movimento delle suffragette condussero importanti manifestazioni in favore dell’emancipazione femminile.
Al tentativo dei liberali di approvare l’Home Rule per l’Irlanda si opposero i protestanti della provincia settentrionale dell’Ulster; in
seguito le trattative tra le parti vennero interrotte dallo scoppio della prima guerra mondiale.
Sebbene la competizione navale fosse un serio motivo di conflitto tra Gran Bretagna e Germania, furono la minaccia tedesca alla
Francia e la violazione della neutralità del Belgio che indussero gli inglesi a entrare in guerra. Una forza di spedizione britannica fu
immediatamente inviata in Francia, contribuendo ad arginare l’avanzata tedesca sulla Marna. Nella battaglia dello Jutland (1916) le
forze britanniche impedirono alla flotta tedesca l’accesso al Mare del Nord. L’entrata in guerra degli Stati Uniti, nell’aprile del 1917,
rese possibile il successo dell’offensiva guidata dal generale Douglas Haig nell’estate del 1918 e la resa tedesca in novembre.
Le elezioni indette subito dopo l’armistizio sancirono la schiacciante vittoria della coalizione guidata da Lloyd George. Il partito laburista divenne la principale forza di opposizione. La riforma elettorale del 1918 aveva nel frattempo concesso il voto a tutti i cittadini maschi sopra i 21 anni e alle donne sopra i 30.
Il Regno Unito fu uno dei “tre grandi” (con Francia e Stati Uniti) alla conferenza di pace tenutasi a Versailles (Parigi) nel 1919.
L’impero britannico ottenne a titolo di mandato le ex colonie tedesche in Africa e i possedimenti turchi in Medio Oriente, mentre i
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dominions autonomi britannici (Canada, Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa) entrarono nella nuova Società delle Nazioni. La
guerra civile irlandese ebbe termine nel dicembre del 1921: parte dell’isola divenne nel 1922 lo Stato libero d’Irlanda, del tutto indipendente dal dominio britannico. Le sei contee dell’Irlanda del Nord mantennero la rappresentanza al Parlamento britannico, pur
ottenendo un proprio Parlamento provinciale, ed entrarono così a far parte del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord.
Fra il 1929 e il 1932 la Grande Depressione fece raddoppiare il tasso di disoccupazione, mentre calarono fortemente i livelli della
produzione industriale. La ripresa economica avvenne fra il 1933 e il 1937. Edoardo VIII, il successore di re Giorgio V, abdicò in favore del fratello, che divenne re con il nome di Giorgio VI nel 1936.
Dopo il primo conflitto mondiale, si svolsero conferenze per il disarmo a Washington (1921-22) e a Londra (1930). Il Regno Unito
adottò una politica di tolleranza nei confronti della Germania di Adolf Hitler e, nel tentativo di evitare un nuovo conflitto, il primo
ministro Neville Chamberlain accettò il patto di Monaco del 1938, che assegnava alla Germania la regione cecoslovacca dei Sudeti.
Solo in seguito all’annessione tedesca di Praga (marzo 1939) il Regno Unito si impegnò a sostenere militarmente la Polonia e la Romania.
Quando Hitler invase la Polonia nel settembre del 1939, il Regno Unito e la Francia dichiararono guerra alla Germania: ebbe inizio
così la seconda guerra mondiale. Nella primavera del 1940 la Germania invase la Danimarca, la Norvegia, l’Olanda, il Belgio e la
Francia. Winston Churchill prese il posto di Chamberlain a capo di un consiglio di gabinetto bellico (1940-1945) formato dai rappresentanti dei tre maggiori partiti politici. Dopo la resa della Francia nel giugno 1940, il Regno Unito intraprese una massiccia mobilitazione e subì pesanti bombardamenti che causarono circa 60.000 vittime fra la popolazione civile.
Dopo l’invasione tedesca dell’Unione Sovietica, nel giugno 1941, e l’attacco giapponese a Pearl Harbor, Churchill stipulò la “Grande
alleanza” con il leader sovietico Stalin e il presidente americano Franklin D. Roosevelt contro le potenze dell’Asse. Il corso della
guerra, fino a quel momento sfavorevole, cominciò a cambiare verso la fine del 1942. Fra i più determinanti contributi britannici
all’andamento del conflitto si ricordano la battaglia dell’Atlantico contro la minaccia sottomarina tedesca e la campagna nordafricana del generale Bernard Montgomery. Notevole fu la partecipazione delle forze britanniche alla liberazione dell’Italia (1943) e
della Francia (1944) e alla definitiva sconfitta delle potenze dell’Asse (1945).
Le elezioni generali del 1945 conferirono per la prima volta al partito laburista la maggioranza dei suffragi e una netta maggioranza
parlamentare. Il governo, sotto la guida di Clement Richard Attlee, nazionalizzò importanti settori dell’economia nazionale e avviò
la ricostruzione del paese con il sostegno del piano Marshall. Nel 1949 aderì con altre potenze occidentali all’Organizzazione del
trattato dell’Atlantico del Nord (NATO). Nel 1948 il Regno Unito aveva rinunciato al suo mandato in Palestina; questo fatto portò
alla fondazione di Israele e alla prima guerra arabo-israeliana. Il governo laburista concesse l’indipendenza all’India e al Pakistan nel
1947, alla Birmania e a Ceylon nel 1948.
Le elezioni del 1951 videro il ritorno di Winston Churchill alla guida del paese. La sostenuta ripresa economica che caratterizzò i
primi anni Cinquanta permise di ridurre le imposte sul reddito e di porre fine al programma di austerità, mentre si sviluppavano
l’industria edilizia e il commercio internazionale. Nel 1952 salì al trono la regina Elisabetta II. Il successore di Churchill, Anthony Eden (1955-1957), si dimise in seguito alla crisi di Suez.
Harold Macmillan (primo ministro negli anni 1957-1963) inaugurò un periodo di nuova prosperità economica e intraprese una politica di decolonizzazione in Africa. All’indipendenza del Sudan nel 1956, seguì quella di Ghana, Nigeria, Somalia, Tanzania, Sierra Leone, Uganda e Kenya. Molti di questi stati rimasero membri del Commonwealth; l’Unione Sudafricana uscì dall’organizzazione nel
1961 per dichiararsi una repubblica. Durante il governo Macmillan l’indipendenza fu concessa anche alla Malesia, a Cipro e alla
Giamaica. Dalle ex colonie – specialmente dalle Indie Occidentali e dal Pakistan – giunse nel Regno Unito un forte numero di immigrati, anche in seguito alle campagne di assunzione nei lavori pubblici. L’inasprirsi delle tensioni razziali spinse il governo ad adottare misure fortemente restrittive dell’immigrazione, pur assicurando nel contempo la parità di diritti agli immigrati e ai loro discendenti.
Nel 1961 Macmillan fece richiesta di adesione alla Comunità Europea (CEE, l’odierna Unione Europea), incontrando il veto del presidente francese Charles de Gaulle. Nel 1963 a Macmillan subentrò Alec Douglas-Home, che alle elezioni generali del 1964 fu sconfitto di misura dal partito laburista guidato da Harold Wilson.
Nel corso degli anni Sessanta il paese conobbe un vivace movimento culturale e di contestazione che si espresse nella musica, nella
moda, nell’arte. Londra (definita “swinging London”, cioè “Londra brillante, animata”) divenne una delle capitali internazionali della
nuova cultura giovanile, di cui i Beatles furono i principali ambasciatori. Il governo Wilson (1964-1970) varò una riforma
dell’istruzione secondaria allo scopo di estendere la formazione superiore alla maggioranza dei cittadini. Alla fine del decennio vennero limitate le restrizioni in materia di divorzio, fu legalizzato l’aborto, venne abolita la pena di morte, fu introdotta la parità salariale per le donne e la maggiore età venne stabilita a 18 anni. Una grave crisi economica costò al Partito laburista la perdita del consenso dei sindacati e il ritorno al potere dei conservatori con Edward Heath, nel 1970.
Uno dei problemi principali affrontati dalla politica britannica a partire dalla metà degli anni Sessanta fu la lotta contro l’inflazione.
Heath sperava di risolvere i problemi dell’economia con l’introduzione del regime di cambi flessibili e con l’adesione britannica alla
Comunità Europea, che avvenne nel 1973, ma il congelamento dei salari suscitò l’opposizione dei minatori. L’esito delle elezioni del
febbraio 1974 permise a Wilson di formare un governo laburista di minoranza.
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Nel corso degli anni Settanta i diversi governi dovettero inoltre affrontare la difficile situazione in Irlanda del Nord, dove, in seguito
all’inasprirsi del conflitto fra cattolici e protestanti, nel 1969 fu inviato l’esercito e nel 1972 furono sospese le funzioni del Parlamento autonomo. In Scozia, per far fronte al successo del partito nazionalista alle elezioni del 1974, il governo Callaghan (1976-1979)
tentò di istituire un Parlamento scozzese autonomo, ma il progetto naufragò.
Alla fine degli anni Settanta la politica britannica si polarizzò fra l’ala sinistra del partito laburista, che perseguiva una maggiore uguaglianza sociale attraverso un accresciuto ruolo dello stato, e i conservatori, che intendevano riaffermare il ruolo dell’impresa
privata. Dopo un inverno di agitazioni sindacali, nel marzo del 1979 un voto di sfiducia mise fine al governo Callaghan.
Nelle elezioni dell’aprile 1979 i conservatori ottennero una solida maggioranza parlamentare e Margaret Thatcher fu la prima donna in Europa a ottenere la carica di capo del governo. La sua politica economica, di forte stampo neoliberista, incentrata sul ridimensionamento del welfare state e sul rinnovamento della struttura produttiva nazionale (che prevedeva un massiccio piano di
privatizzazione delle imprese statali), diede i primi, modesti risultati fra il 1981 e il 1982, ma al prezzo del più alto tasso di disoccupazione registrato dagli anni Trenta. Nell’aprile del 1982, il governo Thatcher dovette affrontare la crisi delle isole Falkland (vedi
Guerra delle Falkland). Alle decisive affermazioni elettorali dei conservatori nel 1983 e nel 1987 contribuì il frazionamento
dell’opposizione. Nel 1981 un gruppo di ex laburisti, guidati da Roy Jenkins e David Owen, formò il Partito socialdemocratico, che,
alleatosi con i liberali, conquistò il 25% dei suffragi nel 1983 e il 23% nel 1987, dividendo l’opposizione e favorendo la vittoria dei
conservatori.
Negli anni seguenti il governo Thatcher perseguì ostinatamente il suo programma; importanti aziende statali vennero privatizzate e
fu introdotta una legislazione che limitava fortemente il potere dei sindacati, favorendo l’investimento di capitali stranieri. La politica del governo conservatore negli anni Ottanta ottenne degli indubbi risultati nel rivitalizzare l’economia nazionale, ma al costo di
un deciso peggioramento delle condizioni dei settori più poveri della società e quindi di un diffuso disagio sociale. Alla fine degli anni Ottanta la popolarità della “Lady di ferro” era svanita; la ripresa dell’inflazione, il fallimento del tentativo di introdurre la Poll Tax
(un’imposta che grava sui cittadini indipendentemente dal loro reddito) e i dissidi all’interno del suo stesso partito la costrinsero
alle dimissioni nel novembre del 1990.
John Major prese il posto della Thatcher alla guida del partito conservatore e alla carica di primo ministro. Proseguendo la politica
di stretti legami con gli Stati Uniti, la Gran Bretagna fu tra i paesi europei quello più coinvolto nella partecipazione all’intervento
militare contro Saddam Hussein (vedi Guerra del Golfo). Il governo Major si trovò ad affrontare una crescente crisi economica e sociale, ma nelle elezioni dell’aprile 1992 la riproposta di una politica di defiscalizzazione gli fece riguadagnare la maggioranza nel Parlamento di Londra. Nel settembre dello stesso anno la sterlina uscì dal Sistema monetario europeo.
Nel 1993 il governo inglese e il Sinn Féin avviarono, in un primo tempo in gran segreto, dei negoziati, nel tentativo di trovare una
soluzione alla crisi nordirlandese. Nell’agosto 1994, con lo scopo di favorire le trattative, l’IRA dichiarò un cessate il fuoco unilaterale; pochi mesi dopo anche le formazioni paramilitari protestanti annunciarono l’adesione alla tregua. Ma nel febbraio del 1996, lamentando una scarsa volontà del governo britannico nel proseguire le trattative di pace, l’IRA riprese l’attività terroristica con un
attentato a Londra che provocò due morti e più di cento feriti. In seguito le trattative ripresero, ma senza approdare a risultati concreti.
Nel marzo del 1996, il governo annunciò i risultati delle ricerche di una commissione indipendente in merito a dieci decessi, apparentemente causati dalla malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJD), che risultava connessa alla presenza, negli allevamenti britannici,
dell’encefalopatia spongiforme bovina (chiamata anche “morbo della mucca pazza”). Questa scoperta, che contraddiceva le rassicuranti dichiarazioni governative, provocò il collasso del mercato interno e delle esportazioni di carne. Il 27 marzo la Commissione
europea impose un bando globale alle esportazioni di carni bovine britanniche. A giugno, tuttavia, i governi dell’Unione Europea
concordarono la graduale riduzione delle sanzioni.
Dopo il lungo periodo conservatore, le elezioni del maggio 1997 decretarono il successo dei laburisti guidati da Tony Blair, che ottennero 419 dei 659 seggi del Parlamento britannico. Questo straordinario risultato fu dovuto a un ampio processo di revisione politica e ideologica compiuto dalla nuova leadership del partito, che favorì la conquista del voto della classe media, tradizionalmente
legata al Partito conservatore ma delusa dai risultati da questo ottenuti in quasi un ventennio di ininterrotto governo. Significativamente, il Partito laburista inglese fu rinominato “New Labour” e il gruppo sorto intorno a Blair compì un grande sforzo per dare al
partito una moderna immagine.
Non meno innovativo rispetto alla tradizione laburista fu il programma adottato dal nuovo governo, incentrato sull’introduzione di
radicali riforme allo stato sociale, alla giustizia, alla scuola, volte a ridurre l’intervento dello stato e a favorire lo sviluppo
dell’iniziativa privata. I tagli alla spesa sociale sollevarono però un diffuso malcontento, sia all’interno del partito sia tra gli strati più
disagiati della popolazione, per i quali divenne più difficile accedere ai programmi assistenziali.
In politica interna Blair ottenne due importanti risultati, rilanciando il processo di pace in Irlanda del Nord (la sua mediazione, insieme con quella degli Stati Uniti, fu decisiva nell’indurre gli unionisti ad accettare il negoziato con i repubblicani del Sinn Féin), e
introducendo l’attesa riforma costituzionale basata sul principio della “devolution” (decentramento amministrativo), in seguito alla
quale nella Scozia e nel Galles furono istituiti (ed eletti nel maggio 1999) parlamenti distinti da quello centrale e dotati di ampi poteri.
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Il governo di Blair condusse una politica estera attenta a non scontentare le opposte attitudini del suo elettorato nei riguardi
dell’Unione Europea, annunciando da una parte la ratifica del protocollo sociale allegato al trattato di Maastricht e rinviando
dall’altra l’adesione del Regno Unito all’Unione monetaria europea. Ma il rapporto più stretto Blair lo stabilì con l’amministrazione
statunitense, con cui condivise pienamente una visione strategica che poneva il mondo anglosassone al centro degli equilibri internazionali; il Regno Unito fu infatti, tra i partner europei di Washington, il paese che sostenne con più convinzione la linea statunitense nella crisi irachena (dicembre 1998) e in quella del Kosovo (marzo-giugno 1999). Il 1° luglio 1997, la Gran Bretagna restituì
Hong Kong alla Cina, dopo averla amministrata per 154 anni.
Tra il 1998 e il 2000 il paese fu al centro di una lunga controversia giuridico-diplomatica internazionale per il caso dell’ex dittatore
cileno Augusto Pinochet. Recatosi a Londra in visita privata, Pinochet fu posto agli arresti domiciliari nell’ottobre del 1998 in seguito
a una richiesta di estradizione della magistratura spagnola. La vicenda si concluse solo nel marzo 2000 quando, con una controversa
decisione stigmatizzata dalle organizzazioni per i diritti umani (tra cui Amnesty International), il ministro degli Interni Jack Straw negò infine l’autorizzazione all’estradizione consentendo a Pinochet di rientrare in Cile.
La vita economica del biennio 2000-2001 fu segnata dalla grave crisi del settore agricolo. Non ancora ripresosi dalle conseguenze
della “mucca pazza”, il settore zootecnico britannico venne travolto da una violenta epidemia di afta epizootica, che portò a un
nuovo embargo, da parte delle autorità europee, di animali, carne e prodotti caseari provenienti dalla Gran Bretagna e
all’abbattimento di circa due milioni e mezzo di capi di bestiame.
Blair non si limitò a modernizzare il laburismo britannico, ma perseguì l’obiettivo di imprimere una svolta decisiva al socialismo europeo. Coadiuvato da un gruppo di intellettuali tra cui il sociologo Anthony Giddens, Blair elaborò e propose alle socialdemocrazie
europee un progetto rivolto alla creazione di un nuova realtà politico-economica affrancata dalle ideologie del passato: una “terza
via” opposta alla socialdemocrazia e al capitalismo tradizionali. Le ambizioni della leadership neolaburista britannica (sintetizzate
nel motto “pensare l’impensabile”) di raccogliere moderati e riformisti di tutte le classi intorno a un unico blocco modernizzatore,
non suscitarono tuttavia molti entusiasmi nel New Labour (nel quale la componente “tradizionalista” conservò una forza significativa), né nella base sociale ed elettorale del partito. Nelle elezioni europee del giugno 1999, anche a causa di una bassissima affluenza alle urne che non raggiunse il 30%, il New Labour vide dimezzarsi la percentuale di voti ottenuta nelle precedenti legislative.
Convinto della necessità di affermare il suo progetto, Blair sferrò un’offensiva rivolta a ridurre l’influenza, all’interno del partito e
nella società, di quella che egli considerava una sinistra “vecchia e conservatrice”. Opponendosi con ogni mezzo alla candidatura
alle municipali di Londra di Ken Livingstone (detto anche “Ken il Rosso”, il popolarissimo ultimo sindaco della città prima che la
“Greater London”, ovvero il comune di Londra, venisse abolita d’autorità nella seconda metà degli anni Ottanta da Margaret Thatcher), Blair andò incontro a un secondo cocente smacco: presentatosi alla guida di una lista indipendente, nelle elezioni del 4 maggio 2000 Livingstone sbaragliò infatti il candidato ufficiale del New Labour (arrivato solo terzo dopo il candidato conservatore).
Diviso al suo interno, ma favorito dalla grave crisi dei conservatori, alle elezioni legislative del giugno 2001 il Partito laburista si riconfermò alla guida del paese, aggiudicandosi 413 seggi del Parlamento britannico contro i 166 conquistati dai conservatori e i 52
dai liberaldemocratici.
Nel nuovo governo, profondamente rinnovato, Blair raccolse i suoi uomini più fedeli. Il premier britannico dovette tuttavia attuare
una cospicua revisione della linea economica e politica sino ad allora promossa. Infatti, oltre ad accantonare la controversa “terza
via”, Blair fu costretto a un inasprimento delle imposte per far fronte alla crisi dei settori dei servizi pubblici, dell’energia e sanitario,
nei quali lo stato tornò a giocare un ruolo maggiore di quello assegnatogli dai governi conservatori e dallo stesso Blair nel suo primo
mandato.
Nel quadro internazionale, il governo di Blair continuò il processo di avvicinamento all’Europa, dovendo tuttavia fare i conti con il
diffuso “euroscetticismo” della società britannica. La questione europea continuò infatti a frenare l’iniziativa europeista dei laburisti, che rinviarono l’ingresso del paese nell’euro. In ambito conservatore la questione europea provocò divisioni anche più drammatiche, e la stessa Margaret Thatcher, in uno dei suoi ultimi interventi, nel 2002 si fece interprete dei sentimenti più estremi, arrivando a sostenere l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Tuttavia, in alcuni settori economici del paese e soprattutto in
quello finanziario, particolarmente sensibile agli andamenti dei mercati internazionali, la moneta unica europea andò conquistandosi uno spazio sempre maggiore, sostituendosi informalmente alla sterlina britannica.
Blair confermò nel contempo la politica di stretta alleanza con gli Stati Uniti, partecipando all’operazione Enduring Freedom (“Libertà duratura”) lanciata contro l’Afghanistan in risposta alla devastante offensiva terroristica dell’11 settembre 2001. Nel 2002, sfidando sia l’opposizione interna sia l’ostilità dell’opinione pubblica nei confronti di un eventuale intervento militare in Iraq, Blair sostenne l’alleato statunitense nell’offensiva prima diplomatica e poi militare contro Saddam Hussein, nonostante la mancanza di una
risoluzione dell’ONU e i forti dubbi sull’opportunità e sulla legittimità della guerra espressi da molti governi e in particolare da quelli
di Francia, Germania, Russia e Cina.
Rischiando una grave crisi politica e istituzionale (contro la guerra non si schierò infatti soltanto la gran parte della popolazione britannica, ma molti deputati laburisti e diversi ministri, quattro dei quali si dimisero), Blair ottenne il sostegno del Parlamento, affiancando le truppe britanniche a quelle statunitensi nell’offensiva scatenata contro l’Iraq nel marzo 2003.
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A partire dal 2003, la guerra contro l’Iraq e il terrorismo di matrice islamica dominò il dibattito politico britannico, alimentando aspre polemiche. In particolare, il governo venne accusato di aver fornito volutamente prove manipolate sulla capacità militare irachena al Parlamento, per conquistarne il consenso. Le accuse, rivolte al governo in un’inchiesta diffusa dalla BBC, provocarono un
diffuso sconcerto e le dimissioni del portavoce del primo ministro. In seguito, ritenuto da un’inchiesta parlamentare all’oscuro della
manipolazione delle prove (la cui responsabilità venne addossata ai servizi segreti), Blair chiese e ottenne le dimissioni del direttore
della BBC e dell’autore dell’inchiesta. A lacerare ulteriormente il paese furono, nel luglio 2003, il suicidio dello scienziato David
Kelly, ex ispettore dell’ONU, individuato come la fonte ispiratrice dell’inchiesta televisiva, e i risultati dell’Iraq Survey Group, che
nell’ottobre 2004 concluse i suoi lavori escludendo il possesso di armi di distruzione di massa da parte dell’Iraq. Pur ammettendo la
debolezza dell’impianto politico-strategico che aveva portato alla guerra contro l’Iraq, Blair continuò tuttavia a sostenere la necessità dell’offensiva anglo-statunitense nel Medio Oriente.
Sebbene indebolito dalle polemiche e dalle divisioni interne, il Partito laburista si aggiudicò le elezioni legislative del maggio 2005,
passando però dal 40,7% al 35,2% dei suffragi e da 413 a 356 seggi. I conservatori, ancora afflitti da una profonda crisi, migliorarono
di poco il loro risultato, passando dal 31,7% al 32,3% dei voti e ottenendo 31 seggi in più (197). Più cospicuo fu il guadagno in termini di voti del Partito liberaldemocratico, che passò dal 18,2% al 22% dei voti ottenendo 62 seggi (+10).
Gli effetti dell’offensiva antiterroristica internazionale non tardarono a farsi sentire all’interno del paese, dove in seno alla folta comunità islamica di origini asiatiche crebbe l’influenza di tendenze radicali. Il 7 luglio 2005 la città di Londra fu sconvolta da quattro
attentati suicidi, tre all’interno della metropolitana e uno su un autobus, che causarono 52 morti e un migliaio di feriti. Gli attentati
furono condotti da cittadini britannici di origine pakistana, contigui a organizzazioni estremiste islamiche. Due settimane dopo,
un’altra ondata di attentati venne sventata grazie alle indagini della polizia. In questo drammatico contesto, alla fine del mese giunse dall’Irlanda la notizia della cessazione definitiva della lotta armata da parte dell’IRA.
Sempre più in difficoltà all’interno del suo stesso partito, nel settembre 2006 Tony Blair annunciò infine le sue dimissioni dalla guida
del partito e dalla carica di primo ministro.
Nel febbraio 2007 Blair annuncia la diminuzione del contingente britannico in Iraq. In maggio si insedia a Belfast il nuovo governo
nordirlandese, che comprende esponenti del Partito unionista democratico di Ian Paisley e del Sinn Féin di Gerry Adams. Nelle elezioni per il rinnovo del Parlamento di Edimburgo si afferma lo Scottish National Party, che supera i laburisti e diventa il primo partito scozzese. Blair lascia la guida del Partito laburista a Gordon Brown, che a giugno gli succede anche alla guida del governo.
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L’Eire
La Repubblica d’Irlanda (nome ufficiale Ireland, Éire) è uno stato dell’Europa nordoccidentale, comprendente circa i cinque sesti
dell’isola d’Irlanda, posta nell’oceano Atlantico, circa 80 km a ovest della Gran Bretagna, da cui è separata dal mar d’Irlanda. La superficie del paese è di 70.273 km² e l’estensione costiera è di 1.448 km. La capitale è Dublino.
Aspetti geofisici e climatici
La zona centrale dell’Irlanda è caratterizzata da un’ampia pianura formata da depositi sedimentari di origine calcarea. È circondata
da rilievi di antica formazione, modellati dall’azione dei ghiacciai nel corso dell’ultima glaciazione e da importanti fenomeni erosivi,
che spiegano la loro modesta altitudine. L’uniformità delle basseterre centrali è interrotta a tratti da aree collinari e numerosi laghi.
Le torbiere, che coprono circa il 10% del territorio, sono localizzate nelle regioni centrali e occidentali. A ovest, a sud della baia di
Galway, nella contea di Clare, si trova l’arido tavolato calcareo del Burren. Si tratta di un’area di grande interesse naturalistico, che
include ambienti costieri con ecosistemi molto particolari (dune, estuari, paludi costiere), istituita parco nazionale dal 1991.
I principali rilievi montuosi sono la catena del Donegal, a nord-ovest, i monti Wicklow (situati poco a sud di Dublino, istituiti a parco
nazionale nel 1991), a sud-est, i MacGillycuddy’s Reeks (che comprendono la cima più alta dell’isola, il Carrauntoohill, 1.041 m), nella contea di Kerry, i monti Knockmealdown e Comeragh nella contea di Waterford e i rilievi della penisola di Connemara
nella contea di Galway.
Lungo le coste (dove, a ovest e a sudovest, le montagne si protendono verso
l’Atlantico) si aprono numerose insenature e baie naturali che costituiscono ottimi
porti naturali, come l’estuario dello Shan3
non, la baia di Dublino e quella di Galway ,
il Waterford Harbour e il Cork Harbour.
Numerose sono inoltre le isole situate al
largo della costa occidentale, tra cui le iso4
le Aran e l’isola di Achill.
Il fiume Shannon, che nasce nella parte
nordoccidentale del paese, vicino alla baia
di Sligo, e scorre verso sud raggiungendo il
mare presso la città di Limerick, è il più
lungo dell’Irlanda. Altri fiumi importanti
sono il Barrow, il Nore, il Boyne, il Blackwater, il Moy e il Suir.
Il territorio irlandese si caratterizza inoltre Figura 10 I monti Wicklow, situati nell'Irlanda orientale, sono caratterizzati da dolci
per la presenza di numerosi laghi (chiama- rilievi, ampie valli e numerosi fiumi, laghi e cascate. Frequentata meta turistica, queti localmente lough), originati dalla glacia- sta regione ospita dal VI secolo una comunità monastica.
zione quaternaria, presenti sia nella regione occidentale sia in quella centrale. I principali sono il Ree e il Derg.
L’Irlanda ha un clima tipicamente oceanico, fortemente mitigato dalla corrente del Golfo. È quindi notevolmente umido, piovoso e
ventoso, ma con temperature relativamente miti. Nel mese di gennaio la media delle temperature è compresa fra i 4 e i 7 °C, e a
luglio fra i 14 e i 16 °C. Frequenti sono le precipitazioni, che si verificano in ogni mese dell’anno raggiungendo una media annua di
3
La Baia di Galway è un’insenatura dell'oceano Atlantico, situata lungo la costa dell'Irlanda occidentale. Penetra per circa 32 km nell'entroterra, sino alla città di
Galway, importante centro commerciale sin dall'antichità. All'entrata della baia si trovano le isole Aran; di notevole importanza economica sono gli allevamenti di ostriche.
4
Aran (inglese Aran Islands; irlandese Ara Naoímh), gruppo insulare dell'oceano Atlantico, situato a ovest dell'Irlanda, all'imboccatura della baia di Galway. È compreso nella contea di Galway ed è costituito da tre isole (Inishmore, la più grande, Inishmaan e Inisheer), con una superficie complessiva di 47 km².
La più importante risorsa economica è da sempre la pesca, che viene praticata dagli abitanti (la maggior parte dei quali parla il gaelico), con tecniche tradizionali; altra
risorsa di rilievo è rappresentata dal turismo, attratto dal fascino delle spiagge e dalle rovine di antiche fortificazioni e di chiese e monasteri risalenti all'inizio dell'era
cristiana. La vita dura dei pescatori di queste isole fu il soggetto del dramma teatrale Cavalcatori del mare (1904) del drammaturgo irlandese John Millington Synge, e
dell'Uomo di Aran (1934), un classico film-documentario di Robert Flaherty.
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circa 1.500 mm. Le regioni maggiormente piovose corrispondono alle aree montuose sudoccidentali, dove si possono registrare
medie annue di circa 3000 mm.
Flora e fauna e problemi correlati
Nei secoli passati il territorio irlandese era interamente coperto di foreste. Oggi invece la vegetazione prevalente è di tipo erbaceo,
costituita dal carice, dalla festuca e dalla felce.
L’Irlanda è uno degli ultimi avamposti delle torbiere nell’Europa occidentale: la flora di questi ecosistemi è costituita in prevalenza
da una grande varietà di specie di sfagno, oltre al carice e all’erica. Nella regione del Burren, costituita da rocce calcaree che si sono
formate nel Carbonifero e che sono state poi modellate dall’erosione glaciale, convivono specie vegetali artiche e alpine sopravvissute all’ultima glaciazione con specie mediterranee che si trovano al limite settentrionale della loro zona di distribuzione.
La fauna dell’Irlanda non differisce in modo rilevante da quella della Gran Bretagna e dalla Francia. Tra i mammiferi vi sono il cervo
rosso, la volpe, il tasso, il coniglio, la lontra, la foca grigia (Halichoerus grypus), la foca comune, lo scoiattolo, il riccio, l’ermellino, la
lepre e molte specie di cetacei. I mari irlandesi sono popolati da numerose specie di pesci, tra cui il salmone, la trota, il salmerino e
l’anguilla. Grande importanza ha anche l’avifauna, in particolare le colonie di uccelli marini e di uccelli acquatici migratori.
Essendo un paese prevalentemente rurale e le maggiori problematiche ambientali irlandesi riguardano le attività agricole.
L’agricoltura si è intensificata negli ultimi due decenni, portando a un incremento dell’uso di pesticidi e di fertilizzanti, che hanno
provocato un notevole aumento dell’inquinamento delle acque e di ecosistemi delicati come gli estuari e i corsi d’acqua. A ciò si
aggiungono anche lo sfruttamento intensivo e l’erosione del suolo, e la contaminazione di alcuni tratti di mare da scorie nucleari.
Il paese presenta un gran numero di habitat unici, importanti per la fauna, in particolare per gli uccelli migratori. Le regioni costiere
sono infatti caratterizzate da numerose zone umide che rappresentano l’ambiente adatto per gli uccelli acquatici. I biomi maggiormente a rischio sono le torbiere, che per secoli sono state sfruttate intensivamente per ricavare la torba, che viene usata ancora, in
alcuni casi, come combustibile domestico e per alimentare le centrali elettriche. La tutela delle torbiere è una priorità sia per lo Stato irlandese che per l’Unione Europea.
L’Irlanda ha tre categorie di aree protette: i parchi forestali, i parchi nazionali e le riserve naturali. I parchi nazionali sono cinque: il
parco di Killarney, nella contea di Kerry; il parco di Glenveagh, nel Donegal; il parco di Connemara, nel Galway; la regione del Burren, nella contea di Clare; i monti Wicklow, nella contea omonima. In due località sono state istituite delle riserve della biosfera
nell’ambito del programma MAB (Man and the Biosphere, l’uomo e la biosfera) dell’UNESCO: l’isola di North Bull, situata poco al
largo della costa di Dublino, e la regione di Killarney.
Il paese è vincolato dalle direttive ambientali dell’Unione Europea, che ha designato venti aree di protezione speciale e quattordici
riserve biogenetiche. Queste, aggiunte ad alcune riserve naturali e ad aree di interesse scientifico, portano la quota di territorio irlandese protetto all’1,1% (2004) del totale. Vi sono due luoghi Patrimonio dell’umanità (vedi World Heritage Sites): il sito archeologico di Bend of the Boyne e l’isola di Skellig Michael.
Il paese ha ratificato accordi ambientali internazionali relativi all’inquinamento atmosferico, alla biodiversità, alla desertificazione,
alle specie in via d’estinzione, alla vita marina, al cambiamento del clima, alle modificazioni dell’ambiente, ai rifiuti tossici, allo scarico dei rifiuti in mare, alla messa al bando dei test nucleari, alla protezione dello strato di ozono e alla salvaguardia delle balene, e
ha firmato il Trattato per il legname tropicale (1983), la Convenzione di Ramsar sulla salvaguardia delle zone umide e il Diritto del
Mare.
Demografia
L’Irlanda ha una popolazione, prevalentemente di origine celtica, di 4.109.086 abitanti (2007), con una densità media di 60 abitanti
per km². Rispetto al 1840, quando sull’intera isola vivevano circa 8.000.000 di persone, di cui tre quarti sul territorio dell’attuale
stato, la popolazione irlandese è notevolmente diminuita, a causa della carestia che, fra il 1845 e il 1846, provocò la morte di circa 2
milioni di persone, e delle successive emigrazioni.
Oggi la popolazione, che vive per il 60% (2005) nelle aree urbane, ha uno dei più alti coefficienti di natalità d’Europa (pari al 14,4
per mille nel 2007) ma, a causa dei flussi migratori, presenta un tasso di accrescimento limitato all’1,14% (2007). È molto alta, in
Irlanda, la percentuale di popolazione giovane, al di sotto dei trent’anni.
I cattolici rappresentano la quasi totalità della popolazione (91%), seguiti da anglicani (2,3%), presbiteriani, metodisti ed ebrei. La
diffusione così radicata del cattolicesimo ha caratterizzato il paese dal punto di vista storico e sociale: durante la dominazione inglese, infatti, i cattolici svolsero un ruolo fondamentale nella lotta per l’indipendenza. Le lingue nazionali sono l’irlandese, parlato
solo da una minoranza, e l’inglese.
L’istruzione è gratuita e obbligatoria tra i 6 e i 15 anni di età. La scuola primaria è della durata di sei anni per coloro che frequentano in seguito la scuola secondaria e di nove per quanti interrompono poi gli studi; il tasso di alfabetizzazione della popolazione adulta è del 98% (1995). Tra gli atenei presenti nel paese si ricordano il Trinity College di Dublino, fondato nel 1592, la National
University of Ireland (1909), con sede a Dublino, e i college di Cork (1845), Galway (1845) e Maynooth (1795). Nella capitale si tro-
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vano anche la Biblioteca nazionale, la Biblioteca del Trinity College, fondata nel 1601, il Museo e la Galleria nazionale. Tra le altre
istituzioni culturali presenti a Dublino si ricordano l’Abbey Theatre e il Gale Theatre, sovvenzionati dallo stato.
Importanti tracce della cultura neolitica sono rappresentate dai monumenti megalitici (menhir, dolmen, cromlech) e dalle fortezze
di pietra, databili dal 2000 al 1000 a.C. e scoperte in diverse parti dell’isola, soprattutto nel tavolato del Burren. Le testimonianze
più antiche della lingua celtica, che in Irlanda è rappresentata dal ramo linguistico del gaelico, risalenti al V secolo, sono le iscrizioni
sulla pietra di Ogham, nella contea del Kerry. Nel V secolo venne diffuso in Irlanda il cristianesimo per opera, tra gli altri, di san Patrizio, che fondò chiese e monasteri destinati a diventare centri di diffusione dell’arte e della cultura cristiana.
Preziose testimonianze dell’arte medievale sono i manoscritti miniati, il più celebre dei quali è il Libro di Kells, che risale all’anno
800. Tra i pittori più noti del XVIII secolo vi sono George Barret (1732-1784), James Barry (1741-1806) e Nathaniel Hone (17181784), fondatori, insieme a Joshua Reynolds, della Royal Academy nel 1768, e inoltre James Arthur O’Connor (1792-1841), famoso
paesaggista, e Daniel Maclise (1806-1870), che dipinse gli affreschi nella Galleria reale della Camera dei Lords. Nell’arte irlandese
del XIX secolo si distinsero Nathaniel Hone Jr (1831-1917) e William Mulready (1786-1863). Nomi di rilievo nell’arte moderna e contemporanea sono Jack B. Yeats (1871-1957), Mainie Jellett (1897-1944), Colin Middleton (1910-1983) ed Evie Hone (1894-1955).
I virtuosi del clairseach, una sorta di arpa dalle grandi dimensioni, erano celebri in tutta l’Europa fino dal Medioevo; tra essi il più
famoso fu, nel XVIII secolo, Turlogh O’Carolan (1670-1738), che accompagnava versi con le sue musiche e compose oltre 200 canzoni. Nello stesso periodo venne istituito un festival annuale, chiamato Feis, volto a preservare e incoraggiare l’uso dello strumento.
Alla fine del secolo, il musicista Edward Bunting (1773-1843) pubblicò una raccolta di melodie e canti tradizionali irlandesi, largamente ripresi da Thomas Moore, il celebre poeta irlandese, nel testo delle Melodie irlandesi (1807). Nell’ambito della musica classica, i compositori più noti furono John Field, conosciuto soprattutto per i notturni per pianoforte, e Michael William Balfe (18081870). Si ricorda inoltre il tenore John McCormack (1884-1945). Tra i gruppi e cantanti rock sono celebri gli U2, i Cranberries, i Pogues e la cantante Sinéad O’Connor.
Divisioni amministrative e città principali
Lo Stato d’Irlanda è diviso in quattro province (Leinster, Munster, Connaught e una parte dell’Ulster), a loro volta divise in 26 contee: Carlow, Dublino, Kildare, Kilkenny, Laois, Longford, Louth, Meath, Offaly, Westmeath, Wexford e Wicklow (Leinster); Clare,
Cork, Kerry, Limerick, Tipperary (South Riding), Tipperary (North Riding) e Waterford (Munster); Galway, Leitrim, Mayo, Roscommon e Sligo (Connaught); Cavan, Donegal e Monaghan (Ulster).
Oltre alla capitale, Dublino, centro di rilievo è Cork, uno dei porti più importanti del paese. Le altre città hanno una popolazione inferiore ai 100.000 abitanti e si distinguono soprattutto come centri di commercio: si ricordano Limerick, Galway, Waterford, Wexford, Clonmel, Tralee e Sligo.
Economia
L’economia irlandese, è rimasta per lungo tempo tra le più deboli d’Europa. Negli ultimi vent’anni, però, ha conosciuto una crescita
molto rapida: il prodotto interno lordo è salito del 3,5% annuo durante gli anni Ottanta, e, nel 1994, il tasso di incremento era del
6,7%. La crescita economica dell’Irlanda è stata paragonata oggi a quella delle cosiddette “tigri asiatiche” (Taiwan, Hong Kong, Singapore e Corea del Sud), e il paese è stato infatti soprannominato la “tigre celtica”.
L’agricoltura è stato sempre il settore trainante dell’economia del paese, tuttavia, dalla metà degli anni Cinquanta, l’industria di base si è fortemente sviluppata. Nel 1998 i prodotti manifatturieri rappresentavano circa l’80% delle esportazioni, compresi i prodotti
elettronici, che costituivano il 25% del totale. Oggi il terziario costituisce il settore dominante: nel 2005 impiegava infatti il 66% della forza lavoro e contribuiva alla formazione del PIL per il 56,4% (2003). Il terziario comprende il turismo e la finanza, che hanno conosciuto entrambi una notevole crescita insieme al commercio e a servizi come la salute e l’educazione. Il paese ha un’economia
mista, con un settore privato in forte espansione.
Il prodotto interno lordo era, nel 2005, di 201.817 milioni di dollari USA, pari a 48.524,20 dollari USA pro capite. Secondo i dati della
Banca Mondiale, nel 2004 il tasso di disoccupazione del paese era pari al 4,4%.
Agricoltura e settori correlati
L’agricoltura ha conosciuto un rapido processo di modernizzazione negli ultimi trent’anni, ed è attualmente altamente efficiente e
produttiva. Solo il 6% (2005) della popolazione attiva è impiegato nel settore primario, valore in fase decrescente. La maggior parte
delle aziende agricole è di medie e piccole dimensioni, perlopiù a conduzione familiare. Il 65% del territorio irlandese è occupato da
pascoli e coltivazioni.
L’attività principale, che produce il maggior reddito del settore primario, è la zootecnia, anche se in tempi recenti è stata gravemente colpita dalla crescente diffusione dell’encefalopatia spongiforme bovina e dall’epidemia di afta epizootica. L’allevamento bovino
è il settore principale: nel 2005 il patrimonio zootecnico contava 6.888.000 di capi. Anche gli ovini rappresentano tradizionalmente
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una voce importante dell’allevamento irlandese: sempre nel 2005 si contavano 4.556.700 capi. L’allevamento alimenta una rilevante industria lattiero-casearia.
I principali prodotti agricoli sono la barbabietola da zucchero (1.500.000 tonnellate nel 2005), l’orzo (1.024.800 tonnellate nel
2005), il frumento (723.000 tonnellate nel 2005) e le patate (500.000 tonnellate nel 2005).
Il governo irlandese ha recentemente attuato piani di rimboschimento al fine di ridurre le importazioni di legname e di fornire il
materiale per le industrie della carta e dei settori affini. Nel 2005 il 9,7% della superficie del paese era ricoperto da foreste.
I mari irlandesi sono molto pescosi; tra le specie più diffuse vi sono l’aringa (vedi Clupeiformi), il merluzzo, il tonno, il merlano (Gadus merlanus) e la passera di mare (vedi Pleuronettoidei). In prossimità delle coste sono numerosi i crostacei, in particolare aragoste, scampi e molluschi. Anche le acque dolci interne forniscono pesce di eccellente qualità, come il salmone e la trota. Nel 2004 il
pescato complessivo fu di 338.588 tonnellate, in parte destinate all’esportazione.
Risorse energetiche e minerarie
Le risorse minerarie principali sono carbone, gas naturale e torba. L’Irlanda è inoltre uno dei maggiori esportatori europei di piombo e zinco. Nel 2003 l’energia elettrica prodotta nel paese era in gran parte di origine termica (95,3%).
Industria
Una cospicua parte del settore industriale è legata alla trasformazione dei prodotti agricoli, alla lavorazione delle carni, alla produzione della birra. Rilevanti sono i settori tessile e chimico (che produce fertilizzanti, gomma e prodotti farmaceutici) e la produzione
di macchinari elettrici. A partire dagli anni Cinquanta il governo ha attuato un piano per favorire l’incremento degli investimenti
stranieri, a cui hanno in particolare aderito compagnie americane, inglesi, tedesche e giapponesi. Negli ultimi anni hanno vissuto un
notevole sviluppo l’elettronica e l’informatica.
Commercio e finanza
Le principali voci delle esportazioni del paese comprendono apparecchiature elettriche ed elettroniche (pari al 25% del totale), bestiame, carne, prodotti chimici e tessili. Le importazioni sono invece rappresentate da macchinari e mezzi di trasporto, petrolio e
derivati, prodotti chimici e tessili, cereali, alimentari, ferro e acciaio. Il principale partner commerciale è tradizionalmente la Gran
Bretagna, seguita da Germania e Francia, membri dell’Unione Europea a cui l’Irlanda ha aderito nel 1973, Stati Uniti e Giappone. Il
turismo, in costante aumento e incentivato dal governo, copre in buona parte il passivo registrato nella bilancia commerciale che
grava sulle importazioni. Fino all’introduzione dell’euro, l’unità monetaria nazionale era la sterlina irlandese (divisa in 100 pence),
emessa dalla Banca Centrale d’Irlanda (fondata nel 1942).
Trasporti e vie di comunicazione
La rete ferroviaria si estende per una lunghezza complessiva di 1.919 km (2005) e collega i maggiori centri del paese.
Il sistema stradale si sviluppa per 95.736 km (2002).
Gli aeroporti internazionali si trovano a Shannon, Dublino, Cork e, recentemente, a Knock. La compagnia di bandiera è l’Aer Lingus.
I principali porti sono Dublino, Cork, Waterford, Rosslare e Limerick.
Turismo
Come per la maggior parte degli Stati europei, anche in Irlanda il turismo ha una discreta importanza.
Dal turismo culturale, favorito da migliaia d’anni di storia, l’isola è abitata sin dal 6000 a.C., e dal forte attaccamento alle tradizioni
del popolo irlandese, a quello sportivo ed ai soggiorni linguistici, l’Irlanda ha subito una lunga dominazione inglese . La passione degli irlandesi per le tradizioni è tale che porta a prevedere rituali ben precisi per ogni evento: dal mangiare colcannon (un miscuglio
di cavoli e puré di patate) a Halloween fino all’indossare qualcosa di verde nel giorno di San Patrizio.
Dell'Irlanda, poi, due cose sono rinomate a livello internazionale: la musica e la danza. La musica tradizionale viene suonata in tutto
il paese, dai Pub cittadini ai festival rurali. Il bodhrán, che è un tamburello a mano, è uno degli strumenti più popolari della musica
irlandese, insieme al violino ed al flauto. La danza irlandese è davvero molto competitiva, e viene presa seriamente sia livello locale, sia nazionale ed internazionale. Se vuoi divertirti, trova uno dei tanti céili, dove tutti si riuniscono per ballare.
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La forte passione degli irlandesi per l’umorismo, cui non sono rimasti immuni neanche autori, poeti, attori e commediografi , ha
favorito lo sviluppo di importanti festival comici come il Smithwicks Cat Laughs Comedy Festival di Kilkenny e il Bulmers Comedy
Festival di Dublino.
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Ecco alcune perle dell’umorismo irlandese:
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Non si possono nemmeno dimenticare gli innumerevoli miti e leggende che fanno parte della cultura irlandese. Storie di guerrieri,
santi e altre affascinanti figure. I miti celtici, in particolare, sono l’essenza stessa della cultura irlandese, e fanno da sfondo a numerose opere della letteratura fantasy. Alcuni dei racconti più famosi ruotano intorno alle figure dei bambini di Lir, trasformati in cigni
dalla loro matrigna; del prode guerriero Cú Chulainn e di Finn McCool, uno dei più grandi eroi celtici, che conquistò la saggezza in
gioventù semplicemente assaggiando il salmone della conoscenza e poi, da adulto, ebbe modo di trionfare sui giganti.
Il pub è il vero fulcro della vita culturale, sociale e musicale d’Irlanda. Lungi dall’essere un semplice bar, questa istituzione offre contemporaneamente l’opportunità di bere qualcosa, filosofeggiare sulla vita, discorrere di politica, ascoltare poesia, festeggiare con
una coppa di deliziosi gamberetti o semplicemente di apprezzare il refrigerio di una Guinness davanti al tepore di un camino scoppiettante. Si può conversare con la gente del posto semplicemente unendosi a loro al bancone.
Seppure informali e molto easy, anche i pub hanno la loro etichetta. Ecco allora qualche dritta: se ci si aggrega ad un gruppo è bene
tenere a mente che vige il sistema dei “turni”: a turno ognuno va al banco, ordina e paga un altro giro di drink. Le pinte sono dette
anche “jar” e “scoop”, ma tali termini non vanno usati quando si ordina, essi infatti entrano in gioco solo a livello di conversazione:
“che ne dici di un paio di scoop?” oppure “ti va un’altra jar?”
Non è necessario ordinare una pinta, è possibile anche chiedere semplicemente un bicchiere o una mezza pinta. Va poi tenuto presente che alcune birre hanno bisogno di qualche minuto in più per “scaldarsi”. Non ci se la può prendere, quindi, con il barman che
se la prende comoda: sta semplicemente facendo le cose per bene… E quando, infine, si viene serviti, bisogna lasciarla riposare ancora qualche minuto.
Le 11 città principali irlandesi, oltre ad essere alla moda, vibranti e cosmopolite, sono anche ideali per essere visitate: non sono
troppo grandi per diventare dispersive, e non sono troppo piccole perchè si possa vedere tutto in un solo giorno!
La capitale dell’Eire, Dublino, è una della mete più alla moda in Europa. La città vibra di energia grazie ai suoi eccellenti ristoranti,
alla boutique alla moda, ai famosi Pub, alle bellissime gallerie d'arrte, ai verdeggianti parchi cittadini, alla sua elegante architettura,
alla storia affascinante. Tutto questo insieme alla sua location unica perfettamente posizionata sul mare d'Irlanda.
Storia, patrimonio e reputazione come meta gastronomica sono i punti di forza delle tre affascinanti città del Sud e Sud Est irlandese. Chiamata dai suoi abitanti "La Repubblica Popolare di Cork", questa gemma a sud dell'isola si differenzia moltissimo da Dublino.
Cork è una città aperta, dal ricco patrimonio culturale, che ha fatto si che venisse scelta come Capitale Europea della Cultura per il
2005. E, grazie alla sua reputazione come meta gourmet, insieme a ottimi negozi, meravigliosi mercati e ristoranti, la città ha il mix
vincente per essere la meta ideale per weekend e soggiorni brevi. Le città storiche di Kilkenny e Waterford sono anche loro mete
ideali da visitare: Kilkenny, con la sua atmosfera medievale, il festival della commedia e i rinomati Pub merita di essere scoperta; e
l'adiacente città vichinga di Waterford continua a farsi conoscere nel mondo per la produzione di oggetti in cristallo, per il Light Opera Festival e per i rinomati ristoranti e locali che aspettano solo di essere visitati.
La storia dell’isola può essere paragonata ad un libro antico, affollato di pagine turbolente e toccanti, dalle guerre sanguinose fino
alla tragica carestia del XIX secolo. Un libro coinvolgente e travolgente, le cui citazioni e illustrazioni più vivide sono i monumenti, i
siti e le testimonianze del passato, che affollano ancora oggi ogni angolo del Paese.
Anche in Irlanda le strutture ricettive costituiscono una rete molto sviluppata, che comprende sistemazioni per tutte le tasche:
dall’agriturismo agli alberghi di lusso, passando per i numerosi bed and breakfast ed ostelli della gioventù.
Organizzazione dello stato
Sottoposta a un lungo dominio britannico, l’Irlanda diventò dominion nell’ambito del Commonwealth nel 1921, a esclusione delle
sei contee dell’Ulster, rimaste a far parte del Regno Unito. Diventata indipendente nel 1937 con il nome gaelico di Eire, in base alla
Costituzione dello stesso anno l’Irlanda è una repubblica parlamentare. L’ultimo importante emendamento alla Costituzione è del
1998, quando il paese approvò un accordo che formalizzava la rinuncia alle pretese territoriali sull’Ulster.
Il presidente, eletto a suffragio universale con un mandato di sette anni, nomina il primo ministro (Taoiseach) e il consiglio dei ministri, previa approvazione del Parlamento.
Il sistema legislativo è basato su un Parlamento (Oireachtas/Parliament) composto da due camere. La Camera dei rappresentanti
(Dáil Éireann/House of Representatives) riunisce 166 membri eletti con sistema proporzionale per cinque anni; il Senato (Seanad
Éireann/Senate) ha 60 membri in carica per cinque anni. Hanno diritto al voto tutti i cittadini al di sopra dei 18 anni di età.
"I veri amici ti pugnalano dritto in fronte" Oscar Wilde, autore
"Mio padre mi ha condizionato da matti. Infatti era pazzo" Spike Milligan, attore comico
"Se piovesse zuppa dal cielo, gli irlandesi se ne uscirebbero con le forchette" Brendan Behan, autore
"Non fare agli altri quello che viene fatto a te: potrebbero avere gusti diversi" George Bernard Shaw, commediografo
"Essere irlandese mi garantisce quel costante senso tragico, che mi sostiene nelle rare parentesi di gioia" W B Yeats, poeta
"Ho fondato un gruppo che si chiama Alcolisti-Unanimi: se non sei in vena di un drink, basta chiamare un membro del gruppo e quello corre a convincerti" Richard
Harris, attore
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L’ordinamento giudiziario è basato sulla Common Law anglosassone, adattata alle consuetudini locali. Il sistema giudiziario prevede
una Corte suprema, i cui giudici sono nominati dal presidente su indicazione del governo. La pena di morte è stata abolita nel 1990.
Il servizio militare è interamente volontario; le forze armate contano 10.460 effettivi (2004).
Storia
Fino al 1922, anno dell’indipendenza dalla Gran Bretagna, la storia dell’Eire è comune a quella dell’Irlanda del nord.
L’indipendenza dalla Gran Bretagna fu raggiunta dopo una lotta durata diversi secoli e costellata di rivolte della maggioranza cattolica della popolazione contro il predominio protestante. L’insurrezione di Pasqua, promossa dai nazionalisti irlandesi il 24 aprile
1916, sebbene fosse fallita a causa della durissima reazione inglese, fu determinante per l’affermazione del movimento Sinn Féin,
che dalla sua fondazione nel 1905 promuoveva la causa di una repubblica nazionale e indipendente.
Alle elezioni del 1918 i candidati del Sinn Féin conquistarono infatti 73 dei 106 seggi riservati alla rappresentanza irlandese nel Parlamento di Londra; i 73 rappresentanti eletti si riunirono nel gennaio 1919 a Dublino, costituirono un organo parlamentare indipendente (Dáil Éireann, Assemblea d’Irlanda) e proclamarono unilateralmente l’indipendenza dell’Irlanda, nominando alla presidenza del governo Eamon de Valera. Subito dopo ebbero inizio le azioni di guerriglia armata dell’IRA (Esercito repubblicano irlandese) ai danni delle forze inglesi di occupazione e, durante gli scontri che seguirono, si contarono centinaia di vittime da entrambe le
parti.
L’11 luglio 1921 una tregua consentiva l’avvio di trattative tra il primo ministro inglese David Lloyd George e i rappresentanti
dell’Assemblea d’Irlanda, che portarono, il 6 dicembre dello stesso anno, alla firma di un accordo, in base al quale le contee
dell’isola (con l’esclusione di quelle settentrionali dell’Ulster che rimasero parte del Regno Unito) avrebbero costituito lo Stato libero d’Irlanda, riconosciuto come dominion inglese con uno status uguale a quello del Canada. Il Parlamento irlandese ratificò il trattato il 15 gennaio 1922 con 67 voti contro 57; De Valera, contrario all’approvazione in ragione della perdita dell’Ulster e della mancata introduzione di uno statuto repubblicano, si dimise dalla presidenza e fu sostituito dal fondatore del Sinn Féin, Arthur Griffith,
mentre un altro leader del movimento, Michael Collins, fu nominato a capo del governo provvisorio.
Lo scontro tra i moderati che avevano accettato l’accordo e i dissidenti guidati da De Valera, conosciuti anche come republicans,
degenerò in guerra civile. Gli scontri – durante i quali fu assassinato lo stesso Collins – proseguirono anche dopo le elezioni del
1922, quando le forze governative di orientamento moderato ottennero una netta maggioranza dei voti. Sotto il nuovo governo
guidato da William Thomas Cosgrave, il 6 dicembre 1922 fu promulgata la nuova Costituzione; essa prevedeva fra l’altro
l’istituzione di un Parlamento bicamerale, composto dalla Camera dei rappresentanti (Dáil Éireann) e dal Senato (Seanad Éireann).
Solo nell’aprile 1923 i republicans posero fine alla lotta armata per partecipare alle elezioni nazionali che, in ogni caso, non dettero
la maggioranza assoluta a nessuno dei due schieramenti; Cosgrave, comunque, mantenne il potere e De Valera rientrò in Parlamento a capo di una nuova formazione da lui stesso fondata, il Fianna Fáil.
Alla conferenza del 1926 l’Irlanda ottenne insieme agli altri dominions un accordo in base al quale il governo inglese non avrebbe
potuto legiferare né annullare leggi approvate dai parlamenti nazionali; in seguito all’approvazione dell’accordo con lo statuto di
Westminster nel 1931, l’Irlanda ottenne il potere di legiferare indipendentemente dal governo britannico. Anche a causa della grave crisi economica in cui versava il paese, nel 1932 la maggioranza perse le elezioni e De Valera ebbe l’incarico di formare il nuovo
governo; nei successivi sedici anni di potere, egli attuò una serie di iniziative tese a ridurre progressivamente l’influenza britannica
nella vita politica ed economica del paese, ottenendo tra l’altro l’abrogazione del giuramento di fedeltà alla Corona inglese e
l’abolizione della figura del governatore generale che rappresentava l’autorità britannica nell’isola (1936); in politica interna, De
Valera mirò a sviluppare un sistema economico nazionale autosufficiente, con l’introduzione di nuove tassazioni, di tariffe protette
e del controllo sugli investimenti stranieri.
Nel 1937 un referendum popolare approvò la nuova Costituzione che proclamava l’Irlanda “stato democratico sovrano e indipendente”, a cui fu dato il nome gaelico di Eire. Quanto alle relazioni con la Gran Bretagna, De Valera indicò che sarebbero state soggette ai principi dell’Atto delle relazioni esterne delineato nel 1936, che garantivano fortemente gli interessi nazionali irlandesi. Nel
1938 lo scrittore e patriota Douglas Hyde divenne il primo presidente dell’Eire, mentre De Valera venne confermato come primo
ministro.
Dopo avere assunto una posizione di neutralità nel corso della seconda guerra mondiale (nonostante le sollecitazioni a entrare in
guerra dei leader britannico e statunitense Winston Churchill e Franklin Delano Roosevelt), alla conclusione del conflitto l’Eire attraversò, come la gran parte degli altri stati europei, un periodo di grave crisi economica che, sia pure indirettamente, portò alla
sconfitta del partito di De Valera alle elezioni del 1948. Capo del governo divenne quindi John Aloysius Costello, con una coalizione
guidata dal Fine Gael, il Partito unito d’Irlanda costituitosi nel 1933.
Il 18 aprile 1949, nel trentatreesimo anniversario dell’insurrezione di Pasqua, venne proclamata la Repubblica d’Irlanda, formalmente sciolta da ogni obbligo di lealtà verso la Corona inglese e non più membro del Commonwealth; il mese seguente il Parlamento britannico definì a sua volta l’Irlanda del Nord parte del Regno Unito. Membro delle Nazioni Unite solo a partire dal dicembre
1955 (a causa della sua posizione neutralista tenuta nella seconda guerra mondiale), la repubblica rifiutò di aderire alla NATO a
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causa della “questione dell’Ulster” che la opponeva alla Gran Bretagna. Consapevole che la riunificazione dell’isola non sarebbe stata raggiunta con la forza, il governo di Costello adottò tuttavia una politica repressiva nei confronti dell’IRA, che nel 1962 annunciò
la sua decisione di abbandonare la lotta armata.
Negli anni Sessanta l’Irlanda visse un periodo di sviluppo economico, favorito dalla stipulazione di accordi commerciali con la Gran
Bretagna (1965, soppressione dei diritti doganali tra i due paesi) e dall’adesione alla Comunità economica europea (1972), approvata con un referendum dall’83% dei votanti.
La ripresa dello scontro settario in Irlanda del Nord alla fine degli anni Sessanta ebbe gravi ripercussioni nel paese, che adottò nuove misure repressive nei confronti dell’IRA.
Il decennio successivo vide alternarsi al potere il Fine Gael (guidato dal leader Liam Cosgrave) e il Fianna Fáil, che dovettero fronteggiare gravi difficoltà economiche. L’attività terroristica dell’IRA causò un peggioramento dei rapporti con la Gran Bretagna, stimolando nel contempo la ricerca di una soluzione politica al conflitto. Nel 1983 il premier Garrett Fitzgerald (del Fine Gael) convocò
a Dublino un “Forum per una nuova Irlanda”, che vide riunite, per la prima volta dopo la partizione, le forze politiche del nord e del
sud dell’isola, a esclusione del Sinn Féin e degli unionisti. Nel novembre 1985, Fitzgerald firmò con il primo ministro inglese Margaret Thatcher un accordo che, pur riaffermando la sovranità britannica sull’Ulster, conferiva al governo irlandese un ruolo consultivo
negli affari interni della provincia attraverso l’istituzione di un Consiglio anglo-irlandese.
Dublino intensificò in seguito la sua azione diplomatica, grazie soprattutto a Mary Robinson, eletta nel 1990 al vertice della repubblica irlandese. Sotto la sua presidenza l’Irlanda aderì al trattato di Maastricht (1991), dopo aver ottenuto l’assicurazione che le leggi nazionali contrarie all’aborto non sarebbero state messe in discussione dagli organi competenti della futura unione; l’adesione al
trattato venne ratificata tramite il referendum del giugno 1992, che vide favorevole il 69% dei votanti.
Nel 1993, Robinson incontrò pubblicamente il leader del Sinn Féin Gerry Adams, proponendo in seguito al governo britannico una
sovranità comune sulla provincia nordirlandese. La proposta venne respinta da Londra, ma le trattative proseguirono, culminando,
nel dicembre 1993, nella sottoscrizione di un documento di intesa tra Albert Reynolds e John Major, i due nuovi premier irlandese e
inglese. Secondo l’accordo, la Gran Bretagna si impegnava a rinunciare alla sovranità sull’Ulster se la provincia avesse espresso attraverso un referendum la volontà di riunificarsi con Dublino e se nel contempo i cattolici nazionalisti avessero posto fine alla lotta
armata; a sua volta, Dublino si impegnava ad abbandonare le pretese territoriali sull’Ulster, emendando di conseguenza la propria
Costituzione. Favorevole ai negoziati, nell’agosto 1994 l’IRA annunciò una tregua unilaterale, alla quale aderirono in seguito anche
le formazioni armate protestanti.
Nel febbraio del 1995, Major e il nuovo primo ministro irlandese John Bruton (del Fine Gael) annunciarono l’inizio dei negoziati, che
tuttavia si arenarono presto causando nel febbraio 1996 la rottura della tregua da parte dell’IRA e la ripresa dello scontro settario.
Nel 1995, in un combattuto referendum che si concluse con uno scarto di poche migliaia di voti, nel paese venne introdotto il divorzio. Le elezioni anticipate del giugno 1997 portarono al governo del paese una coalizione di minoranza guidata da Berthie Ahern,
leader del Fianna Fáil. Il 29 ottobre venne eletta alla presidenza del paese, in assenza di avversari, la candidata del Fianna Fáil Mary
McAleese, insegnante di Diritto al Trinity College di Dublino, cattolica e originaria di Belfast.
Nel 1997, l’insediamento alla guida del governo britannico del laburista Tony Blair creò le condizioni favorevoli per una ripresa del
processo di pace nordirlandese. Dopo la nuova tregua proclamata dall’IRA il 19 luglio 1997, i negoziati ripresero infatti sotto l’egida
del senatore statunitense Georges Mitchell e dello stesso presidente Bill Clinton e Dublino vi svolse un ruolo determinante. Il 10
aprile del 1998, i capi di governo irlandese e britannico e quelli delle principali forze politiche nordirlandesi (compresi Gerry Adams
del Sinn Féin e David Trimble del Partito unionista) firmarono a Belfast l’“accordo di Stormont” (detto anche “del Venerdì Santo”).
Onorando i suoi impegni, la Repubblica d’Irlanda modificò la sua Costituzione, rinunciando alle pretese territoriali sull’Ulster. La
modifica fu approvata, in un referendum svoltosi il 22 maggio, dal 94% dei votanti; nello stesso giorno, in Irlanda del Nord l’accordo
di Stormont fu sottoposto a referendum e fu approvato, grazie all’apporto determinante della comunità cattolica, con il 72% dei
voti.
Grazie ai cospicui contributi economici dell’Unione Europea, a una politica di deregolamentazione del mercato del lavoro e a una
politica fiscale intesa a incoraggiare gli investimenti esteri (e soprattutto statunitensi), negli anni Novanta nel paese nacquero o si
trasferirono migliaia di imprese. Questo straordinario sviluppo, che fece in poco tempo dell’Irlanda uno dei poli più importanti
dell’industria informatica europea, valse al paese l’appellativo di “tigre celtica”.
Entrata nel gennaio 1999 a far parte dell’Unione monetaria europea, il 1° gennaio 2002 l’Irlanda fu tra i dodici paesi dell’Unione
Europea ad adottare la moneta unica dell’euro. Il paese si oppose invece inizialmente all’allargamento dell’UE ai paesi dell’Europa
dell’Est, temendo una perdita di competitività del proprio mercato e un conseguente calo degli investimenti esteri. La ratifica del
trattato di Nizza venne infatti respinta nel referendum del giugno 2001 (54% di “no” contro il 36% di “sì”), per venire approvata in
occasione di un secondo referendum svoltosi nell’ottobre 2002.
Nel marzo 2002 un referendum respinse, sebbene per pochi voti, il progetto del governo di inasprire ulteriormente la rigorosa legislazione irlandese in materia di aborto. Nonostante alcuni scandali finanziari che avevano coinvolto esponenti del governo e lo stesso primo ministro Ahern, nelle elezioni legislative del maggio successivo il Fianna Fáil aumentò il suo consenso (41,5% dei voti e 81
dei 166 seggi), ottenendo insieme con i Democratici progressisti la maggioranza nel Parlamento di Dublino. Dalle elezioni uscì seve-
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ramente sconfitto il Fine Gael, il maggior partito di opposizione, che perse più di un terzo dei seggi passando da 54 a 31 deputati. Il
1° gennaio 2004 l’Irlanda assunse la presidenza dell’Unione Europea. Il 1° maggio si svolsero a Dublino le cerimonie per l’ingresso
nell’UE di dieci nuovi stati membri.
Nel giugno 2005 l’irlandese è incluso tra le lingue ufficiali dell’Unione Europea. Lingua ufficiale, insieme con l’inglese, del paese,
l’irlandese è tuttavia parlato solo da una minoranza della popolazione. Nel 2006 il governo lancia un ambizioso piano rivolto ad aumentare la conoscenza dell’irlandese, con l’obiettivo di portare il paese al bilinguismo in vent’anni.
Le elezioni del maggio 2007 registrano una flessione dei partiti di governo, con il Fianna Fáil che perde 3 seggi (passando da 81 a 78)
e i Democratici progressisti che ne perdono 6 (passando da 8 a 2). La coalizione governativa perde così la maggioranza nel Parlamento, dove si infoltisce la rappresentanza del Fine Gael (che passa da 31 a 51 seggi). In giugno si insedia il nuovo governo di Bertie
Ahern, cui partecipano, oltre al Fianna Fáil, i Democratici progressisti e, per la prima volta, i Verdi.
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Sommario
Il Regno unito di Gran Bretagna ed Irlanda del nord......................................................................................... 1
Aspetti geofisici e climatici ................................................................................................................................ 1
La Gran Bretagna ........................................................................................................................................... 1
L’Irlanda del nord........................................................................................................................................... 3
Le isole Orcadi ............................................................................................................................................... 3
Le isole Shetland ............................................................................................................................................ 3
Le isole Scilly .................................................................................................................................................. 3
Le isole Ebridi ................................................................................................................................................. 4
L’isola di Mann............................................................................................................................................... 4
L’isola di Wight .............................................................................................................................................. 4
Gibilterra........................................................................................................................................................ 4
Demografia ........................................................................................................................................................ 5
Divisioni amministrative e città più importanti ................................................................................................. 5
Economia ........................................................................................................................................................... 6
Agricoltura e settori correlati ........................................................................................................................ 6
Risorse energetiche e minerarie.................................................................................................................... 7
Industria......................................................................................................................................................... 7
Commercio e finanza ..................................................................................................................................... 8
Trasporti e vie di comunicazione ................................................................................................................... 8
Turismo .......................................................................................................................................................... 9
Organizzazione dello Stato ................................................................................................................................ 9
Storia.................................................................................................................................................................. 9
La preistoria e l’età romana......................................................................................................................... 10
L’Inghilterra ................................................................................................................................................. 12
La Scozia ...................................................................................................................................................... 16
Il Galles ........................................................................................................................................................ 19
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Isole Britanniche
L’Irlanda ....................................................................................................................................................... 20
Il Regno Unito .............................................................................................................................................. 22
L’Eire ................................................................................................................................................................ 29
Aspetti geofisici e climatici .............................................................................................................................. 29
Flora e fauna e problemi correlati ............................................................................................................... 30
Demografia ...................................................................................................................................................... 30
Divisioni amministrative e città principali ....................................................................................................... 31
Economia ......................................................................................................................................................... 31
Agricoltura e settori correlati ...................................................................................................................... 31
Risorse energetiche e minerarie.................................................................................................................. 32
Industria....................................................................................................................................................... 32
Commercio e finanza ................................................................................................................................... 32
Trasporti e vie di comunicazione ................................................................................................................. 32
Turismo ........................................................................................................................................................ 32
Organizzazione dello stato .............................................................................................................................. 33
Storia................................................................................................................................................................ 34
Bibliografia e fonti
Microsoft Encarta 2001 e 2008
www.wikipedia.org
www.visitbritain.com
www.uklondra.com/londra.madame.tussauds.htm
www.IRLANDA-TRAVEL.com
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