EDITORIALE DEL VESCOVO FEDE E RAGIONE, NON

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EDITORIALE DEL VESCOVO
Gazzetta del Sud 27.02.2010
FEDE E RAGIONE, NON SUPERSTIZIONE
Da sempre l’uomo è curioso del proprio destino e scruta con ansia nelle brume
del tempo, cercando di scorgere ciò che l’attende. Questo bisogno è stato di
volta in volta inseguito con strumenti diversi, basati su credenze magiche o
superstiziose. Con l’affermarsi del metodo scientifico, l’indagine della natura
offrì per lo studio del futuro basi solide, tanto da indurre il matematico Pierre
Simon Laplace ad affermare: «Un’intelligenza che, in un dato istante, potesse
conoscere lo stato dell’universo e fosse abbastanza grande da sottoporre questi
dati all’analisi, potrebbe ricavarne l’evoluzione dei più grandi corpi e
dell’atomo più leggero. Nulla risulterebbe incerto: avvenire e passato sarebbero
presenti ai suoi occhi».
Alla prova dei fatti, però, il sogno di Laplace si è rivelato illusorio: non solo il
libero arbitrio degli umani sembra porre limiti invalicabili alla previsione esatta,
ma la scoperta, compiuta dalla meccanica quantistica, che anche negli alveoli
della materia si annida un’indeterminazione ineliminabile, ha fatto svanire
l’illusione di una conoscenza perfetta del futuro oltre che nel campo delle
scienze esatte, pure in quelli della storia e della politica. Ma ai singoli individui
non interessa tanto il destino del mondo o dell’umanità, quanto il proprio
futuro, soprattutto immediato, e di ciò approfittano i ciarlatani. Molti
programmi televisivi ospitano regolarmente degli spacciatori di oroscopi e di
inganni: maghi, cartomanti, astrologhi affondano le proprie profezie in bacini
enormi di stupidità e, purtroppo, anche di miserie e sofferenze, pronte a nutrirsi
di qualsiasi spiraglio di miglioramento.
Si pone dunque la necessità di evitare confusioni tra magia e fede, tra
superstizione e devozione, tra illusione e speranza, per rifuggire dalla credulità
ma pure dall’apparentemente opposto fenomeno, mirabilmente descritto da lord
Gilbert Keith Chesterton, in base al quale, quando si diventa increduli,
«piuttosto che non credere a nulla, si crede a tutto». In proposito, è rischioso
indulgere a concezioni troppo sentimentali o folcloristiche della religione ed
omettere di distinguere i veri e rari miracoli da pratiche di guaritori e da rituali
oracolari, destinati a turlupinare persone disperate. «La nostra speranza - ha di
recente ricordato papa Benedetto XVI - non fa conto su improbabili pronostici.
I cattolici devono confidare solo nel Dio che in Cristo ha rivelato in modo
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compiuto la sua volontà di stare con l’uomo, di condividere la sua storia, per
guidarci tutti al suo Regno di amore e di vita. E questa grande speranza anima e
talvolta corregge le nostre speranze umane».
È tempo, allora, di ritornare alla serietà della scienza e alla purezza della
religione, evitando di ricorrere a surrogati che rovinano spesso non solo
l’anima, ma anche la vita reale di chi vi si affida. Cerchiamo di essere
consapevoli che solo il Vangelo offre una fede luminosa, che cancella il buio
della superstizione e apre la mente alla ragione e al Dio della fiducia, mentre
altri tacciono perché la loro ragione non conosce la fede e non sa reagire alla
superstizione.
? Vincenzo Bertolone
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