Effetto Obama. Verso il marketing meticcio?
di Enzo Mario Napolitano e Stella Scialpi
etnica, il network per l’economia interculturale
www.etnica.biz
4 novembre 2008
L’elezione di Barack Hussein Obama a Presidente della
maggior potenza mondiale economica e politica è destinata
a cambiare in tutto il mondo l’immagine dei colorati, la
rappresentazione offerta dai media e in generale tutto il
marketing.
Obama è dallo scorso gennaio il meticcio più famoso al
mondo: figlio di un nero e di una bianca, nato nelle
Hawaii, con una sorella per metà indonesiana, un cognato e
una nipote di origini cinesi.
Meticcio è un termine che, secondo Federico Faloppa (Parole
Contro, Garzanti, 2005) è apparso per la prima volta nel
XVI secolo proprio sul suolo americano come mestizo per
indicare chi nasceva da uno spagnolo e da un’india. In
precedenza il termine tardo latino mixticius era stato
utilizzato
da
secoli
per
indicare
l’incrocio
di
specie
animali e vegetali diverse.
Per alcuni Obama è troppo negro, per altri troppo bianco.
Ma per tutti rappresenta il Nuovo Seduttore: bello,
talentuoso, carismatico, elegante, affettuoso, postmoderno,
cool.
Come ha sancito Il Sole 24 Ore che, nel settembre
scorso, ha dedicato la prima copertina del mensile IL al
meticcio Barack.
Obama è anche la conferma vivente della validità del
melting pot. Il modello di società assimilazionista in cui
tutte le identità si fondono per formare una nuova identità
collettiva
in
continua
evoluzione.
Un
rappresentato nel 1964 da M. M. Gordon
modello
con la formula:
(Natives + African + Irish + Chinese + Indians + French +
Koreans + Welsh + Mexicans + Japenese + Russians +
Cambodians + Poles + Czechs + Vietnamese + All Other
Immigrants) + Time and/or Generations
=
American
Culture.
In queste ore le agenzie di comunicazione sono in preda al
Dilemma Obama: colorare le pubblicità prendendo spunto
dall’Oliviero Toscani di venti anni fa o restare fedeli al
paradigma della famigliola bianca, felice e benestante?
Avvisare le aziende clienti che finalmente possono iniziare
a svendersi agli immigrati?
Già da tempo molte realtà imprenditoriali e bancarie
italiane hanno iniziato a
meticciare le proprie offerte
inserendo nel design, nel packaging o nella comunicazione
vaghi riferimenti etnici.
L’approccio fusion ha contaminato negli ultimi anni molti
settori industriali e commerciali (moda, gastronomia,
arredamento, musica) e ancor più i format televisivi, a
partire, dal Grande Fratello 5 (fine 2004, inizi 2005) ove
la ricerca mirata dell’effetto melting pot era più che
evidente e dove ha dominato Jonathan Kashanian che si è
così descritto su La Repubblica del dicembre 2004: io mi
sento al top. Sono arrivato a Milano che avevo tre anni, ho
studiato qui, ho respirato la cultura italiana, adoro il cibo
e l’eleganza italiana. E sono lusingato che quest’Italia abbia
premiato uno come me: ebreo, israeliano e presunto gay.
Il
melting
affascinano
pot,
il
la
fusion,
cliente
la
mixitè,
mainstream,
il
gli
sincretismo,
garantiscono
esperienze seducenti ma innocue, gli consentono di sentirsi
parte di una comunità cosmopolita, neo-nomade, creativa,
bella e colorata. Una comunità priva di contrasti e conflitti,
dedita ad una vita piacevole ed estetizzante,
che vaga tra
le occasione di consumo, le esperienze, le appartenenze, le
identità. Una comunità riconosce e accogliente i migranti
ma solo se giovani, belli, colti … cool !
È il popolo nomade studiato e descritto dall’economia
Richard Florida (per ultimo: Who’s your city?, Basic Books,
New York, 2008) che attribuisce il successo di una città, di
un distretto, di un sistema alla capacità di far leva su
Tecnologia, Talento, Tolleranza e Territorio. La classe
creativa internazionale che ha assunto Obama quale icona,
musa e al contempo media crossmediale (vedi tra gli altri
www.crossmode.it)
Il melting pot è la risposta alle ansie e alle tensioni della
società multietnica e multireligiosa. Un approccio molto
meno faticoso e molto più cool della incomprensibile e
noiosa società interculturale.
Ma il meticciamento non può però essere liquidato con
snobismo come un fenomeno di tendenza. È un fenomeno
antico quanto l’uomo che rappresenta il primo luogo di
contatto tra culture che si percepiscono diverse.
Come sottolineato da Giuseppe Minoia di GFK Eurisko, in
occasione del convegno Welcome Marketing tenutosi a Biella
lo scorso 31 ottobre,
la fusione tra culture è uno dei
fenomeni in atto e “dobbiamo ipotizzare (la storia lo
insegna) che si stiano verificando fusioni che riguardano
anche la nostra cultura, i nostri riti e stili di vita e
consumo: dall’area food e beverage, al vestire, ai modi di
intendere
i
consumi
culturali,
d’entertainment
e
d’esperienza. I “nomadi” che migrano sino a noi sono
portatori di culture e ritualità che non possono non
fondersi con le nostre. Il meticciato riguarderà il DNA delle
famiglie, ma anche dei prodotti di consumo e di servizio.
Anche i consumatori italiani cambieranno (stanno già
cambiando) nei desideri e nei bisogni, stimolati dal fascino
e dal mistero delle culture “nuove”. Le nuove culture, frutto
di fusione, meticciamento e scambio, dovranno essere
intercettate per evitare ritardi da marketing miopia.”
Il marketing meticcio appare dunque destinato a
conquistare sempre nuovi e vasti spazi tra gli italiani ma
anche tra i nuovi italiani come confermato da Rissa
Kourouma, giovane giornalista di Yalla Italia il mensile di
Vita scritto dai giovani musulmani, secondo cui, la moda
del futuro potrebbe rivelarsi etno-fusion ed etno-
democratica perché accontenterà tutti: religioni, colori,
etnie, gusti, genitori, figli e taglie.
Un approccio, che pare incontrare e interpretare le
sensibilità dei giovani migranti che ne fanno occasione di
normalità, socialità e divertimento. I format meticci
consentono ai giovani di vivere, con maggiore leggerezza, la
molteplicità
di
identità,
appartenenze,
lealtà
e
responsabilità.
La fusion attira e rassicura il cliente mainstream, in
particolar quando si limita all’estetica multietnica su cui si
fonda storicamente la strategia di marketing di Benetton
impostata da Oliviero Toscani ma anche quella del marchio
italiano Meltin’Pot, lanciato nel 1993 e che nel 2007 ha
sviluppato un fatturato di circa 80 milioni d’euro.
In tale contesto le aziende italiane possono permettersi di
sperimentare offerte creolizzate riducendo al minimo il
rischio di contaminazione e senza perdere la fiducia della
clientela maggioritaria e successivamente procedere a
meticciare, con prudenza, tutte le caratteristiche dell’offerta
– prodotto, servizio, luogo, media, esperienza - che viene
(ri) progettata miscelando porzioni di culture altre. Come
ha fatto la Barilla, marchio simbolo della tradizione
italiana, lanciando il Cous Cous Barilla come modo nuovo
e originale, moderno e contemporaneo di mangiare e
diventando main sponsor dell’undicesima edizione del Cous
Cous Fest tenutosi a fine settembre 2007 a San Vito Lo Capo.
Il cous cous sinora considerato il cibo etnico per
eccellenza nonostante sia stato introdotto in Italia a partire
dal VI secolo – ora, finalmente, entra a pieno titolo nella
tradizione italiana su cui Barilla fonda la propria
strategia.
Obama è diventato l’icona globale del meticciato cool&soft
in grado di promuovere il cambiamento ma anche di
rassicurare. Il sogno di tutti i professionisti della
comunicazione e del marketing!
La vittoria di Obama, meticcio e figlio di immigrati,
offrirà agli oltre 800 mila giovani migranti italiani (la
cross generation) motivazioni, entusiasmi, spazi e occasioni
per mettere alla prova il proprio talento. Come accaduto a
Malika Ayane, nata 24 anni fa a Milano da padre
marocchino e madre italiana, che ha appena pubblicato il
suo primo cd con la Sugar.
Probabilmente il marketing del futuro risulterà sempre
meno mono e inizierà a (multi) colorarsi progressivamente.
Un marketing gioiosamente meticcio e in continua
evoluzione. Che ci auguriamo risulti in grado di
coinvolgere e valorizzare anche la cross generation.