IL DOLORE NELL`ANZIANO

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IL DOLORE
NELL’ANZIANO
Caratteristiche, diagnosi e trattamento
Manuel Ventura
SC di Geriatria
SS di Lungodegenza
PRESUPPOSTI
Stephen W. Arkins
FISIOPATOLOGIA DEL DOLORE
La modulazione del dolore è “a doppio senso”:
produzione di analgesia
intensificazione del dolore (stress e depressione)
Lo stress induce un meccanismo “bifasico”: iniziale innalzamento della soglia
(Stress Induced Analgesia, SIA), seguito da abbassamento patologico.
La depressione è legata in modo controverso al dolore (disturbi depressivi
secondari al dolore o dolore come sintomo di depressione endogena?).
Molti aspetti neurochimici sembrano accomunare dolore e depressione (componente
serotoninergica del sistema monoaminergico).
Nell’anziano: fattori psico-sociali (stato di stress cronico) possono interagire con il
processo di invecchiamento cerebrale che sembra alterare la funzione
serotoninergica.
CLASSIFICAZIONE DEL DOLORE
ACUTO: causa facilmente associabile, stato ansioso associato, attivazione del
sistema simpatico.
CRONICO: durata maggiore di 6 mesi, perdita della funzione biologica di
adattamento, associato facilmente a depressione.
NOCICETTIVO: proporzionato alla continua attivazione delle fibre nervose
della sensibilità dolorifica (somatico o viscerale; buona risposta ad analgesici e
trattamenti non farmacologici).
NEUROGENO: dovuto a processo patologico organico interessante le vie
nervose afferenti (utile l’aggiunta di adiuvanti, come anticonvulsivanti e
tricliclici).
PSICOGENO: intensità e invalidità sproporzionate alla causa somatica
supposta responsabile.
ESISTE UNA PRESBIALGIA?
INVECCHIAMENTO E DOLORE ACUTO
MODELLI SPERIMENTALI
Soglia del dolore: aumentata o non modificata
Soglia comportamentale al dolore: aumentata o non modificata
Soglia di tolleranza al dolore: diminuzione
MANCANO STUDI LONGITUDINALI e RIPRODUCIBILI
In realtà concomitano molteplici variabili (storia personale, contesto e natura
dell’esperienza, informazione).
Alcune evidenze propendono per una presentazione dolorosa acuta “atipica”
nell’anziano (IMA silente; ulcera peptica; addome acuto).
L’effetto dell’invecchiamento “di per sé” sulla percezione del dolore sarebbe da
considerare nullo, anche se è del tutto giustificato e prudente tenere in considerazione
la presentazione dolorosa atipica come manifestazione di malattia acuta nell’anziano.
INVECCHIAMENTO E DOLORE CRONICO
Numerosi studi evidenziano un aumento delle visite per dolore di non
recente insorgenza.
Le cause più frequenti di dolore nei giovani-adulti (emicrania, cefalea,
malattia ulcerosa, dolore addominale, dolore dorsale) diminuiscono con
l’età, mentre aumentano quelle associate a processi degenerativi muscoloscheletrici, fratture ossee, sistema CV, Herpes zoster.
Il dolore cronico e la disabilità conseguente sono fra le cause più importanti
di scadente qualità di vita, ridotto benessere e depressione nell’anziano.
Per quanto riguarda il dolore neoplastico non sembrano emergere
significative differenze per intensità e possibile presenza di dolore
neuropatico o acuto incidentale nelle diverse fasce di età
INVECCHIAMENTO E DOLORE CRONICO
Le sensazioni nocicettive acute provenienti da strutture profonde
sono ridotte nel paziente anziano, ma nel contempo appare aumentata
la frequenza del dolore cronico proveniente dalle stesse strutture (Es:
alta frequenza di infarto miocardico acuto silente ed aumento
dell’incidenza di angina da sforzo).
Le differenze età-dipendenti nella percezione del dolore non
sono probabilmente espressione di un danno recettoriale (come nella
presbiacusia), o di un’alterata accomodazione dello stimolo
(presbiopia), ma sono conseguenza di un processo più complesso che
coinvolge le vie nervose di trasmissione, le valutazioni e
rappresentazioni cognitive, lo stato sociale e la storia stessa del
dolore.
DEFICIT COGNITIVO E PERCEZIONE DEL
DOLORE
Rilevanti lacune in letteratura (nonostante deficit cognitivo e dolore cronico
aumentino entrambi con l’età)
retaggi culturali
difficoltà di valutazione oggettiva
Farrel: 60% di 217 pazienti (MMSE medio 12.1) con dolore osteoarticolare
e diagnosi certa di osteoartrite nel 70%.
Marzinski: 43.3% dei ricoverati in un Centro Alzheimer con riferite o
accertate condizioni potenzialmente algogene.
DEFICIT COGNITIVO E PERCEZIONE DEL
DOLORE
Non sussiste alcuna ragione per credere che con la demenza non si
manifestino condizioni dolorose e non si attivino le vie afferenti sensoriali.
In realtà diminuisce la capacità espressiva
sottostima!
E’ indispensabile sostituire la modalità espressiva tradizionale con altre
altrettanto significative:
presenza di familiare attento alle minime manifestazioni possibili di
dolore
utilizzo di indicatori non verbali (espressione del viso, atteggiamenti
motori, respirazione difficoltosa, irrequietezza)
DEFICIT COGNITIVO E PERCEZIONE DEL
DOLORE
Esistono comunque differenze percettive tra le diverse forme di demenza
Alzheimer:
minor componente affettiva-emotiva del dolore (coinvolgimento di amigdala ed ippocampo)
uguale componente discriminativa-sensoriale (aree somatico-sensitive corticali preservate)
disturbi mnesici così gravi da impedire il ricordo del dolore
“Soggetti affetti da M. di Alzheimer con fratture di femore completamente indifferenti al
dolore continuavano a camminare nonostante la frattura”
Fisher et al. Age Ageing 1997; 26:497-500
Demenze vascolari:
la percezione dipende dalla localizzazione delle lesioni, potendo essere aumentata per deafferentazione di diverse regioni cerebrali.
Benedetti et al. Pain 2004
PRINCIPALI CAUSE DI DOLORE NELL’ANZIANO
Malattie degenerative del tessuto articolare
Artriti
Osteoporosi con compressione/fratture
Vasculopatie periferiche
Diabete
Tumori
Immobilità
Contratture
Ulcere da pressione
Amputazioni
Sclerosi multipla
IMPATTO E CONSEGUENZE DEL
DOLORE
Disturbi del comportamento espressivo e motorio (delirium)
Turbe del sonno
Disturbi nei rapporti sociali e familiari
Causa di ospedalizzazione
Causa di polifarmacoterapia
Depressione ed irritabilità
Riduzione dei livelli di attività = perdita di dipendenza nelle attività
quotidiane
Riduzione della qualità di vita
ANZIANI E ANALGESIA
Gli anziani costituiscono una categoria di pazienti ad alto rischio di
sotto-trattamento analgesico.
Idee comuni:
La sensibilità e la percezione del dolore si riducono con l’invecchiamento e
con l’età aumenta la soglia di tolleranza al sintomo.
I soggetti con decadimento cognitivo e demenza percepiscono il dolore in
misura minore rispetto ai cognitivamente integri.
La terapia analgesica con oppiodi è gravata da effetti collaterali troppo
frequenti e pericolosi.
Troppe variabili farmacodinamiche e farmacocinetiche.
Multiterapie.
ANZIANI E ANALGESIA
“Il dolore geriatrico è sottostimato e sottotrattato”
Bernabei R et al. JAMA 1998; 279: 237-249
Landi F et al. “Pain management in frail, community-living elderly
patients”. Arch Int Med 2001; 161: 2721-2724
Studio su 3046 paziente con età maggiore di 65 anni in 12 programmi di
cure domiciliari in Italia
65-74
75-84
> 85
dolore
40%
49%
41%
patologie
2.7
3.3
3.5
terapia
3.6
3.6
3.3
Il Paziente anziano non racconta il proprio
dolore
Paura di essere sottoposto ad indagini diagnostiche
Paura delle medicine
Paura della causa del dolore
Il medico è troppo impegnato
Nulla può essere o sarà fatto (senso di fatalismo-rassegnazione età-relato)
Livello socio-culturale basso
Disponibilità finanziarie (fascia C)
GESTIONE DEL DOLORE CRONICO
Influenzata da 3 parametri:
1. Frequente età avanzata del paziente
2. Natura cronica del trattamento con possibili effetti collaterali
connessi alla somministrazione long-term
3. Elevati rischi di interferenze con altri farmaci non sospendibili
Modificazioni fisiologiche nel soggetto anziano:
Riduzione dell’efficienza del fegato e del flusso ematico
Riduzione della perfusione e della funzionalità renale
Decremento della massa corporea e del volume d’acqua
Riduzione della concentrazione delle proteine plasmatiche
Riduzione del numero dei recettori per i farmaci e minore attività dei
farmaci ai siti recettoriali
FARMACI DEL DOLORE: ANALGESICI
NON OPPIACEI
Analgesici puri: paracetamolo
tramadolo
FANS: derivati dell’acido acetilsalicilico
derivati oxicamici
derivati dell’acido acetico
derivati dell’acido propionico
fenamati
altri
Altri: antidepressivi triciclici
anticonvulsivanti
antidepressivi SSRI
GABA-ergici
NMDA-antagonisti
ANALGESICI PURI NELL’ANZIANO
Paracetamolo:
proprietà analgesiche ed antipiretiche, non antiinfiammatorie.
Picco di concentrazione plasmatica in 30-60’; emivita di 2 h.
Metabolismo epatico
Scelta prudente nell’anziano per assenza di gastrolesività
Tramadolo:
Azione sui recettori degli oppioidi (dolore centrale) + inibitore della ricaptazione
della serotonina e della noradrenalina (dolore neuropatico)
Azione entro 1 h dall’assunzione per os; effetto per 3-6 h (24 h)
Effetti collaterali: nausea/vomito; confusione.
La somministrazione di tramadolo in aggiunta ai FANS nel dolore di origine osteoarticolare permette una netta riduzione del dosaggio di questi ultimi (70-80%), con
notevoli vantaggi sulla gestione long-term.
FANS NELL’ANZIANO
Moltepicità di formulazioni che consentono svariate vie di somministrazione
EFFETTI AVVERSI:
Apparato gastro-intestinale:
Sanguinamento, ulcerazioni, perforazioni, occlusioni.
Il rischio in generale è dell’1%, ma aumenta al di sopra dei 65 anni.
Utile profilassi per gastroprotezione (anziani, TAO, terapia corticosteroidea).
Sistema nefrovascolare:
Edemi, ipertensione ed IRA (anziani, ACE-inibitori, disfunzioni preesistenti).
Negli anziani possono causare peggioramento di uno stato congestizio.
Alterazioni dell’emostasi:
Aumento del tempo di sanguinamento.
ANALGESICI OPPIACEI NELL’ANZIANO
CLASSIFICAZIONE:
Deboli:
Forti:
Codeina (agonista parziale)
Morfina (agonista puro)
Tramadolo
Fentanyl (agonista parziale)
Destropropossifene (agonista parziale)
Ossicodone (agonista parziale)
Metadone (agonista puro)
Un agonista parziale somministrato insieme ad un agonista puro può diminuirne gli
effetti.
Gli agonisti puri non dovrebbero mai essere sostituiti con agonisti parziali
(possibile il contrario).
Gli agonisti-antagonisti (Pentazocina) sono poco maneggevoli e non vengono più
utilizzati.
ANALGESICI OPPIACEI NELL’ANZIANO
EFFETTI AVVERSI:
Stipsi:
Presente in oltre il 70% dei pazienti.
Aggravata da: scarsa introduzione di liquidi, dieta povera di fibre, scarsa mobilità.
Prevenzione: introduzione almeno 1 settimana prima di alimenti ricchi di fibre,
adeguata idratazione, utilizzo eventuale di lattulosio.
Possibile la sostituzione con altro analgesico oppiaceo, l’impiego di diversa via di
somministrazione o l’utilizzo di Naloxone per via orale.
Nausea e vomito:
Nel 25-30% dei pazienti; causati dalla stimolazione della zona trigger
chemorecettrice, dal ritardato svuotamento gastrico e dall’aumentata eccitabilità
vestibolare.
Trattamento: antiemetici antidopaminergici (metoclopramide e levosulpiride);
cambio dell’oppiaceo o della via di somministrazione.
ANALGESICI OPPIACEI NELL’ANZIANO
EFFETTI AVVERSI:
Xerostomia:
Nel 50% dei pazienti.
Prevenzione: adeguata igiene orale.
Trattamento: prodotti sostitutivi della saliva; adeguata idratazione.
Attenzione alla co-somministrazione di anti-colinergici!
Effetti endocrini:
Più o meno rilevanti in correlazione all’età del paziente.
Aumento della secrezione di prolattina e riduzione della produzione di gonadotropine.
Alterazione della secrezione dell’ormone della crescita.
Alterazione dell’asse ipotalamo
ipofisi
surrene.
Tolleranza:
Ridotta durata dell’analgesia, soprattutto nelle prime settimane di trattamento
Prevenzione: rotazione delle molecole utilizzate o della via di somministrazione
ANALGESICI OPPIACEI NELL’ANZIANO
EFFETTI AVVERSI:
Dipendenza fisica/psichica:
Crisi d’astinenza: dolore, agitazione, diarrea, irritabilità.
Depressione respiratoria:
Rara, per rapido sviluppo di tolleranza fisica del centro del respiro.
Attenzione alle condizioni preesistenti (BPCO, enfisema)!
Antidoto: Naloxone.
Sonnolenza e confusione:
Più frequenti nei soggetti anziani, soprattutto nelle prime giornate di trattamento.
Se somministrati correttamente e titolati all’effetto, gli effetti collaterali degli
oppioidi sono minimi e prevenibili anche nei soggetti anziani
Negli anziani il rischio di accumulo è maggiore (molto elevato con FG < 30
ml/min)
consigliabile utilizzare dosi più basse ed evitare oppioidi a lunga
emivita.
DOLORE E DEPRESSIONE
Prima l’uovo o la gallina?
Dolore e depressione vanno trattati insieme (potenziamento reciproco)
Sintomi fisici sono componenti nucleari della diagnosi di disturbo depressivo
maggiore (DSM IV TR.).
Più aumenta il numero dei sintomi somatici lamentati e la loro durata nel tempo,
maggiore è la probabilità che derivino da una sintomatologia depressiva.
(Kroenke et al.)
STUDIO CENTRO DI SALUTE MENTALE DI
GENZANO (Roma)
Hamilton Depression Scale per i 3
gruppi prima del trattamento
Hamilton Depression Scale per i 3
gruppi dopo il trattamento
83 Pazienti
3 gruppi: 1. sostegno psicologico
2. S.S.R.I (sertralina, paroxetina, citalopram, escitalopram)
3. venlafaxina (noradrenergico + serotoninergico centrale)
(14/10/2009)
ANTIDEPRESSIVI ED ANZIANO
SSRI (Selective Serotonin Reuptake Inhibitors):
antidepressivi di scelta
efficaci quanto gli antidepressivi triciclici, minore tossicità
Fluoxetina: lunga emivita di eliminazione
Paroxetina: maggior effetto sedativo, azione anticolinergica, inibizione Cyt P-450 2D6
Sertralina : maggiormente attivante (diarrea).
Le dosi di questi farmaci devono essere ridotte fino al 50%.
Antidepressivi triciclici:
sono efficaci
quelli con i minori effetti collaterali sono da preferire negli anziani
quelli con significativi effetti anticolinergici (amitriptilina, imipramina), antistaminici
(doxepina) e antidopaminergici (amoxapina) sono da evitare.
Nortriptilina e Desipramina: più affidabili, bassa potenza anticolinergica ,tossicità cardiaca
e neurologica
Nortriptilina: minore azione di blocco a-adrenergico (ipotensivo).
ANTIDEPRESSIVI ED ANZIANO
Trazodone: utile nei pazienti agitati, bassa potenza anticolinergica meno
cardiotossico, priapismo.
Bupropione: non cardiotossico, convulsioni.
Mirtazapina, Nefazodone, Venlafaxina: riservati ai pazienti che non rispondono
agli SSRI o che non li tollerano.
Metilfenidato: può essere utile per il trattamento di pazienti anziani selezionati
affetti da depressione che hanno avuto un ictus o che hanno una patologia di tipo
medico. L'inizio dell'azione del farmaco è rapido.
ANTIDEPRESSIVI E DOLORE
Gli antidepressivi triciclici sono trattamenti efficaci per il dolore e la depressione;
gli SSRI sembrano fornire un beneficio minore.
Duloxetina e Venlafaxina (SNRI):
inibitori della ricaptazione della serotonina e della norepinefrina
hanno mostrato in studi clinici di alleviare il dolore ed i sintomi depressivi
si sono dimostrate utili nella neuropatia diabetica ed in alcune forme di dolore
cronico
Gli antidepressivi rimangono farmaci elettivi per la depressione ed i disturbi
ansiosi, tuttavia il loro uso può essere esteso al dolore cronico, alla depressione
associata a dolore fisico e al dolore fisico con o senza depressione. (Xagena_2007 )
IL DOLORE NEUROPATICO
Causato da malattia o danno del sistema somatosensoriale:
distribuzione metamerica
dolore spontaneo
caratteristiche particolari (parestesie, bruciore, punture)
Cause più frequenti: neuropatia diabetica
radiculopatie
Vengono frequentemente prescritti FANS, nonostante i rischi potenziali e la scarsa
efficacia
In realtà richiede un differente approccio terapeutico rispetto al dolore
nocicettivo: anticonvulsivanti
antidepressivi
TRATTAMENTO DEL DOLORE
NEUROPATICO
Antidepressivi:
Amitriptilina: inibizione della ricaptazione noradrenergica e serotoninergica
attività analgesica ed elevazione dell’umore
effetti collaterali anticolinergici (tachicardia, ritenzione urinaria)
Nortriptilina: efficacia analoga con minori effetti collaterali.
SSRI: non hanno effetti analgesici diretti.
Venlafaxina: effetti benefici.
Antiepilettici:
Carbamazepina (fenitoina, valproato): nevralgia del trigemino
tossicità epatica, anemia aplastica
Gabapentin (levetiracetam, lamotrigina, topiramato: minori effetti collaterali
Notevole variabilità e soggettività d’azione
TRATTAMENTO DEL DOLORE
NEUROPATICO
Oppiacei:
A dosaggi molto elevati
Devono essere usati in base al singolo caso ed interrotti se inefficaci o in caso di
effetti collaterali non tollerati
Terapie topiche: se aree di dolore molto localizzate (lidocaina, capsaicina)
Fisioterapia: contro gli spasmi muscolari
Tecniche neurolesive: solo per pazienti con aspettativa di vita < 12 mesi
Tecniche di stimolazione: possono perdere efficacia nel tempo
Psicoterapia
DOLORE E UDD
Causato dai recettori delle strutture sottostanti l’epidermide (meccanico e
neuropatico)
protezione della lesione
cambi di postura
Analgesici
Con una medicazione avanzata si ottiene anche il controllo sulla sintomatologia
dolorosa, in quanto pare prevenga la disidratazione ed il raffreddamento delle
terminazioni nervose.
La riduzione del dolore è un fattore favorente il processo di guarigione delle ferite
poichè in presenza di un dolore elevato si manifesta il fenomeno dellla
vasocostrizione che provoca una diminuzione delll'apporto di ossigeno e delle
sostanze necessarie al processo riparativo nella zona interessata dalla lesione.
UTILIZZO COMUNE DEGLI
ANALGESICI:
il paracetamolo è il più usato, ma a basse dosi ed al bisogno
i FANS sono prescritti a dosi elevate e continuativamente
gli oppioidi sono utilizzati a basso dosaggio
Won et Al., JAGS 2004
S
te
p
St
e
St
ep
1
p
2
3
SCALA OMS E DOLORE CRONICO
Step 1 (dolore lieve): Paracetamolo e/o FANS
Step 2 (dolore moderato): Oppioidi deboli +/- Paracetamolo
Step 3 (dolore grave): Oppioidi forti
LINEE GUIDA AGS (2002)
1. Miglior analgesico per l’individuo:
inizialmente un solo farmaco
individualizzazione del farmaco (dolore, intensità, stato di malattia,
avverse).
reazioni
2. Classi di farmaci dettate dalla scala OMS.
3. Più bassa dose efficace e schedula più semplice.
4. Oppioidi in caso di dolore da moderato a severo.
5. Via meno invasiva (via orale, rettale e transdermica); non via intramuscolare. In casi
selezionati: EV, SC, PC.
6. Dosi ad orario + dosi ulteriori per controllare il dolore se necessarie.
7. Prevenzione degli effetti collaterali (rotazione degli oppioidi o della via di
somministrazione).
8. Metodiche invasive solo per casi realmente resistenti.
”Oppioidi e Gestione del Dolore Cronico Grave negli
Anziani: documento di consenso di un Panel di esperti sui
sei farmaci più utilizzati del terzo gradino OMS” (2008)
Preferibili preparazioni a lento rilascio (aiutano la compliance dei pazienti, v. sistemi
transdermici).
Nel dolore oncologico la Morfina è il farmaco più sperimentato; Fentanyl e Buprenorfina
presentano profili di tollerabilità ed efficacia analogamente buoni.
Nel dolore non oncologico buona efficacia, ma mancano studi specifici nell’anziano.
Nel dolore neuropatico sono necessarie dosi più elevate; l’introduzione precoce in terapia è
preferibile.
In caso di compromissione della funzionalità epatica e renale sono raccomandabili (ad
eccezione della Buprenorfina) la riduzione delle dosi, un aumento dell’intervallo di
somministrazione ed un attento monitoraggio della clearance creatininica.
La Buprenorfina è l’unico oppioide ad evidenziare un tetto nella depressione respiratoria.
Esistono alcune indicazioni che alte dosi di oppioidi correlino con aumentati effetti
immunosoppressivi (tranne la Buprenorfina). Ma anche il dolore causa immunosoppressione!
Una titolazione lenta aiuta a ridurre l’incidenza dei tipici effetti avversi iniziali (nausea e
vomito).
IN GENERALE
Opportuno seguire la prescrizione di un farmaco alla volta.
Consapevolezza dei possibili effetti additivi di una multiterapia.
Dosi relativamente basse.
Utile perseverare nei tentativi farmacologici per un adeguato periodo di tempo
con dosi basse e lentamente incrementate.
Intervallo sufficientemente lungo tra l’introduzione dei vari farmaci per
consentire la valutazione degli effetti
ALTRI TRATTAMENTI ANALGESICI
TENS
ANESTESIA
infiltrazione dei trigger points
blocco dell’innervazione simpatica periferica
NEUROCHIRURGIA
neuroablazione
neurostimolazione
neurofarmacologia
TRATTAMENTO FISIATRICO
PSICOTERAPIA
MANOVRE (massaggi, posizionamenti, elevazione estremità…)
IPNOSI
GRAZIE PER L’
L’ATTENZIONE !
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