la vaccinazione antinfluenzale nello sport

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LA VACCINAZIONE ANTINFLUENZALE NELLO SPORT
del Prof. Cesare Dacarro, con un colloquio con il Dott. Bruno Sgherzi
Influenza: un termine strano per indicare una malattia infettiva. “Le immense
code o chiome delle comete non possono forse versare le influenze loro sui pianeti
presso cui passano?” Così si pensava nel 14° e 15° secolo quando, appunto, si
credeva che i virus si formassero nelle galassie e cadessero sulla terra come se
fossero polvere di stelle. In assenza di ogni certezza sull’origine e sulle effettive
possibilità di prevenzione della malattia, allora, restava la convinzione che “ad
abbreviare la convalescenza gioveranno l’aria di campagna e le cure tonicoricostituenti”. Le epidemie provocate da questa malattia, nel corso del ventesimo
secolo, hanno causato milioni di morti e gravi perdite economiche in tutto il
mondo. Probabilmente la più grave pandemia è stata quella che si è verificata nel
1918-19, chiamata spagnola, che ha ucciso più di 20 milioni di persone.
Oggi il termine influenza è di uso comune per indicare ogni malattia respiratoria
acuta. Nell’influenza non complicata la febbre può essere presente fino ad un
massimo di 7 giorni. Il virus viene trasmesso per contatto diretto o per via aerea
attraverso secrezioni respiratorie infette. Si replica quindi nella mucosa
respiratoria causando necrosi delle cellule delle vie respiratorie superiori, della
trachea e dei bronchi. Si dice che l’influenza è una malattia che non cambia,
provocata da un virus mutevole. La variabilità genetica ed antigenica del virus è
straordinaria: per questo i virus continuano a cambiare le loro caratteristiche e
non trovano ostacoli nella loro diffusione poiché la popolazione, di fronte a queste
variazioni, si trova spesso quasi completamente sensibile all’infezione. La
possibilità di modificare il proprio genoma deriva anche dalla capacità dei virus
influenzali di infettare gli animali, uccelli e mammiferi compresi.
I vaccini rappresentano uno dei più efficaci strumenti a disposizione della
medicina preventiva per impedire la diffusione di molte malattie infettive.
Attualmente il CDC (Center for Disease Control and Prevention) elenca 28
infezioni prevenibili con la profilassi vaccinale. Nel caso dell’influenza, un atleta
che pratica agonismo a buon livello, può essere esposto, quando contrae
l’infezione, ad una sospensione della preparazione che può compromettere anche
buona parte dei programmi della sua attività agonistica. Per gli atleti alcuni
Autori suggeriscono di adottare programmi globali di prevenzione per ridurre i
rischi derivanti dalle malattie infettive (C. Signorelli et al. 2011; M. Brozzi et al.
2012), anche mediante la vaccinazione. Tuttavia, com’è noto, le vaccinazioni
incontrano spesso ingiustificate critiche. Nel caso del vaccino antinfluenzale è
necessario chiarire alcuni aspetti correlati alle sue caratteristiche: ci può essere
d’aiuto leggere il foglio illustrativo di un prodotto in commercio presso le farmacie.
Intanto, il foglietto dice che: “il vaccino aiuta a proteggere dall’influenza”, non
garantisce quindi l’immunità. Poi è bene sapere che la composizione del vaccino
viene suggerita da WHO nel mese di febbraio per la stagione successiva. In
pratica, più di 100 laboratori diffusi in tutto il mondo identificano i ceppi virali
circolanti per indicare con grande anticipo la composizione del vaccino alle ditte
produttrici. Pe quest’inverno la composizione prevista è la seguente.
• A/California/7/2009 (H1N1)pdm09-like virus;
• A/Victoria/361/2011 (H3N2)-like virus;
• B/Wisconsin/1/2010-like virus (from the B/Yamagata lineage of viruses).
Il vaccino contiene antigeni purificati provenienti da tre differenti virus
influenzali: due di tipo A e uno di tipo B. La sigla che li contraddistingue indica
poi il luogo e l’anno in cui sono stati isolati per la prima volta e le caratteristiche
antigeniche (H1N1, ecc.). Mentre il ceppo H1N1 è uguale a quello incluso nel
vaccino dell’anno scorso, i ceppi H3N2 e B sono differenti. WHO prevede quindi
che quest’inverno l’influenza possa essere causata da virus contro i quali la
popolazione, anche quella vaccinata, non abbia sviluppato una adeguata
immunità. I fogli illustrativi indicano che, come per tutti i farmaci, il vaccino può
provocare effetti indesiderati, sebbene non tutte le persone li manifestino; non
deve essere somministrato se il soggetto è allergico ai componenti del vaccino. Nel
caso del vaccino antinfluenzale: alle uova, alle proteine di pollo o agli eccipienti.
Gli effetti indesiderati sono tuttavia rari e di modesta entità e scompaiono senza
trattamenti entro 1-2 giorni. Nel corso di grandi avvenimenti sportivi come le
Olimpiadi il rischio di eventi epidemici di influenza è elevato. Numerosi casi di
influenza sono stati descritti soprattutto nel corso delle Olimpiadi invernali. La
Società Italiana di Igiene suggerisce di far riferimento, anche per gli sportivi, alla
proposta di calendario vaccinale per adulti che prevede 1 dose all’anno di vaccino
antinfluenzale (raccomandato in presenza di fattori di rischio clinico,
epidemiologico, occupazionale, viaggi internazionali, stile di vita od altro).
Quindi, vaccinazione sì o no? Poniamo la domanda al Dott. Buno Sgherzi, medico
sportivo del CUS, per anni responsabile sanitario dell’Atalanta nonché allenatore
di atletica leggera.
Dott. Sgherzi, cosa ne pensa del vaccino antinfluenzale per gli atleti?
Di regola il vaccino andrebbe riservato a tutte le persone fragili, quali gli anziani
ed i malati cronici in precarie condizioni di salute, i bambini con asma, i medici e
gli infermieri addetti alla assistenza di pazienti ad alto rischio. Gli atleti godono
solitamente di ottima salute. E’ uso delle società professionistiche vaccinare i
propri atleti al fine di garantire una continuità delle prestazioni, anche se bisogna
considerare che la vaccinazione produce in un certo numero di casi qualche
reazione infiammatoria locale, anche dolorosa e sintomi attenuati dell’influenza
medesima. Certo è che la vaccinazione di un’intera squadra evita il diffondersi
concomitante della malattia, fatto che può creare grossi problemi all’allenatore.
Ci sono altri vaccini che potrebbero essere consigliati, come quello contro lo
Pneumococco.
Lo pneumococco è la principale causa di otiti medie del bambino e di polmoniti
nell’anziano. E’ consigliabile perciò vaccinare elettivamente queste due categorie.
Anche lo sport ad alto livello, in special modo gli sport di resistenza estremi, quali
l’ultramaratona, che comprende gare fino a distanze di 200 Km, può indurre un
abbassamento delle difese immunitarie e favorire l’infezione pneumococcica, (oltre
ad una serie di altre patologie da esaurimento dei substrati). In questi atleti è
ipotizzabile un beneficio da questo tipo di vaccinazione, anche se il consiglio
migliore sarebbe quello di ridurre il numero di ultramaratone corse nell’anno a
non più di 3 o 4.
Quali metodi di prevenzione consiglierebbe in alternativa alla vaccinazione?
Abbigliamento congruo, una dieta equilibrata, una programmazione
dell’allenamento con carichi e scarichi ben dosati, l’astensione dal fumo e dalle
bevande superalcooliche sono i migliori pre-requisiti per non ammalare di
influenza o per superarla meglio e prima.
Particolare attenzione si deve poi porre al contatto con una persona, quando ci si
accorge che questa mostra i sintomi dell’influenza: evitare il più possibile il
contatto ravvicinato e lavarsi le mani e il viso dopo averla salutata.
Una dieta ricca di agrumi e la supplementazione alimentare con vitamina C
sembrano favorire la produzione di interferone che è in grado di ridurre la
capacità dei virus di replicarsi.
Una grandissima atleta, di cui ovviamente non faccio il nome, ha utilizzato
preparazioni omeopatiche. Cosa ne pensa?
L'omeopatia si basa sul principio di poter indurre nell'organismo stimoli simili a
quelli delle malattie che si vogliono combattere, con dosi di sostanze
(medicamenti naturali) assai piccole, incapaci di produrre l'entità dei disturbi
della malattia ma teoricamente in grado di indurre l'organismo a creare delle
difese specifiche. Se vogliamo, il principio è più o meno lo stesso ipotizzato e
sperimentato da Jenner a cavallo tra il 18mo e il 19mo secolo, quando ottenne il
primo vaccino, contro il vaiolo. L'efficacia del vaccino fu provata: il vaiolo fu
debellato. Non altrettanto si può dire della omeopatia dalla quale stiamo ancora
aspettando risultati concreti.
Quali sono gli atleti maggiormente esposti alle infezioni delle vie respiratorie;
l’incidenza di queste patologie è in aumento?
Non vi sono statistiche disponibili che ci consentano di affermare che un atleta è
predisposto ad ammalarsi di infezioni respiratorie più di un altro. E’ ragionevole
pensare che atleti quali i fondisti e i maratoneti, che compiono un’attività
ventilatoria protratta in condizioni di freddo intenso nel periodo invernale
possano essere più soggetti ad infezioni respiratorie. Ma è altrettanto ragionevole
considerare la rischiosità di un posto chiuso, come le palestre affollate nel periodo
invernale, se non adeguatamente ventilate. Questo è uno dei tanti problemi
affrontati dal CUS Bergamo per l’ottenimento della certificazione QIS (Qualità
Impianti Sportivi) del CONI: al centro di Dalmine si tiene sotto controllo, oltre al
ricambio d’aria, anche temperatura, umidità e concentrazione degli utenti
durante tutto l’orario di apertura. Questa è la prevenzione ambientale di cui
sentiremo parlare sempre più in futuro.
Le patologie da raffreddamento non sono in aumento statistico ma dipendono
dalle temperature stagionali e dalla virulenza degli agenti patogeni.
Per quanto riguarda l’asma, invece, secondo l’Oms, questa aumenta del 50% ogni
decennio, e sembra quasi sicuramente essere correlato ai fenomeni di
urbanizzazione, soprattutto quando questo significa un aumento di densità di
persone nelle periferie degradate. C’è quindi una crescente tendenza a vivere gran
parte del tempo in ambienti chiusi con poca circolazione di aria, più esposti alla
polvere e agli acari e inseriti in situazioni urbane dall’elevato tasso di
inquinamento. Sull’incremento dell’incidenza dell’asma sembrano però pesare
anche altri elementi, come l’aumento dell’obesità e il ridotto esercizio fisico.
Il Prof. Cesare Dacarro, docente di Microbiologia presso l’Università degli Studi di
Pavia, è Presidente del C.U.S. Pavia
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