Ethos e Pathos – XI Convegno Interassociativo – Villa Pace di Gussago 2007 Le virtù della cittadinanza e la passione per la città _______________________________________________________ Presentazione degli esiti dei laboratori “Per un dizionario delle virtù civiche” Davide GUARNERI Coordinatore di Comunità e Scuola I laboratori hanno occupato il cuore del sabato; erano 10, ognuno dei quali coordinati da un animatore e introdotti da un esperto. Sono usciti argomenti molto ricchi, sia nella parte concettuale che in quelli propositiva. I laboratori sono stati in sé esperienza di virtuosità anche solo per come sono stati gestiti. Abbiamo provato ad elaborare un dizionario delle virtù civiche, che sono una componente significativa del nostro amore per la città. Un dizionario perché “la parola è chiave che apre ogni uscio” (don Milani). Ecco un vocabolario delle virtù. A Altri-altro, nel senso di mettersi un po’ nei panni dell’altro. La relazione con l’altro. “tocca agli altri? No tocca a me!” Amore: è la forma di tutte le virtù, è il motore e il fine della vita morale. B Benedire (dire bene): comunicare le notizie buone, dare fiducia. Evidenziare la positività. Impegniamoci nel fare a gara nello stimarsi a vicenda. C Continenza: declinazione della temperanza; lasciare spazio anche agli altri. C’è il politico continente, ma pure il cittadino continente (non è ripiegato su di sé e non esige che qualunque suo bisogno diventi diritto). Convivenza: è il vivere insieme che sperimentiamo ogni giorno. Non è automatico che sia uno spazio positivo, ma se prevalgono paura e sfiducia le relazioni si bloccano ed il conflitto non evolve. La convivenza va promossa, ed è possibile realizzando stimoli per vivere ed abitare la città. Capitale Sociale: risorse della comunità, caratterizzate da tre componenti principali: fiducia, norme, reti sociali di attività dei cittadini. Più c’è capitale sociale, più c’è benessere sociale. Noi come mondo associativo, siamo consapevoli di essere capitale sociale? D Discrezione: si veda anche prudenza e temperanza; virtù che apre all’ascolto dell’altro. E Equità: uno dei nomi che assume la virtù della giustizia. Equità etico-morale; dimensione economica fondamentale. Educazione: L’educazione che è un’espressione d’amore per i bambini e per i giovani… E’ il passaporto per la vita. L’educazione alla cittadinanza e alla convivenza civile. F Fiducia: atteggiamento di fondo che permette la relazione, genera la comunità. E’ la base della società. Oggi anche nei nostri gruppi si respira poca fiducia (anche e soprattutto nelle istituzioni). G Gioco: siamo tutti in gioco in questo mondo globalizzato e interdipendente. Siamo chiamati in gioco perché di fatto lo siamo già… Vogliamo metterci in gioco? H Habitus: non è l’abitudine, ma una sorgente interiore di azione, ed ha origine nel volere libero e spontaneo dell’uomo. I Interdipendenza: siamo consapevoli che la globalizzazione rende il mondo “uno” sotto più aspetti: economici, culturali, sociali. Non possiamo accettare di essere considerati solo come consumatori in questa società. Impegno: si veda la nota preghiera di don Mazzolari (ci impegnano noi e non gli altri, senza pretendere dagli altri e non da noi. Il mondo si muove se noi ci muoviamo…). L Legalità: è il limite posto democraticamente al potere dello Stato, dei giudici, degli altri cittadini. Bisogna rilanciarla con la conoscenza delle norme; va recuperato il concetto di dovere accanto a quello di diritto. M Mitezza: si vedano le beatitudini… N Nonviolenza: è una scelta virtuosa, che attraversa ogni azione, ogni progetto. Rilanciare il discorso della Pace preventiva. O Oggi: è il luogo del nostro amore per la vita e per il mondo. P Pazienza: è l’uomo in divenire che comprende giustamente se stesso. E’ principio di sapienza. E’ una virtù preparatoria agli altri. Non è rassegnazione o passività, ma una forma di rispetto degli altri. E’ sostare per ripartire. La pazienza viene esercitata dalle nostre aggregazioni? Progettualità: i gesti piccoli, le virtù, si collocano in un disegno più ampio, in un’idea condivisa di città. Q Qualcosa di nuovo: è la consapevolezza che la Parola di Dio ci offre ogni giorno una Novità. R Relazionalità: virtù che procede insieme alla fiducia, ed è intenzionalità cosciente di comprendere l’altro. La si vive prima ancora di teorizzarla. C’è una gradualità: dall’ambito soggettivo e dalle relazioni private, ai molti (contesto associativo o professionale) ai tutti (cittadini, politica). Per vivere la relazionalità: educazione al dialogo, costruzione di reti, aumentare la visibilità delle reti e di esperienze già esistenti; sognare e progettare insieme. Responsabilità: si veda il motto “I care”. C’è una responsabilità nella quotidianità, così come l’assumere dirette responsabilità. S Sacrificio: virtù da tempo dimenticata, sicuramente nella prospettiva educativa. C’è il culto oggi del non sacrificio, cioè dell’individualità. Si chiama sacrificio ciò che invece è spesso un delitto collettivo (si pensi ai morti in Iraq o sul lavoro), in quanto non si tratta di un atto libero. Il nostro è un Dio che non chiede Sacrificio ma sacrifica Se stesso. Stato (laico). T Trasparenza: l’azione sociale e politica virtuosa deve essere limita e senza secondi fini. Per tutti. U Umiltà: altro nome della pazienza e delle mitezza. V Vigilanza: essere svegli anche di notte, essere capaci di essere sentinelle nella notte (Dossetti). Z Zorro: gli ultimi al centro dei sogni e delle speranze del testimoniare. Si vince perché la causa è disinteressata. La passione per il bene comune Lucia Fronza CREPAZ Movimento politico per l’Unità – Focolari Gli antropologi fanno risalire la nascita della comunità umana al ritrovamento di uno scheletro di un uomo morto sui 30 anni con una frattura procurata da bambino e che l’ha accompagnato per tutta l’esistenza. Per cui è vissuto solo con l’aiuto degli altri; ognuno si è fatto responsabile dell’altro. Il vivere è qualcosa di più del vivere con gli altri; è vivere per gli altri. Ci sono molti fronti di cui si può parlare. Alla radice delle grandi domande rivolte alla politica è possibile trovarne una comune: la mancanza di comunione tra gli uomini, che sta al cuore di problematiche anche apparentemente molto diverse tra di loro. Di fronte a ciò, o ci rassegniamo (costruendo fortezze e difendendosi), oppure dobbiamo iniziare a leggere la storia in modo giusto. E qui la figura del cristiano è fondamentale, se riusciamo a vedere l’Altro nel fratello. Oggi la specificità della proposta cristiana attinge al comandamento dell’amore. La vocazione del cristiano è quella comunitaria, perché l’essenza di Dio è comunitaria. E’ questo quel lievito che oggi l’umanità attende dai cristiani: un amore reciproco che diventa poi contagioso. Il costruire comunità non ci allontana dagli interrogativi della storia, perché il creare legami è il retroterra di ogni possibile risposta. La Trinità diventa non soltanto (anche nel Compendio della DSC) modello della divinità, ma anche modello da seguire per i cristiani: è modello relazionale basato sull’amore. Il paradigma dell’individuo come monade solitaria (società contemporanea) deve lasciare il posto al paradigma come uomo relazionale nella comunità. Come si coniuga allora per il cristiano questa passione per il bene comune? La politica come amore: c’è una continuità tra il nostro appartenere alla comunità ecclesiale e a quella cittadina. E’ espressione dell’amore di Dio che abbiamo sperimentato, e che altrimenti risulterebbe incompleta. Dentro il disgusto della politica, dobbiamo riprendere una concezione alta della politica, perché l’unità della famiglia umana non si fa senza la politica (che è essenzialmente ricerca dell’unità del tessuto sociale; è uno strumento a servizio della famiglia umana). Questo amore verso la polis non perde le caratteristiche dell’amore. L’uomo deve essere nuovo (concezione paolina) che solo così riesce a rivestire tutto d’amore. La politica come vocazione per tutti: questa è la conseguenza della concezione della politica come servizio d’amore. Nessuno può sottrarsi alla felicità e anche alla sofferenza del passare dalla visione individuale e personale a quella comunitaria e umanitaria. Le nostre comunità cristiane devono diventare un vivaio di vocazioni politiche (che non significa soltanto vocazione a entrare in politica; è una visione diversa di qualunque ruolo nella società da parte di tutti attraverso l’impegno in società ed il lavoro). Una società in cui ciascuno è cosciente della propria insostituibile funzione, in ricerca di reciprocità con gli altri soggetti. La politica come servizio: oggi non basta solo l’impegno di singoli politici che vivono la politica come servizio. C’è una concezione più ampia di servizio: oggi c’è bisogno di concepire la politica stessa come servizio alla società, accettando tutte le conseguenze di questo. Non è un’attività a fianco delle altre, ma lo sfondo che deve essere a servizio di tutte le altre attività umane. Questa visione rifiuta la riduzione allo Stato minimo, perché deve porre le condizioni affinché la società stessa assuma la sua responsabilità civica e possa realizzare fino in fondo il suo disegno. La politica ha il dovere di riservarsi alcuni specifici spazi: dare voce a chi non ne ha, comporre l’ordine dell’agenda politica assegnando delle precedenze. Altro compito della politica è farsi carico comunque e sempre farsi carico di facilitare l’accesso alla partecipazione, senza non accontentarsi mai. La politica che lavora non per la salvaguardia di se stessa, ma per la realizzazione piena della famiglia umana. La politica come fraternità universale: è la categoria politica che i cristiani devono riportare dentro la politica. La scoperta dell’amore di Dio che i cristiani vivono su di loro, deve essere portata a tutti: siamo tutti fratelli poiché abbiamo un unico Padre. E l’amore è l’unico pregiudizio che ci è consentito. Il cristiano deve oggi avere il coraggio di affiancare alla libertà anche la fraternità universale, che ha in sé la capacità di rendere possibile una unità di intenti anche con chi non condivide con noi la fede (come tutti i valori portati da Cristo). E’ questo un valore che viene prima delle diversità culturali e di divisioni. Se noi guardiamo la Storia con degli occhi nuovi, nei processi politici nuovi c’è una fraternità nuova che si sta imponendo. Da Seattle c’è una nuova modalità di decisione. I paesi emergenti e quelli poveri stanno facendo sentire la loro voce. Si pensi all’Unione Europea e alle Unità Africane che stanno nascendo. A quelle in America Latina. La storia dell’umanità può essere letta come un lento ma faticoso cammino verso la fraternità umana. La fraternità universale è un cammino che va accompagnato e sostenuto. La fraternità è la categoria politica più importante perché tocca ogni uomo. Quali conseguenze ci sono? La comunità politica di riferimento prima è l’umanità tutta. Per cui bisogna abbandonare la stretta visuale del nostro pezzo di mondo (se ogni persona è fratello, ogni bisogno e prospettiva umana è anche un po’ mia). Altra conseguenza dovrebbe essere quella di scegliere l’uomo ed i suoi valori (in politica) prima delle proprie appartenenze. Il bene comune non si può costruire senza l’apporto di ciascuno. L’accettazione dell’altro è fondamentale; il non chiudere mai il dialogo è fondamentale per un cristiano, mai delegittimando l’altro perché è diverso. Tutte le nostre appartenenze vanno messe dopo questi valori. Non per cancellare le appartenenze ma per darne senso. Forse è proprio per questo che le nostre appartenenze non sono mai state così povere di contenuto come in questo momento. La fraternità in politica non è un codice etico di buona educazione. Non si tratta di trovare un accordo, ma di ascoltare le ragioni dell’altro come se fossero le nostre. Questo è un esercizio che dà alla politica uno sguardo molto più ampio. La fraternità non è un annullamento delle diversità. Anzi, evita che l’uguaglianza diventi omogeneizzazione. Per i cristiani i valori sono un cammino da fare insieme, non una bandiera da piantare per segnare il territorio. Bisogna sapere poi riconoscere il disegno di Dio sulla propria comunità. La relazione oltre a non essere stata riletta dalla relatrice, manca dell’ultima parte e del dibattito finale.