IL GIORNO DELLA MEMORIA

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IL GIORNO DELLA MEMORIA - 27 gennaio 2015
70 anni sono trascorsi da quel 27 gennaio 1945 quando fu liberato il campo di concentramento, o meglio di
sterminio, di Auschwitz e oggi noi siamo qui a farne memoria.
Fare memoria di un evento però non significa semplicemente averne un ricordo; significa anche e soprattutto
sforzarci di comprendere qual'è il messaggio che esso rappresenta per il nostro oggi, così che la memoria del
passato possa insegnare al presente e divenire luce che illumina la strada del futuro. La commemorazione di oggi
potrebbe essere definita quindi come la memoria del futuro, un appello alle nuove generazioni a non appiattire la
propria esistenza, a non lasciarsi trascinare da ideologie, a non giustificare mai il male che si incontra, a non
abbassare la guardia contro l'antisemitismo e contro il razzismo, contro il fanatismo omicida e contro
l'integralismo impositivo, qualunque sia la loro provenienza.
Il presidente emerito Napolitano il 27 gennaio 2014 ricordava che il Giorno della Memoria è diventato un
tassello essenziale del rafforzamento delle basi di conoscenza, di sensibilità umana e morale, di combattività in
difesa della pace e dei diritti umani: che sono le basi fondamentali della nostra democrazia. Una democrazia che
non può in nessun momento ignorare i rischi cui possono essere esposti, “gli innocenti e gli indifesi di sempre:
gli ebrei, gli zingari, i disabili, i malati di mente, gli omosessuali, i diversi”, e, aggiunge, gli stranieri. Occorre “fare
tesoro delle testimonianze dei sopravvissuti, difendere la verità storica, e soprattutto educare i giovani a non
rimanere mai più indifferenti.”; Le armi che devono difendere i diritti umani in questo caso sono le armi della
cultura e dell’istruzione che vanno “privilegiate” per opporsi al negazionismo nei confronti dell’Olocausto e del
razismo in generale, voglio ricordare che, proprio per contrastare il dilagante negazionismo, in Italia, da poco, si è
fatta una legge per aumentare la pena per chi compie i reati di istigazione o di apologia dei crimini di genocidio o
contro l’umanità.
San Giovanni Paolo II scriveva che la memoria è chiamata a svolgere un ruolo necessario “nel processo di
costruzione di un futuro nel quale l’indicibile iniquità della Shoah non sia mai più possibile” e Papa emerito
Benedetto XVI nel Campo di concentramento di Auschwitz affermava che “il passato non è mai soltanto
passato. Esso riguarda noi e ci indica le vie da non prendere e quelle da prendere”. Papa Francesco in una
lettera al suo amico rabbino di Buenos Aires scriveva “Mai più l'orrore della Shoah, vergogna per l'umanità” e
auspica che ognuno “senta il forte desiderio di impegnarsi perché mai più si ripetano tali orrori”.
L'insegnamento della Chiesa circa l'unità del genere umano e l'uguale dignità di tutte le razze e di tutti i popoli è
sicuramente contrario alle ideologie su cui si basa l'antisemitismo e il razzismo in genere, anche se i cristiani,
spesso, con i loro sentimenti di sospetto e di ostilità o anche di indifferenza e, perché no, di paura nei confronti
del diverso offrono terreno fertile a tali ideologie. Il ricordo delle tragedie del passato deve diventare per noi
cristiani motivo di discernimento e un impegno ad aderire con tutte le nostre forze al futuro che Dio vuole
preparare e costruire per noi e con noi, “un progetto di pace e non di sventura, per concederci un futuro pieno di
speranza" (Geremia 29,11).
Come cristiani dovremmo accogliere l'appello del Papa per la giornata mondiale della pace 2015 ed elevare una
preghiera affinché cessino le guerre, i conflitti e le tante sofferenze provocate sia dalla mano dell’uomo sia da
vecchie e nuove epidemie e dagli effetti devastanti delle calamità naturali. Pregare in modo particolare perché,
rispondendo alla nostra comune vocazione di collaborare con Dio e con tutti gli uomini di buona volontà per la
promozione della concordia e della pace nel mondo, sappiamo resistere alla tentazione di comportarci in modo
non degno della nostra umanità.
Accogliere il Suo invito a vivere da fratelli sapendo che la fraternità esprime anche la molteplicità e la differenza
che esiste tra i fratelli, pur legati per nascita e aventi la stessa natura e la stessa dignità. In quanto fratelli e sorelle,
quindi, tutte le persone sono per natura in relazione con le altre, dalle quali si differenziano ma con cui
condividono la stessa origine, natura e dignità. E’ in forza di ciò che la fraternità costituisce la rete di relazioni
fondamentali per la costruzione della famiglia umana creata da Dio.
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