Appunti di fisica
OTTICA
prof.ssa Caterina Vespia
1
Appunti di fisica ottica
L’OTTICA
(dal greco optiché = arte del guardare)
L'ottica è quella parte della Fisica che studia quella categoria di fenomeni
che noi consideriamo determinati da un particolare agente fisico chiamato
luce.
L'ottica viene comunemente divisa in due parti:
• ottica geometrica, che studia la propagazione della luce senza fare
alcuna ipotesi sulla sua natura, basandosi essenzialmente sul concetto
di raggio luminoso e sulle leggi della riflessione e rifrazione della luce;
• ottica ondulatoria, che studia la propagazione della luce, partendo
dall'ipotesi che essa avvenga per mezzo di onde.
Esistono, per altro, alcuni fenomeni, come quelli che riguardano
l'emissione e l'assorbimento della luce da parte della materia, che non
possono essere interpretati con l'ipotesi ondulatoria.
(Accenneremo brevemente a tali fenomeni quando tratteremo della struttura
elettrica della materia).
LA
LUCE
La luce è un’onda elettromagnetica le cui frequenze vanno da 4·1014 Hz a
8·1014 Hz circa. In un mezzo omogeneo e isotropo la luce si propaga, in
ogni direzione, in linea retta.
La luce è definita onda perché si comporta come tale. Infatti dà luogo a
fenomeni, quali l’interferenza, la diffrazione, la polarizzazione, che sono
caratteristici delle onde.
LA
NATURA DELLA LUCE
Fin dall’antichità l’uomo si è interrogato sulla natura della luce e ha
proposto varie interpretazioni di tale fenomeno.
Fino alla metà del 1600 l’ipotesi più accreditata è stata quella secondo la
quale la luce è un insieme di corpuscoli (teoria corpuscolare della luce).
Secondo tale teoria, sostenuta principalmente da Isaac Newton, i
corpuscoli, partendo dalla sorgente e muovendosi in linea retta,
rimbalzerebbero su alcuni corpi (corpi opachi) e ne attraverserebbero
altri (corpi trasparenti).
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Appunti di fisica ottica
Infine, penetrando nell'occhio, vi stimolerebbero la sensazione visiva.
Intorno alla metà del 1600 un italiano, padre Grimaldi, osservò per primo
che il fenomeno della diffrazione non era spiegabile mediante l'ipotesi
corpuscolare.
Incominciò così a farsi strada l'idea che la natura della luce fosse di tipo
ondulatorio (teoria ondulatoria della luce) e nel 1670 lo scienziato
olandese Christian Huygens avanzò l’ipotesi che la luce fosse costituita
da onde elastiche che trasportavano energia e non materia.
In effetti, mentre la teoria corpuscolare permetteva di spiegare solo
alcuni fenomeni ottici, quali la riflessione e la rifrazione, la teoria
ondulatoria consentiva di spiegare tutti i fenomeni ottici.
Quindi, quale delle due teorie della luce si presta meglio a interpretare i
fenomeni luminosi? La risposta a questo interrogativo è parziale. Infatti
la luce ha un comportamento che, in un certo senso, è « ambiguo »: in
certe situazioni si comporta come fosse costituita da onde, in altre come
se fosse costituita da corpuscoli di energia, chiamati fotoni, simili in
qualche modo alle particelle immaginate da Newton.
Questa « dualità » della luce costituisce uno dei problemi più affascinanti
e sconcertanti della fisica moderna.
OTTICA GEOMETRICA
SORGENTI
DI LUCE
Sono sorgenti di luce tutti i corpi che emettono luce propria (sorgenti
primarie o corpi luminosi).
Ad esempio, sono sorgenti di luce il Sole, la fiamma di una
candela, il filamento incandescente di una lampadina, ...
Sono sorgenti artificiali tutte le sostanze che riscaldate
ad una temperatura superiore agli 800 °C emettono luce.
Gli oggetti che ci circondano sono visibili perché inviano ai
nostri occhi la luce che ricevono da una sorgente primaria e si chiamano
corpi illuminati.
Un esempio caratteristico è la Luna che diffonde la luce che
riceve dal Sole.
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CORPI
TRASPARENTI E OPACHI
Alcuni corpi, come un muro o una lastra di metallo, che non si lasciano
attraversare dalla luce sono detti opachi; altri invece, come il vetro e
l'acqua, che si lasciano attraversare dalla luce si chiamano trasparenti.
La trasparenza o l'opacità di un corpo non dipendono solo dalla sostanza di
cui esso è costituito, ma anche dal suo spessore e dallo stato della sua
superficie.
I metalli, per esempio l'oro, ridotti in lamine sottilissime lasciano passare
la luce; al contrario l'acqua, in forti spessori, assorbe completamente la
luce, per cui nel mare, alla profondità di 500 metri, si ha buio anche in
pieno giorno. Anche il vetro può diventare opaco sotto un spessore
considerevole. Quando si parla quindi di corpi opachi o trasparenti è solo
questione di grado.
D'altra parte, non tutti i corpi considerati trasparenti lo sono allo stesso
modo: alcuni lasciano vedere i contorni degli oggetti, altri no.
I primi si dicono diafani, i secondi traslucidi o pellucidi. Sono esempi di
corpi traslucidi il vetro smerigliato, la carta oleata, alcune porcellane.
PROPAGAZIONE
RETTILINEA DELLA LUCE
La luce si propaga nell'aria in linea retta.
La stessa cosa avviene in qualunque
trasparente e omogeneo.
altro
mezzo
Interponendo uno schermo opaco tra una sorgente luminosa di piccole
dimensioni e il nostro occhio, non
vediamo la luce.
Ma se lo schermo è forato, e il foro è
allineato con la sorgente e la pupilla del
nostro occhio, noi possiamo vedere la
luce. Un altro schermo forato interposto tra il primo schermo e l'occhio,
ci farà giungere la luce solo se il suo foro è allineato con il primo foro e la
sorgente.
La direzione secondo la quale si propaga la luce si chiama raggio luminoso.
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Un insieme di raggi luminosi condotti per uno
stesso punto S costituisce un fascio conico di
raggi.
Se i raggi sono rettilinei e paralleli, il fascio si
dice parallelo o cilindrico.
In particolare si chiama pennello luminoso un fascio parallelo di luce, poco
esteso trasversalmente.
CONSEGUENZE
DELLA PROPAGAZIONE RETTILINEA DELLA
LUCE
La propagazione rettilinea della luce permette di spiegare l’esistenza
delle ombre, le eclissi e la formazione delle immagini in una camera
oscura.
− L’OMBRA
Sorgente puntiforme
L’ombra sullo schermo è a contorno marcato.
−
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Sorgente estesa
L’ombra sullo schermo
non ha un contorno marcato, ma si passa
gradualmente dall’ombra completa alla luce piena attraverso la regione
della penombra.
−
−
ECLISSI
Quando il Sole, la Terra e la Luna sono perfettamente allineati, si ha una
eclisse di Sole o di Luna
- Eclisse di Luna
Se la Terra si interpone fra la Luna e il Sole proiettando la propria ombra
sulla Luna, che viene così oscurata, si ha un' eclisse di Luna.
- Eclisse di Sole
Se invece è la Luna a trovarsi interposta fra Terra e Sole, essa proietta
la propria ombra sulla Terra, oscurando il Sole: si ha così un' eclisse di
Sole.
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−
CAMERA OSCURA
E’ costituita da una scatola a pareti annerite con un piccolo foro al centro
di una faccia e la parete opposta costituita da una lastra di vetro
smerigliato.
Ponendo un oggetto fortemente illuminato davanti al foro, si vedrà sul
vetro l’immagine capovolta dell’oggetto.
VELOCITÀ
DELLA LUCE
Nell’antichità si pensava che la luce si propagasse istantaneamente,
ovvero che la sua velocità non fosse calcolabile.
Solo nel 1676 l’astronomo danese Römer riuscì a dimostrare, su basi
astronomiche, che la luce ha una velocità finita.
Nel 1849 il fisico francese Fizeau riuscì a determinare, non più su basi
astronomiche ma terrestri, il valore (313 000 km/s) della velocità della
luce.
Apparato di Fizeau
Il primo vero metodo di laboratorio fu quello di Foucault, perfezionato
poi, nel 1923, dallo statunitense A. Michelson che trovò il valore di
2,997930·108 m/s.
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Il valore della velocità della luce nel vuoto oggi ricavato è:
c = 2,997925 x 108 m/s
e nell'aria con velocità di pochissimo inferiore.
Per entrambe queste velocità si assume di solito il valore approssimato
c = 3 x 108 m/s = 300000 km/s.
INTENSITÀ
LUMINOSA E INTENSITÀ DI ILLUMINAZIONE
Tutti i corpi colpiti dalla luce proveniente da una sorgente ottica si
riscaldano. Ciò significa che la sorgente ottica trasferisce a tali corpi,
mediante la luce, una certa quantità di energia.
A tale proposito si definisce intensità luminosa di una sorgente l'energia
che la sorgente emette nell'unità di tempo.
Si definisce intensità di illuminazione di una superficie l'energia
trasferita a una superficie di 1 m2 in un secondo.
L'unità di intensità luminosa è la candela (cd): è 1/60 della radiazione
emessa da 1 cm2 di superficie totalmente assorbente portato alla
temperatura di fusione del platino.
L'unità di intensità di illuminazione è il lux (lx): è l'illuminazione
prodotta da una sorgente luminosa pari a 1 candela su una superficie
normale alla direzione dei raggi, posta a 1 metro di distanza.
Il confronto tra le intensità luminose di due sorgenti, che emettano luce
dello stesso colore, viene fatto
indirettamente
confrontando
le
illuminazioni che esse producono su uno
schermo: a questo scopo si usano i
fotometri.
Per mezzo del fotometro si
sperimentalmente
la
legge
distanze:
FOTOMETRO DI BUNSEN
trova
delle
le intensità luminose di due sorgenti, che
provocano una eguale illuminazione su uno
schermo, sono proporzionali ai quadrati
delle rispettive distanze dallo schermo.
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RIFLESSIONE
Un raggio di luce, che passi da un mezzo trasparente a un altro, si divide
in un raggio riflesso che, fortemente deviato, si propaga nel primo mezzo,
e un raggio rifratto, che si propaga nel secondo mezzo. Se il secondo
mezzo è opaco, il raggio rifratto manca: la superficie di separazione dei
due mezzi è una superficie riflettente, cioè è uno specchio.
Leggi della riflessione
1° - Il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla superficie
riflettente nel punto di incidenza giacciono in uno stesso piano.
2° - Gli angoli di incidenza e di riflessione sono uguali.
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DIFFUSIONE
Un fascio di luce che incide su di una superficie scabra (cioè irregolare)
viene diffuso , cioè i raggi che lo compongono vengono riflessi in diverse
direzioni.
SPECCHI
−
SPECCHI PIANI
Per specchio si intende un dispositivo la cui superficie è in grado di
riflettere immagini di oggetti posti davanti a essa.
Uno specchio è piano se la superficie riflettente è piana.
In uno specchio di casa la superficie piana riflettente è il sottile strato
metallico (per esempio, di argento o di piombo) depositato sulla faccia
posteriore del vetro. Questo ultimo ha la funzione di supporto al metallo e
consente, nel contempo, di creare una superficie riflettente tanto liscia
da eliminare la possibilità di riflessione disordinata.
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L' immagine osservata in uno specchio piano si trova sempre dietro lo
specchio, a una distanza da questo ultimo uguale a quella tra l'oggetto
reale e la superficie riflettente.
Dalla posizione dell'immagine non emergono raggi luminosi; essa si trova
sull'immaginario prolungamento dei raggi di luce riflessa .
Per questo motivo l'immagine prodotta da specchi piani viene detta
immagine virtuale; essa, infatti, non può essere raccolta su uno
schermo.
L'immagine prodotta da uno specchio piano non è ne ingrandita, ne
rimpicciolita, è diritta, ma scambia la destra con la sinistra.
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−
SPECCHI SFERICI
Uno specchio è sferico se la superficie riflettente ha la forma di una
calotta sferica.
SPECCHIO CONCAVO
SPECCHIO CONVESSO
Il centro C della sfera cui appartiene la calotta si dice centro di
curvatura dello specchio. Il raggio r della stessa sfera si dice raggio di
curvatura dello specchio.
Se la superficie riflettente è rivolta verso l’interno della calotta sferica,
lo specchio si dice concavo; se è rivolta verso l'esterno, lo specchio si dice
convesso.
Si chiama asse ottico principale dello specchio o semplicemente asse
ottico dello specchio la retta passante per C e perpendicolare al piano di
base della calotta.
L 'asse ottico principale incontra la calotta in un punto V che chiameremo
vertice dello specchio.
Per apertura dello specchio si intende il valore dell'angolo MCN .
Ogni retta passante per C e intersecante lo specchio si dice asse ottico
secondario.
Immediata conseguenza delle leggi della riflessione è che i raggi incidenti
passanti per C si riflettono su se stessi. Quindi l'immagine di una
sorgente puntiforme posta in C, prodotta da uno specchio concavo, si
trova anch'essa nel punto C.
Gli specchi concavi possono produrre immagini reali, ovvero possono
proiettare immagini su uno schermo.
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I raggi paralleli all'asse e sufficientemente prossimi a esso, detti raggi
parassiali, vengono riflessi in un punto detto fuoco (F) dello specchio.
Se i raggi non sono sufficientemente prossimi all'asse ottico, i raggi
riflessi non si intersecano in un unico punto e F non è ben definito.
Il fuoco F può considerarsi puntiforme se lo specchio è di piccola
apertura; in questo caso, infatti, tutti i raggi incidenti sulla calotta e
paralleli all'asse ottico possono considerarsi parassiali.
Il fuoco F è il punto in cui si forma l'immagine (puntiforme) di una
sorgente posta all'infinito sull'asse ottico; ovvero, con buona
approssimazione, è la posizione dell'immagine di una sorgente posta
sull'asse ottico a distanza dallo specchio molto maggiore del raggio di
curvatura dello specchio stesso.
Il fuoco è posto sull'asse ottico fra lo specchio e il centro di curvatura C.
Si chiama distanza focale f dello specchio la distanza del fuoco dal
vertice dello specchio.
Il fuoco di uno specchio sferico può essere individuato facilmente con un
diagramma a raggi; basta individuare il punto di intersezione di due raggi
riflessi dovuti a raggi incidenti paralleli all'asse.
Nota: i raggi incidenti passanti per il centro di curvatura C si riflettono
su se stessi, perché incidono perpendicolarmente sullo specchio e i raggi
incidenti passanti per il fuoco F danno raggi riflessi paralleli all'asse
ottico.
Nel caso di una freccia oggetto perpendicolare all'asse ottico, il rapporto
fra le altezze dell'immagine e dell'oggetto è detto ingrandimento.
G=
A1B1
AB
Gli specchi sferici possono essere concavi o convessi.
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−
SPECCHI CONCAVI
Gli specchi concavi possono produrre immagini ingrandite.
Ciò accade quando l'oggetto è situato tra il fuoco e il centro di curvatura
(l'immagine è reale e capovolta), oppure tra il fuoco e lo specchio
(l'immagine è virtuale e diritta).
Le proprietà degli specchi concavi vengono sfruttate per ottenere una
migliore illuminazione di ambienti.
−
SPECCHI CONVESSI
Gli specchi convessi producono solo immagini virtuali, diritte,
rimpicciolite; anche il fuoco è virtuale.
Nota: l'immagine virtuale si ottiene utilizzando i prolungamenti dei raggi
riflessi.
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−
EQUAZIONE DEI PUNTI CONIUGATI
Nel caso di specchi, sia concavi che convessi, di piccola apertura e per
raggi parassiali ( detti anche raggi centrali) e cioè per oggetti piccoli
rispetto alle dimensioni dello specchio, dette p e q le distanze
dell'oggetto e dell'immagine dal vertice V dello specchio ed r il raggio di
curvatura dello stesso, vale la relazione:
1 1 2
+ =
p q r
(1)
Nella (1), detta equazione degli specchi, si adotta la seguente
convenzione: sono positive le distanze di ciò che è davanti allo specchio,
sono negative le distanze di ciò che è dietro lo specchio.
Quindi:
- p è sempre positiva;
- il raggio di curvatura r è positivo per uno specchio concavo, mentre è
negativo per uno specchio convesso;
- q è positiva per immagini reali, mentre è negativa per immagini virtuali.
Si noti che per specchi convessi, r e q sono negativi.
Per l'ingrandimento G si ottiene inoltre:
G=
q
p
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Appunti di fisica ottica
Nel caso di immagini virtuali, q è negativo.; sarebbe quindi negativo anche
G, ma nel calcolo della grandezza dell'immagine sarà usato il valore
assoluto di G
Quando i raggi incidenti sono paralleli all'asse ottico, l'oggetto è da
considerarsi a distanza infinita dallo specchio;
1
risulta, allora,
p
praticamente nullo.
Dalla (1) si ottiene:
1 2
= (2)
q r
Ma in questo caso, per definizione, l'immagine è nel fuoco dello specchio,
quindi q = f e segue allora:
f=
r
2
Sostituendo nella (2) , si ottiene:
1 1 1
+ =
p q f
L 'equazione ottenuta è detta equazione dei punti coniugati.
RIFRAZIONE
Un raggio di luce, nel passaggio da un mezzo trasparente ad un altro
cambia la sua direzione.
Leggi della rifrazione
1° - Il raggio incidente, il raggio rifratto e la normale alla superficie di
separazione di due mezzi trasparenti nel punto di incidenza stanno nello
stesso piano.
2° - Il rapporto tra i seni dei due angoli, di incidenza e di rifrazione, è
costante:
senî
= n AB
senr̂
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n AB è l’indice di rifrazione del mezzo B (in cui entra la luce) relativo al
mezzo A (da cui la luce proviene).
Se n AB >1 ⇒ il secondo mezzo B è più rifrangente del mezzo A e il raggio
rifratto si avvicina alla normale.
Se n AB <1 ⇒ il secondo mezzo B è meno rifrangente del mezzo A e il
raggio rifratto si allontana dalla normale.
Indice di rifrazione di alcune sostanze
Quando la luce penetra in un mezzo trasparente provenendo dal vuoto,
l’indice di rifrazione si chiama indice di rifrazione assoluto del mezzo.
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−
RIFRAZIONE E LASTRA DI VETRO
Un raggio luminoso che incide su
una lamina a facce piane e parallele
emerge dalla lamina in direzione
parallela a quella del raggio
incidente.
RIFLESSIONE
TOTALE
Quando la luce passa da un mezzo più rifrangente a uno meno rifrangente,
esiste sempre un particolare angolo di incidenza, per cui il raggio rifratto
è radente alla superficie di separazione dei due mezzi; esso si chiama
angolo limite.
Se l'angolo di incidenza è maggiore dell'angolo limite, il raggio rifratto
manca e si ha soltanto il raggio riflesso: è questo il fenomeno della
riflessione totale.
Il seno dell'angolo limite è pari al rapporto dell'indice di rifrazione
assoluto n A del mezzo meno rifrangente all'indice n B del mezzo più
rifrangente.
senî L =
nA
nB
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−
APPLICAZIONI DELLA RIFLESSIONE TOTALE
− Il prisma a riflessione totale (prismi di Amici e di Porro)
Si dice prisma, un sistema ottico formato da un mezzo omogeneo e
trasparente limitato da due facce piane e non parallele.
Un raggio luminoso che incide sulla faccia di un prisma viene deviato,
penetrando nell’interno del prisma per emergerne o essere totalmente
riflesso.
Esistono due tipi di prismi a riflessione totale: il prisma di Porro e quello
di Amici.
o Il prisma di Porro
Quando la luce giunge perpendicolarmente su una
delle facce del prisma, arriva sulla faccia opposta
obliqua con un angolo di 45°. Essendo questo angolo
maggiore dell'angolo limite del vetro che è di 42°, la
luce è totalmente riflessa dentro il prisma ed
emerge dalla sua seconda faccia con una deviazione
totale di 90° rispetto al raggio incidente. Quindi il
raggio emergente è parallelo al raggio incidente.
E’ grazie a questo tipo di prisma che si è potuti arrivare alla costruzione
dei periscopi, strumenti importanti per le osservazioni effettuate da
posizioni nascoste, come per esempio dai sottomarini.
Nel periscopio sono presenti almeno due prismi collocati in
modo tale che il raggio uscente dal primo arrivi al secondo,
opportunamente inclinato, e possa farlo riuscire in
direzione perpendicolare rispetto al raggio in entrata.
o Il prisma di Amici
Anche in questo caso la luce incide a 45° e si ha una
riflessione totale.
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− Fibre ottiche
Le fibre ottiche sono dei sottilissimi fili di vetro o di plastica, molto
trasparenti alla luce, a sezione cilindrica, flessibili, con uno svariatissimo
campo di applicazioni nei settori della medicina, dell'astronomia, delle
telecomunicazioni, e perfino dell'arredamento.
Sono costituite da una parte centrale detta core (nucleo) e da una parte
esterna detta cladding (mantello) e realizzate in silice, che è il
costituente principale del comune vetro, e da una guaina protettiva.
La luce, una volta immessa nella fibra, vi rimane intrappolata perché i
raggi incidono sempre con un angolo superiore all’angolo limite.
La luce viene immessa nella fibra ottica ad una estremità e, attraverso
riflessioni successive, arriva all'altra estremità.
LA
DISPERSIONE DELLA LUCE
Se sul prisma incide un sottile fascio di luce
bianca, dall’altra parte emerge un fascio più
spesso e colorato. Nell’ordine si distinguono il
rosso, l’arancione, il giallo, il verde, l’indaco e
il violetto.
Questo fenomeno è noto come dispersione
della luce.
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Appunti di fisica ottica
Un raggio di luce di un solo colore, che incide sulla faccia di un prisma di
vetro a sezione triangolare, subisce due rifrazioni. Una quando passa
dall’aria al vetro e l’altra quando passa dal vetro all’aria, dopo aver
attraversato il prisma.
I raggi luminosi di colori diversi sono deviati verso il basso con angoli
diversi.
Il fenomeno della dispersione della luce fu studiato da Newton nella
seconda metà del Seicento. Egli chiamò spettro la striscia colorata di luce
in cui si divide la luce bianca.
−
ARCOBALENO
La dispersione della luce si
verifica anche in natura con il
fenomeno dell’arcobaleno.
L’arcobaleno
è
dovuto
alla
dispersione ottica della luce solare
ossia da una serie di successive
rifrazioni e riflessioni della luce
solare nelle gocce di acqua piovana.
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Appunti di fisica ottica
Ogni gocciolina d’acqua funge da prisma
scomponendo la luce bianca proveniente dal
Sole. Il raggio di luce solare subisce una
rifrazione nell'attraversare, entrando, la
superficie della goccia d'acqua, separandosi
quindi nei colori dello spettro, e poi questi
incidono, dall’interno, sulla seconda superficie
con un angolo maggiore dell'angolo limite.
Quindi si riflettono totalmente, per poi uscire
di nuovo in aria all’indietro, dalla stessa parte cioè da cui è entrato il
raggio originario. In questo modo si ottiene la separazione nei colori
componenti del raggio di sole e si vede l'arcobaleno.
I vari colori dell'arcobaleno si hanno perché i raggi di diverso colore
(diversa lunghezza d’onda) non sono deviati dello stesso angolo: in questo
modo la luce solare incidente, normalmente bianca, viene scomposta nei
suoi costituenti dal rosso al violetto.
−
IL MIRAGGIO
Il miraggio è dovuto a fenomeni di rifrazione e riflessione totale della
luce solare.
Il miraggio si verifica quando la luce solare incontra uno strato d'aria più
calda rispetto agli strati sovrastanti dove l'aria è più fredda e di densità
maggiore. Così i raggi di luce subiscono una riflessione totale ed è
possibile vedere le immagini come se fossero riflesse al suolo.
Esistono vari tipi di miraggio: inferiore (l'immagine appare riflessa
inferiormente), superiore (l'immagine appare riflessa superiormente),
multiplo (diversi effetti di miraggio inferiore e superiore si sommano e le
immagini degli oggetti all'orizzonte vengono allungate verso l'alto; è
anche chiamato fata morgana).
Miraggio superiore
Miraggio inferiore
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Appunti di fisica ottica
La Fata Morgana
La Fata Morgana, è un tipo di miraggio in cui l'immagine apparente muta
velocemente forma; viene così chiamato
per la caratteristica di riprodurre un
oggetto lontano come se fosse sospeso
nel cielo e capovolto, proprio come le
apparizioni dell'omonimo personaggio
della mitologia celtica.
In Italia, questo raro fenomeno si
manifesta nelle calde giornate estive dalla costa calabrese dello Stretto
di Messina.
LE LENTI
Le lenti sono corpi omogenei trasparenti costituiti da due superfici curve
oppure una curva e una piana; di solito si utilizzano sistemi di lenti con
superfici sferiche, attraverso cui la luce viene rifratta.
−
GLI ELEMENTI CARATTERISTICI DI UNA LENTE
Sono:
i centri di curvatura: centri delle due superfici sferiche da cui
proviene la lente;
l'asse ottico: retta che unisce i due centri di curvatura;
il fuoco: punto in cui convergono i raggi che incidono parallelamente
all'asse ottico,
il vertice: punto in cui l'asse ottico attraversa la lente; ogni lente
ha due fuochi;
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Appunti di fisica ottica
la distanza focale: distanza tra uno dei fuochi e il vertice della
lente.
Lente sferica sottile.
Le due superfici della
lente appartengono a due
sfere, di centri C1, C2 e
raggi r1, r2, che si
intersecano.
L'asse ottico è l'asse di
simmetria.
Una lente è sottile quando il suo spessore è trascurabile rispetto ai raggi.
−
LE LENTI CONVERGENTI
Le proprietà di una lente convergente
Consideriamo due raggi particolari:
un raggio che incide in direzione parallela all'asse ottico, viene
rifratto e passa per il fuoco;
un raggio che passa per il vertice della lente, la attraversa senza
cambiare direzione;
I raggi luminosi diffusi dalla freccia (a distanza p dal vertice si
rifrangono, passando attraverso la lente convergente, e formano
l'immagine della freccia (a distanza q da V).
Per costruire l'immagine della punta della freccia basta trovare
l'intersezione di due raggi diffusi dalla punta: il raggio parallelo all'asse
ottico, che viene deviato nel fuoco F al di là della lente, e il raggio per il
vertice O della lente, che prosegue senza essere deviato.
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L’immagine della punta S si forma nel punto S’.
Ripetendo il procedimento per ogni altro punto della freccia, si trova
l’immagine A’S’ della freccia AS.
Le proprietà delle lenti sottili permettono di costruire graficamente
l'immagine di un oggetto.
Costruzione grafica dell'immagine di un oggetto.
Indichiamo con p la distanza dell'oggetto dalla lente, con q la distanza
dell'immagine, con f la distanza focale, misurate tutte rispetto al vertice
della lente.
Con un disegno si può dimostrare che il tipo di immagine (reale o virtuale),
la forma (diritta o capovolta), la dimensione (più piccola, uguale o più
grande dell'oggetto) dipendono dal valore di p e di f .
Relazione
Immagine
p >2f
reale, capovolta, più piccola
p =2f
reale, capovolta, uguale
f<p<2f reale, capovolta, più grande
p=f
si forma all'infinito
p <f
virtuale, diritta, più grande
fig. a
Una lente di ingrandimento
è una lente convergente
che è stata avvicinata
all'oggetto da ingrandire in
modo che risulti p <f.
Se la freccia è posta oltre il
punto 2F (fig. a), cioè a una
distanza maggiore del doppio
della
distanza
focale,
l'immagine che si forma sulla
destra della lente è capovolta
e rimpicciolita rispetto alla
freccia.
Se la freccia si trova a
distanza uguale al doppio della
distanza focale (fig. b),
l'immagine è capovolta e ha le
stesse dimensioni rispetto a
quelle della freccia.
fig. b
Se la freccia è posta tra i
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punti F e 2F (fig. c), cioè tra
il fuoco e il punto che
corrisponde al doppio della
distanza focale, l'immagine è
capovolta ed è più grande
rispetto alla freccia.
fig. c
Nei casi (a), (b) e (c), avvicinando la freccia alla lente, l'immagine si
allontana dalla parte opposta.
Mettendo la freccia sul
fuoco (fig. d), l'immagine non
si forma, perché i raggi
rifratti sono paralleli e
quindi non convergono su un
punto.
fig. d
Se la freccia si trova a
distanza più piccola rispetto
alla distanza focale (fig. e),
l'immagine si forma al di
qua della lente.
fig. e
In realtà i raggi rifratti divergono, ma i loro prolungamenti si congiungono
al di qua della lente. Si tratta quindi di un’ immagine virtuale, dove non si
raccoglie energia luminosa.
prof.ssa Caterina Vespia
Appunti di fisica ottica
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LA FORMULA DEI PUNTI CONIUGATI
Dalle costruzioni geometriche si può ricavare la legge dei punti coniugati,
analoga a quella già vista per gli specchi curvi:
La formula mette in relazione la distanza p dell'oggetto dalla lente, la
distanza q dell'immagine dalla lente e la distanza focale f.
La formula è valida anche quando l'immagine è virtuale; in tal caso q è
negativa.
Nella formula il ruolo di p e q è identico. E’ una diretta conseguenza del
fatto che il cammino dei raggi luminosi è invertibile.
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LE LENTI DIVERGENTI
Una lente divergente è più sottile al centro che ai bordi.
I raggi che arrivano paralleli all'asse ottico oltrepassano la lente ed
emergono divergenti; i loro prolungamenti passano per il fuoco.
Le immagini si trovano sempre sul prolungamento dei raggi rifratti, quindi
sono virtuali.
Anche per le lenti divergenti
è valida la formula dei punti
coniugati: sia q che f sono
però negative.
Anche nel caso delle lenti
l'ingrandimento G si calcola
con la formula:
Una lente divergente rifrange un fascio di raggi luminosi che incidono
parallelamente all'asse ottico. Se osserviamo i raggi rifratti dalla parte
opposta della lente, essi sembrano provenire, cioè divergere, da un unico
punto luminoso posto nel fuoco F. In quel punto, però, non si concentra
energia luminosa, ma si intersecano soltanto i prolungamenti dei raggi
rifratti.
prof.ssa Caterina Vespia
Appunti di fisica ottica
L’OCCHIO
Si chiama sistema ottico una successione di superficie riflettenti e
rifrangenti; se queste sono sferiche e i loro centri di curvatura sono su
una retta, il sistema si dice centrato.
L'occhio umano può considerarsi come un sistema ottico centrato, nel
quale si susseguono tre mezzi rifrangenti: la cornea e l'umor acqueo, il
cristallino, l'umor vitreo. L'occhio forma, di un oggetto, una immagine
reale sulla retina, membrana di tessuto nervoso, costituito dalle
propaggini del nervo ottico.
Quando l'occhio normale è in riposo, il cristallino ha la minima curvatura:
l'occhio è accomodato all'infinito (punto remoto). Facendo aumentare la
curvatura del cristallino, si può formare sulla retina l'immagine nitida di
oggetti posti a circa 15 cm dall'occhio (punto prossimo); senza fatica
sensibile l'occhio può rimanere accomodato alla distanza della visione
distinta (25 cm).
La perdita del potere di accomodamento con l'età si chiama presbiopia,
che si corregge con lenti convergenti.
occhio presbite non corretto
occhio presbite corretto
Due fenomeni caratteristici della visione sono la persistenza delle
immagini, dovuta alla incapacità della retina ad apprezzare e a segnalare i
troppo rapidi cambiamenti di intensità della luce, e la visione binoculare
che ha grande importanza per l'apprezzamento delle distanze e del
rilievo.
prof.ssa Caterina Vespia
Appunti di fisica ottica
Nell'occhio miope l'immagine di un oggetto molto lontano si forma dinanzi
alla retina: la miopia si corregge con una lente divergente.
Nell'occhio ipermetrope l'immagine di un oggetto molto lontano si forma
dietro la retina: l'ipermetropia si corregge con una lente convergente.
prof.ssa Caterina Vespia