LA MUSICA DELLE PAROLE PRIMA DEGLI ANNI '60 '400: canto popolareggiante. Musici-artigiani accompagnano "cantatori" popolari in forme di canto quali la fronna, il canto a figliola, la tammuriata (in situazioni occasionali: matrimoni, feste). '500: si sviluppa la villanella (es. Canto delle lavandaie del Vomero), derivata da un ballo campestre. Nata popolare ed in dialetto, trasformatasi via via in componimento colto ed in lingua, la villanella vede le sue fortune declinare agli inizi del Seicento, il secolo del melodramma, e con essa la canzone in genere traversa un periodo d'eclissi. '600: si afferma la maschera di Pulcinella. Michelemmà (1650) e Fenesta che lucive (forse anche anteriore al Seicento, pubblicata nel 1842, versi altissimi e splendida melodia). Alla seconda metà del '600 si fa risalire la nascita della tarantella, la quale, anche se diverrà popolarissima a Napoli già nel corso del secolo successivo, è, come il suo stesso nome lascerebbe supporre, quasi certamente di origine pugliese. La tarantella, danza in 3/8 o 6/8 dal ritmo indiavolato, allude al moto convulso provocato dal morso della tarantola, con le sue attraenti figurazioni di corteggiamento e di conquista ed il suo allegro accompagnamento di nacchere e tamburelli. Fine '600-inizi '700: nel teatro, come in tutta Europa, va determinandosi una reazione alle forme di ispirazione aulica attraverso la creazione e la sempre più vivace affermazione di forme di ispirazione popolare. Nascono gli "intermezzi" nelle opere serie e l'"opera buffa". Nelle produzioni di arie si cimentano dapprima autori modesti, poi veri e propri maestri (Pergolesi, Cimarosa, ecc.): La molinarella, Palummella, zompa e vola. 1768 circa: nasce una delle più celebri tarantelle: Lo guarracino. 1839: Alla festa di Piedigrotta (8 settembre), trionfa Te voglio bene assaje (autore dei versi: Raffaele Sacco. La canzone vendette 180.000 copielle): simbolo del passaggio dalla canzone popolare alla canzone d'autore moderna, consacrando Piedigrotta come piattaforma di lancio ideale per i nuovi prodotti. Fine '800: origine della canzone napoletana, grazie all'opera del poeta Salvatore Di Giacomo (tra i brani celebri, Era de maggio e Marechiare, entrambi del 1885), il quale crea una forma d'arte fruibile sia nei salotti bene delle classi più elevate, sia tra gli strati popolari (nascita dei caffé concerto). La composizione ha però bisogno dell'intervento essenziale del cantante per diventare opera d'arte. La canzone si trasforma anche in genere da teatro (macchiette) e vede impegnate anche voci liriche (Enrico Caruso). 1868: L'addio a Napoli (di Teodoro Cottrau). I girovaghi ed i cantanti ambulanti distribuiscono le "copielle". La manifestazione di Piedigrotta passa nelle più importanti sale teatrali cittadine, dove si affermano Funiculì funiculà (1880) e E spingole frangese (1888), 'O sole mio (1898). Al di fuori della manifestazione sono da ricordare 'O marenariello (1893), Maria Marì (1899), I' te vurria vasa' (1900), Voce 'e notte (1904), Core 'ngrato (1911), Guapparia (1914). Prima della guerra al caffè concerto cominciò a subentrare il "teatro delle varietà", che avrà una grossa fortuna in epoca fascista e diventerà il più serio concorrente della popolarissima operetta, fino addirittura a soppiantarla, intorno al 1932, nei favori del pubblico (i futuristi lo esaltano). Canzoni napoletane del primo dopoguerra: Reginella (1917), Santa Lucia luntana (1919), Dicitencello vuie (1930), 'Na sera 'e maggio (1938). Anni '50: nascita di nuovi generi per lo più indirizzati al night club ed all'esecuzione nei locali da ballo (elaborazioni di ritmi di rumba, mambo, chachacha). Sino a questo momento la canzone napoletana non viene considerata musica leggera, ma un genere particolare, come ad es. il flamenco. Rendendosi necessaria la vendita dei dischi, si afferma l'accompagnamento sinfonico-orchestrale (cantanti con microfono). Tutto ciò contribuisce all'eliminazione delle "audizioni" nei teatri cittadini (molti trasformati in cinema). Nasce il "Festival della Canzone Napoletana": Roberto Murolo, Lino Liguori, Santino Tedone, Lillino Occalone, Gegé Munari, Sergio Bruni. Nasce la prima canzone italo-americana, Io t'ho incontrata a Napoli (Hoagy Carmichael). Renato Carosone (Maruzzella, Tu vuò fa' l'americano, Torero), Ugo Calise, Peppino Di Capri, Gegé Di Giacomo. Jazzisti napoletani: Lucio Resle, Lillino Tammaro, Antonio Golino, Franco Serino, Mario Schiano (Southern Jazz Combo). Tranne rare eccezioni (Santa Lucia, in 3/8, venne adottata dagli svedesi come inno liturgico per la Santa Protettrice degli occhi, Addio a Napoli) sarà solo alla fine dell'800 che la canzone italiana in lingua riuscirà definitivamente ad affermarsi. Prima di allora il posto di comando era saldamente occupato dalla canzone dialettale (napoletana, romana, milanese). La canzone romana moderna nasce nel 1890, in occasione del ventennale della presa di Porta Pia (Feste di maggio): il suo fulcro ruota intorno alla serenata e precedentemente al sonetto. Anni d'oro della canzone romana: dal 1926 fino alle soglie della seconda guerra mondiale. Nei primi vent'anni del '900 un ruolo assai importante hanno i canti patriottici e politici. 1937: divengono celebri in tutto il mondo il Trio Lescano, protagoniste dello swing italiano. Grazie alla radio riusciranno a vendere una media di 350.000 dischi all'anno (Maramao, Ma le gambe). La canzone tedesca, pur non essendo tra le più popolari in Italia, con la sua particolarissima mistura di toni plebei e di risonanze intellettuali, nasce intorno agli anni '30, dal lavoro di compositori di estrazione colta come Kurt Weill, Paul Dessau e Hans Eisler e si sviluppa fino agli anni '50 prima negli Stati Uniti (Hollywood) poi - a guerra finita - a Berlino Est. Decisivo è l'influsso di Bertolt Brecht. La canzone tedesca introduce nella musica leggera il modello di un'interpretazione vocale asciutta, distaccata, accompagnata da una mimica spigolosa, a tratti rigida ed a tratti scomposta, che si contrappone vistosamente - specie in Italia - allo stile sentimentale dominante (la più famosa è stata certamente Lilì Marlen, adottata durante la guerra dai soldati di tutti gli eserciti). Da noi questo modello si fa strada tra gli anni '50 e '60 soprattutto attraverso il lavoro di Giorgio Strelher, che - oltre a mettere in scena diversi drammi brechtiani con canzoni - contribuisce alla ridefinizione dello stile di cantanti come Ornella Vanoni (le "canzoni della mala") e Milva. La canzone in Italia è ancora prevalentemente "canzonetta". Modugno, Celentano, Buscaglione sono la punta dell'iceberg della ricerca di una canzone "diversa". Nel 1957 viene avviata a Torino l'esperienza di Cantacronache, che ha il lodevole proposito di riportare nella canzone italiana il duro contenuto della realtà quotidiana, avvalendosi per la prima volta della collaborazione di autori come Italo Calvino, Gianni Rodari, Umberto Franco Fortini. 2 ANNI '60 Dalla Francia proviene il modello di una canzone "impegnata" sia nella forma letteraria sia nei contenuti sociali. In Italia, la moda parigina del Cafè chantant si impone all'inizio del secolo. I primi a richiamarsi direttamente alla maniera francese sono i cantautori: Gaber e Jannacci (che accoglieranno e svilupperanno originalmente la teatralità della canzone francese ed una certa ironia alla Boris Vian), ma ancor più quelli della "scuola genovese": Paoli, Tenco, Lauzi, Bindi, Endrigo, De André. Il loro lavoro, che esprime una poetica piuttosto unitaria sul piano dei contenuti, guarda agli chansonnier, che sul mercato italiano hanno ancora una circolazione ristretta, ma che sembrano costituire l'alternativa più credibile alla canzonetta sanremese; due personaggi esercitano un'influenza particolarmente marcata: Jacques Brel e Georges Brassens, ma anche Ferré, Aznavour, Bécaud. È dal loro esempio che gli autori italiani più giovani prendono il coraggio di affrontare temi diversi da quelli canonici e di parlarne direttamente, semplicemente, con un linguaggio meno artefatto e più vicino alle cose. Comincia ad affermarsi l'idea che anche la canzone sia un potenziale veicolo di poesia e di cultura ed alla canzonetta si affianca la canzone d'arte (o d'autore). I cantautori sono più consapevoli del loro ruolo nelle trasformazioni che il costume italiano sta attraversando. Proprio in quegli anni la canzone "progressiva" comincia a parlare inglese con Bob Dylan, Donovan, Joan Baez, collateralmente alla diffusione del rock (all'estero Beatles e Rolling Stones) e della beatlemania (Rita Pavone e Gianni Morandi). Siamo in pena beat generation (Caterina Caselli e Patty Pravo), la generazione on the road, che finirà simbolicamente nel '67: nel mondo con l'uscita dell'album dei Beatles Sergent Pepper's… ed in Italia con il brano 29 settembre. Rock'n'roll significa grossomodo "dondola e rotola" oppure "dondola e ondeggia". Prima che il rock nascesse, la musica americana era rigidamente suddivisa in tre grandi generi: la musica commerciale (pop, seguita dalla borghesia urbana), la country music (masse contadine del sud e componenti operaie) e il rhythm'n'blues (musica urbana della popolazione di colore). I tre generi avevano canali di diffusione diversi, stazioni radio differenziate, negozi e centri di produzione diversi; ciascun genere aveva i suoi successi, classificati in graduatorie a parte. Una delle grandi novità del rock è che, appena esploso, si impone contemporaneamente in tutte e tre le classifiche, anche perché deriva dalla fusione di tutti e tre i generi. ANNI '70 Ondata angloamericana ricaccia nell'ombra ogni genere di chanson. I musicisti prendono coscienza del loro ruolo e delle loro possibilità cominciando a sentirsi "intellettuali", le canzoni si riempiono di contenuti politici ed è lo stesso pubblico a pretendere una musica con un diverso rapporto col sociale. Emergono tre grandi filoni: pop cosiddetto progressivo, folk o neofolk e dei nuovi cantautori. Poesia e canzone Il dibattito nasce più o meno nella prima metà degli anni '70, con la seconda ondata di cantautori. Già la prima ondata aveva come referente, se non la poesia, la canzone "poetica" come quella francese; la seconda allarga i suoi orizzonti anche alla canzone americana (Dylan, Cohen, Joni Mitchell). I cantautori reagirono a questa legittimazione culturale forzata rivendicando il carattere subalterno ed artigianale del loro lavoro: Trattasi di canzonette (Jannacci) e Sono solo canzonette (Bennato). L'arte della canzone, sottolineano la maggioranza degli intellettuali, si fonda su un "tutt'uno - se ben fatto, inscindibile - di parole, musica, voce" (Maurizio Cucchi). È nella dimensione della parola, nell'esecuzione vocale e musicale realizzata, scelta e fissata su nastro, su disco che si può incontrare - quando c'è - la poesia nella canzone. ANNI '80/90 La scuola bolognese ha prodotto artisti molto diversi tra loro, dotati di personalità non facilmente omologabili ed eclettici, esprimono uno stato di malinconia esistenziale subito corretto da un senso fortissimo della realtà e da un'allegria contagiosa. 3