2° CORSO PER TECNICI NAZIONALI DELLA FIT CON VALORE
DI ALLENATORE DI QUARTO LIVELLO EUROPEO CONI - FIT
Anni 2004/2005
PROJECT WORK
TECNICHE POSTURALI NELLA PREVENZIONE E NEL
MIGLIORAMENTO DELLA STABILITA’ CORPOREA
DEL TENNISTA
Autori:
Tutor:
Maestro Nazionale Andrea Spizzica
Maestro Nazionale Cosimo Siracusano
Tecnico Nazionale Roberto Catalucci
Roma, 8-9 novembre 2005
Indice
Abstract
pag.3
Introduzione
pag..5
Capitolo 1
ATTEGGIAMENTO POSTURALE
La postura
pag. 9
Equilibrio e squilibrio
La posturologia
pag.12
Sistema tonico posturale
pag.16
Gli esterocettori
Gli enderocettori
Formazioni del Sistema Nervoso Centrale facenti parte del Sistema
Tonico Posturale
pag.25
Gli effettori finali del Sistema Tonico Posturale
pag.25
Esame delle sindromi da deficit posturali
pag.26
Esame posturale
pag.27
Test della marcia di Fukuda
Test di Romberg
Manovra di De Cyon
Manovra di convergenza oculare
Test di rotazione della testa
Manovra di Bassani
Manovra di convergenza podalica
Analisi posturale globale
Capitolo 2
TECNICHE CORRETTIVE POSTURALI
La gnatologia
pag.34
Problemi gnatologici
pag.34
Sindromi posturali e correlazione tra problemi gnatologici e postura
pag.36
1
Il byte
pag.38
Effetti neurofisiologici del byte
pag.39
Posturologia plantare
pag.40
Trattamento dei difetti degli arti inferiori: anomalie del piede
pag.40
Il metodo Mezieres
pag.42
Riprogrammazione posturale globale
pag.46
La pedana di Huber
pag.50
Capitolo 3
Scopo della ricerca
pag.54
Materiali e metodi
pag.56
Soggetti
Procedure sperimentali
Apparecchiature e metodi di valutazione
Trattamento dei dati
Analisi dei risultati
pag.61
Stabilometria
Dinamometria
Costo energetico
Conclusioni
pag.73
Bibliografia
2
ABSTRACT
E’ ormai consuetudine per chi si trova ad allenare tennisti di buon livello dover
affrontare il problema degli infortuni.
Molto spesso un infortunio viene trattato solo dopo che si è verificato, con poca
attenzione quindi per l’aspetto puramente preventivo limitando così l’attività dell’atleta
e costringendolo alla sosta.
Troppo spesso la ricerca della performance sportiva catalizza tutte le attenzioni della
scienza medica e dei teorici dell’allenamento a discapito della prevenzione.
Dopo una parte storica ed esplicativa delle varie tecniche posturali e degli ausili
ortopedici, verrà posta l’attenzione sui risultati scaturiti da una ricerca sperimentale
basata su una tecnica innovativa che ha la finalità di migliorare negli atleti e in
particolare nei tennisti, le capacità propriocettive ed il tono-trofismo delle catene
muscolari. L’apparato utilizzato è la Pedana di Huber.
La Huber è una macchina costruita in Francia dalla LPG ed è costituita da una pedana
collegata a un meccanismo elettrico che le fa compiere movimenti rotatori, appoggiata a
una base su cui è installata una colonna dove è costruito uno schermo di controllo
contenente il computer centrale con ai lati delle barre per l’impugnatura delle mani.
Al centro dello schermo si trova un segnale visivo che informa il paziente sulla quantità
di forza che sta erogando. Difatti, l’apparecchio richiede di applicare una forza costante
a sinistra e a destra per tutta la durata dell’esercizio, mentre la pedana su cui è carico il
paziente esegue un movimento oscillatorio.
Alla ricerca hanno partecipato 22 atleti di diverse discipline sportive sottoposti ad una
serie di verifiche scientifiche con dei test da laboratorio prima e dopo il periodo di
trattamento durato 60 giorni.
La ricerca evidenzia il ruolo della pedana di Huber nella stimolazione propriocettiva,
dimostrata dai risultati positivi ottenuti nella stabilità in appoggio podalico come
dimostrano i dati della stabilometria.
Nei tennisti inoltre si aggiunge il miglioramento della prestazione di forza dei muscoli
intrarotatori ed extrarotatori ottenuta sull’emilato più debole oltre a un miglioramento
generale delle capacità di forza sia degli arti superiori che degli arti inferiori.
Tali risultati inducono a credere che un’attenzione maggiore alla rieducazione posturale
e quindi un miglioramento della stabilità corporea possa avere un’importanza
fondamentale non solamente in caso di un trattamento riabilitativo, ma anche a scopo
preventivo. Non va infatti sottovalutato che il miglioramento della prestazione nei
3
tennisti di alto livello è dovuta oltre che a un miglior utilizzo della macchina umana
all’allontanamento di tutte quelle pause dovute a un infortunio che possono segnare
pesantemente la carriera di un tennista.
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Si ringraziano il dott. Gallozzi Claudio il dott. Fratoni Gianluca e
il Dott. Puzzilli Daniele per il prezioso aiuto.
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INTRODUZIONE:
E’ ormai una consuetudine per chi si trova ad allenare atleti di buon livello dover
affrontare il problema degli infortuni.
L’infortunio oltre a limitare l’attività dell’atleta costringendolo alla sosta, può lasciare
degli strascichi o peggio ancora se non viene curato adeguatamente potrebbe
riverificarsi a distanza di poco tempo.
Molto spesso un infortunio viene trattato solo dopo che si è verificato, ma allora la
domanda che ci si pone e che con questo Project Work vogliamo sviscerare è questa: è
possibile allenare un atleta non solo sulle capacità condizionali, ma anche a livello
preventivo cercando di prendere in considerazione il suo fisico in maniera globale o
meglio olistica partendo quindi da un concetto di catene muscolari anteriori e posteriori
ascendenti e discendenti e non prendendo delle singole parti muscolari trattandole
settorialmente?
L’utilizzo di tecniche posturali atte a ripristinare eventuali squilibri muscolari e di ausili
ortopedici correttivi con un plantare in caso di problemi di catena muscolare ascendente
o di un byte in caso di catena muscolare discendente può aiutarci nel nostro scopo?
Un esempio tangibile è il molto pubblicizzato “Milan Lab”, ovvero l’intento di una
società che investe milioni di euro per una prevenzione infortunistica dei suoi atleti con
una equipe medica che personalizza l’allenamento a seconda della struttura fisica e del
ruolo che i giocatori ricoprono.
Risultato: il Milan oltre ad essere una delle più grandi realtà calcistiche mondiali è la
squadra con meno infortunati del campionato di calcio.
Ma perché tutto questo non si può trasferire nel tennis?
Il tennista di alto livello è ormai un’atleta completo che deve riuscire a giocare su tutte
le superfici , con tutte le variazioni climatiche, con velocità della palla che spesso sono
superiori ai 200 km/h.
Un altro paragone calzante può essere fatto con le nostre Ferrari.
Una macchina del genere ha bisogno di 20 meccanici dopo pochissimi giri per regolare
l’assetto, l’usura, etc, pena il calo della prestazione o peggio ancora a quella velocità la
perdita di aderenza e la conseguente uscita di strada.
Lo stesso vale per un tennista di alto livello!
Un piccolo problema a livello posturale, che per una persona che svolge una vita
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normale non porta ad alcun effetto, nell’atleta messo sotto pressione può conoscere
l’infortunio e il conseguente calo della prestazione.
Ciò premesso, analizzando gli aspetti che possono influenzare la prestazione sportiva,
bisogna ricordare che troppo spesso la ricerca della performance sportiva catalizza tutte
le attenzioni della scienza medica e dei teorici dell’allenamento verso lo sviluppo della
forza in tutte le sue manifestazioni, trascurando altri aspetti che possono contribuire al
miglioramento del risultato sportivo (e prevenire gli infortuni), come la mobilità
articolare. In medicina dello sport come mobilità articolare vuole intendersi la libertà o
ampiezza di movimento che un’articolazione può consentire ai segmenti ossei che la
compongono.
Sono molti gli autori che da tempo sostengono che questa qualità svolge un ruolo
determinante nella pratica dello sport fino, a volte, a condizionarne la scelta.
Sicuramente una ridotta flessibilità, per la limitazione del gesto atletico, ha ripercussioni
negative sulle massime prestazioni possibili.
Esiste, poi, un altro aspetto da tenere in considerazione che caratterizza la ricerca del
miglioramento della performance ed è che la costruzione a lungo termine della
prestazione sportiva, spesso, è caratterizzata dallo sviluppo prevalente delle masse
muscolari direttamente interessate al gesto specifico di gara. Questo fenomeno prende il
nome di specializzazione e produce un rafforzamento non equilibrato dei gruppi
muscolari agonisti-antagonisti.
Tutto questo ci fa capire che la mancanza di uno sviluppo simmetrico della muscolatura
può produrre squilibri di forze che si scaricano sulle articolazioni e sulle strutture di
sostegno.
Oltre a questi aspetti specifici, è importante evidenziare che l’atleta si colloca nello
spazio secondo modalità precise che spesso rispondono non ad una logica
efficientistica, ma che sono volte alla ricerca del confort e che sono in grado di
condizionarne gli schemi motori.
Il corpo umano obbedisce a due postulati fondamentali: assenza di dolore; economicità
di funzione.
Inoltre queste due funzioni devono espletarsi attraverso esigenze contrastanti, come la
stabilità e la mobilità.
A questo enigmatico problema devono provvedere le complesse architetture funzionali
delle articolazioni che rispondono a schemi determinati, il risultato dei quali è definito
postura ( o sistema posturale) che non è altro che la risposta integrata del corpo umano,
nelle sue manifestazioni statiche e in movimento, alla forza di gravità.
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Il Sistema Tonico Posturale è un network di informazioni che i recettori e le vie
afferenti inviano al Sistema Nervoso Centrale per determinare una risposta armonica ed
equilibrata contro la forza di gravità.
Il Sistema tonico posturale reagisce alla forza di gravità e si adatta alle necessità
secondo le leggi dell’economia e del confort.
Quando l’atleta si allontana da una biomeccanica funzionale economica ed efficiente,
non esprime immediatamente un disagio o un sintomo clinicamente rilevabile, ma si
instaurano dei compensi che diminuiscono il suo potenziale stato di benessere e quindi
la sua performance.
In questo P.W. dopo una parte storica ed esplicativa delle varie tecniche posturali e
degli ausili ortopedici verrà posta l’attenzione sui risultati scaturiti da una ricerca
sperimentale basata su una tecnica innovativa che ha la finalità di migliorare negli atleti
le capacità propiocettive, il tono trofismo delle catene muscolari grazie alla “pedana di
Huber”.
La letteratura riporta che l’apparato Huber è stato utilizzato in Francia, sia in campo
sportivo che riabilitativo, per un lavoro globale di sollecitazione dei muscoli della
schiena al fine di ottenere maggiore libertà di movimento e un miglioramento della
coordinazione motoria. Purtroppo la stessa letteratura non riporta alcun risultato
sperimentale che giustifichi quanto afferma.
Alla luce di quanto detto si cercherà di verificare la stabilizzazione degli aggiustamenti
posturali e il conseguente miglioramento della stabilità corporea ( su tennisti e atleti di
altre discipline) ottenuti attraverso le tecniche di rieducazione posturale nei soggetti
trattati con Huber.
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Capitolo I
ATTEGGIAMENTO POSTURALE
•
La postura
Possiamo configurare la “postura” come quell’atteggiamento del corpo degli esseri
viventi, specifico per ogni specie animale che serve all’adattamento ambientale.
Essa è caratterizzata da diversi rapporti di posizione tra due o più segmenti corporei
e tra il corpo e l’ambiente che lo circonda.
Vedendo da lontano una persona, anche se non riusciamo a percepire i particolari,
spesso ci è possibile riconoscerla dal modo caratteristico ed individuale, in cui mantiene
una postura, in piedi o seduta.
Infatti, ognuno di noi assume posizioni ed atteggiamenti tipici, che si differenziano
da quelli assunti da altre persone.
La postura è tipica per ogni specie animale, nell’uomo è eretta poiché in questa
posizione egli raggiunge il minore dispendio di energia.
Come in tutte le procedure di esame, la valutazione dell’allineamento scheletrico
ideale utilizzato come standard è la stazione eretta, essa comporta una minima quantità
di azione muscolare e conduce alla massima efficienza del corpo. Nella postura standard
la colonna presenta delle curve nella norma e le ossa degli arti inferiori in allineamento
ideale per il sostegno del peso corporeo. La posizione “neutra” del bacino suggerisce il
buon allineamento dell’addome, del tronco e degli arti inferiori. Il torace e la regione
dorsale si trovano in una posizione che favorisce la funzione ottimale degli organi della
respirazione. La testa è eretta in posizione ben equilibrata in modo che sia permessa la
minima tensione a carico dei muscoli del collo.
Se immaginiamo di attraversare il corpo con un piano sagittale mediano e con uno
coronale, dall’intersezione di questi due piani si ottiene la linea di gravità che
corrisponde all’asse verticale del corpo.
Attorno a questa linea il corpo è ipoteticamente in una posizione di equilibrio, la
distribuzione del peso del corpo è uniforme e i segmenti corporei sono tra loro nel
giusto allineamento.
Osservando un essere umano in piedi di profilo la posizione ideale del corpo nello
spazio è tale che la linea di gravità, coincidente con l’asse verticale del corpo, passi per
l’apice del cranio, per l’apofisi odontoide della 2° vertebra cervicale, per il centro di
gravità del corpo a livello del corpo vertebrale della terza vertebra lombare e, scesa
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davanti all’articolazione coxo-femorale e dietro a quella tibio-tarsica, si proietti al suolo
nel centro del poligono di sostegno formato dalle piante dei piedi e dello spazio tra esse
compreso.
Un uomo fermo in stazione eretta, tuttavia, mostra delle piccolissime ed inevitabili
oscillazioni. Una dimostrazione di questi spostamenti viene descritta da Vierordt il
quale, fin dal 1864, a Berlino, aveva registrato questi movimenti fissando sulla punta
del casco dei soldati una piuma che, sfregandosi contro un disco rivestito di nero fumo,
descriveva tali movimenti e loro ampiezze. In seguito approfonditi studi dimostrano che
la quasi immobilità nella stazione eretta richiede il trattamento in tempo reale e
l’integrazione di molteplici informazioni affinché la linea di gravità rimanga inscritta
entro certi limiti che risultano compresi intorno a 4° di arco di un immaginario pendolo
inverso con il suo punto fisso a livello della caviglia.
La capacità di mantenere l’equilibrio in una determinata postura è assicurata da un
tono muscolare di base, ossia da un particolare stato di contrazione muscolare
mantenuto da ripetuti impulsi asincroni di bassa frequenza. Poiché i differenti muscoli
posturali non lavorano in maniera isolata ma sotto forma di autentici insiemi sinergici e
antagonisti è stato introdotto il termine di “catena muscolare”.
Diversi sono i fattori che condizionano l’acquisizione di una determinata postura,
primo in assoluto è la lotta contro la gravità a cui si aggiungono segnali elettromagnetici
esterocettivi e propriocettivi che il corpo rileva ed a cui risponde attraverso continui
aggiustamenti fisiologici.
Ma la postura, oltre questo, è anche la rappresentazione esterna di una condizione
decisamente personale.
Secondo Lowen, l’equilibrio tonico-posturale del soggetto, il suo ancoraggio al
suolo, i suoi gesti, il modo di respirare, sono il riflesso della sua personalità ma, anche
delle sue difficoltà e dei suoi complessi.
Il nostro atteggiamento è, infatti, il riflesso di un insieme di fattori genetici,
biologici e personali.
Lo sviluppo morfologico, le esperienze personali di comunicazione con altri ed il
modo in cui sono state vissute, i dati affettivi della famiglia e della società, la possibilità
di muoversi e di sperimentare esperienze motorie nel giusto modo e nella giusta fase di
crescita sono aspetti della persona che ritroviamo nel suo sistema tonico-posturale.
Si può concludere, dunque, che un uomo in posizione eretta descrive sul piano
somatico la sua storia e le sue relazioni con l’ambiente.
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La postura, pertanto, non deve essere intesa come una condizione rigida, statica e
strutturata ma come un continuo aggiustamento per il mantenimento dell’equilibrio
inteso come l’ottimizzazione del rapporto tra il soggetto e l’ambiente circostante, ossia
quella condizione in cui l’individuo assume posizioni ideali rispetto alla situazione in
cui si trova e secondo i programmi neuromotori previsti.
Gli elementi che caratterizzano il mantenimento di una postura, quindi, sono
innumerevoli, e comprendono fattori fisici, emotivi e psichici.
Cercheremo di vedere i principali elementi strutturali per comprendere meglio
questo atteggiamento posturale. Per motivi di semplicità limiteremo la nostra attenzione
ai fattori fisici che influenzano la statica, tralasciando volutamente le componenti
emotive e psichiche ed il movimento.
Molti studi conducono a pensare che una funzione così importante non possa essere
affidata ad un solo organo o apparato ma richiede l’impiego di un intero sistema, “il
sistema –Tonico-Posturale (S.T.P, “un insieme strutturato” a entrate multiple e con
numerose funzioni, quali lottare contro la forza di gravità, situarci nello spazio-tempo
strutturato che ci circonda, prepara il movimento volontario, contribuisce al suo
avviamento, lo equilibra e lo guida.
Equilibrio e squilibrio
L’equilibrio dell’uomo in stazione eretta è basato su uno squilibrio: infatti la linea di
gravità del corpo (cioè la verticale che passa per il baricentro) cade più in avanti dei
malleoli, ed inoltre il baricentro della testa si trova in avanti rispetto alla colonna
cervicale. Per contrastare la tendenza del corpo a cadere in avanti, risulta, quindi,
evidente la necessità di elementi situati posteriormente per controllare questo squilibrio
anteriore:
-
a livello della caviglia, principalmente il muscolo soleo, cioè la parte
monoarticolare del polpaccio;
-
a livello cervicale, prevalentemente il muscolo trapezio.
Negli altri segmenti corporei non si riscontra un disequilibrio così evidente:
sulla colonna vertebrale dorsale e lombare la gravità agisce con bracci minimi, cioè
la linea di gravità passa molto vicino all’asse delle varie articolazioni, per cui il
mantenimento del rachide è assolto in modo soddisfacente dalla tensione delle parti
molli, cioè fasce e muscoli. Allo stesso modo, per le articolazioni di ginocchio ed anca,
la linea di gravità cade molto vicina all’asse trasversale delle stesse, in modo da rendere
quasi nullo il braccio di leva.
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Limitandoci ad osservare il tronco, constatiamo, quindi, che non c’è un grande
lavoro muscolare nel mantenimento della colonna vertebrale, in quanto la tensione
elastica dei muscoli stessi è generalmente sufficiente per tenere il busto eretto.
Naturalmente questa è un’analisi piuttosto grossolana della funzione muscolare
applicata alla postura: vi sono infatti altri muscoli che lavorano per permetterci di
interagire col mondo.
Basti accennare ai piccoli sotto-occipitali, a cui è delegato il compito di mantenere
l’orizzontalità dello sguardo, quale che sia la posizione del tronco.
Oppure ai muscoli del massiccio facciale, quali i muscoli mimici o quelli
masticatori: se questi ultimi fossero rilassati, il peso della mandibola farebbe aprire la
bocca.
Tuttavia, questi casi particolari non vanno ad alterare il discorso generale: per il
mantenimento della postura non c’è bisogno di un grande lavoro muscolare!
L’apparato muscolo-scheletrico, nell’essere umano, ha principalmente 2 scopi: la
protezione ed il movimento. La priorità della protezione è maggiormente evidente a
livello del cranio, della cassa toracica e del bacino, per salvaguardare rispettivamente
cervello, cuore e polmoni, organi riproduttivi.
Vediamo che in queste regioni troviamo delle cifosi: occipitale, dorsale e sacrale.
Il movimento, invece, a livello rachideo, è affidato prevalentemente alle lordosi
cervicale e lombare: queste regioni sono infatti di gran lunga le più mobili della
colonna.
L’accentuazione di una o più curve rachidee, pur non permettendo di trarre
conclusioni affrettate, può comunque dare qualche indicazioni sulle priorità di
protezione o movimento messe in atto dal soggetto.
•
La posturologia
La posturologia fu introdotta nel 1953 in Francia da un neuro-oftalmologo, Baron,
che pose importanti quesiti su questo intrigante argomento; usò come cavie alcuni pesci,
e sperimentò come poteva variare la loro postura in rapporto a differenti stimolo visivi,
usando prismi ottici che come vedremo in seguito rappresentano un importante presidio
terapeutico.
Come dice il nome stesso, è una disciplina che focalizza la sua attenzione sullo
studio della postura, argomento questo che da allora fece riscontrare un sempre maggior
numero di interessanti; fu la volta nel 1980 del portoghese Da Cunha, famoso per aver
ideato il “deficit da sindrome posturale” successivamente della scuola giapponese che
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apportò grandi innovazioni soprattutto nel campo della diagnostica avvalendosi di
sempre nuovi mezzi elettronici ed, infine degli americani sebbene si avvalessero di un
approccio biomeccanico completamente differente.
In questo lavoro la nostra attenzione sarà soprattutto rivolta alla “Scuola francese di
Posturologia”, sicuramente la più attiva in questo campo, e che negli ultimi anni con il
suo Presidente P.M. Gagey in collaborazione con il Prof. P. Villeneuve hanno
meticolosamente studiato ogni possibile relazione tra apparato stomatognatico e postura
corporea.
La Posturologia non è considerata una medicina diagnostica bensì una sperimentale,
ovvero capace di analizzare i risultati fisiologici dei nostri stimoli; parliamo quindi di
una disciplina strettamente collegata alla moderna fisiologia; infatti ciò che regola la
postura corporea è senza alcun dubbio il muscolo controllato dal SNC.
Per analizzare l’insieme muscolo-postura-snc abbiamo bisogno della stimolazione
dei meccanocettori dentali o podalici indifferentemente, visto che entrambi sono di
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contatto, e non di quelli visivi che differentemente sono di distanza: la stimolazione dei
meccanocettori di contatto che a noi interessano hanno una soglia di 100 micron.
Da considerare immediatamente è la capacità di adattamento che hanno questi
meccanocettori, che, come ben ricorderemo dai nostri studi sulla fisiologia, si
differenziano a seconda che siano bambini, molto veloci e quindi con un alto grado di
adattamento, o di adulti, che generalmente hanno una soglia di scarica inferiore ai 100
micron e quindi con un basso grado di adattamento; l’esempio più frequentemente usato
per spiegare tale adattamento è l’incapacità che si riscontra molto frequentemente negli
uomini di età avanzata ad una profonda inspirazione, causata dai meccanocettori dei
muscoli intercostali che hanno una soglia di eccitazione nettamente abbassata che gli
impedirà un normale stiramento.
Accertato, quindi, che i meccanocettori o pressori, presenti nella cavità orale sono
uguali a quelli presenti in tutto il corpo la Posturologia generale pone al centro della sua
analisi il “Sistema posturale fine” o meglio cerca di collocare il suo paziente dentro o
fuori tale sistema che come vedremo regolerà il grado o il tipo di trattamento
terapeutico.
Facendo un passo indietro, considerando un problema posturale come semplice
perdita di equilibrio, dobbiamo ricordare Charles Bell che nel 1837 per primo si
interrogò su come un uomo poteva mantenere la sua postura contro stimoli esterni; si
rispose da solo alcuni anni dopo dandosene la spiegazione nella presenza di un “senso
di equilibrio” esclusivamente disposto al suo mantenimento.
Della sua stessa idea furono negli anni a seguire i vari Romberg, Flaureus, Longet in
completa opposizione con DeCyon e Magnis che sebbene non avessero una propria idea
andavano contro la teoria del senso dell’equilibrio ed iniziarono l’epoca della ricerca.
Fu la volta nel 1890 di Vierdort che studiò l’equilibrio grazie all’osservazione dei
soldati prussiani durante le loro esercitazioni; ma si è dovuti arrivare al 1953 per
ottenere la prima piattaforma stabilometrica grazie a Ranquet, ed al 1986 per vederla
correttamente utilizzata da Gagey e Bizzo.
14
15
•
Sistema tonico posturale
Il S.T.P. è costituito da una serie di componenti in stretto rapporto l’una con l’altra.
Il S.T.P. è formato da: recettori sensoriali periferici esterocettori ed endorecettori, in
grado di rilevare segnali elettromagnetici periferici e, informando il Sistema Nervoso
Centrale del loro stato, sono grado di indurre una risposta posturale specifica per quel
determinato momento, modificando lo stato delle catene muscolari e di conseguenza gli
equilibri osteo-articolari; nervi che trasportano al centro i segnali periferici rilevati dai
recettori sensoriali; complessi neuronali centrali che elaborano e programmano delle
risposte appropriate; nervi deputati a trasportare i segnali dal centro verso la periferia;
muscoli striati come esecutori dei segnali in output.
Gli esterocettori
Gli esterocettori sono recettori sensoriali che captano le informazioni che
provengono dall’ambiente esterno e le inviano al S.N.C., i principali sono: l’orecchio
interno, l’occhio ed il piede.
- L’orecchio interno, considerato per lungo tempo l’elemento primordiale della
regolazione posturale, è al contrario un accelerometro destinato a coordinare la
posizione della testa e degli occhi durante il movimento, infatti, permette i movimenti
coniugati degli occhi e della testa per seguire un bersaglio mentre si guarda
un’immagine ferma sulla retina, registrando solamente accelerazioni e decelerazioni. Lo
strumento attraverso cui l’apparato vestibolare rileva il movimento è rappresentato dalla
cellula ciliata, situata all’estremità di ognuno dei tre canali arciformi perpendicolari tra
loro che costituiscono il sistema semi-circolare ed a livello dell’utriculo e del sacculo,
due vescicole che costituiscono il sistema otolitico.
Il sistema semi-circolare è sensibile alle accelerazioni angolari della testa ma, non
partecipa alla regolazione fine dell’equilibrio poiché la sua soglia minima di sensibilità
è superiore alle accelerazioni oscillatorie eseguite dal sistema posturale fine. Al
contrario, il sistema semi-circolare interviene nell’equilibrio dinamico. Il sistema
otolitico è sensibile alla gravità ed alla accelerazione lineare. Gli otoliti, pertanto, sono i
soli recettori vestibolari a svolgere un ruolo nel controllo dell’attività tonico ortostatica.
-
l’occhio è a volte un endorecettore e altre un esorecettore del sistema posturale.
L’esterocezione viene svolta dai fotorecettori della retina: i coni e i bastoncelli deputati
alla visione periferica. I nuclei dei nervi motori dei muscoli dell’occhio (oculomotore,
patetico ed abducente), i nuclei dei nervi vestibolari del midollo allungato e la parte
cervicale del corno anteriore del midollo spinale, connessi tramite il fascicolo
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longitudinale mediale, sono responsabili del sinergismo dei movimenti degli occhi con i
movimenti della testa, funzione fondamentale per il mantenimento dell’equilibrio
corporeo.
L’entrata visiva è attiva quando la mira visiva è vicina, se questa è distante 5 metri o
più, le informazioni che arrivano dal recettore visivo diventano poco importanti e non
vengono più prese in considerazione dal S.T.P.
L’occhio non può dire se lo scioglimento dell’immagine sulla retina sia dovuto al
movimento dell’occhio al movimento della testa o di tutto il corpo oppure è l’immagine
che si sta muovendo. È indispensabile, quindi, la funzione di integrazione di queste
informazioni da parte del Sistema Nervoso Centrale con quelle provenienti dagli altri
recettori sensoriali affinché il S.T.P. possa adattare la postura e mantenere l’equilibrio
statico e dinamico.
Due tipi di patologie possono decompensare il recettore visivo: i disturbi della
rifrazione (miopie, astigmatismo, ipermetropia) per quanto riguarda l’esterocezione
sensoriale ed i disturbi di convergenza e le eteroforie o difetti di parallelismo degli assi
visivi conseguente ai deficit della propriocezione muscolare extra-oculare.
Lo squilibrio a destra o a sinistra dei muscoli oculo-motori avrà per conseguenza
uno squilibrio a destra o a sinistra dei muscoli del corpo che a loro volta genererà
rotazioni e basculle.
-
il piede è il principale strumento posseduto dall’uomo per rapportarsi con
l’ambiente e modificarsi in relazione ad esso.
Il piede, come l’occhio, è sia un endorecettore che un esterocettore, infatti, a livello
della pelle, muscoli e articolazioni presenta una molteplicità di recettori che fanno sì che
il piede rappresenti un elemento fondamentale del sistema posturale.
A livello della cute gli esterocettori traducono le informazioni del mondo esterno in
un fenomeno bioelettrico.
Poiché il piede è allo stesso tempo il punto fisso del pendolo inverso ed il tampone
terminale del sistema posturale, punto di unione tra gli squilibri posturali ed il suolo,
esso può essere un elemento causativo, adattivo o misto di uno squilibrio muscolare.
Si parla di elemento causativo quando è il responsabile dello squilibrio posturale, un
difetto della funzione statica o dinamica del piede comporta, infatti, ripercussioni non
solamente sul ginocchio sovrastante ma, anche sulle anche, bacino e colonna.
Come elemento adattativo, il piede tampona uno squilibrio che viene dall’alto,
all’inizio è uno squilibrio reversibile, successivamente si fissa alimentando lo squilibrio
sottostante.
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Come elemento misto presenta contemporaneamente un versante causativo ed uno
adattativo.
- l’apparato stomatognatico si deve aggiungere ai primi tre esterocettori il quale,
negli anni, è stato sempre più analizzato da coloro che si interessano di postura. In
particolare un numero crescente di studi tende ad analizzare la relazione delle
problematiche cranio-mandibolari con i disordini della postura.
L’apparato stomatognatico è costituito dall’articolazione temporo-mandibolare
(ATM), dall’occlusione dentale e dal sistema neuromuscolare masticatorio, e
rappresenta il punto di unione tra le catene muscolari posteriori ed anteriori.
La mandibola e la lingua sono direttamente inserite sulle catene muscolari anteriori
ed il mascellare superiore attraverso l’intermediario del cranio è in rapporto con le
catene posteriori.
Nell’ambito dei disordini cranio-mandibolari l’occlusione, definita come “il
rapporto sia statico che dinamico tra elementi di due arcate dentarie antagoniste”, viene
considerata uno dei principali fattori eziologici.
Con l’intermediazione dei denti, l’occlusione gioca lo stesso ruolo in rapporto alle
ATM che hanno i piedi in rapporto alle anche.
Un disturbo dell’occlusione influenza le ATM e il cranio per l’intermediazione dei
muscoli masticatori portando ad una modifica della posizione della testa, delle spalle e
quindi, di tutta la postura del corpo.
Altre disfunzioni cranio-mandibolari possono essere conseguenti a disturbi della
deglutizione ed a patologie linguali considerato lo stretto rapporto anatomico che
intercorre tra i muscoli deputati alla deglutizione e le strutture scheletriche coinvolte
nella postura. Uno scompenso del sistema stomatognatico può avvenire, oltre che per
uno squilibrio muscolo-scheletrico, anche attraverso il sistema nervoso.
L’apparato stomatognatico è innervato dal nervo cranico, il trigemino. In particolare
il nucleo della radice mesencefalica del trigemino presiede alla sensibilità propriocettiva
dei muscoli dell’occhio e dei muscoli masticatori; da questo nucleo nascono fibre
nervose che si portano ai nuclei somatomotori e visceroeffettori degli altri nervi
encefalici per formare archi riflessi.
Questo giustifica il motivo per cui uno scompenso dell’apparato stomatognatico
potrebbe dipendere anche da un problema a livello del sistema oculomotore.
Sono stati dimostrati rapporti di intima vicinanza a livello spinale tra le terminazioni
nervose trigeminali e quelle dei primi plessi cervicali, probabilmente attraverso la radice
discendente del nervo trigemino che giunge fino ai primi segmenti cervicali del midollo
18
spinale, tanto da far supporre l’esistenza di vie nervose di convergenza o di
interconnessione a livello spinale. Questo spiegherebbe l’insorgenza di sintomatologie
variabili a livello della faccia, dell’ATM, delle porzioni dermatomeriche dei primi nervi
cervicali. Anche informazioni trigeminali asimmetriche destra e sinistra trasmettono
afferente sensitive diverse a livello dei nuclei dei nervi spinali provocando
un’asimmetrica tensione a livello dei muscoli del collo e delle spalle che scompensano
il S.T.P. nel suo insieme.
In tal modo il sistema posturale è un sistema neuro-muscolo-scheletrico globale,
“mandibolo-cranio-sacrale-podalico” che va dai denti al cranio, poi dalla colonna
vertebrale alle anche e dalla colonna vertebrale ai piedi e viceversa, collegate da catene
muscolari fortemente interconnesse.
Gli enderocettori
Questi recettori sensitivi informano il S.T.P. di ciò che succede all’interno
dell’individuo, permettono al sistema di riconoscere la posizione e lo stato di ogni
muscolo, osso, legamento ed organo in rapporto al resto del corpo.
I recettori propriocettivi sono localizzati a livello delle articolazioni e dei muscoli,
essi traducono deformazioni meccaniche in segnali nervosi modulati in frequenza, che
sono poi trasmessi al sistema nervoso centrale ed elaborati a livello spinale, a livello del
tronco cerebrale e a livello della corteccia motoria, cervelletto e gangli della base.
Gli endorecettori si dividono in due categorie: recettori enterocettivi o viscerocettivi
e recettori propriocettivi.
- I visceri contengono numerosi recettori sensoriali normalmente utilizzati come
braccio afferente di riflessi ma di scarsa importanza nei processi di percezione
sensoriale.
Le principali eccezioni sono rappresentate da alcuni meccanici recettori viscerali che
mediano la sensazione di distensione e dai nocicettori, che mediano il dolore viscerale.
-
a livello delle articolazioni intervengono nella recezione della sensibilità
propriocettiva i corpuscoli di Pacini sensibili all’accelerazione, i corpuscoli di Golgi che
intervengono nella protezione legamentosa e segnalano la corretta posizione dei
segmenti corporei ed infine terminazioni nervose libere.
Un’articolazione che soffre oppure sollecitazioni articolari anomale provocano,
attraverso i riflessi spinali, un vero “bloccaggio muscolare”, questo fenomeno è alla
base di numerosi sintomi come rigidità articolare, perdita di mobilità, crampi,
indolenzimenti, tendinite, deformazioni articolari.
19
-
a livello muscolare, esistono due gruppi di propriocettori, i fusi neuromuscolari
ed i fusi neurotendinei o recettori del Golgi.
Un criterio selettivo, studiato in passato per distinguere i propriocettori, risiede nella
verifica della capacità di adattamento ad uno stimolo continuo.
Così, le cellule di Pacini vengono definite “quick-adapting” perché la loro scarica
elettrica decresce in un arco di tempo di alcuni millisecondi fino alla scomparsa in
presenza di uno stimolo continuo, mentre i corpuscoli di Ruffini e del Golgi e le fibre
intrafusali dei fusi neuromuscolari, “slow adapting”, continuano ad inviare il loro
segnale nervoso.
Da questa distinzione, si pensa che i recettori “quink-adapting”, molto sensibili alle
variazioni della stimolazione, siano i principali mediatori delle sensazioni di movimento
articolare; al contrario, i recettori “slow-adapting” sarebbero responsabili della
percezione della posizione articolare.
Il fuso neuromuscolare è stato identificato morfologicamente, come organo di senso,
nel 1893 da Ruffini e da Kerschner, è una struttura altamente specializzata, che si trova
diffusamente distribuita nel parenchima muscolare dei muscoli scheletrici. Consiste in
un fascicolo di fibre muscolari specializzate di circa 10 mm di lunghezza racchiuse in
una capsula connettivale affusolata, che si espande nella porzione centrale ad accogliere
un fluido di consistenza gelatinosa, molto simile all’umor vitreo del globo oculare.
Il fuso è fornito di abbondanti vasi sanguigni e presenta una ricchissima
innervazione sia motoria che sensitiva.
Le fibre muscolari modificate che compongono il fuso vengono definite intrafusali e
sono più sottili delle fibre muscolari vere e proprie; di solito si distinguono due tipi di
fibre intrafusali: le fibre a sacchetto di nuclei, di numero di 3-5 per ogni fuso,
presentano un accumulo di nuclei, circa 100, nella porzione mediana che appare
rigonfia; le fibre a catena di nuclei, in numero di 8-10 per fuso, in cui i nuclei sono
disposti in fila, sempre nella loro porzione mediana.
Inoltre, si può riconoscere nelle fibre a sacchetto di nuclei due sottotipi, e
precisamente fibre a sacchetto di nuclei statiche e fibre a sacchetto di nuclei dinamiche.
Esse sono notevolmente diverse tra loro sia come composizione ultrastrutturale, che
come caratteristiche biochimiche, sia per le loro proprietà meccaniche.
L’innervazione del fuso è assai complessa e consiste, dunque, in fibre sensitive e
motorie:
1.
fibre afferenti primarie
2.
fibre afferenti secondarie
20
Le fibre afferenti primarie, ad alta velocità di conduzione, con diametro tra 12 e 20
micromm, appartenenti al gruppo Ia della classificazione delle fibre nervose di Lloyd,
originano da terminazioni a spirale che si avvolgono sulla porzione centrale delle fibre
intrafusali.
Le fibre secondarie, di minore velocità di conduzione, e di più piccolo diametro,
appartenenti al gruppo II della classificazione delle fibre nervose di Lloyd, provengono
prevalentemente da terminazioni a spirale avvolte sulla porzione paracentrale delle fibre
a catena di nuclei.
L’innervazione motoria è caratterizzata da motoneuroni gamma provenienti dalle
corna anteriori del midollo spinale, che si distinguono in due tipi:
-
motoneuroni gamma dinamici, che innervano le porzioni polari delle fibre “a
sacchetto di nuclei dinamiche”;
-
motoneuroni gamma statici, che innervano sia le fibre intrafusali a sacco
nucleare statiche, sia le fibre a catena nucleare.
Per comprendere il meccanismo con cui il fuso riesce a segnalare le variazioni di
lunghezza del muscolo, bisogna ricordare la disposizione anatomica ed istologica dei
fusi nell’ambito del tessuto muscolare.
La capsula del fuso si fonde, ai suoi due poli, con l’endomisio, la guaina
connettivale che riveste le fibre muscolari extrafusali. Questa disposizione in parallelo
fa si che il fuso neuromuscolare sia particolarmente sensibile allo stiramento del
muscolo; infatti un allungamento muscolare si ripercuote anche sulle fibre intrafusali
producendo un di stanziamento delle spire della terminazione nervosa avvolta sulla
porzione centrale delle fibre intrafusali, là dove si trova il fluido gelatinoso che,
probabilmente
svolge
un’azione
lubrificante
permettendo
degli
spostamenti
indipendenti tra loro delle varie fibre.
La sensibilità del fuso allo stimolo di stiramento è molto elevata, bastano
piccolissime variazioni di allungamento del muscolo per far variare significativamente
la frequenza di scarica delle fibre afferenti.
Grazie alla presenza dei due tipi diversi di fibre intrafusali, il sistema nervoso riceve
informazioni sia sull’entità dell’allungamento muscolare, attraverso le variazioni di
scarica delle fibre secondarie, sia sulla velocità dell’allungamento, attraverso le fibre di
gruppo Ia.
Al loro arrivo a livello del Sistema Nervoso Centrale le fibre afferenti dal fuso
neuromuscolare provocano un riflesso da stiramento o riflesso miotatico, questo si
ottiene mediante un allungamento attivo o passivo di un muscolo che comporta, tramite
21
l’attivazione dei propriocettori fusali, una contrazione riflessa che tende a riportare il
muscolo alla sua lunghezza originaria.
Il riflesso da stiramento ha due componenti: una fisica ed una tonica.
La componente fisica del riflesso miotatico si evoca mediante l’allungamento lento
di un muscolo, come si verifica durante il movimento passivo di un’articolazione.
L’arco riflesso della componente fisica del riflesso miotatico è costituito da 1) fibre
afferenti di gruppo 1a originante dalle terminazioni primarie dei fusi neuromuscolari
situati in quel muscolo; 2) una connessione eccitatoria monosinaptica tra queste fibre
afferenti ed i motoneuroni alfa che innervano lo stesso muscolo; 3) una via disinaptica
inibitoria in cui le fibre di gruppo 1 a contraggono rapporti sinaptici con interneuroni
inibitori che, a loro volta, inibiscono i motoneuroni che innervano i muscoli antagonisti.
In questi casi è la componente statica del fuso ad essere stimolata.
Esistono centri sopraspinali di controllo dei gamma motoneuroni tonici, posti nella
formazione reticolare e nel complesso dei nuclei vestibolari, che ottimizzano il
significato funzionale del sistema propriocettivo dei fusi neuromuscolari.
All’eccitamento di un muscolo ed alla simultanea inibizione dei suoi antagonisti
viene dato il nome di innervazione reciproca.
L’arco riflesso della componente tonica del riflesso miotatico è del tutto simile a
quello del riflesso fasico, con l’eccezione che nel riflesso tonico anche le fibre afferenti
primarie di gruppo 2 originante dalle terminazioni secondarie dei fusi neuromuscolari
partecipano al riflesso.
La componente tonica del riflesso miotatico è presente sia nei muscoli estensori che
nei flessori, è particolarmente presente nei muscoli che si oppongono alla forza di
gravità e svolgono un ruolo primario nel mantenimento della postura.
In una lesione alle vie piramidali, si instaura più o meno velocemente un’ipertonia
spastica caratterizzata dall’iperattività del sistema gamma, questo comporta una risposta
esagerata allo stiramento passivo esercitato dal muscolo.
Il controllo sulla sensibilità del recettore è operato dal sistema di innervazione
gamma ed alfa.
L’innervazione gamma produce una contrazione localizzata alle estremità polari
delle fibre intrafusali, che, a sua volta, determina uno stiramento della loro parte
centrale, dove sono avvolte le terminazioni nervose, questo provoca una stimolazione
dell’attività afferente 1 a sufficientemente intensa da attivare i motoneuroni alfa. In
questo modo la detenzione del fuso prodotta dalla contrazione delle fibre extrafusali ad
opera dei motoneuroni alfa, può essere compensata dagli effetti opposti prodotti dalla
22
contemporanea attivazione dei motoneuroni gamma. In questo modo la sensibilità del
recettore può rimanere costante per ogni livello di contrazione muscolare, inoltre il
controllo di sensibilità del recettore, operato dal sistema gamma, è in grado di esaltare
selettivamente la sensibilità statica o dinamica del fuso, attraverso i due tipi di fibre
gamma che lo innervano. Pertanto nell’uomo i movimenti volontari ed altri tipi di
movimenti dipendono dalla coattivazione dei motoneuroni alfa e gamma.
Benché i recettori di stiramento muscolari promuovano l’attività di vie che finiscono
col raggiungere la corteccia cerebrale, l’informazione recata da questi potenziali di
azione non ha un correlato cosciente, infatti, il controllo dei gamma motoneuroni tonici
è deputato ai centri sopraspinali posti nella formazione reticolare e nel complesso dei
nuclei vestibolari, questi ottimizzano il significato funzionale del sistema propriocettivo
dei fusi neuromuscolari.
La nozione cosciente della posizione di un arto o di un’articolazione proviene,
piuttosto, da recettori situati nell’articolazione stessa, nei suoi legamenti e nella cute
sovrastante.
I fusi neurotendinei, o corpuscoli muscolotendinei del Golgi, (descritti nel 1880),
sono ispessimenti fusiformi, prodotti da fitte ramificazioni arborescenti di fibre
sensitive, che, avvolte da involucri di tessuto connettivo, giungono alla superficie delle
fibre collagene del tendine.
I fusi sono presenti in ogni parte del tendine, ma sono più numerosi nella zona di
passaggio tra tendine e muscolo.
Ogni recettore è disposto “in serie” rispetto ad un gruppo per ogni organo del Golgi.
Le fibre muscolari poste in relazione agli organi muscolotendinei del Golgi
appartengono a diverse unità motorie, ciò permette al recettore di campionare la
tensione sviluppata da unità motorie di diversi tipi durante la contrazione muscolare.
Le terminazioni nervose amieliniche, di forma irregolare, penetrano tra le trabecole
connettivali del corpo tendineo. Lo sviluppo di tensione del muscolo stira i filamenti
che diventano più rettilinei. Questa deformazione meccanica depolarizza i filamenti,
innescando i potenziali d’azione nella porzione mielinica extracapsulare della fibra
nervosa. Gli impulsi giungono al midollo spinale lungo fibre ad alta velocità di
conduzione del gruppo Ib. Esse hanno un’azione inibitoria sui motoneuroni alfa e sui
muscoli agonisti attraverso la mediazione di un solo interneurone spinale.
Questi organi sono estremamente sensibili alla contrazione attiva dei muscoli e
pressocchè indifferenti agli stiramenti passivi dei muscoli stessi.
23
In passato si pensava che gli organi del Golgi fossero uno strumento di difesa
dell’organismo per segnalare contrazioni eccessive e proteggere dalla rottura le
inserzioni muscolari.
Oggi, invece, si sa che l’attivazione massiva di queste afferenza può arrestare la
contrazione muscolare, ma la loro specifica funzione è quella di segnalare ai centri
superiori la tensione media sviluppata da un selezionato gruppo di unità motorie, la
frequenza di scarica aumenta con il progressivo aumento del reclutamento delle unità
motorie. Questo meccanismo, oltre a rappresentare un meccanismo di controllo a
feedback
negativo
per
la
contrazione,
viene
usato
dall’organismo
programmazione della forza di contrazione da parte dei centri motori.
24
per
la
• Formazioni del Sistema Nervoso Centrale facenti parte del Sistema Tonico
Posturale
I dati ricevuti dai differenti recettori vengono integrati a livello del S.N.C. I
componenti che ne fanno parte sono : i nuclei vestibolari che elaborano le accelerazioni
lineari ed angolari ricevute dall’orecchio interno; i gangli della base, e precisamente, il
corpo striato, il plaustro, il talamo, l’amigdala ed il globus pallidus, i quali sono un
insieme di servomeccanismi che intervengono nel tono muscolare, nei differenti
automatismi e verso l’alto nell’attivazione corticale; il cervelletto che è diviso in tre
parti ciascuna con funzioni diverse, l’archicerebello è il centro dell’equilibrio, connesso
con i recettori dell’orecchio interno, controlla la posizione della testa nello spazio e di
conseguenza interviene determinando movimenti delle varie parti del corpo atti a
mantenere l’equilibrio. Il paleocerebello è il centro regolatore del tono muscolare e della
postura. Il neocerebello è il centro regolatore dei movimenti volontari ed automatici; a
livello del mesencefalo troviamo il tubercolo quadrigemino superiore intercalato nella
ottica ed il tubercolo quadrigemino inferiore, stazione di passaggio della via vestibolare;
il sistema reticolare con i nuclei mesencefalici ed i nuclei rossi.
La formazione reticolare ha sia una funzione attivatrice della corteccia cerebrale,
influenza, per esempio lo stato di sonno-veglia e l’attenzione, che una funzione
inibitrice dell’attività motoria, del tono muscolare e delle attività riflesse sia somatiche
che viscerali.
Il nucleo rosso è intercalato nelle vie extrapiramidali ed inoltre collega il cervelletto
all’area motrice primaria e secondarie della corteccia cerebrale. Il nucleo rosso
provvede a mantenere e regolare la motilità volontaria ed i movimenti automatici che
accompagnano i movimenti volontari, esplicando anche un’azione moderatrice
sull’attività muscolare.
Le varie componenti del S.T.P. sono collegate tra loro da numerosissime vie
afferenti ed efferenti del S.N.C.
L’integrazione dei segnali ricevuti dai differenti recettori avviene a livello
sottocorticale e quindi fuori dal controllo della volontà.
•
Gli effettori finali del Sistema Tonico Posturale
Gli esecutori del comando di aggiustamento posturale sono striati, ossia i muscoli
controllati dalla nostra volontà.
25
Il muscolo striato è costituito da fibre di diverso tipo: le fibre di tipo B sono fibre
bianche caratterizzate da una bassa resistenza alla fatica e da un’elevata velocità di
contrazione, sono, pertanto, fibre deputate alla contrazione del muscolo; le fibre di tipo
A sono, invece, fibre rosse caratterizzate da un’elevata resistenza alla fatica e da una
bassa velocità di contrazione, sono, pertanto, fibre deputate all’attività tonica del
muscolo. Fanno parte del muscolo anche un terzo tipo di fibre con caratteristiche
intermedie tra le prime due, sono di conseguenza reclutate sia per una contrazione
tonica che fasica del muscolo.
Ad essere interessati come effettori del S.T.P. sono, in particolare, le fibre rosse
toniche e tonico-fasiche del muscolo.
Di conseguenza non serve dire ad un ragazzo di raddrizzare la schiena e le spalle
poiché egli recluterà muscoli fasici le cui caratteristiche sono di essere volontari ed
affaticabili.
Solo la riprogrammazione posturale permetterà di ottenere un risultato.
•
Esame delle sindromi da deficit posturale
Fu analizzata dal noto fisiatra di Lisbona H. Martins DaCunha, nel 1980, e da allora
ogni anno circa 2000 pazienti vengono diagnosticati come affetti da tale sindrome,
ricordando che per sindrome si intende un complesso di sintomi, caratteristici di un
particolare stato morboso.
Infatti, descrisse una serie di sintomi principali ed una serie di secondari; tra i
principali individuò i seguenti:
•
dolore:
- cefalee di origine ipertensiva
- dolori retroculari
- dolore al torace e addome
- artralgie
•
disequilibrio:
- nausea
- sensazioni vertiginose
•
segni oftalmici:
- visione doppia
- scotomi
•
segni di natura propriocettiva
26
Tra i sintomi secondari troviamo dei sintomi meno evidenti e riscontrabili, ma più
particolari e tra questi:
•
dolore ATM
•
periartriti
•
distorsioni frequenti
•
paresi, parestesie
•
difetti del controllo motorio
•
sindrome del tunnel carpale
•
tachicardie
•
affaticabilità muscolare
•
acufeni, ipoacusie
•
segni a livello psichico:
•
-
depressione
-
perdita di posizione
-
difetti di concentrazione
-
perdita di memoria
Esame posturale
Contrariamente a quanto accade per la Kinesiologia applicata, che analizza durante i
suoi test la muscolatura volontaria, durante un’analisi posturale, basandoci su quanto
detto finora, andremo ad analizzare i muscoli posturali, notarne la loro tonicità e
palparne la loro consistenza, senza che siano effettuati atti volontari, visto che questa
disciplina pone tutta la sua attenzione al sistema involontario.
Andremo così a descrivere tutti quei test che ci aiuteranno a formulare una corretta
diagnosi, a prescindere da quanto strumentario diagnostico avremo a disposizione.
Test della marcia di Fukuda
Si tratta di un test molto spettacolare e altamente ripetibile, che ci da la possibilità di
comprendere se il paziente analizzato avrà una evidente contrattura in un lato del corpo.
Il paziente dovrà marciare sul posto alzando le ginocchia, e rimanendo ad occhi chiusi,
per un tempo di 50 secondi dovrà essere scandito a voce alta (fig.1).
Si dovrà, quindi, immaginare disegnato sul pavimento un grande goniometro il cui
punto 0° sarà situato in quel piano passante saggittalmente al corpo; ci si troverà di
fronte a dati che andranno da 0° a + 90° per un paziente con alterato tono posturale
27
destro; da 0° a – 90°in un paziente che avrà il lato sinistro contratto con conseguente
alterazione del tono posturale. Si pone +/- 30° come limite oltre il quale ci si trova di
fronte ad una alterazione del tono posturale.
Test di Romberg
Questo è un esame che viene usato da molti anni in campo neurologico e da punti di
riferimento su eventuali squilibri posturali in avanti, in dietro e lateralmente del paziente
preso in esame. Quest’ultimo dovrà rimanere in piedi, con i talloni ben accostati, le
punte leggermente divaricate, chiudere gli occhi e tendere le braccia fino a formare con
il corpo un angolo di 90° (fig.2). A questo punto il soggetto in esame potrà muoversi
inconsciamente, e se vi sarà un problema di carattere posturale, la direzione di questo
movimento sarà quella del lato, per così dire, squilibrato.
Rifacendoci a studi francesi di neurofisiologia, possiamo dire che generalmente le
persone il cui primo movimento in questo test è anteriore, sono soggetti in una
depressione posturale che si manifesterà con senso di apatia e svogliatezza.
Coloro i quali si muoveranno posteriormente saranno soggetti in iperattività fisica,
poco affidabili, e con un bilancio di fine giornata quasi nullo.
Dobbiamo sottolineare l’importanza di analizzare esclusivamente il primo
movimento, ed inoltre, per avere un buon punto di riferimento, dovremo rimanere
immobili di fronte al paziente durante l’esame.
28
Manovra di De Cyon
Un test da utilizzarsi quasi esclusivamente in caso di dubbi sulla situazione
neurologica del paziente in esame. Consiste nel far unire la punta degli indici delle due
mani ad occhi chiusi, rimanendo seduti e con le braccia tese (fig.3).
29
Manovra di convergenza oculare
Questo test ci permette di testare il tono dei muscoli retti esterni degli occhi, e si
esegue dirigendosi lentamente con una penna, da una distanza iniziale di circa 80 cm,
verso il naso all’altezza della linea bipupillare (fig.4).
Test di rotazione della testa
In questo test il paziente dovrà sedere con le braccia abbandonate, ed il terapeuta
rimanergli di spalle, porre le braccia ben tese e tenere saldamente le sue spalle nella
regione compresa tra la zona scapolare e quella cervicale laterale.
A questo punto il paziente dovrà girarsi ruotando la testa prima in un lato e poi
nell’altro, ed interrogato su eventuali differenze tra i due lati (fig.5). Fisiologicamente,
durante questi movimenti rotazionali, qualsiasi soggetto dovrà essere in grado di vedere
completamente la faccia del terapeuta; altrimenti ci troveremo di fronte ad un paziente
con movimento deficiente in un lato o nell’altro, ma mai in entrambi
contemporaneamente, mostrandoci facilmente da quale lato vi sia spasmo e
conseguentemente alterazione posturale.
30
Manovra di Bassani
Viene anche detto “test dei pollici montanti” e si tratta un esame dinamico. Il
paziente in piedi sarà privo di maglietta, e ci rimarrà di spalle; noi dovremo appoggiare i
nostri pollici simmetricamente e lateralmente ai processi spinosi, zona L 3, con una
forza di circa 50 gr, e fargli abbassare prima la testa e qualche istante dopo anche il
busto fino a toccare con le mani la punta dei piedi. Si andrà a testare quanto e come
potranno stirarsi i muscoli gran dorsali, responsabili dei movimenti di estensione e
rotazione dell’omero andando quindi a tirare il braccio in basso e indietro (fig.6).
Nella parte finale, i pollici, fisiologicamente, dovranno trovarsi nella stessa
posizione simmetrica di partenza, altrimenti il pollice rimasto più in alto dimostrerà un
evidente spasmo nella parte omolaterale.
31
Manovra di convergenza podalica
Si va a testare i muscoli rotatori esterni degli arti inferiori, facendogli compiere una
rotazione interna progressiva simmetrica grazie ad una presa al livello malleolare
(fig.7).
Frequentemente si potrà osservare che la punta del piede sinistro sarà più
internamente rispetto al destro; la spiegazione è semplice e basta pensare alla zona dove
generalmente cadrà il gomitolo stabilometrico, ovvero nel quarto quadrante del piano
cartesiano raffigurante l’esame stabilometrico.
Questo test dovrà essere eseguito a paziente sdraiato sul lettino e per standardizzare
questo esame si usa avere una presa malleolare ben precisa: si fa scivolare la mano
dall’esterno all’interno sotto il tendine d’Achille, e una volta arrivati con la punta delle
dita al malleolo si stringe intensamente usando cos’ durante il movimento anche la
nostra parte alta del palmo della mano.
Analisi posturale globale
Logicamente questo test dovrebbe essere il primo in ordine di tempo ad essere
effettuato, ma è stato messo a punto per avere già una cognizione degli Standard
analitici in campo posturologico.
Da un’analisi ortostatica del nostro paziente, che per facilità potrà essere posizionato
dietro un posturoscopio, ovvero uno strumento fatto a griglia, delle dimensioni di un
uomo su cui sarà tracciata la verticale di Barrè o linea sagittale, e privo del normale
vestiario, si potrà avere una importante idea sulle sue condizioni costituzionali e
morfologiche (fig.8).
Essenzialmente, durante la sua analisi, andremo a distinguere un esame frontale, uno
antero-posteriore ed uno posteriore. Anteriormente si avrà come punto di riferimento le
spine iliache superiori, la parte interna clavicolare e l’asse bipupillare.
32
Antero-posteriormente, in assenza del posturoscopio, si dovrà utilizzare un filo a
piombo per analizzare se questo paziente tenderà in avanti o in dietro, quindi, se sarà un
morfotipo tendente alla 2° o 3° classe. Posteriormente si avrà come repere le spine
iliache posteriori, la punta delle scapole e la zona sub-occipitale.
33
Capitolo II
TECNICHE CORRETTIVE POSTURALI
•
La gnatologia
Questa difficile parola sta a significare a grandi linee, lo studio delle problematiche
di mascella e mandibole semplicemente; la gnatologia indaga i problemi del
combaciamento dentale fra denti superiori ed inferiori.
Allargando il campo a distretti limitrofi, quali articolazione della mandibola, testa,
collo, orecchie, spalle prendono il nome di DCCM, ovvero Disordini CervicoMandibolari. Il campo si allarga ulteriormente in settori a vista non attinenti, quali la
postura, il sistema dell’equilibrio, le cefalee, la vista, abbracciando un campo che
prende il nome di Posturologia.
La gnatologia, inoltre, cerca di codificare quanto è fisiologico, ovvero i modi con
cui tendere nella riabilitazione di un paziente. Sembra incredibile, ma tutt’oggi i pareri
sono discordanti, di conseguenza le scuole di pensiero proliferano, cercando ora in una,
ora nell’altra direzione la verità nel combaciamento dentale.
Purtroppo la visione olistica del problema è cosa complessa e praticata ancora da
pochi professionisti, ed ancora meno sono quelli che si affidano a strumentazioni
scientifiche per la diagnosi di verifica dei trattamenti.
La gnatologia è molto difficile e complessa ed è di fondamentale importanza
avvalersi di strumentazioni diagnostiche ed apparecchiature terapeutiche
specificatamente ideate, ma lo è ancora di più l’esperienza clinica e la conoscenza
approfondita di problematiche che si devono affrontare.
•
Problemi gnatologici
Per molti, i problemi gnatologici sono la limitazione nei movimenti della bocca, il
dolore, i rumori delle articolazioni della mandibola, ma in realtà il campo è molto più
vasto. La scuola americana dice “se non c’è dolore non c’è paziente da trattare”. Niente
di più falso, è come dire che un bimbo con la scoliosi non dobbiamo cercarlo di curare
perché non ha dolore.
Invece, è di rilevante importanza una indagine accurata, olistica, sulle possibili
concause realisticamente e scientificamente avvalorate, che possano aver portato una
disfunzione, anche se asintomatica. Questa è prevenzione!
La bocca, o meglio “il sistema stomatognatico” deve eseguire diverse funzioni delle
quali, la principale, imprescindibile e vitale è la deglutizione; senza di essa si muore in
34
poco tempo, è una funzione talmente vitale da essere presente nel feto nei primi mesi di
gestazione. Vengono poi cose più ovvie, ovvero la masticazione, la fonazione e la
respirazione. Ma la deglutizione comporta l’attivazione di qualche cosa come 80
muscoli.
Molti dei quali attaccati all’osso ioide, alla colonna cervicale, al cranio, agli zigomi,
alla nuca, alle scapole, allo sterno, ecc. da questo si può facilmente dedurre che una sua
alterazione è in grado di determinare dolori o disfunzioni in tutti i distretti appena
descritti.
La alterazione del combaciamento dentale, qualunque esso sia, porta il nostro
organismo ad adattarsi facendo uscire da canoni di “equilibrio fisiologico”.
L’adattamento è il meraviglioso sistema che ci differenzia dalle macchine, ci permette
di modificarci invece di romperci.
Un esempio classico è il taglio sotto la pianta del piede per un chiodo nella suola:
bene, noi modifichiamo il modo di appoggiarlo per evitare il dolore ed accentuare la
ferita. Ma l’adattamento è ottimale se è di piccola entità e di breve durata: togliamo il
chiodo, la ferita guarisce e ritorniamo ad appoggiare correttamente il piede.
Se, invece, siamo costretti a perpetrare nel tempo l’adattamento, cadiamo nella
patologia: non togliendo il chiodo, la ferita non guarisce, continuiamo a camminare con
il piede storto. Questo porterà prima dolori alla caviglia, poi al polpaccio, poi al
ginocchio, il bacino ruoterà, tutto il sistema di deambulazione sarà compromesso e
cammineremo in modo claudicante.
A lungo andare si verificheranno fenomeni artritici ed artrosici, compromissione dei
menischi, si avranno movimenti anomali di spalle testa e collo, quindi della colonna
vertebrale.
Bene, in gnatologia il nostro chiodo è l’ingranaggio tra denti e denti. D’altronde tale
combaciamento potrebbe essere frutto di un adattamento prospettando problematiche
diverse come la scoliosi, un arto più corto, una alterazione della vista ecc. In seguito i
denti possono essere causa primaria o secondaria di problemi gnatologici. Sindromi
otorinolarigoiatrici quali acufeni, udito ovattato, vertigini; cefalee muscolotensive,
dolori cervicali e scapolari, alterazioni della vista o affaticamenti visivi, falsi arti
inferiori corti, dolori di schiena.
Ma il nostro campanello d’allarme è tardivo, andiamo dal dentista solo se
rimaniamo con la bocca aperta, bloccata che non riusciamo a chiudere completamente,
magari con un forte dolore associato; queste sono sempre conseguenze di enormi
adattamenti a cui abbiamo sottoposto il sistema stomatologico, se sono di piccola entità
35
non si dà importanza, invece sono i primi segnali su cui indagare, niente di drammatico,
ma è meglio una indagine approfondita che evidenzi vizi e patologie nascoste.
•
Sindromi posturali e correlazione tra problemi gnatologici e postura
La deglutizione è un movimento involontario che avviene varie volte al minuto, per
poterla permettere i muscoli masticatori entrano in contrazione facendo entrare i denti a
contatto. Se la dentatura è correttamente e fisiologicamente posizionata i muscoli
masticatori agiscono con eguale intensità utilizzando la minima forza necessaria. La
serratura dei denti avverrà in modo da non influenzare altri distretti corporei cioè in
modo fisiologico. Non se determinerà, quindi, nessuna correlazione tra atm
(articolazione convessa-concava e concava-convessa tra condilo della mandibola,
menisco e osso temporale) e postura.
Fisiologicamente non dovrebbe esserci connessione tra atm e postura, se però la
dentatura è posizionata patologicamente questa connessione avrà luogo.
Gli eventi più comunemente riscontrabili sono tre:
a) differenza di lunghezza tra i denti (pre-contatto). Nel caso in cui in un arcata
dentaria vi siano dei denti troppo corti o lunghi, durante il movimento di chiusura della
bocca i muscoli masticatori agiranno in maniera asimmetrica (destra-sinistra) e con
intensità superiore a quella fisiologicamente necessaria. La prima conseguenza sarà che
il condilo del temporale del lato dei denti “corti” per permettere il contatto, dovrà
posizionarsi oltre la posizione fisiologica verso la fossa mandibolare. La mandibola avrà
così un movimento torsivo. Poiché all’interno della fossa mandibolare vi sono molti
recettori, questo evento può scatenare sintomatologie dolorose per lo più localizzate
all’atm, all’orecchio, al capo. Inoltre, l’attivazione muscolare asimmetrica ed in eccesso
di intensità, determinerà il coinvolgimento degli altri distretti muscolari a partire dai
muscoli del collo. L’eccessiva intensità o tensione muscolare non sarà cioè limitata ai
soli muscoli masticatori, e quindi, altre articolazioni subiranno le conseguenze delle
forze muscolari traenti, le vertebre cervicali perderanno la loro posizione simmetrica, si
potrà elevare una spalla e se, il processo durerà nel tempo, produrre una serie complessa
di alterazioni scheletriche. Si avrà un’alterazione della postura.
b) eccessivo spazio libero. In condizione di riposo, cioè con i muscoli mistificatori
rilassati, i denti non dovrebbero essere a contatto ma presentare uno “spazio libero”di
circa 2 mm. Questa è la condizione ritenuta di riposo e fisiologica dai centri cerebrali.
Nel caso in cui lo spazio libero sia eccessivo, ad esempio per denti complessivamente
“troppo corti”, per mantenere uno spazio libero corretto i muscoli masticatori
36
dovrebbero essere perennemente in tensione. Per ovviare a questo sforzo continuo, il
sistema muscolare ed in particolare i muscoli posti al davanti della colonna cervicale,
prendendo punto fisso sulla terza vertebra toracica spostano l’intero capo in avanti. In
questo modo le arcate dentarie si avvicinano scaricando il lavoro dei muscoli
masticatori. Portare il capo in avanti, però, significa anche spostare il baricentro
corporeo. Per evitare la perdita dell’equilibrio i distretti muscolari sottostanti dovranno
attivarsi modificando l’andamento dell’intera sinusoide vertebrale accentuando o
diminuendo le fisiologiche lordosi, modificando conseguentemente la verticalità dei
segmenti corporei. Anche in questo caso si avrà come conseguenza un’alterazione
posturale.
c) diminuizione o assenza dello spazio libero. È il problema opposto a quello visto
precedentemente. In questo modo le arcate dentarie si distanziano scaricando il lavoro
dei muscoli ioidei. Nuovamente il baricentro del corpo subirà uno spostamento, stavolta
posteriore e nuovamente i muscoli sottostanti dovranno attivarsi per il mantenimento
dell’equilibrio agendo sull’intera colonna vertebrale, alterando la verticalità dei
segmenti corporei. La conseguenza sarà un’alterazione posturale.
Tutti gli squilibri posturali visti, potranno a loro volta generare l’insorgenza di
patologie ortopediche
scoliosi, lombalgie, cervicalgie, ecc) che potremmo definire
secondarie ad un primario coinvolgimento patologico dell’apparato boccale. Riguardo la
connessione postura e atm i meccanismi visti possono agire anche al contrario, potrebbe
verificarsi il caso in cui uno squilibrio muscolare proveniente da altri distretti corporei,
come sistema complesso può andare incontro a degli accorciamenti primari (insiti nel
sistema) o secondari (causati dal malfunzionamento di altre strutture). In entrambi i casi
si assisterà nel tempo ad una problematica di tipo posturale.
I meccanismi visti possono, però, agire anche al contrario, potrebbe cioè verificarsi
il caso in cui uno squilibrio muscolare proveniente da altri distretti corporei determini,
per i meccanismi di interconnessione muscolare, problemi all’atm.
L’apparato muscolare, come sistema complesso, può andare a degli accorciamenti
primari (insiti nel sistema) o secondari (causati dal malfunzionamento di altre
strutture). In entrambi i casi si assisterà nel tempo ad una problematica posturale.
Come si può facilmente comprendere, la postura è un problema complesso
multifattoriale, sono cioè tanti gli apparati che possono alterarla apparato masticatorio,
visivo, uditivo, neurologico, muscolo-scheletrico, ecc.) compreso il vissuto emozionale.
È compito del posturologo porre diagnosi differenziale collaborando con i vari
specialisti per una risoluzione causale oltre che sintomatologia del problema in esame.
37
Nel caso specifico dell’atm che, percentualmente, è una delle articolazioni
maggiormente implicate negli squilibri posturali, la collaborazione tra dentistaposturologo e fisioterapista-posturologo è necessaria sia nell’esecuzione dei test di
diagnostica differenziale sia successivamente nell’impostazione dell’iter terapeutico più
appropriato.
Alcuni sintomi, infatti, posso essere l’indice di problemi scheletrico-posturali
derivanti dall’atm: dolore alle orecchie; rumori articolari e difficoltà nell’aprire e/o
chiudere la bocca; cefalea; cervicobrachialgie; dolori lombari e/o dorsali.
In presenza di uno o più sintomi sopra citati, è sempre consigliabile una visita
posturologia.
Qualora la diagnosi differenziale evidenzi un problema posturale derivante dall’atm,
il primo intervento dovrà essere quello del dentista con l’utilizzo di un byte o di un
ortotico.
•
Il byte
Il byte, che in inglese vuol dire “morso”, proprio per il nome che porta, serve a
modificare il combaciamento fra arcata dentaria mascellare e mandibolare, allo scopo di
ritrovare una posizione perduta o per ricreare una possibilità di guarigione o di
ricondizionamento neuro muscolare ed articolare. Serve, dunque, per ristabilire schemi
posturali perduti e quindi tutto ciò che può essere ad essi correlati: cefalee; mal di
schiena; dolori cervicali; torcicolli; formicolii; vertigini; inefficienza muscolare negli
sportivi; ecc., in pratica esso può avere una superficie di contatto con i denti dell’arcata
opposta liscia o che riproduce forme dentali diverse da quelle presenti in bocca.
Questi strumenti (mobili), quindi, posizionati preferibilmente nell’arcata dentaria
inferiore, hanno il compito di ottenere un corretto contatto dentale per una corretta
deglutizione e conseguentemente un corretto posizionamento dell’articolazione
temporo-mandibolare. In un secondo tempo, quando il sistema si sarà stabilizzato, si
verificherà l’opportunità di agire stabilmente sui denti.
Quando, invece, la diagnosi differenziale evidenzia un problema all’atm
conseguente ad un squilibrio posturale, il lavoro iniziale sarà quello del fisioterapistaposturologo, il quale dovrà riequilibrare in allungamento le forze muscolari agenti sullo
scheletro in modo da riottenere il posizionamento fisiologico di tutte le articolazioni.
Solo
successivamente,
quando
l’apparato
muscolo-scheletrico
sarà
sufficientemente stabilizzato, si potrà valutare l’opportunità dell’intervento del dentista
con i mezzi sopra citati.
38
•
Effetti neurofisiologici del byte
L’uso clinico di un byte è volto al recupero di una armonizzazione funzionale
delle componenti neurologiche, muscolari, osteorticolari e dentali e, qualora si siano già
verificati dei danni alla struttura fisica di questi per un prolungato funzionamento in
disarmonia o per un trauma acuto, all’innesco del potenziale di guarigione del danno.
Negli sport e nelle attività lavorative che prevedono prestazioni straordinarie è talora
evidenziabile un deficit di reclutamento muscolare che può provocare dolenze acute e
croniche o quantomeno un rendimento ridotto. Questo perché il Sistema Posturale può
avere una disorganizzazione che si slatentizza solo alle massime richieste di
integrazione, come durante una prestazione sportiva, estrinsecando invece un impegno
straordinario del Sistema può farlo uscire dal range di adattamento.
Un byte ben progettato può contribuire in misura notevole al miglioramento delle
performance.
39
•
Posturologia plantare
L’attenzione degli operatori posturologi è rivolta ai Sistemi Sensoriali. Sistema
visivo, uditivo, stomatologico, podalico, craniosacrale per citarne alcuni, sono studiati
nella loro complessità, ma presi in considerazione individualmente. La ricerca
scientifica non ha indicato quale debba essere la priorità nell’intervento rieducativi. Il
comportamento dei recettori nervosi del dolore, continua ad essere l’unità di misura
preponderante per la maggior parte dei posturologi. Sugli esami chinesiologici si sono
rivelati un metodo semplice e non invasivo per studiare il comportamento dei Sistemi
Sensoriali, nei diversi atteggiamenti posturali.
La ricerca è stata oggettivata da strumentazione dedicata; dall’Elettromiografia, alle
Pedane Posturostabilometriche, all’Impedenzometria e con l’aiuto di Fisiologi,
Neurologi, Dietologi e Laureati in Scienze Motorie.
La ricerca di strumenti idonei a segnalare con anticipo la presenza di potenziali
pericoli derivanti da una cattiva postura, è da sempre stata una priorità per chi si occupa
di equilibrio dell’apparato muscoloscheletrico.
Dall’inizio degli anni novanta, questo interesse è molto cresciuto, determinato dal
fatto che ci si è accorti che qualsiasi stimolazione ai diversi recettori nervosi, può
promuovere adattamenti posturali. Una macchina in particolare sta meritando molta
attenzione, si tratta della pedana Posturometrica e Stabilometrica.
Due termini che si completano in quanto il primo indica in kilogrammi lo
spostamento di peso di un corpo all’interno della base di appoggio dei piedi. La
stabilometria aggiunge significato allo spostamento, indicando la distanza dal punto
ideale, la velocità di oscillazione e la superficie quadrata coperta in una determinata
unità di tempo dal baricentro del soggetto in esame.
L’analisi Posturale è, quindi, determinante, in ogni patologia o alterazione
funzionale, ai fini della ricerca della causa stessa.
•
Trattamento dei difetti degli arti inferiori: anomalie del piede
Mohler considera il piede, dal punto di vista meccanico, come una costruzione
costituita da una serie di elementi collegati saldamente ma elasticamente dall’apparato
legamentoso. Funzionando come una molla, esso ha la proprietà di assorbire le forze
pressorie che agiscono sulla volta.
Condizioni anomale di carico, consuetudini di vita in ambiente sempre meno
naturale, ma anche fattori idiomatici, tutt’ora poco chiariti, possono concorrere ad
alterare la statica del piede.
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Infatti, si potrà avere:
- un piede piatto valgo congenito, vale a dire una malformazione congenita
caratterizzata da anomalia anatomiche particolari, spesso associate ad altre alterazioni di
natura endocrina. Riconoscibile non solo per appiattimento della pianta, che si presenta
addirittura convessa e ruotata verso l’esterno, in pronazione ma anche per la contrattura;
- un piede piatto valgo doloroso caratterizzato dalla scomparsa della volta plantare e
da valgismo –pronazione del calcagno con abduzione dell’avampiede, cioè da piede in
eversione;
- un piede equino-varo congenito caratterizzato da un’anomala posizione spinata, si
evidenzia oltre che per il cavismo e per la rotazione interna, per la forte retrazione
muscolo-legamentosa sul lato mediale;
- un piede cavo in cui si riscontrano caratteristiche opposte al piattismo, l’arcata
plantare è eccessivamente arcuata;
- un piede talo in cui il piede è in versione dorsale permanente e solo il tallone è a
contatto con il suolo.
La terapia più comunemente adottata, nei casi in cui l’arcata abbia ceduto, o stia
cedendo, consiste nella prescrizione di un supporto di sostegno.
Ora, ponendo sotto al piede una suoletta rigida, esso perde la priorità oscillatoria che
gli è tipica.
La suoletta rigida infatti, è un mezzo terapeutico non fisiologico, valido dal punto di
vista della necessità di sostenere staticamente un’arcata che cede, insufficiente da quello
morfologico e funzionale.
Essa può consentire d’altra parte di arrestare un valgismo incipiente, o frenarlo
quando è già piuttosto avanzato.
Le concezioni sulla forma che deve avere la suoletta sono andate variando
sensibilmente, nel corso degli anni.
Per molto tempo si è provveduto sorreggendo la volta mediante un rialzo posto sotto
l’arcata mediale del piede.
Oggi sembra prevalere il principio della torsione elicoidale, enunciato da vari autori
soprattutto tedeschi, ma diffusosi per merito del Lelièvre.
Hackenbroch, ad esempio, è dell’avviso che la suoletta debba essere costruita in
modo da correggere il valgismo del retropiede, non mediante un supporto cavizzante del
piede a scapito della flessibilità della suola, ma per mezzo di un cuneo supinatorio del
retropiede. È poi necessario rinforzare la tomaia della scarpa sul lato esterno, affinché il
piede stesso non slitti lateralmente deformandola.
41
Il concetto è, dunque, quello delle suolette di torsione proposte da Grouven,
Hachtmann, Hohmann.
•
Il Metodo Mézières
Françoise Mézières afferma che il suo metodo rivoluziona quelle che sono le nostre
conoscenze sull’ortopedia, la ginnastica e la Kinesiterapia classica.
Tradizionalmente si pensa che il corpo, schiacciato dalla forza-peso, debba
rinforzare la propria muscolatura per resistere, F. Mézières ci mostra altri meccanismi.
Per spiegare le sollecitazioni e le deformazioni dell’apparato locomotore e le sue
sofferenze, mette in evidenza altri processi che necessitano di risposte terapeutiche
differenti.
Il “corpo” dice F. Mézières, “è anche schiacciato dalla propria forza-peso”, vale a
dire dalla forza muscolare, dalle ipertonie, dagli stati di tensione e contrazione, dalle
perdite di elasticità, dalle contrazioni.
Partendo dall’accorciamento di tutto l’insieme muscolare, bisogna capire il maggior
numero di deformazioni e di sofferenze articolari che ne risultano e che sono oggetto di
kinesiterapia.
Questo argomento non è affatto insignificante nella pratica della kinesiterapia,
poiché ci incita a rimettere in questione i nostri interventi essenziali, ossia gli esercizi
per il rinforzo muscolare.
Di fronte a tale bilancio, ci si chiede se questi esercizi possono essere considerati a
volte dei fattori aggravanti per alcune delle nostre deviazioni e articolazioni, e se si può
rafforzare la muscolatura dorsale di un bambino che corre il rischio di sviluppare una
scoliosi.
La risposta è no! No al rafforzamento della muscolatura. F. Mézières dice no anche
allo stiramento locale ed allo stiramento globale passivo.
Con F. Mézières il lavoro comincia più spesso dalle estremità, dai piedi, dalle mani
e dalla testa, per interessare poi tutto il resto del corpo. Il lavoro deve avvenire, inoltre,
con la partecipazione del paziente che deve essere presente e cosciente.
Ciò che conta è allungare nell’allineamento, con l’aiuto di tecniche riflesse,
respiratorie e con modellamenti che favoriscono la scomparsa di tensioni.
Tra i principi che caratterizzano il metodo Mézières, è molto importante stirare
scoprendo e correggendo tutte le “compensazioni”, le flessioni e gli slittamenti di tutto
il corpo.
42
Il lavoro non consiste soltanto nello stirare un punto o dall’altro un muscolo isolato,
ma nel dialogare con le tensioni che colpiscono tutta la massa muscolare.
Bisognerà sforzarsi poi di riallineare il corpo,restituendogli la propria elasticità,
nelle posture tipiche della vita di tutti i giorni.
Queste posture, allineate ed allungate, sono consolidate:
-
a livello degli arti, attraverso la presa di coscienza e l’applicazione della
“dinamica elicoidale” delle ossa, delle articolazioni e dei muscoli che caratterizzano la
catena articolare degli arti;
-
a livello del tronco, attraverso delle contrazioni statiche a partire
dall’allungamento muscolare acquisito, mentre la respirazione mobilizza e continua a
riportare l’elasticità.
F. Mézières distingue dei gruppi muscolari dove la tensione tende generalmente ad
essere più forte e si rende conto che la tensione e la retrazione muscolare colpiscono
principalmente i muscoli posteriori del tronco e degli arti inferiori, i rotatori interni delle
anche ed il muscolo diaframmatici.
Il tono muscolare non sarà spesso mal distribuito?
Forti o deboli, rilassati o irrigiditi, non saremo deformati allo stesso modo dalle
tensioni disuguali? Da quelle tensioni cioè che colpiscono la muscolatura, la cosiddetta
“catena muscolare” che ci lega?
Per l’ideatore di questo metodo c’è una certezza: schiacciati dalla nostra forza
muscolare e dalle contrazioni, tentiamo di sfuggire alle conseguenze. Da queste
conseguenze, crampi e dolori per esempio, nasce un circolo vizioso che costituisce il
centro delle nostre deformazioni e malattie.
Le basi di questo metodo si basano essenzialmente su tre postulati enunciati da F.
Mézières:
1. la tensione dei muscoli posteriori determina, a livello della colonna vertebrale,
l’esagerazione delle curve sagittali e delle scoliosi.
2.
la lordosi è sempre primaria, la cifosi e la scoliosi sono deformazioni
secondarie.
3. le lordosi, le rotazioni interne ed il blocco diaframmatici in inspirazione.
Nell’esame morfologico si mette in evidenza le diverse forme di curvature sagittali
inerenti la colonna vertebrale:
-
riduzione della colonna lombare, piccola lordosi dorsale;
-
l’apice della curva lombare si sposta verso l’alto modificando la colonna
dorsale bassa;
43
-
lordosi lombare estesa;
-
iperlordosi lombare;
sul piano sagittale si evidenzia sempre una lordosi lombare estesa ed una zona
dorsale piatta, mentre sul piano frontale e orizzontale si osserva una scoliosi localizzata
sulla colonna dorsale e lombare.
Sempre secondo F. Mézières la tensione posteriore è primaria e genera le
deformazioni secondarie, secondo lui cifosi e scoliosi sono causate da un processo di
compensazione secondaria alla tensione dei muscoli posteriori, riducendo ad una sola
realtà l’argomento al punto tre.
La scoperta dei meccanismi compensatori ci spiega che una tensione troppo forte dei
muscoli posteriori provoca sempre una rotazione interna degli arti ed un blocco
diaframmatici in inspirazione. Il primo comportamento si spiega facilmente dal
momento in cui i rotatori interni sono solidali con i muscoli posteriori. Per quanto
riguarda il secondo comportamento, questo si attribuisce ai pilastri diaframmatici.
Essi si inseriscono sulle vertebre D12, L1, L2, L3, L4 e le loro inserzioni sono
comuni a quelle dello psoas, che a sua volta si inserisce ugualmente su L5, unendosi al
muscolo iliaco. Anche il diaframma, quindi, fa parte dei muscoli lordosizzanti quando
sposta la regione lombare in avanti e il alto e lo psoas-iliaco agisce in avanti ed in basso,
sulla curva lombare e sul bacino.
Occorre, quindi, combattere, secondo F. Mézières le lordosi, le rotazioni interne ed i
blocchi diaframmatici in inspirazione, questo permette la correzione delle alterazioni del
tronco o delle gambe e la normalizzazione della funzione respiratoria.
44
Le posture utilizzate in questo metodo sono quattro:
Posture
Posture
erette
supine
Posture
decubito dorsale
Posture
sedute
con arti inferiori
sollevati a 90°
Postura in
Postura in
Posizione seduta
posizione eretta con
decubito dorsale
con arti inferiori
tronco flesso in
con arti inferiori
allungati
avanti
distesi
Postura in
Postura in
Posizione seduta
posizione eretta con
decubito dorsale,
con arti inferiori
dorso appoggiato al
anche e ginocchia
flessi
muro
flesse, piedi
appoggiati al suolo
45
•
Riprogrammazione Posturale Globale
L’ultimo erede di Mèzières o forse l’evoluzione più naturale del suo trattamento è
sicuramente la Rieducazione Posturale Globale di Souchard.
Costui afferma che sul piano metabolico, in ogni circostanza, si devono assicurare
quelle che sono tutte le funzioni indispensabili alla sopravvivenza dell’uomo, ossia
respirare, bere, mangiare e copulare.
L’uomo volontariamente può agire su queste funzioni tenendole sotto controllo, ma
non per un tempo eccessivamente lungo ed in maniera totale, senza che la sua stessa vita
sia messa a repentaglio. Di conseguenza, il nostro sistema nervoso tiene sotto controllo
quello volontario, per cui le necessità vegetative prevalgono sulle considerazioni
guidate dalla volontà.
Fra le “supremazie” dobbiamo inserire le attività semi-volontarie, come la
respirazione, la nutrizione, la funzione locomotoria e quella statica.
Il sistema nervoso automatico attiva queste funzioni e si incarica di adattarle ai
bisogni, mentre quello volontario permette che tali funzioni si svolgono in modo
efficiente, senza aiuti esterni. Quindi la R.P.G. si occupa dei mezzi muscolari (a
comando volontario o semi volontario) impiegati per garantire le funzioni egemoniche.
L’oggetto d’interesse del metodo R.P.G. è l’individuo, poiché ogni essere umano è
unico.
L’uomo deve, dal concepimento fino alla morte, gestire nel miglior modo il suo
patrimonio imperfetto, malgrado le aggressioni a cui è sottoposto.
Ogni approccio sull’individuo deve essere globale, infatti, per sperare di risalire alla
causa psichica di un comportamento somatico anormale, bisogna intervenire con un
metodo globale particolarmente efficace.
Il metodo di P.Souchard prevede una soluzione alquanto originale del problema. In
primo luogo, corregge la morfologia, agendo sulla struttura del muscolo striato. Ma,
puntando peraltro, sulle tensioni neuro-muscolari ed introducendo un lavoro
essenzialmente attivo, globale e qualitativo, agisce ugualmente sul trasmettitore psicosomatico, si tratta pertanto di un metodo in direzione somato-psichica.
Correggere soltanto il sintomo, comporta l’acutizzarsi ed il progredire della causa
reale del male, e d’altronde, considerare solo la causa, costituisce un’astrazione da tutte
le compensazioni che ne avevano costituito il corollario, e che si sono fissate
modificando, nel tempo, la struttura.
Qualsiasi sintomo, più o meno doloroso, e qualsiasi fissazione, sono il prodotto dal
fascio divergente, poi convergente nel tempo, dei meccanismi di difesa.
46
Sul piano somatico, una efficace valutazione spazio-temporale, partirà dal sintomo,
passerà per la correzione della fissazione e poi per la normalizzazione delle estremità e
la liberazione del centro. Poiché la correzione dell’estremità impedisce l’insorgere dei
“camuffamenti somatici”, il soggetto, sarà così indifeso e collocato nel “Campo
Chiuso”.
Grazie al meccanismo di riflesso miotatico inverso, questo stiramento facilita i
muscoli antagonisti. Tale facilitazione non sarà però vantaggiosa per i muscoli molto
deboli della dinamica, esercitati, nello stesso tempo, in contrazione concentrica. Si avrà,
quindi, un forte aumento di tono dei muscoli deboli ed un’accentuazione della loro
contrazione concentrica, mentre, contemporaneamente, si avrà un abbassamento di tono
dei muscoli retratti ed un allungamento dovuto alla loro contrazione eccentrica. Si tratta,
quindi, di un vero e proprio “blocco correttivo” delle tensioni neuro-muscolari.
La Rieducazione Posturale Globale è un metodo di posture essenzialmente attive,
infatti, esso realizza contemporaneamente oltre che l’esercizio concentrico dei muscoli
della dinamica indeboliti, e l’esercizio eccentrico dei muscoli della statica retratti, con il
rilassamento della parte centrale della catena, la liberazione espiratoria e la
riarmonizzazione del tono posturale. Un tale approccio permette di regolare, sul piano
somatico, l’insieme dei problemi mio-articolari e morfologici e consente di risalire
conseguentemente alla causa delle lesioni.
Naturalmente P. Souchard ha ideato per la realizzazione del suo metodo delle catene
muscolari proprie differenti da quelle precedentemente descritte di Busquet ed adotta
delle posture proprie, ognuna delle quali mira a sollecitare delle catene muscolari ben
definite.
47
La famiglia di posture:
Tabella A
Apertura di angolo coxo-femorale
braccia addotte
Apertura di angolo coxo-femorale
braccia abdotte
Chiusura di angolo coxo-femorale
braccia addotte
Chiusura di angolo coxo-femorale
braccia abdotte
48
•
Catena inspiratoria
•
Catena anteriore del braccio
•
Catena antero-interna dell’anca
•
Catena superiore di spalla
•
Catena inspiratoria
•
Catena anteriore del braccio
•
Catena antero-interna dell’anca
•
Catena antero-interna di spalla
•
Catena inspiratoria
•
Catena anteriore del braccio
•
Catena posteriore
•
Catena superiore di spalla
•
Catena inspiratoria
•
Catena anteriore del braccio
•
Catena posteriore
•
Catena antero-interna di spalla
Tabella B
•
Apertura di angolo coxo-
Postura a raccolta divaricata al
suolo, braccia serrate
•
femorale braccia addotte
Postura eretta in appoggio alla
parete
Apertura di angolo coxofemorale braccia abdotte
•
Postura eretta senza appoggio
•
Postura a raccolta divaricata al
suolo, braccia divaricate
Chiusura di angolo coxofemorale braccia addotte
•
Postura seduta
•
Postura
a
raccolta
divaricata,
gambe all’aria, braccia serrate
Chiusura di angolo coxofemorale braccia abdotte
•
Postura eretta, inclinata in avanti
•
Postura
a
raccolta
divaricata,
gambe all’aria, braccia divaricate
49
•
La pedana di Huber
La Huber è una macchina costruita in Francia dalla LPG. È costituita da una pedana,
la quale, attraverso un meccanismo elettrico che la unisce alla base su cui poggia, è in
grado di eseguire dei movimenti rotatori, in senso orario ed antiorario ad ampiezze e
velocità differenti. Dalla base su cui è appoggiata la pedana, ma distaccata da questa, è
installata una colonna regolabile in altezza su cui è costruito uno schermo di controllo
con ai lati delle barre per l’impugnatura delle mani. Lo schermo di controllo è il
computer centrale dove si trovano tutti i comandi per la programmazione e l’avvio del
sistema. Al centro dello schermo si trova il bersaglio, un segnale visivo che informa il
paziente sulla quantità di forza che sta erogando. Il bersaglio si illumina in verde
quando la forza erogata dal paziente stesso durante l’esercizio è la stessa di quella
memorizzata dal paziente stesso durante la programmazione dell’apparecchio, mentre a
seconda che il paziente stia applicando più o meno forza di quella stabilita inizialmente,
il bersaglio dà, inoltre, informazioni separate sulla forza applicata dalla mano destra e
sinistra.
La base dell’apparecchio misura 1,89 per 1,29 metri e l’altezza è regolabile, a
seconda dell’altezza del soggetto, da 2,05 a 2,48 metri, per un peso totale di 300 kg.
La Huber presenta vari livelli di difficoltà, dal più basso, che permette di
familiarizzare con l’apparecchio, al più elevato adatto per un paziente già esperto con
l’uso della macchina, inoltre, è possibile impostare un programma di lavoro
personalizzato per ogni paziente.
Per ogni livello di difficoltà si possono eseguire una serie di posizioni del corpo man
mano più complesse:
50
Posizione A: piedi paralleli in appoggio bipodalico, arti inferiori semipiegati, arti
superiori paralleli con impugnatura parallela delle sbarre.
Posizione B: appoggio bipodalico disallineato, arti inferiori semipiegati, peso del
corpo equamente distribuito. Presa delle mani come posizione A.
51
Posizione C: piedi paralleli in appoggio bipodalico come posizione A, mani in
appoggio a livelli differenti.
Posizione D: piedi e mani disallineati, piedi come posizione B, mani come posizione
C.
52
Per ciascun paziente, prima di avviare il sistema, viene scelto il livello di difficoltà e
la posizione da mantenere durante l’esercizio, viene regolata l’altezza dello schermo di
controllo in modo che il bersaglio sia sulla linea degli occhi e viene memorizzata la
quantità di forza che si intende fare erogare al paziente.
Una volta programmata la macchina sui avvia il sistema: la pedana inizia a muoversi
con un andamento circolare, prima in senso antiorario e poi in senso orario, la colonna
su cui sono agganciate le sbarre per le prese delle mani inizia a salire ed a scendere e
contemporaneamente il paziente deve applicare la stessa quantità di forza memorizzata
all’inizio.
Ciascun esercizio prevede un certo numero di serie, con un numero di ripetizioni
variabile a seconda del livello scelto e circa 10 secondi di recupero tra una serie e la
successiva. Dopo alcune serie il verso di applicazione della forza si inverte. La prima
parte dell’esercizio richiede una pressione verso le sbarre dove si afferrano le mani, la
seconda parte, invece, prevede una trazione delle sbarre impugnate dalle mani.
Una funzione essenziale della Huber è la misura dell’attitudine alla coordinazione
della forza e dei movimenti. Difatti, l’apparecchio richiede di applicare una forza
costante a sinistra e a destra per tutta la durata dell’esercizio, mentre la pedana su cui è
carico il paziente esegue un movimento oscillatorio. A basse intensità di resistenza,
l’esercizio avrà un effetto propriocettivo, di modulazione muscolare e di coordinazione
motoria, man mano che la quantità di forza impiegata aumenta, il lavoro produrrà anche
un potenziamento muscolare.
53
SCOPO DELLA RICERCA
In questo lavoro ci si è proposti di sperimentare una tecnica innovativa nel campo
della rieducazione posturale attraverso l’impiego della pedana di Huber.
Lo scopo della presente ricerca è quello di verificare la stabilizzazione degli
aggiustamenti posturali ottenuti attraverso le tecniche di rieducazione posturale e il
miglioramento della stabilità corporea nei tennisti e atleti di altre specialità trattati con
la Pedana di Huber.
Sono stati
presi in carico 22 soggetti, per lo più sportivi, a vari livelli di
qualificazione. I pazienti in esame, di una fascia di età tra i 16 ed i 24 anni, lamentavano
dolori di tipo muscolo-scheletrico circoscritti al rachide. Tutti i soggetti, prima di
iniziare il trattamento con la Huber, sono stati seguiti con delle tecniche di rieducazione
posturale tramite le quali, si è ottenuta la riduzione ed in alcuni casi la scomparsa della
sintomatologia dolorosa. Gli stessi soggetti sono stati poi avviati all’uso della Huber per
un lavoro di stabilizzazione degli aggiustamenti sulle catene muscolari ottenuti
attraverso il trattamento con le tecniche di rieducazione muscolare e per un
miglioramento della propriocezione e del tono-trofismo muscolare.
I soggetti hanno utilizzato la Huber per una durata media di 60 giorni e per 2 sedute
settimanali di circa 1 ora ciascuna, pianificando un incremento graduale dei parametri di
difficoltà con cadenza bisettimanale.
Al fine di verificare l’impegno fisiologico (aggiustamenti) determinato dall’uso
dell’apparato, sono stati misurati la spesa energetica (CE) ed il consumo di ossigeno
(VO2) con l’obbiettivo di stimare l’impegno energetico ed il tipo di metabolismo
prevalentemente richiesto durante una esercitazione sulla Huber ad alta intensità di
forza.
Per la valutazione degli adattamenti indotti con la rieducazione tramite Huber sono
stati eseguiti i seguenti esami:
•
massima forza erogata da una contrazione isometrica dei muscoli
intrarotatori ed extrarotatori dell’articolazione scapolo-omerale con il braccio
posizionato con il gomito flesso a 90° ed avambraccio in posizione intermedia di pronosupinazione.
•
forza massimale, impiegata durante una contrazione isometrica dei
muscoli estensori degli arti inferiori, con il ginocchio flesso a 120°.
54
•
appoggio podalico con l’analisi dettagliata della distribuzione del
carico sulla pianta e le percentuali di carico sulle varie parti del piede.
•
intensità del dolore assegnando un valore numerico da zero a dieci
come richiesto dalla Scala Numerica Verbale.
Tali esami sono stati eseguiti sia prima di iniziare il programma di utilizzo della
Huber che al termine del periodo di 60 giorni di rieducazione previsti.
Mettendo a confronto le sensazioni riportate dai pazienti sulla presenza del dolore ed
i risultati delle verifiche scientifiche ottenute prima e dopo il periodo di trattamento, è
stato possibile ipotizzare un effetto di stabilizzazione degli aggiustamenti fisiologici e
posturali ed un riequilibrio dei gruppi muscolari.
55
MATERIALI E METODI
Soggetti
Hanno partecipato allo studio 22 soggetti, uomini e donne, praticanti attività
sportiva a vari livelli di qualificazione. I soggetti (di cui 20 destrimani e 2 mancini)
sono così suddivisi:
•
6 praticanti windsurf di livello nazionale juniores;
•
5 tennisti di livello nazionale;
•
2 tiratori con l’arco di livello nazionale e olimpico;
•
1 golfista di livello amatoriale;
•
5 praticanti fitness;
•
3 nuotatori di livello amatoriale.
Procedure sperimentali
I soggetti sono stati sottoposti ad una serie di verifiche scientifiche eseguite in due
momenti della sperimentazione: prima di iniziare l’utilizzo della Huber e allo scadere
dei 60 giorni di trattamento.
Per lo studio delle variazioni dell’appoggio podalico e, di conseguenza, della
postura in toto, indotte dall’uso della Huber, i soggetti sono stati esaminati su una
pedana baropodometrica attraverso la quale sono stati rilevati i dati relativi alle
pressioni plantari ed alle oscillazioni della linea di gravità in stazione eretta. In
particolare i soggetti disposti a piedi nudi in posizione eretta sulla pedana dovevano
eseguire i seguenti esercizi:
- mantenimento della stazione eretta in appoggio bipodalico con i piedi paralleli e
con gli occhi aperti per 51,2 secondi (BPOA);
- mantenimento della stazione eretta in appoggio bipodalico con i piedi paralleli e
con gli occhi chiusi per 51,2 secondi (BPOC);
- mantenimento della stazione eretta in appoggio monopodalico ad occhi aperti per
5 secondi per ciascun arto (MPOA);
- mantenimento della stazione eretta in appoggio monopodalico ad occhi chiusi per
5 secondi per ciascun arto (MPOC).
56
L’allegato n°1 rappresenta un esempio della rappresentazione dei dati calcolati dal
Baropodometro Elettronico.
Per avere una stima degli aggiustamenti fisiologici indotti dall’utilizzo della Huber,
è stato misurato il costo energetico dell’esercizio tramite rilievo diretto continuo di
consumo di ossigeno, produzione di anidride carbonica e frequenza cardiaca, durante
una seduta di trattamento con la Huber. Questa rilevazione è stata programmata solo per
5 atleti praticanti windsurf che verso la fine del periodo di trattamento sulla Huber
quando, ormai, erano impegnati in una fase di potenziamento muscolare dei gruppi
muscolari del cingolo scapolare, del cingolo pelvico e del rachide. Pertanto, è stato
richiesto di impiegare un’intensità di forza che oscillava, a seconda del soggetto, dagli
11 ai 13 kg.
Sugli stessi soggetti è stato anche praticato un prelievo di sangue capillare, prima
dell’esercitazione sulla Huber ed alla fine, per la determinazione di lattato ematico
accumulato durante l’esercizio.
Infine, è stata valutata la variazione della intensità di forza erogata durante una
contrazione massimale isometrica a livello degli arti superiori ed inferiori indotta
dall’uso della Huber.
Apparecchiature e metodi di valutazione
Per la valutazione del dolore percepito dai pazienti, all’inizio ed alla fine del ciclo di
trattamento, è stata utilizzata la scala numerica verbale (SNV).
La SNV richiede che il paziente scelga un numero compreso tra zero e dieci per
rappresentare il livello di dolore. Il punto zero della SVN corrisponde ad assenza di
dolore mentre il punto dieci rispecchia il peggiore dolore immaginabile.
Nessun dolore --- 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 --- Peggiore dolore immaginabile
È stata scelta questa scala perché è di facile applicazione e secondo la letteratura
l’insuccesso nel completare la scala è dell’ordine del 2%.
Per la misura delle pressioni plantari e delle oscillazioni della linea di gravità in
stazione eretta è stato utilizzato un Baropodometro Elettronico Clinico (un supporto
diagnostico costituito da una pedana indeformabile appoggiata su dei sensori collegata
ad un sistema computerizzato). I segnali rilevati dai sensori vengono trasmessi al
computer. I software operativi consentono analisi posturali comportamentali altamente
57
dettagliate con funzione di supporto all’indagine eziologia. L’hardware è gestito da un
apposito software che rende la pedana interfacciabile a normali personal computer.
Il programma Physical Gait Software mostra le impronte plantari del paziente
distinte da diverse aree colorate indicanti i diversi gradi di pressione esercitati sulla
pedana. Lo stesso programma può visualizzare il baricentro sul quale passano una linea
verticale ed una orizzontale che suddividono l’impronta in 4 quadranti nei quali sono
rispettivamente contenuti avampiede destro e sinistro e retropiede destro e sinistro. A
lato dei quadranti compare una tabella indicante carichi, in Chilo Newton, relativi ad
ogni quadrante e la comparazione percentuale dei carichi relativa a lateralità, sagittalità
e diagonalità dell’appoggio.
La funzione stabilometrica dello stesso apparecchio valuta le oscillazioni della linea
di gravità sul piano d’appoggio in stazione statica e nella posizione scelta
dall’operatore. In altre parole tramite la stabilometria viene misurata la posizione media
del centro di gravità e la sua dispersione. Questo non significa che si pretenda di
misurare “l’equilibrio” del paziente, ma la sua “stabilità”. Come la Posturologia di
Gagey e Weber afferma: “ è importante ricordare che la stabilità è la proprietà di un
corpo disturbato nel suo equilibrio di tornare al suo stato, mentre l’equilibrio, nel senso
fisico del termine, non si misura; può soltanto definirsi come uno stato limite cui tende
l’uomo in posizione eretta” . La verifica sulla pedana baropodometrica è stata realizzata
all’inizio del trattamento sulla Huber e ripetuta al termine di questo.
Per il rilievo dei parametri cardiorespiratori, durante l’utilizzo della Huber, è stato
utilizzato un metabolimetro portatile k4b2 (Cosmed Italia) che impiega la metodica del
respiro per respiro per la misurazione del consumo di ossigeno. In tal modo si è potuto
ottenere un andamento della cinetica del consumo di ossigeno.
Il valore è stato confrontato con il massimale ottenuto con prova piramidale, in
laboratorio, su remoergometro Concept II.
Il metabolimetro permette di misurare direttamente il consumo di ossigeno e
produzione di anidride carbonica durante un esercizio muscolare per l’integrazione delle
misure di flusso ventilatorio e della concentrazione dei gas respiro per respiro. I dati
vengono trasmessi ad una unità ricevente e/o immagazzinati direttamente nell’unità
trasmittente per il successivo trasferimento sul computer.
La determinazione del lattato ematico è stata effettuata tramite microprelievi di
sangue capillare dal lobo auricolare (20 – 25 µl ) e la successiva misura di questi con un
lattacidometro amperometrico (EBIO plus, Eppendorf, Germania).
58
I lattacidometri amperometrici consentono di valutare la quantità di lattato ematico
attraverso la misura della differenza di potenziale che si realizza tra due elettrodi posti ai
due estremi in una cella di lettura. Normalmente la reazione avviene con enzimi
elettricamente attivi che producono elettroni in qualche modo proporzionali alla
concentrazione di lattato ematico.
Per lo studio della variazione di forza a livello del cingolo scapolo – omerale indotta
dalla uso della Huber, i pazienti sono stati valutati attraverso la Technogym Total
Shoulder. Questo è un apparecchio nato per la riabilitazione della spalla, supportato da
un evoluto software che rileva e riporta sul computer ad esso connesso i valori di forza e
spostamento espressi dal paziente. Rispetto ai normali attrezzi la Technogym Total
Shoulder è fornita di un braccio snodabile e di sistemi che permettono modifiche alla
posizione della spalla e della base del sedile e, attraverso la combinazione di questi tre
dispositivi regolabili, danno la possibilità di lavorare praticamente in tutte le posizioni
permesse dalla normale meccanica della spalla.
Con la Technogym Total Shoulder sono stati misurati i valori di forza isometrica dei
muscoli intra ed extrarotatori delle spalle a varie angolazioni articolari. Ai fini di questa
ricerca è stata scelta la misura della forza erogata con il braccio posizionato vicino al
fianco, il gomito flesso a 90°, l’avambraccio direzionato in avanti con il polso in
posizione intermedia.
La variazione di forza relativa agli arti inferiori indotta dalla pedana di Huber è stata
valutata attraverso l’impiego di un dinamometro isometrico MK2 progettatto e
realizzato presso l’Istituto di Scienza dello Sport. Il dinamometro è stato utilizzato per il
rilievo della forza isometrica dei muscoli estensori degli arti inferiori ad un angolo di
120°. Anche questa ultime due misurazioni sono state effettuate sia prima del ciclo di
trattamento con la pedana di Huber sia al termine dei 60 giorni di trattamento.
59
Trattamento dei dati
I risultati degli esami eseguiti sul Baropodometro Elettronico sono descritti nei
dettagli attraverso:
- un grafico che riporta la pressione esercitata da ciascun punto della pianta del
piede in appoggio sulla pedana baropodometrica;
- due stabilogrammi che mettono a confronto la stessa prova ripetuta ad occhi aperti
e chiusi riportando lo spostamento in centimetri in direzione latero-laterale ed anteroposteriore della linea di gravità dal centro di gravità;
- un’ellisse che inscrive il 90% dei punti di spostamento della linea di gravità di cui
viene disegnata l’intera traiettoria ed indicati il punto iniziale e finale dello spostamento
stesso. Il software fornisce inoltre i valori delle corde x ed y espresse in centimetri e la
superficie dell’ellisse riportata in centimetri quadrati.
- una tabella che fornisce anche i dati relativi alla superficie occupata dalle piante
dei piedi, il carico in percentuale ed il peso in chilogrammi registrati a livello del piede
destro e sinistro. La stessa tabella mette anche a confronto, su entrambi i piedi, la
superficie occupata, il carico ed il peso calcolati a livello dell’avampiede e del
retropiede.
In questo lavoro verranno presentati solamente i dati relativi alla superficie
dell’ellisse per ciascuna prova affrontata dai pazienti prima e dopo il ciclo di
trattamento.
La significatività delle differenze tra i dati ottenuti dalle verifiche svolte prima del
trattamento sulla pedana di Huber ed alla fine dei 60 giorni di trattamento sulla
macchina è stata fissata ad un livello p< 0,05.
I risultati delle verifiche svolte prima e dopo il trattamento con la Huber sono stati
raggruppati in due modalità diverse: quelli relativi al Baropodometro Elettronico sono
stati raccolti tutti insieme in quanto non si è verificata alcuna differenza statisticamente
significativa tra le diverse discipline sportive, mentre, i valori relativi alle prove sulla
Technogym Total Shoulder e sulla MK2 sono stati suddivisi per disciplina in quanto
hanno evidenziato un apparente disequilibrio di forza tra i distretti muscolari
dell’emisoma destro e sinistro, probabilmente dovuto alla disciplina specifica.
In
particolare sono stati presi in considerazione i valori relativi alle prove di forza dei
muscoli intrarotatori ed extrarotatori degli arti superiori dei tennisti i quali, dopo una
prima analisi, apparivano alquanto disequilibrati prima del trattamento sulla pedana di
60
Huber. Pertanto è stata calcolata la significatività statistica fissata ad un livello pari a
p<0,05.
ANALISI DEI RISULTATI
Stabilometria
I risultati delle prove di mantenimento della stazione eretta in appoggio bipodalico e
monopodalico ad occhi aperti e chiusi eseguite sul Baropodometro Elettronico sono
riportati in tabella n°1.
Nella tabella figurano valori compresi entro un intervallo che va dallo zero fino ad
alcune decine. Questi valori rappresentano la superficie in cm2 dell’ellisse che inscrive
il 90% dei punti che descrivono lo spostamento della linea di gravità del corpo dal suo
centro. Più il valore ottenuto da ciascun test sulla pedana baropodometrica si avvicina
allo zero più lo spostamento della linea di gravità del corpo dal centro è piccolo,
indicando una buona stabilità nella posizione prevista dal test.
Dalla tabella risulta che nei test effettuati prima del trattamento con Huber (vedi
colonna “pre” della tabella) non tutti i soggetti sono stati in grado di completare il test
non riuscendo ad eseguire la prova effettuata in postura monopoldalica ad occhi chiusi.
Peraltro, anche coloro che hanno portato a termine la batteria di test sul Baropodometro
Elettronico, hanno raggiunto risultati che oscillano entro un intervallo di valori piuttosto
ampio. Diversamente è avvenuto nei test eseguiti alla fine del trattamento con Huber
(colonna “post” della tabella): tutti i soggetti sono stati in grado di completare la prova
e, anche se permane una variabilità piuttosto ampia dei risultati, i valori sono
mediamente diminuiti indicando un miglioramento della stabilità in postura eretta.
In particolare, non si rileva alcuna differenza statisticamente significativa nel test
bipodalico ad occhi aperti (BPOA) e nel test bipodalico ad occhi chiusi (BPOC) eseguiti
prima e dopo il ciclo di trattamento di 60 giorni sulla pedana di Huber.
Una differenza significativa tra i valori ottenuti prima
del trattamento sulla
macchina ed alla fine si rileva, invece, nei test monopodalico ad occhi aperti (MPOA)
sia sull’arto destro che sinistro e monopodalico ad occhi chiusi (MPOC) anche questo
sia sul piede destro che sinistro.
Gli istogrammi n°1 e 2 riportano graficamente la differenza statisticamente
significativa tra le batterie di test eseguite prima e dopo il trattamento con Huber.
61
Tabella n°1: valori ottenuti dalla 1a e dalla 2a verifica sul Baropodometro
Elettronico
sogg
BPOA
Pre
BPOC
MPOA
MPOA
MPOC
MPOC
Sinistra #
Destra #
Sinistra #
Destra #
Post
Pre
Post
Pre
Post
Pre
Post
Pre
Post
Pre
Post
1
0,36 0,14
0,51
0,13
0,59
0,55
2,42
1,81
5,11
5,22
1,85
0,98
2
0,09 0,22
0,12
0,01
0,81
0,75
0,75
0,87
1,97
2,35 12,24 8,35
3
0,21
0,3
0,23
0,48
0,96
0,96
0,44
0,48
5,19
5,89
9,38
9,02
4
0,34 0,43
0,47
0,45
1,24
1,11
1,91
1,06
10,12 10,56 9,19
9,07
5
2,1
2,17
2,58
1,41
5,72
6,85
6,91
1,76
/
145,89
/
150
6
0,09 0,38
0,17
0,16
1,03
1,12
0,31
0,3
3,82
2,59
7,54
5,25
7
0,11 0,16
1,85
1,54
6,12
5,21
0,84
0,06
13,1 13,54 20,44 16,04
8
0,2
0,33
0,68
0,15
0,53
0,64
1,02
0,99
11,13 10,4
4,21
4,06
9
0,28 0,18
0,39
0,62
1,72
1,13
1,95
1,43
6,02
9,09
5,54
10
0,11 0,17
0,2
0,43
0,74
0,69
0,5
0,45
11,27 10,31 25,5 23,86
11
0,21 0,31
0,25
0,59
1,42
1,09
1,38
1,18
10,43 9,52 11,76 8,72
12
0,23 0,11
0,49
0,01
1,01
1,08
1,24
1,1
/
32,86
/
50,47
13
0,42 0,18
0,21
0,17
1,34
1,15
1,14
0,82
2,98
2,44
3,78
3,05
14
0,31 0,24
0,57
0,44
0,99
1,01
1,87
1,59
/
15
1,67 1,03
1,4
1,28
2,98
2,09
2,9
2,7
19,3 16,33
16
0,42 0,32
0,89
0,68
1,65
1,15
2,68
2,72
6,79
17
0,37 0,21
0,22
0,57
4,36
4,11
5,59
5,16
18
1,02 0,79
1,56
1,6
2,34
2,06
6,74
19
0,79 0,21
0,93
1,79
4,66
4,09
20
1,2
0,98
1,89
1,71
2,89
21
0,68 0,67
1,06
0,99
22
0,99 0,03
0,47
MEDIA 0,55 0,43
DS ±
0,54 0,47
5,85
21,84 13,87 9,17
/
19,36
6,01
6,58
5,43
7,21
7,56
8,09
6,92
5,81
5,43
4,87
3,99
3,06
6,79
5,83
13,48 12,53 14,87 12,05
2,64
3,59
2,94
10,81 9,46 17,98 12,93
1,99
1,12
1,86
1,28
7,56
7,77
8.39
8,24
0,6
2,03
0,33
1,69
0,88
8,93
8,66
9,15
7,92
0,78
0,72
2,14
1,86
2,48
1,87
8,46
7,99
9,99
8,40
0,68
0,58
1,66
1,70
2,12
1,70
4,27
3,84
6,46
5,23
# indica che esiste una differenza statisticamente significativa tra i valori ottenuti
dalla 1a e dalla 2a verifica
62
Istogramma n°1: valori medi della 1a e della 2a verifica sul Baropodometro
Elettronico, prime 4 prove
2,48 *
2,50
#
2,00
1,87 *
1,69
BPOA "post"
BPOC "pre"
1,50
cm
BPOC "post"
2
1#
1,00
0,78 0,72
0,55
0,50
BPOA "pre"
MPOA sn "pre"
MPOA sn "post"
MPOA dx "pre"
0,43
MPOA dx "post"
0,00
valori medi
#indica differenza significativa tra MPOA sinistro prima e dopo la Huber
* indica differenza significativa tra MPOA destro prima e dopo la Huber
Istogramma n°2: valori medi della 1a e della 2a verifica sul Baropodometro
Elettronico, ultime 2 prove
9,99 *
10,00
9,50
9,00
2
cm
8,50
MPOC sn "pre"
8,46 #
8,40 *
MPOC sn "post"
MPOC dx "pre"
7,99#
MPOC dx "post"
8,00
7,50
7,00
valori medi
# indica differenza significativa tra MPOC sinistro prima e dopo la Huber
* indica differenza significativa tra MPOC destro prima e dopo la Huber
63
Dinamometria
La tabella n°2 riporta i risultati degli esami eseguiti sulla MK2 prima dell’inizio del
trattamento.
Dalla tabella risulta che la differenza di intensità di forza misurata sull’arto inferiore
destro e sinistro non è statisticamente significativa in nessuna delle discipline esaminate
prima del trattamento con la pedana di Huber attraverso la MK2.
La stessa tabella riporta anche i risultati delle prove eseguite sulla Technogym Total
Shoulder anche queste svolte prima del trattamento sulla pedana di Huber.
In questo caso si nota, relativamente al gruppo dei tennisti,
una differenza,
statisticamente significativa, di forza sia dei muscoli intrarotatori degli arti superiori sia
degli extrarotatori. Al contrario, considerando complessivamente le altre discipline,
l’apparente differenza di valore tra intrarotatori ed extrarotatori non ha dato alcun esito
significativo a livello statistico.
I risultati delle prime verifiche effettuati sulla Technogym Total Shoulder sono
riportati anche graficamente negli istogrammi n° 3 e 4.
64
Tabella n°2: valori ottenuti dalla 1a verifica con la MK2 e con la Technogym
Total Shoulder
disciplina
ETA'
H
(cm)
PESO
(Kg)
FORZA FORZA FORZA FORZA FORZA FORZA
MAX
MAX
MAX
MAX
MAX
MAX
A.I. Dx A.I. Sn
A.S.
A.S.
A.S.
A.S.
(kg)
(kg)
intrarot extrarot intrarot extrarot
Dx
Dx
Sn
Sn
(Kg) #
(Kg) #
(Kg) #
(Kg) #
198,6
212,7
18,18
9,04
14,37
8
Tennis
18
172
64
Tennis
20
183
95
238,9
208,7
18,01
9,5
17,4
7,64
Tennis
21
178
80
166,9
152,5
19,05
9,7
17
7,45
Tennis
16
170
54
199,6
211,4
18,34
9
10,66
8,75
Tennis
24
178
73
218,7
196,2
20,34
8,53
16,9
8,14
media
204,54
196,3
18,39
9,15
14,86
7,97
Ds ±
26,73
25,34
0,96
0,46
2,84
0,50
Tiro con l’arco
23
180
71
202
221,4
21,73
9,04
21,15
11,78
Tiro con l’arco
24
157
55
153,8
169,4
17,33
7,48
15,79
9,50
media
177,9
195,4
19,53
8,26
18,47
10,64
Ds ±
34,08
36,77
3,11
1,10
3,79
1,61
Windsurf
19
174
61
150,8
146,4
16,15
7,32
15,97
7,38
Windsurf
18
174
67
147,7
145,4
15,26
7,06
14,83
7,33
Windsurf
18
176
61
143,6
146,3
14,54
7,15
15,71
7,57
Windsurf
20
176
63
213,2
198,3
18,73
8,53
14,96
8,1
Windsurf
19
176
67
167,7
167,3
15,3
8,48
15,80
8,17
Windsurf
18
170
83
170,1
168,9
19,24
7,57
19,22
7,51
media
165,52
162,10
16,54
7,69
16,08
7,68
Ds ±
25,74
20,78
1,97
0,66
1,61
0,37
Golf
21
172
67
178,9
189
12,77
8,21
14,04
7,49
Nuoto
24
183
67
145,7
153,2
14,77
6,83
14,85
6,66
Nuoto
21
184
77
177,5
172,7
19,42
8,37
19,24
8,12
Nuoto
22
186
68
165,6
171
17,09
7,57
15,94
7,41
media
162,93
165,63
17,09
7,59
16,68
7,40
Ds ±
16,07
10,80
2,33
0,77
2,29
0,73
Fitness
24
164
59
174,5
158,1
15,42
8,04
15,10
7,58
Fitness
22
165
58
148,7
146
15,19
7,52
14,18
7,1
Fitness
21
170
55
161
149,8
15,31
7,7
14,39
7,43
Fitness
20
163
66
166
141,3
15,85
7,25
13,49
6,91
Fitness
22
171
62
155,1
136,8
15,27
7,71
14,79
6,69
media
161,06
146,40
15,41
7,64
14,39
7,14
Ds ±
9,92
8,17
0,26
0,29
0,62
0,37
# indica che esiste una differenza statisticamente significativa tra i valori ottenuti
dalle prove di forza sull’arto superiore tra i muscoli intrarotatori di destra e
sinistra e tra i muscoli extrarotatori di destra e di sinistra.
65
Istogramma n°3: 1a verifica sulla Technogym Total Shoulder, prova massimale
di forza dei muscoli intrarotatori dell’arto superiore
T.T.S: rotazione interna
20,00
19,00
#
18,40
arto sup. destro tennis
Kg
18,00
arto sup. sinistro tennis
17,00
16,43
16,00
15,00
15,85
#
14,86
arto sup. destro tutti gli
sport
arto sup. sinistro tutti gli
sport
14,00
valori medi
#indica differenza significativa tra i muscoli intrarotatori di destra e di sinistra nei
tennisti prima del trattamento sulla Huber
Istogramma n°4: 1a verifica sulla Technogym Total Shoulder, prova massimale
di forza dei muscoli extrarotatori dell’arto superiore
T.T.S: rotazione esterna
9,50
9,15 #
arto sup. destro tennis
8,50
arto sup. sinistro tennis
Kg
9,00
7,97 #
8,00
7,75
7,81
arto sup. destro tutti gli
sport
arto sup. sinistro tutti gli
sport
7,50
7,00
valori medi
#indica differenza significativa tra i muscoli extrarotatori di destra e di sinistra nei
tennisti prima del trattamento sulla Huber
La tabella n°3 riporta le misure ottenute con il dinamometro
MK2 e con la
Technogym Total Shoulder dopo il periodo di trattamento mediante Huber.
66
In generale i risultati dimostrano un generale miglioramento delle capacità di forza
in tutti i gruppi di atleti anche se non supportata da significatività statistica.
La tabella dimostra, tuttavia, che scompare la differenza significativa tra
intrarotatori destri e sinistri, presente prima del trattamento sulla pedana di Huber nei
tennisti.
I risultati delle seconde verifiche effettuati sulla Technogym Total Shoulder sono
riportati anche negli istogrammi n° 5 e 6.
67
Tabella n°3: valori ottenuti dalla 2a verifica con la MK2 e con la Technogym
Total Shoulder
Disciplina ETA'
Tennis
Tennis
Tennis
Tennis
Tennis
media
Ds ±
Tiro con
l'arco
Tiro con
l’arco
media
Ds ±
Windsurf
Windsurf
Windsurf
Windsurf
Windsurf
Windsurf
media
Ds ±
Golf
Nuoto
Nuoto
Nuoto
media
Ds ±
Fitness
Fitness
Fitness
Fitness
Fitness
media
Ds ±
H PESO FORZA
(cm) (Kg)
MAX
A.I. Dx
(kg)
FORZA
FORZA
FORZA
FORZA FORZA
MAX A.S.
MAX A.S.
MAX
MAX
MAX
extrarotaz.
extrarotaz.
A.S.
A.I. Sn
A.S.
(kg)
intrarotaz. Dx (Kg) intrarotaz. Sn (Kg)
Sn (Kg)
Dx (Kg)
222,89
15,66
8,59
16,90
8,48
216,70
18,01
8,01
19,48
9,57
154,80
19,71
8,60
18,80
8,61
221,87
18,46
9,03
13,46
8,66
198,80
15,83
8,51
18,84
8,91
203,01
18,18
8,55
17,50
8,83
28,64
1,75
0,36
2,45
0,43
18
20
21
16
24
172
183
178
170
178
64
95
80
54
73
206,40
238,80
169,80
199,90
218,80
206,74
25,42
23
180
71
210,20
227,70
24,45
9,69
21,65
12,12
24
157
55
19
18
18
20
19
18
174
174
176
176
176
170
61
67
61
73
67
83
21
24
21
22
172
183
184
186
67
67
77
68
24
22
21
20
22
164
165
170
163
171
59
58
55
66
62
159,30
184,75
35,99
152,00
154,30
145,20
214,75
171,80
173,40
168,58
25,26
185,80
154,60
186,50
174,70
171,93
16,13
174,50
148,70
161,00
166,00
155,10
161,06
9,92
178,80
203,25
34,58
146,90
153,70
148,90
200,10
170,00
173,50
165,52
20,21
194,00
159,40
177,90
171,40
169,57
9,39
162,40
155,20
154,90
144,80
141,90
151,84
8,37
17,94
21,20
4,60
16,30
15,29
14,81
20,30
15,83
19,28
16,97
2,26
14,14
15,09
19,46
17,84
17,46
2,21
15,88
15,38
15,98
16,00
15,49
15,75
0,29
8,76
9,23
0,66
7,44
7,75
7,71
9,86
8,59
7,64
8,16
0,92
8,47
7,58
8,81
8,76
8,38
0,70
8,33
7,74
7,73
7,63
8,22
7,93
0,32
16,98
19,32
3,20
16,10
14,93
15,99
17,15
16,44
19,65
16,71
1,61
14,93
15,23
19,48
16,34
17,02
2,20
15,54
14,92
15,34
14,29
14,86
14,99
0,48
10,23
11,17
1,33
7,41
7,44
8,12
9,87
8,46
7,60
8,15
0,94
7,82
7,03
8,68
8,03
7,91
0,83
8,15
7,63
7,47
7,54
7,58
7,67
0,27
68
Istogramma n°5: 2a verifica sulla Technogym Total Shoulder, prova massimale
di forza dei muscoli intrarotatori dell’arto superiore
T.T.S: rotazione interna
18,50
18,18
arto sup. destro
scherma
tennis
18,00
17,50
17,50
atro sup. sinistro
scherma
tennis
Kg
17,03
17,00
16,46
16,50
arto sup. destro tutti gli
sport
arto sup. sinistro tutti gli
sport
16,00
15,50
valori medi
Istogramma n°6: 2a verifica sulla Technogym Total Shoulder, prova massimale
di forza dei muscoli extrarotatori dell’arto superiore
T.T.S: rotazione esterna
9,50
9,00
8,83
arto sup. destro tennis
8,55
8,28
Kg
8,50
8,30
arto sup. sinistro tennis
arto sup. destro tutti gli
sport
arto sup. sinistro tutti gli
sport
8,00
7,50
7,00
valori medi
69
Costo energetico
La fig.1 mostra un esempio di misura dei parametri fisiologici durante una seduta di
trattamento con Huber con un carico paramassimale (massimo sostenibile dall’atleta per
tutta la durata dell’esercizio).
Il grafico mette in evidenza i valori di consumo di ossigeno e di frequenza cardiaca
ottenuti durante una prova di tre serie consecutive di lavoro sulla macchina con un
carico pari a 13 Kg.
I valori medi misurati nel gruppo di windsurfer sono stati: consumo di ossigeno
medio, espresso in ml/min/Kg, è pari al 23% (±3,7) del massimale misurato in
laboratorio; frequenza cardiaca misura media pari a 100 bpm (±13) ed il lattato ematico
medio pari a 1,7 mM (±0,9).
In via preliminare, si può anticipare la considerazione di una richiesta da parte della
Huber di un impegno cardio-respiratorio e metabolico di medio-basso livello.
70
71
Allegato 1
72
CONCLUSIONI
Nell’affrontare la problematica relativa alla misura degli adattamenti generati da un
apparato progettato per la rieducazione della propriocezione generale e del
miglioramento della efficienza delle catene cinetiche posturali, ci si rende facilmente
conto della difficoltà che si incontra. Non a caso, la letteratura scientifica è
assolutamente povera di rilevanti contributi in tal senso. Spesso, come anche in parte nel
presente caso, ci si basa su stime soggettive dei sintomi e della cenestesi generale.
Non priva di rischi interpretativi appare, inoltre, la raccolta di elementi riguardanti
solo parziali aspetti di un fenomeno così complesso come la postura.
Detto questo, i risultati della ricerca sembrano comunque degni di essere sottolineati
poiché, anche se parziali, testimoniano gli effetti derivanti dalla pratica di una nuova
metodica rieducativa che mostra elementi di grande novità nel panorama della
riabilitazione.
Questa è, infatti, la prima volta che viene ideato un metodo che consente di agire
contemporaneamente sul miglioramento della propriocezione generale e sulla efficienza
(tono-trofismo) delle catene muscolari che sono deputate al sostegno corporeo ed al
mantenimento dell’equilibrio statico e dinamico.
Ciò è consentito dall’uso di esercizi a catena chiusa che sono caratterizzanti Huber.
In tale ottica, di conforto appare il rilevare che un periodo di due mesi di uso della
macchina determina un miglioramento della stabilità in stazione eretta e del recupero
dell’equilibrio come dimostrano i dati della stabilometria. Ciò può essere dovuto in
parte ad una stimolazione della sensibilità propriocettiva a livello somatico, ed in modo
particolare a livello del recettore podalico, in parte al rinforzo della muscolatura dovuto
alla richiesta di adattamento continuo del carico durante il movimento rotatorio della
pedana.
In tal senso, non appare casuale che risultino statisticamente significative solamente
le prove eseguite in appoggio monopodalico ed, in particolare, quelle svolte ad occhi
chiusi. E’ proprio in questa situazione che il corpo si affida alla muscolatura della
caviglia e alla sensibilità propriocettiva del piede. Questa capacità di reazione podalica
diminuisce nelle prove in appoggio bipodalico e soprattutto in quella ad occhi aperti
nella quale la stabilità è dovuta in gran parte ad altri recettori come quello visivo e
vestibolare.
Anche le misure di forza, se pur se parziali, mostrano un miglioramento generale
della capacità sia a livello degli arti inferiori che degli arti superiori.
73
In particolare, l’aspetto che deve essere maggiormente sottolineato riguarda il
recupero dei muscoli intrarotatori ed extrarotatori dell’arto superiore sinistro nei
tennisti, i quali all’inizio del trattamento erano apparsi significativamente più deboli.
Questo miglioramento suggerisce una funzione di riequilibrio dei gruppi muscolari
attribuibile a Huber.
Anche se criticabile dal punto di vista scientifico, ma comunque frequentemente
utilizzata nelle ricerche in campo fisiatrico, l’uso della Scala Numerica Verbale
utilizzata per la valutazione del dolore denota un netto vantaggio nell’uso della
metodica. Infatti, i soggetti trattati durante la sperimentazione venivano tutti da
precedenti trattamenti fisioterapici per la presenza di patologie rachidee o scapoloomerali che nella maggior parte dei casi non avevano completamente risolto la
sintomatologia dolorosa. Il trattamento con Huber, in tutti i casi, ha determinato un
ulteriore miglioramento del quadro clinico accompagnato spesso dalla completa
risoluzione del sintomo.
La riduzione della sensazione dolorosa è risultata, infatti, essere di circa 2 punti
della Scala.
Un’ultima riflessione va fatta sulle misure di costo energetico effettuate durante la
seduta di allenamento: il consumo di ossigeno medio rilevato, in condizioni di elevato
carico (11-13 Kg), pari al 23% (±3,7) del massimale misurato in laboratorio, con una
frequenza cardiaca media di 100 (± 13) ed un lattato ematico medio di 1,7 mM
(± 0,9), testimoniano un modesto impegno di tipo metabolico e cardio-respiratorio
tale da non porre problemi nel corretto inserimento della metodica accanto agli altri
mezzi di allenamento.
In conclusione, da questa ricerca, si evidenzia il ruolo della pedana di Huber nella
stimolazione propriocettiva, dimostrato dai risultati positivi ottenuti nella stabilità in
appoggio podalico. Nei tennisti inoltre si aggiunge il miglioramento della prestazione di
forza ottenuta sull’emilato più debole.
Tutto questo conferma l’ipotesi iniziale, evidenziando i risultati ottenuti riguardanti
la stabilità corporea che hanno come risultante un maggiore equilibrio generale ed un
utilizzo più armonico del fisico dell’atleta e conseguentemente un allontanamento delle
possibilità che si verifichino infortuni.
Una più elevata sensibilità dell’atleta e degli allenatori verso queste problematiche
porterebbe l'atleta-tennista stesso ad un miglioramento della prestazione dovuta ad una
74
maggiore continuità della sua attività e quindi, in uno sport complesso come il tennis, a
risultati di più alto livello.
Tali risultati inducono a credere che la pedana Huber possa svolgere un ruolo
importante nel campo della rieducazione posturale sia come ricerca di un miglioramento
della stabilità ed efficienza corporea che come anello di collegamento tra il trattamento
riabilitativo ed il ritorno all’attività agonistica di un tennista.
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