ANALISI AMBIENTALE INIZIALE della CONCERIA TIPO

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Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
ANALISI AMBIENTALE
INIZIALE della
CONCERIA TIPO
Gennaio 2013
Rev.5
AAI
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Sommario
1
INTRODUZIONE _____________________________________________________________ 4
2
SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE _____________________________________________ 5
3
RIFERIMENTI NORMATIVI _____________________________________________________ 5
4
LA METODOLOGIA SEGUITA __________________________________________________ 29
5
DATI GENERALI DELL'ORGANIZZAZIONE E SUE ATTIVITÀ ___________________________ 29
5.1
6
FASI DEL CICLO DI LAVORAZIONE DELLE PELLI _______________________________________ 29
5.1.1
RICEVIMENTO PELLI _______________________________________________________30
5.1.2
FASE DI RIVIERA __________________________________________________________30
5.1.3
FASE DI CONCIA __________________________________________________________31
5.1.4
RIFINIZIONE _____________________________________________________________33
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ASPETTI AMBIENTALI ________________________________ 34
6.2
DATI GENERALI _______________________________________________________________ 34
6.1
DESCRIZIONE DEL PROCESSO PRODUTTIVO _________________________________________ 35
6.1.1
RICEVIMENTO/MAGAZZINO PELLI ____________________________________________35
6.1.2
RINVERDIMENTO _________________________________________________________36
6.1.3
DEPILAZIONE E CALCINAZIONE_______________________________________________37
6.1.4
SCARNATURA ____________________________________________________________38
6.1.5
SPACCATURA ____________________________________________________________38
6.1.6
DECALCINAZIONE MACERAZIONE ____________________________________________39
6.1.7
SGRASSAGGIO ___________________________________________________________40
6.1.8
PICLAGGIO ______________________________________________________________41
6.1.9
CONCIA _________________________________________________________________41
6.1.10
PRESSATURA, MESSA A VENTO, SPACCATURA E RASATURA ________________________44
6.1.11
NEUTRALIZZAZIONE E RICONCIA _____________________________________________45
6.1.12
TINTURA ________________________________________________________________46
6.1.13
INGRASSO _______________________________________________________________47
6.1.14
ESSICCAZIONE - ASCIUGAGGIO ______________________________________________47
6.1.15
FASI DI PRERIFINIZIONE: UMIDIFICAZIONE – PALISSONATURA – INCHIODAGGIO RULLATURA - SMERIGLIATURA - RAFFINATURA – SPAZZOLATURA – SPACCATURA LUCIDATURA - BOTTALATURA A SECCO ________________________________________48
6.1.16
RIFILATURA - SELEZIONE____________________________________________________49
6.1.17
RIFINIZIONE _____________________________________________________________50
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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6.1.18
STIRATURA – SATINATURA E METALLIZZAZIONE _________________________________51
6.1.19
STAMPATURA ____________________________________________________________51
6.1.20
MISURAZIONE - SPEDIZIONE PELLI ____________________________________________51
6.2
SOSTANZE CHIMICHE – PERICOLOSE ______________________________________________ 52
6.3
ACQUE ______________________________________________________________________ 54
6.4
RIFIUTI ______________________________________________________________________ 58
6.5
EMISSIONI IN ATMOSFERA ______________________________________________________ 62
6.5
ASPETTI AMBIENTALI INDIRETTI __________________________________________________ 63
Allegato 1 – PREVENZIONE INCENDI ____________________________________________________ 64
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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INTRODUZIONE
La lavorazione della pelle è rappresentata in Italia da oltre 2.300 unità produttive,
concentrate soprattutto in tre principali "distretti conciari", quali quello vicentino di
Chiampo e Arzignano, quello di S. Croce all'Arno (PI) e di Solofra (AV). Ogni distretto risulta
contraddistinto da una specializzazione produttiva riferibile alla tipologia di pelli lavorate
ed alla destinazione del prodotto finito.
La produzione nazionale si è attestata negli anni scorsi intorno a valori pari al 60%
dell'intera produzione europea ed al 16% del prodotto mondiale. Oltre il 50% del fatturato
è destinato all'esportazione, soprattutto verso l'Estremo Oriente, la Germania, gli Stati
Uniti e la Francia.
Il settore conciario è percepito come uno dei settori a maggiore impatto ambientale; tale
percezione è in parte vera in quanto la lavorazione della pelle necessita di un consumo
idrico molto elevato e dell'impiego di numerose sostanze chimiche, che possono essere
immesse, indiscriminatamente, nell'ambiente circostante. Il fenomeno è accentuato dal
fatto che le industrie conciarie sono presenti in distretti specializzati: l'alta concentrazione
di imprese in zone delimitate determina così una forte pressione sull'ambiente, avvertita in
modo significativo dalla popolazione locale, che in prima persona vive i problemi
dell'inquinamento da conceria.
Il presente documento costituisce “Rapporto di Analisi Ambientale Iniziale” di una
CONCERIA TIPO per l’implementazione di un Sistema di Gestione Ambientale (SGA)
conforme al Regolamento EMAS CE n.1221/2009.
Questo documento è stato redatto dopo aver inquadrato le principali tematiche ambientali
legate al processo produttivo delle concerie. Tutto ciò è stato possibile dopo aver visitato a
campione alcune concerie del Distretto Industriale di Solofra ed aver incontrato le
Pubbliche Amministrazioni interessate dell’area oggetto di approfondimento.
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE
L’Analisi Ambientale Iniziale (AAI), costituisce un elemento fondamentale
nell’organizzazione e nell’implementazione di un Sistema di Gestione Ambientale conforme
al Regolamento EMAS.
La AAI è una diagnosi sistematica, nella quale si studiano in profondità tutte le relazioni che
intercorrono tra le attività dell’organizzazione presa in considerazione e la realtà
ambientale e territoriale che la circonda, in funzione dei vincoli più generali cui è
sottoposta, del quadro legislativo, socioeconomico e di mercato.
Nello specifico di questo documento si va ad effettuare l’Analisi Ambientale Iniziale di una
“CONCERIA TIPO” del Distretto Industriale di Solofra, affinché una conceria che voglia
intraprendere il cammino di registrazione secondo EMAS possegga un utile supporto che le
permetta di giungere ad una valutazione complessiva delle problematiche ambientali
connesse con le proprie attività. Tale valutazione costituisce il punto di partenza per
l’individuazione degli obiettivi e delle procedure che l’azienda dovrà adottare.
Inoltre l’Analisi Ambientale Iniziale di una “CONCERIA TIPO” ha lo scopo di individuare gli
aspetti e gli impatti ambientali significativi legati a tale tipologia di attività.
L’analisi iniziale si compone delle seguenti azioni:
• individuazione della legislazione ambientale applicabile alle attività che si svolgono
nella CONCERIA TIPO per la verifica delle conformità rispetto a prescrizioni e
autorizzazioni;
• individuazione degli impatti più significativi su cui concentrare i propri obiettivi di
miglioramento delle prestazioni;
• stima dell’entità degli aspetti e degli impatti ambientali sul territorio.
L’Analisi Ambientale Iniziale comprende anche l’esame di tutte le procedure e le prassi già
esistenti nelle CONCERIE in campo.
L’AAI della CONCERIA TIPO è stata predisposta sulla base dei dati rilevati presso il campione
di aziende analizzate e farà da riferimento alle specificità del territorio del Distretto
Industriale di Solofra comprendente i Comuni di Solofra, Serino, Montoro Superiore e
Montoro Inferiore.
3
RIFERIMENTI NORMATIVI
Il Regolamento EMAS prevede che le organizzazioni debbano poter dimostrare di:
a) aver identificato e conoscere le implicazioni per l’organizzazione di tutte le
pertinenti normative ambientali;
b) provvedere al rispetto della normativa ambientale;
c) aver predisposto procedure che consentano all’organizzazione di mantenere nel
tempo questi requisiti.
La normativa di riferimento per una CONCERIA TIPO viene sotto riportata e tale elenco
verrà successivamente integrato o semplificato in seguito all’emanazione di nuove norme o
allorquando l’organizzazione attuerà nuove fasi che agiscono su altri aspetti ambientali.
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OGGETTO DELLA
NORMATIVA
SIGLA/NUMERO
TITOLO NORMATIVA
TIPO DI
NORMAT
IVA
ADEMPIMENTI
Qualità
UNI EN ISO 9001
Sistemi di gestione per la qualità Requisiti.
Norma
Internazi
onale
Documentazione, registrazioni, audit, riesame,
miglioramento
Qualità
UNI EN ISO 9000
Sistemi di gestione per la qualità Fondamenti e terminologia.
Norma
Internazi
onale
Qualità
UNI EN ISO 9004-2000
Sistemi di gestione per la qualità Linee guida per il miglioramento
delle prestazioni.
Norma
Internazi
onale
Qualità
UNI EN ISO 19011
Linea guida per gli audit dei sistemi
di gestione per la qualità e
ambientali.
Norma
Internazi
onale
Qualità
UNI EN 30012 Parte 1ª
Sistema di conferma metrologica
di apparecchi di misurazione.
Norma
Internazi
onale
Qualità/ sett. pelli
UNI 11239
Denominazione di origine italiana
dei cuoi e delle pelli
Nazionale
Qualità/ sett. pelli
Marchio Vera pelle/Vero
cuoio
Regolamento UNIC
Sicurezza Dati
Personali e Privacy
L. 196/2003
Codice in materia di protezione
dati personali
Identificazione articoli, tracciabilità
Regole per l’uso del marchio
Nazionale
- Formazione del personale
- DPS (Documento programmatico della privacy)
-Revisione annuale del DPS entro il 30 aprile
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Ambiente
UNI EN ISO 14001-2004
Sistemi di Gestione Ambientale Requisiti e guida per l’uso.
Norma
Internazi
onale
Ambiente
UNI EN ISO 14004
Sistemi di Gestione Ambientale Linee guida generali sui principi,
sistemi e tecniche di supporto.
Norma
Internazi
onale
Ambiente
Regolamento CE 761/01
Regolamento sull’adesione
volontaria delle organizzazioni a
un sistema comunitario di
ecogestione e audit (EMAS)
Europea
Settore Pelli
Made in Italy
Regolamento ICEC
Settore Pelli
Codice di condotta
Regolamento UNIC
Risorse idriche
R.D. 11 Dicembre 1933, n°
1775
Testo unico delle disposizioni di
legge sulle acque ed impianti
elettrici ex art. 6 e s.m. (vigenti
artt. 1, 216, 217)
Nazionale
Risorse idriche
L. 24/12/ 1979 n°650
Integrazioni e modifiche delle leggi
16 aprile 1973, n° 171 e 10
maggio 1976, n° 319 in materia di
tutela delle acque
dall’inquinamento
Nazionale
Documentazione, audit, riesame, registrazioni
Documentazione, audit, registrazioni, dichiarazione
ambientale
Regole per l’uso del marchio
Denuncia quantitativi di acqua prelevati (al di fuori
dei pubblici servizi) alla Provincia con cadenza
almeno annuale
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Risorse idriche
L. 54/80
Delega e sub delega di funzioni
regionali ai Comuni, alle Comunità
Montane e alle Province e
disciplina di provvedimenti
legislativi ed amministrativi
regionali concernenti le funzioni
delegate e sub delegate (art. 25)
Regionale
Risorse idriche
L. 16/82
Indirizzi programmatici e direttive
fondamentali per l' esercizio delle
funzioni delegate e sub - delegate
agli Enti locali in materia di acque
e acquedotti, ai sensi dell' art. 1 – I
comma - della legge regionale 1º
settembre 1981, n° 65
Regionale
Risorse idriche
D. L.vo del Governo n° 275
del 12/07/1993
Riordino in materia di concessione
di acque pubbliche
Nazionale
Risorse idriche
L. del 05/01/1994 n° 36
Disposizioni in materia di risorse
idriche.
Nazionale
Risorse idriche
DPCM del 04/03/1996
Disposizioni in materia di risorse
idriche.
Nazionale
Abrogazione parziale dell'articolo
154 del Decreto Legislativo n. 152
del 2006, determinazione della
tariffa del servizio idrico integrato
in base all'adeguata
Nazionale
Risorse idriche
D.P.R. n. 116 del
18/07/2011
Approvvigionamento idrico di competenza
provinciale
-Denunce pozzi
-Richiesta di concessione per approvvigionamento
da acque pubbliche superficiali
-Richiesta di concessione utilizzazione pozzi
modifica criterio di fissazione della tariffa del servizio
idrico integrato
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remunerazione del capitale
investito.
Nazionale
- standard di qualità ambientale nel settore della
politica delle acque
- specifiche tecniche per l'analisi chimica e il
monitoraggio dello stato delle acque.
D.Lgs. n. 219 del
10/12/2010
Attuazione della direttiva
2008/105/CE standard di qualità
ambientale nel settore della
politica delle acque, recante
abrogazione delle direttive
82/176/CEE, 83/513/CEE,
84/156/CEE, 84/491/CEE,
86/280/CEE,modifica della
direttiva 2000/60/CE e
recepimento della direttiva
2009/90/CE che stabilisce,
specifiche tecniche per l'analisi
chimica e il monitoraggio dello
stato delle acque.
Nazionale
Regolamento in materia di servizi pubblici locali
D.P.R. n. 168 del 7/09/2010
(G. U n. 239 del 12.10.2010)
Regolamento in materia di servizi
pubblici locali di rilevanza
economica, a norma dell'articolo
23-bis, comma 10, del DecretoLegge 25 giugno 2008, n. 112,
convertito, con modificazioni, dalla
Legge 6 agosto 2008, n.133.
Regolamento per la disciplina
delle procedure relative a
concessioni per piccole
derivazioni, attingimenti e l'uso
Regionale
Delibera di Giunta Regionale n.
184 del 12/04/2012
(BURC n. 36 del 11/06/2012)
Regolamento in materia di autorizzazione a ricerca
d’acqua, sia per finalità produttive che per uso
domestico, nonché di tutte le derivazioni, per le
quali viene fatta richiesta di sanatoria, per
concessione o per denuncia pozzo, anche domestico,
Risorse idriche
Risorse idriche
Risorse idriche
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inoltrate in data successiva alla pubblicazione sul
Burc della stessa delibera, a far data dal 11 giugno
2012.
domestico di acque pubbliche”
Risorse idriche
Ordinanza commissariale
per Emergenza Sarno n° 51
del 14/10/2003
Disposizioni in materia di effluenti
liquidi
Regionale
Scarico Acque
Legge 25/02/2010 n° 36
Disciplina sanzionatoria dello
scarico di acque reflue
Nazionale Sanzioni scarichi di acque reflue industriali
Scarico Acque
D. L.vo n° 152 del
03/04/2006 e successive
modifiche
Norme in materia ambientale
Nazionale
-Autorizzazione allo scarico (quadriennale, da
rinnovare al terzo anno)
-limiti nelle concentrazioni degli inquinanti
-Scarichi accessibili per il campionamento da parte
dell'autorità competente
-risparmio idrico e riutilizzo delle acque
Scarico Acque
Ordinanza commissariale
per Emergenza Sarno n°
166 del 22/06/04
Disposizioni in materia di effluenti
liquidi di rifinizione
Regionale
Non accettabilità delle acque di spruzzo nel totale
dei reflui industriali e segregazione degli stessi
Scarico Acque
Comunicazione del
Commissario Delegato ex
OPCM del 3270/2003 del
23/06/06
Disposizioni in materia di effluenti
liquidi
Regionale
Adeguamento a limiti più restrittivi della tabella 3
del D. Lgs. 152/99
Scarico Acque
Ordinanza Presidente
Consiglio dei Ministri n.
3494 del 11/02/06
Subentro del SOGGETTO
ATTUATORE nella gestione unitaria
del sistema depurativo del
comprensorio Alto Sarno
Regionale
- Gestore impianti di depurazione
- Controllo qualità degli scarichi
- Campionatore automatico dei reflui
- Misuratore di portata
- Monitoraggio in continuo e registrazione dei dati
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Scarico Acque
Regolamento di fognatura e
depurazione ai sensi dell’art
7 OPCM del 3270/2003
Regolamento CONVENZIONE tra i
Comuni di Solofra e Mercato S.
Severino
Consortil
e
- Autorizzazione
- Disposizioni generali
- Norme concernenti l’allacciamento
- Esercizio degli allacciamenti privati
- Utenze industriali
- Norme particolari relative alla fognatura industriale
ed all’impianto di depurazione e relativi limiti di
accettabilità
- Tariffe
- Disposizioni varie
Scarico Acque
Regolamento Tariffario per
gli scarichi industriali e
assimilati ai domestici
CONVENZIONE tra i Comuni di
Solofra e Mercato S. Severino
Consortil
e
Tariffe
Scarico Acque
L.R. n°4/2011 art.1 comma
250
Legge finanziaria della Regione
Campania
Regionale
Individua nel Comune l’ autorità competente al
rilascio delle autorizzazioni allo scarico in corpo
idrico e su suolo .
Scarico Acque
Delibera di Giunta Regionale
n. 92 del 13/03/2012
(BURC n. 38 del 18/06/2012)
“Regolamento relativo ai criteri
di assimilazione alle acque
reflue domestiche”
Regionale
Regolamento in materia di assimilazione per i soli
scarichi civili.
Scarico Acque
Regolamento comunale
autorizzazione scarico acque
reflue
Disciplina le procedure da seguire
per il rilascio delle autorizzazioni
allo scarico in corpo idrico
superficiale e sul suolo di
competenza del Comune
Comunal
e
Trattamento acque di prima pioggia
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Gestione Rifiuti
D. L.vo n° 152 del
03/04/2006 e successive
modifiche
Norme in materia ambientale
Nazionale
Parte Quarta:
-Codifica dei rifiuti
-Divieto di miscelazione
-Divieto di abbandono dei rifiuti
-Deposito temporaneo: rispetto limiti quantitativi
(10 mc e 20 mc) e temporali ( 3 mesi)
-Registro di carico e scarico vidimato
- Registrazione entro 10 gg
-Formulario per il trasporto: 10 gg per la
registrazione
- Corretta gestione degli imballaggi
-Obbligo di conservazione documenti gestione rifiuti
presso l’azienda
Gestione dei rifiuti
DM Ambiente 3 agosto 2005
Criteri di ammissibilità dei rifiuti in
discarica
Nazionale
Criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica
Gestione dei rifiuti
DM Ambiente N°7 11.1.2013
Siti bonifica che non soddisfano
requisiti dlgs 152/2006
Gestione Rifiuti
Dl 25 gennaio 2012, n. 2
Misure urgenti in materia
ambientale - Materiali da riporto Sacchetti biodegradabili Emergenza Regione Campania
Elenco dei siti di bonifica attualmente classificati di
interesse nazionale che non soddisfano i requisiti di
cui all’ art.252, comma 2, del D.Legislativo 3 aprile
2006, n.152 come modificato dall’ articolo 36-bis
della legge 7 agosto 2012, n.134
Regionale
- Disposizioni in materia di commercializzazione di
sacchi per asporto merci nel rispetto dell'ambiente
- Disposizioni in riferimento ai materiali di riporto
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Sversamenti e
Bonifica
Emissione in
atmosfera
Decreto ministeriale del 17
dicembre 2009
D. L.vo. 31/3/2011, n. 55
Emissione in
atmosfera
D.Lgs. 14.9.2011 n.162
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Norme in materia ambientale
Nazionale
-Adottare misure di prevenzione e comunicazione al
Comune, Provincia, Regione e Prefetto ( ex art. 304,
comma 2) per eventi potenzialmente in grado di
contaminare il sito
-Indagine Preliminare sui parametri oggetto
dell'inquinamento
-Al verificarsi del superamento delle concentrazioni
soglia di contaminazione (CSC) anche per un solo
parametro notizia al Comune ed alla Provincia
competenti del Piano di Caratterizzazione.
Attuazione della direttiva
2009/30/CE, che modifica la
direttiva 98/70/CE, per quanto
riguarda le specifiche relative a
benzina, combustibile diesel e
gasolio, nonché l'introduzione di
un meccanismo inteso a
controllare e ridurre le emissioni di
gas a effetto serra, modifica la
direttiva 1999/32/CE per quanto
concerne le specifiche relative al
combustibile utilizzato dalle navi
adibite alla navigazione interna e
abroga la direttiva 93/12/CEE.
Nazionale
Specifiche relative a benzina, combustibile diesel e
gasolio, nonché l'introduzione di un meccanismo
inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a
effetto serra
Attuazione della direttiva
2009/31/CE in materia di
stoccaggio geologico del biossido
di carbonio, modifica delle
Nazionale
stoccaggio e gestione del biossido di carbonio
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direttive 85/337/CEE, 2000/60/CE,
2001/80/CE, 2004/35/CE,
2006/12/CE, 2008/1/CE e del Reg.
(CE) n. 1013/2006.
Emissione in
atmosfera
D. L.vo n° 152 del
03/04/2006 e successive
modifiche ( da ultimo D.Lgs.
n. 128 del 29.6.2010)
Norme in materia ambientale
Nazionale
Parte Quinta:
-Autorizzazione alle emissioni (per ottenere la
autorizzazione definitiva presentare richiesta tra il
1/01/2015 e il 31/12/2018, per nuove autorizzazioni
presentare richiesta)
-Analisi periodiche (secondo la frequenza stabilita
nell’autorizzazione)
-notifica della messa in esercizio
-attività soggette ad autorizzazione generale
Emissione in
atmosfera
D. L.vo n° 152 del
03/04/2006 e successive
modifiche art. 275 ( da
ultimo D.Lgs. n. 128 del
29.6.2010)
DM 44/2004
Norme in materia ambientale
Nazionale
Emissioni di COV: devono essere rispettati i valori
limite per le emissioni dirette e diffuse di cui alle
parti IIIe IV dell’All. III alla parte V
- installare misuratori in continuo per i punti di
emissione con flusso di massa > 10 kg/h di COV;
- E’ necessario effettuare i controlli previsti,
predisporre un piano di gestione dei solventi
annuale.
Emissione in
atmosfera
D. D. 23 aprile 2012, n. 166
Autorizzazione di carattere
generale per l’esercizio di impianti
ed attività in deroga
Regionale
Autorizzazione di carattere
generale relativa agli impianti e attività in deroga di
cui all’art. 272 comma 2 del decreto legislativo
152/2006 e sue s.m.i.;
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Prevenzione Rischio
biologico
Regolamento CEE
1774/2002
Regolamento recante norme
sanitarie relative ai sottoprodotti
di origine animale non destinati al
consumo umano
Europea
Nessuno, in quanto nel ciclo di lavorazione si
utilizzano pelli a partire dallo stato wet-blue
Prevenzione Rischio
biologico
Dlgs n° 36 del 21/02/05
Disposizioni sanzionatorie in
applicazione del regolamento (CE)
n. 1774/2002, e successive
modificazioni, relativo alle norme
sanitarie per i sottoprodotti di
origine animale non destinati al
consumo umano
Nazionale
Disposizioni sanzionatorie
Industrie insalubri
RD 27/07/34 n° 1265
DM 5/09/1994
-Testo unico delle leggi sanitarie
-Elenco delle industrie insalubri di
cui all’art. 216 del testo unico delle
leggi sanitarie
Nazionale
Comunicazione al Sindaco di attività rientrante nelle
tipologie di industria insalubre
Emissione in
atmosfera
D.G.R. n° 4102 del
5/08/1992
La Regione Campania ha
provveduto, ai sensi dell’art. 4 del
D.P.R. 203/88, a fissare i valori di
emissione in atmosfera derivanti
da impianti sulla base della BAT
Regionale
-Valori limite di emissioni per la Regione Campania
-Metodi di prelievo ed analisi
Emissione in
atmosfera
Del n° 750 Giunta Regionale
Campania
Determinazione costi per lo
svolgimento, da parte ARPAC, dei
controlli al fine rilascio
dell’autorizzazione definitiva exdpr 203/88
Regionale
Pagamento controllo ARPAC
Rumore Interno
D. L.vo n° 277 del
15/08/1991
Attuazione delle direttive n°
80/1107/CEE, n° 82/605/CEE, n°
Nazionale
-Valutazione del rischio rumore
-Indagine fonometrica in ambiente interno
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83/477/CEE, n° 86/188/CEE e n°
88/642/CEE, in materia di
protezione dei lavoratori contro i
rischi derivanti da esposizione ad
agenti chimici, fisici e biologici
durante il lavoro, a norma dell'art.
7 legge 30 luglio 1990, n° 212.
-Sorveglianza sanitaria
-Mezzi protettivi individuali
-Inform. e formazione dei lavoratori
-Limiti Rumore Interno
Rumore Interno
D. L.vo 10/4/2006, n° 195
Attuazione della direttiva
2003/10/CE relativa all'esposizione
dei lavoratori ai rischi derivanti
dagli agenti fisici (rumore)"
Nazionale
-Valutazione del rischio rumore
-Sorveglianza sanitaria
-Mezzi protettivi individuali
-Inform. e formazione dei lavoratori
Rumore interno
D. Lgs. 9/4/2008 n° 81
Titolo VIII Capo II - Protezione dei
lavoratori contro i rischi di
esposizione al rumore
Nazionale
Rispetto dei requisiti per la protezione dei lavoratori
contro i rischi derivanti dall'esposizione al rumore
durante il lavoro
Rumore esterno
DPCM 01/03/1991
Limiti massimi di esposizione al
rumore negli ambienti abitativi e
nell'ambiente esterno.
Nazionale
-Indagine fonometrica in ambiente esterno
-Limiti Rumore Esterno
Rumore esterno
L. 26/10/1995,
N° 447
Legge quadro sull'inquinamento
acustico.
Nazionale
Concessioni edilizie per impianti ed infrastrutture
adibiti ad attività produttive, provvedimenti
comunali di abilitazione all’utilizzo di immobili per
attività produttive, licenze o autorizzazioni
all’esercizio di attività produttive
Rumore esterno
DPCM 14/11/1997
Determinazione dei valori limite
delle sorgenti sonore.
Nazionale
Rumore esterno
D.Lgs 4/09/2002
Attuazione della direttiva
2000/14/CE concernente
Nazionale
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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l'emissione acustica ambientale
delle macchine ed attrezzature
destinate a funzionare all'aperto
Sostanze pericolose
D.Lgs.
3/2/1997 n° 52 e s.m.
Attuazione delle Direttive
92/32/CEE concernenti
classificazione, imballaggio ed
etichettatura delle sostanze
pericolose e successive
modificazioni
Nazionale
-Etichettatura ed imballaggio (frasi R e S)
Sostanze pericolose
D.M.
28/1/1992 e successive
modifiche
Recepimento della Direttiva
91/155/CE
Nazionale
-Classificazione e disciplina dell’imballaggio e
dell’etichettatura delle sostanze pericolose e dei
preparati pericolosi
-Schede di sicurezza
Sostanze pericolose
L. 28/12/1993 n° 549
Misure a tutela dell’ozono
stratosferico e dell’ambiente
Nazionale
L’uso delle sostanze di cui alle tabelle A e B cessa il
31 dicembre 2008 (es. R22)
Sostanze pericolose
D. L.vo 16/07/1998 n° 285
Imballaggio Classificazione
Etichettatura Sostanze Pericolose
Nazionale
Sostanze pericolose
Decreto 11/4/2001
Recepimento della direttiva
200/33/CE recante XXVII
adeguamento al progresso tecnico
della direttiva 67/548/CEE, in
materia di classificazione,
imballaggio ed etichettatura di
sostanze pericolose
Nazionale
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Sostanze pericolose
Regolamento Comunitario
n° 1907/2006 (REACH)
Regolamento concernente la
registrazione, la valutazione,
l'autorizzazione e la restrizione
delle sostanze chimiche (REACH)
Europea
Classificazione dei prodotti chimici utilizzati e loro
uso
Nuove schede di sicurezza
Sostanze pericolose
Dlgs 14 settembre 2009 n°
133
Disciplina sanzionatoria per la
violazione delle disposizioni del
regolamento (CE) n.1907/2006 che
stabilisce i principi ed i requisiti
per la registrazione, la valutazione,
l’autorizzazione e la restrizione
delle sostanze chimiche.
Nazionale
Disciplina sanzionatoria per la violazione delle
disposizioni del regolamento (CE) n.1907/2006
IPPC
D. Lgs. N. 59 del 18/02/2005
Attuazione integrale della direttiva
96/61/CE relativa alla prevenzione
e riduzione integrate
dell'inquinamento
Nazionale
All. I, pto 6.3: attività per la concia delle pelli qualora
la capacità di trattamento superi le 12 tonnellate al
giorno di prodotto finito
IPPC
DM 26/4/2002
Modifiche al decreto ministeriale
23 novembre 2001 in materia di
dati,formato e modalità della
comunicazione di cui all'art. 10 del
decreto legislativo n° 372 del 1999
Nazionale
Comunicare all'APAT i dati, relativi all’anno
precedente, delle emissioni in aria ed acqua di
sostanze o gruppi di sostanze stabiliti.
Utilizzo delle risorse
energetiche
L. 9/01/1991 n° 10
Norme per l’attuazione del piano
energetico nazionale in materia di
uso razionale dell’energia, di
risparmio energetico e di sviluppo
delle fonti rinnovabili di energia
Nazionale
-Nomina dell’energy manager
-Calcolo delle TEP
-Consumo di energia
-Esercizio e manut. impianti esistenti
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
pag.19/80
Utilizzo delle risorse
energetiche
D.P.R. n° 412 del
26/08/1993
Regolamento recante norme per la
progettazione, l’istallazione,
l’esercizio e la manutenzione degli
impianti termici degli edifici ai fini
del contenimento dei consumi di
energia,in attuazione dell’art.4
comma 4, della legge 9 gennaio
1991, n° 10
Utilizzo delle risorse
energetiche
DM 17/03/2003
Aggiornamenti agli allegati F e G del Nazionale
D.P.R. del 26 Agosto 1993 n° 412,
recante norme per la progettazione,
l’installazione, l’esercizio e la
manutenzione degli impianti termici
degli edifici, ai fini del contenimento
dei consumi di energia.
Utilizzo delle risorse
energetiche
DECRETO 22/1/ 2008 n° 37
Regolamento concernente il
riordino delle disposizioni in
materia di attività di installazione
degli impianti all’interno degli
edifici.
Nazionale
Requisiti tecnico professionali
Dichiarazioni di Conformità
Adempimenti per l’avvio dell’attività
Manutenzioni
Apparecchiature
DPR del 30/04/1999 n° 162
Regolamento recante norme per
l’attuazione della direttiva
95/16/CE sugli ascensori e di
semplificazione dei procedimenti
per la concessione del nulla osta
per ascensori e montacarichi,
nonché della relativa licenza di
Nazionale
Verifica biennale
Nazionale
-Libretti di impianto e di centrale
-Manutenzione e/o verifiche di combustione almeno
una volta all‘anno
Nuovi libretti di centrale e di impianto
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
pag.20/80
esercizio
Manutenzioni
Apparecchiature
Decreto 26/10/2005
Miglioramento della sicurezza
degli impianti di ascensore
installati negli edifici civili
precedentemente alla data di
entrata in vigore della direttiva
95/16/CE
Nazionale
Requisiti del personale tecnico della verifica
periodica prevista dal DPR 162/99 deve essere in
possesso dei seguenti requisiti:
-Diploma di laurea in ingegneria e iscrizione al
relativo albo professionale
-Esperienza professionale specifica, acquisita nel
settore degli ascensori per almeno due anni
-Copertura assicurativa della responsabilità civile
derivante dall’attività professionale, con un
massimale non inferiore a 2.500.000 €
-al libretto dell’impianto va allegato il risultato
dell’analisi dei rischi e le prescrizioni impartite;
inoltre vanno annotate l’avvenuta esecuzione delle
prescrizioni richieste e le operazioni di
manutenzione effettuate.
Gli interventi di adeguamento eventualmente
prescritti vanno realizzati entro:
- 6 mesi: se i rischi accertati hanno priorità alta
- Da 2 a 4 anni: se la priorità è media
- Da 4 a 6 anni: se la priorità è bassa
Sostanze pericolose
Direttiva 76/769
Ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari ed
amministrative degli Stati Membri
relative alle restrizioni in materia
di immissione sul mercato e di uso
Europea
Direttiva di riferimento dalla quale sono derivate la
maggior parte delle restrizioni d’uso dei prodotti
chimici
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
pag.21/80
di talune sostanze e preparati
pericolosi
Sostanze pericolose
Direttiva 2003/53/CE
XXVI modifica della direttiva
76/769/CEE (nonilfenolo,
nonilfenolo etossilato, cemento)
Europea
Nonilfenolo, nonilfenolo etossilato <0.1% nei
preparati per il trattamento tessile e di pellame
Sostanze pericolose
Reg. 2455/92
Esportazioni ed alle importazioni
comunitarie di taluni prodotti
chimici pericolosi (TRIS)
Europea
Antifiamma Assente
Sostanze pericolose
Direttiva 2003/11/CE
XXIV modifica della direttiva
76/769/CEE
(pentabromodifeniletere,
ottabromodifeniletere)
Europea
Sostanze pericolose
DM 17/10/2003
Recepimento delle Direttive
2003/2/CE e 2003/3/CE recanti
rispettivamente il X e XII
adeguamento al progresso tecnico
della direttiva 76/769/CEE (risp.
Arsenico e colorante blu)
Nazionale
Azocoloranti (blue navy) e arsenico assenti
Sostanze pericolose
D.M. 12/03/2003
Recepimento della Direttiva
2002/61/CE
Nazionale
Azocoloranti (ammine aromatiche) 30 mg/kg per
ciascuna ammina
Sostanze
pericolose
Chemikalien
Verbotsverordnung May
2003
Legge sui beni di consumo tedesca
Tedesca
Assenza del Cromo esavalente
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Sostanze pericolose
D.M. 17/10/2003
Recepimento della direttiva
2002/45/CE recante la XX modifica
della direttiva 76/769 (paraffine
clorurate a catena corta)
Nazionale
Cloroalcani – paraffine clorurate a catena corta Non
possono essere immessi in commercio per l’utilizzo
come sostanze o come componenti di altre sostanze
o preparati in concentrazione superiori all’1% per
l’ingrasso del cuoio
Sostanze pericolose
Direttiva 1999/51/CE
Recante V adeguamento al
progresso tecnico della direttiva
76/769/CE (stagno, cadmio,
pentaclorofenolo)
Europea
Pentaclorofenolo < 0.1% nelle sostanze e nei
preparati
Sostanze pericolose
D.M. 11/02/2003
Recepimento direttiva 2002/62/CE
recante IX adeguamento al
progresso tecnico alla direttiva
76/769/CE (composti
organostannici)
Nazionale
Composti organostannici – tributil stagno (TBT) <
limite di rilevabilità
Sostanze pericolose
Direttiva 2005/84/CE
XII modifica della Direttiva
76/769/CE (ftalati nei giocattoli e
negli articoli di puericultura)
Europea
Ftalati <0.1% della massa del materiale plastificato
nei giocattoli e negli articoli di puericultura
Amianto
DM 6/9/1994
Normative e metodologie tecniche
di applicazione dell'art.6, comma
3, e dell'art.12, della Legge
257/1992, relative alla cessazione
dell'impiego di amianto.
Nazionale
- Realizzare un inventario ed una classificazione
(friabili e compatti) di tutti i materiali presenti nel
sito che possono contenere Amianto (Allegato 5)
- Valutare il rischio relativo effettuando, se
necessario, campionamenti ed analisi sui materiali
secondo le metodiche individuate negli Allegati 1, 2
e 3.
- Scegliere il metodo di bonifica più adeguato
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Rischio
Elettromagnetico
Dpcm 8/7/2003
Fissazione dei limiti di esposizione,
dei valori di attenzione e degli
obiettivi di qualità per la
protezione della popolazione dalle
esposizioni ai campi elettrici e
magnetici alla frequenza di rete
(50 Hz) generati dagli elettrodotti".
Nazionale
Limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli
obiettivi di qualità per la protezione della
popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e
magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati
dagli elettrodotti".
Rischio
Elettromagnetico
D. Lgs 257/07
(Capo IV del
D. Lgs. 9/4/2008)
Attuazione della direttiva
2004/40/CE sulle prescrizioni
minime di sicurezza e di salute
relative all'esposizione dei
lavoratori ai
rischi derivanti dagli agenti fisici
Nazionale
- Censire le possibili sorgenti di emissione
elettromagnetica a bassa e alta frequenza (Reti di
trasmissione voce e dati aziendali; centri di lavoro
con correnti, resistenze, induzione magnetica,
produzione calore da microonde, emittenti
radiobase, ecc.; motori ad induzione; blindosbarre e
trasformatori; linee interrate AT; radiotrasmittenti
AF; elettrodotti AT-MT; ecc.)
- effettuare uno screening di misure e redigere una
Valutazione Tecnica che intergrerà il documento di
Valutazione Rischi
- Fornire informazione e formazione ai lavoratori
esposti
- Fornire periodica sorveglianza sanitaria ai lavoratori
con funzioni e mansioni particolarmente a rischio;Vietare l’esposizione dei lavoratori a valori superiori
ai valori limite di esposizione
- Valutare i livelli di campo elettromagnetico, con
cadenza almeno quinquennale
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Rischio
Elettromagnetico
Decreto 29/5/2008
Approvazione delle procedure di
misura e valutazione
dell'induzione magnetica
Nazionale
Procedure di misura e valutazione dell'induzione
magnetica utile alla verifica del non superamento del
valore di attenzione e dell’obiettivo di qualità (art. 5
Dpcm 8/7/2003)
Prevenzione incendi
D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151
Regolamento recante
semplificazione della disciplina dei
procedimenti relativi alla
prevenzione degli incendi, a
norma dell'art. 49, co.4-quater, del
dl 31.05.2010, n. 78.
Nazionale
Individua le attività soggette ai controlli di
prevenzione incendi e disciplina, per il deposito
dei progetti, per l'esame dei progetti, per le
visite tecniche, per l'approvazione di deroghe a
specifiche normative, la verifica delle condizioni
di sicurezza antincendio che, in base alla vigente
normativa,
sono attribuite alla competenza del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco.
Prevenzione incendi
Circolare del Dipartimento
dei Vigili del Fuoco n. 4962
del 4 aprile 2012, allegato IV
del D. lgs n. 81/2008.
Chiarimenti in merito all'uso delle
vie e uscite di emergenza in
presenza di sistemi di controllo
degli accessi mediante "tornelli
Nazionale
Chiarimenti in merito all'uso delle vie e uscite di
emergenza in presenza di sistemi di controllo degli
accessi mediante "tornelli
Prevenzione incendi
Circolare Dipartimento dei
Vigili del Fuoco n. 4963 del 4
aprile 2012, allegato IV del
D. lgs n. 81/2008.
Modalità di utilizzo delle vie e
uscite di emergenza in presenza di
porte scorrevoli orizzontalmente
munite di dispositivi di apertura
automatici ridondanti
Nazionale
Modalità di utilizzo delle vie e uscite di emergenza in
presenza di porte scorrevoli orizzontalmente munite
di dispositivi di apertura automatici ridondanti
Circolare Dipartimento dei
Vigili del Fuoco n. 12653 del
23 Febbraio 2011
Obbligatorietà dell'aggiornamento
formativo per addetti
incendi, lotta antincendio e
gestione delle emergenze.
Nazionale
Aggiornamento formativo per addetti
incendi, lotta antincendio e gestione delle
emergenze.
Prevenzione incendi
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
pag.25/80
Nazionale
Verificare se in azienda sono presenti attività
soggette a controllo da parte dei VV.FF (elenco di cui
all'Allegato I del DPR 151/11)
- Se le attività ricadono nella categoria A l’azienda
presenta una Segnalazione Certificata di Inizio
Attività (SCIA)
- Se le attività ricadono nella categoria B l’azienda
deve ottenere parere di conformità favorevole sul
progetto ed ha presentato una Segnalazione
Certificata di Inizio Attività (SCIA)
- Se le attività ricadono nella categoria C l’azienda
deve ottenere il Certificato di Prevenzione incendi
L’azienda deve rispettare tutte le prescrizioni
previste dal CPI (limiti quantitativi, attrezzature
antincendio, modalità di stoccaggio)
Riassetto delle disposizioni relative
alle funzioni ed ai compiti del
Corpo nazionale dei vigili del
fuoco, a norma dell'articolo 11
della Legge 29 luglio 2003, n. 229.
Nazionale
funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili
del fuoco
Regolamento recante disciplina dei
procedimenti relativi alla
prevenzione incendi, a norma
dell'articolo 20, comma 8, della
legge 15 marzo 1997, n. 59
Nazionale
Certificato di prevenzione incendi
Prevenzione incendi
Decreto Presidente della
Repubblica 1 agosto 2011,
n. 151
Prevenzione incendi
Decreto legislativo del 8
marzo 2006, n. 139
Prevenzione incendi
D.P.R. 10 giugno 2004, n.
200
Art. 5
Regolamento recante
semplificazione della disciplina dei
procedimenti relativi alla
prevenzione degli incendi, a norma
dell'articolo 49, comma 4-quater,
del decreto-legge 31 maggio 2010,
n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio
2010, n. 122
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
pag.26/80
Prevenzione incendi
D.P.R.12 gennaio 1998, n. 37
Art.4
Regolamento recante disciplina dei
procedimenti relativi alla
prevenzione incendi, a norma
dell'articolo 20, comma 8, della
legge 15 marzo 1997, n. 59
Nazionale
Rinnovo certificato di prevenzione incendi
Prevenzione incendi
D.M. 7 gennaio 2005
omologazione antincendio degli
estintori portatili
Nazionale
Criteri omologazione antincendio degli estintori
D.M. 10/03/1998
Criteri generali di sicurezza
antincendio e per la gestione
dell'emergenza nei luoghi di lavoro
D. Lgs. 9/4/2008 n° 81
T.U. sulla sicurezza
Prevenzione incendi
Sicurezza
come modificato dal decreto
legislativo 3 agosto 2009, n.
portatili
- valutazione dei rischi di incendio, il datore di lavoro
- adotta le misure finalizzate a:
a) ridurre la probabilità di insorgenza di un incendio
(allegato I e II);
b) realizzare le vie e le uscite di emergenza
c)realizzare le misure per una rapida segnalazione
dell’incendio al fine di garantire l’attivazione dei
sistemi di allarme e delle procedure di intervento
(allegato IV);
d) assicurare l’estinzione di un incendio (in
conformità ai criteri di cui all’allegato V);
e) garantire l’efficienza dei sistemi di protezione
antincendio (allegato VI);
f) fornire ai lavoratori una adeguata informazione e
formazione sui rischi di incendio (allegato VII).
Nazionale
-Redazione in intesa col medico competente e con il
RSPP del
- Documento di Valutazione dei Rischi
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
pag.27/80
106, “Disposizioni integrative
e correttive al decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81”
e dall’art. 39 della legge 7 luglio
2009, n. 88
Sicurezza
D. Lgs. 9/4/2008 n° 81
come modificato dal decreto
legislativo 3 agosto 2009, n.
106, “Disposizioni integrative
e correttive al decreto
legislativo 9 aprile 2008, n. 81”
e dall’art. 39 della legge 7 luglio
2009, n. 88
art. 17 comma 1 lettera a)
art. 28 comma 2
-Istituzione del servizio di prevenzione e protezione
all'interno dell'azienda
- Nomina medico competete
- Controllo sul programma di
sorveglianza sanitaria
- Formazione ed informazione dei lavoratori sui
rischi, sul servizio di prevenzione e protezione e sul
medico competente
- Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di
protezione individuale
T.U. sulla sicurezza
Nazionale
Documento di Valutazione dei Rischi deve avere data
certa e contenere:
- relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la
sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa
- indicazione delle misure di prevenzione e di
protezione attuate e dei dispositivi di protezione
individuali adottati, a seguito della valutazione di
cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) (Sez. 02 e
03);
- il programma delle misure ritenute opportune per
garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di
sicurezza;
- l'individuazione delle procedure per l'attuazione
delle misure da realizzare, nonché dei ruoli
dell'organizzazione aziendale
- l'indicazione del nominativo del responsabile del
servizio di prevenzione e protezione, del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e del
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
pag.28/80
medico competente che ha partecipato alla
valutazione del rischio;
- l'individuazione delle mansioni che eventualmente
espongono i lavoratori a rischi specifici che
richiedono una riconosciuta capacità professionale,
specifica esperienza, adeguata formazione e
addestramento
- La valutazione e il documento debbono essere
rielaborati in occasione di modifiche del processo
produttivo o dell'organizzazione del lavoro
significative ai fini della salute e della sicurezza dei
lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione
della tecnica,
Lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro
di compiti di prevenzione dai rischi (articolo 34)
Il datore di lavoro può fare lui da squadra
antincendio e primo soccorso per le aziende fino a 5
addetti. Oltre
tale limite dovrà integrare la squadra con altri
nominativi.
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
4
pag.29/80
LA METODOLOGIA SEGUITA
L’Analisi Ambientale Iniziale è una diagnosi sistematica nella quale si studiano in profondità tutte
le relazioni che intercorrono tra le attività dell’organizzazione e gli impatti ambientali, negativi e
positivi, che ne derivano.
Nello specifico caso dell’analisi ambientale iniziale della CONCERIA TIPO, oggetto di tale
documento, si è prima proceduto a rilevare i dati presso un campione di aziende del Distretto
Industriale di Solofra e presso le Pubbliche Amministrazioni che hanno competenza su detto
Territorio per le loro specifiche responsabilità.
Tutti i dati raccolti dalle aziende sono stati elaborati allo scopo di descrivere in modo sintetico ed
organizzato l'impatto ambientale di una CONCERIA TIPO.
Tale studio ha individuato tutte le fasi connesse al ciclo di lavorazione conciario, partendo dalla
pelle grezza al prodotto finito. Bisogna sottolineare che nella realtà non tutte le aziende
effettuano le fasi qui descritte e che nel Distretto di Solofra molta parte delle pelli in ingresso
arrivano allo stato di semi-lavorato. Tale fattore implica che molte fasi preliminari alla concia, che
hanno impatti ambientali significativi, non sono effettuate nel Distretto.
Le informazioni ambientali quantitative sono state quindi interpolate con le informazioni di tipo
qualitativo sulle fasi di lavorazione e le tecnologie utilizzate, per definire un’Analisi Ambientale
Iniziale direttamente correlata con la specifica realtà produttiva. Da questa prima fase di
reperimento dati e dall’analisi del territorio in cui grava tale Distretto Industriale, si è preferito
approfondire soltanto quelle tematiche e quelle matrici ambientali che sono risultati essere
maggiormente critiche nel contesto in cui volge una CONCERIA TIPO in tale distretto.
Le matrici ambientali che si è deciso di approfondire sono:
Acqua
Sostanze pericolose
Rifiuti
Emissioni in atmosfera
Energia
Rapporto con le Pubbliche Amministrazioni
I risultati che scaturiranno da tale fase di Analisi Iniziale potranno essere presi come riferimento
dalle imprese del Distretto per valutare la propria pressione ambientale in relazione alle specifiche
tipologie di lavorazione, individuando i propri punti di forza e le criticità su cui lavorare per un
futuro miglioramento ambientale.
5 DATI GENERALI DELL'ORGANIZZAZIONE E SUE ATTIVITÀ
5.1 FASI DEL CICLO DI LAVORAZIONE DELLE PELLI
Il processo produttivo conciario è composto da una serie di lavorazioni chimiche e meccaniche la
cui natura e sequenza possono variare molto in funzione del tipo di pelle lavorata e dell'articolo
finale prodotto.
Nel processo della concia delle pelli si possono, comunque, distinguere 3 grandi fasi:
Riviera;
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
pag.30/80
Concia;
Rifinizione.
Per ogni fase si riportano di seguito le principali lavorazioni effettuate.
Le pelli tipicamente utilizzate dalle Concerie del Distretto di Solofra sono quelle ovine e caprine.
5.1.1 Ricevimento pelli
Il magazzino del grezzo è il punto di partenza del ciclo di lavorazione delle pelli. A seconda del tipo
di lavorazione, la materia prima di una conceria può essere “pelle umida”, ovvero pelli grezze,
piclate, conciate, oppure pelle “non umida” e quindi crust o pelli da rifinire.
5.1.2 Fase di Riviera
Comprende tutti quei trattamenti che precedono la concia vera e propria e che hanno la funzione
di predisporre la pelle nelle condizioni opportune per ricevere le sostanze concianti. Le operazioni
di riviera sono essenzialmente:
Rinverdimento
Ha lo scopo di reidratare la pelle e riportarla a quello stato di flessibilità e morbidezza che aveva
quando ricopriva il corpo dell’animale
Calcinazione/Depilazione
La pelle rinverdita passa alla successiva fase di depilazione e calcinazione, che ha la duplice
funzione di eliminare l’epidermide col pelo e di produrre un rilassamento della struttura fibrosa
del collagene.
Scarnatura
Questa fase consiste nell'asportazione dello strato sottocutaneo del derma, mediante una
apposita macchina, detta "scarnatrice". Il derma (intreccio di fibre collageniche) costituisce la
parte della pelle che poi verrà trasformata in prodotto finito.
Rifilatura e spaccatura
Con queste operazioni meccaniche si rifila il bordo della pelle, tagliando le parti superflue
(operazione eseguita manualmente o con macchine rifilatrici; eseguita anche in punti successivi), e
poi si seziona lo spessore longitudinalmente in due parti, da una parte il fiore (la parte più
pregiata) e dall'altra la crosta, non sempre utilizzabile. La spaccatura viene operata con la
"spaccatrice" e tale operazione può essere effettuata, se non a fatta a questo punto, nelle fasi
post-concia e/o post-riconcia.
Decalcinazione- Macerazione
Con il termine decalcinazione si intende, non solo l’eliminazione della calce, ma anche delle
sostanze alcaline utilizzate durante il processo di calcinazione e del gonfiamento delle pelli;
l’eliminazione dell’acqua è completata dallo stiramento delle fibre per mezzo dell’azione
meccanica della rotazione del bottale.
Dopo la decalcinazione si effettua nello stesso bagno la macerazione. Attraverso l’azione
controllata di maceranti enzimatici si realizza una proteolisi nei confronti delle sostanze non
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
pag.31/80
collageniche; tale operazione rende ancora più assorbente la pelle per la concia successiva: il
prodotto risulta più morbido, pastoso, con fiore fine ed elastico.
Sgrassaggio
È un'operazione eseguita allo scopo di eliminare i grassi naturali presenti nelle pelli, soprattutto
ovine e caprine, e di emulsionare ed uniformare i rimanenti.
Tale fase è comunemente effettuata in bottali contenenti solventi o solventi emulsionati con
tensioattivi o tensioattivi. Le pelli vengono poi abbondantemente lavate.
Può anche essere ulteriormente effettuata nelle fasi post concia.
5.1.3 Fase di Concia
È un insieme di operazioni chimiche, seguite da fasi meccaniche, che servono a stabilizzare la pelle
per renderla imputrescibile e resistente all'attacco di svariate sostanze chimiche.
Piclaggio
Il piclaggio è una fase effettuata in bottale, esso viene effettuato per ridurre il pH della pelle in
trippa e prepararla prima della concia minerale e, in qualche caso, prima di alcuni tipi di concia
organica (ad esempio la concia vegetale).
Le pelli vengono ripulite definitivamente da tutti i residui delle lavorazioni precedenti e renderla
ben disposta alla fase successiva.
Il piclaggio può anche essere un metodo di conservazione delle pelli e come tali vengono
acquistate direttamente dalle concerie.
Le pelli piclate, qualora non vengano immediatamente sottoposte alla successiva fase di concia,
devono contenere fungicidi per proteggerle dallo sviluppo di muffa durante lo stoccaggio.
Concia
Scopo del processo di concia è la fissazione di materiale conciante per ottenere la stabilizzazione
del tessuto dermico e la sua imputrescibilità. Le pelli conciate incrementano la propria stabilità
dimensionale, la resistenza alle azioni meccaniche, agli agenti chimici e al calore.
Esistono diversi tipi di concia, che danno luogo a differenti caratteristiche organolettiche del
prodotto finito, a seconda dell’agente conciante utilizzato. In genere, quale macchinario, viene
utilizzato il bottale ma per alcuni tipi di concia (es. al vegetale, per pelli col pelo) possono essere
usati gli aspi.
Esse possono essere distinte in:
Concia al Cromo (agente conciante: solfato basico di cromo);
Concia al Vegetale (agente conciante: tannini naturali);
Concia Minerale (agente conciante: sali di alluminio, zirconio, titanio);
Concia con le Aldeidi (agente conciante formaldeide, glutaraldeide);
altri tipi di concia (es. concia all’olio, tannini sintetici).
Operazioni meccaniche
Dopo un stasi (messa a cavalletto) delle pelli per 1-2 giorni al fine di migliorare la fissazione degli
agenti concianti; si effettuano una serie di operazioni meccaniche. Tale macrofase è costituita
dalle fasi di: pressatura, messa a vento, spaccatura e rasatura.
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Pressatura: attraverso una pressa rotativa o a piani si elimina l'eccesso di acqua;
Messa a vento: operazione con la quale la pelle viene distesa e se ne elimina l’acqua in
eccesso;
Spaccatura: se non effettuata in trippa; si seziona lo spessore longitudinalmente in due
parti, da una parte il fiore (la parte più pregiata) e dall'altra la crosta;
Rasatura: operazione utile ad equalizzare lo spessore; essa consente di ottenere una
maggiore precisione rispetto a quella ottenibile con una spaccatrice. Pertanto la rasatura
viene effettuata quando sono richieste piccole regolazioni dello spessore o quando non è
possibile effettuare la spaccatura.
Neutralizzazione
È la fase con cui si rimuovono, neutralizzandoli, gli acidi liberi presenti nel cuoio al fine di
prepararlo alla riconcia. È effettuata in bottali.
Riconcia
È una fase effettuata per migliorare la qualità del prodotto finale ed ha “ricette di lavorazione”
molto diverse a seconda delle caratteristiche fisiche da conferire alla pelle. È effettuata in bottali.
Tintura
Conferisce alla pelle la colorazione desiderata: si effettua in bottali con una rotazione elevata ed in
soluzioni acquose a temperatura elevata (50-60 °C).
Ingrasso
È in generale l’ultima operazione in fase acquosa prima dell’asciugaggio.
È un'operazione svolta spesso contemporaneamente alla tintura ed è impiegata al fine di
influenzare le caratteristiche meccaniche e fisiche del pellame: gli ingrassi sintetici agiscono sulla
pelle da lubrificante e le conferiscono la morbidezza, la flessibilità e la cedevolezza richieste per i
più svariati scopi ed impieghi; contemporaneamente, grazie all’effetto lubrificante, aumenta
l’elasticità e la resistenza alla rottura.
Essiccazione- Asciugaggio
Le pelli, alla fine delle operazioni ad umido, vengono condizionate, sia attraverso azioni
meccaniche che fisiche, al fine di avere un pellame asciutto e disteso.
A seconda della fase utilizzata si avrà un pellame asciugato avente differente caratteristica
organolettica. In particolare si ha:
Messa a vento: operazione con la quale la pelle viene asciugata e distesa mediante sistemi
a rulli;
Catena aerea: asciugaggio in ambiente areato (in genere nella parte alta dell’azienda)
attraverso appendimento della pelle su sistema in movimento;
Sottovuoto: asciugaggio, attraverso depressione, operante disponendo le pelli su piani
riscaldati in comunicazione con una pompa da vuoto;
Tunnel riscaldato: attraversamento delle pelli da asciugare in ambienti in cui circola aria
calda a temperatura controllata;
Centrifuga: aciugaggio dovuto all’azione della forza centrifuga che allontana l’acqua
presente all’interno delle fibre;
-
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Asciugatura controllata: azione di riscaldamento di ambienti chiusi a temperatura
controllata.
Fasi di prerifinizione successive all’Essiccazione: Umidificazione - Palissonatura –
Inchiodaggio - Rullatura – Smerigliatura – Raffinatura – Spazzolatura – Spaccatura
- Lucidatura - Bottalatura a secco
Tali fasi servono a rendere la pelle morbida e soffice in tutti i suoi punti e a prepararla alle
successive operazioni di rifinizione.
Umidificazione: ricondizionamento della pelle attraverso leggera bagnatura a seguito di
una essiccazione troppo spinta;
Palissonatura: ammorbidimento della pelle per piegamenti e stiramenti, rendendola
uniformemente più cedevole;
Inchiodaggio: ha la funzione di causare un allargamento delle pelli, disponendole su telai
mobili che attraversano camere riscaldate, sottoponendole contemporaneamente ad
un'azione di stiro e stabilizzazione delle dimensioni;
Rullatura: azione meccanica, mediante rullo rotativo, che serve a levigare superficialmente
il lato fiore;
Smerigliatura: serve alla rimozione (tramite rulli abrasivi) del fiore, per rimuovere la
superficie di pellami di bassa qualità e asportarne i difetti, e del lato carne, per dare effetti
scamosciati;
Raffinatura: diminuzione dello spessore attraverso azione levigante;
Spazzolatura: operazione necessaria ad eliminare l’eccesso di polveri prodotte nelle fasi di
smerigliatura e/o raffinatura;
Spaccatura: se non eseguita su pelli in trippa o conciate;
Lucidatura: serve a promuovere il grado di lucido finale ed il tatto superficiale;
Bottalatura a secco: ha lo scopo di migliorare la morbidezza della pelle e conferire un più
accurato disegno della grana del fiore;
Rifilatura e Selezione: ritagliare le parti non commercializzabili e selezionare in base alla
qualità delle scelte.
5.1.4 Rifinizione
Insieme di operazioni che consentono di raggiungere lo scopo finale di massima valorizzazione del
pellame. Tale macrofase si suddivide in una prima parte dove vi è l’applicazione sulla superficie
delle pelli di sostanze chimiche di varia natura e di una seconda parte, costituita pressoché da fasi
meccaniche, dove vi è un consolidamento degli effetti estetici finali del pellame.
Rifinizione
Applicazione di prodotti chimici alla superficie del pellame che può avvenire attraverso varie
modalità:
A spruzzo: distribuzione dei prodotti chimici sulla pelle, disposta su nastri mobili, con
pistole ad aria compressa in cabine predisposte;
A rullo: attraversamento della pelle sotto un rullo impregnato di prodotti chimici;
-
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A velatura: attraversamento della pelle, disposta su nastri mobili, sotto un velo di prodotti
chimici (utilizzato nella verniciatura)
Stiratura – satinatura – metallizzazione
Con queste operazioni si appiattisce la superficie della pelle, se ne lucida il fiore e si ancorano i
prodotti chimici aggiunti nella fase di rifinizione. Nella fase di metallizzazione si dispone sulla
superficie del pellame un film polimerico definito.
Stampatura
Consente di imprimere alla pelle disegni particolari attraverso stampaggi meccanici o anche con
getti di inchiostro.
Misurazione - Spedizione pelli
L’ultima fase del processo è la misurazione di superficie eseguita principalmente con macchine
elettroniche che registrano le superfici misurate sia in piedi quadri che in metri quadri. Dopo la
misurazione segue la fase di imballaggio e spedizione.
-
6
CARATTERIZZAZIONE DEGLI ASPETTI AMBIENTALI
6.2 DATI GENERALI
Il processo di lavorazione delle pelli comporta l’utilizzo di un elevato quantitativo di risorse, sia in
termini di acqua, di energia che di prodotti chimici.
Come si vede dalla figura seguente, la concia di 1 t di pelle grezza comporta il consumo di 350-400
kg di prodotti chimici; dai 15 ai 30 mc di acqua e dai 9,3 ai 42 GJ di energia.
Nel processo vengono usate circa 300 sostanze chimiche diverse per ciascuna conceria alcune
delle quali vengono assorbite quasi completamente dalla pelle, altri reagiscono nel processo, altri
ancora precipitano durante il trattamento delle acque di scarico.
La figura si riferisce alla pelle bovina ma con le debite proporzioni può essere riferita alla pelle
ovo-caprina utilizzata nel distretto di Solofra.
La lavorazione delle pelli, inoltre, comporta molti passaggi, che possono avere un impatto
ambientale significativo in tutte e tre le aree: aria, acqua, rifiuti.
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Figura 1- Lo schema indica in termini generali i quantitativi in entrata/uscita per un processo convenzionale
di concia al cromo di pelli bovine salate per ogni tonnellata di pelle grezza trattata.
6.1 DESCRIZIONE DEL PROCESSO PRODUTTIVO
Si procede ad un’analisi fase per fase delle risorse utilizzate e dei relativi in-put e out-put di
processo. Gli in–put sono di colore verdino, gli out- put nelle acque sono azzurri, quelli sui rifiuti
sono arancioni e le emissioni in atmosfera sono rosa.
Tali informazioni verranno successivamente integrate ed approfondite per ciascuna matrice
ambientale.
6.1.1 RICEVIMENTO/MAGAZZINO PELLI
Nel magazzino di una conceria arrivano pelli di natura e origine diversa suddivisibili in due grosse
famiglie: pelli umide e pelli non umide. Rientrano nella prima categoria:
• le pelli grezze, che devono essere sottoposte all’intero ciclo di lavorazione;
•
le pelli piclate, il cui processo di trattamento parte con lo sgrassaggio;
• le pelli conciate, che dopo una fase di preparazione vengono riconciate, etc;
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Le pelli non umide sono di due tipi:
• crust, ovvero pelli conciate, riconciate e ingrassate; da tingere o altro.
• da rifinire.
Indipendentemente dal tipo di pelle in ingresso in conceria, si ha produzione di rifiuti di
imballaggio.
Qualora in magazzino vi siano pelli umide, si potrebbe avere lo sversamento accidentale di liquidi
ad elevato contenuto organico, BOD, COD, Solidi sospesi, Cloruri, Azoto composti, Biocidi, da
raccogliere e inviare all’impianto di depurazione.
INPUT
FASE
OUTPUT
Cloruri, Azoto composti, COD,
BOD, SS
Pelli Umide /Secche
RICEVIMENTO PELLI
Imballaggi
…………………………………….
6.1.2 RINVERDIMENTO
E’ svolto per ridare alla pelle la naturale idratazione; in tale fase si eliminano i residui di sale, si
ripuliscono dalle impurità presenti come sterco, sangue ed altro materiale estraneo.
Dall’operazione le pelli escono cariche d'acqua e pulite.
INPUT
FASE
OUTPUT
Acqua e pelli
Tensioattivi
RINVERDIMENTO
Cloruri, Azoto composti,
COD, BOD, SS
Biocidi
…………………………………..
Prodotti enzimatici
………………………………….
Nell'operazione sono consumati grossi quantitativi di acqua e l'acqua scaricata è carica di sostanze
disciolte che ne influenzano la qualità. Il rinverdimento principalmente influenza i parametri degli
scarichi idrici come il COD (Chemical Oxigen Demand) i Solidi Sospesi, i Cloruri e l'Azoto. Valori
elevati di COD, (ovvero la quantità di ossigeno che viene sottratta per l'ossidazione dei composti
contenuti nell'acqua), implicano che gran parte dell'ossigeno presente nelle acque venga
consumato da processi chimici e non sia più disponibile per la respirazione degli organismi
acquatici. I Solidi Sospesi rendono l'acqua torbida, con la conseguenza che la luce non riesce ad
arrivare in profondità; se sono grossi e pesanti inoltre possono depositarsi sul fondo o, se
abbastanza leggeri, restare in sospensione. La concentrazione dei Cloruri nelle acque ne influenza
la salinità, parametro che influisce sulla vita degli organismi acquatici di acqua dolce attraverso
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l’aumentata pressione osmotica generato dalla concentrazione ionica elevata. L'Azoto organico è
uno dei cosiddetti fattori limitanti per la crescita di microrganismi acquatici. Questo vuol dire che
la presenza di grosse quantità di azoto disciolto, contribuisce alla crescita eccessiva di
microrganismi vegetali presenti nelle acque e quindi all'eutrofizzazione dei bacini idrici.
6.1.3 DEPILAZIONE E CALCINAZIONE
La funzione della calcinazione e depilazione è di rimuovere il pelo, i componenti interfibrillari e
l’epidermide ed aprire l’intreccio fibroso del derma per la concia.
La rimozione del pelo è ottenuta con mezzi chimici e meccanici.
Il materiale cheratinoso (peli, radici dei peli, epidermide) e una parte del grasso vengono eliminati
dalle pelli principalmente mediante solfuri (NaHS o Na2S) e calce. Alternativi ai solfuri inorganici
sono i composti organici, mercaptani o sodio tioglicolati (a base di zolfo), in combinazione con
alcali forti e composti amminici.
Talvolta vengono aggiunti preparati enzimatici per migliorare la prestazione del processo.
IN-PUT
FASE
Solfuri inorganici
Oppure:
mercaptani sodio tioglicolati
(in combinazione con alcali forti e composti
amminici)
DEPILAZIONE E
CALCINAZIONE
OUT-PUT
Cloruri, Azoto organico
e NH3
COD, SS (pelo e derma)
Solfuri, Elevato pH
Acqua, pelli, energia
Calce, tioalcoli, Prodotti enzimatici
Peli, fanghi da
trattamento acque
Prodotti enzimatici
Idrogeno solforato,
odori
Da tale processo gli scarichi idrici, oltre ad avere un pH (circa 11-12 ) decisamente alcalino,
contribuiscono ad innalzare i valori di COD, l'Azoto Organico, i Solidi Sospesi e Solfuri. Il carico
organico, aumentato sia dai solfuri che dal pelo e derma, facilita la crescita eccessiva di
microrganismi che se ne nutrono. I Solidi Sospesi provenienti dal calcinaio sono prevalentemente
di notevoli dimensioni, se rilasciati in ambiente faciliterebbero fenomeni di accumulo e di
putrefazione naturale, con conseguente sottrazione di ossigeno e produzione di sostanze chimiche
in alcuni casi anche nocive. I Solfuri hanno elevate caratteristiche di tossicità e perciò inibiscono
l’attività depurativa dei microrganismi. L'Azoto organico e ammoniacale, sono tra i responsabili
dell'eutrofizzazione dei bacini idrici.
Si sottolinea, inoltre l’emissione di odori e in particolare di Idrogeno solforato (acido solfidrico),
che costituisce la sostanza tracciante delle emissioni in atmosfera da conceria nella fase di riviera.
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6.1.4 SCARNATURA
La scarnatura è finalizzata all’asportazione dal derma del materiale organico in eccesso (tessuto
connettivo, grasso, ecc.). Essa può essere effettuata sia prima del rinverdimento che dopo la
calcinazione o dopo il piclaggio (pelli ovine). Il processo di scarnatura è denominato scarnatura in
verde se la rimozione viene effettuata prima della calcinazione e depilazione. Se invece la
scarnatura viene effettuata dopo la calcinazione e depilazione è denominata scarnatura in trippa.
In questa fase si produce un rifiuto ad elevato contenuto organico, detto carniccio, utilizzabile per
la produzione di gelatine sia alimentari che per cosmesi.
IN-PUT
FASE
OUT-PUT
Scarichi del calcinaio
Carniccio
Pelli
SCARNATURA
…………………………………….
6.1.5 SPACCATURA
Con l’operazione meccanica di spaccatura viene regolato lo spessore delle pelli: queste vengono
spaccate longitudinalmente per ottenere una parte superiore detta fiore e, se la pelle è
sufficientemente spessa, uno strato inferiore, lato carne, detto crosta. La spaccatura può essere
effettuata su pelli calcinate (spaccatura in trippa), su pelli conciate (spaccatura in wet-blue o in
conciato), oppure in crust.
Se tale operazione viene eseguita dopo il calcinaio, lo spessore uniforme della pelle, il fiore più
rilassato e il lato carne più aperto e permeabile, consentono un’operazione di concia più rapida e
un prodotto conciato più elastico e morbido. La precisione dello spessore ottenuta spaccando in
trippa è piuttosto bassa e di solito penalizza il lato crosta a vantaggio del fiore. Gli aspetti
ambientali caratteristici della spaccatura in trippa sono analoghi a quelli della scarnatura.
La spaccatura in conciato si effettua su pelli conciate ed asciugate con un’umidità residua del 50%
che consente una più agevole introduzione ed estrazione delle pelli dalla spacciatrice come anche
in crust. Questo tipo di spaccatura consente una maggiore resa in crosta ed è pertanto adatta per
le pelli molto pesanti e con un lato fiore poco fine, destinato pertanto ad essere corretto o
stampato.
Essendo, prettamente, un’operazione a secco abbiamo quale aspetto ambientale caratterizzante:
la produzione di scarti costituiti prevalentemente da ritagli di pelle e/o polveri caratterizzate dal
momento in cui si effettua l’operazione: carniccio o residui influenzati dal tipo di concia effettuata.
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IN-PUT
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FASE
OUT-PUT
Scarichi del calcinaio (se
in trippa)
Pelli
SPACCATURA IN TRIPPA,
IN CONCIATO O IN
CRUST
Ritagli di pelle e polvere
……………………………………
.
6.1.6 DECALCINAZIONE MACERAZIONE
Lo scopo della decalcinazione è rimuovere dalle pelli i residui dei prodotti chimici usati nella fase di
calcinaio, e in particolare calce, e portarle nelle condizioni ottimali per la successiva fase di
macerazione. Si effettua in bottali contenenti una soluzione acquosa (debolmente acida) in cui
vengono dosati degli acidi organici e loro sali che abbassano il pH. A causa di tale abbassamento si
innestano reazioni chimiche che portano alla formazione di “idrogeno solforato gassoso” tipico
odore di uova marce.
La macerazione si effettua nello stesso bagno della decalcinazione, con l’ausilio di maceranti
enzimatici, che degradano la sostanza dermica, soprattutto proteine globulari, in modo parziale e
controllato, al fine di renderla ancora più assorbente per la successiva fase di concia. Il prodotto
risulta più morbido, pastoso, con fiore fine ed elastico.
IN-PUT
FASE
Sali (Ammonio solfato,
Ammonio cloruro)
Acidi Organici (acido
lattico)
Maceranti enzimatici
proteolitici
DECALCINAZIONE E
MACERAZIONE
OUT-PUT
Cloruri, Azoto
ammoniacale, COD,
Solfuri, SS (pelo e
derma)
…………………………………..
Idrogeno solforato
Le acque reflue provenienti dalla decalcinazione influenzano parametri degli scarichi idrici quali il
COD (dovuto agli acidi organici ed ai solfuri disciolti) e l'azoto ammoniacale. A causa
dell'abbassamento del pH si innestano reazioni chimiche che portano alla formazione di idrogeno
solforato gassoso. I prodotti enzimatici e chimici utilizzati in fase di macerazione influiscono sugli
scarichi idrici modificando i valori di COD e di azoto ammoniacale.
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L' idrogeno solforato (acido solfidrico), è un gas tossico per l'uomo dal caratteristico odore di uova
marce: la soglia di percezione del gas è molto bassa ma il suo odore provoca assuefazione cosicché
non è più avvertito dopo esposizioni prolungate. Inoltre ad elevate concentrazioni esso risulta
assolutamente non rilevabile all'odorato. Libero in atmosfera si ossida facilmente arrivando a
formare anidride solforosa, gas irritante che contribuisce al fenomeno delle piogge acide.
6.1.7 SGRASSAGGIO
I grassi naturali devono essere eliminati dalle pelli per evitare la formazione di saponi di cromo
insolubili e di efflorescenze di grasso che da un lato diminuirebbero le qualità organolettiche del
prodotto finito e dall’altro darebbero luogo ad una disuniforme distribuzione degli agenti concianti
e dei coloranti, con conseguente deprezzamento del valore commerciale.
Lo sgrassaggio è molto importante nella lavorazione delle pelli ovine, dove il contenuto di grasso
naturale è circa il 10% - 20% del peso delle pelli asciutte. La natura di questo grasso lo rende
difficile da rimuovere a causa della presenza di ceridi e della alta temperatura di fusione. Nelle
migliori condizioni la percentuale di grasso rimosso non supera il 5 – 10% e per ottenere uno
sgrassaggio adeguato è necessario ripetere più volte l’operazione.
IN-PUT
FASE
OUT-PUT
Solventi Organici
Pelli e acqua
SGRASSAGGIO
Tensioattivi
COD, BOD, Tensioattivi
Grassi, Idrocarburi
clorurati o non clorurati
Residui da distillazione,
residui da trattamento
acque reflue
COV (qualora si usino
solventi)
I tre diversi metodi comunemente utilizzati per lo sgrassaggio sono:
a) Sgrassaggio in mezzo acquoso con tensioattivi anionici, cationici, non ionici o anfoteri;
b) Sgrassaggio in mezzo acquoso con solventi e tensioattivi anionici o non ionici
c) Sgrassaggio con solventi
Di solito i composti maggiormente usati nelle fasi di sgrassaggio delle pelli sono i tensioattivi in
quanto i solventi richiedono un investimento iniziale notevole per il loro recupero (in quanto non
possono essere scaricati nell’ambiente per evidenti ragioni ecologiche) e non offrono soddisfacenti
garanzie applicative, in quanto, trattandosi di un processo in fase umida, l’acqua crea una barriera
naturale per l’accesso del solvente ai siti contenenti grasso. In alcuni casi si possono avere sistemi
sinergici solventi – tensioattivi anionici o non ionici.
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Gli scarichi idrici provenienti dallo sgrassaggio, essendo carichi di grassi e di prodotti utilizzati per
la loro rimozione, influenzano parametri quali il COD. Inoltre i derivati del fenolo, presenti in alcuni
tensioattivi, inibiscono lo sviluppo dei microrganismi. L’impatto ambientale dei tensioattivi è
legata soprattutto alla loro eliminazione nel trattamento delle acque; in particolare quelli non
ionici sono di più difficile eliminazione rispetto a quelli ionici, avendo un più basso tasso di
biodegradabilità. I tensioattivi, oltre ad avere una tossicità diretta su svariate specie viventi,
creano schiume con la conseguenza che l'acqua incontra maggiori difficoltà a riossigenarsi.
L'effetto dei tensioattivi, se sommato a quello del COD contribuirebbe a rendere difficoltose le
condizioni di vita per gli organismi acquatici.
6.1.8 PICLAGGIO
Il piclaggio viene effettuato per ridurre il pH della pelle in trippa prima della concia minerale e, in
qualche caso, prima di alcuni tipi di concia organica (per esempio la concia alla glutaraldeide, la
concia vegetale).
Qualora la concia non segua immediatamente il piclaggio (nel caso di funzione conservativa), le
pelli ovine piclate devono contenere fungicidi per proteggerle dallo sviluppo di muffa durante lo
stoccaggio.
Gli scarichi idrici del piclaggio, oltre ad avere un pH molto acido, contengono elevati quantitativi di
cloruri e di solfati. I solfati hanno un effetto tossico comparabile a quello dei cloruri incidendo sulla
concentrazione ionica. Se dovessero miscelarsi gli scarichi acidi del piclaggio con quelli provenienti
dalle fasi di riviera precedenti (calcinaio-depilazione), si potrebbero avere reazioni chimiche che
portano in alcuni casi alla formazione di idrogeno solforato.
IN-PUT
FASE
Acqua e pelli
Sali
PICKLAGGIO
OUT-PUT
COD, BOD, SS, Sali
(cloruri e solfati),
fungicidi e basso PH
Acidi organici e
inorganici
…………………………………..
Fungicidi
Idrogeno solforato
6.1.9 CONCIA
Scopo del processo di concia è la penetrazione e la fissazione del materiale conciante per ottenere
la stabilizzazione del tessuto dermico e la sua imputrescibilità. Inoltre le pelli conciate
incrementano la propria stabilità dimensionale, la resistenza alle azioni meccaniche, agli agenti
chimici e al calore.
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I diversi tipi di concia possono essere classificati a seconda degli agenti concianti utilizzati:
concia al cromo
concia minerale
concia con tannini vegetali o concia vegetale
concia con aldeidi;
altri tipi di concia
I differenti tipi di concia differenziano il pellame in modo sostanziale, tale che le caratteristiche
organolettiche sono da esse condizionate; per esempio concie con tannini producono cuoi per
cinture, suole etc., concie al cromo danno luogo a pellame per abbigliamento, calzature etc.,
concie all’olio danno luogo a pellame per guanti.
Concia al Cromo
Il solfato di cromo tal quale possiede un debole effetto conciante, meglio operano allo scopo i
solfati di cromo basici, nei quali parte dei solfati è sostituita da gruppi ossidrilici. L’effetto
conciante, sovente assimilato al concetto di astringenza, aumenta con la crescente aliquota dei
gruppi ossidrilici presenti sino a che, raggiunta la basicità del 66%, i composti del cromo diventano
insolubili precipitando. I normali concianti al cromo in commercio sono caratterizzati da una
basicità del 33%, ma vengono offerti anche prodotti con 43% e 50% di basicità (la basicità può
essere aumentata od abbassata con aggiunta di alcali o di acidi).
Tale solfato di cromo basico si fissa irreversibilmente alle fibre rendendole stabili e impedendone
la decomposizione.
IN-PUT
FASE
Acqua , energia, pelli
Fungicidi
CONCIA AL CROMO
OUT-PUT
COD, BOD, SS, Cromo (III),
Sali (cloruri e solfati), fungicidi
e basso PH
Sali di cromo
Pelli danneggiate, fanghi da
trattamento acque reflue
Agenti basificanti,
mascheranti
…………………………………………….
.
Gli scarichi idrici dell'operazione di concia al cromo, contengono cromo trivalente Cr(III), cloruri e
solfati. I composti del cromo trivalente sono per lo più insolubili: il loro destino, se rilasciati in
ambiente, sarebbe quindi quello di depositarsi sul fondo dei corpi idrici come sedimento, dove
rimarrebbero per un periodo indeterminato.
Altra questione è invece l’azione del cromo esavalente che risulta altamente tossico; esso non è
utilizzato tal quale nel processo conciario e può essere derivabile dal cromo trivalente solo in
condizioni ambientali drastiche (forte ossidabilità).
Concia al Vegetale
E’ utilizzata prevalentemente per la produzione di cuoio da suola. Le sostanze chimiche concianti
sono i Tannini, per lo più di origine naturale. Le pelli sono trattate prima in vasche a concentrazioni
crescenti e successivamente in bottali. La concia inizia immergendo le pelli in bagni tanninici diluiti,
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o parzialmente esauriti, proseguendo poi in bagni freschi e più concentrati. Si segue cioè un
procedimento in controcorrente: le pelli in trippa, non conciate, vengono fatte stazionare in bagni
di tannino esauriti, relativamente poveri di conciante, per essere successivamente introdotte in
soluzioni di tannino sempre più concentrate.
Raggiunta la concia in penetrazione, avviene la concia a fondo in botte, con bagni di tannino
freschi e concentrati.
IN-PUT
FASE
Acqua , energia, pelli
Tannini naturali o
sintetici
CONCIA AL
VEGETALE
Agenti sbiancanti, resine,
acido formico
OUT-PUT
COD, BOD, SS, Tannini e
agenti complessati, fungicidi
e basso PH
Pelli danneggiate, fanghi da
trattamento acque reflue
…………………………………………….
.
Gli scarichi idrici della concia al vegetale influenzano parametri come COD, fenoli e solidi sospesi.
Se non subissero trattamenti, gli scarichi della concia al vegetale arriverebbero a immettere in
ambiente quantitativi elevati di COD; il contributo maggiore a questo parametro è dato dai
Tannini. La degradazione dei tannini che viene effettuata in fase di depurazione può influire sul
contenuto di fenoli nelle acque di scarico: si tratta in tal caso di un ulteriore parametro da trattare
per evitare effetti di tossicità acuta e cronica sugli organismi viventi.
Concia Minerale
La concia minerale free-chrome è un tipo di concia a base di Sali di Alluminio o Titanio o Zirconio.
Tali minerali sono in grado di formare con il collagene della pelle legami analoghi a quelli ottenuti
con la concia al cromo. Il potere conciante di questi Sali risulta più debole di quello offerto con i
sali di cromo, e il loro utilizzo è subordinato alla richiesta di un prodotto finale free-chrome.
IN-PUT
FASE
Acqua , energia, pelli
Sali di alluminio, titanio,
zirconio
Agenti mascheranti,
basificanti, resine
CONCIA MINERALE
OUT-PUT
COD, BOD, SS, Sali e agenti
complessati, fungicidi e basso
PH
Pelli danneggiate, fanghi da
trattamento acque reflue
…………………………………………….
.
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Gli scarichi idrici dell'operazione di concia minerale, contengono i Sali delle sostanze usate come
concianti, elevato carico organico e basso pH.
Concia con Aldeidi
La concia alle aldeidi si effettua su pelli macerate e leggermente piclate con una quantità di
aldeide variabile tra 1,5 e 5% sul peso trippa. Le aldeide impiegati possono essere la formaldeide,
la glutaraldeide, etc.
Il tempo di penetrazione è basso e dopo aver atteso l’impregnazione si procede alla basificazione
fino a pH 8, la concia si ritiene completata dopo 3-4 ore.
Al termine della concia è indispensabile eliminare l’aldeide non legata poiché potrebbero esserci
prodotti di polimerizzazione resinosi che tendono ad infragilire il fiore.
L’eliminazione avviene trasformando l’aldeide in un prodotto molto solubile in acqua e quindi
eliminabile col bagno. Due sono i possibili metodi:
1. lavaggio con NaHSO3
2. lavaggio con NH4Cl o (NH4)2CO3
Il cuoio conciato alle aldeidi si presenta di colore bianco, non solido alla luce, dotato di buona
resistenza idrotermica, stabile agli alcali ma vuoto; pertanto tali concianti vengono utilizzati più
come preconcianti o riconcianti.
È da sottolineare che la formaldeide è cancerogena e quindi, una volta utilizzata, è opportuno
l’allontanamento delle molecole non legate. D’altronde per un pellame in cui c’è presenza di
formaldeide non è possibile la sua commercializzazione.
IN-PUT
FASE
Acqua , energia, pelli
Formaldeide,
glutaraldeide, etc
Acetato di sodio
CONCIA ALLE ALDEIDI
OUT-PUT
COD, BOD, SS, agenti
complessati, fungicidi e basso
PH
Pelli danneggiate, fanghi da
trattamento acque reflue
……………………………………………..
Analogamente a quanto visto per gli altri tipi di concia, gli scarichi idrici provenienti dalla concia
alle aldeidi, contengono un elevato carico organico, un’elevata concentrazione di solidi sospesi e
basso pH.
6.1.10 PRESSATURA, MESSA A VENTO, SPACCATURA E RASATURA
Le pelli conciate, dopo un riposo di 1-2 giorni (messa a cavalletto) necessario per migliorare
l’assorbimento del conciante, vengono sottoposte ad operazioni meccaniche di:
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Pressatura (per rendere il contenuto di umidità uniforme e adatto alle lavorazioni
successive);
Messa a vento (per avere una pelle distesa ed asciugata)
Spaccatura (per ottenere lo spessore desiderato)
Rasatura (per uniformarlo o correggere lo spessore)
Sia la pressatura che la messa la vento sono operazioni in umido e producono volumi molto
modesti di reflui liquidi che hanno caratteristiche analoghe a quelli prodotti nella precedente fase
di concia. Le altre fasi sono a secco e il problema principale è dovuto alla presenza di polveri di
pelle di dimensioni ridotte.
Si producono rifiuti solidi quali ritagli e polveri di pelle con presenza o meno di cromo a seconda
del tipo di concia.
6.1.11 NEUTRALIZZAZIONE E RICONCIA
Prima della riconcia le pelli conciate debbono essere neutralizzate, per facilitare ai prodotti
riconcianti, ai coloranti ed agli ingrassanti la penetrazione uniforme nella sezione della pelle e
quindi proteggere il fiore da un’azione aggressiva. Con la neutralizzazione si tende anche ad
uniformare le caratteristiche del pellame, nel caso di partite diverse.
Dopo la neutralizzazione ha luogo la vera e propria riconcia, con i seguenti obiettivi:
migliorare la percezione tattile della pelle
riempire gli spazi interfibrillari al fine di ottenere cuoi con caratteristiche fisiche più
uniformi e con la maggior resa al taglio possibile per il cliente
migliorare la smerigliabilità qualora si debba produrre cuoio con fiore corretto
migliorare la resistenza agli alcali e alla traspirazione
migliorare l’uniformità della successiva tintura.
La riconcia può avvenire nello stesso bagno della neutralizzazione o in bagno nuovo e si utilizza
un’elevata varietà di prodotti chimici che possono normalmente essere suddivisi nelle seguenti
categorie: sali di cromo, estratti di tannini vegetali, tannini sintetici, aldeidi, altri sali minerali,
resine acriliche, poliuretaniche.
IN-PUT
FASE
Acqua , energia, pelli
Sali di Cromo, tannini,
resine, aldeidi, Sali
minerali
Sali alcalini e agenti
neutralizzanti
OUT-PUT
COD, BOD, SS, Cromo ( o tannini
o resine) agenti neutralizzanti
NEUTRALIZZAZIONE E
RICONCIA
Pelli danneggiate, fanghi da
trattamento acque reflue
……………………………………………..
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Gli scarichi idrici dell'operazione di riconcia variano molto da articolo ad articolo: tipicamente
possono contenere cromo (III), tannini naturali e sintetici o resine sintetiche. Essendo la riconcia
un'operazione caratterizzata da una grande varietà di ricette, in generale, è molto difficile definire
l'impatto che da essa deriverebbe. Tutti i prodotti chimici che si utilizzano nella soluzione acquosa
hanno impatti potenziali tipici qualora fossero scaricati senza depurazione. Il cromo (III) si deposita
sul fondo dei corpi idrici e si accumula negli organismi acquatici, i tannini sia naturali che sintetici
consumano ossigeno disciolto e possono portare alla liberazione di composti potenzialmente
pericolosi e le resine sintetiche hanno effetti diversi a seconda della loro struttura chimica. In una
situazione di questo tipo si devono considerare anche gli effetti sinergici che la combinazione di
questi inquinanti avrebbe sull'ambiente.
6.1.12 TINTURA
Conferisce alla pelle la colorazione desiderata: si effettua in bottali con una rotazione elevata delle
pelli immerse in soluzioni acquose normalmente a temperatura elevata (50-60 °C).
All'acqua sono aggiunte soluzioni concentrate di colorante, e successivamente dell’acido (in
genere formico) che contribuisce all'esaurimento del bagno ed a fissare il colorante alla pelle.
IN-PUT
FASE
Acqua , energia, pelli
Ausiliari di tintura
(Tensioattivi, solventi,
ammoniaca)
Colorante
OUT-PUT
Colorazione intensa, ausiliari di
tintura
TINTURA
Residui di prodotti chimici e
ausiliari di tintura
Ammoniaca
Gli scarichi idrici dell'operazione di tintura variano molto da articolo ad articolo: sono utilizzati
diversi tipi di coloranti, di composizione chimica variabile e che agiscono a pH diversi. Parametri
che possono essere influenzati dalla natura dei coloranti sono COD e Azoto nonché la presenza di
reflui intensamente colorati. La grande varietà di ricette di tintura non consente valutazioni di tipo
generale sull'apporto inquinante da essa derivante. I coloranti destinati alla tintura del cuoio sono
sia di origine sintetica che naturale; contribuiscono ad innalzare i valori di COD degli scarichi da
trattare e possono essere difficilmente biodegradabili.
Particolare attenzione meritano i coloranti metallo-complessi, che contengono anche atomi di
metalli. Si tratta in questo caso, di molecole ancora più stabili e quindi di difficile degradazione in
depurazione.
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6.1.13 INGRASSO
Lo scopo dell’ ingrasso è quello di rivestire con uno strato lubrificante gli elementi fibrosi della
pelle disidratati dai processi di concia. I prodotti ingrassanti hanno notevole influenza su diverse
proprietà del cuoio quali, ad esempio, la morbidezza, il tatto superficiale, la cedevolezza, le
caratteristiche di resistenza, l’impermeabilità all’acqua, la permeabilità all’aria e al vapore acqueo.
Le sostanze grasse utilizzate nell’industria conciaria possono essere suddivise in due grandi gruppi:
1)sostanze grasse di origine naturale (grassi animali, oli vegetali, oli di animali marini…);
2)sostanze grasse ottenute per sintesi (grassi naturali solfitati, oli minerali, paraffine solfo
clorurate).
IN-PUT
FASE
Acqua , energia, pelli
Sostanze grasse naturali
o sintetiche
Ausiliari di ingrasso:
tensioattivi e composti
clorurati
OUT-PUT
Elevati grassi (COD),
Tensioattivi
INGRASSO
…………………………………………….
.
…………………………………………….
.
Gli scarichi idrici dell'operazione di ingrasso influenzano parametri quali COD, sostanze grasse,
tensioattivi. I valori di COD delle acque provenienti dall'ingrasso sono dovuti prevalentemente ai
contenuti in materiale organico grasso utilizzato come agente ingrassante. Gli ingrassanti sono
sostanze difficilmente solubili in acqua e facilmente biodegradabili: essi sono infatti di
composizione chimica semplice e facilmente attaccabile dai microrganismi. I tensioattivi utilizzati
come emulsionanti sono di svariata natura, da essa dipende il loro grado di biodegradabilità e
quindi di dispersione in ambiente. E' da notare inoltre che, essendo l'operazione di ingrasso svolta
solitamente in concomitanza con quella di tintura, i reflui delle due lavorazioni, se rilasciati senza
alcun trattamento, provocherebbero effetti sinergici sull'ambiente acquatico.
6.1.14 ESSICCAZIONE - ASCIUGAGGIO
Le pelle tinte e ingrassate vengono lasciate a cavalletto, fiore contro fiore, per alcune ore, meglio
se per l’intera notte, affinché possano fissare convenientemente le sostanze con cui sono state
trattate: ingrassanti, coloranti, eventuali riconianti. Trascorso questo periodo le pelli vengono
sottoposte all’ essiccazione vera e propria, il cui scopo primario è quello di portare l’umidità
interna delle pelli dal 65-70% al 15-20%. Se si effettuasse un’ essiccazione rapida attraverso
un’azione di compressione, si provocherebbe sicuramente un incollamento tra le fibre, con il
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risultato di ottenere pelli molto rigide e inutilizzabili. Esistono vari sistemi di essiccazione; i
principali sono descritti di seguito:
Messa a vento: ovvero pressatura delle pelli con apposite macchine in modo da eliminare il
maggior quantitativo di acqua e distendere le fibre, lisciandone il fiore e spianando il più
possibile le eventuali rughe e graniture. Quale impatto ambientale avremo lo scarico idrico
coerente con le fasi ad umido precedenti;
Catena aerea (torre): le pelli vengono appese a catene aeree ubicate nel sottotetto dei
capannoni e lasciate al vento per alcune ore, ottenendo un grado di umidità piuttosto
basso. Con tale metodo non è possibile controllare né il grado di umidità delle pelli né i
tempi di permanenza, in quanto si è condizionati dal clima. D’altro canto non si hanno
consumi di energia se non per la movimentazione della catena;
Sottovuoto: le pelli vengono stese in macchine nelle quali si realizza una pressione inferiore
a quella atmosferica, grazie alla quale l’acqua contenuta nelle pelli può evaporare a
temperature inferiori a 100°C. Quale impatto ambientale avremo lo scarico idrico (dovuto
alla condensazione dei vapori sottratti) coerente con le fasi ad umido precedenti;
Tunnel riscaldato: si tratta di un processo analogo alla catena aerea con la differenza che vi
è un tunnel a temperatura costante riscaldata, per mantenere la quale si consuma energia;
Centrifuga: operazione condotta in macchine rotanti provviste di scarico che sfruttano
l’azione della forza centrifuga per l’allontanamento dell’acqua. Le pelli così asciugate hanno
anche caratteristiche organolettiche particolari dovute ad increspamento e piegature delle
stesse. Quale impatto ambientale avremo lo scarico idrico coerente con le fasi ad umido
precedenti;
Asciugatura meccanica: tale sistema utilizza macchine in cui si provvede ad innalzare la
temperatura in tempi relativamente rapidi. Quale impatto ambientale avremo lo scarico
idrico (dovuto alla condensazione dei vapori sottratti) coerente con le fasi ad umido
precedenti;
In una conceria si può trovare anche più di un sistema di essiccazione.
6.1.15 FASI DI PRERIFINIZIONE: UMIDIFICAZIONE – PALISSONATURA – INCHIODAGGIO RULLATURA - SMERIGLIATURA - RAFFINATURA – SPAZZOLATURA – SPACCATURA LUCIDATURA - BOTTALATURA A SECCO
Con la prima operazione, l’Umidificazione, si conferisce alle pelli un valore di umidità idoneo alle
successive operazioni, ovvero compreso tra il 22 e il 24%. L’aspetto ambientale caratteristico di
questa fase è la presenza di uno scarico idrico di modesti volumi costituito essenzialmente da
acqua tal quale senza inquinanti.
La Palissonatura consiste in una trazione delle fibre della pelle, tramite stiramenti e sollecitazioni,
che dona morbidezza alla pelle stessa, rendendola uniformemente più cedevole. Può essere
eseguita prima del ciclo di rifinizione o, in maniera più dolce, dopo la fase di rifinizione.
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L' Inchiodaggio ha la funzione di causare un essiccamento spinto delle pelli sottoponendole
contemporaneamente ad un'azione di stiro e stabilizzazione delle dimensioni. I cuoi vengono
montati e distesi su dei telai attraverso delle speciali pinze, ottenendo così un guadagno in
superficie e un’ulteriore stesura delle fibre.
La Rullatura consiste in una abrasione superficiale dal lato fiore della pelle, tramite rulli di pietra o
feltro, che dona la finezza e la lucentezza del fiore. Può essere eseguita prima del ciclo di
rifinizione o, in maniera più dolce, dopo la fase di rifinizione.
Molte pelli presentano un fiore rovinato da cicatrici, graffi, difetti di conservazione, ragion per cui
è necessaria l’operazione di Smerigliatura, che permetta di eliminare la maggior parte di questi
difetti. Le pelli passano nella macchina (smerigliatrice) dotata di un cilindro abrasivo che provvede
all’asportazione di una parte superficiale del fiore, più o meno profonda a seconda dei difetti da
eliminare. E anche utilizzata dal lato carne per fornire effetti scamosciati al pellame.
La Raffinatura consiste in una abrasione superficiale dal lato carne della pelle, tramite rulli, che
serve per avere spessori molto ridotti ed uniformi.
La Spazzolatura consiste nell’asportazione delle polveri di pelle prodotte a seguito delle fasi di
Smerigliatura e/o Raffinatura; polveri che potrebbero inficiare l’adesione dei prodotti chimici nella
successiva fase di rifinizione.
La Spaccatura produce, da una pelle, due pelli sezionate lungo lo spessore e gli scarti prodotti
sono derivanti dalla produzione di residui solidi di natura coerente a quella che è stata la fase di
concia e riconcia.
La Lucidatura serve per promuovere il grado di lucido finale, come dice il nome stesso, nonché il
tatto superficiale.
Eseguita prima della rifinizione, la Bottalatura a secco ha lo scopo di migliorare la morbidezza della
pelle e conferire un più accurato disegno della grana e del fiore. Eseguita alla fine del ciclo di
rifinizione, consente di scaricare la rifinizione applicata conferendole un aspetto meno plastico e
più naturale.
Le operazioni di palissonatura, smerigliatura, rullatura, spazzolatura, raffinatura e bottala tura a
secco, producono residui solidi (polveri) che devono essere smaltiti o portati a recupero.
Le polveri, oltre a presentare tutti i problemi connessi con i residui solidi in generale, sono di
dimensioni notevolmente ridotte e possono quindi essere facilmente trasportate dall'azione del
vento. Se rilasciate in atmosfera, vi potrebbero restare per lunghi periodi, essere quindi disperse
su aree molto vaste e depositarsi successivamente al suolo o in corpi idrici, inquinandoli. I rifiuti
solidi prodotti da queste fasi sono: Ritagli in pelle, Rasature e le già citate Polveri di pelli; la
classificazione di questi rifiuti dipende dal tipo di concia e riconcia eseguite.
6.1.16 RIFILATURA - SELEZIONE
Le pelli vengono selezionate a seconda delle loro caratteristiche superficiali e si rifila il bordo della
pelle, tagliando le parti superflue (operazione eseguita manualmente o con macchine rifilatrici).
In questa fase si ha produzione di rifiuto costituito da ritagli in pelle.
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6.1.17 RIFINIZIONE
La fase di Rifinizione costituisce lo stadio finale del processo di lavorazione del cuoio, la cui
funzione è quella di nobilitare l’aspetto di quest’ultimo e di fornire le caratteristiche funzionali
desiderate a seconda del tipo di cuoio finito in relazione a: colore, brillantezza, tatto, resistenza a
stress meccanici, flessibilità, lucentezza, permeabilità al vapor d’acqua, resistenza all’acqua.
I prodotti chimici utilizzati in rifinizione sono numerosi: poliuretani; poliacrilati; nitrocellulose;
cere; pigmenti; coloranti effetto anilina; vernice; solventi organici.
La tecnologia di applicazione di più frequente utilizzo è il sistema a spruzzo con aria compressa. Le
pelli ricevono i prodotti per mezzo di pistole montate su una giostra rotante e successivamente
entrano in un tunnel di essiccazione dove i prodotti sono definitivamente fissati. I prodotti
spruzzati in rifinizione utilizzano come veicolante solventi e soluzioni acquose. La rifinizione a
spruzzo ha come conseguenza l'emissione di elevati volumi di aria contenente Sostanze Organiche
Volatili (SOV) di diversa natura e particolato solido.
Con la Macchina a rulli, l’applicazione del prodotto sulla pelle consente la stesura di una pellicola
resistente, in grado di cancellare molti difetti della pelle, assicurando nel contempo una rifinizione
morbida, soffice e compatta; differenti tipi di cilindri possono riprodurre svariate forme,
realizzando articoli personalizzati. Non è adatta a pelli troppo morbide o fini con spessore inferiore
a 1- 1,2 mm, in quanto si hanno problemi nell’introduzione nella macchina.
La Velatrice è utilizzata vantaggiosamente nella rifinizione delle pelli e permette di dare, alle
medesime, con una sola applicazione, l’equivalente di 4-5 applicazioni a spruzzo di miscele
coprenti. Il principio di questo processo è che la soluzione di finissaggio è versata su tutta la
superficie del cuoio sottoforma di velo liquido, che, asciugando forma un film.
La macchina è costituita da un trasportatore composto da due nastri: uno d’entrata e uno d’uscita,
sincronizzati ed azionati da un motore e da un variatore di velocità; la pelle passa sotto il velo ed
avanza sul secondo tappeto.
IN-PUT
FASE
Acqua , energia, pelli
OUT-PUT
COD, SS, Metalli (se considerati
reflui)
Prodotti chimici (resine,
caseine, pigmenti,
coloranti effetto anilina)
RIFINIZIONE
Acque di lavaggio (secondo ord.
166/2004)
C.O.V.
polveri
Gli scarichi idrici provenienti dal velo d'acqua delle cabine di rifinizione e dagli abbattitori
influenzano parametri come COD e Solidi Sospesi. È da considerare che tali scarichi, nel distretto di
Solofra, sono considerati non dei reflui ma dei rifiuti, a seguito di una apposita ordinanza
commissariale.
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È possibile la presenza di quantità non trascurabili di metalli come cromo, alluminio e titanio
(eventualmente derivanti dai pigmenti) da cui dipenderebbe un più elevato carico inquinante di
queste acque.
I Composti Organici Volatili (COV) emessi dal processo di rifinizione delle pelli derivano
principalmente da prodotti che contengono solventi. Molti COV possono avere effetti di tossicità
acuta e cronica sull'uomo e sugli animali. I COV sono per lo più odorosi e se fossero emesse senza
controllo in atmosfera, potrebbero dare successivamente origine, per reazioni chimiche, a
sottoprodotti nocivi. Il particolato solido è costituito per lo più da polveri di pigmenti e resine; se
fosse emesso in atmosfera, date le ridotte dimensioni, verrebbe trasportato dal vento e restarvi
per lunghi periodi, disperdendosi su vaste aree e depositandosi successivamente al suolo o in corpi
idrici.
6.1.18 STIRATURA – SATINATURA E METALLIZZAZIONE
La Stiratura ha il compito di fissare leggermente le fibre per dare maggiore stabilità alla loro
struttura. Dal punto di vista estetico, questa operazione consente di rendere il fiore più liscio,
eliminando la rugosità tipica dei pori della pelle e renderlo nel contempo più lucido ravvivando la
brillantezza dei suoi colori.
La macchina per la Satinatura è costituita da un rullo riscaldabile con forma particolare a varie
temperature, sul quale si appoggia la pelle, e da un cilindro in gomma dura di contropressione. La
pelle, uscendo dalla macchina viene piacevolmente stirata dal rullo caldo senza subire eccessivo
indurimento e ottiene un disegno per impressione.
La Metallizzazione consta in una stiratura abbinata all’adesione di un film/carta polimerica
impregnato di adesivi che serve a donare al pellame un rivestimento superficiale particolareggiato.
In tale fase oltre al consumo energetico c’è la produzione di imballaggi misti dovuti alle carte
polimeriche applicate alla superficie della pelle.
6.1.19 STAMPATURA
Con questa operazione viene conferita alla pelle un disegno superficiale che risponda ai requisiti
estetici dettati dalla moda. Per raggiungere questo scopo si utilizza la tecnica di portare il fiore a
contatto con una superficie di acciaio riscaldata (meccanica) e applicando per un determinato
intervallo di tempo una pressione stabilita. Parimenti l’applicazione di un disegno superficiale può
avvenire per mezzo di stampe a getto d’inchiostro.
6.1.20 MISURAZIONE - SPEDIZIONE PELLI
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Una volta terminato il processo di rifinizione, le pelli vengono selezionate in base alla scelta in
quanto può succedere che con la rifinizione non si riesca ad eliminare tutti i difetti superficiali
delle pelli. Una certa attenzione va posta anche allo spessore in quanto alcune pelli potrebbero
aver subito delle leggere variazioni.
L’ultima fase del processo è la misurazione di superficie eseguita principalmente con macchine
elettroniche che registrano le superfici misurate sia in metri quadri che in piedi quadrati.
Le pelli misurate vengono riposte in imballi e poi spedite ai clienti. Durante tale fase oltre al
consumo di energia elettrica per la movimentazione delle macchine può esserci produzione di
rifiuti da imballaggio.
6.2 SOSTANZE CHIMICHE – PERICOLOSE
Esiste uno stretto legame tra l’impatto ambientale della lavorazione delle pelli e i prodotti chimici
utilizzati.
Uno studio della Azienda USL 11 di Empoli, condotto per valutare il Rischio Chimico nelle 835
Concerie della zona del Valdarno Inferiore, ha evidenziato l’utilizzo, negli anni 1995-1996, di 1103
prodotti chimici contenenti ben 273 sostanze chimiche diverse. La tabella seguente mostra come
tali sostanze siano ripartite nelle varie fasi di lavorazione:
Tabella 1 - Numero di sostanze chimiche per fase di lavoro
Non essendo disponibile uno studio analogo condotto dalla ASL AV2 competente nel territorio del
Distretto Conciario di Solfora, con questi dati si vuole soltanto sottolineare la complessità del
problema dell’utilizzo di sostanze chimiche in una Conceria tipo e la difficoltà nella valutazione
dell’impatto ambientale dei prodotti impiegati. Si precisa inoltre che, trattandosi di un’indagine
antecedente al regolamento CE n. 1907/2006 e alla direttiva 2006/121/CE (noti come
“regolamento REACH”), probabilmente risulta deficitaria nei confronti di tutte quelle sostanze
chimiche presenti in piccole percentuali all’interno di preparati più complessi che sfuggivano al
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vecchio sistema di notifica previsto dalla normativa precedente. Ragion per cui, nell’ambito di
questa analisi ambientale iniziale non si indicheranno i nomi dei prodotti commerciali utilizzati, né
la loro formula chimica, ma semplicemente la categoria di appartenenza.
CATEGORIA DI APPARTENENZA
SOSTANZE TIPICAMENTE UTILIZZATE
Sostanze chimiche inorganiche comuni
Cloruro di sodio;etc
Sostanze chimiche organiche varie
acido formico, acido ossalico,
antiruga, etc
Sgrassanti
tensioattivi anionici, cationici, non ionici o
anfoteri
solventi clorurati e organici
Concianti per la concia al cromo
Ausiliari per la concia al cromo
Solfato basico di Cromo, Ossido di cromo
agenti basificanti (ossido di magnesio,
carbonato di sodio o bicarbonato di sodio,
acetato e formiato di sodio),
fungicidi,
mascheranti (acido formico, diftalato di sodio,
acido ossalico, solfito di sodio),
ingrassanti,
resine, etc
Concianti per la concia vegetale
Composti polifenolici estratti da materiale
vegetale come quebracho, mimosa, quercia
Ausiliari per la concia vegetale
Preconcianti,
sbiancanti e sequestranti,
ingrassanti,
acido formico,
tannini sintetici,
resine, etc.
Concianti per la concia con minerali
free-chrome
Ausiliari per la concia minerale
Sali di alluminio, Sali di ferro
Sali di titanio,Sali di zirconio
Mascheranti, (acido acetico, acido formico)
basificanti,
ingrassanti,
tannini sintetici,
resine, etc.
Concia con aldeidi
Formaldeide
Glutaraldeide, etc
Acetato di sodio
Ausiliari concia con aldeidi
Prodotti di rifinizione
Coloranti e ausiliari
Polietilene
Poliuretani
poliacrilati
nitrocellulose
cere etc
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Propanolo
Ammine
Sali (bicarbonato di sodio)
Acido formico, acetico, etc
Ingrassanti
Sostanze grasse naturali
Sostanze grasse ottenute per sintesi
Biocidi/Fungicidi
Benzotiazoli, carbammati, composti aromatici,
etc
Prodotti enzimatici
enzimi proteolitici, etc
6.3 ACQUE
L’ inquinamento degli scarichi conciari è dovuto essenzialmente a:
Elevato carico organico
Solfati
Solfuri
Tensioattivi
Sali ammoniacali
Sali di cromo o altri minerali
Solidi Sospesi
Fenoli
Etc.
Cloruri
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Le acque reflue prodotte dalle concerie si distinguono per il loro elevato contenuto di agenti
inquinanti organici e inorganici. Poiché le concerie impiegano un'ampia gamma di materie prime, i
loro scarichi idrici sono di natura complessa e hanno caratteristiche variabili in funzione del tempo,
della tipologia di processo e di conceria. Le acque reflue devono essere sottoposte a trattamenti
prima di poter essere riversate nelle acque superficiali. A seconda delle condizioni economiche
locali e della loro ubicazione, le concerie possono trattare le acque reflue in loco, scaricare
direttamente in fognatura previo trattamento parziale che consenta di raggiungere i requisiti
necessari per lo scarico stesso o usare una combinazione di queste opzioni. Ove esistano
concentrazioni di attività conciarie, sono attivi impianti consortili di trattamento acque, collegati
alle concerie mediante collettore fognario ad hoc, e il D.I. di Solofra non fa eccezioni.
Le strategie per il trattamento degli scarichi idrici provenienti dalle concerie sono così diverse da
rendere difficile qualsiasi generalizzazione. A grandi linee, le fasi della depurazione a carico delle 5
concerie solforane, nonché del depuratore consortile, che possiedono un impianto di depurazione
a servizio del processo, interno alla conceria stessa , possono essere descritte come segue:
· pre-trattamento meccanico: consiste in una disoleatura, grigliatura grossolana e fine e in una
sedimentazione
· trattamento fisico-chimico: include ossidazione, precipitazione, sedimentazione, flottazione,
flussi di compensazione e neutralizzazione. Viene effettuato principalmente per rimuovere la
maggior parte delle sostanze organiche, del solfuro dalle acque di scarico del reparto riviera e il
cromo dalle operazioni di concia e post-concia nonché altri composti inorganici
· trattamento biologico: consiste nella riduzione dell'ulteriore contenuto organico. È possibile una
fase di nitrificazione/denitrificazione qualora sia opportuno avere contenuto di azoto inferiore.
Talvolta, durante la nitrificazione avviene un'ossidazione biologica dei solfuri
· sedimentazione: viene impiegata per separare i fanghi attivati dal surnatante. Il fango primario
che esce dalla vasca di miscelazione e compensazione, come anche il fango in eccesso proveniente
dal trattamento biologico, sono sottoposti a trattamento in una vasca di stabilizzazione per i
fanghi.
La disidratazione viene spesso effettuata per ridurre il volume dei fanghi da smaltire. Questa
operazione, in gran parte svolta da apparecchiature meccaniche che eliminano l'acqua mediante
pressione, è talvolta seguita da un processo di essiccazione. Prima di effettuare la disidratazione, è
possibile impiegare addensanti (polielettroliti) per rendere i fanghi più densi.
I parametri più comunemente monitorati per stabilire i requisiti degli effluenti degli scarichi idrici
sono il fabbisogno chimico di ossigeno (COD), i solidi sospesi (SS), l'azoto totale (N-tot, TKN),
l'azoto ammoniacale, il solfuro (S2-), il cromo (totale), il contenuto di grassi, il pH e la temperatura,
i cloruri e/o solfati (Cl-,SO42-). Di rado si determinano i solidi totali disciolti (TDS), il fosforo (P
totale), i composti organici alogenati adsorbibili (AOX), i tensioattivi, i pesticidi, i fenoli e la
tossicità per i pesci.
Di routine, nel distretto industriale di Solofra, vengono monitorati dal Soggetto Attuatore, gestore
dell’impianto di depurazione, i parametri: fabbisogno chimico di ossigeno (COD), i solidi sospesi
totali (SST), azoto ammoniacale, solfuro (S2-), il cromo (totale), cloruri.
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La composizione delle acque reflue varia enormemente tra una conceria e l'altra.
Si stima che un efficace utilizzo dei prodotti chimici nel processo porti a un assorbimento fino al
15% circa nel prodotto finale, il che significa che il restante 85% va a finire nei rifiuti o negli scarichi
idrici.
La tabella 2 illustra la composizione di un effluente di conceria medio in ingresso agli stabilimenti
del comprensorio di S. Croce - Val d’Arno: Aquarno, Cuoiodepur e F.I.C.; essi lavorano le acque
reflue di circa 150 - 400 concerie.
Tabella 2 – Composizione di un effluente di conceria medio
Il problema maggiore di questi scarichi è rappresentato dall’elevata concentrazione di COD e dal
contenuto di sali, nonché dall’elevata quantità di fanghi prodotti dal processo depurativo.
I dati riportati nella tabella 3 mostrano valori di consumo e di parametri di scarico per alcune
tipologie di materia prima e per fasi di processo.
Tabella 3 – Valori di consumo e di parametri di scarico
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Circa il 60 % del cloruro totale di conceria deriva dal sale usato per la conservazione e rilasciato
negli effluenti di rinverdimento. Il resto deriva dal piclaggio e in certa misura dai processi di concia
e tintura. Circa il 75 % del carico di BOD e COD è prodotto nel reparto riviera con la quota
maggiore derivante dalla depilazione che non usa una tecnica per salvare il pelo. Una quota
significativa del carico di COD (circa il 45 %) e di BOD (circa il 50 %) viene dalla
calcinazione/depilazione. La calcinazione/depilazione è anche il principale responsabile della
produzione di SS (circa il 60 %). Complessivamente i parametri di scarico del reparto riviera
ammontano al 90 % del totale di SS. La maggior parte delle sostanze azotate totali (TKN)
provengono dal processo di calcinazione. Le operazioni del reparto riviera nel loro insieme
costituiscono circa l'85 % del carico di TKN della conceria. Circa il 65 – 70 % del cromo totale negli
effluenti proviene dalla concia; solo una modesta quota è derivata dai processi a umido postconcia, dalla sgocciolatura e dalla messa a vento. L'acqua di scarico proveniente dai processi del
reparto riviera (rinverdimento, scarnatura, depilazione e calcinazione) e dal relativo risciacquo
contiene sostanze rilasciate dalle pelli, sporcizia, sangue, sterco (alti livelli di BOD e SS), calce
residua (a seconda del processo di calcinazione) e solfuri. Quest'acqua presenta inoltre un alto
contenuto di sale e un'elevata alcalinità. Le acque usate per la decalcinazione e macerazione
contengono solfuri, sali di ammonio e di calcio (a seconda del processo di decalcinazione) e
presentano una bassa alcalinità.
Dopo il processo di piclaggio e concia, i principali inquinanti delle acque reflue sono determinati
dalle tecniche di concia adottate. Per la concia al cromo, si tratta di sali e acidi di cromo (pH circa
4). La concia vegetale fa aumentare il COD ed eventualmente la concentrazione di fenoli.
Sono diffuse anche le combinazioni di tecniche di concia diverse. Gli effluenti provengono dalle
operazioni di piclaggio, concia, sgocciolatura, messa a vento e post-concia. Se si effettua l’ingrasso,
nelle acque di scarico si trovano anche altre sostanze che dipendono, anche in questo caso, dalle
tecniche usate.
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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6.4 RIFIUTI
La produzione dei rifiuti nelle singole fasi di lavoro può essere così riassunta:
Dal punto di vista normativo la classificazione CER dei rifiuti tipicamente prodotti in una CONCERIA
TIPO è la seguente:
040101
carniccio e frammenti di calce
040102
rifiuti di calcinazione
040103
bagni di sgrassatura esauriti contenenti solventi senza fase liquida
040104
liquido di concia contenente cromo
040105
liquido di concia non contenente cromo
040106
fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti cromo
040108
cuoio conciato (scarti, cascami, ritagli, polveri di lucidatura) contenenti cromo
040109
rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura
040199
rifiuti non specificati altrimenti
Nella tabella seguente è riportata la produzione di rifiuti in funzione della famiglia rifiuti :
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Fonte: Ecocerved Elaborazione dati MUD, Tonnellate)
Tabella 4 - Produzione di rifiuti in funzione della famiglia rifiuti (Anno 2009)
La produzione conciaria genera una grande quantità di rifiuti, soprattutto organici. La quantità di
rifiuti prodotti da una conceria dipende dal tipo di cuoio prodotto, dall’origine delle pelli e dalle
tecniche applicate. I rifiuti conciari hanno una natura ed una provenienza molto varia poiché ogni
fase del processo genera una quantità più o meno rilevante di scarti.
La tabella sottostante mostra i rifiuti inclusi nel Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER) specifici del
settore concia, quelli pericolosi sono contrassegnati con un asterisco.
Tipologia
Codice
rifiuto
Carniccio e frammenti di calce
040101
Rifiuti di calcinazione
040102
Bagni di sgrassatura esauriti contenenti solventi senza fase liquida
040103*
Liquido di concia contenente cromo
040104
Liquido di concia non contenente cromo
040105
Fanghi prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti cromo
040106
Fanghi prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, non contenenti cromo
040107
Cuoio conciato (scarti, cascami, ritagli, polveri di lucidatura) contenenti cromo
040108
Rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura
040109
Rifiuti non specificati altrimenti
040199
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Analizziamo la produzione specifica del settore concia nel comparto di Solofra, che ammonta
complessivamente a 15.454 di rifiuti speciali.
La produzione totale dei rifiuti tipici del processo conciario (fam. 04) rappresenta più del 74% della
produzione di rifiuti del Distretto di Solofra e poco più del 16% dei rifiuti speciali prodotti nei
Comuni che formano il Distretto conciario di Solofra (in totale 69.998t).
La produzione dei rifiuti speciali riportata nella tabella sottostante è quella dichiarata dai
produttori obbligati alla dichiarazione MUD dalla normativa vigente nell’anno 2009.
Fonte: Ecocerved Elaborazione dati MUD, Tonnellate)
Tabella 5 – Produzione dichiarata rifiuti derivanti dal processo conciario CER 04 nel Distretto Solofra (2009)
La maggiore produzione, è rappresentata da scarti, cascami, ritagli e polveri contenenti cromo
(codice CER 04 01 08).
Altro dato importante nella stessa famiglia è il fango prodotto dal trattamento in loco degli
effluenti, contenenti cromo (CER 04 01 06) che si mantiene piuttosto costante nel tempo per il
2008 il dato è 1.133 t a fronte per il 2007 di 1.831 t .
Si registra una diminuzione negli anni delle quantità attribuite ai codici da 04 01 04 a 04 01 05 ( nel
2003 se ne contavano 14.802 t ) è indicativo della crescente importazione di materie prime allo
stato grezzo in quanto rifiuti caratteristici delle prime fasi di lavoro del ciclo conciario.
Un altro rifiuto che tende a diminuire è lo 040199 rifiuti non specificati altrimenti, segnale positivo
di un progressivo miglioramento della capacità delle aziende di classificare il proprio rifiuto.
di un progressivo miglioramento della capacità delle aziende di classificare il proprio rifiuto.
Rifiuti famiglia 04
DICHIARATA 2007
Rif. np
040101 - carniccio e
frammenti di calce
897
Rif. p
DICHIARATA 2008
totale
897
Rif. np
682
Rif. p
totale
682
DICHIARATA 2009
Rif. np
947
Rif. p
totale
947
DICHIARATA 2010
Rif. np
667
Rif. p
totale
667
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
040103 - bagni di
sgrassatura esauriti
contenenti solventi senza
fase liquida
15
pag.61/80
15
-
040104 - liquido di concia
contenente cromo
549
549
040105 - liquido di concia
non contenente cromo
23
23
1.873
1.873
1.133
1.133
1.353
1.353
1.201
1.201
11.441
11.441
9.568
9.568
8.293
8.293
8.502
8.502
1
1
50
50
165
165
191
191
455
455
289
289
190
190
125
125
15.254
11.868
040106 - fanghi prodotti in
particolare dal trattamento
in loco degli effluenti,
contenenti cromo
040108 - cuoio conciato:
cascami, scarti, ritagli,
polveri di lucidatura
contenenti cromo
040109 - rifiuti delle
operazioni di
confezionamento e finitura
040199 - rifiuti non
specificati altrimenti
Totale rifiuti famiglia 04
15.239
15
145
145
505
505
49
49
-
-
11.868
11.452
-
11.452
10.735
-
10.735
Fonte: Ecocerved Elaborazione dati MUD, Tonnellate
Tabella 6 – Confronto produzione dichiarata delle tipologie specifiche di rifiuti derivanti dal processo
conciario CER 04 Distretto di Solofra (2007 - 2010)
Il dato complessivo della produzione, e in particolare quello dei rifiuti speciali non pericolosi,
risulta sottostimato dall’entrata in vigore del nuovo Testo Unico Ambientale D.Lgs. 152/2006, il
quale ha apportato delle modifiche fra i soggetti obbligati alla dichiarazione MUD, in particolare
togliendo l’obbligo di dichiarazione ai produttori di rifiuti speciali non pericolosi.
Questa sottostima è stata attenuata con l’entrata del D.Lgs. 4/2008 che ha reintegrato l’obbligo di
presentare la dichiarazione MUD per i produttori di rifiuti non pericolosi con un numero di
dipendenti superiore a 10 già a partire dalla dichiarazione dei dati di produzione e gestione del
(MUD 2008).
Al fine di aumentare la significatività della base dati è stata messa a punto una metodologia che
consente di ricavare il dato della quantità prodotta del rifiuto non pericoloso analizzando il dato
fornito dai gestori, tale produzione sarà di seguito definita come “produzione ricalcolata”.
Di seguito, si riporta un confronto tra i quantitativi dichiarati con il modello MUD direttamente dai
soggetti obbligati, ed i quantitativi che si riscontrano sulle produzioni ricostruite attraverso le
dichiarazioni dei gestori di rifiuti per l’anno 2009.
Secondo i dati dichiarati dagli impianti che gestiscono i rifiuti conciari possiamo stimare che la
produzione di questa tipologia di rifiuti in aziende con meno di 10 dipendenti nel Distretto di
Solofra rappresenta circa il 6,2 % della produzione complessiva .
DICHIARATA
RICALCOLATA
Rifiuti famiglia 04
Rif. np
040101 - carniccio e frammenti di calce
947
Rif. p
totale
Rif.
np
947
1.040
Rif. p
totale
1.040
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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040104 - liquido di concia contenente cromo
040106 - fanghi prodotti in particolare dal
trattamento in loco degli effluenti, contenenti cromo
040108 - cuoio conciato: cascami, scarti, ritagli,
polveri di lucidatura contenenti cromo
040109 - rifiuti delle operazioni di confezionamento
e finitura
505
505
165
165
275
275
040199 - rifiuti non specificati altrimenti
190
190
207
207
Totale rifiuti famiglia 04
11.452
Totale attività economica 19
Totale rifiuti PRODOTTI
Peso fam. 04 sul totale attività economica 19
Peso fam. 04 sul totale RIFIUTI PRODOTTI
Peso attività economica 19 sul TOTALE
PRODOTTO
15.391
965
965
1.353
1.353
1.453
1.453
8.293
8.293
8.322
8.322
63
11.452
12.261
-
12.261
15.454
69.503
495
69.998
74,41%
16,48%
0,00%
0,00%
74,11%
16,36%
22,14% 12,71%
22,08%
Fonte: Ecocerved Elaborazione dati MUD, Tonnellate
Tabella 7 – Confronto produzione dichiarata e ricostruita delle tipologie specifiche di rifiuti derivanti dal
processo conciario CER 04 Distretto di Solofra (2009)
Ai rifiuti solidi prodotti durante le varie fasi di processo (carniccio, ritagli di pelle, prodotti di
rasatura etc) si affiancano i fanghi di risulta prodotti con la depurazione dei reflui conciari di
natura:
•
Chimica;
•
Biologica.
EMISSIONI IN ATMOSFERA
Si possono avere emissioni in atmosfera sia da parte del processo di lavorazione vero e proprio,
che da parte dei depuratori e degli accumuli di rifiuti solidi.
Le emissioni derivanti dal processo sono:
•
Idrogeno solforato H2S (acido solfidrico);
•
Ammoniaca NH3 ;
•
C.O.V. ;
• Polveri.
In particolare, l’idrogeno solforato, per la bassa soglia di olfattività, la tossicità e l’odore
particolarmente sgradevole, è considerato la “sostanza tracciante” da prendere come riferimento
per tutte le valutazioni dell’inquinamento atmosferico connesso con la lavorazione delle pelli nelle
fasi di rinverdimento.
Inoltre è da porre attenzione anche alla fase di rifinizione dove le emissioni di C.O.V. e polveri sono
condizionate dalla varianza di articoli prodotti.
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Per limitare le emissioni maleodoranti dell’impianto di depurazione acque e del trattamento
fanghi, si è provveduto in molti casi a coprire l’impianto di trattamento acque e la linea fanghi,
nonché a convogliare le emissioni gassose ad un trattamento con ozono.
6.5 ASPETTI AMBIENTALI INDIRETTI
Secondo il Regolamento EMAS n.1221/2009 all’allegato I, “gli aspetti ambientali indiretti sono
quelli che possono derivare dall’interazione di un’organizzazione con terzi che possono essere
influenzati in misura ragionevole, dall’organizzazione”.
“Gli aspetti ambientali indiretti riguardano gli elementi inclusi nel seguente elenco non esaustivo:
I.
aspetti legati al ciclo di vita del prodotto (progettazione, sviluppo, imballaggio,
trasporto, uso e recupero/smaltimento dei rifiuti)
II.
investimenti di capitale, concessione di prestiti e servizi assicurativi
III.
nuovi mercati
IV.
scelta e composizione dei servizi (ad esempio trasporto o servizi di ristorazione)
V.
decisioni amministrative e di programmazione
VI.
assortimento dei prodotti
VII.
prestazioni e pratiche ambientali degli appaltatori, subappaltatori e fornitori.
Il grado di controllo e la capacità di influenza, quantificate secondo una opportuna scala di
riferimento, sono criteri per l’analisi della significatività degli aspetti ambientali indiretti.
Se l’organizzazione progetta, coordina e sorveglia attività di soggetti esterni all’organizzazione, si
valuta se:
i contratti o capitolati d’appalto con i soggetti esterni (direttamente responsabili
dell’aspetto) includono richieste relative all’aspetto in questione;
vengono regolarmente effettuati controlli sistematici sul soggetto esterno
relativamente alla gestione dell’aspetto considerato.
Per altri aspetti connessi alle attività dell’organizzazione che sono controllati direttamente dai
soggetti terzi, si valuta se:
vengono inviate richieste esplicite od offerti incentivi al soggetto esterno per favorire la
corretta gestione degli aspetti indiretti
vengono regolarmente coinvolti i soggetti esterni per coordinare le attività che
producono un aspetto indiretto.
Le aziende del Distretto di Solofra sono di piccole dimensioni e non hanno potere contrattuale nei
confronti dei fornitori (soprattutto grandi imprese chimiche) pertanto il grado di influenza che
possono esercitare nei confronti di queste aziende per la gestione degli aspetti ambientali indiretti
è praticamente nullo.
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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Allegato 1 – PREVENZIONE INCENDI
La normativa antincendio si pone come obiettivo il raggiungimento di standard di sicurezza di tipo
europeo, attraverso l'adeguamento ad una serie di prescrizioni normative di diverso tipo: di tipo
strutturale, di tipo impiantistico e di tipo comportamentale.
Gli obblighi in materia di sicurezza antincendio e la responsabilità dell’azienda per il loro corretto
adempimento trovano fondamento in numerose disposizioni. Di seguito sono indicate quelle
fondamentali alla gestione.
NORMATIVA
• D.M. 10 marzo 1998 Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione
dell'emergenza nei luoghi di lavoro;
• D.M. 4 maggio 1998 Contenuto delle domande per il certificato prevenzioni incendi;
• D. Lgs. 8 marzo 2006 n. 139, Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell’articolo 11 della legge 29 luglio 2003,
n. 229;
• D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di
lavoro;
• D.P.R. 1 agosto 2011 n°151 Regolamento recante semplificazione della disciplina dei
procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell'articolo 49, comma 4quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 luglio 2010, n. 122.
• Circolare n.12653 del 23 Febbraio 2011 Obbligatorietà dell'aggiornamento formativo
per addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze.
IDENTIFICAZIONE DELLE ATTIVITA’
Il regolamento di semplificazione abroga completamente sia il D.P.R. n. 37 del 12/01/1998 che il
D.M. 16/02/1982 (concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione
incendi), introducendo nel suo Allegato I un nuovo elenco di attività soggette ai controlli dei VV.F.,
distinte in tre categorie, denominate A, B, C.
1. nella categoria A sono state inserite quelle attività dotate di “regola tecnica” di
riferimento e contraddistinte da un limitato livello di complessità, legato alla consistenza
dell'attività, all'affollamento ed ai quantitativi di materiale presente;
2. nella categoria B sono state inserite le attività presenti in A, quanto a tipologia, ma
caratterizzate da un maggiore livello di complessità, nonché le attività sprovviste di una specifica
regolamentazione tecnica di riferimento, ma comunque con un livello di complessità inferiore al
parametro assunto per la categoria “superiore”, cioè la C;
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
pag.65/80
3. nella categoria C sono state inserite le attività con alto livello di complessità,
indipendentemente dalla presenza o meno della 'regola tecnica', soggette a Certificato di
Prevenzione Incendi (C.P.I.).
Tali categorie, costituite per suddividere ulteriormente la singola attività in funzione di parametri
di complessità (numero di addetti, volumi di materiali presenti, potenzialità, etc.) determinano
procedure differenti, che saranno indicate in uno specifico decreto del Ministero dell’Interno.
Nelle more dell'emanazione del nuovo regolamento recante la disciplina delle modalità di
presentazione delle istanze per l'avvio dei procedimenti di prevenzione incendi, continueranno a
trovare applicazione le disposizioni contenute nel D.M. 4 maggio 1998.
Ai sensi del D.P.R. 1 agosto 2011 n°151 le attività soggette a prevenzione incendi ricorrenti nelle
concerie sono1:
Tema
Potenziale rischio
Riferimenti di legge (D.M.
16/02/1982)
Riferimenti di legge (D.P.R. 1
agosto 2011 n°151)
Gas
Esplosioni dovute a fughe di
gas e conseguenti possibili
incendi
3) Depositi e rivendite di gas
combustibili in bombole:
a) compressi:
- per capacità complessiva da
0,75 a 2 m3
- per capacità complessiva
superiore a 2 m3
b) disciolti e liquefatti (in
bombole o bidoni):
- per quantitativi complessivi da
75 a 500 kg
- per quantitativi complessivi
superiori a 500 kg
---------------------------------4) Depositi di gas combustibili in
serbatoi fissi:
a) compressi:
- per capacità complessiva da
0,75 a 2 m3
- per capacità complessiva
superiore a 2 m3
b) disciolti o liquefatti:
- per capacità complessiva da 0,3
a 2 m3
- per capacità complessiva
superiori a 2 m3
3) Impianti di riempimento,
depositi, rivendite di gas
infiammabili in recipienti mobili:
a) compressi con capacità
geometrica complessiva
superiore o uguale a 0,75 m3;
b) disciolti o liquefatti per
quantitativi in massa complessivi
superiori o uguali a 75 kg
5) Depositi di gas comburenti in
----------------------------------
1
---------------------------------4) Depositi di gas infiammabili in
serbatoi fissi:
a) compressi per capacità
geometrica complessiva
superiore o uguale a 0, 75 m3
b)disciolti o liquefatti per capacità
geometrica complessiva
superiore o uguale a 0,3 m3
L’identificazione delle attività va condivisa con il Comando dei Vigili del Fuoco locale.
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
Prodotti
chimici
Innesco dovuto a reazione tra
sostanze diverse con
produzione di calore o al
calore prodotto dalla
sostanza stessa
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serbatoi fissi:
a) compressi per capacità
complessiva superiore a 3 m3
b) liquefatti per capacità
complessiva superiore a 2 m3
5) Depositi di gas comburenti
compressi e/o liquefatti in
serbatoi fissi e/o recipienti mobili
per capacità geometrica
complessiva superiore o uguale a
3 m3
12) Stabilimenti ed impianti ove si
producono e/o impiegano liquidi
infiammabili (punto di
infiammabilità fino a 65° c) con
quantitativi globali in ciclo e/o in
deposito superiori a 0,5 m3
10) Stabilimenti ed impianti ove si
producono e/o impiegano, liquidi
infiammabili e/o combustibili con
punto di infiammabilità
fino a 125 °C, con quantitativi
globali in ciclo e/o in deposito
superiori a 1 m3
13) Stabilimenti ed impianti ove si
producono e/o impiegano liquidi
combustibili con punto di
infiammabilità da 65° c a 125° c,
per quantitativi globali in ciclo o
in deposito superiori a 0,5 m3
--------------------------------15) Depositi di liquidi
infiammabili e/o combustibili:
a) per uso industriale o artigianale
con capacità geometrica
complessiva da 0,5 a 25 m3
b) per uso industriale o
artigianale o agricolo o privato,
per capacità geometrica
complessiva superiore a 25 m3
16) Depositi e/o rivendite
infiammabili e/o combustibili per
uso commerciale:
- per capacità geometrica
complessiva da 0,2 a 10 m3
- per capacità geometrica
complessiva superiore a 10 m3
17) Depositi e/o rivendite di oli
lubrificanti, di oli diatermici e
simili per capacità superiore ad 1
m3
--------------------------------19) Stabilimenti ed impianti ove si
producono, impiegano o
detengono vernici, inchiostri e
lacche infiammabili e/o
combustibili con quantitativi
globali in ciclo e/o in deposito
--------------------------------12) Depositi e/o rivendite di
liquidi infiammabili e/o
combustibili e/o oli lubrificanti,
diatermici, di qualsiasi
derivazione, di capacità
geometrica complessiva
superiore a 1 m3
--------------------------------Assimilabile, previa valutazione
del titolare dell'attivita', ad
attivita' 10) come sopra ed
11) Stabilimenti ed impianti per la
preparazione di oli lubrificanti, oli
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
pag.67/80
superiori a 500 kg
diatermici e simili, con punto di
infiammabilita' superiore a 125
gradi C, con quantitativi globali in
ciclo e/o in deposito superiori a 5
m3
Caldaia
Esplosioni dovute a fughe di
gas e conseguenti possibili
incendi oppure incendi
dovuti al cattivo
funzionamento di bruciatori e
dispositivi di arresto
automatico del combustibile
91) Impianti per la produzione del
calore alimentati a combustibile
solido, liquido o gassoso con
potenzialità superiore a 100.000
kcal/h
74) Impianti per la produzione di
calore alimentati a combustibile
solido, liquido o gassoso con
potenzialità superiore a 116 kW
Energia
elettrica
Innesco dovuto al
funzionamento difettoso del
dispositivo elettrico,
surriscaldamento di un
conduttore, corto circuito
64) Gruppi per la produzione di
energia elettrica sussidiaria con
motori endotermici di potenza
complessiva superiore a 25 kW
49) Gruppi per la produzione di
energia elettrica sussidiaria con
motori endotermici ed impianti di
cogenerazione di potenza
complessiva superiore a 25 kW.
Struttura/
stabilimento
Il rischio dipende
1. dal tipo di costruzione
2. dall’attività esercitata
3. dal comportamento a
fuoco dei materiali trattati
4. dal tipo di stoccaggio di tali
prodotti
5. dal numero di occupanti.
49) Industrie dell'arredamento,
dell'abbigliamento e della
lavorazione della pelle;
calzaturifici:
- da 25 a 75 addetti
- oltre 75 addetti
--------------------------------88) Locali adibiti a depositi di
merci e materiali vari con
superficie lorda superiore a 1.000
m2
39) Stabilimenti per la produzione
di arredi, di abbigliamento, della
lavorazione della pelle e
calzaturifici, con oltre 25 addetti
Le sorgenti di innesco
ipotizzabili sono:
- guasti di natura elettrica
alle apparecchiature
elettriche e di illuminazione
- uso non autorizzato di
fiamme libere
- presenza non consentita di
fumatori
- eventi naturali o accidentali
--------------------------------95) Vani di ascensori e
montacarichi in servizio privato,
aventi corsa sopra il piano
terreno maggiore di 20 metri,
installati in edifici civili aventi
altezza in gronda maggiore di 24
metri e quelli installati in edifici
industriali di cui all'art. 9 del
D.P.R. 29 maggio 1963, n. 1497
--------------------------------70) Locali adibiti a depositi di
superficie lorda superiore a 1000
m2 con quantitativi di merci e
materiali combustibili
superiori complessivamente a
5.000 kg
--------------------------------N.B. Attivita' sopprressa.
L'attivita' e' stata eliminata in
quanto considerata un elemento
costruttivo, da valutare
nell'ambito della specifica attivita'
soggetta. Non e' necessario alcun
versamento.
Nuovi impianti: presentazione progetto antincendio
Gli enti e i privati responsabili delle attività elencate nell’Allegato I, categorie B e C, sono tenuti a
richiedere, con apposita istanza al Comando dei Vigili del Fuoco competente territorialmente,
l’esame dei progetti relativi a nuovi impianti e insediamenti. Analogamente si deve procedere in
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
pag.68/80
caso di modifiche successive ad impianti esistenti, comportanti aggravio delle condizioni di
sicurezza antincendio. Le modalità specifiche e la documentazione costituente il progetto di
prevenzione incendi da sottoporre a verifica dai parte dei Tecnici del Comando dei VVF devono
essere stabilite da apposito decreto del Ministero dell’Interno che dovrà essere emanato.
Per quanto riguarda la tempistica, il Comando dei VV.F. dovrà esaminare il progetto entro 30
giorni, richiedendo eventualmente documentazione integrativa, pronunciandosi sulla conformità
del progetto entro 60 giorni dalla data di presentazione.
La novità pertanto è che le attività dell’elenco di cui Allegato I, categoria A, del D.P.R. n. 151, non
sono soggette ad approvazione preventiva in fase di progetto da parte del Comando dei VV.F.
A titolo di esempio non esaustivo, rientrano tra queste attività escluse dalla verifica progettuale
preventiva da parte del Comando dei Vigili del Fuoco (ma comunque soggette a rilascio del
Certificato di Prevenzione Incendi):
1. i depositi di bombole di GPL con capacità complessiva inferiore a 300 kg e i depositi di GPL
in serbatoi fissi fino a 5 m3;
2. gruppi elettrogeni di potenzialità superiore a 25 kW e fino a 350 kW;
3. alberghi con più di 25 posti letto e fino a 50 posti letto;
4. scuole con affollamento inferiore a 150 persone;
5. locali adibiti ad esposizione (ad esempio negozi) con superficie superiore a 400 m2 e fino a
600 m2;
6. centrali termiche di potenzialità superiore a 116 kW ma inferiore a 350 kW
Come si può notare, generalmente per ogni attività rimangono comunque dei limiti minimi da
superare per essere soggetti a Certificato di Prevenzione Incendi.
Si evidenzia anche che, per quanto riguarda le tariffe richieste dai Comandi dei Vigili del Fuoco per
l'espletamento dei servizi di verifica progetto e rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi, per
le nuove attività inserite nell'Allegato I (non presenti nel precedente elenco del D.M. 16/02/1982),
si applicano le tariffe già previste per le attività di analoga complessità, secondo la tabella di
equiparazione riportata nell'Allegato II.
Nella tabella che segue sono previsti gli adempimenti in relazione alle tipologie svolte nell’azienda
e al numero di dipendenti.
Procedimenti nel periodo transitorio
Il periodo transitorio è regolamentato dall’articolo 11 del d.P.R. 151/11 che analizza sia le
fattispecie che si vengono a configurare per le nuove attività soggette, sia quelle riconducibili a
procedimenti avviati con il d.P.R 37/98 e non ancora conclusi.
Proprio in merito a questa casistica si forniscono le seguenti indicazioni:
a)
Attività che, in virtù della nuova normativa, dovessero risultare non più soggette ai controlli
di prevenzione incendi.
Il Comando provinciale comunicherà ai titolari delle attività interessate che, a seguito dell’entrata
in vigore del nuovo regolamento, non risultano più soggette ai controlli di prevenzione incendi e
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pertanto per dette attività non esprimerà pareri di merito, rimandando comunque al rispetto della
normativa tecnica di riferimento o ai criteri generali di prevenzione incendi.
b)
Attività per cui, all’entrata in vigore del nuovo regolamento, il titolare abbia presentato
istanza di parere di conformità ai sensi dell’articolo 2 del d.P.R. 37/98 ed il Comando non abbia
ancora emesso parere.
Il Comando provinciale concluderà comunque il procedimento con l’emissione del parere che avrà
gli stessi effetti di quello rilasciato, per le attività in categoria B e C, ai sensi dell’articolo 3
(Valutazione dei progetti) del nuovo regolamento.
c)
Attività per cui il titolare ha acquisito il parere di conformità di cui all’articolo 2 del d.P.R.
37/98 e alla data di entrata in vigore del nuovo regolamento non ha ancora completato l’opera.
Ai sensi del comma 6 dell’articolo 11 del d.P.R. 151/11, gli interessati devono espletare, prima di
dare inizio all’attività, gli adempimenti di cui al comma 1 dell’articolo 4 del nuovo regolamento
presentando la SCIA. Il parere di conformità ex articolo 2 del d.P.R 37/98 terrà luogo alla
valutazione del progetto ex articolo 3 del d.P.R. 151/11.
d)
Attività per cui il titolare ha inoltrato la richiesta di CPI ex articolo 3 del d.P.R 37/98 e alla
data di entrata in vigore del nuovo regolamento il Comando non ha ancora concluso il
procedimento.
d.1) Il titolare ha presentato la dichiarazione di inizio attività (DIA) ai sensi del comma 5
dell’articolo 3 del d.P.R 37/98 all’atto della richiesta di CPI:
Tenuto conto che l’articolo 49 comma 4-ter della legge 122/10 prevede che “Le espressioni
“segnalazione certificata di inizio di attività” e “Scia” sostituiscono, rispettivamente, quelle
di “dichiarazione di inizio di attività” e “Dia”, ovunque ricorrano, anche come parte di una
espressione più ampia”, per questa casistica si ritiene che la presentazione della DIA ex
comma 5 dell’articolo 3 del d.P.R 37/98 assolva l’obbligo della presentazione della SCIA ex
comma 1 dell’articolo 4 del d.P.R. 151/11. Il Comando provvederà quindi alla
ricatalogazione della pratica in funzione della nuova declaratoria dell’attività e della
categorizzazione in A, B o C. Nei casi in cui l’attività ricadesse in categoria C dovrà essere
effettuato il sopralluogo di controllo ai sensi del comma 3 dell’articolo 4 del d.P.R. 151/11.
In questo caso la data a cui far riferimento, anche ai fini del rinnovo, sarà quella
dell’entrata in vigore del nuovo regolamento.
d.2) Il titolare dell’attività non ha presentato la dichiarazione di inizio attività (DIA) ai sensi
del comma 5 dell’articolo 3 del d.P.R 37/98 all’atto della richiesta di CPI: il Comando
provvederà alla ricatalogazione della pratica in funzione della nuova declaratoria
dell’attività e della categorizzazione in A, B o C e comunicherà al titolare delle attività in
categoria A e B che esiste la possibilità di avvalersi, per l’esercizio dell’attività, della
presentazione della SCIA ex comma 1 dell’articolo 4 del d.P.R. 151/11. In questo caso la
documentazione da presentare dovrà integrare quella già in possesso al Comando.
Per avvalersi di tale possibilità, dovrà presentare la SCIA entro trenta giorni dalla
comunicazione da parte del Comando e procederà ai sensi del comma 2 dell’articolo 4 del
d.P.R. 151/11. Nei casi in cui l’attività ricadesse in categoria C, ed anche nel caso in cui il
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titolare delle attività in categoria A o B non intendesse avvalersi della possibilità di
presentare la SCIA, il procedimento verrà concluso ai sensi dell’articolo 4 del nuovo
regolamento con l’effettuazione della visita tecnica, ritenendo così valida l’istanza
presentata ai sensi dell’articolo 3 del d.P.R 37/98.
e)
L’attività è in possesso del CPI ex articolo 3 del d.P.R 37/98 con scadenza dopo l’entrata in
vigore del nuovo regolamento.
Ai sensi del comma 5 dell’articolo 11 del nuovo regolamento, alla scadenza del CPI ex articolo 3 del
d.P.R 37/98, il responsabile dell’attività deve espletare gli adempimenti prescritti all’articolo 5 del
d.P.R 151/11 presentando l’attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio.
Per le attività con scadenza “una tantum” già previste dal decreto del Ministro dell’interno 16
febbraio 1982 e riportate ai numeri 6, 7, 8, 64, 71, 72 e 77 dell’allegato I del nuovo regolamento, la
presentazione dell’attestazione è scaglionata secondo un programma temporale indicato nel
citato articolo 11 del d.P.R 151/11.
f)
Attività esistenti, in precedenza non assoggettate ai controlli che, a seguito dell’entrata in
vigore dal nuovo regolamento, risultano ora comprese nell’allegato I.
Le nuove attività inserite nell’allegato I, esistenti alla data di pubblicazione del nuovo regolamento,
dovranno espletare i prescritti adempimenti entro un anno dalla data di entrata in vigore.
Pertanto entro il 6 ottobre 2012 i titolari di tali tipologie di attività dovranno aver concluso i
prescritti adempimenti.
In sintesi nella seguente tabella sono riportati tutti gli adempimenti
SOGGETTO INTERESSATO
ADEMPIMENTO
Tutte le attività
produttive con
lavoratori dipendenti
1. Certificato di Prevenzione
Incendi
2. Valutazione rischio
incendio
Tutte le attività
Le attività di
produttive con più cui al DPR
di 10 lavoratori
151/2011
X
X
X
X
X
3. Nomina squadra di
emergenza
X
X
X
4. Formazione della squadra
di emergenza
X
X
X
X
X
5. Attestazione di idoneità
tecnica
6. Piano di emergenza
X
7. Registro antincendio
8. Formazione antincendio
X
X
X
9. Addestramento (prove di
evacuazione)
X
X
X
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DOCUMENTAZIONE ANTINCENDIO
1. Certificato di Prevenzione Incendi (CPI)
2. Rinnovo Certificato di Prevenzione Incendi (CPI)
3. Valutazione rischio incendio
4. Nomina squadra di emergenza (Formazione della squadra di emergenza)
5. Piano di emergenza
6. Registro antincendio
7. Formazione antincendio
8. Addestramento (prove di evacuazione)
1. Certificato di prevenzione incendi (C.P.I.) ( Art.16 D. Lgs. 8/3/2006 n. 139, Artt .3-4 D.P.R. 151
agosto 2011, Art.2 e 3 D.M. 10 marzo 1998 n. 37)
I titolari delle attività soggette alla richiesta di Certificato Prevenzione Incendi devono, se trattasi
di nuova attività, attivare la procedura prevista per il rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi
(C.P.I.). Il Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I.) è un benestare, rilasciato dal Comando
provinciale dei Vigili del fuoco, che attesta l'adeguatezza delle misure e dei provvedimenti adottati
per la sicurezza antincendio, costituendo, ai soli fini antincendio, il nulla osta all'esercizio
dell'attività. Il rilascio del certificato di prevenzione incendi è subordinata alla richiesta al Comando
provinciale dei Vigili del fuoco della visita sopralluogo che accerti l'effettiva adozione delle misure
di sicurezza previste nel progetto approvato e l'adempimento delle eventuali prescrizioni
aggiuntive formulate dallo stesso Comando all'atto del rilascio del parere di conformità.
Nel certificato sono indicati, tra l'altro, i divieti, le limitazioni e le condizioni di esercizio da
osservare ai fini della sicurezza, nonché i dispositivi, gli impianti e le attrezzature antincendio che
devono essere presenti e perfettamente funzionanti. Qualora venga riscontrata la mancanza dei
requisiti di sicurezza richiesti, il Comando ne dà immediata comunicazione all'interessato e alle
Autorità competenti (Sindaco, Prefetto, ecc.) ai fini dell'adozione dei relativi provvedimenti.
2.Rinnovo del certificato di prevenzione incendi (Art. 5 D.P.R. 151 agosto 2011, Art. 4 D.P.R.12
gennaio 1998, Art.4 D.M. 10 marzo 1998)
Tutti i Certificati di Prevenzione Incendi (CPI) sono soggetti a rinnovo quinquennale, ad eccezione
delle attività di cui ai numeri 6, 7, 8, 64, 71, 72 e 77 dell’elenco di cui Allegato I del D.P.R. n.
151/11, per le quali il Certificato di Prevenzione Incendi (CPI) ha durata pari a 10 anni. In ogni caso
il rinnovo avviene mediante dichiarazione di “situazione non mutata”, in modo del tutto analogo a
quanto già previsto dal D.P.R. n. 37 del 12/01/1998.
In particolare Il certificato di prevenzione incendi rilasciato dal al Comando provinciale dei Vigili
del fuoco ha validità fino alla data di scadenza indicata sullo stesso: quest'ultima è fissata in base
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alla periodicità dei controlli stabilita nel decreto del D.M. 16 febbraio 1982 che, a sua volta,
dipende fondamentalmente dalla rilevanza del rischio connessa alle attività (che emerge dalla
Valutazione del Rischio punto 3.) e alla maggiore o minore frequenza di modifiche delle situazioni
ambientali, impiantistiche e dei processi produttivi. Due sono gli intervalli di tempo da interporre
fra successivi controlli: il primo di tre ed il secondo di sei anni. Indipendentemente dalla data di
scadenza, ogni modifica delle strutture o degli impianti ovvero delle condizioni di esercizio delle
attività, che comporti una alterazione delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio
(ampliamenti, modifiche al sistema di vie di esodo, variazioni significative del carico di incendio,
trasformazione dei processi lavorativi, incremento dell'affollamento, ecc.), obbliga l'interessato a
darne tempestiva comunicazione al Comando provinciale dei Vigili del fuoco e ad avviare gli
adempimenti previsti per il rilascio di un nuovo certificato di prevenzione incendi che tenga conto
della mutata situazione dei luoghi. Ciò premesso il Comando provvede senza l'obbligo di effettuare
il sopralluogo di verifica, sulla base unicamente di atti documentali prodotti dall'interessato in
allegato alla domanda di rinnovo del certificato. Questa deve essere redatta secondo il modello, e
va presentata al Comando provinciale dei Vigili del fuoco competente per territorio in tempo utile
e comunque prima della scadenza del certificato, completa dei seguenti allegati:
1. copia del certificato di prevenzioni incendi in scadenza;
2. dichiarazione a firma del responsabile dell'attività, redatta secondo il modello e resa,
secondo le forme di legge, come atto notorio o dichiarazione sostitutiva dell'atto di
notorietà;
3. perizia giurata modello attestante l'efficienza dei dispositivi, dei sistemi e degli impianti
finalizzati alla protezione attiva antincendi, con esclusione degli estintori portatili e
carrellati, resa da professionista abilitato ed iscritto negli elenchi del Ministero dell'Interno,
ai sensi della legge 7 dicembre 1984, n. 818;
4. attestato del versamento a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
Il Comando, verificata la documentazione prodotta, provvede a rilasciare il certificato rinnovato.
Nulla esclude, comunque, che i Comandi possano dare luogo all'accertamento della sussistenza
delle condizioni di sicurezza antincendio, a suo tempo verificata, mediante sopralluoghi presso le
attività interessate, sia prima che dopo il rilascio del C.P.I
3) Valutazione rischio incendio (art. 46 D.Lgs. 81/2008 - D.M. 10.03.1998 - D.M. 16.02.2007 D.M. 09.03.2007)
L’obiettivo della valutazione dei rischi di incendio è di consentire al datore di lavoro di prendere i
provvedimenti che sono effettivamente necessari per salvaguardare la sicurezza dei lavoratori e
delle altre persone presenti nel luogo di lavoro.
In esito alla valutazione del rischio il datore di lavoro classifica il livello di rischio incendio del luogo
di lavoro, o di singole parti del medesimo, in una delle seguenti categorie:
a) livello di rischio elevato,
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b) livello di rischio medio,
c) livello di rischio basso.
La valutazione del rischio di incendio deve tener conto del
- tipo di attività,
- materiali immagazzinati e manipolati,
- attrezzature presenti nel luogo di lavoro, compreso gli arredi,
- caratteristiche costruttive del luogo di lavoro, compresi i materiali di rivestimento,
- dimensioni ed articolazione del luogo di lavoro,
- numero di persone presenti, siano esse lavoratori dipendenti che altre persone, e della loro
prontezza ad allontanarsi in caso di incendio.
La valutazione dei rischi di incendio si articola nelle seguenti fasi (All. I D.M. 10.03.1998 - punto
1.4):
a) individuazione di ogni pericolo di incendio (es. sostanze facilmente combustibili e
infiammabili, sorgenti di innesco, situazioni che possono determinare la facile propagazione
dell’incendio);
b) individuazione dei lavoratori e di altre persone presenti nel luogo di lavoro esposte a rischi di
incendio;
c) eliminazione o riduzione dei pericoli di incendio;
d) valutazione del rischio residuo di incendio;
e) verifica della adeguatezza delle misure di sicurezza esistenti ovvero individuazione di
eventuali ulteriori provvedimenti e misure necessarie ad eliminare o ridurre i rischi residui di
incendio.
Il Documento di Valutazione dei Rischi deve avere data certa e contenere:
•
relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività
lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
•
indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di
protezione individuali adottati,
•
il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei
livelli di sicurezza;
•
l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei
ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere
assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri ;
•
l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico
competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;
•
l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici
che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata
formazione e addestramento
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4. Nomina squadra di emergenza ( D.M. 10 marzo 1998)
l datore di lavoro deve nominare la squadra di emergenza. Gli addetti della squadra devono
seguire idoneo corso di formazione della durata di 4, 8, 16 ore in funzione del livello di rischio
incendio (basso, medio, elevato).
I lavoratori non possono rifiutare la designazione se non per giustificato motivo che dovrà essere
notificato per iscritto e che i lavoratori designati dovranno seguire apposito corso di formazione
così come previsto dal D.M. 10/03/98
5. Piano di Emergenza (Art. 46 D.Lgs. 9 aprile 2008 n.81, Allegato VIII D.M. 10 marzo 1998)
Scopo del Piano di Emergenza quello di: informare i lavoratori sul comportamento da adottare in
caso di emergenza; affrontare l’emergenza immediatamente per contenerne gli effetti e riportare
rapidamente la situazione in condizioni di normale esercizio; pianificare le azioni necessarie per
proteggere sia il personale ed i collaboratori, addetti delle ditte appaltatrici e gli eventuali
visitatori.
Formano parte integrante del Piano le planimetrie degli edifici esposte lungo i corridoi, indicanti:
le vie di fuga in caso di evacuazione
le uscite di sicurezza
i punti di raccolta
i presidi antincendio (estintori, idranti)
il pulsante di sgancio generale dell’ impianto elettrico
le valvole di intercettazione combustibile dell'impianto termico
i pacchetti di medicazione
Il Piano di Emergenza deve contenere:
•
Classificazione delle emergenze
•
Addetti al primo intervento
•
Aggiornamento e revisione del Piano
Il Piano di Emergenza verrà aggiornato ogni qualvolta necessario per:
variazioni avvenute negli edifici sia per quanto attiene agli edifici stessi ed agli
impianti, sia per quanto riguarda le modifiche nell’ attività svolta nuove
informazioni che si rendono disponibili
variazioni nella realtà organizzativa che possano avere conseguenze per quanto
riguarda la sicurezza
esperienza acquisita
mutate esigenze della sicurezza e dello sviluppo della tecnica e dei servizi
disponibili.
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6.Registro antincendio (DM 10/03/98 art.4 e All.VI, e Art.6 comma2 D.P.R. 151 agosto 2011)
I sistemi, i dispositivi, le attrezzature e gli impianti antincendio necessitano di una corretta
gestione e manutenzione.
Su tale registro vanno annotate le verifiche, i controlli e le operazioni di manutenzione su sistemi,
attrezzature ed impianti antincendio, nonché l’attività di informazione e formazione antincendio
dei lavoratori
L’attività di controllo, verifica e manutenzione riguarda:
•
estintori
•
idranti
•
porte REI
•
uscite di sicurezza
•
luci di emergenza
•
pulsanti di sgancio corrente elettrica
•
pulsanti di allarme
•
valvole di intercettazione gas infiammabili e/o esplosivi
•
rilevatori di incendio e/o gas e dispositivi di spegnimento automatico dell’incendio
•
evacuatori di fumo e calore
•
DPI antincendio e dispositivi di primo soccorso
7. Formazione antincendio (Allegato VII e IX D.M. 10 marzo 1998, art. 43 D.Lgs. 81/2008)
Associato all’obbligo della elaborazione del piano di emergenza vi è pure l’obbligo del datore di
lavoro di fornire ai lavoratori una adeguata "informazione e formazione" del personale" sui
principi di base della prevenzione incendi e sulle azioni da attuare in presenza di un incendio.
In particolare ogni lavoratore deve ricevere adeguata informazione su:
a) rischi di incendio legati all’attività svolta;
b) rischi di incendio legati alle specifiche mansioni svolte;
c) misure di prevenzione e di protezione incendi adottate nel luogo di lavoro con particolare
riferimento a:
•
osservanza delle misure di prevenzione degli incendi e relativo corretto comportamento
negli ambienti di lavoro;
•
divieto di utilizzo degli ascensori per l’evacuazione in caso di incendio;
•
importanza di tenere chiuse le porte resistenti al fuoco;
• modalità di apertura delle porte delle uscite;
d) ubicazione delle vie di uscita;
e) procedure da adottare in caso di incendio, ed in particolare:
•
azioni da attuare in caso di incendio;
•
azionamento dell’allarme;
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•
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procedure da attuare all’attivazione dell’allarme e di evacuazione fino al posto di
raccolta in luogo sicuro;
• modalità di chiamata dei vigili del fuoco.
f) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di prevenzione incendi, lotta
antincendio e gestione delle emergenze e pronto soccorso;
g) il nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’azienda.
Inoltre, ai fini della corretta gestione dell’emergenza; per tutti i lavoratori che svolgono incarichi
relativi alla prevenzione incendi, lotta antincendio, o gestione delle emergenze, deve essere
garantita una specifica formazione i cui contenuti minimi sono riportati all’allegato IX.
La durata dei corsi varia da 4 a 16 ore in funzione della classificazione del livello di rischio di
incendio che contraddistingue l’attività; il contenuto minimo dei corsi di formazione per gli addetti
alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze deve essere compatibile
con quanto indicato all’Allegato IX del decreto.
8.Addestramento - Prove di evacuazione - (Allegato VII e art. 5 D.M. 10 marzo 1998)
Nei luoghi di lavoro ove, ricorre l'obbligo della redazione del piano di emergenza connesso con la
valutazione dei rischi, i lavoratori devono partecipare ad esercitazioni antincendio, effettuate
almeno una volta l'anno, per mettere in pratica le procedure di esodo e di primo intervento.
Nei luoghi di lavoro di piccole dimensioni, tale esercitazione deve semplicemente coinvolgere il
personale nell'attuare quanto segue:
•
percorrere le vie di uscita,
•
identificare le porte resistenti al fuoco, ove esistenti,
•
identificare la posizione dei dispositivi di allarme,
• identificare l’ubicazione delle attrezzature di spegnimento. .
I lavoratori devono partecipare all'esercitazione e qualora ritenuto opportuno, anche il pubblico.
Tali esercitazioni non devono essere svolte quando siano presenti notevoli affollamenti o persone
anziane od inferme.
Una successiva esercitazione deve essere messa in atto non appena:
- una esercitazione abbia rivelato serie carenze e dopo che sono stati presi i necessari
provvedimenti;
- si sia verificato un incremento del numero dei lavoratori;
- siano stati effettuati lavori che abbiano comportato modifiche alle vie di esodo.
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ALLEGATO
Circolare n.12653 del 23 Febbraio 2011
Obbligatorietà dell'aggiornamento formativo per addetti
alla prevenzione incendi, lotta
antincendio e gestione delle emergenze.
Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile
Oggetto: Formazione addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze (D.Lgs.
81/2008). Corsi di aggiornamento.
Com'è noto il D.lgs. 81/2008 ha previsto l'obbligatorietà dell'aggiornamento periodico per i corsi in qualità di
addetto antincendio e gestione delle emergenze.
Poiché sempre più numerose sono le richieste di attivazione dei medesimi corsi, sia da parte degli Enti esterni
che dal territorio, la scrivente Direzione, acquisito il parere della Direzione Centrale Prevenzione e Sicurezza
Tecnica per quanto di competenza, trasmette in allegato il programma, i contenuti e la durata dei predetti
corsi distinti per tipologia di rischio ai fini di un uniforme applicazione dell'attività formativa sull'intero
territorio nazionale.
IL DIRETTORE CENTRALE
AGRESTA
CORSO A: AGGIORNAMENTO ADDETTO ANTINCENDIO IN ATTIVITÀ A RISCHIO D'INCENDIO BASSO
(DURATA 2 ORE)
ARGOMENTO
DURATA
1) ESERCITAZIONI PRATICHE
- Presa visione del registro della sicurezza antincendi e chiarimenti
sugli estintori portatili;
- istruzioni sull'uso degli estintori portatili effettuata o avvalendosi di
sussidi audiovisivi o tramite dimostrazione pratica
2 ore
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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CORSO B AGGIORNAMENTO ADDETTO ANTINCENDIO IN ATTIVITÀ A RISCHIO D'INCENDIO MEDIO
(DURATA 5 ORE)
ARGOMENTO
DURATA
1) L'INCENDIO E LA PREVENZIONE
- Principi della combustione;
- prodotti della combustione;
- sostanze estinguenti in relazione al tipo di incendio;
- effetti dell'incendio sull'uomo;
- divieti e limitazioni di esercizio;
- misure comportamentali.
1 ora
2) PROTEZIONE ANTINCENDIO E PROCEDURE DA ADOTTARE IN
CASO D'INCENDIO
- Principali misure di protezione antincendio;
- evacuazione in caso di incendio;
- chiamata dei soccorsi.
1 ora
3) ESERCITAZIONI PRATICHE
- Presa visione del registro della sicurezza antincendio e chiarimenti
sugli estintori portatili;
- esercitazioni sull'uso degli estintori portatili e modalità di utilizzo di
naspi ed idranti.
3 ore
CORSO C AGGIORNAMENTO ADDETTO ANTINCENDIO IN ATTIVITÀ A RISCHIO D'INCENDIO ELEVATO
(DURATA 8 ORE)
ARGOMENTO
DURATA
1 ) L'INCENDIO E LA PREVENZIONE INCENDI
- Principi sulla combustione e l'incendio;
- le sostanze estinguenti;
- triangolo della combustione;
- le principali cause di un incendio;
- rischi alle persone in caso di incendio;
2 ore
Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO
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- principali accorgimenti e misure per prevenire gli incendi.
2) PROTEZIONE ANTINCENDIO E PROCEDURE DA ADOTTARE IN
CASO D'INCENDIO
- Le principali misure di protezione contro gli incendi;
- vie di esodo;
- procedure da adottare quando si scopre un incendio o in caso di
allarme;
- procedure per l'evacuazione;
- rapporti con i Vigili del Fuoco;
- attrezzature ed impianti di estinzione;
- sistemi di allarme;
- segnaletica di sicurezza;
- illuminazione di emergenza.
3) ESERCITAZIONI PRATICHE
- Presa visione del registro della sicurezza antincendi e chiarimenti sui
mezzi di estinzione più diffusi;
- presa visione e chiarimenti sulle attrezzature di protezione
individuale;
- esercitazione sull'uso degli estintori portatili e modalità di utilizzo di
naspi ed idranti.
3 ore
Scarica