pag.1/80 Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO ANALISI AMBIENTALE INIZIALE della CONCERIA TIPO Gennaio 2013 Rev.5 AAI Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.2/80 Sommario 1 INTRODUZIONE _____________________________________________________________ 4 2 SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE _____________________________________________ 5 3 RIFERIMENTI NORMATIVI _____________________________________________________ 5 4 LA METODOLOGIA SEGUITA __________________________________________________ 29 5 DATI GENERALI DELL'ORGANIZZAZIONE E SUE ATTIVITÀ ___________________________ 29 5.1 6 FASI DEL CICLO DI LAVORAZIONE DELLE PELLI _______________________________________ 29 5.1.1 RICEVIMENTO PELLI _______________________________________________________30 5.1.2 FASE DI RIVIERA __________________________________________________________30 5.1.3 FASE DI CONCIA __________________________________________________________31 5.1.4 RIFINIZIONE _____________________________________________________________33 CARATTERIZZAZIONE DEGLI ASPETTI AMBIENTALI ________________________________ 34 6.2 DATI GENERALI _______________________________________________________________ 34 6.1 DESCRIZIONE DEL PROCESSO PRODUTTIVO _________________________________________ 35 6.1.1 RICEVIMENTO/MAGAZZINO PELLI ____________________________________________35 6.1.2 RINVERDIMENTO _________________________________________________________36 6.1.3 DEPILAZIONE E CALCINAZIONE_______________________________________________37 6.1.4 SCARNATURA ____________________________________________________________38 6.1.5 SPACCATURA ____________________________________________________________38 6.1.6 DECALCINAZIONE MACERAZIONE ____________________________________________39 6.1.7 SGRASSAGGIO ___________________________________________________________40 6.1.8 PICLAGGIO ______________________________________________________________41 6.1.9 CONCIA _________________________________________________________________41 6.1.10 PRESSATURA, MESSA A VENTO, SPACCATURA E RASATURA ________________________44 6.1.11 NEUTRALIZZAZIONE E RICONCIA _____________________________________________45 6.1.12 TINTURA ________________________________________________________________46 6.1.13 INGRASSO _______________________________________________________________47 6.1.14 ESSICCAZIONE - ASCIUGAGGIO ______________________________________________47 6.1.15 FASI DI PRERIFINIZIONE: UMIDIFICAZIONE – PALISSONATURA – INCHIODAGGIO RULLATURA - SMERIGLIATURA - RAFFINATURA – SPAZZOLATURA – SPACCATURA LUCIDATURA - BOTTALATURA A SECCO ________________________________________48 6.1.16 RIFILATURA - SELEZIONE____________________________________________________49 6.1.17 RIFINIZIONE _____________________________________________________________50 Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.3/80 6.1.18 STIRATURA – SATINATURA E METALLIZZAZIONE _________________________________51 6.1.19 STAMPATURA ____________________________________________________________51 6.1.20 MISURAZIONE - SPEDIZIONE PELLI ____________________________________________51 6.2 SOSTANZE CHIMICHE – PERICOLOSE ______________________________________________ 52 6.3 ACQUE ______________________________________________________________________ 54 6.4 RIFIUTI ______________________________________________________________________ 58 6.5 EMISSIONI IN ATMOSFERA ______________________________________________________ 62 6.5 ASPETTI AMBIENTALI INDIRETTI __________________________________________________ 63 Allegato 1 – PREVENZIONE INCENDI ____________________________________________________ 64 Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO 1 pag.4/80 INTRODUZIONE La lavorazione della pelle è rappresentata in Italia da oltre 2.300 unità produttive, concentrate soprattutto in tre principali "distretti conciari", quali quello vicentino di Chiampo e Arzignano, quello di S. Croce all'Arno (PI) e di Solofra (AV). Ogni distretto risulta contraddistinto da una specializzazione produttiva riferibile alla tipologia di pelli lavorate ed alla destinazione del prodotto finito. La produzione nazionale si è attestata negli anni scorsi intorno a valori pari al 60% dell'intera produzione europea ed al 16% del prodotto mondiale. Oltre il 50% del fatturato è destinato all'esportazione, soprattutto verso l'Estremo Oriente, la Germania, gli Stati Uniti e la Francia. Il settore conciario è percepito come uno dei settori a maggiore impatto ambientale; tale percezione è in parte vera in quanto la lavorazione della pelle necessita di un consumo idrico molto elevato e dell'impiego di numerose sostanze chimiche, che possono essere immesse, indiscriminatamente, nell'ambiente circostante. Il fenomeno è accentuato dal fatto che le industrie conciarie sono presenti in distretti specializzati: l'alta concentrazione di imprese in zone delimitate determina così una forte pressione sull'ambiente, avvertita in modo significativo dalla popolazione locale, che in prima persona vive i problemi dell'inquinamento da conceria. Il presente documento costituisce “Rapporto di Analisi Ambientale Iniziale” di una CONCERIA TIPO per l’implementazione di un Sistema di Gestione Ambientale (SGA) conforme al Regolamento EMAS CE n.1221/2009. Questo documento è stato redatto dopo aver inquadrato le principali tematiche ambientali legate al processo produttivo delle concerie. Tutto ciò è stato possibile dopo aver visitato a campione alcune concerie del Distretto Industriale di Solofra ed aver incontrato le Pubbliche Amministrazioni interessate dell’area oggetto di approfondimento. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO 2 pag.5/80 SCOPO E CAMPO DI APPLICAZIONE L’Analisi Ambientale Iniziale (AAI), costituisce un elemento fondamentale nell’organizzazione e nell’implementazione di un Sistema di Gestione Ambientale conforme al Regolamento EMAS. La AAI è una diagnosi sistematica, nella quale si studiano in profondità tutte le relazioni che intercorrono tra le attività dell’organizzazione presa in considerazione e la realtà ambientale e territoriale che la circonda, in funzione dei vincoli più generali cui è sottoposta, del quadro legislativo, socioeconomico e di mercato. Nello specifico di questo documento si va ad effettuare l’Analisi Ambientale Iniziale di una “CONCERIA TIPO” del Distretto Industriale di Solofra, affinché una conceria che voglia intraprendere il cammino di registrazione secondo EMAS possegga un utile supporto che le permetta di giungere ad una valutazione complessiva delle problematiche ambientali connesse con le proprie attività. Tale valutazione costituisce il punto di partenza per l’individuazione degli obiettivi e delle procedure che l’azienda dovrà adottare. Inoltre l’Analisi Ambientale Iniziale di una “CONCERIA TIPO” ha lo scopo di individuare gli aspetti e gli impatti ambientali significativi legati a tale tipologia di attività. L’analisi iniziale si compone delle seguenti azioni: • individuazione della legislazione ambientale applicabile alle attività che si svolgono nella CONCERIA TIPO per la verifica delle conformità rispetto a prescrizioni e autorizzazioni; • individuazione degli impatti più significativi su cui concentrare i propri obiettivi di miglioramento delle prestazioni; • stima dell’entità degli aspetti e degli impatti ambientali sul territorio. L’Analisi Ambientale Iniziale comprende anche l’esame di tutte le procedure e le prassi già esistenti nelle CONCERIE in campo. L’AAI della CONCERIA TIPO è stata predisposta sulla base dei dati rilevati presso il campione di aziende analizzate e farà da riferimento alle specificità del territorio del Distretto Industriale di Solofra comprendente i Comuni di Solofra, Serino, Montoro Superiore e Montoro Inferiore. 3 RIFERIMENTI NORMATIVI Il Regolamento EMAS prevede che le organizzazioni debbano poter dimostrare di: a) aver identificato e conoscere le implicazioni per l’organizzazione di tutte le pertinenti normative ambientali; b) provvedere al rispetto della normativa ambientale; c) aver predisposto procedure che consentano all’organizzazione di mantenere nel tempo questi requisiti. La normativa di riferimento per una CONCERIA TIPO viene sotto riportata e tale elenco verrà successivamente integrato o semplificato in seguito all’emanazione di nuove norme o allorquando l’organizzazione attuerà nuove fasi che agiscono su altri aspetti ambientali. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.6/80 OGGETTO DELLA NORMATIVA SIGLA/NUMERO TITOLO NORMATIVA TIPO DI NORMAT IVA ADEMPIMENTI Qualità UNI EN ISO 9001 Sistemi di gestione per la qualità Requisiti. Norma Internazi onale Documentazione, registrazioni, audit, riesame, miglioramento Qualità UNI EN ISO 9000 Sistemi di gestione per la qualità Fondamenti e terminologia. Norma Internazi onale Qualità UNI EN ISO 9004-2000 Sistemi di gestione per la qualità Linee guida per il miglioramento delle prestazioni. Norma Internazi onale Qualità UNI EN ISO 19011 Linea guida per gli audit dei sistemi di gestione per la qualità e ambientali. Norma Internazi onale Qualità UNI EN 30012 Parte 1ª Sistema di conferma metrologica di apparecchi di misurazione. Norma Internazi onale Qualità/ sett. pelli UNI 11239 Denominazione di origine italiana dei cuoi e delle pelli Nazionale Qualità/ sett. pelli Marchio Vera pelle/Vero cuoio Regolamento UNIC Sicurezza Dati Personali e Privacy L. 196/2003 Codice in materia di protezione dati personali Identificazione articoli, tracciabilità Regole per l’uso del marchio Nazionale - Formazione del personale - DPS (Documento programmatico della privacy) -Revisione annuale del DPS entro il 30 aprile Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.7/80 Ambiente UNI EN ISO 14001-2004 Sistemi di Gestione Ambientale Requisiti e guida per l’uso. Norma Internazi onale Ambiente UNI EN ISO 14004 Sistemi di Gestione Ambientale Linee guida generali sui principi, sistemi e tecniche di supporto. Norma Internazi onale Ambiente Regolamento CE 761/01 Regolamento sull’adesione volontaria delle organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS) Europea Settore Pelli Made in Italy Regolamento ICEC Settore Pelli Codice di condotta Regolamento UNIC Risorse idriche R.D. 11 Dicembre 1933, n° 1775 Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici ex art. 6 e s.m. (vigenti artt. 1, 216, 217) Nazionale Risorse idriche L. 24/12/ 1979 n°650 Integrazioni e modifiche delle leggi 16 aprile 1973, n° 171 e 10 maggio 1976, n° 319 in materia di tutela delle acque dall’inquinamento Nazionale Documentazione, audit, riesame, registrazioni Documentazione, audit, registrazioni, dichiarazione ambientale Regole per l’uso del marchio Denuncia quantitativi di acqua prelevati (al di fuori dei pubblici servizi) alla Provincia con cadenza almeno annuale Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.8/80 Risorse idriche L. 54/80 Delega e sub delega di funzioni regionali ai Comuni, alle Comunità Montane e alle Province e disciplina di provvedimenti legislativi ed amministrativi regionali concernenti le funzioni delegate e sub delegate (art. 25) Regionale Risorse idriche L. 16/82 Indirizzi programmatici e direttive fondamentali per l' esercizio delle funzioni delegate e sub - delegate agli Enti locali in materia di acque e acquedotti, ai sensi dell' art. 1 – I comma - della legge regionale 1º settembre 1981, n° 65 Regionale Risorse idriche D. L.vo del Governo n° 275 del 12/07/1993 Riordino in materia di concessione di acque pubbliche Nazionale Risorse idriche L. del 05/01/1994 n° 36 Disposizioni in materia di risorse idriche. Nazionale Risorse idriche DPCM del 04/03/1996 Disposizioni in materia di risorse idriche. Nazionale Abrogazione parziale dell'articolo 154 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata Nazionale Risorse idriche D.P.R. n. 116 del 18/07/2011 Approvvigionamento idrico di competenza provinciale -Denunce pozzi -Richiesta di concessione per approvvigionamento da acque pubbliche superficiali -Richiesta di concessione utilizzazione pozzi modifica criterio di fissazione della tariffa del servizio idrico integrato Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.9/80 remunerazione del capitale investito. Nazionale - standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque - specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque. D.Lgs. n. 219 del 10/12/2010 Attuazione della direttiva 2008/105/CE standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque, recante abrogazione delle direttive 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/491/CEE, 86/280/CEE,modifica della direttiva 2000/60/CE e recepimento della direttiva 2009/90/CE che stabilisce, specifiche tecniche per l'analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque. Nazionale Regolamento in materia di servizi pubblici locali D.P.R. n. 168 del 7/09/2010 (G. U n. 239 del 12.10.2010) Regolamento in materia di servizi pubblici locali di rilevanza economica, a norma dell'articolo 23-bis, comma 10, del DecretoLegge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla Legge 6 agosto 2008, n.133. Regolamento per la disciplina delle procedure relative a concessioni per piccole derivazioni, attingimenti e l'uso Regionale Delibera di Giunta Regionale n. 184 del 12/04/2012 (BURC n. 36 del 11/06/2012) Regolamento in materia di autorizzazione a ricerca d’acqua, sia per finalità produttive che per uso domestico, nonché di tutte le derivazioni, per le quali viene fatta richiesta di sanatoria, per concessione o per denuncia pozzo, anche domestico, Risorse idriche Risorse idriche Risorse idriche Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.10/80 inoltrate in data successiva alla pubblicazione sul Burc della stessa delibera, a far data dal 11 giugno 2012. domestico di acque pubbliche” Risorse idriche Ordinanza commissariale per Emergenza Sarno n° 51 del 14/10/2003 Disposizioni in materia di effluenti liquidi Regionale Scarico Acque Legge 25/02/2010 n° 36 Disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue Nazionale Sanzioni scarichi di acque reflue industriali Scarico Acque D. L.vo n° 152 del 03/04/2006 e successive modifiche Norme in materia ambientale Nazionale -Autorizzazione allo scarico (quadriennale, da rinnovare al terzo anno) -limiti nelle concentrazioni degli inquinanti -Scarichi accessibili per il campionamento da parte dell'autorità competente -risparmio idrico e riutilizzo delle acque Scarico Acque Ordinanza commissariale per Emergenza Sarno n° 166 del 22/06/04 Disposizioni in materia di effluenti liquidi di rifinizione Regionale Non accettabilità delle acque di spruzzo nel totale dei reflui industriali e segregazione degli stessi Scarico Acque Comunicazione del Commissario Delegato ex OPCM del 3270/2003 del 23/06/06 Disposizioni in materia di effluenti liquidi Regionale Adeguamento a limiti più restrittivi della tabella 3 del D. Lgs. 152/99 Scarico Acque Ordinanza Presidente Consiglio dei Ministri n. 3494 del 11/02/06 Subentro del SOGGETTO ATTUATORE nella gestione unitaria del sistema depurativo del comprensorio Alto Sarno Regionale - Gestore impianti di depurazione - Controllo qualità degli scarichi - Campionatore automatico dei reflui - Misuratore di portata - Monitoraggio in continuo e registrazione dei dati Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.11/80 Scarico Acque Regolamento di fognatura e depurazione ai sensi dell’art 7 OPCM del 3270/2003 Regolamento CONVENZIONE tra i Comuni di Solofra e Mercato S. Severino Consortil e - Autorizzazione - Disposizioni generali - Norme concernenti l’allacciamento - Esercizio degli allacciamenti privati - Utenze industriali - Norme particolari relative alla fognatura industriale ed all’impianto di depurazione e relativi limiti di accettabilità - Tariffe - Disposizioni varie Scarico Acque Regolamento Tariffario per gli scarichi industriali e assimilati ai domestici CONVENZIONE tra i Comuni di Solofra e Mercato S. Severino Consortil e Tariffe Scarico Acque L.R. n°4/2011 art.1 comma 250 Legge finanziaria della Regione Campania Regionale Individua nel Comune l’ autorità competente al rilascio delle autorizzazioni allo scarico in corpo idrico e su suolo . Scarico Acque Delibera di Giunta Regionale n. 92 del 13/03/2012 (BURC n. 38 del 18/06/2012) “Regolamento relativo ai criteri di assimilazione alle acque reflue domestiche” Regionale Regolamento in materia di assimilazione per i soli scarichi civili. Scarico Acque Regolamento comunale autorizzazione scarico acque reflue Disciplina le procedure da seguire per il rilascio delle autorizzazioni allo scarico in corpo idrico superficiale e sul suolo di competenza del Comune Comunal e Trattamento acque di prima pioggia Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.12/80 Gestione Rifiuti D. L.vo n° 152 del 03/04/2006 e successive modifiche Norme in materia ambientale Nazionale Parte Quarta: -Codifica dei rifiuti -Divieto di miscelazione -Divieto di abbandono dei rifiuti -Deposito temporaneo: rispetto limiti quantitativi (10 mc e 20 mc) e temporali ( 3 mesi) -Registro di carico e scarico vidimato - Registrazione entro 10 gg -Formulario per il trasporto: 10 gg per la registrazione - Corretta gestione degli imballaggi -Obbligo di conservazione documenti gestione rifiuti presso l’azienda Gestione dei rifiuti DM Ambiente 3 agosto 2005 Criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica Nazionale Criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica Gestione dei rifiuti DM Ambiente N°7 11.1.2013 Siti bonifica che non soddisfano requisiti dlgs 152/2006 Gestione Rifiuti Dl 25 gennaio 2012, n. 2 Misure urgenti in materia ambientale - Materiali da riporto Sacchetti biodegradabili Emergenza Regione Campania Elenco dei siti di bonifica attualmente classificati di interesse nazionale che non soddisfano i requisiti di cui all’ art.252, comma 2, del D.Legislativo 3 aprile 2006, n.152 come modificato dall’ articolo 36-bis della legge 7 agosto 2012, n.134 Regionale - Disposizioni in materia di commercializzazione di sacchi per asporto merci nel rispetto dell'ambiente - Disposizioni in riferimento ai materiali di riporto Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO Sversamenti e Bonifica Emissione in atmosfera Decreto ministeriale del 17 dicembre 2009 D. L.vo. 31/3/2011, n. 55 Emissione in atmosfera D.Lgs. 14.9.2011 n.162 pag.13/80 Norme in materia ambientale Nazionale -Adottare misure di prevenzione e comunicazione al Comune, Provincia, Regione e Prefetto ( ex art. 304, comma 2) per eventi potenzialmente in grado di contaminare il sito -Indagine Preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento -Al verificarsi del superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) anche per un solo parametro notizia al Comune ed alla Provincia competenti del Piano di Caratterizzazione. Attuazione della direttiva 2009/30/CE, che modifica la direttiva 98/70/CE, per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio, nonché l'introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra, modifica la direttiva 1999/32/CE per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE. Nazionale Specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio, nonché l'introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra Attuazione della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico del biossido di carbonio, modifica delle Nazionale stoccaggio e gestione del biossido di carbonio Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.14/80 direttive 85/337/CEE, 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE, 2008/1/CE e del Reg. (CE) n. 1013/2006. Emissione in atmosfera D. L.vo n° 152 del 03/04/2006 e successive modifiche ( da ultimo D.Lgs. n. 128 del 29.6.2010) Norme in materia ambientale Nazionale Parte Quinta: -Autorizzazione alle emissioni (per ottenere la autorizzazione definitiva presentare richiesta tra il 1/01/2015 e il 31/12/2018, per nuove autorizzazioni presentare richiesta) -Analisi periodiche (secondo la frequenza stabilita nell’autorizzazione) -notifica della messa in esercizio -attività soggette ad autorizzazione generale Emissione in atmosfera D. L.vo n° 152 del 03/04/2006 e successive modifiche art. 275 ( da ultimo D.Lgs. n. 128 del 29.6.2010) DM 44/2004 Norme in materia ambientale Nazionale Emissioni di COV: devono essere rispettati i valori limite per le emissioni dirette e diffuse di cui alle parti IIIe IV dell’All. III alla parte V - installare misuratori in continuo per i punti di emissione con flusso di massa > 10 kg/h di COV; - E’ necessario effettuare i controlli previsti, predisporre un piano di gestione dei solventi annuale. Emissione in atmosfera D. D. 23 aprile 2012, n. 166 Autorizzazione di carattere generale per l’esercizio di impianti ed attività in deroga Regionale Autorizzazione di carattere generale relativa agli impianti e attività in deroga di cui all’art. 272 comma 2 del decreto legislativo 152/2006 e sue s.m.i.; Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.15/80 Prevenzione Rischio biologico Regolamento CEE 1774/2002 Regolamento recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano Europea Nessuno, in quanto nel ciclo di lavorazione si utilizzano pelli a partire dallo stato wet-blue Prevenzione Rischio biologico Dlgs n° 36 del 21/02/05 Disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CE) n. 1774/2002, e successive modificazioni, relativo alle norme sanitarie per i sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano Nazionale Disposizioni sanzionatorie Industrie insalubri RD 27/07/34 n° 1265 DM 5/09/1994 -Testo unico delle leggi sanitarie -Elenco delle industrie insalubri di cui all’art. 216 del testo unico delle leggi sanitarie Nazionale Comunicazione al Sindaco di attività rientrante nelle tipologie di industria insalubre Emissione in atmosfera D.G.R. n° 4102 del 5/08/1992 La Regione Campania ha provveduto, ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 203/88, a fissare i valori di emissione in atmosfera derivanti da impianti sulla base della BAT Regionale -Valori limite di emissioni per la Regione Campania -Metodi di prelievo ed analisi Emissione in atmosfera Del n° 750 Giunta Regionale Campania Determinazione costi per lo svolgimento, da parte ARPAC, dei controlli al fine rilascio dell’autorizzazione definitiva exdpr 203/88 Regionale Pagamento controllo ARPAC Rumore Interno D. L.vo n° 277 del 15/08/1991 Attuazione delle direttive n° 80/1107/CEE, n° 82/605/CEE, n° Nazionale -Valutazione del rischio rumore -Indagine fonometrica in ambiente interno Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.16/80 83/477/CEE, n° 86/188/CEE e n° 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 legge 30 luglio 1990, n° 212. -Sorveglianza sanitaria -Mezzi protettivi individuali -Inform. e formazione dei lavoratori -Limiti Rumore Interno Rumore Interno D. L.vo 10/4/2006, n° 195 Attuazione della direttiva 2003/10/CE relativa all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore)" Nazionale -Valutazione del rischio rumore -Sorveglianza sanitaria -Mezzi protettivi individuali -Inform. e formazione dei lavoratori Rumore interno D. Lgs. 9/4/2008 n° 81 Titolo VIII Capo II - Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore Nazionale Rispetto dei requisiti per la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione al rumore durante il lavoro Rumore esterno DPCM 01/03/1991 Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno. Nazionale -Indagine fonometrica in ambiente esterno -Limiti Rumore Esterno Rumore esterno L. 26/10/1995, N° 447 Legge quadro sull'inquinamento acustico. Nazionale Concessioni edilizie per impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, provvedimenti comunali di abilitazione all’utilizzo di immobili per attività produttive, licenze o autorizzazioni all’esercizio di attività produttive Rumore esterno DPCM 14/11/1997 Determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore. Nazionale Rumore esterno D.Lgs 4/09/2002 Attuazione della direttiva 2000/14/CE concernente Nazionale Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.17/80 l'emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all'aperto Sostanze pericolose D.Lgs. 3/2/1997 n° 52 e s.m. Attuazione delle Direttive 92/32/CEE concernenti classificazione, imballaggio ed etichettatura delle sostanze pericolose e successive modificazioni Nazionale -Etichettatura ed imballaggio (frasi R e S) Sostanze pericolose D.M. 28/1/1992 e successive modifiche Recepimento della Direttiva 91/155/CE Nazionale -Classificazione e disciplina dell’imballaggio e dell’etichettatura delle sostanze pericolose e dei preparati pericolosi -Schede di sicurezza Sostanze pericolose L. 28/12/1993 n° 549 Misure a tutela dell’ozono stratosferico e dell’ambiente Nazionale L’uso delle sostanze di cui alle tabelle A e B cessa il 31 dicembre 2008 (es. R22) Sostanze pericolose D. L.vo 16/07/1998 n° 285 Imballaggio Classificazione Etichettatura Sostanze Pericolose Nazionale Sostanze pericolose Decreto 11/4/2001 Recepimento della direttiva 200/33/CE recante XXVII adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE, in materia di classificazione, imballaggio ed etichettatura di sostanze pericolose Nazionale Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.18/80 Sostanze pericolose Regolamento Comunitario n° 1907/2006 (REACH) Regolamento concernente la registrazione, la valutazione, l'autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) Europea Classificazione dei prodotti chimici utilizzati e loro uso Nuove schede di sicurezza Sostanze pericolose Dlgs 14 settembre 2009 n° 133 Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n.1907/2006 che stabilisce i principi ed i requisiti per la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche. Nazionale Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n.1907/2006 IPPC D. Lgs. N. 59 del 18/02/2005 Attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento Nazionale All. I, pto 6.3: attività per la concia delle pelli qualora la capacità di trattamento superi le 12 tonnellate al giorno di prodotto finito IPPC DM 26/4/2002 Modifiche al decreto ministeriale 23 novembre 2001 in materia di dati,formato e modalità della comunicazione di cui all'art. 10 del decreto legislativo n° 372 del 1999 Nazionale Comunicare all'APAT i dati, relativi all’anno precedente, delle emissioni in aria ed acqua di sostanze o gruppi di sostanze stabiliti. Utilizzo delle risorse energetiche L. 9/01/1991 n° 10 Norme per l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia Nazionale -Nomina dell’energy manager -Calcolo delle TEP -Consumo di energia -Esercizio e manut. impianti esistenti Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.19/80 Utilizzo delle risorse energetiche D.P.R. n° 412 del 26/08/1993 Regolamento recante norme per la progettazione, l’istallazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia,in attuazione dell’art.4 comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n° 10 Utilizzo delle risorse energetiche DM 17/03/2003 Aggiornamenti agli allegati F e G del Nazionale D.P.R. del 26 Agosto 1993 n° 412, recante norme per la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici, ai fini del contenimento dei consumi di energia. Utilizzo delle risorse energetiche DECRETO 22/1/ 2008 n° 37 Regolamento concernente il riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici. Nazionale Requisiti tecnico professionali Dichiarazioni di Conformità Adempimenti per l’avvio dell’attività Manutenzioni Apparecchiature DPR del 30/04/1999 n° 162 Regolamento recante norme per l’attuazione della direttiva 95/16/CE sugli ascensori e di semplificazione dei procedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi, nonché della relativa licenza di Nazionale Verifica biennale Nazionale -Libretti di impianto e di centrale -Manutenzione e/o verifiche di combustione almeno una volta all‘anno Nuovi libretti di centrale e di impianto Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.20/80 esercizio Manutenzioni Apparecchiature Decreto 26/10/2005 Miglioramento della sicurezza degli impianti di ascensore installati negli edifici civili precedentemente alla data di entrata in vigore della direttiva 95/16/CE Nazionale Requisiti del personale tecnico della verifica periodica prevista dal DPR 162/99 deve essere in possesso dei seguenti requisiti: -Diploma di laurea in ingegneria e iscrizione al relativo albo professionale -Esperienza professionale specifica, acquisita nel settore degli ascensori per almeno due anni -Copertura assicurativa della responsabilità civile derivante dall’attività professionale, con un massimale non inferiore a 2.500.000 € -al libretto dell’impianto va allegato il risultato dell’analisi dei rischi e le prescrizioni impartite; inoltre vanno annotate l’avvenuta esecuzione delle prescrizioni richieste e le operazioni di manutenzione effettuate. Gli interventi di adeguamento eventualmente prescritti vanno realizzati entro: - 6 mesi: se i rischi accertati hanno priorità alta - Da 2 a 4 anni: se la priorità è media - Da 4 a 6 anni: se la priorità è bassa Sostanze pericolose Direttiva 76/769 Ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati Membri relative alle restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso Europea Direttiva di riferimento dalla quale sono derivate la maggior parte delle restrizioni d’uso dei prodotti chimici Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.21/80 di talune sostanze e preparati pericolosi Sostanze pericolose Direttiva 2003/53/CE XXVI modifica della direttiva 76/769/CEE (nonilfenolo, nonilfenolo etossilato, cemento) Europea Nonilfenolo, nonilfenolo etossilato <0.1% nei preparati per il trattamento tessile e di pellame Sostanze pericolose Reg. 2455/92 Esportazioni ed alle importazioni comunitarie di taluni prodotti chimici pericolosi (TRIS) Europea Antifiamma Assente Sostanze pericolose Direttiva 2003/11/CE XXIV modifica della direttiva 76/769/CEE (pentabromodifeniletere, ottabromodifeniletere) Europea Sostanze pericolose DM 17/10/2003 Recepimento delle Direttive 2003/2/CE e 2003/3/CE recanti rispettivamente il X e XII adeguamento al progresso tecnico della direttiva 76/769/CEE (risp. Arsenico e colorante blu) Nazionale Azocoloranti (blue navy) e arsenico assenti Sostanze pericolose D.M. 12/03/2003 Recepimento della Direttiva 2002/61/CE Nazionale Azocoloranti (ammine aromatiche) 30 mg/kg per ciascuna ammina Sostanze pericolose Chemikalien Verbotsverordnung May 2003 Legge sui beni di consumo tedesca Tedesca Assenza del Cromo esavalente Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.22/80 Sostanze pericolose D.M. 17/10/2003 Recepimento della direttiva 2002/45/CE recante la XX modifica della direttiva 76/769 (paraffine clorurate a catena corta) Nazionale Cloroalcani – paraffine clorurate a catena corta Non possono essere immessi in commercio per l’utilizzo come sostanze o come componenti di altre sostanze o preparati in concentrazione superiori all’1% per l’ingrasso del cuoio Sostanze pericolose Direttiva 1999/51/CE Recante V adeguamento al progresso tecnico della direttiva 76/769/CE (stagno, cadmio, pentaclorofenolo) Europea Pentaclorofenolo < 0.1% nelle sostanze e nei preparati Sostanze pericolose D.M. 11/02/2003 Recepimento direttiva 2002/62/CE recante IX adeguamento al progresso tecnico alla direttiva 76/769/CE (composti organostannici) Nazionale Composti organostannici – tributil stagno (TBT) < limite di rilevabilità Sostanze pericolose Direttiva 2005/84/CE XII modifica della Direttiva 76/769/CE (ftalati nei giocattoli e negli articoli di puericultura) Europea Ftalati <0.1% della massa del materiale plastificato nei giocattoli e negli articoli di puericultura Amianto DM 6/9/1994 Normative e metodologie tecniche di applicazione dell'art.6, comma 3, e dell'art.12, della Legge 257/1992, relative alla cessazione dell'impiego di amianto. Nazionale - Realizzare un inventario ed una classificazione (friabili e compatti) di tutti i materiali presenti nel sito che possono contenere Amianto (Allegato 5) - Valutare il rischio relativo effettuando, se necessario, campionamenti ed analisi sui materiali secondo le metodiche individuate negli Allegati 1, 2 e 3. - Scegliere il metodo di bonifica più adeguato Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.23/80 Rischio Elettromagnetico Dpcm 8/7/2003 Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti". Nazionale Limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti". Rischio Elettromagnetico D. Lgs 257/07 (Capo IV del D. Lgs. 9/4/2008) Attuazione della direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici Nazionale - Censire le possibili sorgenti di emissione elettromagnetica a bassa e alta frequenza (Reti di trasmissione voce e dati aziendali; centri di lavoro con correnti, resistenze, induzione magnetica, produzione calore da microonde, emittenti radiobase, ecc.; motori ad induzione; blindosbarre e trasformatori; linee interrate AT; radiotrasmittenti AF; elettrodotti AT-MT; ecc.) - effettuare uno screening di misure e redigere una Valutazione Tecnica che intergrerà il documento di Valutazione Rischi - Fornire informazione e formazione ai lavoratori esposti - Fornire periodica sorveglianza sanitaria ai lavoratori con funzioni e mansioni particolarmente a rischio;Vietare l’esposizione dei lavoratori a valori superiori ai valori limite di esposizione - Valutare i livelli di campo elettromagnetico, con cadenza almeno quinquennale Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.24/80 Rischio Elettromagnetico Decreto 29/5/2008 Approvazione delle procedure di misura e valutazione dell'induzione magnetica Nazionale Procedure di misura e valutazione dell'induzione magnetica utile alla verifica del non superamento del valore di attenzione e dell’obiettivo di qualità (art. 5 Dpcm 8/7/2003) Prevenzione incendi D.P.R. 1 agosto 2011, n. 151 Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell'art. 49, co.4-quater, del dl 31.05.2010, n. 78. Nazionale Individua le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e disciplina, per il deposito dei progetti, per l'esame dei progetti, per le visite tecniche, per l'approvazione di deroghe a specifiche normative, la verifica delle condizioni di sicurezza antincendio che, in base alla vigente normativa, sono attribuite alla competenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Prevenzione incendi Circolare del Dipartimento dei Vigili del Fuoco n. 4962 del 4 aprile 2012, allegato IV del D. lgs n. 81/2008. Chiarimenti in merito all'uso delle vie e uscite di emergenza in presenza di sistemi di controllo degli accessi mediante "tornelli Nazionale Chiarimenti in merito all'uso delle vie e uscite di emergenza in presenza di sistemi di controllo degli accessi mediante "tornelli Prevenzione incendi Circolare Dipartimento dei Vigili del Fuoco n. 4963 del 4 aprile 2012, allegato IV del D. lgs n. 81/2008. Modalità di utilizzo delle vie e uscite di emergenza in presenza di porte scorrevoli orizzontalmente munite di dispositivi di apertura automatici ridondanti Nazionale Modalità di utilizzo delle vie e uscite di emergenza in presenza di porte scorrevoli orizzontalmente munite di dispositivi di apertura automatici ridondanti Circolare Dipartimento dei Vigili del Fuoco n. 12653 del 23 Febbraio 2011 Obbligatorietà dell'aggiornamento formativo per addetti incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze. Nazionale Aggiornamento formativo per addetti incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze. Prevenzione incendi Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.25/80 Nazionale Verificare se in azienda sono presenti attività soggette a controllo da parte dei VV.FF (elenco di cui all'Allegato I del DPR 151/11) - Se le attività ricadono nella categoria A l’azienda presenta una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) - Se le attività ricadono nella categoria B l’azienda deve ottenere parere di conformità favorevole sul progetto ed ha presentato una Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) - Se le attività ricadono nella categoria C l’azienda deve ottenere il Certificato di Prevenzione incendi L’azienda deve rispettare tutte le prescrizioni previste dal CPI (limiti quantitativi, attrezzature antincendio, modalità di stoccaggio) Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della Legge 29 luglio 2003, n. 229. Nazionale funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59 Nazionale Certificato di prevenzione incendi Prevenzione incendi Decreto Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151 Prevenzione incendi Decreto legislativo del 8 marzo 2006, n. 139 Prevenzione incendi D.P.R. 10 giugno 2004, n. 200 Art. 5 Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell'articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.26/80 Prevenzione incendi D.P.R.12 gennaio 1998, n. 37 Art.4 Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59 Nazionale Rinnovo certificato di prevenzione incendi Prevenzione incendi D.M. 7 gennaio 2005 omologazione antincendio degli estintori portatili Nazionale Criteri omologazione antincendio degli estintori D.M. 10/03/1998 Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro D. Lgs. 9/4/2008 n° 81 T.U. sulla sicurezza Prevenzione incendi Sicurezza come modificato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. portatili - valutazione dei rischi di incendio, il datore di lavoro - adotta le misure finalizzate a: a) ridurre la probabilità di insorgenza di un incendio (allegato I e II); b) realizzare le vie e le uscite di emergenza c)realizzare le misure per una rapida segnalazione dell’incendio al fine di garantire l’attivazione dei sistemi di allarme e delle procedure di intervento (allegato IV); d) assicurare l’estinzione di un incendio (in conformità ai criteri di cui all’allegato V); e) garantire l’efficienza dei sistemi di protezione antincendio (allegato VI); f) fornire ai lavoratori una adeguata informazione e formazione sui rischi di incendio (allegato VII). Nazionale -Redazione in intesa col medico competente e con il RSPP del - Documento di Valutazione dei Rischi Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.27/80 106, “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81” e dall’art. 39 della legge 7 luglio 2009, n. 88 Sicurezza D. Lgs. 9/4/2008 n° 81 come modificato dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106, “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81” e dall’art. 39 della legge 7 luglio 2009, n. 88 art. 17 comma 1 lettera a) art. 28 comma 2 -Istituzione del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda - Nomina medico competete - Controllo sul programma di sorveglianza sanitaria - Formazione ed informazione dei lavoratori sui rischi, sul servizio di prevenzione e protezione e sul medico competente - Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale T.U. sulla sicurezza Nazionale Documento di Valutazione dei Rischi deve avere data certa e contenere: - relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa - indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) (Sez. 02 e 03); - il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; - l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale - l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e del Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.28/80 medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio; - l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento - La valutazione e il documento debbono essere rielaborati in occasione di modifiche del processo produttivo o dell'organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e della sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, Lo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro di compiti di prevenzione dai rischi (articolo 34) Il datore di lavoro può fare lui da squadra antincendio e primo soccorso per le aziende fino a 5 addetti. Oltre tale limite dovrà integrare la squadra con altri nominativi. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO 4 pag.29/80 LA METODOLOGIA SEGUITA L’Analisi Ambientale Iniziale è una diagnosi sistematica nella quale si studiano in profondità tutte le relazioni che intercorrono tra le attività dell’organizzazione e gli impatti ambientali, negativi e positivi, che ne derivano. Nello specifico caso dell’analisi ambientale iniziale della CONCERIA TIPO, oggetto di tale documento, si è prima proceduto a rilevare i dati presso un campione di aziende del Distretto Industriale di Solofra e presso le Pubbliche Amministrazioni che hanno competenza su detto Territorio per le loro specifiche responsabilità. Tutti i dati raccolti dalle aziende sono stati elaborati allo scopo di descrivere in modo sintetico ed organizzato l'impatto ambientale di una CONCERIA TIPO. Tale studio ha individuato tutte le fasi connesse al ciclo di lavorazione conciario, partendo dalla pelle grezza al prodotto finito. Bisogna sottolineare che nella realtà non tutte le aziende effettuano le fasi qui descritte e che nel Distretto di Solofra molta parte delle pelli in ingresso arrivano allo stato di semi-lavorato. Tale fattore implica che molte fasi preliminari alla concia, che hanno impatti ambientali significativi, non sono effettuate nel Distretto. Le informazioni ambientali quantitative sono state quindi interpolate con le informazioni di tipo qualitativo sulle fasi di lavorazione e le tecnologie utilizzate, per definire un’Analisi Ambientale Iniziale direttamente correlata con la specifica realtà produttiva. Da questa prima fase di reperimento dati e dall’analisi del territorio in cui grava tale Distretto Industriale, si è preferito approfondire soltanto quelle tematiche e quelle matrici ambientali che sono risultati essere maggiormente critiche nel contesto in cui volge una CONCERIA TIPO in tale distretto. Le matrici ambientali che si è deciso di approfondire sono: Acqua Sostanze pericolose Rifiuti Emissioni in atmosfera Energia Rapporto con le Pubbliche Amministrazioni I risultati che scaturiranno da tale fase di Analisi Iniziale potranno essere presi come riferimento dalle imprese del Distretto per valutare la propria pressione ambientale in relazione alle specifiche tipologie di lavorazione, individuando i propri punti di forza e le criticità su cui lavorare per un futuro miglioramento ambientale. 5 DATI GENERALI DELL'ORGANIZZAZIONE E SUE ATTIVITÀ 5.1 FASI DEL CICLO DI LAVORAZIONE DELLE PELLI Il processo produttivo conciario è composto da una serie di lavorazioni chimiche e meccaniche la cui natura e sequenza possono variare molto in funzione del tipo di pelle lavorata e dell'articolo finale prodotto. Nel processo della concia delle pelli si possono, comunque, distinguere 3 grandi fasi: Riviera; Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.30/80 Concia; Rifinizione. Per ogni fase si riportano di seguito le principali lavorazioni effettuate. Le pelli tipicamente utilizzate dalle Concerie del Distretto di Solofra sono quelle ovine e caprine. 5.1.1 Ricevimento pelli Il magazzino del grezzo è il punto di partenza del ciclo di lavorazione delle pelli. A seconda del tipo di lavorazione, la materia prima di una conceria può essere “pelle umida”, ovvero pelli grezze, piclate, conciate, oppure pelle “non umida” e quindi crust o pelli da rifinire. 5.1.2 Fase di Riviera Comprende tutti quei trattamenti che precedono la concia vera e propria e che hanno la funzione di predisporre la pelle nelle condizioni opportune per ricevere le sostanze concianti. Le operazioni di riviera sono essenzialmente: Rinverdimento Ha lo scopo di reidratare la pelle e riportarla a quello stato di flessibilità e morbidezza che aveva quando ricopriva il corpo dell’animale Calcinazione/Depilazione La pelle rinverdita passa alla successiva fase di depilazione e calcinazione, che ha la duplice funzione di eliminare l’epidermide col pelo e di produrre un rilassamento della struttura fibrosa del collagene. Scarnatura Questa fase consiste nell'asportazione dello strato sottocutaneo del derma, mediante una apposita macchina, detta "scarnatrice". Il derma (intreccio di fibre collageniche) costituisce la parte della pelle che poi verrà trasformata in prodotto finito. Rifilatura e spaccatura Con queste operazioni meccaniche si rifila il bordo della pelle, tagliando le parti superflue (operazione eseguita manualmente o con macchine rifilatrici; eseguita anche in punti successivi), e poi si seziona lo spessore longitudinalmente in due parti, da una parte il fiore (la parte più pregiata) e dall'altra la crosta, non sempre utilizzabile. La spaccatura viene operata con la "spaccatrice" e tale operazione può essere effettuata, se non a fatta a questo punto, nelle fasi post-concia e/o post-riconcia. Decalcinazione- Macerazione Con il termine decalcinazione si intende, non solo l’eliminazione della calce, ma anche delle sostanze alcaline utilizzate durante il processo di calcinazione e del gonfiamento delle pelli; l’eliminazione dell’acqua è completata dallo stiramento delle fibre per mezzo dell’azione meccanica della rotazione del bottale. Dopo la decalcinazione si effettua nello stesso bagno la macerazione. Attraverso l’azione controllata di maceranti enzimatici si realizza una proteolisi nei confronti delle sostanze non Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.31/80 collageniche; tale operazione rende ancora più assorbente la pelle per la concia successiva: il prodotto risulta più morbido, pastoso, con fiore fine ed elastico. Sgrassaggio È un'operazione eseguita allo scopo di eliminare i grassi naturali presenti nelle pelli, soprattutto ovine e caprine, e di emulsionare ed uniformare i rimanenti. Tale fase è comunemente effettuata in bottali contenenti solventi o solventi emulsionati con tensioattivi o tensioattivi. Le pelli vengono poi abbondantemente lavate. Può anche essere ulteriormente effettuata nelle fasi post concia. 5.1.3 Fase di Concia È un insieme di operazioni chimiche, seguite da fasi meccaniche, che servono a stabilizzare la pelle per renderla imputrescibile e resistente all'attacco di svariate sostanze chimiche. Piclaggio Il piclaggio è una fase effettuata in bottale, esso viene effettuato per ridurre il pH della pelle in trippa e prepararla prima della concia minerale e, in qualche caso, prima di alcuni tipi di concia organica (ad esempio la concia vegetale). Le pelli vengono ripulite definitivamente da tutti i residui delle lavorazioni precedenti e renderla ben disposta alla fase successiva. Il piclaggio può anche essere un metodo di conservazione delle pelli e come tali vengono acquistate direttamente dalle concerie. Le pelli piclate, qualora non vengano immediatamente sottoposte alla successiva fase di concia, devono contenere fungicidi per proteggerle dallo sviluppo di muffa durante lo stoccaggio. Concia Scopo del processo di concia è la fissazione di materiale conciante per ottenere la stabilizzazione del tessuto dermico e la sua imputrescibilità. Le pelli conciate incrementano la propria stabilità dimensionale, la resistenza alle azioni meccaniche, agli agenti chimici e al calore. Esistono diversi tipi di concia, che danno luogo a differenti caratteristiche organolettiche del prodotto finito, a seconda dell’agente conciante utilizzato. In genere, quale macchinario, viene utilizzato il bottale ma per alcuni tipi di concia (es. al vegetale, per pelli col pelo) possono essere usati gli aspi. Esse possono essere distinte in: Concia al Cromo (agente conciante: solfato basico di cromo); Concia al Vegetale (agente conciante: tannini naturali); Concia Minerale (agente conciante: sali di alluminio, zirconio, titanio); Concia con le Aldeidi (agente conciante formaldeide, glutaraldeide); altri tipi di concia (es. concia all’olio, tannini sintetici). Operazioni meccaniche Dopo un stasi (messa a cavalletto) delle pelli per 1-2 giorni al fine di migliorare la fissazione degli agenti concianti; si effettuano una serie di operazioni meccaniche. Tale macrofase è costituita dalle fasi di: pressatura, messa a vento, spaccatura e rasatura. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.32/80 Pressatura: attraverso una pressa rotativa o a piani si elimina l'eccesso di acqua; Messa a vento: operazione con la quale la pelle viene distesa e se ne elimina l’acqua in eccesso; Spaccatura: se non effettuata in trippa; si seziona lo spessore longitudinalmente in due parti, da una parte il fiore (la parte più pregiata) e dall'altra la crosta; Rasatura: operazione utile ad equalizzare lo spessore; essa consente di ottenere una maggiore precisione rispetto a quella ottenibile con una spaccatrice. Pertanto la rasatura viene effettuata quando sono richieste piccole regolazioni dello spessore o quando non è possibile effettuare la spaccatura. Neutralizzazione È la fase con cui si rimuovono, neutralizzandoli, gli acidi liberi presenti nel cuoio al fine di prepararlo alla riconcia. È effettuata in bottali. Riconcia È una fase effettuata per migliorare la qualità del prodotto finale ed ha “ricette di lavorazione” molto diverse a seconda delle caratteristiche fisiche da conferire alla pelle. È effettuata in bottali. Tintura Conferisce alla pelle la colorazione desiderata: si effettua in bottali con una rotazione elevata ed in soluzioni acquose a temperatura elevata (50-60 °C). Ingrasso È in generale l’ultima operazione in fase acquosa prima dell’asciugaggio. È un'operazione svolta spesso contemporaneamente alla tintura ed è impiegata al fine di influenzare le caratteristiche meccaniche e fisiche del pellame: gli ingrassi sintetici agiscono sulla pelle da lubrificante e le conferiscono la morbidezza, la flessibilità e la cedevolezza richieste per i più svariati scopi ed impieghi; contemporaneamente, grazie all’effetto lubrificante, aumenta l’elasticità e la resistenza alla rottura. Essiccazione- Asciugaggio Le pelli, alla fine delle operazioni ad umido, vengono condizionate, sia attraverso azioni meccaniche che fisiche, al fine di avere un pellame asciutto e disteso. A seconda della fase utilizzata si avrà un pellame asciugato avente differente caratteristica organolettica. In particolare si ha: Messa a vento: operazione con la quale la pelle viene asciugata e distesa mediante sistemi a rulli; Catena aerea: asciugaggio in ambiente areato (in genere nella parte alta dell’azienda) attraverso appendimento della pelle su sistema in movimento; Sottovuoto: asciugaggio, attraverso depressione, operante disponendo le pelli su piani riscaldati in comunicazione con una pompa da vuoto; Tunnel riscaldato: attraversamento delle pelli da asciugare in ambienti in cui circola aria calda a temperatura controllata; Centrifuga: aciugaggio dovuto all’azione della forza centrifuga che allontana l’acqua presente all’interno delle fibre; - Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.33/80 Asciugatura controllata: azione di riscaldamento di ambienti chiusi a temperatura controllata. Fasi di prerifinizione successive all’Essiccazione: Umidificazione - Palissonatura – Inchiodaggio - Rullatura – Smerigliatura – Raffinatura – Spazzolatura – Spaccatura - Lucidatura - Bottalatura a secco Tali fasi servono a rendere la pelle morbida e soffice in tutti i suoi punti e a prepararla alle successive operazioni di rifinizione. Umidificazione: ricondizionamento della pelle attraverso leggera bagnatura a seguito di una essiccazione troppo spinta; Palissonatura: ammorbidimento della pelle per piegamenti e stiramenti, rendendola uniformemente più cedevole; Inchiodaggio: ha la funzione di causare un allargamento delle pelli, disponendole su telai mobili che attraversano camere riscaldate, sottoponendole contemporaneamente ad un'azione di stiro e stabilizzazione delle dimensioni; Rullatura: azione meccanica, mediante rullo rotativo, che serve a levigare superficialmente il lato fiore; Smerigliatura: serve alla rimozione (tramite rulli abrasivi) del fiore, per rimuovere la superficie di pellami di bassa qualità e asportarne i difetti, e del lato carne, per dare effetti scamosciati; Raffinatura: diminuzione dello spessore attraverso azione levigante; Spazzolatura: operazione necessaria ad eliminare l’eccesso di polveri prodotte nelle fasi di smerigliatura e/o raffinatura; Spaccatura: se non eseguita su pelli in trippa o conciate; Lucidatura: serve a promuovere il grado di lucido finale ed il tatto superficiale; Bottalatura a secco: ha lo scopo di migliorare la morbidezza della pelle e conferire un più accurato disegno della grana del fiore; Rifilatura e Selezione: ritagliare le parti non commercializzabili e selezionare in base alla qualità delle scelte. 5.1.4 Rifinizione Insieme di operazioni che consentono di raggiungere lo scopo finale di massima valorizzazione del pellame. Tale macrofase si suddivide in una prima parte dove vi è l’applicazione sulla superficie delle pelli di sostanze chimiche di varia natura e di una seconda parte, costituita pressoché da fasi meccaniche, dove vi è un consolidamento degli effetti estetici finali del pellame. Rifinizione Applicazione di prodotti chimici alla superficie del pellame che può avvenire attraverso varie modalità: A spruzzo: distribuzione dei prodotti chimici sulla pelle, disposta su nastri mobili, con pistole ad aria compressa in cabine predisposte; A rullo: attraversamento della pelle sotto un rullo impregnato di prodotti chimici; - Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.34/80 A velatura: attraversamento della pelle, disposta su nastri mobili, sotto un velo di prodotti chimici (utilizzato nella verniciatura) Stiratura – satinatura – metallizzazione Con queste operazioni si appiattisce la superficie della pelle, se ne lucida il fiore e si ancorano i prodotti chimici aggiunti nella fase di rifinizione. Nella fase di metallizzazione si dispone sulla superficie del pellame un film polimerico definito. Stampatura Consente di imprimere alla pelle disegni particolari attraverso stampaggi meccanici o anche con getti di inchiostro. Misurazione - Spedizione pelli L’ultima fase del processo è la misurazione di superficie eseguita principalmente con macchine elettroniche che registrano le superfici misurate sia in piedi quadri che in metri quadri. Dopo la misurazione segue la fase di imballaggio e spedizione. - 6 CARATTERIZZAZIONE DEGLI ASPETTI AMBIENTALI 6.2 DATI GENERALI Il processo di lavorazione delle pelli comporta l’utilizzo di un elevato quantitativo di risorse, sia in termini di acqua, di energia che di prodotti chimici. Come si vede dalla figura seguente, la concia di 1 t di pelle grezza comporta il consumo di 350-400 kg di prodotti chimici; dai 15 ai 30 mc di acqua e dai 9,3 ai 42 GJ di energia. Nel processo vengono usate circa 300 sostanze chimiche diverse per ciascuna conceria alcune delle quali vengono assorbite quasi completamente dalla pelle, altri reagiscono nel processo, altri ancora precipitano durante il trattamento delle acque di scarico. La figura si riferisce alla pelle bovina ma con le debite proporzioni può essere riferita alla pelle ovo-caprina utilizzata nel distretto di Solofra. La lavorazione delle pelli, inoltre, comporta molti passaggi, che possono avere un impatto ambientale significativo in tutte e tre le aree: aria, acqua, rifiuti. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.35/80 Figura 1- Lo schema indica in termini generali i quantitativi in entrata/uscita per un processo convenzionale di concia al cromo di pelli bovine salate per ogni tonnellata di pelle grezza trattata. 6.1 DESCRIZIONE DEL PROCESSO PRODUTTIVO Si procede ad un’analisi fase per fase delle risorse utilizzate e dei relativi in-put e out-put di processo. Gli in–put sono di colore verdino, gli out- put nelle acque sono azzurri, quelli sui rifiuti sono arancioni e le emissioni in atmosfera sono rosa. Tali informazioni verranno successivamente integrate ed approfondite per ciascuna matrice ambientale. 6.1.1 RICEVIMENTO/MAGAZZINO PELLI Nel magazzino di una conceria arrivano pelli di natura e origine diversa suddivisibili in due grosse famiglie: pelli umide e pelli non umide. Rientrano nella prima categoria: • le pelli grezze, che devono essere sottoposte all’intero ciclo di lavorazione; • le pelli piclate, il cui processo di trattamento parte con lo sgrassaggio; • le pelli conciate, che dopo una fase di preparazione vengono riconciate, etc; Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.36/80 Le pelli non umide sono di due tipi: • crust, ovvero pelli conciate, riconciate e ingrassate; da tingere o altro. • da rifinire. Indipendentemente dal tipo di pelle in ingresso in conceria, si ha produzione di rifiuti di imballaggio. Qualora in magazzino vi siano pelli umide, si potrebbe avere lo sversamento accidentale di liquidi ad elevato contenuto organico, BOD, COD, Solidi sospesi, Cloruri, Azoto composti, Biocidi, da raccogliere e inviare all’impianto di depurazione. INPUT FASE OUTPUT Cloruri, Azoto composti, COD, BOD, SS Pelli Umide /Secche RICEVIMENTO PELLI Imballaggi ……………………………………. 6.1.2 RINVERDIMENTO E’ svolto per ridare alla pelle la naturale idratazione; in tale fase si eliminano i residui di sale, si ripuliscono dalle impurità presenti come sterco, sangue ed altro materiale estraneo. Dall’operazione le pelli escono cariche d'acqua e pulite. INPUT FASE OUTPUT Acqua e pelli Tensioattivi RINVERDIMENTO Cloruri, Azoto composti, COD, BOD, SS Biocidi ………………………………….. Prodotti enzimatici …………………………………. Nell'operazione sono consumati grossi quantitativi di acqua e l'acqua scaricata è carica di sostanze disciolte che ne influenzano la qualità. Il rinverdimento principalmente influenza i parametri degli scarichi idrici come il COD (Chemical Oxigen Demand) i Solidi Sospesi, i Cloruri e l'Azoto. Valori elevati di COD, (ovvero la quantità di ossigeno che viene sottratta per l'ossidazione dei composti contenuti nell'acqua), implicano che gran parte dell'ossigeno presente nelle acque venga consumato da processi chimici e non sia più disponibile per la respirazione degli organismi acquatici. I Solidi Sospesi rendono l'acqua torbida, con la conseguenza che la luce non riesce ad arrivare in profondità; se sono grossi e pesanti inoltre possono depositarsi sul fondo o, se abbastanza leggeri, restare in sospensione. La concentrazione dei Cloruri nelle acque ne influenza la salinità, parametro che influisce sulla vita degli organismi acquatici di acqua dolce attraverso Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.37/80 l’aumentata pressione osmotica generato dalla concentrazione ionica elevata. L'Azoto organico è uno dei cosiddetti fattori limitanti per la crescita di microrganismi acquatici. Questo vuol dire che la presenza di grosse quantità di azoto disciolto, contribuisce alla crescita eccessiva di microrganismi vegetali presenti nelle acque e quindi all'eutrofizzazione dei bacini idrici. 6.1.3 DEPILAZIONE E CALCINAZIONE La funzione della calcinazione e depilazione è di rimuovere il pelo, i componenti interfibrillari e l’epidermide ed aprire l’intreccio fibroso del derma per la concia. La rimozione del pelo è ottenuta con mezzi chimici e meccanici. Il materiale cheratinoso (peli, radici dei peli, epidermide) e una parte del grasso vengono eliminati dalle pelli principalmente mediante solfuri (NaHS o Na2S) e calce. Alternativi ai solfuri inorganici sono i composti organici, mercaptani o sodio tioglicolati (a base di zolfo), in combinazione con alcali forti e composti amminici. Talvolta vengono aggiunti preparati enzimatici per migliorare la prestazione del processo. IN-PUT FASE Solfuri inorganici Oppure: mercaptani sodio tioglicolati (in combinazione con alcali forti e composti amminici) DEPILAZIONE E CALCINAZIONE OUT-PUT Cloruri, Azoto organico e NH3 COD, SS (pelo e derma) Solfuri, Elevato pH Acqua, pelli, energia Calce, tioalcoli, Prodotti enzimatici Peli, fanghi da trattamento acque Prodotti enzimatici Idrogeno solforato, odori Da tale processo gli scarichi idrici, oltre ad avere un pH (circa 11-12 ) decisamente alcalino, contribuiscono ad innalzare i valori di COD, l'Azoto Organico, i Solidi Sospesi e Solfuri. Il carico organico, aumentato sia dai solfuri che dal pelo e derma, facilita la crescita eccessiva di microrganismi che se ne nutrono. I Solidi Sospesi provenienti dal calcinaio sono prevalentemente di notevoli dimensioni, se rilasciati in ambiente faciliterebbero fenomeni di accumulo e di putrefazione naturale, con conseguente sottrazione di ossigeno e produzione di sostanze chimiche in alcuni casi anche nocive. I Solfuri hanno elevate caratteristiche di tossicità e perciò inibiscono l’attività depurativa dei microrganismi. L'Azoto organico e ammoniacale, sono tra i responsabili dell'eutrofizzazione dei bacini idrici. Si sottolinea, inoltre l’emissione di odori e in particolare di Idrogeno solforato (acido solfidrico), che costituisce la sostanza tracciante delle emissioni in atmosfera da conceria nella fase di riviera. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.38/80 6.1.4 SCARNATURA La scarnatura è finalizzata all’asportazione dal derma del materiale organico in eccesso (tessuto connettivo, grasso, ecc.). Essa può essere effettuata sia prima del rinverdimento che dopo la calcinazione o dopo il piclaggio (pelli ovine). Il processo di scarnatura è denominato scarnatura in verde se la rimozione viene effettuata prima della calcinazione e depilazione. Se invece la scarnatura viene effettuata dopo la calcinazione e depilazione è denominata scarnatura in trippa. In questa fase si produce un rifiuto ad elevato contenuto organico, detto carniccio, utilizzabile per la produzione di gelatine sia alimentari che per cosmesi. IN-PUT FASE OUT-PUT Scarichi del calcinaio Carniccio Pelli SCARNATURA ……………………………………. 6.1.5 SPACCATURA Con l’operazione meccanica di spaccatura viene regolato lo spessore delle pelli: queste vengono spaccate longitudinalmente per ottenere una parte superiore detta fiore e, se la pelle è sufficientemente spessa, uno strato inferiore, lato carne, detto crosta. La spaccatura può essere effettuata su pelli calcinate (spaccatura in trippa), su pelli conciate (spaccatura in wet-blue o in conciato), oppure in crust. Se tale operazione viene eseguita dopo il calcinaio, lo spessore uniforme della pelle, il fiore più rilassato e il lato carne più aperto e permeabile, consentono un’operazione di concia più rapida e un prodotto conciato più elastico e morbido. La precisione dello spessore ottenuta spaccando in trippa è piuttosto bassa e di solito penalizza il lato crosta a vantaggio del fiore. Gli aspetti ambientali caratteristici della spaccatura in trippa sono analoghi a quelli della scarnatura. La spaccatura in conciato si effettua su pelli conciate ed asciugate con un’umidità residua del 50% che consente una più agevole introduzione ed estrazione delle pelli dalla spacciatrice come anche in crust. Questo tipo di spaccatura consente una maggiore resa in crosta ed è pertanto adatta per le pelli molto pesanti e con un lato fiore poco fine, destinato pertanto ad essere corretto o stampato. Essendo, prettamente, un’operazione a secco abbiamo quale aspetto ambientale caratterizzante: la produzione di scarti costituiti prevalentemente da ritagli di pelle e/o polveri caratterizzate dal momento in cui si effettua l’operazione: carniccio o residui influenzati dal tipo di concia effettuata. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO IN-PUT pag.39/80 FASE OUT-PUT Scarichi del calcinaio (se in trippa) Pelli SPACCATURA IN TRIPPA, IN CONCIATO O IN CRUST Ritagli di pelle e polvere …………………………………… . 6.1.6 DECALCINAZIONE MACERAZIONE Lo scopo della decalcinazione è rimuovere dalle pelli i residui dei prodotti chimici usati nella fase di calcinaio, e in particolare calce, e portarle nelle condizioni ottimali per la successiva fase di macerazione. Si effettua in bottali contenenti una soluzione acquosa (debolmente acida) in cui vengono dosati degli acidi organici e loro sali che abbassano il pH. A causa di tale abbassamento si innestano reazioni chimiche che portano alla formazione di “idrogeno solforato gassoso” tipico odore di uova marce. La macerazione si effettua nello stesso bagno della decalcinazione, con l’ausilio di maceranti enzimatici, che degradano la sostanza dermica, soprattutto proteine globulari, in modo parziale e controllato, al fine di renderla ancora più assorbente per la successiva fase di concia. Il prodotto risulta più morbido, pastoso, con fiore fine ed elastico. IN-PUT FASE Sali (Ammonio solfato, Ammonio cloruro) Acidi Organici (acido lattico) Maceranti enzimatici proteolitici DECALCINAZIONE E MACERAZIONE OUT-PUT Cloruri, Azoto ammoniacale, COD, Solfuri, SS (pelo e derma) ………………………………….. Idrogeno solforato Le acque reflue provenienti dalla decalcinazione influenzano parametri degli scarichi idrici quali il COD (dovuto agli acidi organici ed ai solfuri disciolti) e l'azoto ammoniacale. A causa dell'abbassamento del pH si innestano reazioni chimiche che portano alla formazione di idrogeno solforato gassoso. I prodotti enzimatici e chimici utilizzati in fase di macerazione influiscono sugli scarichi idrici modificando i valori di COD e di azoto ammoniacale. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.40/80 L' idrogeno solforato (acido solfidrico), è un gas tossico per l'uomo dal caratteristico odore di uova marce: la soglia di percezione del gas è molto bassa ma il suo odore provoca assuefazione cosicché non è più avvertito dopo esposizioni prolungate. Inoltre ad elevate concentrazioni esso risulta assolutamente non rilevabile all'odorato. Libero in atmosfera si ossida facilmente arrivando a formare anidride solforosa, gas irritante che contribuisce al fenomeno delle piogge acide. 6.1.7 SGRASSAGGIO I grassi naturali devono essere eliminati dalle pelli per evitare la formazione di saponi di cromo insolubili e di efflorescenze di grasso che da un lato diminuirebbero le qualità organolettiche del prodotto finito e dall’altro darebbero luogo ad una disuniforme distribuzione degli agenti concianti e dei coloranti, con conseguente deprezzamento del valore commerciale. Lo sgrassaggio è molto importante nella lavorazione delle pelli ovine, dove il contenuto di grasso naturale è circa il 10% - 20% del peso delle pelli asciutte. La natura di questo grasso lo rende difficile da rimuovere a causa della presenza di ceridi e della alta temperatura di fusione. Nelle migliori condizioni la percentuale di grasso rimosso non supera il 5 – 10% e per ottenere uno sgrassaggio adeguato è necessario ripetere più volte l’operazione. IN-PUT FASE OUT-PUT Solventi Organici Pelli e acqua SGRASSAGGIO Tensioattivi COD, BOD, Tensioattivi Grassi, Idrocarburi clorurati o non clorurati Residui da distillazione, residui da trattamento acque reflue COV (qualora si usino solventi) I tre diversi metodi comunemente utilizzati per lo sgrassaggio sono: a) Sgrassaggio in mezzo acquoso con tensioattivi anionici, cationici, non ionici o anfoteri; b) Sgrassaggio in mezzo acquoso con solventi e tensioattivi anionici o non ionici c) Sgrassaggio con solventi Di solito i composti maggiormente usati nelle fasi di sgrassaggio delle pelli sono i tensioattivi in quanto i solventi richiedono un investimento iniziale notevole per il loro recupero (in quanto non possono essere scaricati nell’ambiente per evidenti ragioni ecologiche) e non offrono soddisfacenti garanzie applicative, in quanto, trattandosi di un processo in fase umida, l’acqua crea una barriera naturale per l’accesso del solvente ai siti contenenti grasso. In alcuni casi si possono avere sistemi sinergici solventi – tensioattivi anionici o non ionici. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.41/80 Gli scarichi idrici provenienti dallo sgrassaggio, essendo carichi di grassi e di prodotti utilizzati per la loro rimozione, influenzano parametri quali il COD. Inoltre i derivati del fenolo, presenti in alcuni tensioattivi, inibiscono lo sviluppo dei microrganismi. L’impatto ambientale dei tensioattivi è legata soprattutto alla loro eliminazione nel trattamento delle acque; in particolare quelli non ionici sono di più difficile eliminazione rispetto a quelli ionici, avendo un più basso tasso di biodegradabilità. I tensioattivi, oltre ad avere una tossicità diretta su svariate specie viventi, creano schiume con la conseguenza che l'acqua incontra maggiori difficoltà a riossigenarsi. L'effetto dei tensioattivi, se sommato a quello del COD contribuirebbe a rendere difficoltose le condizioni di vita per gli organismi acquatici. 6.1.8 PICLAGGIO Il piclaggio viene effettuato per ridurre il pH della pelle in trippa prima della concia minerale e, in qualche caso, prima di alcuni tipi di concia organica (per esempio la concia alla glutaraldeide, la concia vegetale). Qualora la concia non segua immediatamente il piclaggio (nel caso di funzione conservativa), le pelli ovine piclate devono contenere fungicidi per proteggerle dallo sviluppo di muffa durante lo stoccaggio. Gli scarichi idrici del piclaggio, oltre ad avere un pH molto acido, contengono elevati quantitativi di cloruri e di solfati. I solfati hanno un effetto tossico comparabile a quello dei cloruri incidendo sulla concentrazione ionica. Se dovessero miscelarsi gli scarichi acidi del piclaggio con quelli provenienti dalle fasi di riviera precedenti (calcinaio-depilazione), si potrebbero avere reazioni chimiche che portano in alcuni casi alla formazione di idrogeno solforato. IN-PUT FASE Acqua e pelli Sali PICKLAGGIO OUT-PUT COD, BOD, SS, Sali (cloruri e solfati), fungicidi e basso PH Acidi organici e inorganici ………………………………….. Fungicidi Idrogeno solforato 6.1.9 CONCIA Scopo del processo di concia è la penetrazione e la fissazione del materiale conciante per ottenere la stabilizzazione del tessuto dermico e la sua imputrescibilità. Inoltre le pelli conciate incrementano la propria stabilità dimensionale, la resistenza alle azioni meccaniche, agli agenti chimici e al calore. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.42/80 I diversi tipi di concia possono essere classificati a seconda degli agenti concianti utilizzati: concia al cromo concia minerale concia con tannini vegetali o concia vegetale concia con aldeidi; altri tipi di concia I differenti tipi di concia differenziano il pellame in modo sostanziale, tale che le caratteristiche organolettiche sono da esse condizionate; per esempio concie con tannini producono cuoi per cinture, suole etc., concie al cromo danno luogo a pellame per abbigliamento, calzature etc., concie all’olio danno luogo a pellame per guanti. Concia al Cromo Il solfato di cromo tal quale possiede un debole effetto conciante, meglio operano allo scopo i solfati di cromo basici, nei quali parte dei solfati è sostituita da gruppi ossidrilici. L’effetto conciante, sovente assimilato al concetto di astringenza, aumenta con la crescente aliquota dei gruppi ossidrilici presenti sino a che, raggiunta la basicità del 66%, i composti del cromo diventano insolubili precipitando. I normali concianti al cromo in commercio sono caratterizzati da una basicità del 33%, ma vengono offerti anche prodotti con 43% e 50% di basicità (la basicità può essere aumentata od abbassata con aggiunta di alcali o di acidi). Tale solfato di cromo basico si fissa irreversibilmente alle fibre rendendole stabili e impedendone la decomposizione. IN-PUT FASE Acqua , energia, pelli Fungicidi CONCIA AL CROMO OUT-PUT COD, BOD, SS, Cromo (III), Sali (cloruri e solfati), fungicidi e basso PH Sali di cromo Pelli danneggiate, fanghi da trattamento acque reflue Agenti basificanti, mascheranti ……………………………………………. . Gli scarichi idrici dell'operazione di concia al cromo, contengono cromo trivalente Cr(III), cloruri e solfati. I composti del cromo trivalente sono per lo più insolubili: il loro destino, se rilasciati in ambiente, sarebbe quindi quello di depositarsi sul fondo dei corpi idrici come sedimento, dove rimarrebbero per un periodo indeterminato. Altra questione è invece l’azione del cromo esavalente che risulta altamente tossico; esso non è utilizzato tal quale nel processo conciario e può essere derivabile dal cromo trivalente solo in condizioni ambientali drastiche (forte ossidabilità). Concia al Vegetale E’ utilizzata prevalentemente per la produzione di cuoio da suola. Le sostanze chimiche concianti sono i Tannini, per lo più di origine naturale. Le pelli sono trattate prima in vasche a concentrazioni crescenti e successivamente in bottali. La concia inizia immergendo le pelli in bagni tanninici diluiti, Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.43/80 o parzialmente esauriti, proseguendo poi in bagni freschi e più concentrati. Si segue cioè un procedimento in controcorrente: le pelli in trippa, non conciate, vengono fatte stazionare in bagni di tannino esauriti, relativamente poveri di conciante, per essere successivamente introdotte in soluzioni di tannino sempre più concentrate. Raggiunta la concia in penetrazione, avviene la concia a fondo in botte, con bagni di tannino freschi e concentrati. IN-PUT FASE Acqua , energia, pelli Tannini naturali o sintetici CONCIA AL VEGETALE Agenti sbiancanti, resine, acido formico OUT-PUT COD, BOD, SS, Tannini e agenti complessati, fungicidi e basso PH Pelli danneggiate, fanghi da trattamento acque reflue ……………………………………………. . Gli scarichi idrici della concia al vegetale influenzano parametri come COD, fenoli e solidi sospesi. Se non subissero trattamenti, gli scarichi della concia al vegetale arriverebbero a immettere in ambiente quantitativi elevati di COD; il contributo maggiore a questo parametro è dato dai Tannini. La degradazione dei tannini che viene effettuata in fase di depurazione può influire sul contenuto di fenoli nelle acque di scarico: si tratta in tal caso di un ulteriore parametro da trattare per evitare effetti di tossicità acuta e cronica sugli organismi viventi. Concia Minerale La concia minerale free-chrome è un tipo di concia a base di Sali di Alluminio o Titanio o Zirconio. Tali minerali sono in grado di formare con il collagene della pelle legami analoghi a quelli ottenuti con la concia al cromo. Il potere conciante di questi Sali risulta più debole di quello offerto con i sali di cromo, e il loro utilizzo è subordinato alla richiesta di un prodotto finale free-chrome. IN-PUT FASE Acqua , energia, pelli Sali di alluminio, titanio, zirconio Agenti mascheranti, basificanti, resine CONCIA MINERALE OUT-PUT COD, BOD, SS, Sali e agenti complessati, fungicidi e basso PH Pelli danneggiate, fanghi da trattamento acque reflue ……………………………………………. . Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.44/80 Gli scarichi idrici dell'operazione di concia minerale, contengono i Sali delle sostanze usate come concianti, elevato carico organico e basso pH. Concia con Aldeidi La concia alle aldeidi si effettua su pelli macerate e leggermente piclate con una quantità di aldeide variabile tra 1,5 e 5% sul peso trippa. Le aldeide impiegati possono essere la formaldeide, la glutaraldeide, etc. Il tempo di penetrazione è basso e dopo aver atteso l’impregnazione si procede alla basificazione fino a pH 8, la concia si ritiene completata dopo 3-4 ore. Al termine della concia è indispensabile eliminare l’aldeide non legata poiché potrebbero esserci prodotti di polimerizzazione resinosi che tendono ad infragilire il fiore. L’eliminazione avviene trasformando l’aldeide in un prodotto molto solubile in acqua e quindi eliminabile col bagno. Due sono i possibili metodi: 1. lavaggio con NaHSO3 2. lavaggio con NH4Cl o (NH4)2CO3 Il cuoio conciato alle aldeidi si presenta di colore bianco, non solido alla luce, dotato di buona resistenza idrotermica, stabile agli alcali ma vuoto; pertanto tali concianti vengono utilizzati più come preconcianti o riconcianti. È da sottolineare che la formaldeide è cancerogena e quindi, una volta utilizzata, è opportuno l’allontanamento delle molecole non legate. D’altronde per un pellame in cui c’è presenza di formaldeide non è possibile la sua commercializzazione. IN-PUT FASE Acqua , energia, pelli Formaldeide, glutaraldeide, etc Acetato di sodio CONCIA ALLE ALDEIDI OUT-PUT COD, BOD, SS, agenti complessati, fungicidi e basso PH Pelli danneggiate, fanghi da trattamento acque reflue …………………………………………….. Analogamente a quanto visto per gli altri tipi di concia, gli scarichi idrici provenienti dalla concia alle aldeidi, contengono un elevato carico organico, un’elevata concentrazione di solidi sospesi e basso pH. 6.1.10 PRESSATURA, MESSA A VENTO, SPACCATURA E RASATURA Le pelli conciate, dopo un riposo di 1-2 giorni (messa a cavalletto) necessario per migliorare l’assorbimento del conciante, vengono sottoposte ad operazioni meccaniche di: Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.45/80 Pressatura (per rendere il contenuto di umidità uniforme e adatto alle lavorazioni successive); Messa a vento (per avere una pelle distesa ed asciugata) Spaccatura (per ottenere lo spessore desiderato) Rasatura (per uniformarlo o correggere lo spessore) Sia la pressatura che la messa la vento sono operazioni in umido e producono volumi molto modesti di reflui liquidi che hanno caratteristiche analoghe a quelli prodotti nella precedente fase di concia. Le altre fasi sono a secco e il problema principale è dovuto alla presenza di polveri di pelle di dimensioni ridotte. Si producono rifiuti solidi quali ritagli e polveri di pelle con presenza o meno di cromo a seconda del tipo di concia. 6.1.11 NEUTRALIZZAZIONE E RICONCIA Prima della riconcia le pelli conciate debbono essere neutralizzate, per facilitare ai prodotti riconcianti, ai coloranti ed agli ingrassanti la penetrazione uniforme nella sezione della pelle e quindi proteggere il fiore da un’azione aggressiva. Con la neutralizzazione si tende anche ad uniformare le caratteristiche del pellame, nel caso di partite diverse. Dopo la neutralizzazione ha luogo la vera e propria riconcia, con i seguenti obiettivi: migliorare la percezione tattile della pelle riempire gli spazi interfibrillari al fine di ottenere cuoi con caratteristiche fisiche più uniformi e con la maggior resa al taglio possibile per il cliente migliorare la smerigliabilità qualora si debba produrre cuoio con fiore corretto migliorare la resistenza agli alcali e alla traspirazione migliorare l’uniformità della successiva tintura. La riconcia può avvenire nello stesso bagno della neutralizzazione o in bagno nuovo e si utilizza un’elevata varietà di prodotti chimici che possono normalmente essere suddivisi nelle seguenti categorie: sali di cromo, estratti di tannini vegetali, tannini sintetici, aldeidi, altri sali minerali, resine acriliche, poliuretaniche. IN-PUT FASE Acqua , energia, pelli Sali di Cromo, tannini, resine, aldeidi, Sali minerali Sali alcalini e agenti neutralizzanti OUT-PUT COD, BOD, SS, Cromo ( o tannini o resine) agenti neutralizzanti NEUTRALIZZAZIONE E RICONCIA Pelli danneggiate, fanghi da trattamento acque reflue …………………………………………….. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.46/80 Gli scarichi idrici dell'operazione di riconcia variano molto da articolo ad articolo: tipicamente possono contenere cromo (III), tannini naturali e sintetici o resine sintetiche. Essendo la riconcia un'operazione caratterizzata da una grande varietà di ricette, in generale, è molto difficile definire l'impatto che da essa deriverebbe. Tutti i prodotti chimici che si utilizzano nella soluzione acquosa hanno impatti potenziali tipici qualora fossero scaricati senza depurazione. Il cromo (III) si deposita sul fondo dei corpi idrici e si accumula negli organismi acquatici, i tannini sia naturali che sintetici consumano ossigeno disciolto e possono portare alla liberazione di composti potenzialmente pericolosi e le resine sintetiche hanno effetti diversi a seconda della loro struttura chimica. In una situazione di questo tipo si devono considerare anche gli effetti sinergici che la combinazione di questi inquinanti avrebbe sull'ambiente. 6.1.12 TINTURA Conferisce alla pelle la colorazione desiderata: si effettua in bottali con una rotazione elevata delle pelli immerse in soluzioni acquose normalmente a temperatura elevata (50-60 °C). All'acqua sono aggiunte soluzioni concentrate di colorante, e successivamente dell’acido (in genere formico) che contribuisce all'esaurimento del bagno ed a fissare il colorante alla pelle. IN-PUT FASE Acqua , energia, pelli Ausiliari di tintura (Tensioattivi, solventi, ammoniaca) Colorante OUT-PUT Colorazione intensa, ausiliari di tintura TINTURA Residui di prodotti chimici e ausiliari di tintura Ammoniaca Gli scarichi idrici dell'operazione di tintura variano molto da articolo ad articolo: sono utilizzati diversi tipi di coloranti, di composizione chimica variabile e che agiscono a pH diversi. Parametri che possono essere influenzati dalla natura dei coloranti sono COD e Azoto nonché la presenza di reflui intensamente colorati. La grande varietà di ricette di tintura non consente valutazioni di tipo generale sull'apporto inquinante da essa derivante. I coloranti destinati alla tintura del cuoio sono sia di origine sintetica che naturale; contribuiscono ad innalzare i valori di COD degli scarichi da trattare e possono essere difficilmente biodegradabili. Particolare attenzione meritano i coloranti metallo-complessi, che contengono anche atomi di metalli. Si tratta in questo caso, di molecole ancora più stabili e quindi di difficile degradazione in depurazione. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.47/80 6.1.13 INGRASSO Lo scopo dell’ ingrasso è quello di rivestire con uno strato lubrificante gli elementi fibrosi della pelle disidratati dai processi di concia. I prodotti ingrassanti hanno notevole influenza su diverse proprietà del cuoio quali, ad esempio, la morbidezza, il tatto superficiale, la cedevolezza, le caratteristiche di resistenza, l’impermeabilità all’acqua, la permeabilità all’aria e al vapore acqueo. Le sostanze grasse utilizzate nell’industria conciaria possono essere suddivise in due grandi gruppi: 1)sostanze grasse di origine naturale (grassi animali, oli vegetali, oli di animali marini…); 2)sostanze grasse ottenute per sintesi (grassi naturali solfitati, oli minerali, paraffine solfo clorurate). IN-PUT FASE Acqua , energia, pelli Sostanze grasse naturali o sintetiche Ausiliari di ingrasso: tensioattivi e composti clorurati OUT-PUT Elevati grassi (COD), Tensioattivi INGRASSO ……………………………………………. . ……………………………………………. . Gli scarichi idrici dell'operazione di ingrasso influenzano parametri quali COD, sostanze grasse, tensioattivi. I valori di COD delle acque provenienti dall'ingrasso sono dovuti prevalentemente ai contenuti in materiale organico grasso utilizzato come agente ingrassante. Gli ingrassanti sono sostanze difficilmente solubili in acqua e facilmente biodegradabili: essi sono infatti di composizione chimica semplice e facilmente attaccabile dai microrganismi. I tensioattivi utilizzati come emulsionanti sono di svariata natura, da essa dipende il loro grado di biodegradabilità e quindi di dispersione in ambiente. E' da notare inoltre che, essendo l'operazione di ingrasso svolta solitamente in concomitanza con quella di tintura, i reflui delle due lavorazioni, se rilasciati senza alcun trattamento, provocherebbero effetti sinergici sull'ambiente acquatico. 6.1.14 ESSICCAZIONE - ASCIUGAGGIO Le pelle tinte e ingrassate vengono lasciate a cavalletto, fiore contro fiore, per alcune ore, meglio se per l’intera notte, affinché possano fissare convenientemente le sostanze con cui sono state trattate: ingrassanti, coloranti, eventuali riconianti. Trascorso questo periodo le pelli vengono sottoposte all’ essiccazione vera e propria, il cui scopo primario è quello di portare l’umidità interna delle pelli dal 65-70% al 15-20%. Se si effettuasse un’ essiccazione rapida attraverso un’azione di compressione, si provocherebbe sicuramente un incollamento tra le fibre, con il Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.48/80 risultato di ottenere pelli molto rigide e inutilizzabili. Esistono vari sistemi di essiccazione; i principali sono descritti di seguito: Messa a vento: ovvero pressatura delle pelli con apposite macchine in modo da eliminare il maggior quantitativo di acqua e distendere le fibre, lisciandone il fiore e spianando il più possibile le eventuali rughe e graniture. Quale impatto ambientale avremo lo scarico idrico coerente con le fasi ad umido precedenti; Catena aerea (torre): le pelli vengono appese a catene aeree ubicate nel sottotetto dei capannoni e lasciate al vento per alcune ore, ottenendo un grado di umidità piuttosto basso. Con tale metodo non è possibile controllare né il grado di umidità delle pelli né i tempi di permanenza, in quanto si è condizionati dal clima. D’altro canto non si hanno consumi di energia se non per la movimentazione della catena; Sottovuoto: le pelli vengono stese in macchine nelle quali si realizza una pressione inferiore a quella atmosferica, grazie alla quale l’acqua contenuta nelle pelli può evaporare a temperature inferiori a 100°C. Quale impatto ambientale avremo lo scarico idrico (dovuto alla condensazione dei vapori sottratti) coerente con le fasi ad umido precedenti; Tunnel riscaldato: si tratta di un processo analogo alla catena aerea con la differenza che vi è un tunnel a temperatura costante riscaldata, per mantenere la quale si consuma energia; Centrifuga: operazione condotta in macchine rotanti provviste di scarico che sfruttano l’azione della forza centrifuga per l’allontanamento dell’acqua. Le pelli così asciugate hanno anche caratteristiche organolettiche particolari dovute ad increspamento e piegature delle stesse. Quale impatto ambientale avremo lo scarico idrico coerente con le fasi ad umido precedenti; Asciugatura meccanica: tale sistema utilizza macchine in cui si provvede ad innalzare la temperatura in tempi relativamente rapidi. Quale impatto ambientale avremo lo scarico idrico (dovuto alla condensazione dei vapori sottratti) coerente con le fasi ad umido precedenti; In una conceria si può trovare anche più di un sistema di essiccazione. 6.1.15 FASI DI PRERIFINIZIONE: UMIDIFICAZIONE – PALISSONATURA – INCHIODAGGIO RULLATURA - SMERIGLIATURA - RAFFINATURA – SPAZZOLATURA – SPACCATURA LUCIDATURA - BOTTALATURA A SECCO Con la prima operazione, l’Umidificazione, si conferisce alle pelli un valore di umidità idoneo alle successive operazioni, ovvero compreso tra il 22 e il 24%. L’aspetto ambientale caratteristico di questa fase è la presenza di uno scarico idrico di modesti volumi costituito essenzialmente da acqua tal quale senza inquinanti. La Palissonatura consiste in una trazione delle fibre della pelle, tramite stiramenti e sollecitazioni, che dona morbidezza alla pelle stessa, rendendola uniformemente più cedevole. Può essere eseguita prima del ciclo di rifinizione o, in maniera più dolce, dopo la fase di rifinizione. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.49/80 L' Inchiodaggio ha la funzione di causare un essiccamento spinto delle pelli sottoponendole contemporaneamente ad un'azione di stiro e stabilizzazione delle dimensioni. I cuoi vengono montati e distesi su dei telai attraverso delle speciali pinze, ottenendo così un guadagno in superficie e un’ulteriore stesura delle fibre. La Rullatura consiste in una abrasione superficiale dal lato fiore della pelle, tramite rulli di pietra o feltro, che dona la finezza e la lucentezza del fiore. Può essere eseguita prima del ciclo di rifinizione o, in maniera più dolce, dopo la fase di rifinizione. Molte pelli presentano un fiore rovinato da cicatrici, graffi, difetti di conservazione, ragion per cui è necessaria l’operazione di Smerigliatura, che permetta di eliminare la maggior parte di questi difetti. Le pelli passano nella macchina (smerigliatrice) dotata di un cilindro abrasivo che provvede all’asportazione di una parte superficiale del fiore, più o meno profonda a seconda dei difetti da eliminare. E anche utilizzata dal lato carne per fornire effetti scamosciati al pellame. La Raffinatura consiste in una abrasione superficiale dal lato carne della pelle, tramite rulli, che serve per avere spessori molto ridotti ed uniformi. La Spazzolatura consiste nell’asportazione delle polveri di pelle prodotte a seguito delle fasi di Smerigliatura e/o Raffinatura; polveri che potrebbero inficiare l’adesione dei prodotti chimici nella successiva fase di rifinizione. La Spaccatura produce, da una pelle, due pelli sezionate lungo lo spessore e gli scarti prodotti sono derivanti dalla produzione di residui solidi di natura coerente a quella che è stata la fase di concia e riconcia. La Lucidatura serve per promuovere il grado di lucido finale, come dice il nome stesso, nonché il tatto superficiale. Eseguita prima della rifinizione, la Bottalatura a secco ha lo scopo di migliorare la morbidezza della pelle e conferire un più accurato disegno della grana e del fiore. Eseguita alla fine del ciclo di rifinizione, consente di scaricare la rifinizione applicata conferendole un aspetto meno plastico e più naturale. Le operazioni di palissonatura, smerigliatura, rullatura, spazzolatura, raffinatura e bottala tura a secco, producono residui solidi (polveri) che devono essere smaltiti o portati a recupero. Le polveri, oltre a presentare tutti i problemi connessi con i residui solidi in generale, sono di dimensioni notevolmente ridotte e possono quindi essere facilmente trasportate dall'azione del vento. Se rilasciate in atmosfera, vi potrebbero restare per lunghi periodi, essere quindi disperse su aree molto vaste e depositarsi successivamente al suolo o in corpi idrici, inquinandoli. I rifiuti solidi prodotti da queste fasi sono: Ritagli in pelle, Rasature e le già citate Polveri di pelli; la classificazione di questi rifiuti dipende dal tipo di concia e riconcia eseguite. 6.1.16 RIFILATURA - SELEZIONE Le pelli vengono selezionate a seconda delle loro caratteristiche superficiali e si rifila il bordo della pelle, tagliando le parti superflue (operazione eseguita manualmente o con macchine rifilatrici). In questa fase si ha produzione di rifiuto costituito da ritagli in pelle. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.50/80 6.1.17 RIFINIZIONE La fase di Rifinizione costituisce lo stadio finale del processo di lavorazione del cuoio, la cui funzione è quella di nobilitare l’aspetto di quest’ultimo e di fornire le caratteristiche funzionali desiderate a seconda del tipo di cuoio finito in relazione a: colore, brillantezza, tatto, resistenza a stress meccanici, flessibilità, lucentezza, permeabilità al vapor d’acqua, resistenza all’acqua. I prodotti chimici utilizzati in rifinizione sono numerosi: poliuretani; poliacrilati; nitrocellulose; cere; pigmenti; coloranti effetto anilina; vernice; solventi organici. La tecnologia di applicazione di più frequente utilizzo è il sistema a spruzzo con aria compressa. Le pelli ricevono i prodotti per mezzo di pistole montate su una giostra rotante e successivamente entrano in un tunnel di essiccazione dove i prodotti sono definitivamente fissati. I prodotti spruzzati in rifinizione utilizzano come veicolante solventi e soluzioni acquose. La rifinizione a spruzzo ha come conseguenza l'emissione di elevati volumi di aria contenente Sostanze Organiche Volatili (SOV) di diversa natura e particolato solido. Con la Macchina a rulli, l’applicazione del prodotto sulla pelle consente la stesura di una pellicola resistente, in grado di cancellare molti difetti della pelle, assicurando nel contempo una rifinizione morbida, soffice e compatta; differenti tipi di cilindri possono riprodurre svariate forme, realizzando articoli personalizzati. Non è adatta a pelli troppo morbide o fini con spessore inferiore a 1- 1,2 mm, in quanto si hanno problemi nell’introduzione nella macchina. La Velatrice è utilizzata vantaggiosamente nella rifinizione delle pelli e permette di dare, alle medesime, con una sola applicazione, l’equivalente di 4-5 applicazioni a spruzzo di miscele coprenti. Il principio di questo processo è che la soluzione di finissaggio è versata su tutta la superficie del cuoio sottoforma di velo liquido, che, asciugando forma un film. La macchina è costituita da un trasportatore composto da due nastri: uno d’entrata e uno d’uscita, sincronizzati ed azionati da un motore e da un variatore di velocità; la pelle passa sotto il velo ed avanza sul secondo tappeto. IN-PUT FASE Acqua , energia, pelli OUT-PUT COD, SS, Metalli (se considerati reflui) Prodotti chimici (resine, caseine, pigmenti, coloranti effetto anilina) RIFINIZIONE Acque di lavaggio (secondo ord. 166/2004) C.O.V. polveri Gli scarichi idrici provenienti dal velo d'acqua delle cabine di rifinizione e dagli abbattitori influenzano parametri come COD e Solidi Sospesi. È da considerare che tali scarichi, nel distretto di Solofra, sono considerati non dei reflui ma dei rifiuti, a seguito di una apposita ordinanza commissariale. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.51/80 È possibile la presenza di quantità non trascurabili di metalli come cromo, alluminio e titanio (eventualmente derivanti dai pigmenti) da cui dipenderebbe un più elevato carico inquinante di queste acque. I Composti Organici Volatili (COV) emessi dal processo di rifinizione delle pelli derivano principalmente da prodotti che contengono solventi. Molti COV possono avere effetti di tossicità acuta e cronica sull'uomo e sugli animali. I COV sono per lo più odorosi e se fossero emesse senza controllo in atmosfera, potrebbero dare successivamente origine, per reazioni chimiche, a sottoprodotti nocivi. Il particolato solido è costituito per lo più da polveri di pigmenti e resine; se fosse emesso in atmosfera, date le ridotte dimensioni, verrebbe trasportato dal vento e restarvi per lunghi periodi, disperdendosi su vaste aree e depositandosi successivamente al suolo o in corpi idrici. 6.1.18 STIRATURA – SATINATURA E METALLIZZAZIONE La Stiratura ha il compito di fissare leggermente le fibre per dare maggiore stabilità alla loro struttura. Dal punto di vista estetico, questa operazione consente di rendere il fiore più liscio, eliminando la rugosità tipica dei pori della pelle e renderlo nel contempo più lucido ravvivando la brillantezza dei suoi colori. La macchina per la Satinatura è costituita da un rullo riscaldabile con forma particolare a varie temperature, sul quale si appoggia la pelle, e da un cilindro in gomma dura di contropressione. La pelle, uscendo dalla macchina viene piacevolmente stirata dal rullo caldo senza subire eccessivo indurimento e ottiene un disegno per impressione. La Metallizzazione consta in una stiratura abbinata all’adesione di un film/carta polimerica impregnato di adesivi che serve a donare al pellame un rivestimento superficiale particolareggiato. In tale fase oltre al consumo energetico c’è la produzione di imballaggi misti dovuti alle carte polimeriche applicate alla superficie della pelle. 6.1.19 STAMPATURA Con questa operazione viene conferita alla pelle un disegno superficiale che risponda ai requisiti estetici dettati dalla moda. Per raggiungere questo scopo si utilizza la tecnica di portare il fiore a contatto con una superficie di acciaio riscaldata (meccanica) e applicando per un determinato intervallo di tempo una pressione stabilita. Parimenti l’applicazione di un disegno superficiale può avvenire per mezzo di stampe a getto d’inchiostro. 6.1.20 MISURAZIONE - SPEDIZIONE PELLI Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.52/80 Una volta terminato il processo di rifinizione, le pelli vengono selezionate in base alla scelta in quanto può succedere che con la rifinizione non si riesca ad eliminare tutti i difetti superficiali delle pelli. Una certa attenzione va posta anche allo spessore in quanto alcune pelli potrebbero aver subito delle leggere variazioni. L’ultima fase del processo è la misurazione di superficie eseguita principalmente con macchine elettroniche che registrano le superfici misurate sia in metri quadri che in piedi quadrati. Le pelli misurate vengono riposte in imballi e poi spedite ai clienti. Durante tale fase oltre al consumo di energia elettrica per la movimentazione delle macchine può esserci produzione di rifiuti da imballaggio. 6.2 SOSTANZE CHIMICHE – PERICOLOSE Esiste uno stretto legame tra l’impatto ambientale della lavorazione delle pelli e i prodotti chimici utilizzati. Uno studio della Azienda USL 11 di Empoli, condotto per valutare il Rischio Chimico nelle 835 Concerie della zona del Valdarno Inferiore, ha evidenziato l’utilizzo, negli anni 1995-1996, di 1103 prodotti chimici contenenti ben 273 sostanze chimiche diverse. La tabella seguente mostra come tali sostanze siano ripartite nelle varie fasi di lavorazione: Tabella 1 - Numero di sostanze chimiche per fase di lavoro Non essendo disponibile uno studio analogo condotto dalla ASL AV2 competente nel territorio del Distretto Conciario di Solfora, con questi dati si vuole soltanto sottolineare la complessità del problema dell’utilizzo di sostanze chimiche in una Conceria tipo e la difficoltà nella valutazione dell’impatto ambientale dei prodotti impiegati. Si precisa inoltre che, trattandosi di un’indagine antecedente al regolamento CE n. 1907/2006 e alla direttiva 2006/121/CE (noti come “regolamento REACH”), probabilmente risulta deficitaria nei confronti di tutte quelle sostanze chimiche presenti in piccole percentuali all’interno di preparati più complessi che sfuggivano al Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.53/80 vecchio sistema di notifica previsto dalla normativa precedente. Ragion per cui, nell’ambito di questa analisi ambientale iniziale non si indicheranno i nomi dei prodotti commerciali utilizzati, né la loro formula chimica, ma semplicemente la categoria di appartenenza. CATEGORIA DI APPARTENENZA SOSTANZE TIPICAMENTE UTILIZZATE Sostanze chimiche inorganiche comuni Cloruro di sodio;etc Sostanze chimiche organiche varie acido formico, acido ossalico, antiruga, etc Sgrassanti tensioattivi anionici, cationici, non ionici o anfoteri solventi clorurati e organici Concianti per la concia al cromo Ausiliari per la concia al cromo Solfato basico di Cromo, Ossido di cromo agenti basificanti (ossido di magnesio, carbonato di sodio o bicarbonato di sodio, acetato e formiato di sodio), fungicidi, mascheranti (acido formico, diftalato di sodio, acido ossalico, solfito di sodio), ingrassanti, resine, etc Concianti per la concia vegetale Composti polifenolici estratti da materiale vegetale come quebracho, mimosa, quercia Ausiliari per la concia vegetale Preconcianti, sbiancanti e sequestranti, ingrassanti, acido formico, tannini sintetici, resine, etc. Concianti per la concia con minerali free-chrome Ausiliari per la concia minerale Sali di alluminio, Sali di ferro Sali di titanio,Sali di zirconio Mascheranti, (acido acetico, acido formico) basificanti, ingrassanti, tannini sintetici, resine, etc. Concia con aldeidi Formaldeide Glutaraldeide, etc Acetato di sodio Ausiliari concia con aldeidi Prodotti di rifinizione Coloranti e ausiliari Polietilene Poliuretani poliacrilati nitrocellulose cere etc Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.54/80 Propanolo Ammine Sali (bicarbonato di sodio) Acido formico, acetico, etc Ingrassanti Sostanze grasse naturali Sostanze grasse ottenute per sintesi Biocidi/Fungicidi Benzotiazoli, carbammati, composti aromatici, etc Prodotti enzimatici enzimi proteolitici, etc 6.3 ACQUE L’ inquinamento degli scarichi conciari è dovuto essenzialmente a: Elevato carico organico Solfati Solfuri Tensioattivi Sali ammoniacali Sali di cromo o altri minerali Solidi Sospesi Fenoli Etc. Cloruri Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.55/80 Le acque reflue prodotte dalle concerie si distinguono per il loro elevato contenuto di agenti inquinanti organici e inorganici. Poiché le concerie impiegano un'ampia gamma di materie prime, i loro scarichi idrici sono di natura complessa e hanno caratteristiche variabili in funzione del tempo, della tipologia di processo e di conceria. Le acque reflue devono essere sottoposte a trattamenti prima di poter essere riversate nelle acque superficiali. A seconda delle condizioni economiche locali e della loro ubicazione, le concerie possono trattare le acque reflue in loco, scaricare direttamente in fognatura previo trattamento parziale che consenta di raggiungere i requisiti necessari per lo scarico stesso o usare una combinazione di queste opzioni. Ove esistano concentrazioni di attività conciarie, sono attivi impianti consortili di trattamento acque, collegati alle concerie mediante collettore fognario ad hoc, e il D.I. di Solofra non fa eccezioni. Le strategie per il trattamento degli scarichi idrici provenienti dalle concerie sono così diverse da rendere difficile qualsiasi generalizzazione. A grandi linee, le fasi della depurazione a carico delle 5 concerie solforane, nonché del depuratore consortile, che possiedono un impianto di depurazione a servizio del processo, interno alla conceria stessa , possono essere descritte come segue: · pre-trattamento meccanico: consiste in una disoleatura, grigliatura grossolana e fine e in una sedimentazione · trattamento fisico-chimico: include ossidazione, precipitazione, sedimentazione, flottazione, flussi di compensazione e neutralizzazione. Viene effettuato principalmente per rimuovere la maggior parte delle sostanze organiche, del solfuro dalle acque di scarico del reparto riviera e il cromo dalle operazioni di concia e post-concia nonché altri composti inorganici · trattamento biologico: consiste nella riduzione dell'ulteriore contenuto organico. È possibile una fase di nitrificazione/denitrificazione qualora sia opportuno avere contenuto di azoto inferiore. Talvolta, durante la nitrificazione avviene un'ossidazione biologica dei solfuri · sedimentazione: viene impiegata per separare i fanghi attivati dal surnatante. Il fango primario che esce dalla vasca di miscelazione e compensazione, come anche il fango in eccesso proveniente dal trattamento biologico, sono sottoposti a trattamento in una vasca di stabilizzazione per i fanghi. La disidratazione viene spesso effettuata per ridurre il volume dei fanghi da smaltire. Questa operazione, in gran parte svolta da apparecchiature meccaniche che eliminano l'acqua mediante pressione, è talvolta seguita da un processo di essiccazione. Prima di effettuare la disidratazione, è possibile impiegare addensanti (polielettroliti) per rendere i fanghi più densi. I parametri più comunemente monitorati per stabilire i requisiti degli effluenti degli scarichi idrici sono il fabbisogno chimico di ossigeno (COD), i solidi sospesi (SS), l'azoto totale (N-tot, TKN), l'azoto ammoniacale, il solfuro (S2-), il cromo (totale), il contenuto di grassi, il pH e la temperatura, i cloruri e/o solfati (Cl-,SO42-). Di rado si determinano i solidi totali disciolti (TDS), il fosforo (P totale), i composti organici alogenati adsorbibili (AOX), i tensioattivi, i pesticidi, i fenoli e la tossicità per i pesci. Di routine, nel distretto industriale di Solofra, vengono monitorati dal Soggetto Attuatore, gestore dell’impianto di depurazione, i parametri: fabbisogno chimico di ossigeno (COD), i solidi sospesi totali (SST), azoto ammoniacale, solfuro (S2-), il cromo (totale), cloruri. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.56/80 La composizione delle acque reflue varia enormemente tra una conceria e l'altra. Si stima che un efficace utilizzo dei prodotti chimici nel processo porti a un assorbimento fino al 15% circa nel prodotto finale, il che significa che il restante 85% va a finire nei rifiuti o negli scarichi idrici. La tabella 2 illustra la composizione di un effluente di conceria medio in ingresso agli stabilimenti del comprensorio di S. Croce - Val d’Arno: Aquarno, Cuoiodepur e F.I.C.; essi lavorano le acque reflue di circa 150 - 400 concerie. Tabella 2 – Composizione di un effluente di conceria medio Il problema maggiore di questi scarichi è rappresentato dall’elevata concentrazione di COD e dal contenuto di sali, nonché dall’elevata quantità di fanghi prodotti dal processo depurativo. I dati riportati nella tabella 3 mostrano valori di consumo e di parametri di scarico per alcune tipologie di materia prima e per fasi di processo. Tabella 3 – Valori di consumo e di parametri di scarico Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.57/80 Circa il 60 % del cloruro totale di conceria deriva dal sale usato per la conservazione e rilasciato negli effluenti di rinverdimento. Il resto deriva dal piclaggio e in certa misura dai processi di concia e tintura. Circa il 75 % del carico di BOD e COD è prodotto nel reparto riviera con la quota maggiore derivante dalla depilazione che non usa una tecnica per salvare il pelo. Una quota significativa del carico di COD (circa il 45 %) e di BOD (circa il 50 %) viene dalla calcinazione/depilazione. La calcinazione/depilazione è anche il principale responsabile della produzione di SS (circa il 60 %). Complessivamente i parametri di scarico del reparto riviera ammontano al 90 % del totale di SS. La maggior parte delle sostanze azotate totali (TKN) provengono dal processo di calcinazione. Le operazioni del reparto riviera nel loro insieme costituiscono circa l'85 % del carico di TKN della conceria. Circa il 65 – 70 % del cromo totale negli effluenti proviene dalla concia; solo una modesta quota è derivata dai processi a umido postconcia, dalla sgocciolatura e dalla messa a vento. L'acqua di scarico proveniente dai processi del reparto riviera (rinverdimento, scarnatura, depilazione e calcinazione) e dal relativo risciacquo contiene sostanze rilasciate dalle pelli, sporcizia, sangue, sterco (alti livelli di BOD e SS), calce residua (a seconda del processo di calcinazione) e solfuri. Quest'acqua presenta inoltre un alto contenuto di sale e un'elevata alcalinità. Le acque usate per la decalcinazione e macerazione contengono solfuri, sali di ammonio e di calcio (a seconda del processo di decalcinazione) e presentano una bassa alcalinità. Dopo il processo di piclaggio e concia, i principali inquinanti delle acque reflue sono determinati dalle tecniche di concia adottate. Per la concia al cromo, si tratta di sali e acidi di cromo (pH circa 4). La concia vegetale fa aumentare il COD ed eventualmente la concentrazione di fenoli. Sono diffuse anche le combinazioni di tecniche di concia diverse. Gli effluenti provengono dalle operazioni di piclaggio, concia, sgocciolatura, messa a vento e post-concia. Se si effettua l’ingrasso, nelle acque di scarico si trovano anche altre sostanze che dipendono, anche in questo caso, dalle tecniche usate. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.58/80 6.4 RIFIUTI La produzione dei rifiuti nelle singole fasi di lavoro può essere così riassunta: Dal punto di vista normativo la classificazione CER dei rifiuti tipicamente prodotti in una CONCERIA TIPO è la seguente: 040101 carniccio e frammenti di calce 040102 rifiuti di calcinazione 040103 bagni di sgrassatura esauriti contenenti solventi senza fase liquida 040104 liquido di concia contenente cromo 040105 liquido di concia non contenente cromo 040106 fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti cromo 040108 cuoio conciato (scarti, cascami, ritagli, polveri di lucidatura) contenenti cromo 040109 rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura 040199 rifiuti non specificati altrimenti Nella tabella seguente è riportata la produzione di rifiuti in funzione della famiglia rifiuti : Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.59/80 Fonte: Ecocerved Elaborazione dati MUD, Tonnellate) Tabella 4 - Produzione di rifiuti in funzione della famiglia rifiuti (Anno 2009) La produzione conciaria genera una grande quantità di rifiuti, soprattutto organici. La quantità di rifiuti prodotti da una conceria dipende dal tipo di cuoio prodotto, dall’origine delle pelli e dalle tecniche applicate. I rifiuti conciari hanno una natura ed una provenienza molto varia poiché ogni fase del processo genera una quantità più o meno rilevante di scarti. La tabella sottostante mostra i rifiuti inclusi nel Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER) specifici del settore concia, quelli pericolosi sono contrassegnati con un asterisco. Tipologia Codice rifiuto Carniccio e frammenti di calce 040101 Rifiuti di calcinazione 040102 Bagni di sgrassatura esauriti contenenti solventi senza fase liquida 040103* Liquido di concia contenente cromo 040104 Liquido di concia non contenente cromo 040105 Fanghi prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti cromo 040106 Fanghi prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, non contenenti cromo 040107 Cuoio conciato (scarti, cascami, ritagli, polveri di lucidatura) contenenti cromo 040108 Rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura 040109 Rifiuti non specificati altrimenti 040199 Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.60/80 Analizziamo la produzione specifica del settore concia nel comparto di Solofra, che ammonta complessivamente a 15.454 di rifiuti speciali. La produzione totale dei rifiuti tipici del processo conciario (fam. 04) rappresenta più del 74% della produzione di rifiuti del Distretto di Solofra e poco più del 16% dei rifiuti speciali prodotti nei Comuni che formano il Distretto conciario di Solofra (in totale 69.998t). La produzione dei rifiuti speciali riportata nella tabella sottostante è quella dichiarata dai produttori obbligati alla dichiarazione MUD dalla normativa vigente nell’anno 2009. Fonte: Ecocerved Elaborazione dati MUD, Tonnellate) Tabella 5 – Produzione dichiarata rifiuti derivanti dal processo conciario CER 04 nel Distretto Solofra (2009) La maggiore produzione, è rappresentata da scarti, cascami, ritagli e polveri contenenti cromo (codice CER 04 01 08). Altro dato importante nella stessa famiglia è il fango prodotto dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti cromo (CER 04 01 06) che si mantiene piuttosto costante nel tempo per il 2008 il dato è 1.133 t a fronte per il 2007 di 1.831 t . Si registra una diminuzione negli anni delle quantità attribuite ai codici da 04 01 04 a 04 01 05 ( nel 2003 se ne contavano 14.802 t ) è indicativo della crescente importazione di materie prime allo stato grezzo in quanto rifiuti caratteristici delle prime fasi di lavoro del ciclo conciario. Un altro rifiuto che tende a diminuire è lo 040199 rifiuti non specificati altrimenti, segnale positivo di un progressivo miglioramento della capacità delle aziende di classificare il proprio rifiuto. di un progressivo miglioramento della capacità delle aziende di classificare il proprio rifiuto. Rifiuti famiglia 04 DICHIARATA 2007 Rif. np 040101 - carniccio e frammenti di calce 897 Rif. p DICHIARATA 2008 totale 897 Rif. np 682 Rif. p totale 682 DICHIARATA 2009 Rif. np 947 Rif. p totale 947 DICHIARATA 2010 Rif. np 667 Rif. p totale 667 Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO 040103 - bagni di sgrassatura esauriti contenenti solventi senza fase liquida 15 pag.61/80 15 - 040104 - liquido di concia contenente cromo 549 549 040105 - liquido di concia non contenente cromo 23 23 1.873 1.873 1.133 1.133 1.353 1.353 1.201 1.201 11.441 11.441 9.568 9.568 8.293 8.293 8.502 8.502 1 1 50 50 165 165 191 191 455 455 289 289 190 190 125 125 15.254 11.868 040106 - fanghi prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti cromo 040108 - cuoio conciato: cascami, scarti, ritagli, polveri di lucidatura contenenti cromo 040109 - rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura 040199 - rifiuti non specificati altrimenti Totale rifiuti famiglia 04 15.239 15 145 145 505 505 49 49 - - 11.868 11.452 - 11.452 10.735 - 10.735 Fonte: Ecocerved Elaborazione dati MUD, Tonnellate Tabella 6 – Confronto produzione dichiarata delle tipologie specifiche di rifiuti derivanti dal processo conciario CER 04 Distretto di Solofra (2007 - 2010) Il dato complessivo della produzione, e in particolare quello dei rifiuti speciali non pericolosi, risulta sottostimato dall’entrata in vigore del nuovo Testo Unico Ambientale D.Lgs. 152/2006, il quale ha apportato delle modifiche fra i soggetti obbligati alla dichiarazione MUD, in particolare togliendo l’obbligo di dichiarazione ai produttori di rifiuti speciali non pericolosi. Questa sottostima è stata attenuata con l’entrata del D.Lgs. 4/2008 che ha reintegrato l’obbligo di presentare la dichiarazione MUD per i produttori di rifiuti non pericolosi con un numero di dipendenti superiore a 10 già a partire dalla dichiarazione dei dati di produzione e gestione del (MUD 2008). Al fine di aumentare la significatività della base dati è stata messa a punto una metodologia che consente di ricavare il dato della quantità prodotta del rifiuto non pericoloso analizzando il dato fornito dai gestori, tale produzione sarà di seguito definita come “produzione ricalcolata”. Di seguito, si riporta un confronto tra i quantitativi dichiarati con il modello MUD direttamente dai soggetti obbligati, ed i quantitativi che si riscontrano sulle produzioni ricostruite attraverso le dichiarazioni dei gestori di rifiuti per l’anno 2009. Secondo i dati dichiarati dagli impianti che gestiscono i rifiuti conciari possiamo stimare che la produzione di questa tipologia di rifiuti in aziende con meno di 10 dipendenti nel Distretto di Solofra rappresenta circa il 6,2 % della produzione complessiva . DICHIARATA RICALCOLATA Rifiuti famiglia 04 Rif. np 040101 - carniccio e frammenti di calce 947 Rif. p totale Rif. np 947 1.040 Rif. p totale 1.040 Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.62/80 040104 - liquido di concia contenente cromo 040106 - fanghi prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti cromo 040108 - cuoio conciato: cascami, scarti, ritagli, polveri di lucidatura contenenti cromo 040109 - rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura 505 505 165 165 275 275 040199 - rifiuti non specificati altrimenti 190 190 207 207 Totale rifiuti famiglia 04 11.452 Totale attività economica 19 Totale rifiuti PRODOTTI Peso fam. 04 sul totale attività economica 19 Peso fam. 04 sul totale RIFIUTI PRODOTTI Peso attività economica 19 sul TOTALE PRODOTTO 15.391 965 965 1.353 1.353 1.453 1.453 8.293 8.293 8.322 8.322 63 11.452 12.261 - 12.261 15.454 69.503 495 69.998 74,41% 16,48% 0,00% 0,00% 74,11% 16,36% 22,14% 12,71% 22,08% Fonte: Ecocerved Elaborazione dati MUD, Tonnellate Tabella 7 – Confronto produzione dichiarata e ricostruita delle tipologie specifiche di rifiuti derivanti dal processo conciario CER 04 Distretto di Solofra (2009) Ai rifiuti solidi prodotti durante le varie fasi di processo (carniccio, ritagli di pelle, prodotti di rasatura etc) si affiancano i fanghi di risulta prodotti con la depurazione dei reflui conciari di natura: • Chimica; • Biologica. EMISSIONI IN ATMOSFERA Si possono avere emissioni in atmosfera sia da parte del processo di lavorazione vero e proprio, che da parte dei depuratori e degli accumuli di rifiuti solidi. Le emissioni derivanti dal processo sono: • Idrogeno solforato H2S (acido solfidrico); • Ammoniaca NH3 ; • C.O.V. ; • Polveri. In particolare, l’idrogeno solforato, per la bassa soglia di olfattività, la tossicità e l’odore particolarmente sgradevole, è considerato la “sostanza tracciante” da prendere come riferimento per tutte le valutazioni dell’inquinamento atmosferico connesso con la lavorazione delle pelli nelle fasi di rinverdimento. Inoltre è da porre attenzione anche alla fase di rifinizione dove le emissioni di C.O.V. e polveri sono condizionate dalla varianza di articoli prodotti. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.63/80 Per limitare le emissioni maleodoranti dell’impianto di depurazione acque e del trattamento fanghi, si è provveduto in molti casi a coprire l’impianto di trattamento acque e la linea fanghi, nonché a convogliare le emissioni gassose ad un trattamento con ozono. 6.5 ASPETTI AMBIENTALI INDIRETTI Secondo il Regolamento EMAS n.1221/2009 all’allegato I, “gli aspetti ambientali indiretti sono quelli che possono derivare dall’interazione di un’organizzazione con terzi che possono essere influenzati in misura ragionevole, dall’organizzazione”. “Gli aspetti ambientali indiretti riguardano gli elementi inclusi nel seguente elenco non esaustivo: I. aspetti legati al ciclo di vita del prodotto (progettazione, sviluppo, imballaggio, trasporto, uso e recupero/smaltimento dei rifiuti) II. investimenti di capitale, concessione di prestiti e servizi assicurativi III. nuovi mercati IV. scelta e composizione dei servizi (ad esempio trasporto o servizi di ristorazione) V. decisioni amministrative e di programmazione VI. assortimento dei prodotti VII. prestazioni e pratiche ambientali degli appaltatori, subappaltatori e fornitori. Il grado di controllo e la capacità di influenza, quantificate secondo una opportuna scala di riferimento, sono criteri per l’analisi della significatività degli aspetti ambientali indiretti. Se l’organizzazione progetta, coordina e sorveglia attività di soggetti esterni all’organizzazione, si valuta se: i contratti o capitolati d’appalto con i soggetti esterni (direttamente responsabili dell’aspetto) includono richieste relative all’aspetto in questione; vengono regolarmente effettuati controlli sistematici sul soggetto esterno relativamente alla gestione dell’aspetto considerato. Per altri aspetti connessi alle attività dell’organizzazione che sono controllati direttamente dai soggetti terzi, si valuta se: vengono inviate richieste esplicite od offerti incentivi al soggetto esterno per favorire la corretta gestione degli aspetti indiretti vengono regolarmente coinvolti i soggetti esterni per coordinare le attività che producono un aspetto indiretto. Le aziende del Distretto di Solofra sono di piccole dimensioni e non hanno potere contrattuale nei confronti dei fornitori (soprattutto grandi imprese chimiche) pertanto il grado di influenza che possono esercitare nei confronti di queste aziende per la gestione degli aspetti ambientali indiretti è praticamente nullo. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.64/80 Allegato 1 – PREVENZIONE INCENDI La normativa antincendio si pone come obiettivo il raggiungimento di standard di sicurezza di tipo europeo, attraverso l'adeguamento ad una serie di prescrizioni normative di diverso tipo: di tipo strutturale, di tipo impiantistico e di tipo comportamentale. Gli obblighi in materia di sicurezza antincendio e la responsabilità dell’azienda per il loro corretto adempimento trovano fondamento in numerose disposizioni. Di seguito sono indicate quelle fondamentali alla gestione. NORMATIVA • D.M. 10 marzo 1998 Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro; • D.M. 4 maggio 1998 Contenuto delle domande per il certificato prevenzioni incendi; • D. Lgs. 8 marzo 2006 n. 139, Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell’articolo 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229; • D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro; • D.P.R. 1 agosto 2011 n°151 Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, a norma dell'articolo 49, comma 4quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. • Circolare n.12653 del 23 Febbraio 2011 Obbligatorietà dell'aggiornamento formativo per addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze. IDENTIFICAZIONE DELLE ATTIVITA’ Il regolamento di semplificazione abroga completamente sia il D.P.R. n. 37 del 12/01/1998 che il D.M. 16/02/1982 (concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi), introducendo nel suo Allegato I un nuovo elenco di attività soggette ai controlli dei VV.F., distinte in tre categorie, denominate A, B, C. 1. nella categoria A sono state inserite quelle attività dotate di “regola tecnica” di riferimento e contraddistinte da un limitato livello di complessità, legato alla consistenza dell'attività, all'affollamento ed ai quantitativi di materiale presente; 2. nella categoria B sono state inserite le attività presenti in A, quanto a tipologia, ma caratterizzate da un maggiore livello di complessità, nonché le attività sprovviste di una specifica regolamentazione tecnica di riferimento, ma comunque con un livello di complessità inferiore al parametro assunto per la categoria “superiore”, cioè la C; Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.65/80 3. nella categoria C sono state inserite le attività con alto livello di complessità, indipendentemente dalla presenza o meno della 'regola tecnica', soggette a Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I.). Tali categorie, costituite per suddividere ulteriormente la singola attività in funzione di parametri di complessità (numero di addetti, volumi di materiali presenti, potenzialità, etc.) determinano procedure differenti, che saranno indicate in uno specifico decreto del Ministero dell’Interno. Nelle more dell'emanazione del nuovo regolamento recante la disciplina delle modalità di presentazione delle istanze per l'avvio dei procedimenti di prevenzione incendi, continueranno a trovare applicazione le disposizioni contenute nel D.M. 4 maggio 1998. Ai sensi del D.P.R. 1 agosto 2011 n°151 le attività soggette a prevenzione incendi ricorrenti nelle concerie sono1: Tema Potenziale rischio Riferimenti di legge (D.M. 16/02/1982) Riferimenti di legge (D.P.R. 1 agosto 2011 n°151) Gas Esplosioni dovute a fughe di gas e conseguenti possibili incendi 3) Depositi e rivendite di gas combustibili in bombole: a) compressi: - per capacità complessiva da 0,75 a 2 m3 - per capacità complessiva superiore a 2 m3 b) disciolti e liquefatti (in bombole o bidoni): - per quantitativi complessivi da 75 a 500 kg - per quantitativi complessivi superiori a 500 kg ---------------------------------4) Depositi di gas combustibili in serbatoi fissi: a) compressi: - per capacità complessiva da 0,75 a 2 m3 - per capacità complessiva superiore a 2 m3 b) disciolti o liquefatti: - per capacità complessiva da 0,3 a 2 m3 - per capacità complessiva superiori a 2 m3 3) Impianti di riempimento, depositi, rivendite di gas infiammabili in recipienti mobili: a) compressi con capacità geometrica complessiva superiore o uguale a 0,75 m3; b) disciolti o liquefatti per quantitativi in massa complessivi superiori o uguali a 75 kg 5) Depositi di gas comburenti in ---------------------------------- 1 ---------------------------------4) Depositi di gas infiammabili in serbatoi fissi: a) compressi per capacità geometrica complessiva superiore o uguale a 0, 75 m3 b)disciolti o liquefatti per capacità geometrica complessiva superiore o uguale a 0,3 m3 L’identificazione delle attività va condivisa con il Comando dei Vigili del Fuoco locale. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO Prodotti chimici Innesco dovuto a reazione tra sostanze diverse con produzione di calore o al calore prodotto dalla sostanza stessa pag.66/80 serbatoi fissi: a) compressi per capacità complessiva superiore a 3 m3 b) liquefatti per capacità complessiva superiore a 2 m3 5) Depositi di gas comburenti compressi e/o liquefatti in serbatoi fissi e/o recipienti mobili per capacità geometrica complessiva superiore o uguale a 3 m3 12) Stabilimenti ed impianti ove si producono e/o impiegano liquidi infiammabili (punto di infiammabilità fino a 65° c) con quantitativi globali in ciclo e/o in deposito superiori a 0,5 m3 10) Stabilimenti ed impianti ove si producono e/o impiegano, liquidi infiammabili e/o combustibili con punto di infiammabilità fino a 125 °C, con quantitativi globali in ciclo e/o in deposito superiori a 1 m3 13) Stabilimenti ed impianti ove si producono e/o impiegano liquidi combustibili con punto di infiammabilità da 65° c a 125° c, per quantitativi globali in ciclo o in deposito superiori a 0,5 m3 --------------------------------15) Depositi di liquidi infiammabili e/o combustibili: a) per uso industriale o artigianale con capacità geometrica complessiva da 0,5 a 25 m3 b) per uso industriale o artigianale o agricolo o privato, per capacità geometrica complessiva superiore a 25 m3 16) Depositi e/o rivendite infiammabili e/o combustibili per uso commerciale: - per capacità geometrica complessiva da 0,2 a 10 m3 - per capacità geometrica complessiva superiore a 10 m3 17) Depositi e/o rivendite di oli lubrificanti, di oli diatermici e simili per capacità superiore ad 1 m3 --------------------------------19) Stabilimenti ed impianti ove si producono, impiegano o detengono vernici, inchiostri e lacche infiammabili e/o combustibili con quantitativi globali in ciclo e/o in deposito --------------------------------12) Depositi e/o rivendite di liquidi infiammabili e/o combustibili e/o oli lubrificanti, diatermici, di qualsiasi derivazione, di capacità geometrica complessiva superiore a 1 m3 --------------------------------Assimilabile, previa valutazione del titolare dell'attivita', ad attivita' 10) come sopra ed 11) Stabilimenti ed impianti per la preparazione di oli lubrificanti, oli Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.67/80 superiori a 500 kg diatermici e simili, con punto di infiammabilita' superiore a 125 gradi C, con quantitativi globali in ciclo e/o in deposito superiori a 5 m3 Caldaia Esplosioni dovute a fughe di gas e conseguenti possibili incendi oppure incendi dovuti al cattivo funzionamento di bruciatori e dispositivi di arresto automatico del combustibile 91) Impianti per la produzione del calore alimentati a combustibile solido, liquido o gassoso con potenzialità superiore a 100.000 kcal/h 74) Impianti per la produzione di calore alimentati a combustibile solido, liquido o gassoso con potenzialità superiore a 116 kW Energia elettrica Innesco dovuto al funzionamento difettoso del dispositivo elettrico, surriscaldamento di un conduttore, corto circuito 64) Gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con motori endotermici di potenza complessiva superiore a 25 kW 49) Gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con motori endotermici ed impianti di cogenerazione di potenza complessiva superiore a 25 kW. Struttura/ stabilimento Il rischio dipende 1. dal tipo di costruzione 2. dall’attività esercitata 3. dal comportamento a fuoco dei materiali trattati 4. dal tipo di stoccaggio di tali prodotti 5. dal numero di occupanti. 49) Industrie dell'arredamento, dell'abbigliamento e della lavorazione della pelle; calzaturifici: - da 25 a 75 addetti - oltre 75 addetti --------------------------------88) Locali adibiti a depositi di merci e materiali vari con superficie lorda superiore a 1.000 m2 39) Stabilimenti per la produzione di arredi, di abbigliamento, della lavorazione della pelle e calzaturifici, con oltre 25 addetti Le sorgenti di innesco ipotizzabili sono: - guasti di natura elettrica alle apparecchiature elettriche e di illuminazione - uso non autorizzato di fiamme libere - presenza non consentita di fumatori - eventi naturali o accidentali --------------------------------95) Vani di ascensori e montacarichi in servizio privato, aventi corsa sopra il piano terreno maggiore di 20 metri, installati in edifici civili aventi altezza in gronda maggiore di 24 metri e quelli installati in edifici industriali di cui all'art. 9 del D.P.R. 29 maggio 1963, n. 1497 --------------------------------70) Locali adibiti a depositi di superficie lorda superiore a 1000 m2 con quantitativi di merci e materiali combustibili superiori complessivamente a 5.000 kg --------------------------------N.B. Attivita' sopprressa. L'attivita' e' stata eliminata in quanto considerata un elemento costruttivo, da valutare nell'ambito della specifica attivita' soggetta. Non e' necessario alcun versamento. Nuovi impianti: presentazione progetto antincendio Gli enti e i privati responsabili delle attività elencate nell’Allegato I, categorie B e C, sono tenuti a richiedere, con apposita istanza al Comando dei Vigili del Fuoco competente territorialmente, l’esame dei progetti relativi a nuovi impianti e insediamenti. Analogamente si deve procedere in Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.68/80 caso di modifiche successive ad impianti esistenti, comportanti aggravio delle condizioni di sicurezza antincendio. Le modalità specifiche e la documentazione costituente il progetto di prevenzione incendi da sottoporre a verifica dai parte dei Tecnici del Comando dei VVF devono essere stabilite da apposito decreto del Ministero dell’Interno che dovrà essere emanato. Per quanto riguarda la tempistica, il Comando dei VV.F. dovrà esaminare il progetto entro 30 giorni, richiedendo eventualmente documentazione integrativa, pronunciandosi sulla conformità del progetto entro 60 giorni dalla data di presentazione. La novità pertanto è che le attività dell’elenco di cui Allegato I, categoria A, del D.P.R. n. 151, non sono soggette ad approvazione preventiva in fase di progetto da parte del Comando dei VV.F. A titolo di esempio non esaustivo, rientrano tra queste attività escluse dalla verifica progettuale preventiva da parte del Comando dei Vigili del Fuoco (ma comunque soggette a rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi): 1. i depositi di bombole di GPL con capacità complessiva inferiore a 300 kg e i depositi di GPL in serbatoi fissi fino a 5 m3; 2. gruppi elettrogeni di potenzialità superiore a 25 kW e fino a 350 kW; 3. alberghi con più di 25 posti letto e fino a 50 posti letto; 4. scuole con affollamento inferiore a 150 persone; 5. locali adibiti ad esposizione (ad esempio negozi) con superficie superiore a 400 m2 e fino a 600 m2; 6. centrali termiche di potenzialità superiore a 116 kW ma inferiore a 350 kW Come si può notare, generalmente per ogni attività rimangono comunque dei limiti minimi da superare per essere soggetti a Certificato di Prevenzione Incendi. Si evidenzia anche che, per quanto riguarda le tariffe richieste dai Comandi dei Vigili del Fuoco per l'espletamento dei servizi di verifica progetto e rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi, per le nuove attività inserite nell'Allegato I (non presenti nel precedente elenco del D.M. 16/02/1982), si applicano le tariffe già previste per le attività di analoga complessità, secondo la tabella di equiparazione riportata nell'Allegato II. Nella tabella che segue sono previsti gli adempimenti in relazione alle tipologie svolte nell’azienda e al numero di dipendenti. Procedimenti nel periodo transitorio Il periodo transitorio è regolamentato dall’articolo 11 del d.P.R. 151/11 che analizza sia le fattispecie che si vengono a configurare per le nuove attività soggette, sia quelle riconducibili a procedimenti avviati con il d.P.R 37/98 e non ancora conclusi. Proprio in merito a questa casistica si forniscono le seguenti indicazioni: a) Attività che, in virtù della nuova normativa, dovessero risultare non più soggette ai controlli di prevenzione incendi. Il Comando provinciale comunicherà ai titolari delle attività interessate che, a seguito dell’entrata in vigore del nuovo regolamento, non risultano più soggette ai controlli di prevenzione incendi e Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.69/80 pertanto per dette attività non esprimerà pareri di merito, rimandando comunque al rispetto della normativa tecnica di riferimento o ai criteri generali di prevenzione incendi. b) Attività per cui, all’entrata in vigore del nuovo regolamento, il titolare abbia presentato istanza di parere di conformità ai sensi dell’articolo 2 del d.P.R. 37/98 ed il Comando non abbia ancora emesso parere. Il Comando provinciale concluderà comunque il procedimento con l’emissione del parere che avrà gli stessi effetti di quello rilasciato, per le attività in categoria B e C, ai sensi dell’articolo 3 (Valutazione dei progetti) del nuovo regolamento. c) Attività per cui il titolare ha acquisito il parere di conformità di cui all’articolo 2 del d.P.R. 37/98 e alla data di entrata in vigore del nuovo regolamento non ha ancora completato l’opera. Ai sensi del comma 6 dell’articolo 11 del d.P.R. 151/11, gli interessati devono espletare, prima di dare inizio all’attività, gli adempimenti di cui al comma 1 dell’articolo 4 del nuovo regolamento presentando la SCIA. Il parere di conformità ex articolo 2 del d.P.R 37/98 terrà luogo alla valutazione del progetto ex articolo 3 del d.P.R. 151/11. d) Attività per cui il titolare ha inoltrato la richiesta di CPI ex articolo 3 del d.P.R 37/98 e alla data di entrata in vigore del nuovo regolamento il Comando non ha ancora concluso il procedimento. d.1) Il titolare ha presentato la dichiarazione di inizio attività (DIA) ai sensi del comma 5 dell’articolo 3 del d.P.R 37/98 all’atto della richiesta di CPI: Tenuto conto che l’articolo 49 comma 4-ter della legge 122/10 prevede che “Le espressioni “segnalazione certificata di inizio di attività” e “Scia” sostituiscono, rispettivamente, quelle di “dichiarazione di inizio di attività” e “Dia”, ovunque ricorrano, anche come parte di una espressione più ampia”, per questa casistica si ritiene che la presentazione della DIA ex comma 5 dell’articolo 3 del d.P.R 37/98 assolva l’obbligo della presentazione della SCIA ex comma 1 dell’articolo 4 del d.P.R. 151/11. Il Comando provvederà quindi alla ricatalogazione della pratica in funzione della nuova declaratoria dell’attività e della categorizzazione in A, B o C. Nei casi in cui l’attività ricadesse in categoria C dovrà essere effettuato il sopralluogo di controllo ai sensi del comma 3 dell’articolo 4 del d.P.R. 151/11. In questo caso la data a cui far riferimento, anche ai fini del rinnovo, sarà quella dell’entrata in vigore del nuovo regolamento. d.2) Il titolare dell’attività non ha presentato la dichiarazione di inizio attività (DIA) ai sensi del comma 5 dell’articolo 3 del d.P.R 37/98 all’atto della richiesta di CPI: il Comando provvederà alla ricatalogazione della pratica in funzione della nuova declaratoria dell’attività e della categorizzazione in A, B o C e comunicherà al titolare delle attività in categoria A e B che esiste la possibilità di avvalersi, per l’esercizio dell’attività, della presentazione della SCIA ex comma 1 dell’articolo 4 del d.P.R. 151/11. In questo caso la documentazione da presentare dovrà integrare quella già in possesso al Comando. Per avvalersi di tale possibilità, dovrà presentare la SCIA entro trenta giorni dalla comunicazione da parte del Comando e procederà ai sensi del comma 2 dell’articolo 4 del d.P.R. 151/11. Nei casi in cui l’attività ricadesse in categoria C, ed anche nel caso in cui il Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.70/80 titolare delle attività in categoria A o B non intendesse avvalersi della possibilità di presentare la SCIA, il procedimento verrà concluso ai sensi dell’articolo 4 del nuovo regolamento con l’effettuazione della visita tecnica, ritenendo così valida l’istanza presentata ai sensi dell’articolo 3 del d.P.R 37/98. e) L’attività è in possesso del CPI ex articolo 3 del d.P.R 37/98 con scadenza dopo l’entrata in vigore del nuovo regolamento. Ai sensi del comma 5 dell’articolo 11 del nuovo regolamento, alla scadenza del CPI ex articolo 3 del d.P.R 37/98, il responsabile dell’attività deve espletare gli adempimenti prescritti all’articolo 5 del d.P.R 151/11 presentando l’attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio. Per le attività con scadenza “una tantum” già previste dal decreto del Ministro dell’interno 16 febbraio 1982 e riportate ai numeri 6, 7, 8, 64, 71, 72 e 77 dell’allegato I del nuovo regolamento, la presentazione dell’attestazione è scaglionata secondo un programma temporale indicato nel citato articolo 11 del d.P.R 151/11. f) Attività esistenti, in precedenza non assoggettate ai controlli che, a seguito dell’entrata in vigore dal nuovo regolamento, risultano ora comprese nell’allegato I. Le nuove attività inserite nell’allegato I, esistenti alla data di pubblicazione del nuovo regolamento, dovranno espletare i prescritti adempimenti entro un anno dalla data di entrata in vigore. Pertanto entro il 6 ottobre 2012 i titolari di tali tipologie di attività dovranno aver concluso i prescritti adempimenti. In sintesi nella seguente tabella sono riportati tutti gli adempimenti SOGGETTO INTERESSATO ADEMPIMENTO Tutte le attività produttive con lavoratori dipendenti 1. Certificato di Prevenzione Incendi 2. Valutazione rischio incendio Tutte le attività Le attività di produttive con più cui al DPR di 10 lavoratori 151/2011 X X X X X 3. Nomina squadra di emergenza X X X 4. Formazione della squadra di emergenza X X X X X 5. Attestazione di idoneità tecnica 6. Piano di emergenza X 7. Registro antincendio 8. Formazione antincendio X X X 9. Addestramento (prove di evacuazione) X X X Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.71/80 Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.72/80 DOCUMENTAZIONE ANTINCENDIO 1. Certificato di Prevenzione Incendi (CPI) 2. Rinnovo Certificato di Prevenzione Incendi (CPI) 3. Valutazione rischio incendio 4. Nomina squadra di emergenza (Formazione della squadra di emergenza) 5. Piano di emergenza 6. Registro antincendio 7. Formazione antincendio 8. Addestramento (prove di evacuazione) 1. Certificato di prevenzione incendi (C.P.I.) ( Art.16 D. Lgs. 8/3/2006 n. 139, Artt .3-4 D.P.R. 151 agosto 2011, Art.2 e 3 D.M. 10 marzo 1998 n. 37) I titolari delle attività soggette alla richiesta di Certificato Prevenzione Incendi devono, se trattasi di nuova attività, attivare la procedura prevista per il rilascio del Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I.). Il Certificato di Prevenzione Incendi (C.P.I.) è un benestare, rilasciato dal Comando provinciale dei Vigili del fuoco, che attesta l'adeguatezza delle misure e dei provvedimenti adottati per la sicurezza antincendio, costituendo, ai soli fini antincendio, il nulla osta all'esercizio dell'attività. Il rilascio del certificato di prevenzione incendi è subordinata alla richiesta al Comando provinciale dei Vigili del fuoco della visita sopralluogo che accerti l'effettiva adozione delle misure di sicurezza previste nel progetto approvato e l'adempimento delle eventuali prescrizioni aggiuntive formulate dallo stesso Comando all'atto del rilascio del parere di conformità. Nel certificato sono indicati, tra l'altro, i divieti, le limitazioni e le condizioni di esercizio da osservare ai fini della sicurezza, nonché i dispositivi, gli impianti e le attrezzature antincendio che devono essere presenti e perfettamente funzionanti. Qualora venga riscontrata la mancanza dei requisiti di sicurezza richiesti, il Comando ne dà immediata comunicazione all'interessato e alle Autorità competenti (Sindaco, Prefetto, ecc.) ai fini dell'adozione dei relativi provvedimenti. 2.Rinnovo del certificato di prevenzione incendi (Art. 5 D.P.R. 151 agosto 2011, Art. 4 D.P.R.12 gennaio 1998, Art.4 D.M. 10 marzo 1998) Tutti i Certificati di Prevenzione Incendi (CPI) sono soggetti a rinnovo quinquennale, ad eccezione delle attività di cui ai numeri 6, 7, 8, 64, 71, 72 e 77 dell’elenco di cui Allegato I del D.P.R. n. 151/11, per le quali il Certificato di Prevenzione Incendi (CPI) ha durata pari a 10 anni. In ogni caso il rinnovo avviene mediante dichiarazione di “situazione non mutata”, in modo del tutto analogo a quanto già previsto dal D.P.R. n. 37 del 12/01/1998. In particolare Il certificato di prevenzione incendi rilasciato dal al Comando provinciale dei Vigili del fuoco ha validità fino alla data di scadenza indicata sullo stesso: quest'ultima è fissata in base Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.73/80 alla periodicità dei controlli stabilita nel decreto del D.M. 16 febbraio 1982 che, a sua volta, dipende fondamentalmente dalla rilevanza del rischio connessa alle attività (che emerge dalla Valutazione del Rischio punto 3.) e alla maggiore o minore frequenza di modifiche delle situazioni ambientali, impiantistiche e dei processi produttivi. Due sono gli intervalli di tempo da interporre fra successivi controlli: il primo di tre ed il secondo di sei anni. Indipendentemente dalla data di scadenza, ogni modifica delle strutture o degli impianti ovvero delle condizioni di esercizio delle attività, che comporti una alterazione delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio (ampliamenti, modifiche al sistema di vie di esodo, variazioni significative del carico di incendio, trasformazione dei processi lavorativi, incremento dell'affollamento, ecc.), obbliga l'interessato a darne tempestiva comunicazione al Comando provinciale dei Vigili del fuoco e ad avviare gli adempimenti previsti per il rilascio di un nuovo certificato di prevenzione incendi che tenga conto della mutata situazione dei luoghi. Ciò premesso il Comando provvede senza l'obbligo di effettuare il sopralluogo di verifica, sulla base unicamente di atti documentali prodotti dall'interessato in allegato alla domanda di rinnovo del certificato. Questa deve essere redatta secondo il modello, e va presentata al Comando provinciale dei Vigili del fuoco competente per territorio in tempo utile e comunque prima della scadenza del certificato, completa dei seguenti allegati: 1. copia del certificato di prevenzioni incendi in scadenza; 2. dichiarazione a firma del responsabile dell'attività, redatta secondo il modello e resa, secondo le forme di legge, come atto notorio o dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà; 3. perizia giurata modello attestante l'efficienza dei dispositivi, dei sistemi e degli impianti finalizzati alla protezione attiva antincendi, con esclusione degli estintori portatili e carrellati, resa da professionista abilitato ed iscritto negli elenchi del Ministero dell'Interno, ai sensi della legge 7 dicembre 1984, n. 818; 4. attestato del versamento a favore della Tesoreria provinciale dello Stato. Il Comando, verificata la documentazione prodotta, provvede a rilasciare il certificato rinnovato. Nulla esclude, comunque, che i Comandi possano dare luogo all'accertamento della sussistenza delle condizioni di sicurezza antincendio, a suo tempo verificata, mediante sopralluoghi presso le attività interessate, sia prima che dopo il rilascio del C.P.I 3) Valutazione rischio incendio (art. 46 D.Lgs. 81/2008 - D.M. 10.03.1998 - D.M. 16.02.2007 D.M. 09.03.2007) L’obiettivo della valutazione dei rischi di incendio è di consentire al datore di lavoro di prendere i provvedimenti che sono effettivamente necessari per salvaguardare la sicurezza dei lavoratori e delle altre persone presenti nel luogo di lavoro. In esito alla valutazione del rischio il datore di lavoro classifica il livello di rischio incendio del luogo di lavoro, o di singole parti del medesimo, in una delle seguenti categorie: a) livello di rischio elevato, Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.74/80 b) livello di rischio medio, c) livello di rischio basso. La valutazione del rischio di incendio deve tener conto del - tipo di attività, - materiali immagazzinati e manipolati, - attrezzature presenti nel luogo di lavoro, compreso gli arredi, - caratteristiche costruttive del luogo di lavoro, compresi i materiali di rivestimento, - dimensioni ed articolazione del luogo di lavoro, - numero di persone presenti, siano esse lavoratori dipendenti che altre persone, e della loro prontezza ad allontanarsi in caso di incendio. La valutazione dei rischi di incendio si articola nelle seguenti fasi (All. I D.M. 10.03.1998 - punto 1.4): a) individuazione di ogni pericolo di incendio (es. sostanze facilmente combustibili e infiammabili, sorgenti di innesco, situazioni che possono determinare la facile propagazione dell’incendio); b) individuazione dei lavoratori e di altre persone presenti nel luogo di lavoro esposte a rischi di incendio; c) eliminazione o riduzione dei pericoli di incendio; d) valutazione del rischio residuo di incendio; e) verifica della adeguatezza delle misure di sicurezza esistenti ovvero individuazione di eventuali ulteriori provvedimenti e misure necessarie ad eliminare o ridurre i rischi residui di incendio. Il Documento di Valutazione dei Rischi deve avere data certa e contenere: • relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa; • indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, • il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza; • l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri ; • l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio; • l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.75/80 4. Nomina squadra di emergenza ( D.M. 10 marzo 1998) l datore di lavoro deve nominare la squadra di emergenza. Gli addetti della squadra devono seguire idoneo corso di formazione della durata di 4, 8, 16 ore in funzione del livello di rischio incendio (basso, medio, elevato). I lavoratori non possono rifiutare la designazione se non per giustificato motivo che dovrà essere notificato per iscritto e che i lavoratori designati dovranno seguire apposito corso di formazione così come previsto dal D.M. 10/03/98 5. Piano di Emergenza (Art. 46 D.Lgs. 9 aprile 2008 n.81, Allegato VIII D.M. 10 marzo 1998) Scopo del Piano di Emergenza quello di: informare i lavoratori sul comportamento da adottare in caso di emergenza; affrontare l’emergenza immediatamente per contenerne gli effetti e riportare rapidamente la situazione in condizioni di normale esercizio; pianificare le azioni necessarie per proteggere sia il personale ed i collaboratori, addetti delle ditte appaltatrici e gli eventuali visitatori. Formano parte integrante del Piano le planimetrie degli edifici esposte lungo i corridoi, indicanti: le vie di fuga in caso di evacuazione le uscite di sicurezza i punti di raccolta i presidi antincendio (estintori, idranti) il pulsante di sgancio generale dell’ impianto elettrico le valvole di intercettazione combustibile dell'impianto termico i pacchetti di medicazione Il Piano di Emergenza deve contenere: • Classificazione delle emergenze • Addetti al primo intervento • Aggiornamento e revisione del Piano Il Piano di Emergenza verrà aggiornato ogni qualvolta necessario per: variazioni avvenute negli edifici sia per quanto attiene agli edifici stessi ed agli impianti, sia per quanto riguarda le modifiche nell’ attività svolta nuove informazioni che si rendono disponibili variazioni nella realtà organizzativa che possano avere conseguenze per quanto riguarda la sicurezza esperienza acquisita mutate esigenze della sicurezza e dello sviluppo della tecnica e dei servizi disponibili. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.76/80 6.Registro antincendio (DM 10/03/98 art.4 e All.VI, e Art.6 comma2 D.P.R. 151 agosto 2011) I sistemi, i dispositivi, le attrezzature e gli impianti antincendio necessitano di una corretta gestione e manutenzione. Su tale registro vanno annotate le verifiche, i controlli e le operazioni di manutenzione su sistemi, attrezzature ed impianti antincendio, nonché l’attività di informazione e formazione antincendio dei lavoratori L’attività di controllo, verifica e manutenzione riguarda: • estintori • idranti • porte REI • uscite di sicurezza • luci di emergenza • pulsanti di sgancio corrente elettrica • pulsanti di allarme • valvole di intercettazione gas infiammabili e/o esplosivi • rilevatori di incendio e/o gas e dispositivi di spegnimento automatico dell’incendio • evacuatori di fumo e calore • DPI antincendio e dispositivi di primo soccorso 7. Formazione antincendio (Allegato VII e IX D.M. 10 marzo 1998, art. 43 D.Lgs. 81/2008) Associato all’obbligo della elaborazione del piano di emergenza vi è pure l’obbligo del datore di lavoro di fornire ai lavoratori una adeguata "informazione e formazione" del personale" sui principi di base della prevenzione incendi e sulle azioni da attuare in presenza di un incendio. In particolare ogni lavoratore deve ricevere adeguata informazione su: a) rischi di incendio legati all’attività svolta; b) rischi di incendio legati alle specifiche mansioni svolte; c) misure di prevenzione e di protezione incendi adottate nel luogo di lavoro con particolare riferimento a: • osservanza delle misure di prevenzione degli incendi e relativo corretto comportamento negli ambienti di lavoro; • divieto di utilizzo degli ascensori per l’evacuazione in caso di incendio; • importanza di tenere chiuse le porte resistenti al fuoco; • modalità di apertura delle porte delle uscite; d) ubicazione delle vie di uscita; e) procedure da adottare in caso di incendio, ed in particolare: • azioni da attuare in caso di incendio; • azionamento dell’allarme; Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO • pag.77/80 procedure da attuare all’attivazione dell’allarme e di evacuazione fino al posto di raccolta in luogo sicuro; • modalità di chiamata dei vigili del fuoco. f) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze e pronto soccorso; g) il nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell’azienda. Inoltre, ai fini della corretta gestione dell’emergenza; per tutti i lavoratori che svolgono incarichi relativi alla prevenzione incendi, lotta antincendio, o gestione delle emergenze, deve essere garantita una specifica formazione i cui contenuti minimi sono riportati all’allegato IX. La durata dei corsi varia da 4 a 16 ore in funzione della classificazione del livello di rischio di incendio che contraddistingue l’attività; il contenuto minimo dei corsi di formazione per gli addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze deve essere compatibile con quanto indicato all’Allegato IX del decreto. 8.Addestramento - Prove di evacuazione - (Allegato VII e art. 5 D.M. 10 marzo 1998) Nei luoghi di lavoro ove, ricorre l'obbligo della redazione del piano di emergenza connesso con la valutazione dei rischi, i lavoratori devono partecipare ad esercitazioni antincendio, effettuate almeno una volta l'anno, per mettere in pratica le procedure di esodo e di primo intervento. Nei luoghi di lavoro di piccole dimensioni, tale esercitazione deve semplicemente coinvolgere il personale nell'attuare quanto segue: • percorrere le vie di uscita, • identificare le porte resistenti al fuoco, ove esistenti, • identificare la posizione dei dispositivi di allarme, • identificare l’ubicazione delle attrezzature di spegnimento. . I lavoratori devono partecipare all'esercitazione e qualora ritenuto opportuno, anche il pubblico. Tali esercitazioni non devono essere svolte quando siano presenti notevoli affollamenti o persone anziane od inferme. Una successiva esercitazione deve essere messa in atto non appena: - una esercitazione abbia rivelato serie carenze e dopo che sono stati presi i necessari provvedimenti; - si sia verificato un incremento del numero dei lavoratori; - siano stati effettuati lavori che abbiano comportato modifiche alle vie di esodo. Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.78/80 ALLEGATO Circolare n.12653 del 23 Febbraio 2011 Obbligatorietà dell'aggiornamento formativo per addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze. Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile Oggetto: Formazione addetti alla prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze (D.Lgs. 81/2008). Corsi di aggiornamento. Com'è noto il D.lgs. 81/2008 ha previsto l'obbligatorietà dell'aggiornamento periodico per i corsi in qualità di addetto antincendio e gestione delle emergenze. Poiché sempre più numerose sono le richieste di attivazione dei medesimi corsi, sia da parte degli Enti esterni che dal territorio, la scrivente Direzione, acquisito il parere della Direzione Centrale Prevenzione e Sicurezza Tecnica per quanto di competenza, trasmette in allegato il programma, i contenuti e la durata dei predetti corsi distinti per tipologia di rischio ai fini di un uniforme applicazione dell'attività formativa sull'intero territorio nazionale. IL DIRETTORE CENTRALE AGRESTA CORSO A: AGGIORNAMENTO ADDETTO ANTINCENDIO IN ATTIVITÀ A RISCHIO D'INCENDIO BASSO (DURATA 2 ORE) ARGOMENTO DURATA 1) ESERCITAZIONI PRATICHE - Presa visione del registro della sicurezza antincendi e chiarimenti sugli estintori portatili; - istruzioni sull'uso degli estintori portatili effettuata o avvalendosi di sussidi audiovisivi o tramite dimostrazione pratica 2 ore Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.79/80 CORSO B AGGIORNAMENTO ADDETTO ANTINCENDIO IN ATTIVITÀ A RISCHIO D'INCENDIO MEDIO (DURATA 5 ORE) ARGOMENTO DURATA 1) L'INCENDIO E LA PREVENZIONE - Principi della combustione; - prodotti della combustione; - sostanze estinguenti in relazione al tipo di incendio; - effetti dell'incendio sull'uomo; - divieti e limitazioni di esercizio; - misure comportamentali. 1 ora 2) PROTEZIONE ANTINCENDIO E PROCEDURE DA ADOTTARE IN CASO D'INCENDIO - Principali misure di protezione antincendio; - evacuazione in caso di incendio; - chiamata dei soccorsi. 1 ora 3) ESERCITAZIONI PRATICHE - Presa visione del registro della sicurezza antincendio e chiarimenti sugli estintori portatili; - esercitazioni sull'uso degli estintori portatili e modalità di utilizzo di naspi ed idranti. 3 ore CORSO C AGGIORNAMENTO ADDETTO ANTINCENDIO IN ATTIVITÀ A RISCHIO D'INCENDIO ELEVATO (DURATA 8 ORE) ARGOMENTO DURATA 1 ) L'INCENDIO E LA PREVENZIONE INCENDI - Principi sulla combustione e l'incendio; - le sostanze estinguenti; - triangolo della combustione; - le principali cause di un incendio; - rischi alle persone in caso di incendio; 2 ore Analisi Ambientale Iniziale della CONCERIA TIPO pag.80/80 - principali accorgimenti e misure per prevenire gli incendi. 2) PROTEZIONE ANTINCENDIO E PROCEDURE DA ADOTTARE IN CASO D'INCENDIO - Le principali misure di protezione contro gli incendi; - vie di esodo; - procedure da adottare quando si scopre un incendio o in caso di allarme; - procedure per l'evacuazione; - rapporti con i Vigili del Fuoco; - attrezzature ed impianti di estinzione; - sistemi di allarme; - segnaletica di sicurezza; - illuminazione di emergenza. 3) ESERCITAZIONI PRATICHE - Presa visione del registro della sicurezza antincendi e chiarimenti sui mezzi di estinzione più diffusi; - presa visione e chiarimenti sulle attrezzature di protezione individuale; - esercitazione sull'uso degli estintori portatili e modalità di utilizzo di naspi ed idranti. 3 ore