II. «Entrati nella casa» (Mt 2,1-12)
Introduzione
La visita dei magi sapienti narrata da Mt si offre come una pagina evangelica di straordinaria
universalità, segnata particolarmente dalla ricerca assidua della verità. Si tratta di una pagina
dominata dall'incontro preparato da un cammino paziente. Volendo coglierne il messaggio
essenziale, alla luce del quale rileggere anche il nostro cammino di vita umana e spirituale ne
possiamo individuare almeno tre percorsi significativi.
1. In ascolto della Parola
1.1. «Giunsero da Oriente a Gerusalemme [...] magi sapienti» (vv. 1-2)
Mt tratteggia semplicemente l'identità dei magi affermando anzitutto che sono dei ‘sapienti –
saggi’ che provengono da Oriente e, in secondo luogo, che sono in cammino alla ricerca del
significato di un segno che li ha incontrati lungo la strada del loro itinerare. Essi lasciano le loro
presunte sicurezze e si pongono in ricerca portando con sé le loro attese, speranze e interrogativi,
pronti comunque a verificare tutto ciò alla luce di quel segno straordinario che li ha incontrati.
In particolare una domanda attraversa il loro itinerario di ricerca: «Dov'è il re dei Giudei che
è nato?». Questo interrogativo si colloca accanto ad altre due domande fondamentali che troviamo
negli evangeli. Anzitutto la domanda di Giovanni il Battista che, dal carcere di Macheronte dove è
rinchiuso,
manda a dire a Gesù tramite i suoi discepoli: «Sei tu colui che deve venire o è un altro che
dobbiamo attendere?» (cfr. Mt 11,4); in secondo luogo la richiesta dei primi discepoli al seguito di
Gesù: «Rabbì [maestro - grande] dove abiti?» (Gv 1,38).
La domanda è sempre il segno di una ricerca; è una positiva inquietudine interiore che non
ci fa bastare a noi stessi e che costituisce sempre l'inizio di ogni cammino di fede (cfr. At 2,36:
«Che cosa dobbiamo fare, fratelli?»).
1.2. Il turbamento di Erode e di Gerusalemme (vv. 3-4)
Le presunte sicurezze sono messe a dura prova . Questo nuovo ‘re’ di cui i magi sapienti
hanno fatto parola con Erode sconvolge anche al solo nominarlo. Erode convoca immediatamente il
consiglio straordinario degli esperti interpreti delle Scritture e si fa dire da loro se mai vi sia in
qualche luogo della Bibbia un riferimento fondato ed esplicito a questo segno di un Messia che deve
venire. Gli scribi rimandano al testo profetico di Mi 5,1-3.
La presunta tranquillità di Gerusalemme e di Erode è rovesciata dal semplice fatto che
qualcuno è in ricerca.
I magi sapienti credono che la stella li conduca alla città santa di Gerusalemme; al contrario,
quando essi giungono a Sion qui la stella scompare; riapparirà solamente quando, sulla guida delle
Scritture, essi si dirigono verso Betlemme (v. 9). Durante il cammino della ricerca, dunque, le
Scritture sante sono un punto di riferimento inequivocabile che indica la direzione; esse aprono alla
lettura del segno, da scorgere, però, nella fede.
1.3. «Venendo nella casa videro il bambino con Maria la madre» (v. 11)
II cammino dei magi sapienti conduce, pertanto, non al tempio ma ad una umile scena di
maternità e di vita familiare semplice. Essi, infatti, non vedono altro che il bambino e sua madre
Maria. Mt sottolinea ciò, probabilmente, per indicarci che questo Messia atteso e sperato è il Diocon-noi, l’Emmanuele che si fa pellegrino con l'umanità, camminando con essa; ed è in essa che si
fa trovare e incontrare.
I loro occhi si aprono e, come narra il testo: «[...] prostratisi lo adorarono offrendo i loro
doni» (v. 11). Essi cioè hanno offerto le loro vite riconoscendo in quel bambino il segno del Diocon-noi, la presenza del Signore e il senso della loro ricerca.
Solo poi ritornano alla loro vita, alla loro storia, ma ormai carica della letizia dell'evento di
cui sono stati resi partecipi.
2. In ascolto della vita
L'esperienza della vita è un cammino di ricerca della verità mai assuefatto.
Il non cercare mai diventa segno inequivocabile di profonda immaturità, arroccata sulla
presunzione di effimere certezze.
In questo cammino ci è di guida la Parola ascoltata, meditata e pregata con amore e in
comunione con la Chiesa, pure essa pellegrina e discepola del Signore che è via, verità e vita per
tutti coloro che lo cercano e lo amano (cfr. Gv 14,6).
Ma la Parola non basta: essa deve condurre all'incontro con il Signore della vita per poterlo
conoscere come l'unico Dio vivo e vero, senza accontentarci di una conoscenza per sentito dire.
L'esperienza cristiana indica l'eucaristia come il vertice di questo incontro con il Signore
unico. Non basta, infatti, la preghiera personale nell'intimo di se stessi. È necessario dare corpo alla
supplica e all'invocazione implorante della Chiesa comunità dei credenti in cammino nel
pellegrinaggio della fede verso l'incontro con il Dio-con-noi.
Pertanto, questo cammino non lo possiamo compiere da soli. Abbiamo necessità dei fratelli
che come noi e con noi cercano e attendono nella speranza di incontrare l’Emmanuele, Signore
unico delle nostre povere esistenze, l'unico al quale esse appartengono.
Dall'incontro autentico scaturisce una vita rinnovata. Come i magi sapienti siamo chiamati a
riprendere la strada del ritorno al nostro cuore, al centro di esso; un cammino di ritorno al centro
della nostra umanità segnata dalla debolezza, ma anche da un amore grande. E necessario un
cammino di ritorno nella fedeltà alla nostra storia, alla nostra vocazione e all'altro che il Signore ci
ha posto accanto come compagno di viaggio.
Dall'incontro, dunque, sgorga una vita trasformata perché portiamo impressi in noi i segni
luminosi della Parola che si è fatta visibile (cfr. Gv 1,18), ma anche i segni dell'apertura all'altro
accolto come fratello.
È necessario prendere il largo, sembrano suggerirci i magi sapienti; bisogna riprendere il
largo perché l'esperienza vissuta non può rimanere chiusa in una gretta contemplazione solitaria.
Essa domanda di essere raccontata dalle nostre umili esistenze; essa richiede che la misericordia
incontrata generi altra misericordia e compassione, testimonianza della carità verso l'umanità tutta.
E questo ci fa autentici e credibili testimoni del Dio-con-noi.