L’ORGANO DI RIPRODUZIONE DELLE ANGIOSPERME : IL FIORE Una visione globale La caratteristica peculiare delle Angiosperme, come abbiamo visto, è la formazione del frutto nel quale tutto il corpo di un organo che abbiamo definito ovario (in alcuni casi di tutto il fiore) si differenzia in modo tipico in ogni genere e specie, protegge e promuove la dispersione del seme nell’ambiente. Dal quadro evolutivo che la moderna sistematica oggi ci offre emerge che il frutto rappresenta quindi una formidabile innovazione nell’ambito delle modalità di dispersione dei semi e di conseguenza delle strategie adattative per l’affermazione della specie. Per comprendere a pieno le ragioni evolutive che hanno portato alla formazione di tali strutture occorre conoscere i processi attraverso i quali è possibile “manipolare” le caratteristiche anatomiche, morfologiche e funzionali di un organismo. La prima tappa per poter intraprendere questo percorso è quella di individuare in un organismo la sede (l’organo o gli organi) nella quale questi processi avvengono. Nelle Angiosperme questo organo è il fiore. Nel fiore si distinguono soprattutto la parte riproduttiva femminile costituita dagli ovuli, racchiusi in un involucro formato dai carpelli (ovario), e le sacche polliniche formate dai tessuti dello stame che costituiscono la parte riproduttiva maschile; inoltre c’è la presenza di altri elementi che ne costituiscono la parte sterile ed assolvono ad altre funzioni quale quella protettiva e vessillare. Queste caratteristiche peculiari del fiore sono direttamente in rapporto con le modalità con cui avviene la riproduzione sessuata che ha come tappa iniziale il trasporto del polline tramite diversi agenti (es. gli animali in tutte le Angiosperme primitive). I granuli pollinici non vengono però a contatto diretto con gli ovuli, ma sono appoggiati sullo stigma, una speciale struttura che si forma sui carpelli e che svolge il ruolo attivo nel “riconoscimento” del polline: si tratta infatti meccanismi di compatibilità istochimica che determinano l’accettazione o il rigetto del polline. Solo un granulo pollinico che sarà risultato compatibile potrà produrre un budello pollinico che dallo stigma trasporterà le cellule spermatiche all'ovulo ed avverrà la fecondazione che consiste, nella sua fase culminante, nella fusione di una cellula spermatica con la oosfera. Da questa fusione si origina una cellula che è detta zigote dalla quale attraverso fenomeni di divisione e differenziazione cellulare si originerà l'embrione. Da questo processo emerge che la fecondazione nelle Angiosperme è completamente svincolata dalla presenza di acqua, cosa che invece risulta indispensabile presso piante più primitive. Ciò ha garantito il successo evolutivo delle Angiosperme accanto all'altro grado di differenziazione dei tessuti è e la plasticita degli apparati vegetativi: infatti accanto alle forme biologiche legnose si trovano forme erbacee piuriennali fino ad annuali. Approfondimenti trasversali Lo svincolamento delle piante dall’acqua. Modificazioni dei meccanismi della riproduzione sessuata nel processo di colonizzazione dell’ambiente terrestre da parte degli organismi vegetali. IL FIORE DELLE ANGIOSPERME: UNA STRUTTURA RIPRODUTTIVA INTEGRATA ricettacolo Dal punto di vista filogenetico il fiore della Angiosperme si è originato da un ramo modificato e raccorciato le cui appendici fogliari si sono variamente trasformate per assolvere i vari compiti inerenti la riproduzione Nei fiori regolari ermafroditi (in cui sono presenti sia l’androceo che il gineceo) che hanno più piani passanti per l'asse del fiore capaci di dividerlo in due metà simmetriche, le varie parti del fiore sono disposte in cicli concentrici (verticilli) e inseriti lungo un asse detto ricettacolo. Il calice, che costituisce il ciclo più esterno, è formato da elementi fogliacei, verdi e a funzione protettiva detti sepali. Internamente al calice abbiamo uno o più cicli costituenti la corolla composta da petali spesso vivacemente colorati. Calice e corolla, che non sono direttamente coinvolti nella riproduzione, svolgono funzioni accessorie e costituiscono il perianzio. Esso è direttamente collegato con l'impollinazione zoofila: prima della apertura del fiore il perianzio protegge gli organi riproduttivi non ancora maturi dagli animali visitatori; durante la fioritura invece talune parti dell'involucro fiorale sono vistosamente colorate e attirano l'attenzione degli impollinatori. Internamente al perianzio troviamo gli stami, il cui insieme costituisce l'androceo (casa del maschio) poi uno o più pistilli, il cui insieme costituisce il gineceo (casa della femmina).Gli stami e i pistilli costituiscono gli organi riproduttivi veri e propri del fiore. Qualche notizia in più La disposizione a verticillo domina nella gran parte delle Angiosperme: essa favorisce la netta separazione degli elementi fiorali nei verticilli adiacenti e ne fissa il numero (per lo più 5 ma anche 4, 3 e 2 nelle Dicotiledoni, quasi sempre 3 nelle Monocotiledoni). Il numero dei verticilli varia per ogni fiore. Particolarmente frequenti sono i fiori pentaciclici con 5 verticilli: 2 cicli dei perianzio (calice e corolla), 2 cicli di stami, 1 ciclo di carpelli Dal punto di vista evolutivo la disposizione spiralata e con numerosi stami è la più primitiva (poliandria primaria). Nel corso dell’evoluzione della struttura fiorale si assiste alla riduzione del numero di stami e alla disposizione su un unico verticillo; nelle Angiosperme comunque si assiste anche ad un ritorno ad un elevato numero di di stami (poliandria secondaria), indicando che esso non in tutti i casi è sinonimo di primitività. Forse la proliferazione secondaria degli stami è in diretto rapporto con il cambiamento funzionale che si ha in seguito al passaggio dalla impollinazione anemofila (ad opera del vento) a quella entomofila (per mezzo di insetti). Questo fenomeno è rilevabile particolarmente nei fiori che offrono ai visitatori una grande quantità di polline Anche nel gineceo delle Angiosperme la disposizione a spirale di numerosi carpelli liberi è la più primitiva . La diminuzione conduce anche qui ad una disposizione verticillata di carpelli liberi (spesso 5, 3 o 2) ed in seguito porla alla riduzione fino ad un unico carpello. La moltiplicazione secondaria del numero di carpelli è più rara (più spesso viene compensata dalla riduzione del numero di semi per carpello, per es. nelle Ranunculaceae). Spesso si giunge, con il concrescimento di carpelli liberi alla formazione di un gineceo concresciuto o cenocarpo. Nei fiori delle Angiosperme si trovano tutte le possibili forme di distribuzione dei sessi .Fu discusso a lungo su quale fosse la struttura più primitiva, ma oggi prevale l'opinione che i fiori ermafroditi (quelli contenenti sia la parte femminile che maschile) siano più primitivi di quelli unisessuati per i seguenti motivi: 1) nei fiori di quasi tutti i gruppi unisessuati si trovano rudimenti rispettivamente di ovari e di stami (per es. in Castanea o Urtica); 2) le Angiosperme più primitive hanno in maggioranza fiori ermafroditi (per es. Magnolia ecc.); questi soltanto facilitano il trasferimento e la ricezione dei polline per mezzo di animali; 3) il passaggio da fiori ermafroditi a unisessuati è spesso la conseguenza della selezione avvenuta per il cambio dall'impollinazine zoofila a quella anemofila. STAMI. Ciascuno stame è formato da un filamento e da una porzione terminale rigonfia: l'antera. L'antera è costituita da due lobi, le sacche polliniche, ciascuna formata da due cavità.. La sezione trasversale di una giovane antera per ogni sacca pollinica mostra internamente una divisione in due cavità all’interno delle quali verrà prodotto il polline. Queste cavità sono delimitate esternamente da una parete costituita da almeno 4 strati. Questa parete, partendo dall'esterno è costituita da un'epidermide (esotecio) , da uno strato fibroso (endotecio), da uno strato intermedio e da un tessuto uni- o bistratificato detto tappeto. Quest'ultimo ha la funzione di nutrire i granuli pollinici durante la loro maturazione all’interno delle sacche polliniche. Come avviene la produzione di polline All’interno delle cavità delle sacche polliniche si forma un grande numero di cellule madri del polline che sono diploidi (appendice 1a) da ciascuna delle quali si formano attraverso il processo della meiosi (appendice 1b) 4 microspore aploidi che restano attaccate costituendo una tetrade (appendice 1c). Ciascuna di queste microspore è costituita quindi da un nucleo, dal citoplasma e da una parete cellulare. Mentre sono ancora nelle sacche polliniche le microspore incominciano a subire delle modificazioni: la microspora uninucleata si divide per mitosi (appendice 2) in modo molto ineguale in una grande cellula vegetativa uninucleata, che occupa quasi interamente il granulo e in una più piccola cellula generativa, posta vicino alla parete cellulare. In una seconda divisione mitotica che interessa solo la cellula generativa si ha la formazione di due cellule spermatiche. A questo stadio di maturazione (una cellula vegetativa uninuclata e due cellule spermatiche uninucleate) la microspora diventa granulo di polline o gametofito maschile (organismo da cui si origineranno i gameti) Contemporaneamente avvengono delle modificazioni anche della parete del polline che a questo stadio di maturazione produce una sostanza detta sporopollenina che forma uno strato esterno alla parete denominato esina che può essere pluristratificato e terminare internamente con uno strato cellulosico detto intina anche esso pluristratificato. Sulla superficie dei granuli pollinici, si notano delle aperture definite pori germinativi, che serviranno al momento della germinazione del polline. Inoltre soprattutto nelle piante con impollinazione zoofila, si trova un cemento pollinico costituito in parte da sostanze oleose che favorisce l'aggregazione dei granuli pollinici in gruppi e la loro adesione all'anìmale impollinatore; inoltre impedisce la prematura caduta del polline dall'antera aperta. La ragione biologica per cui la pianta ha dotato il granulo pollinico di tegumenti risiede nel fatto che esso rappresenta un organo di resistenza che una volta abbandonata la pianta madre deve difendersi dal pericolo di disidratazione. Qualche notizia in più L’esina contribuisce a fornire una peculiare microstruttura dei granuli pollinici che nelle Angiosperme raggiunge un più alto grado di differenziazione e riveste un importante ruolo tassonomico. Infatti in considerazione dell'enorme varietà di tipi, i granuli pollinici possono essere ordinati e classificati solo con l'aiuto di un sistema artificiale (sistema N P C) che si basa sul numero (N), la posizione (P) ed il carattere (C) dei pori germinativi. Inoltre vi sono molte differenze di importanza tassonomica che riguardano la simmetria', la forma e le dimensioni dei granuli pollinici e la microstruttura della loro esina. Avvenuta la maturazione dei granuli pollinici le sacche polliniche si aprono per mezzo di un meccanismo di coesione. Quando le cellule dei tessuti che costituiscono l’antera perdono acqua si originano delle tensioni che provocano la rottura della parete dell'antera, per lo più in senso longitudinale, in prossimità della parete divisoria che separa le coppie di sacche polliniche, rilasciando il polline all’esterno. IL PISTILLO Costituisce la parte femminile del fiore in quanto esso è costituito da «foglie» del fiore più o meno trasformate avvolte e saldatesi se stesse portanti gli ovuli prende nome di carpello. E’ formato da una porzione basale rigonfia, l'ovario, sovrastata da una parte terminale di tipo peduncolare, lo stilo, che rimane sterile; e nel suo interno passano e vengono nutriti i budelli pollinici. Lo stilo porta uno s t i g m a, la zona recettrice del polline in quanto coperto per lo più da papille o da muciliagine vischiosa capace di trattenere i granuli pollinici. Il pistillo può essere formato da un solo carpello (pistillo semplice), oppure come spesso avviene, essere formato da più carpelli saldati assieme ( pistillo composto o cenocarpico). Il loculo è la cavità interna (o le cavità interne) dell'ovario dove sono sistemati gli ovuli. Spesso nei pistilli composti il numero dei loculi corrisponde al numero dei carpelli componenti (come abbiamo avuto modo di vedere anche nei frutti). A volte le porzioni interne dei carpelli mancano più o meno completamente e il pistillo composto da una singola cavità (monoloculare). Vi possono essere altri elementi della morfologia esterna del pistillo che rivelano il numero dei carpelli costituenti: l'ovario può, ad es., presentare un numero corrispondente di costole (es: ovario di Iris, ovario delle leguminose) In genene l'ovario contiene uno o più ovuli. Abbiamo già visto come l'ovulo sia attaccato alla parete interna dell'ovario mediante il sospensore. La zona di attacco viene detta placenta e la disposizione degli ovuli all'interno dell'ovario placentazione. La placentazione è una caratteristica tassonomica importante. Quando in un ovario composto gli ovuli sono inseriti in file longitudinali sulla parete interna, abbiamo una placentazione parietale. Quando gli ovuli di un ovario composto pluriloculare sono inseriti su di una colonna in posizione assile, abbiamo la placentazione assile. Le progressive modificazioni della placentazione dovrebbero essere dirette al miglioramento della nutrizione degli ovuli e dei semi. La struttura del pistillo quindi consente in tal modo agli ovuli ancora delicati di essere protetti dagli insetti e dal disseccamento, mentre è controllato l'accesso diretto del polline mediante lo stilo e lo stimma. Ovuli. Gli ovuli vengono prodotti dalla placenta e che li rifornisce di sostanze nutritive attraverso fasci conduttori. L’ovulo è costituito da tegumenti (in genere due) e da un tessuto interno che è detto nucella. I tegumenti si interrompono in un punto che è detto micropilo da dove il tubetto pollinico penetrerà nell’ovulo. Analogamente a quanto è avvenuto nella linea maschile anche nell’ovulo devono avvenire dei processi alla fine dei quali si deve avere la produzione del gamete femminile. Entriamo nei particolari; una sola cellula della nucella si divide per meiosi e forma 4 macrospore aploidi disposte in tetrade lineare. Tre di queste degenerano e una sola di queste va incontro a quattro divisioni mitotiche formando così 8 cellule. Queste cellule si orientano in modo peculiare all’interno dell’ovulo in modo che il gamete femminile (oosfera) e due cellule compagne (sinergidi) siano poste dal lato del micropilo, tre cellule (antipodi) siano poste sul lato opposto al micropilo e le restanti due siano poste al centro dell’ovulo dove si fondono formando una cellula diploide. L’ovulo al termine di questo stadio di sviluppo si è trasformato in gametofito femminile. Tavola 2 Dissezione del fiore nei suoi componenti Tavola 3. Qualche esempio di struttura fiorale Impollinazione. Nelle Angiosperme il polline è catturato dallo stigma adesivo e papilloso; ciò comporta un'accentuazione dell'indipendenza dall'umidità ambientale della riproduzione sessuale. La formazione degli stigmi è conseguente alla presenza degli ovuli nei carpelli ed è un dispositivo di protezione associato con la impollinazione zoofila e anche con il corrispondente ermafroditismo del fiore. Tutto ciò indica che le Angiosperme primitive erano ermafrodite e zoofile e che i vantaggi derivantì da questa loro condizione rispetto alle loro progenitrici unisessuali e anemofile, ne favorirono la diffusione. A seconda degli agenti esterni che trasportano il polline possiamo distinguere le Spermatofite in anemofile, zoofile e idrofile: L'impollinazione per mezzo di animali (zoofilia = zoogamia) presuppone che gli animali impollinatori visitino i fiori regolarmente e si trattengano in essi per un tempo sufficientemente lungo, affinchè i fiori possano sostenere la sollecitazione meccanica provocata dai pronubi, che il polline e lo stigma vengano toccati regolarmente e il polline aderisca sufficientemente agli impollinatori e giunga con sufficiente sicurezza sullo stigma di altri fiori. 1 fiori che devono essere visitati dagli animali impollinatori dispongono quindi di esche (polline, nettare ecc.), di stimoli (colore, profumo ecc.) e di pollini adesivi Nel corso dell'evoluzione delle Angiosperme si verificò un'importante differenziazione dei meccanismi di richiamo oltre che alle modificazioni strutturali dei fiere e vi fu un aumento progressivo dei gruppi di animali coinvolti nel processo dell'impollinazione, soprattutto insetti e diversi gruppi di uccelli. Da casuali visite a fiori da parte di animali diversi si svilupparono gradualmente rapporti di reciproco vantaggio tra fiori particolarmente specializzati «in senso zoofilo» e animali «antofili». Il perfezionamento dei meccanismi di attrazione di particolari impollinatori rende possibile alla pianta una impollinazione più sicura con una quantità minore di polline e con una migliore produzione di semi. Infatti mentre il rapporto granuli pollinici-ovuli nelle piante anemofile è nell'ordine di grandezza di 106: 1, nelle piante entomofile specializzate (come per es. le Orchidee) può essere solo ca. 1:1 La concorrenza tra animali impollinatori specializzati e generici «antofili» andò progressivamente riducendosi e l'impollinazione diretta, svolta dai primi sulle «loro» piante da cui traggono nutrimento, torna a loro vantaggio. L'evoluzione filogenetica delle Angiosperme zoofile e dei gruppi di animali impollinatori ad esse adattati è da intendersi come una «co-evoluzione» reciprocamente determinata. L'adattamento reciproco dei partner è a volte tanto avanzato che ciascuno di essi non potrebbe vivere senza l'altro. Qualche notizia in più Il mezzo originario di attrazione dei fior delle Angiosperme fu senza dubbio il nutrimento, cioè l'abbondanza di polline che contiene proteine, grassi, carboidrati e vitamine. Tali fiori da polline, accessibili anche agli insetti primitivi con apparato masticatore si trovano nelle Magnoliidae (per es. Anemone, Papaver, Victoria), nelle Rosidae (per es. Rosa) e nelle Dilleniidae primitive (per es. Paeonia). Lo stadio successivo, ma ancora primitivo, fu caratterizzato dall'offerta agli impollinatori di tessuti nutritivi specialmente di succhi zuccherini (nettare). Ciò rende possibile un risparmio sulla produzione già elevata di polline. La stragrande maggioranza delle Angiosperme zoofile attuali ha fiori nettariferi. La disponibilità di nettare ha indotto un miglioramento degli apparati succiatori degli impollinatori. I nettarii sono generalmente prodotti dal «disco» dell'asse fiorale, da stami trasformati, ma anche da determinate zone di carpelli, di petali e di sepali. In condizioni primitive il nettare era libero sui fiori, quindi accessibile anche agli impollinatori con apparato succiatore corto, come per es. sui carpelli di Magnolia o sul ricettacolo di molte Rosaceae; successivamente venne raccolto in profondità e accumulato in speciali contenitori come per es. negli speroni cavi di Viola, o nei lunghi tubi dove è accessibile solo per certi animali, per es. i Lepidottori, con proboscide lunga. Alcune Angiosperme (per es. Calceolaria) offrono come nutrimento agli impollinatori specializzati un olio (lipidi). In alcuni casi rari, da parte dei fiori può anche essere sfruttato l'istinto di procreazione di particolari animali. La tignola Tegiticula yuccasella impollina i fiori della agavacea Yucca e deposita poi le sue uova nell'ovario; le larve si nutrono con una parte dei semi che si stanno sviluppando. I fiori dell'orchidea mediterranea simulano nella forma, pelurie e profumo delle femmine di determinate api o vespe, ed inducono i maschi di queste specie a tentativi di accoppiamento con effetti positivi per l'impollinazione. Quest'ultimo esempio appartiene alla categoria dei fiori che con un «inganno» ottengono la visita di animali senza dare niente in cambio; tra questi sono anche da ricordare i fiori-trappola I mezzi di richiamo dei fiori delle Angiosperme sono principalmente ottici e chimici e non di rado operano contemporaneamente, ma il loro effetto può essere diverso da vicino o da lontano. La comprensione esatta dell'efficacia ottica e chimica dei fiori presuppone una sicura conoscenza della fisiologia sensoriale degli animali impollinatori, che finora si ha solo per alcuni come l'ape, i bombi e alcuni colibrí. Per quanto è stato accertato sul senso dei colore di questi animali sappiamo che l'ape ed i bombi, per es. non percepiscono il rosso puro, mentre percepiscono l'ultravioletto da 400 a 310 nm invisibile all'uomo, e che tra gli altri colori fiorali percepiscono solo una banda di giallo da 650-520 nm, una banda di blu-violetto da 490-400 nin, ed il bianco che viene percepito come verde azzurro. Invece la percezione ottica degli uccelli è molto simile a quella dell'uomo ed essi sono particolarmente sensibili al rosso. L'attrazione chimica dei fiori è fondata soprattutto sulla produzione di profumi emanati dal polline, dai petali o anche da altri organi fiorali. Alcuni di questi profumi possono essere sgradevoli per l'uomo come nel caso particolare delle Araceae che emanano odore di cadavere e di escrementi e che vengono impollinati da insetti necrofagi e coprofagi. Le emanazioni irregolari dei profumi determinano un avvicinamento degli animali impollinatori irregolarmente e con minore sicurezza di quanto avviene nel caso dello stimolo ottico cui corrisponde una risposta diretta. Per le api e i bombi l'odore è importante su brevi distanze. Molti fiori posseggono un «odore guida» analogamente al «colore guida», talvolta ambedue localizzati nella stessa parte dei fiore (per es. nella corolla accessoria di Narcissus). Lo sviluppo di questi meccanismi di stimolo è parallelo al continuo miglioramento degli organi sensori degli impollinatori. Le ripetute visite coronate da successo a determinati fiori provocano nelle api e in altri imenotteri una «affinità» che le induce temporaneamente ad un'attività di raccolta più intensa e legata a quei dati fiori. Ciò dipende sia dall'efficacia stimolante degli odori specifici dei petali, e della quantità di nettare e di polline raccolti, sia dalla «memoria» altamente sviluppata di questi animali e dalla loro capacità di comunicare con un proprio «linguaggio». Gli adattamenti meccanici dei fiori rendono possibile l'impollinazine solo ad animali forniti di una particolare struttura morfologica, essendo questi guidati per determinate vie che garantiscono un adeguato contatto con il polline e lo stigma. Può essere imposta anche una certa durata del soggiorno, per assicurare l'impollinazione oppure il trasporto dei polline può essere garantito da determinati meccanismi a leva, di adesione, di agganciamento e di proiezione. Particolarmente vari e numerosi sono i f i o r i v isitati da api (melitofíli). Il loro stile è caratterizzato da fiori con parti adatte per l'appoggio degli insetti, con colori gialli, violetti e blu, e con profumi leggeri, con macchie guida per il nettare che è riparato a media profondità (per es. Salvia) I fiori impollinati da uccelli (ornitofili) si distinguono da quelli entomofili per il loro stile molto particolare. Mancano zone di appoggio in quanto gli uccelli, essendo troppo pesanti, devono svolgere le loro visite rimanendo sospesi in aria (colibrì) o posandosi in un punto più stabile dei fiore. I fiori ornitofili sono grandi e generalmente di tipo tubuliformi o a spazzola; i colori, vivaci e contrastanti, sono soprattutto il rosso, ma anche il blu, il giallo e perfino il verde «<colori dei pappagalli»); non hanno profumi poichè non potrebbero essere percepiti dall'odorato poco sviluppato degli uccelli, il nettare invece è presente in buona quantità e in forma piuttosto liquida nelle zone più profonde dove può essere raggiunto solo da lingue allungate e a forma di pennello. Alla maggiore richiesta di sostanze liquide da parte degli uccelli nelle regioni più calde, e alla presenza di piante che fioriscono per gran parte dell'anno è da collegare la prevalenza della ornitofílía in quelle zone. Il polline viene trasportato con il becco o tramite altre parti del capo dove rimane attaccato.1 fiori ornitofili si trovano in quasi tutte le famiglie zoofile dei Tropici 1 fiori impollinati dai pipistrelli (chiropterofili) sono limitati alla zona tropicale e vengono ricercati da pteropi e vampiri. Il loro stile è caratterizzato da una posizione ben esposta, per lo più caliciformi, con fauce ampia, a forma di spazzola, con antesi notturna, spesso con colori tetri, odore pungente di frutti o di fermentazione e molto nettare e polline. Come esempi si possono citare Carnegiea (Cactaceae), Adansonia (Bombacaceae). Cobaea (Polemoniaceae, alcune Bignoniaceae e specie dei generi Musa e Agave. L'anemofilia (= anemogamia) comporta una produzione adeguata e una buona distribuzione dei granuli pollinici e una loro rapida e uniforme dispersione. Inoltre i granuli pollinici devono essere tali da mantenersi sospesi nell'aria per un periodo abbastanza lungo e gli stigmi devono essere grossi e in buona esposizione perchè intercettino il polline con frequenze elevate. Nel corso dell'evoluzione delle Angiosperme si sono sviluppate stirpi con anemofilia secondaria in tempi e in gruppi diversi proprio in luoghi bene esposti al vento, poveri in animali e con aggruppamenti vegetali tendenzialmente puri, condizioni favorevoli a questo tipo di impollinazione. In quasi tutti i gruppi delle Angiosperme anemofile si trovano vestigia di un primitivo errnafroditisrno e di una precedente zoofilia. I granuli pollinici sono privi di sostanze appiccicose, quindi secchi e lisci, si separano con facilità e grazie alla loro forma minuscola rimangono a lungo in sospensione nell'aria. La loro elevata quantità è realizzata da un forte aumento dei fiori (circa 2 milioni e mezzo di granuli pollinici contro un ovulo). La caduta del polline viene favorita dalla mobilità dei filamenti (per es. nelle Graminaceae). dei peduncoli fiorali (per es. in Cannabis) oppure dell'intero asse dell'infiorescenza (per es. negli amenti di Quercus); il polline viene in un primo tempo deposto e poi trasportato dal vento. L'impollinazione per mezzo dell'acqua, (idrofilia = idrogamia), è riscontrabile in poche Angiosperme. Anche tra le piante acquatiche l'idrofilia non è molto diffusa e spesso i loro fiori emergenti dalla superficie dell'acqua sono impollinati dal vento . In alcune specie i fiori maschili distaccati, raggiungono gli stigmi tenuti fuori dall'acqua per breve tempo. Fecondazione. Gli eventi notevoli del ciclo biologico di una angiosperma avvengono tutti nel fiore. Il fiore è una struttura nella quale alloggia permanentemente il gametofito femminile, ove inizia e termina l'esistenza il gametofito maschile, nel fiore si realizza la fecondazione e si forma l’embrione. Passiamo ai particolari. Il granulo pollinico deriva dalla microspora e contiene a maturità tre cellule: una cellula somatica molto attiva, la cellula del tubetto pollinico e due cellule spermatiche che sono i gameti maschili. Quando il granulo arriva sullo stigma la cellula del tubetto si accresce, esce da uno dei pori del granulo, produce un lungo filamento che, digerendo i tessuti dello stilo, entra nelle cavità dell'ovario, penetra nell'ovulo attraverso il micropilo e stabilisce il contatto col gametofito femminile. Una volta stabilitosi il contatto tra tubetto e ovulo, le due cellule spermatiche dispongono di una galleria protoplasmatica di cui si servono per entrare nell’ovulo ed effettuare la doppia fecondazione tipica delle angiosperme. Ossia un nucleo spermatico si unisce con l’oosfera operando così la fecondazione con la formazione di una cellula diploide che è detta zigote. Il secondo nucleo spermatico si unisce alla cellula centrale presente nell’ovulo formando una cellula triploide. Questo processo è detto doppia fecondazione perché in seguito a ciò dall'oosfera si forma l'embrione e dalla cellula del centrale l'endosperma. Contemporaneamente l'ovulo diventa seme e l'ovario frutto. Le rimanenti parti fiorali, terminata la loro funzione, generalmente avvizziscono e cadono (sfioritura). Formazione dell'embrione, dell'endosperma e del seme. Dopo la fecondazione, dallo zigote si forma un embrione; dal nucleo dell'endosperma e dal plasma residuo dei sacco embrionale invece si forma un tessuto nutritivo, denominato endosperma secondario. Lo zigote si divide per mezzo di uno o spesso più setti trasversali in una corta fila di cellule denominata proembrione. Soltanto la prima cellula o cellule di questa fila, rivolte verso il sacco embrionale, formano più tardi l'embrione, la cui formazione inizia con la comparsa di pareti longitudinali. Le cellule rimanenti diventano il sospensore. Esse spingono l'embrione entro il tessuto nutritivo che si sta sviluppando e probabilmente conducono sostanze nutritive all'embrione. Spesso esse confinano con l'embrione tramite una cellula chiamata «ipofisi», che dopo ulteriori suddivisioni può partecipare alla formazione della caliptra e dell'apice radicale. L'embrione all'inizio consiste in una struttura pluricelluiare, globosa, divisa in quadranti e poi in ottanti, situata sulla parte terminale del sospensore. Più tardi si differenzia in un primordio della radice con la cuffia radicale (caliptra) rivolto verso il micropilo mentre dalla altra parte si formano i cotiledoni e il meristema apicale del germoglio (plumula). Nelle Dicotiledoni si formano 2 cotiledoni laterali, tra i quali sorge il meristema apicale. Nelle Monocotiledoni si forma un solo cotiledone terminale, mentre il meristema apicale è situato lateralmente Nel seme è anche presente l’endosperma. Generalmente ancora prima della divisione dello zigote, il nucleo endospermico si suddivide, iniziando la formazione dell'endosperma secondario. Questo nutre l'embrione, ma successivamente viene trasformato in un tessuto di riserva del seme, che l’embrione utilizza prima e durante la germinazione. La formazione dell'embrione e dell'endosperma richiede un abbondante rifornimento di sostanze nutritive. L'endosperma secondario (di solito triploide) delle Angiosperme si forma solo dopo la (doppia!) fecondazione. Ciò comporta 2 vantaggi: 1) lo sviluppo dei gametofito viene ulteriormente abbreviato e accelerato e 2) il tessuto nutritivo si costituisce dopo l'avvenuta formazione dello zigote, cioè quando il nutrimento dell'embrione è veramente necessario (economia! ).3) essendo triploide il tessuto ha la possibilità di produrre un maggior quantitativo di sostanze di riserva. Approfondimento trasversale: modulo di Didattica della Chimica Il seme e le sostanze di riserva: le principali molecole organiche che ritroviamo come tipiche sostanze di riserva Tavola 4. Alcuni tipologie di foglie. Identificane le peculiarità