DOMENICA 23 OTTOBRE 2011 FIRENZE @ ATTUALITÀ Scrittura PER SAPERNE DI PIÙ www.barbes.it www.giunti.it QUANDO DIO ERA UN CONIGLIO Il libraio consiglia mista DEBORA GENOVESI Libreria Fogola, corso Italia 82, Pisa Sarah Winman (Mondadori, € 17,50) “Bel romanzo familiare che coinvolge Elly, la sua famiglia e il suo universo. Ambientato in Inghilterra dagli anni ‘70 ai giorni nostri, ci racconta trent’anni di incontri, esperienze, gioie, fallimenti di Elly e di suo fratello Joe. Un ritratto familiare ironico e malinconico raccontato meravigliosamente” Il saggio ■ XVII COSE DA SALVARE IN CASO DI INCENDIO Haley Tanner (Longanesi, €16) “La storia di una grande amicizia, quella tra Vaclav, un bambino di origini russe che vive a Brooklyn, e di Lena, una bambina orfana, anche lei russa, che vive con una zia sbandata. Un giorno Lena scompare nel nulla e per 7 anni Vaclav penserà a lei. Finché una telefonata...” La musica L’Umanesimo secondo Garin per decifrare la modernità Ciliberto ripercorre l’avventura intellettuale del grande storico della filosofia Lo zibaldone del poeta jazz tra ritratti, memorie e fotografie GIANLUCA MONASTRA er scrivere la storia di Paolo Conte il punto di partenza ideale sarebbe non aver mai ascoltato una sua canzone. Essere liberi dalle suggestioni e da quelle atmosfere da Mocambo che rendono la sua avventura così originale da diventare prevedibile. Ma non è facile visto che la sua musica trasversale illumina la scena da mezzo secolo. Allora, meglio comunque tenersi alla larga e girare intorno come un satellite per tentare, dalla giusta distanza, di comprendere non una ma tutte le diverse anime di Paolo Conte. Deve averlo pensato Enrico de Angelis, giornalista e storico della canzone, che ha scelto la strada del collage: un diario di bordo lungo una carriera intera che accoglie fotografie e disegni, citazioni e memorie, filastrocche, ritratti. Perché Paolo Conte non è soltanto un’ombra piegata su un pianoforte a coda sul palcoscenico dell’Opéra di Parigi. È lo schizzo ombroso di Hugo Pratt, le beffe di Roberto Benigni, l’ammirazione di Mario Soldati, le parodie di Stefano Bollani. Tutto un complesso di cose che raccontano la parabola di un poeta pigro amante del jazz e del Barbera che, come un Fats Waller smilzo, saprebbe musicare tutto: anche l’elenco del telefono. P © RIPRODUZIONE RISERVATA MASSIMO VANNI EUGENIO GARIN di Michele Ciliberto Edizione Laterza, pp. 162, euro 20 ici Eugenio Garin e il pensiero corre subito all’Umanesimo civile. A quella sua «reinvenzione» del Rinascimento come nuova consapevolezza delle possibilità dell’uomo nel mondo che ha segnato la storiografia e il Novecento. Nessuno oggi che intenda avvicinarsi a quel periodo che va dalla fine del ’300 e prosegue per tutto il ’400 può fare a meno di tener conto di quanto scritto da questo storico della filosofia che ha insegnato per tanti anni in Toscana, prima a Firenze e poi a Pisa. Ma qual è stato il percorso intellettuale che ha portato Garin a interpretare l’Umanesimo come incubatore della modernità? Quanto ha pesato la storia del secolo scorso in questo pensatore che inizia a scrivere nell’era fascista? Il libro di Michele Ciliberto, che di Garin è stato allievo, ci offre una guida preziosa. Una guida all’evoluzione prospettica del pensiero dello storico e anche una guida al dibattito culturale italiano del secolo trascorso. Che finisce per essere anche un utile manuale di decostruzione del pensiero di un intellettuale di prima grandezza come lo fu Garin. La tesi che propone Ciliberto, docente di storia della filosofia moderna e contemporanea alla Normale di Pisa, è la seguente: Garin ha intrattenuto un colloquio con se stesso che lo ha porta- D to a dare risposte diverse alle stesse domande, fino a rovesciare posizioni assunte in precedenza. L’inizio della riflessione di Garin, secondo Ciliberto, si muove tra le sponde di un esistenzialismo religioso. Che si ripercuote nella sua interpretazione del Rinascimento, manifestandosi sotto forma del primato dell’«operare» sull’«essere» e nell’intreccio di umano e divino: «E’ l’uomo […] che sulla natura crea il suo mondo, il suo regno de il suo destino. E’ l’uomo che, teso verso l’infinito, costruisce l’infinito», scrive Garin nel ’41. Alla fine del secondo dopoguerra e con la nascita Sul sito Gli incontri con gli autori nelle librerie toscane Gli incontri con gli scrittori nelle librerie toscane (e non solo) li trovate sul nostro sito nella sezione Scrittura mista. @ WWW.FIRENZE.REPUBBLICA.IT L’indirizzo della Repubblica però tutto cambia: «E’ stato Gramsci, a mio giudizio, a liberare Garin dalla tentazione religiosa», dice Ciliberto. Sono gli anni del Partito Nuovo di Togliatti e Garin vive una conversione in direzione della filosofia della prassi e del suo potenziale di emancipazione. Una prospettiva storicistica che guiderà la sua riflessione per due decenni e che fino ad allora aveva criticato. Nello storicismo, dice Ciliberto, Garin trova la concretezza e la sintesi tra primato della persona e responsabilità morale che aveva sempre cercato. Sono questi gli anni più fecondi per Garin, quelli più «sereni», gli anni dell’Umanesimo civile, punto d’unione tra libertà del singolo e comunità degli uomini. Gli anni che hanno fatto di Garin lo studioso che anche il grande pubblico conosce. Ma non finisce qui. Negli anni ’70 il senso conflittuale dell’esistenza che aveva caratterizzato l’avvio della sua riflessione si riaffaccia di nuovo, con accenti molto più cupi però, nichilistici, dice Ciliberto. Mentre l’Italia manda in archivio le ottimistiche utopie del ‘68, che Garin non ha mai condiviso, e vive l’angoscia del ‘77, la dimensione «civile» finisce sullo sfondo, lasciando spazio alla mancanza di senso e di significato dell’esistenza. E anche la sua prospettiva del Rinascimento cambia di segno. Chissà se Garin ha ritrovato il senso nei suoi ultimi anni. L’Italia sicuramente no. © RIPRODUZIONE RISERVATA TUTTO UN COMPLESSO DI COSE - IL LIBRO DI PAOLO CONTE di Enrico de Angelis Giunti, pp. 192, euro 19 Il teatro Gli scritti di Pippo Delbono nostra politica quotidiana SIMONE FORTUNA radizionale. Oppure rivoluzionario. O, magari, qualcosa che realizza miracolosamente una sintesi, come il lavoro di Pippo Delbono, non a caso uno dei grandi del teatro europeo. Del maestro, Barbès pubblica una raccolta di scritti apparsi su vari giornali (Liberazione, L’Humanité, Europa, D di Repubblica e altri) nella collana “Palcoscenico” dove già era uscito un altro volume su di lui. Il libro è dotato di un importante apparato di interventi (Leonetta Bentivoglio, Gennaro Migliore, Silvia Mei) e di 50 pagine di bellissime fotografie a colori dello stesso Delbono. Ma il cuore sono i 44 brevi testi, più libere riflessioni che articoli in senso giornalistico, ispirati da eventi di cronaca in questi ultimi anni in giro per l’Europa. Il titolo e il sottotitolo (“Dopo la battaglia-Scritti poetico-politici”) dicono dell’importanza di questi appunti formalmente “semplici” dove Delbono si svela in tutta la sua dolente umanità. Vita pubblica, religione, teatro, cultura, tv, sono percorsi con un piglio esplicitamente pasoliniano che non teme di urtare. Scritti che somigliano al suo teatro, e anche alla maggior parte di coloro per cui “politica” vuol dire sempre meno partiti e sempre più scelta di campo morale. T © RIPRODUZIONE RISERVATA DOPO LA BATTAGLIA. SCRITTI POETICO-POLITICI di Pippo Delbono Barbès, pp. 272, euro 18 Repubblica Firenze