Programma di sala - Accademia Chigiana

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LA 71a SETTIMANA MUSICALE SENESE: QUANDO
LA TRADIZIONE POPOLARE E LA MUSICA COLTA
S’INCONTRANO
Aldo Bennici
Direttore artistico dell’Accademia Musicale Chigiana
Da tempo accarezzavo l’idea di poter organizzare proposte musicali che stabilissero
confronti e dialoghi fra la musica etnica e quella colta, solleticato in ciò dalla mia
personale esperienza di musicista vissuta accanto a Luciano Berio. L’occasione
è arrivata, del tutto inaspettata, quando, dopo aver deciso di concludere la mia
carriera pluriennale di Direttore artistico dell’Accademia Chigiana, mi è stato
chiesto di mettere a frutto ancora una volta la mia lunga esperienza di organizzatore
musicale per fronteggiare un momento particolarmente difficile nella vita stessa
della Chigiana, e disegnare (in poco tempo e con risorse economiche assai
contenute rispetto ad una volta) la programmazione della Settimana Musicale
Senese e dell’Estate Musicale Chigiana.
L’intenzione di avvicinare quei due ambiti musicali, abbattendo così ogni
sorta di confine, è diventata predominante, e poteva essere estesa, come un filo
rosso, all’intero calendario degli appuntamenti della Settimana Musicale. Nasce
così Specchi, il titolo che raccoglie le manifestazioni della Settimana Senese
2014: occasioni dove la tradizione musicale tramandata per via orale e di ogni
provenienza geografica si confronta con i grandi classici, dando vita a un gioco
continuo di corrispondenze e di cambi di prospettiva, proprio come i continui
riflessi che movimentano la superficie di uno specchio. In questo trova anche
nuova affermazione il mio personale amore per l’etnomusicologia, disciplina
che, del resto, proprio all’Accademia Chigiana ebbe, anni fa, una sua particolare
autorevolezza didattica grazie alle cattedre tenute da due illustri studiosi come
Diego Carpitella e Roberto Leydi.
Il gioco dei raffronti e delle differenti angolazioni è affermato fin dalla serata
inaugurale, che avvicina le musiche di scena per l’Arlésienne di Bizet a quelle
(appositamente commissionate dalla Chigiana, e in prima esecuzione assoluta)
per Blanquette di Azio Corghi: queste ultime basate su un racconto di Alphonse
Daudet presente in quelle stesse Lettres de mon moulin seguite da Bizet nel suo
capolavoro. Uno stesso testo visto nello specchio musicale della contemporaneità,
secondo un’operazione che conferma, ancora una volta, l’attenzione delle
programmazioni chigiane alla musica del nostro tempo.
Il concerto intitolato Santi e santini vuol far riflettere su come l’esigenza di
spiritualità, da sempre insita nell’uomo, possa esprimersi con pari intensità
sia nella quotidianità semplice del canto popolare sia nell’universalità ‘alta’ del
capolavoro conclamato. Ascolteremo così le espressioni di fede intonate nei canti
sacri della tradizione sarda, accanto a quelle, raccolte e non di rado imbevute di
gusto operistico, dello Stabat Mater di Boccherini.
È ancora la tradizione popolare, stavolta quella di alcune canzoni sefardite, ad
essere vista con gli occhi della contemporaneità in Juego de Siempre di Betty
Olivero, compositrice israeliana fortemente legata all’Italia, avendo vissuto a
Firenze ai tempi dei suoi studi con Berio. Questa pagina è messa a fianco di
un’antologia di antiche canzoni spagnole raccolte e armonizzate da Federico
García Lorca: omaggio, questo, alla figura del conte Guido Chigi Saracini, che
acquistò una delle prime edizioni della raccolta. Il volume è oggi conservato nella
Biblioteca dell’Accademia. Visioni andaluse: ecco dunque il titolo del concerto.
Ravvicinamenti testimonianza di innovazioni sono poi quelli che caratterizzano
l’appuntamento con i Solisti di Pavia ed Enrico Dindo, protagonisti di un
viaggio fra Weimar e Mar del Plata: da una parte Carl Philipp Emanuel Bach,
secondogenito di Johann Sebastian, nella cui musica avanza un’espressività
moderna e che punta al pieno coinvolgimento emotivo dell’ascoltatore. Dall’altra,
Astor Piazzolla, che riesce sempre a dare il colore del tango anche nelle ‘altre’
musiche, e che alla tradizione del tango dà una nuova dignità artistica, fatta di
significati malinconici e sensuali.
La proposta di Naturale di Berio assieme ad alcuni canti della tradizione siciliana
è la testimonianza, affettuosa e sentita, dei miei legami personali con la terra che
mi ha visto nascere e con la figura di un grande amico musicista. Quei canti di
mare, quelle abbagnate (le prolungate esclamazioni dei venditori ambulanti),
furono da me personalmente raccolti. Berio ne rimase letteralmente affascinato.
Nacquero Voci, e poi Naturale, dove la viola commenta quel tessuto di canti
popolari registrati, da me tenuto a battesimo ed eseguito infinite volte. Un tocco
di autenticità, nella seconda parte della serata, sarà assicurato dalla presenza
dell’attore-cantante Maurizio Sazio, che ci offrirà le atmosfere di quei canti con la
schiettezza e l’intensità di un antico cantastorie.
I ritmi sfrenati della tarantella, filtrati dalle riappropriazioni colte di Stravinskij,
Beethoven, Szymanowski e Sarasate, si sposano infine alla gestualità altrettanto
scatenata della pizzica (che ne è la variante più tipicamene salentina), per scandire
l’appuntamento conclusivo della Settimana Musicale Senese. Edoardo Zosi,
violinista già allievo dell’Accademia Chigiana, e l’Orchestra Popolare Italiana
con Ambrogio Sparagna si avvicenderanno per una conclusione dalle atmosfere
trascinanti e festose, dove la tradizione popolare non s’intimidisce accanto alle
note della musica colta. Linguaggi diversi che trovano così una loro dimensione
comune.
Anche perché ho sempre amato la musica. Tutta.
Sabato 12 luglio
Chiesa di Sant’Agostino
ore 21.15
VISIONI ANDALUSE
Sabato 12 luglio
Chiesa di Sant’Agostino
ore 21.15
VISIONI ANDALUSE
Betty Olivero
Tel Aviv 1954
Juego de siempre
dodici canzoni popolari in ladino per mezzosoprano e sette strumenti
1. Juego de siempre (Il gioco infinito)
2. Ir me kero madre (Voglio andare, mamma)
3. Ay, ke buena (Oh, momento felice)
4. Nani Nani (La donna tradita)
5. Galeas (Galeone)
6. Pregoneros (Il banditore)
7. Ir me kero madre (Voglio andare a Gerusalemme, mamma)
8. Morenica sos (Tu sei bruna)
9. Chichi Bunichi (Chichi Bunichi)
10. Acho’t Ketana’ (Sorellina)
11. Kodja mia (Oh, mia Rosa)
12. Ay, ke buena! (ripresa) (Oh, momento felice – ripresa)
Esti Kenan-Ofri
voce
ContempoartEnsemble
Arcadio Baracchi flauto
Carlo Failli clarinetto
Francesca Frigotto arpa
Simone Beneventi percussioni
Duccio Ceccanti violino
Caterina Cioli viola
Alice Gabbiani violoncello
Vittorio Ceccanti
direttore
Antiche canzoni spagnole
per voce e pianoforte
arrangiate da temi popolari da
Federico García Lorca
Fuente Vaqueros 1898 - Viznar 1936
Anda, jaleo | Los cuatro muleros
Las tres hojas | Nana de Sevilla
Los pelegrinitos | Zorongo Gitano
El Café de Chinitas | Las morillas de Jaén
Sevillanas del Siglo XVIII
Enrique Granados
Lleida 1897 - La Manica 1916
da Tonadillas en estilo antiguo
per voce e pianoforte
su testo di Fernando Periquet
El majo discreto | El mirar de la maja
El majo tímido | Callejeo
La maja de Goya | El tra la la y el punteado
Manuel de Falla
Cadice 1876 - Alta Gracia, Argentina 1946
Siete Canciones Populares Españolas
El paño moruno | Seguidilla murciana
Asturiana | Jota | Nana
Canción | Polo
Ruth Rosique
voce
Aurelio Viribay
pianoforte
SEFARAD
Paolo Scarnecchia
Il canzoniere sefardita è un simbolo della storia del Mediterraneo e delle
sue continue interazioni, e rappresenta la memoria dell’identità culturale
e linguistica degli ebrei vissuti nella Penisola Iberica, i sefarditi, poi espulsi
dalla Riconquista alla fine del XV secolo e oltre. A seguito della diaspora
e della dispersione delle comunità sefardite in differenti porti e città del
Mediterraneo, il repertorio dei canti di origine medievale è stato tramandato
oralmente, assorbendo influssi melodici, ritmici e verbali dei differenti
luoghi di insediamento in tutto il Vicino Oriente. Per questo il canzoniere,
pur mantenendo una unità di fondo, si è arricchito di varianti ampliando
il suo vocabolario espressivo nel corso del tempo. La progressiva e intensa
circolazione mediterranea di questa eredità lirica iberica è iniziata con la
grande diaspora del 1492, a seguito della caduta del Regno di Granada, e
l’esilio di Boabdil, ultimo sovrano musulmano di al-Andalus, è ricordato
nei versi dei canzonieri iberici con la nostalgia e la malinconia della fine di
un’epoca.
Nella cultura ebraica il castigliano del XV secolo parlato dagli ebrei iberici
è chiamato ladino, ma per evitare possibili confusioni con la lingua delle
valli dolomitiche è preferibile utilizzare il termine giudesmo o giudeospagnolo. Si tratta sostanzialmente del castigliano cinquecentesco, venato
di termini ebraici, rimasto dunque allo stato dell’epoca nella quale diede
vita alla straordinaria fioritura poetico-drammaturgica del Siglo de oro.
Tra le specifiche declinazioni regionali del giudesmo, spicca il bagitto, la
sua forma gergale sviluppata all’interno della grande comunità ebraica
di Livorno, particolarmente attiva sul piano editoriale e costituita da
discendenti di portoghesi e spagnoli.
Il patrimonio del canzoniere sefardita, che racconta storie d’amore, di
dolore, di sofferenza, di fortuna e malasorte, e leggende, credenze, nostalgie
e inquietudini, affonda le sue radici nell’immaginario iberico del romance,
la canzone narrativa per eccellenza, da cui deriva attraverso un processo
di adattamento e rielaborazione. Le varianti testuali sono molto più
numerose di quelle melodiche, che utilizzano il principio del contrafactum,
ossia del travestimento di melodie di origine profana o religiosa adattate
a differenti testi. Nel suo insieme il canzoniere riflette la complessità della
diaspora sefardita, con melodie e versi che hanno compiuto migrazioni fra
comunità diverse, come attraverso un sistema di vasi comunicanti. In tal
senso romances e cantigas hanno solcato il Mediterraneo diffondendosi nei
porti di Smirne, Salonicco, Costantinopoli, Alessandria d’Egitto, Tunisi,
Algeri, Tangeri e molti altri ancora, e il canzoniere rappresenta una sorta di
viaggio nello spazio e nel tempo, soprattutto per quanto riguarda le lunghe
canzoni narrative dalle quali emergono trasfigurate, intere pagine di storia
antica e moderna, dagli episodi biblici ad avvenimenti ed eventi della Spagna
rinascimentale. Ma pur assimilando inflessioni melodiche, modali, ritmiche
e incorporare parole delle lingue di adozione delle differenti comunità,
ad esempio arabo, turco, francese, italiano e così via, esso ha mantenuto
viva la memoria di racconti, leggende, credenze, usi, costumi, nei quali si
riflette l’immaginario ebraico iberico. Nei canti che scandiscono il ciclo
della vita, polarizzato attorno a temi come nascita, matrimonio, morte, o
segnano le feste del calendario liturgico, si fondono elementi epici e storici,
e pratiche magiche e religiose. Nel valore apotropaico e scaramantico di
alcuni testi si coglie la memoria rituale del sapere femminile e i riflessi
della vita quotidiana condensati in brevi distici, simili a detti o proverbi,
che racchiudono la saggezza e l’arguzia della cultura popolare tramandata
per secoli dalla pratica musicale. Anche i canti più dolci, come le ninne
nanne, possono ricordare il dramma della separazione e la memoria del
dolore dell’esilio, ma la musica è anche sinonimo di festa, come ricorda il
proverbio legato ai canti nuziali: «No hay boda sin pandero».
L’ALBERO LIRICO ANDALUSO
Paolo Scarnecchia
«Una lotta dell’intelligenza amorosa con il mistero che la circonda e non
può comprendere», così García Lorca definiva la ‘pena andalusa’, quel
‘sentimento celeste’ che non ha nulla a che vedere con la malinconia, la
nostalgia, l’afflizione e la sofferenza dell’animo. Per capire questa pena si
devono leggere i versi del Romancero gitano, pubblicato nel 1928, grande
retablo poetico nel quale vibra l’Andalusia nascosta. Con questa raccolta
Lorca ha operato una trasfigurazione lirica del romance, espressione di
una grande tradizione di poesia narrativa profondamente legata alla
musica. Ma l’interesse del poeta è rivolto anche a quello che in una celebre
conferenza definì «albero lirico andaluso», ossia il cante jondo, la radice
storica del flamenco. Nella appassionata difesa del «canto primitivo» Lorca
esorcizzò i fumi delle taverne e dei caffé per esaltare il «fremito lirico»
delle siguiriyas. Il suo amore per la musica era alimentato dalla amicizia e
dalla stima nei confronti di Manuel de Falla, con il quale nel giugno del
1922 aveva promosso il leggendario concorso di Granada per promuovere
e nobilitare il cante jondo, il «filo che ci unisce all’oriente impenetrabile»,
attirando l’interesse di artisti, intellettuali e politici sulla più originale e
arcaica forma del canto gitano. Per comprenderne i segreti Lorca aveva
imparato a suonare la chitarra, come raccontò in una lettera ad Adolfo
Salazar nell’estate del 1921, sotto la guida di due gitani, el Lombardo e
Frasquito er de la Fuente, definendo il flamenco «una del las creaciones
más gigantescas del pueblo español».
La profonda sensibilità musicale del poeta risale all’infanzia, e alle figure
della madre Vicenta e della zia Isabel dalle quali apprese le basi dell’arte
musicale, e si sviluppò grazie allo studio con Antonio Segura, il «vecchio
maestro di musica» al quale affettuosamente dedicò la sua prima opera
in prosa Impresiones y paisajes, pubblicata nel 1918. Ma fu certamente
l’incontro con de Falla avvenuto a Granada nel 1919 il catalizzatore che
contribuì a far emergere il suo talento musicale. Nonostante la differenza
d’età, di oltre venti anni, i due artisti condivisero l’interesse e l’amore
verso la tradizione orale andalusa, riuscendo, ciascuno nel proprio ambito
artistico e in modo differente, a distillare la quintessenza del genius loci
andaluso. Tra gli amici musicisti di Lorca spicca anche il nome di Andrés
Segovia, il quale fu testimone del talento musicale del poeta in occasione di
performance pubbliche. Ma anche nel contesto delle tertulias, le riunioni
conviviali di artisti e intellettuali che animavano la vita culturale di Madrid,
Granada e altre città iberiche, le sue doti di improvvisatore non passarono
inosservate. Tali doti confluirono certamente nel lavoro preparatorio delle
celebri canzoni registrate nel 1931, intonate dalla voce di Encarnación
López ‘La Argentinita’, interprete del suo primo lavoro teatrale del 1920
El maleficio de la mariposa. Ma le Canciones Españolas Antiguas, o meglio il
loro originale e interessante accompagnamento pianistico venne eseguito a
mente senza il ricorso di una partitura. Lorca probabilmente riteneva che
la natura di quella musica non potesse essere ingabbiata in una trascrizione,
che venne poi realizzata a posteriori e pubblicata anonima dallo Hispanic
Institute of New York.
Nella poetica lorchiana l’emblema dell’ispirazione artistica allo stato
nascente è attribuito al duende, la forza creativa primigenia che erompe
nel passo di una bailaora o nella gola di un cantaor, come illustrato in una
celebre conferenza pronunciata a Cuba nel 1930: «Tutte le arti sono capaci
di duende, ma ha più spazio, com’è naturale, nella musica, nella danza e
nella poesia recitata, poiché queste hanno bisogno di un corpo vivo che le
interpreti». In una lettera indirizzata a Maria Muñoz de Quevedo, direttrice
del Conservatorio Bach a L’Avana, Don Manuel preannunciava così la visita
di Federico: «Se le dico che questo poeta e musicista è amico mio, è solo
una mezza verità, perché è anche, per molti aspetti e da tutti i punti di vista,
uno dei discepoli che stimo di più. E inoltre un eccellente collaboratore,
per ciò che riguarda la musica popolare. Quando Dio permette che nasca
un artista di tale qualità, capace non soltanto di assimilare tecnicamente ciò
che è necessario al proprio lavoro, ma di superare il semplice mestiere della
tecnica (come nel caso delle sue armonizzazioni del folklore spagnolo),
si comprende l’enorme differenza che esiste fra ciò che è il prodotto
della educazione e ciò che affiora dall’ingegno della creazione personale,
sostenuta da questa educazione».
testi
traduzioni
Juego de siempre
Se lava esta novio
Con rosa y azumbre
Parabien parecer
Y uno, dos, tres, cuatro,
Cinco, seis, siete,
Juego de siempre.
Jugaba la novia
Con su marido
Y al primer juego
Le dio un anillo.
Y uno...
Jugaba la novia
Con su regalo
Y al primer juego
Le dio un abrazo.
Y uno...
Jugaba la novia
Con su velado
Y al primer juego
Contaba el dote.
Y uno...
Il gioco infinito
Lo sposo si immerge
nell’acqua di rose
per accrescere la sua bellezza.
E uno, due, tre, quattro,
cinque, sei, sette,
e il gioco è infinito.
La sposa e suo marito
danzano in circolo insieme
e al primo turno
lui le dona un anello.
E uno…
La sposa danza in circolo
con il suo velo
e al primo turno
le dà un abbraccio.
E uno…
La sposa danza in circolo
con il suo velo
e al primo turno
lei gli dona la sua dote.
E uno...
Ir me kero madre
Ir me kero madre
por estos mundos me ire
Las yervas d’akeyos kampos
Io voglio viaggiare, madre
Io voglio viaggiare, madre,
per tutto il mondo
sull’erba dei campi
por pan me las komere. Aman!
Ir me vo you, la mi madre,
por los mudos kuantos son,
Ahi, por los mundos kuantos son.
Aman...
il mio pane. Aman!
Desidero vagare, madre,
per tutto il mondo,
ah, nei quattro angoli della terra.
Aman...
Ay, ke buena
Ay, ke buena ke fue la hora
Ke vos alkansi;
Kon dos miniamim de djente
Kidushin vos di.
Ansi, ansi, mi alma ansi,
Oh, momento felice
Oh, momento felice
per donarti l’anello
prima di decine di persone
per darti la benedizione.
E così, mia anima gemella,
O, ke buena ke fue la hora
Ke vos alkansi.
Yo pasi la vuestra puerta
Oras de arvit
Pasi I torni, non vos vide
L’alma tengo ayi.
Ansi...
oh, momento felice
per donarti l’anello.
Passai la tua porta all’imbrunire
passai di nuovo
tu non c’eri
e lì lasciai la mia anima.
E così…
Nani, Nani
Nani, Nani
Nani kere el ijo
El ijo de la madre
De chiko se aga grande.
I durmete milama,
i durmete mi vista,
I, ke tu padre viene,
kon muncha alegria.
Ah, avrimesh, mi doma,
avrimesh la puerta
Ke vengo kansado de avar las minetas
Ah, avrir no vos avro,
no venish kansado,
Sino ke venish de ande nueva amor!
La donna tradita
Dormi, dormi,
dormi caro bambino
amore della mamma
bambinetto che cresci veloce.
Ah, dormi, anima mia, dormi,
occhi miei,
ah, tuo padre giunge in piena allegria.
Ah, apri, mia signora, apri la porta
che io possa riposarmi
dal lungo viaggio.
Ah, io non vi aprirò,
non venite a riposare
perché siete stato
dalla vostra nuova donna.
Galeas las mis galeas
Galeas las mis galeas
no las puedo sonportar
Aman, aman de mil
no los puedo sonportar.
Polo par, muncho trawajo
kon palos i non durmir.
Palas yevi sietesiento
ke los lados no me siento.
[Aman, aman de mil
de los lados no me siento].
Ke me vendan et asiento
i ke me rezgaten d’aki
[Aman, aman de mil
i ke me rezgaten d’aki].
Galeone
Il galeone, la mia nave,
non può sopportare la pena
ahi, ahi, che ne sarà di me?
Ahi, ahi, lavorare molto
con le corde e non dormire.
Sopporto settecento attacchi
finché non ne posso più.
[Ahi, ahi, non posso più sopportare
gli attacchi].
Che vendano tutti i miei beni
e mi riscattino.
[Ahi, ahi, fatemi riscattare].
(La Serena)
En la mar ay una torre
En la torre ay una ventana
En la ventana ay una ija
Ke a los marineros ama.
(La sirena)
Nel mare c’è una torre
nella torre c’è una finestra
nella finestra c’è una fanciulla
che ama i marinai.
Pregoneros
Pregoneros por las plasas: ijo
delrey ken veria?
Si se lo trayian bivo ambres
grandes los aria.
Sis se lo trayian muerto sus
prezentes les daria.
Vieron vinir tres en kavayo
aziendo gran polveria.
Vinieron serka del rio a la mar
lo echarian.
Il banditore
Il banditore proclama nella piazza:
il principe sta arrivando!
Se lo conducono vivo
egli ascenderà a grandezza.
Se lo conducono morto
egli verrà onorato.
Tre cavalieri emersero dalla polvere
verso la riva,
e si gettarono
nel fiume.
Ir me kero madre
Ir me kero madre a Yerushalayim
I komer las yeruus i artance d’eyas
En el Kotel Maaravi ay uim ziara
Todas mis demandas
ayi me s’afirmanan
En el me arrino yo
En el me enfiguzio yo
En el patron del mundo
En el sinior del mundo.
Voglio andare a Gerusalemme,
mamma
Voglio andare a Gerusalemme,
mamma,
a mangiare i suoi frutti
finché non sarò sazio.
Al Muro del pianto verrò ascoltato
e tutti i miei desideri si avvereranno.
In Lui credo
In Lui ho sicurezza
Nel Signore del mondo
Nel Re dell’universo.
Morenica sos
Morenica sos
Comola pimieta
Vuestra sangre dulce
En mi koracon entra
Dizi me ansi que yo me cansi
De vez que vos veo
La cara en el espejo
Me s’arranca l’alma
Por dar vas un bezo
Morenica sos.
Tu sei bruna
Tu sei bruna
bruna come il pepe
dolce è il tuo sangue
ammaliata è la mia anima.
Vedendo il tuo volto allo specchio
il mio cuore arde
dal desiderio di baciarti.
Chichi bunichi
Chichi bunichi
I redi lainichi
Esti dimanda pan
I esti dimanda kezu
I esti si nues bueno Djidyo
Vanus a yamar al Suryor Rubi.
Chichi bunichi
I redi lainichi
Esti dizi dami un pakerito
La gaylinika echo un goviziko
Aki, aki, aki para aki
Alabokita di mi ijiko.
Chichi Bunichi
Chichi Bunichi
I redi lainichi
questo chiede per il pane
questo chiede per il formaggio
e se non è un bravo giovane ebreo
andremo a chiamare il rabbino.
Chichi Bunichi
I redi lainichi
Questo mi dà un pacchetto
la gallina depone un uovo
qui, qui, qui
sulla bocca del mio bambinello.
Achot ketana
Achot ketana tefiloteia
Orcha v’ona tehiloteia
Elna refana lemachaloteia
Tichle shanave kileloteiha
Elna refana lemachaloteia
Tichle shanave kileloteiha.
Sorellina
La sorellina prepara le sue preghiere
e intona le sue lodi.
Oh Dio, ti imploriamo, risana
le sue infermità.
Possano l’anno e le sue sciagure
cessare tutte adesso.
Kondja mia
Kondja mia, kondja mia
Chichek de mi kavesa,
La luna s’eskoresio
La mar ya se izo preta.
Avlame ninya kon amor
Mira k’esto en el fuego
Se va murir in manservo
Ke no vido nada de bueno.
Yo djurava i dezia
Ke non i mas al amor
Fue kavzante una morena
Ke a mi izo enflamar.
Oh, mia rosa
Oh, mia rosa, mia rosa
fiore della mia testa,
la luna mi divenne oscura
il mare mi divenne nero.
Parlami parole d’amore
guarda come la mia anima arde
abbi pietà di questo giovane
che morirà con sogni irrealizzati.
Giurai che non avrei più amato
il mio cuore è infranto
sono stanco di soffrire
per la ragazza bruna
sono arso dalle fiamme d’amore.
Ay, ke buena (ripresa)
Ay, ke buena ke fue la hora
Ke vos alkansi;
Kon dos miniamim de djente
Kidushin vos di.
Oh, momento felice (ripresa)
Oh, momento felice
per donarti l’anello
prima di decine di persone
per darti la benedizione.
Ansi, ansi, mi alma ansi,
O, ke buena ke fue la hora
Ke vos alkansi.
Yo pasi la vuestra puerta
Oras de arvit
Pasi I torni, non vos vide
L’alma tengo ayi.
Ansi...
E così, mia anima gemella,
oh, momento felice
per donarti l’anello.
Passai la tua porta all’imbrunire
passai di nuovo
tu non c’eri
e lì lasciai la mia anima.
E così…
Anda, jaleo
Yo me alivié a un pino verde
por ver si la divisaba,
y sólo divisé el polvo
del coche que la llevaba.
Anda jaleo, jaleo:
ya se acabó el alboroto
y vamos al tiroteo.
Anda, jaleo
Io salii su un pino verde
per vedere se passava
ma scorsi solo la polvere
del cocchio che la portava.
Ma che bella baraonda;
è finito lo scompiglio
e inizia la sparatoria.
No salgas, paloma, al campo,
mira que soy cazador,
y si te tiro y te mato
para mí será el dolor,
para mí será el quebranto,
Anda, jaleo, jaleo:
ya se acabó el alboroto
y vamos al tiroteo.
Nella strada delle Mura
hanno ucciso una colomba.
Coglierò con le mie mani
i fiori per la corona.
Ma che bella baraonda;
è finito lo scompiglio
e inizia la sparatoria.
En la calle de los Muros
han matado una paloma.
Yo cortaré con mis manos
las flores de su corona.
Anda jaleo, jaleo:
ya se acabó el alboroto
y vamos al tiroteo.
Stai via, colomba, dal campo,
perché sono un cacciatore
e se ti sparo e ti ammazzo
poi sarà per me un dolore,
poi sarà per me uno strazio.
Ma che bella baraonda;
è finito lo scompiglio
e inizia la sparatoria.
Los cuatro muleros
De los cuatro muleros
que van al campo,
el de la mula torda,
moreno y alto.
I quattro mulattieri
Dei quattro mulattieri
che vanno al campo,
quello della mula bigia
è bruno e alto.
De los cuatro muleros
Dei quattro mulattieri
que van al agua,
el de la mula torda
me roba el alma.
che vanno all’acqua,
quello della mula bigia
mi ruba l’anima.
De los cuatro muleros
que van al río,
el de la mula torda
es mi marío.
Dei quattro mulattieri
che vanno al rivo,
quello della mula bigia
è mio marito.
¿A qué buscas la lumbre
la calle arriba,
si de tu cara sale
la brasa viva?
Perché cerchi la luce
su per la via,
se esce dalla tua faccia
la brace viva?
Las tres hojas
Debajo de la hoja
de la verbena
tengo a mi amante malo.
¡Jesús, qué pena!
Le tre foglie
Sotto la foglia
della verbena
il mio amante è malato:
Gesù, che pena!
Debajo de la hoja
de la lechuga
tengo a mi amante malo
con calentura.
Sotto la foglia
della felce
il mio amante è malato
con la febbre.
Nana de Sevilla
Este galapaguito
no tiene mare;
lo parió una gitana,
lo echó a la calle.
No tiene mare, sí;
no tiene mare, no:
no tiene mare,
lo echó a la calle.
Ninna nanna di Siviglia
Questo tartarughino
non ha madre:
lo partorì una gitana,
l’abbandonò per strada.
Non ha madre, sì;
non ha madre, no;
non ha madre,
l’abbandonò per strada
Este niño chiquito
no tiene cuna;
su padre es carpintero
y le hará una.
Questo pupetto
non ha culla:
suo padre falegname
gliene farà una.
Los pelegrinitos
Hacia Roma caminan
Due pellegrini
Verso Roma vanno
dos pelegrinos,
a que los case el Papa, mamita,
porque son primos,
niña bonita,
porque son primos,
niña.
due pellegrini
perché il Papa li sposi
ché son cugini,
bella fanciulla,
ché son cugini,
fanciulla.
Sombrerito de hule
lleva el mozuelo,
y la peregrinita,
mamita,
de terciopelo,
niña bonita,
de terciopelo,
niña.
Cappello di tela cerata
porta il ragazzino
e la fanciulla,
mamma,
di velluto,
bella fanciulla,
di velluto,
fanciulla.
Al pasar por el puente
de la Victoria,
tropezó la madrina,
mamita,
cayó la novia,
niña bonita,
cayó la novia,
niña.
Nel passare il ponte
della Vittoria,
inciampò la madrina,
mamma,
cadde la sposa,
bella fanciulla,
cadde la sposa,
fanciulla.
Han llegado a Palacio,
suben arriba,
y en la sala del Papa
mamita,
los desaniman,
niña bonita,
los desaniman,
niña.
Giunti al Palazzo
salgono
e nella sala del Papa
mamma,
tutti li guardano,
bella fanciulla,
tutti li guardano,
fanciulla.
Les ha preguntado el Papa
cómo se llaman.
El le dice que Pedro
mamita,
y ella que Ana,
niña bonita,
y ella que Ana,
niña.
Il Papa ha domandato
come si chiamano.
Lui dice Pietro
mamma,
lei dice Anna,
bella fanciulla,
lei dice Anna,
fanciulla.
Le ha preguntado el Papa
que qué edad tienen.
Ella dice que quince,
mamita,
y él diecisiete,
niña bonita,
y él diecisiete,
niña.
Il Papa ha domandato
che età hanno.
Lei dice quindici anni,
mamma,
lui diciassette,
bella fanciulla,
lui diciassette,
fanciulla.
Le ha preguntado el Papa
de dónde eran.
Ella dice de Cabra,
mamita,
y él de Antequera,
niña bonita,
y él de Antequera,
niña.
Il Papa ha domandato
di dove erano.
Lei dice di Cabra,
mamma,
lui dice Antequera,
bella fanciulla,
lui dice Antequera,
fanciulla.
Le ha preguntado el Papa
que si han pecado.
El le dice que un beso,
mamita,
que le había dado,
niña bonita,
que le había dado,
niña.
Il Papa ha domandato
se hanno peccato.
Lui dice che un bacio,
mamma,
glielo aveva dato,
bella fanciulla,
glielo aveva dato,
fanciulla.
Y la peregrinita,
que es vergonzosa,
se le ha puesto la cara,
mamita,
como una rosa,
niña bonita,
como una rosa,
niña.
Alla piccola pellegrina,
che è timida,
il viso si è fatto,
mamma,
come una rosa,
bella fanciulla,
come una rosa,
fanciulla.
Y ha respondido el Papa
desde su cuarto:
¡Quién fuera pelegrino,
mamita,
para otro tanto,
niña bonita,
E il Papa rispose
dalla sua stanza:
tutti fossero pellegrini,
mamma,
per lo stesso peccato,
bella fanciulla,
para otro tanto, niña!
per lo stesso peccato, fanciulla.
Las campanas de Roma
ya repicaron
porque los pelegrinos,
mamita,
ya se casaron,
niña bonita,
ya se casaron,
niña.
Le campane di Roma
hanno suonato
perché i pellegrini,
mamma,
si sono sposati,
bella fanciulla,
si sono sposati,
fanciulla.
Zorongo Gitano
Tengo los ojos azules,
tengo los ojos azules,
y el corazoncito igual
que la cresta de la lumbre.
Zorongo gitano
I miei occhi sono azzurri,
i miei occhi sono azzurri,
e il mio cuoricino uguale
alla cresta della fiamma.
De noche me salgo al patio
y me harto de llorar
de ver que te quiero tanto
y tú no me quieres ná.
La notte vado nel patio
e mi consumo nel pianto
vedendo che tu non mi ami
mentre io ti amo tanto.
Esta gitana está loca,
loca que la van a atar;
que lo que sueña de noche
quiere que sea verdad.
Questa gitana è una pazza,
una pazza da legare,
quello che sogna di notte
vorrebbe che fosse reale.
El Café de Chinitas
En el Café de Chinitas
dijo Paquiro a su hermano:
«Soy más valiente que tú,
más torero y más gitano».
Il caffè di Chinitas
Dentro il caffè di Chinitas
disse Paquiro al fratello:
«Sono più forte di te,
più gitano e più torero».
En el Café de Chinitas
dijo Paquiro a Frascuelo:
«Soy más valiente que tú,
más gitano y más torero».
Tirò fuori l’orologio
e parlò in questa maniera:
«Questo toro ha da morire
prima delle quattro e mezza».
Al dar las cuatro en la calle
se salieron del café
y era Paquiro en la calle
un torero de cartel.
Uscirono dal caffè
al rintocco delle quattro
e Paquiro camminava
come un torero affermato.
Las morillas de Jaén
Tres moricas me enamoran
en Jaén:
Aixa, Fátima y Marién.
Le morette di Jaén
Tre morette m’innamorano
a Jaén:
Aixa e Fátima e Marién.
Tres moricas tan garridas
iban a coger olivas,
y hallábanlas cogita
en Jaén:
Aixa, Fátima y Marién.
Tre morette proprio carine
andavano a cogliere olive,
e trovavanle finite
a Jaén:
Aixa e Fátima e Marién.
Y hallábanlas cogita
y tornaban desmaídas
y las colores perdídas
en Jaén:
Aixa, Fátima y Marién.
E trovavanle finite
e tornavano avvilite
con le facce impallidite
a Jaén:
Aixa e Fátima e Marién.
Tres moricas tan lozanas,
iban a coger manzanas
hallábanlas tomaia
en Jaén:
Aixa, Fátima y Marién.
Tre morette proprio fresche
andavano a cogliere mele
e trovavanle già prese
a Jaén:
Aixa e Fátima e Marién.
Díjeles: ¿Quién sois, señoras,
de mi vida robadoras?
Cristianas, que éramos moras
en Jaén:
Aixa, Fátima y Marién.
Dissi: Chi siete, signore,
della mia vita predone?
Cristiane che erano more
a Jaén:
Aixa e Fátima e Marién.
Sevillanas del Siglo XVIII
1
¡Viva Sevilla!
Llevan las sevillanas
en la mantilla
un letrero que dice:
¡Viva Sevilla!
Sevillanas del secolo XVIII
1
Viva Siviglia!
Portano le sivigliane
nella mantiglia
un’insegna che dice:
Viva Siviglia!
¡Viva Triana!
¡Vivan los trianeros,
los de Triana!
¡Vivan los sevillanos
y sevillanas!
Viva Triana!
Viva i trianeros,
quelli di Triana!
Vivano i sivigliani
e le sivigliane!
2
Lo traigo andado.
La Macarena y todo
lo traigo andado.
2
Lo porto camminato.
La Macarena e tutto
lo porto camminato.
Lo traigo andado;
cara como la tuya
no la he encontrado.
La Macarena y todo
lo traigo andado.
Lo porto camminato;
un viso come il tuo
non l’ho trovato.
La Macarena e tutto
lo porto camminato.
3
Ay río de Sevilla,
qué bien pareces
lleno de velas blancas
y ramas verdes.
3
Ahi, fiume di Siviglia,
che sembri ben
pieno di candele bianche
e rami verdi.
El majo discreto
Dicen que mi majo es feo.
Es posible que sí que lo sea,
que amor es deseo
que ciega y marea.
Ha tiempo que sé
que quien ama no ve.
Mas si no es mi majo un hombre
que por lindo descuelle y asombre,
en cambio es discreto
y guarda un secreto
que yo posé en él
sabiendo que es fiel.
¿Cuál es el secreto
que el majo guardó?
Sería indiscreto
contarlo yo.
No poco trabajo costara saber
secretos de un majo con una mujer.
Nació en Lavapiés.
¡Eh, ¡eh! ¡Es
un majo, un majo es!
El mirar de la maja
¿Por qué es en mis ojos
tan hondo el mirar
que a fin de cortar
desdenes y enojos
los suelo entornar?
¿Qué fuego dentro llevarán
que si acaso con calor
los clavo en mi amor
sonrojo me dan?
Por eso el chispero
a quien mi alma dí
al verse ante mí
me tira el sombrero
y díceme así:
«Mi Maja, no me mires más
que tus ojos rayos son
y ardiendo en pasión
la muerte me dan».
El majo timido
Llega a mi reja y me mira
por la noche un majo
que, en cuanto me ve y suspira,
se va calle abajo.
¡Ay qué tío más tardío!
¡Si así se pasa la vida estoy
divertida!
Otra vez pasa y se alejo
y no se entusiasma
y bajito yo le digo
¡Adiós Don Fantasma!
¡Ay que tío más tardío!
Si así se pasa la vida
estoy divertida.
Callejeo
Dos horas ha que callejeo
pero no veo,
nerviosa ya, sin calma,
al que le di confiada
el alma.
No vi hombre jamás
que mintiera más que el majo
que hoy me engaña;
mas no le ha de valer
pues siempre fui mujer de maña
y, si es menester,
correré sin parar,
tras él, entera España.
La maja de Goya
Yo no olvidaré en mi vida
de Goya la imagen gallarda y
querida.
No hay hembra ni maja o señora
que a Goya no eche de menos
ahora.
So yo hallara quien me amara
como él me amó,
no envidiara ni anhelara más
venturas ni dichas yo.
El tra la la y el punteado
Es en balde, majo mío, que sigas
hablando
porque hay cosas que contesto yo
siempre cantando:
Tra la la...
Por más que preguntes tanto:
tra la la...
En mí no causas quebranto
ni yo he de salir de mi canto:
tra la la...
El paño moruno
Al paño fino, en la tienda
una mancha le cayó.
Por menos precio vende,
Porque perdió su valor. ¡Ay!
Il drappo moresco
Sul drappo fine, nella bottega,
una macchia è caduta.
A minor prezzo si vende,
perché ha perso il suo valore... Ahi!
Seguidilla murciana
Cualquiera que el tejado
Tenga de vidrio,
No debe tirar piedras
Al del vecino.
Arrieros semos;
¡Puede que en el camino
Nos encontramos!
Seguidilla murciana
Chiunque abbia
il tetto di vetro
non deve lanciare pietre contro
quello del vicino.
Siamo carrettieri:
forse per strada
ci incontreremo!
Por tu mucha inconstancia
Yo te comparo
Con peseta que corre
De mano en mano;
Que al fin se borra,
Y créyendola falsa
¡Nadie la toma!
Per la tua incostanza
io ti paragono
alla peseta che corre
di mano in mano,
alla fine si leviga e,
credendola falsa,
nessuno la vuole.
Asturiana
Por ver si me consolaba,
Arrime a un pino verde,
Por ver si me consolaba.
Asturiana
Cercando conforto
mi avvicinai ad un pino verde,
cercando conforto.
Por verme llorar, lloraba.
Y el pino como era verde,
Por verme llorar, lloraba.
Vedendomi piangere, piangeva,
e il pino poiché era verde,
vedendomi piangere, piangeva!
Jota
Dicen que no nos queremos
Porque no nos ven hablar;
A tu corazón y al mio
Se lo pueden preguntar.
Jota
Dicono che non ci vogliamo bene
perché non ci vedono parlare,
ma al tuo cuore e al mio
possono interrogare.
Ya me despido de tí,
De tu casa y tu ventana,
Y aunque no quiera tu madre,
Adiós, niña, hasta mañana.
Ya me despido de tí,
Aunque no quiera tu madre...
Mi congedo da te, dalla tua casa
e dalla tua finestra
e nonostante tua madre non voglia:
Addio bimba, a domani.
Mi congedo da te
nonostante tua madre non voglia …
Nana
Duérmete, niño, duerme,
Duerme, mi alma,
Ninna nanna
Dormi bimbo, dormi,
dormi, anima mia,
Duérmete, lucerito
De la mañana.
Naninta, nana,
Naninta, nana.
Duérmete, lucerito
De la mañana.
dormi, stellina
del mattino.
Nannina nanna,
nannina nanna,
dormi stellina
del mattino.
Canción
Por traidores, tus ojos, voy a
enterrarlos;
No sabes lo que cuesta,
“Del aire”
Niña, el mirarlos.
“Madre a la orilla”
Niña, el mirarlos.
“Madre”.
Canzone
Poiché i tuoi occhi sono traditori io li
seppellisco.
Non sai quanto mi costa,
“dell’aria”
bimba, guardarli.
“Madre all’aura”
bimba, guardarli.
“Madre”.
Dicen que no me quieres,
Y a me has quertido...
Váyase lo ganado,
“Del aire”
Por lo perdido,
“Madre a la orilla”
Por lo perdido.
“Madre”.
Dicono che non mi vuoi bene,
ma me ne hai voluto un tempo...
Vada via ciò che ho vinto,
“dell’aria”
a causa di ciò che ho perso.
“Madre all’aura”
A causa di ciò che ho perso.
“Madre”.
Polo
¡Ay!
Guardo una, ¡Ay!
Guardo una, ¡Ay!
¡Guardo una pena en mi pecho,
¡Guardo una pena en mi pecho,
¡Ay!
Que a nadie se la diré!
Polo
Ahimé!
Serbo una... Ahimé!
Serbo una... Ahimé!
Serbo una pena in petto,
Serbo una pena in petto,
Ahimé!
Che a nessuno dirò!
Malhaya el amor, malhaya,
Malhaya el amor, malhaya,
¡Ay!
¡Y quien me lo dió a entender!
¡Ay!
Maledetto l’amore, maledetto!
Maledetto l’amore, maledetto!
Ahimé!
E maledetto colui
che me l’ha fatto capire!
Ahimé!
Betty Olivero
Nata a Tel Aviv, ha studiato all’Accademia di musica Rubin, all’Università di Tel Aviv e
all’Università Bar-Ilan con Itzhak Sadai e Leon Shidlowsky, nonché alla Yale University
con docenti quali Jacob Druckman e Bernard Rands. Grazie alla borsa di studio Leonard
Bernstein, nel 1982 ha lavorato a Tanglewood con Luciano Berio, con il quale (1983-86)
ha continuato a studiare in Italia.
L’innovativa musica della Olivero parla il linguaggio delle forme compositive
contemporanee, e tuttavia si ispira ad antiche tradizioni musicali ebraiche e di altra
provenienza. Il materiale musicale appare in ricchi e cangianti arrangiamenti, oppure è
mescolato attraverso processi d’avanguardia in strutture che mostrano dense eterofonie,
complessità ritmiche e ricche orchestrazioni. Il suo stile è coerente e non eclettico, ma al
tempo stesso combina elementi diversi quali musica giudeo-ispanica (sefardita), sonorità
arabe e musiche medioevali integrandole in un linguaggio di contemporaneità.
Le composizioni della Olivero vengono eseguite da importanti orchestre e insiemi
cameristici quali la Chicago Symphony Orchestra, la New York Philharmonic Orchestra,
la Israel Philharmonic Orchestra, la BBC Philharmonic Orchestra, la London Sinfonietta,
la Amsterdam Sinfonietta, lo Juilliard Ensemble e il Quartetto Arditti, in molti prestigiosi
festival europei, nord americani e asiatici.
Esti Kenan-Ofri
Cantautrice, è nata in Italia e cresciuta in Israele. Come molti autori ed esecutori, considera
la danza e la musica come un’unica arte che abbraccia la coreografia, il canto ed il suono.
La sua arte è intimamente legata alle tradizioni di canto ebraico-safardite. Il suo sviluppo
artistico è ispirato dalle tradizioni ricche e variegate del canto e della danza ebraica. Ha
studiato danza in Israele e negli Stati Uniti con maestri quali Rina Schoenfeld, Alvin
Nicolais, Murray Louis. Ha svolto gli studi musicali presso l’Accademia di Musica di
Tel-Aviv ed ha perfezionato lo studio delle percussioni presso l’Accademia Rubin di
Gerusalemme. Ha inoltre studiato musica araba con il compositore Shlomo Ziv-Li.
Nel 1992 ha cantato insieme a Placido Domingo un brano del compositore Noam
Scheriff, in occasione del cinquecentesimo anniversario dell’espulsione del popolo ebraico
dalla Spagna. Si è esibita a Toledo accanto all’Orchestra Filarmonica di Israele diretta da
Zubin Mehta e suona di frequente musica di Luciano Berio, il quale ha composto un’Aria
all’interno del suo pezzo Ofanim espressamente per lei. Nel 1993 ha composto un pezzo
musicale e coreografico per il teatro di danza “Inbal” basato sulle ninne nanne degli ebrei
spagnoli.
Da molti anni si esibisce con il Duo Kol-Tof, il Trio Kol Oud Tof, Slava Ganelin,
l’Ensemble East-west, l’Orchestra arabo-andalusa di Tangier. I suoi pezzi sono stati
eseguiti nei più importanti festival in Israele
Contempoartensemble
Fondato nel 1992 da Mauro Ceccanti, è un nucleo di solisti a composizione variabile
che ha scelto come proprio ambito il Novecento musicale storico e la contemporaneità
emergente a livello internazionale. Con un intenso lavoro di ricerca e sperimentazione
Contempoartensemble realizza progetti che uniscono musica, cinema, prosa, danza e
video-art.
Partendo dal presupposto di una consonanza e contiguità fra musica e arti visive, il
Complesso opera spesso in stretto contatto con i centri di arte contemporanea, come
musei e altri luoghi significativi eletti di volta in volta in relazione ad eventi culturali ed
esposizioni di opere d’avanguardia. Anche la produzione discografica, recensita per la
qualità delle sue esecuzioni dalla critica internazionale più qualificata, si è sviluppata nel
segno di uno stretto rapporto con alcuni dei massimi esponenti dell’arte contemporanea
ai quali è stata affidata la veste grafica dei suoi cd e la realizzazione di un’opera ad esso
abbinata: da Sol Lewitt (il cd ARTS è stato il «primo assunto nella collezione permanente
del MOMA di New York») a Michelangelo Pistoletto, Jean Michel Folon, Daniel Buren,
Gerhard Richter e Dani Karavan.
Fin dagli esordi CE riceve il sostegno e la collaborazione di compositori come Luciano
Berio (Presidente Onorario fin dalla fondazione), Peter Maxwell Davies, Steve Reich, Hans
Werner Henze, Mauricio Sotelo, Henri Pousseur, Ivan Vandor, Luis De Pablo, Salvatore
Sciarrino, Fabio Vacchi, Giorgio Battistelli, Ivan Fedele, Aldo Clementi, Sylvano Bussotti,
Luca Lombardi, Azio Corghi, Michele Dall’Ongaro, Nicola Sani, Marcello Panni, Luca
Mosca, Silvia Colasanti, Matteo D’Amico... eseguendo prime assolute e composizioni
dedicate. Partecipa a importanti festival e stagioni concertistiche in Italia e all’estero fra le
quali Teatro San Carlo di Napoli, Auditorium Stelio Molo di Lugano, Biennale di Venezia,
Accademia Musicale Chigiana, Accademia Filarmonica Romana, Festival Milano Musica,
Roma Europa Festival, R E C Festival Reggio Emilia, Huddersfield Contemporary Music
Festival, Festival di Patrasso, Les Flaneries Musicales de Reims.
È regolarmente presente nel cartellone del Maggio Musicale Fiorentino, dove negli
ultimi anni ha presentato ritratti monografici di Ivan Fedele, Peter Maxwell Davies, Kaija
Saariahao (Visual Concert, immagini video realizzate per CE da Jean Baptiste Barrière),
Steve Reich, John Cage, Bruno Maderna.
Dal 2002 CE organizza il Contempoartefestival finalizzato alla diffusione e al sostegno
delle nuove composizioni italiane e internazionali, con particolare attenzione ai lavori
dei giovani compositori.
Vittorio Ceccanti
Nato da una famiglia di musicisti, si diploma al Conservatorio di Firenze con Andrea
Nannoni. Studia con i tre maggiori violoncellisti della celebre scuola di Rostropovič:
Mischa Maisky, David Geringas, nonché con Natalia Gutman, Yo Yo Ma, Anner Bylsma,
Valentjn Berlinsky, il Trio di Trieste e il Trio di Milano. Dopo essere stato a lungo allievo
dei corsi di perfezionamento estivi dell’Accademia Musicale Chigiana, eccezionalmente
ammesso sebbene non ancora diplomato, dal 2000 ne è diventato collaboratore come
maestro assistente strumentista nei corsi di composizione di Azio Corghi, Giorgio Battistelli
e Luis Bacalov. Vincitore di concorsi nazionali e internazionali, ha un’intensissima carriera
internazionale che lo porta a esibirsi costantemente in Europa, Asia e Americhe.
Dalla frequentazione con Sir Georg Solti nasce la passione per la direzione d’orchestra
nella quale si perfeziona con Piero Bellugi e con Martyn Brabbins. È presidente di
ContempoArtEnsemble. Numerose le incisioni discografiche.
Tiene regolarmente Master Classes alla Royal Academy of London, alla Cincinnati
University, all’Università di Seoul e insegna violoncello al Conservatorio di Castelfranco
Veneto.
Ruth Rosique
Soprano spagnolo, Ruth Rosique si distingue oltre che per la sua musicalità anche per
la vastità e varietà del repertorio. Dopo una breve esperienza di clarinettista e pianista,
ha scoperto il canto a 15 anni e da allora ha approfondito i vari stili delle varie epoche:
dal canto gregoriano alla musica contemporanea, dalle opere di Monteverdi a quelle di
Britten o Henze, dai compositori dell’epoca barocca al bel canto, dai Lieder tedeschi alla
Zarzuela, ella affronta tutti i repertori con entusiasmo e rigore che fanno di lei un’artista
fondamentale della musica spagnola e internazionale. Applaudita interprete mozartiana,
ha cantato i ruoli principali di Don Giovanni, Die Zauberflöte, Le Nozze di Figaro, Die
Entführung aus dem Serail, La finta giardiniera, oltre a Elisir d’Amore, Don Pasquale. Nel
suo repetorio figurano anche numerose opere di Rossini tra cui La Scala di seta, Il viaggio a
Reims, Il Turco in Italia. Appassionata di musica barocca, ha cantato i ruoli principali ne Il
combattimento di Tancredi e Clorinda e L´incoronazione di Poppea di Monteverdi (Drusilla
e Poppea), L´Olimpiade di Galuppi, Orfeo ed Euridice di Gluck, Ottavia Restituita e
Il Prigionier Superbo di Pergolesi, Trionfo del Tempo e del Disinganno e Aci e Galatea di
Haendel, Andromeda Liberata e Atenaide di Vivaldi.
La sua versatilità le ha dato la possibilità di interpretare anche ruoli in Werther di Massenet
(Sophie), Roméo et Juliette di Gounod (Juliette), La Bohème di Puccini (Musetta), La
Sonnambula di Bellini, Lakmé di Delibes, Falstaff di Verdi (Nanetta), Die Frau ohne
Schatten di Richard Strauss, L’enfant et les sortilèges di Ravel, Orphée aux Enfers di
Offenbach, The Rape of Lucretia di Britten, Der Kaiser von Atlantis di Ullman, Die sieben
Todsünden di Weill, Moses und Aaron e Pierrot Lunaire di Schönberg, Elegy for Young
Lovers di Henze. La Zarzuela riveste un ruolo importante nel repertorio di Ruth Rosique,
che ne è un’interprete riconosciuta e ammirata ed è stata invitata ad interpretare più di
una ventina di titoli. È stata invitata in molti dei più importanti teatri e sale del mondo e
ha cantato sotto la direzione di maestri riconosciuti del panorama internazionale.
Nata a Barcellona, vive in Andalusia, ha studiato nei Conservatori di Cadice, Guadalajara,
Valencia. Si è perfezionata con Victoria de Los Ángeles, Donald Sultzen, Emma Kirkby,
Kamal Khan, Manuel Cid ed Elena Obraztsova. La sua discografia conta più di 20
incisioni pubblicati da EMI, Naïve, Enchiriadis, Odeon, Dynamic.
Aurelio Viribay
Specializzato in accompagnamento di cantanti, completa la sua formazione in questo
campo con Norma Shelter a Vienna, Dalton Baldwin in Francia e Félix Lavilla a
Madrid. Ha insegnato repertorio vocale alla Hochschule für Musik e al Conservatorio
di Vienna, e attualmente alla Escuela Superior de Canto di Madrid. Collabora come
pianista accompagnatore ai corsi di Thomas Quasthoff al Mozarteum di Salisburgo e a
quelli di Walter Berry e Teresa Berganza alla Escuela Superior de Música Reina Sofía di
Madrid. Ha collaborato come pianista ufficiale a svariati concorsi di canto e offerto recital
con molti dei più importanti cantanti e strumentisti del panorama internazionale. Si è
esibito in quasi tutti i paesi europei, in Messico, Marocco, Giappone, apparendo in molte
prestigiose sale. Ha effettuato registrazioni radiotelevisive con RNE, Catalunya Música e
RTVE. La sua discografia, comprendente etichette quali Columna Música o Stradivarius,
è concentrata sul canto da concerto.
Aurelio Viribay si è inoltre laureato all’Università Rey Juan Carlos di Madrid con una tesi
sul canto da concerto nel Gruppo degli Otto di Madrid.
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