LA 71a SETTIMANA MUSICALE SENESE: QUANDO LA TRADIZIONE POPOLARE E LA MUSICA COLTA S’INCONTRANO Aldo Bennici Direttore artistico dell’Accademia Musicale Chigiana Da tempo accarezzavo l’idea di poter organizzare proposte musicali che stabilissero confronti e dialoghi fra la musica etnica e quella colta, solleticato in ciò dalla mia personale esperienza di musicista vissuta accanto a Luciano Berio. L’occasione è arrivata, del tutto inaspettata, quando, dopo aver deciso di concludere la mia carriera pluriennale di Direttore artistico dell’Accademia Chigiana, mi è stato chiesto di mettere a frutto ancora una volta la mia lunga esperienza di organizzatore musicale per fronteggiare un momento particolarmente difficile nella vita stessa della Chigiana, e disegnare (in poco tempo e con risorse economiche assai contenute rispetto ad una volta) la programmazione della Settimana Musicale Senese e dell’Estate Musicale Chigiana. L’intenzione di avvicinare quei due ambiti musicali, abbattendo così ogni sorta di confine, è diventata predominante, e poteva essere estesa, come un filo rosso, all’intero calendario degli appuntamenti della Settimana Musicale. Nasce così Specchi, il titolo che raccoglie le manifestazioni della Settimana Senese 2014: occasioni dove la tradizione musicale tramandata per via orale e di ogni provenienza geografica si confronta con i grandi classici, dando vita a un gioco continuo di corrispondenze e di cambi di prospettiva, proprio come i continui riflessi che movimentano la superficie di uno specchio. In questo trova anche nuova affermazione il mio personale amore per l’etnomusicologia, disciplina che, del resto, proprio all’Accademia Chigiana ebbe, anni fa, una sua particolare autorevolezza didattica grazie alle cattedre tenute da due illustri studiosi come Diego Carpitella e Roberto Leydi. Il gioco dei raffronti e delle differenti angolazioni è affermato fin dalla serata inaugurale, che avvicina le musiche di scena per l’Arlésienne di Bizet a quelle (appositamente commissionate dalla Chigiana, e in prima esecuzione assoluta) per Blanquette di Azio Corghi: queste ultime basate su un racconto di Alphonse Daudet presente in quelle stesse Lettres de mon moulin seguite da Bizet nel suo capolavoro. Uno stesso testo visto nello specchio musicale della contemporaneità, secondo un’operazione che conferma, ancora una volta, l’attenzione delle programmazioni chigiane alla musica del nostro tempo. Il concerto intitolato Santi e santini vuol far riflettere su come l’esigenza di spiritualità, da sempre insita nell’uomo, possa esprimersi con pari intensità sia nella quotidianità semplice del canto popolare sia nell’universalità ‘alta’ del capolavoro conclamato. Ascolteremo così le espressioni di fede intonate nei canti sacri della tradizione sarda, accanto a quelle, raccolte e non di rado imbevute di gusto operistico, dello Stabat Mater di Boccherini. È ancora la tradizione popolare, stavolta quella di alcune canzoni sefardite, ad essere vista con gli occhi della contemporaneità in Juego de Siempre di Betty Olivero, compositrice israeliana fortemente legata all’Italia, avendo vissuto a Firenze ai tempi dei suoi studi con Berio. Questa pagina è messa a fianco di un’antologia di antiche canzoni spagnole raccolte e armonizzate da Federico García Lorca: omaggio, questo, alla figura del conte Guido Chigi Saracini, che acquistò una delle prime edizioni della raccolta. Il volume è oggi conservato nella Biblioteca dell’Accademia. Visioni andaluse: ecco dunque il titolo del concerto. Ravvicinamenti testimonianza di innovazioni sono poi quelli che caratterizzano l’appuntamento con i Solisti di Pavia ed Enrico Dindo, protagonisti di un viaggio fra Weimar e Mar del Plata: da una parte Carl Philipp Emanuel Bach, secondogenito di Johann Sebastian, nella cui musica avanza un’espressività moderna e che punta al pieno coinvolgimento emotivo dell’ascoltatore. Dall’altra, Astor Piazzolla, che riesce sempre a dare il colore del tango anche nelle ‘altre’ musiche, e che alla tradizione del tango dà una nuova dignità artistica, fatta di significati malinconici e sensuali. La proposta di Naturale di Berio assieme ad alcuni canti della tradizione siciliana è la testimonianza, affettuosa e sentita, dei miei legami personali con la terra che mi ha visto nascere e con la figura di un grande amico musicista. Quei canti di mare, quelle abbagnate (le prolungate esclamazioni dei venditori ambulanti), furono da me personalmente raccolti. Berio ne rimase letteralmente affascinato. Nacquero Voci, e poi Naturale, dove la viola commenta quel tessuto di canti popolari registrati, da me tenuto a battesimo ed eseguito infinite volte. Un tocco di autenticità, nella seconda parte della serata, sarà assicurato dalla presenza dell’attore-cantante Maurizio Sazio, che ci offrirà le atmosfere di quei canti con la schiettezza e l’intensità di un antico cantastorie. I ritmi sfrenati della tarantella, filtrati dalle riappropriazioni colte di Stravinskij, Beethoven, Szymanowski e Sarasate, si sposano infine alla gestualità altrettanto scatenata della pizzica (che ne è la variante più tipicamene salentina), per scandire l’appuntamento conclusivo della Settimana Musicale Senese. Edoardo Zosi, violinista già allievo dell’Accademia Chigiana, e l’Orchestra Popolare Italiana con Ambrogio Sparagna si avvicenderanno per una conclusione dalle atmosfere trascinanti e festose, dove la tradizione popolare non s’intimidisce accanto alle note della musica colta. Linguaggi diversi che trovano così una loro dimensione comune. Anche perché ho sempre amato la musica. Tutta. Sabato 12 luglio Chiesa di Sant’Agostino ore 21.15 VISIONI ANDALUSE Sabato 12 luglio Chiesa di Sant’Agostino ore 21.15 VISIONI ANDALUSE Betty Olivero Tel Aviv 1954 Juego de siempre dodici canzoni popolari in ladino per mezzosoprano e sette strumenti 1. Juego de siempre (Il gioco infinito) 2. Ir me kero madre (Voglio andare, mamma) 3. Ay, ke buena (Oh, momento felice) 4. Nani Nani (La donna tradita) 5. Galeas (Galeone) 6. Pregoneros (Il banditore) 7. Ir me kero madre (Voglio andare a Gerusalemme, mamma) 8. Morenica sos (Tu sei bruna) 9. Chichi Bunichi (Chichi Bunichi) 10. Acho’t Ketana’ (Sorellina) 11. Kodja mia (Oh, mia Rosa) 12. Ay, ke buena! (ripresa) (Oh, momento felice – ripresa) Esti Kenan-Ofri voce ContempoartEnsemble Arcadio Baracchi flauto Carlo Failli clarinetto Francesca Frigotto arpa Simone Beneventi percussioni Duccio Ceccanti violino Caterina Cioli viola Alice Gabbiani violoncello Vittorio Ceccanti direttore Antiche canzoni spagnole per voce e pianoforte arrangiate da temi popolari da Federico García Lorca Fuente Vaqueros 1898 - Viznar 1936 Anda, jaleo | Los cuatro muleros Las tres hojas | Nana de Sevilla Los pelegrinitos | Zorongo Gitano El Café de Chinitas | Las morillas de Jaén Sevillanas del Siglo XVIII Enrique Granados Lleida 1897 - La Manica 1916 da Tonadillas en estilo antiguo per voce e pianoforte su testo di Fernando Periquet El majo discreto | El mirar de la maja El majo tímido | Callejeo La maja de Goya | El tra la la y el punteado Manuel de Falla Cadice 1876 - Alta Gracia, Argentina 1946 Siete Canciones Populares Españolas El paño moruno | Seguidilla murciana Asturiana | Jota | Nana Canción | Polo Ruth Rosique voce Aurelio Viribay pianoforte SEFARAD Paolo Scarnecchia Il canzoniere sefardita è un simbolo della storia del Mediterraneo e delle sue continue interazioni, e rappresenta la memoria dell’identità culturale e linguistica degli ebrei vissuti nella Penisola Iberica, i sefarditi, poi espulsi dalla Riconquista alla fine del XV secolo e oltre. A seguito della diaspora e della dispersione delle comunità sefardite in differenti porti e città del Mediterraneo, il repertorio dei canti di origine medievale è stato tramandato oralmente, assorbendo influssi melodici, ritmici e verbali dei differenti luoghi di insediamento in tutto il Vicino Oriente. Per questo il canzoniere, pur mantenendo una unità di fondo, si è arricchito di varianti ampliando il suo vocabolario espressivo nel corso del tempo. La progressiva e intensa circolazione mediterranea di questa eredità lirica iberica è iniziata con la grande diaspora del 1492, a seguito della caduta del Regno di Granada, e l’esilio di Boabdil, ultimo sovrano musulmano di al-Andalus, è ricordato nei versi dei canzonieri iberici con la nostalgia e la malinconia della fine di un’epoca. Nella cultura ebraica il castigliano del XV secolo parlato dagli ebrei iberici è chiamato ladino, ma per evitare possibili confusioni con la lingua delle valli dolomitiche è preferibile utilizzare il termine giudesmo o giudeospagnolo. Si tratta sostanzialmente del castigliano cinquecentesco, venato di termini ebraici, rimasto dunque allo stato dell’epoca nella quale diede vita alla straordinaria fioritura poetico-drammaturgica del Siglo de oro. Tra le specifiche declinazioni regionali del giudesmo, spicca il bagitto, la sua forma gergale sviluppata all’interno della grande comunità ebraica di Livorno, particolarmente attiva sul piano editoriale e costituita da discendenti di portoghesi e spagnoli. Il patrimonio del canzoniere sefardita, che racconta storie d’amore, di dolore, di sofferenza, di fortuna e malasorte, e leggende, credenze, nostalgie e inquietudini, affonda le sue radici nell’immaginario iberico del romance, la canzone narrativa per eccellenza, da cui deriva attraverso un processo di adattamento e rielaborazione. Le varianti testuali sono molto più numerose di quelle melodiche, che utilizzano il principio del contrafactum, ossia del travestimento di melodie di origine profana o religiosa adattate a differenti testi. Nel suo insieme il canzoniere riflette la complessità della diaspora sefardita, con melodie e versi che hanno compiuto migrazioni fra comunità diverse, come attraverso un sistema di vasi comunicanti. In tal senso romances e cantigas hanno solcato il Mediterraneo diffondendosi nei porti di Smirne, Salonicco, Costantinopoli, Alessandria d’Egitto, Tunisi, Algeri, Tangeri e molti altri ancora, e il canzoniere rappresenta una sorta di viaggio nello spazio e nel tempo, soprattutto per quanto riguarda le lunghe canzoni narrative dalle quali emergono trasfigurate, intere pagine di storia antica e moderna, dagli episodi biblici ad avvenimenti ed eventi della Spagna rinascimentale. Ma pur assimilando inflessioni melodiche, modali, ritmiche e incorporare parole delle lingue di adozione delle differenti comunità, ad esempio arabo, turco, francese, italiano e così via, esso ha mantenuto viva la memoria di racconti, leggende, credenze, usi, costumi, nei quali si riflette l’immaginario ebraico iberico. Nei canti che scandiscono il ciclo della vita, polarizzato attorno a temi come nascita, matrimonio, morte, o segnano le feste del calendario liturgico, si fondono elementi epici e storici, e pratiche magiche e religiose. Nel valore apotropaico e scaramantico di alcuni testi si coglie la memoria rituale del sapere femminile e i riflessi della vita quotidiana condensati in brevi distici, simili a detti o proverbi, che racchiudono la saggezza e l’arguzia della cultura popolare tramandata per secoli dalla pratica musicale. Anche i canti più dolci, come le ninne nanne, possono ricordare il dramma della separazione e la memoria del dolore dell’esilio, ma la musica è anche sinonimo di festa, come ricorda il proverbio legato ai canti nuziali: «No hay boda sin pandero». L’ALBERO LIRICO ANDALUSO Paolo Scarnecchia «Una lotta dell’intelligenza amorosa con il mistero che la circonda e non può comprendere», così García Lorca definiva la ‘pena andalusa’, quel ‘sentimento celeste’ che non ha nulla a che vedere con la malinconia, la nostalgia, l’afflizione e la sofferenza dell’animo. Per capire questa pena si devono leggere i versi del Romancero gitano, pubblicato nel 1928, grande retablo poetico nel quale vibra l’Andalusia nascosta. Con questa raccolta Lorca ha operato una trasfigurazione lirica del romance, espressione di una grande tradizione di poesia narrativa profondamente legata alla musica. Ma l’interesse del poeta è rivolto anche a quello che in una celebre conferenza definì «albero lirico andaluso», ossia il cante jondo, la radice storica del flamenco. Nella appassionata difesa del «canto primitivo» Lorca esorcizzò i fumi delle taverne e dei caffé per esaltare il «fremito lirico» delle siguiriyas. Il suo amore per la musica era alimentato dalla amicizia e dalla stima nei confronti di Manuel de Falla, con il quale nel giugno del 1922 aveva promosso il leggendario concorso di Granada per promuovere e nobilitare il cante jondo, il «filo che ci unisce all’oriente impenetrabile», attirando l’interesse di artisti, intellettuali e politici sulla più originale e arcaica forma del canto gitano. Per comprenderne i segreti Lorca aveva imparato a suonare la chitarra, come raccontò in una lettera ad Adolfo Salazar nell’estate del 1921, sotto la guida di due gitani, el Lombardo e Frasquito er de la Fuente, definendo il flamenco «una del las creaciones más gigantescas del pueblo español». La profonda sensibilità musicale del poeta risale all’infanzia, e alle figure della madre Vicenta e della zia Isabel dalle quali apprese le basi dell’arte musicale, e si sviluppò grazie allo studio con Antonio Segura, il «vecchio maestro di musica» al quale affettuosamente dedicò la sua prima opera in prosa Impresiones y paisajes, pubblicata nel 1918. Ma fu certamente l’incontro con de Falla avvenuto a Granada nel 1919 il catalizzatore che contribuì a far emergere il suo talento musicale. Nonostante la differenza d’età, di oltre venti anni, i due artisti condivisero l’interesse e l’amore verso la tradizione orale andalusa, riuscendo, ciascuno nel proprio ambito artistico e in modo differente, a distillare la quintessenza del genius loci andaluso. Tra gli amici musicisti di Lorca spicca anche il nome di Andrés Segovia, il quale fu testimone del talento musicale del poeta in occasione di performance pubbliche. Ma anche nel contesto delle tertulias, le riunioni conviviali di artisti e intellettuali che animavano la vita culturale di Madrid, Granada e altre città iberiche, le sue doti di improvvisatore non passarono inosservate. Tali doti confluirono certamente nel lavoro preparatorio delle celebri canzoni registrate nel 1931, intonate dalla voce di Encarnación López ‘La Argentinita’, interprete del suo primo lavoro teatrale del 1920 El maleficio de la mariposa. Ma le Canciones Españolas Antiguas, o meglio il loro originale e interessante accompagnamento pianistico venne eseguito a mente senza il ricorso di una partitura. Lorca probabilmente riteneva che la natura di quella musica non potesse essere ingabbiata in una trascrizione, che venne poi realizzata a posteriori e pubblicata anonima dallo Hispanic Institute of New York. Nella poetica lorchiana l’emblema dell’ispirazione artistica allo stato nascente è attribuito al duende, la forza creativa primigenia che erompe nel passo di una bailaora o nella gola di un cantaor, come illustrato in una celebre conferenza pronunciata a Cuba nel 1930: «Tutte le arti sono capaci di duende, ma ha più spazio, com’è naturale, nella musica, nella danza e nella poesia recitata, poiché queste hanno bisogno di un corpo vivo che le interpreti». In una lettera indirizzata a Maria Muñoz de Quevedo, direttrice del Conservatorio Bach a L’Avana, Don Manuel preannunciava così la visita di Federico: «Se le dico che questo poeta e musicista è amico mio, è solo una mezza verità, perché è anche, per molti aspetti e da tutti i punti di vista, uno dei discepoli che stimo di più. E inoltre un eccellente collaboratore, per ciò che riguarda la musica popolare. Quando Dio permette che nasca un artista di tale qualità, capace non soltanto di assimilare tecnicamente ciò che è necessario al proprio lavoro, ma di superare il semplice mestiere della tecnica (come nel caso delle sue armonizzazioni del folklore spagnolo), si comprende l’enorme differenza che esiste fra ciò che è il prodotto della educazione e ciò che affiora dall’ingegno della creazione personale, sostenuta da questa educazione». testi traduzioni Juego de siempre Se lava esta novio Con rosa y azumbre Parabien parecer Y uno, dos, tres, cuatro, Cinco, seis, siete, Juego de siempre. Jugaba la novia Con su marido Y al primer juego Le dio un anillo. Y uno... Jugaba la novia Con su regalo Y al primer juego Le dio un abrazo. Y uno... Jugaba la novia Con su velado Y al primer juego Contaba el dote. Y uno... Il gioco infinito Lo sposo si immerge nell’acqua di rose per accrescere la sua bellezza. E uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, e il gioco è infinito. La sposa e suo marito danzano in circolo insieme e al primo turno lui le dona un anello. E uno… La sposa danza in circolo con il suo velo e al primo turno le dà un abbraccio. E uno… La sposa danza in circolo con il suo velo e al primo turno lei gli dona la sua dote. E uno... Ir me kero madre Ir me kero madre por estos mundos me ire Las yervas d’akeyos kampos Io voglio viaggiare, madre Io voglio viaggiare, madre, per tutto il mondo sull’erba dei campi por pan me las komere. Aman! Ir me vo you, la mi madre, por los mudos kuantos son, Ahi, por los mundos kuantos son. Aman... il mio pane. Aman! Desidero vagare, madre, per tutto il mondo, ah, nei quattro angoli della terra. Aman... Ay, ke buena Ay, ke buena ke fue la hora Ke vos alkansi; Kon dos miniamim de djente Kidushin vos di. Ansi, ansi, mi alma ansi, Oh, momento felice Oh, momento felice per donarti l’anello prima di decine di persone per darti la benedizione. E così, mia anima gemella, O, ke buena ke fue la hora Ke vos alkansi. Yo pasi la vuestra puerta Oras de arvit Pasi I torni, non vos vide L’alma tengo ayi. Ansi... oh, momento felice per donarti l’anello. Passai la tua porta all’imbrunire passai di nuovo tu non c’eri e lì lasciai la mia anima. E così… Nani, Nani Nani, Nani Nani kere el ijo El ijo de la madre De chiko se aga grande. I durmete milama, i durmete mi vista, I, ke tu padre viene, kon muncha alegria. Ah, avrimesh, mi doma, avrimesh la puerta Ke vengo kansado de avar las minetas Ah, avrir no vos avro, no venish kansado, Sino ke venish de ande nueva amor! La donna tradita Dormi, dormi, dormi caro bambino amore della mamma bambinetto che cresci veloce. Ah, dormi, anima mia, dormi, occhi miei, ah, tuo padre giunge in piena allegria. Ah, apri, mia signora, apri la porta che io possa riposarmi dal lungo viaggio. Ah, io non vi aprirò, non venite a riposare perché siete stato dalla vostra nuova donna. Galeas las mis galeas Galeas las mis galeas no las puedo sonportar Aman, aman de mil no los puedo sonportar. Polo par, muncho trawajo kon palos i non durmir. Palas yevi sietesiento ke los lados no me siento. [Aman, aman de mil de los lados no me siento]. Ke me vendan et asiento i ke me rezgaten d’aki [Aman, aman de mil i ke me rezgaten d’aki]. Galeone Il galeone, la mia nave, non può sopportare la pena ahi, ahi, che ne sarà di me? Ahi, ahi, lavorare molto con le corde e non dormire. Sopporto settecento attacchi finché non ne posso più. [Ahi, ahi, non posso più sopportare gli attacchi]. Che vendano tutti i miei beni e mi riscattino. [Ahi, ahi, fatemi riscattare]. (La Serena) En la mar ay una torre En la torre ay una ventana En la ventana ay una ija Ke a los marineros ama. (La sirena) Nel mare c’è una torre nella torre c’è una finestra nella finestra c’è una fanciulla che ama i marinai. Pregoneros Pregoneros por las plasas: ijo delrey ken veria? Si se lo trayian bivo ambres grandes los aria. Sis se lo trayian muerto sus prezentes les daria. Vieron vinir tres en kavayo aziendo gran polveria. Vinieron serka del rio a la mar lo echarian. Il banditore Il banditore proclama nella piazza: il principe sta arrivando! Se lo conducono vivo egli ascenderà a grandezza. Se lo conducono morto egli verrà onorato. Tre cavalieri emersero dalla polvere verso la riva, e si gettarono nel fiume. Ir me kero madre Ir me kero madre a Yerushalayim I komer las yeruus i artance d’eyas En el Kotel Maaravi ay uim ziara Todas mis demandas ayi me s’afirmanan En el me arrino yo En el me enfiguzio yo En el patron del mundo En el sinior del mundo. Voglio andare a Gerusalemme, mamma Voglio andare a Gerusalemme, mamma, a mangiare i suoi frutti finché non sarò sazio. Al Muro del pianto verrò ascoltato e tutti i miei desideri si avvereranno. In Lui credo In Lui ho sicurezza Nel Signore del mondo Nel Re dell’universo. Morenica sos Morenica sos Comola pimieta Vuestra sangre dulce En mi koracon entra Dizi me ansi que yo me cansi De vez que vos veo La cara en el espejo Me s’arranca l’alma Por dar vas un bezo Morenica sos. Tu sei bruna Tu sei bruna bruna come il pepe dolce è il tuo sangue ammaliata è la mia anima. Vedendo il tuo volto allo specchio il mio cuore arde dal desiderio di baciarti. Chichi bunichi Chichi bunichi I redi lainichi Esti dimanda pan I esti dimanda kezu I esti si nues bueno Djidyo Vanus a yamar al Suryor Rubi. Chichi bunichi I redi lainichi Esti dizi dami un pakerito La gaylinika echo un goviziko Aki, aki, aki para aki Alabokita di mi ijiko. Chichi Bunichi Chichi Bunichi I redi lainichi questo chiede per il pane questo chiede per il formaggio e se non è un bravo giovane ebreo andremo a chiamare il rabbino. Chichi Bunichi I redi lainichi Questo mi dà un pacchetto la gallina depone un uovo qui, qui, qui sulla bocca del mio bambinello. Achot ketana Achot ketana tefiloteia Orcha v’ona tehiloteia Elna refana lemachaloteia Tichle shanave kileloteiha Elna refana lemachaloteia Tichle shanave kileloteiha. Sorellina La sorellina prepara le sue preghiere e intona le sue lodi. Oh Dio, ti imploriamo, risana le sue infermità. Possano l’anno e le sue sciagure cessare tutte adesso. Kondja mia Kondja mia, kondja mia Chichek de mi kavesa, La luna s’eskoresio La mar ya se izo preta. Avlame ninya kon amor Mira k’esto en el fuego Se va murir in manservo Ke no vido nada de bueno. Yo djurava i dezia Ke non i mas al amor Fue kavzante una morena Ke a mi izo enflamar. Oh, mia rosa Oh, mia rosa, mia rosa fiore della mia testa, la luna mi divenne oscura il mare mi divenne nero. Parlami parole d’amore guarda come la mia anima arde abbi pietà di questo giovane che morirà con sogni irrealizzati. Giurai che non avrei più amato il mio cuore è infranto sono stanco di soffrire per la ragazza bruna sono arso dalle fiamme d’amore. Ay, ke buena (ripresa) Ay, ke buena ke fue la hora Ke vos alkansi; Kon dos miniamim de djente Kidushin vos di. Oh, momento felice (ripresa) Oh, momento felice per donarti l’anello prima di decine di persone per darti la benedizione. Ansi, ansi, mi alma ansi, O, ke buena ke fue la hora Ke vos alkansi. Yo pasi la vuestra puerta Oras de arvit Pasi I torni, non vos vide L’alma tengo ayi. Ansi... E così, mia anima gemella, oh, momento felice per donarti l’anello. Passai la tua porta all’imbrunire passai di nuovo tu non c’eri e lì lasciai la mia anima. E così… Anda, jaleo Yo me alivié a un pino verde por ver si la divisaba, y sólo divisé el polvo del coche que la llevaba. Anda jaleo, jaleo: ya se acabó el alboroto y vamos al tiroteo. Anda, jaleo Io salii su un pino verde per vedere se passava ma scorsi solo la polvere del cocchio che la portava. Ma che bella baraonda; è finito lo scompiglio e inizia la sparatoria. No salgas, paloma, al campo, mira que soy cazador, y si te tiro y te mato para mí será el dolor, para mí será el quebranto, Anda, jaleo, jaleo: ya se acabó el alboroto y vamos al tiroteo. Nella strada delle Mura hanno ucciso una colomba. Coglierò con le mie mani i fiori per la corona. Ma che bella baraonda; è finito lo scompiglio e inizia la sparatoria. En la calle de los Muros han matado una paloma. Yo cortaré con mis manos las flores de su corona. Anda jaleo, jaleo: ya se acabó el alboroto y vamos al tiroteo. Stai via, colomba, dal campo, perché sono un cacciatore e se ti sparo e ti ammazzo poi sarà per me un dolore, poi sarà per me uno strazio. Ma che bella baraonda; è finito lo scompiglio e inizia la sparatoria. Los cuatro muleros De los cuatro muleros que van al campo, el de la mula torda, moreno y alto. I quattro mulattieri Dei quattro mulattieri che vanno al campo, quello della mula bigia è bruno e alto. De los cuatro muleros Dei quattro mulattieri que van al agua, el de la mula torda me roba el alma. che vanno all’acqua, quello della mula bigia mi ruba l’anima. De los cuatro muleros que van al río, el de la mula torda es mi marío. Dei quattro mulattieri che vanno al rivo, quello della mula bigia è mio marito. ¿A qué buscas la lumbre la calle arriba, si de tu cara sale la brasa viva? Perché cerchi la luce su per la via, se esce dalla tua faccia la brace viva? Las tres hojas Debajo de la hoja de la verbena tengo a mi amante malo. ¡Jesús, qué pena! Le tre foglie Sotto la foglia della verbena il mio amante è malato: Gesù, che pena! Debajo de la hoja de la lechuga tengo a mi amante malo con calentura. Sotto la foglia della felce il mio amante è malato con la febbre. Nana de Sevilla Este galapaguito no tiene mare; lo parió una gitana, lo echó a la calle. No tiene mare, sí; no tiene mare, no: no tiene mare, lo echó a la calle. Ninna nanna di Siviglia Questo tartarughino non ha madre: lo partorì una gitana, l’abbandonò per strada. Non ha madre, sì; non ha madre, no; non ha madre, l’abbandonò per strada Este niño chiquito no tiene cuna; su padre es carpintero y le hará una. Questo pupetto non ha culla: suo padre falegname gliene farà una. Los pelegrinitos Hacia Roma caminan Due pellegrini Verso Roma vanno dos pelegrinos, a que los case el Papa, mamita, porque son primos, niña bonita, porque son primos, niña. due pellegrini perché il Papa li sposi ché son cugini, bella fanciulla, ché son cugini, fanciulla. Sombrerito de hule lleva el mozuelo, y la peregrinita, mamita, de terciopelo, niña bonita, de terciopelo, niña. Cappello di tela cerata porta il ragazzino e la fanciulla, mamma, di velluto, bella fanciulla, di velluto, fanciulla. Al pasar por el puente de la Victoria, tropezó la madrina, mamita, cayó la novia, niña bonita, cayó la novia, niña. Nel passare il ponte della Vittoria, inciampò la madrina, mamma, cadde la sposa, bella fanciulla, cadde la sposa, fanciulla. Han llegado a Palacio, suben arriba, y en la sala del Papa mamita, los desaniman, niña bonita, los desaniman, niña. Giunti al Palazzo salgono e nella sala del Papa mamma, tutti li guardano, bella fanciulla, tutti li guardano, fanciulla. Les ha preguntado el Papa cómo se llaman. El le dice que Pedro mamita, y ella que Ana, niña bonita, y ella que Ana, niña. Il Papa ha domandato come si chiamano. Lui dice Pietro mamma, lei dice Anna, bella fanciulla, lei dice Anna, fanciulla. Le ha preguntado el Papa que qué edad tienen. Ella dice que quince, mamita, y él diecisiete, niña bonita, y él diecisiete, niña. Il Papa ha domandato che età hanno. Lei dice quindici anni, mamma, lui diciassette, bella fanciulla, lui diciassette, fanciulla. Le ha preguntado el Papa de dónde eran. Ella dice de Cabra, mamita, y él de Antequera, niña bonita, y él de Antequera, niña. Il Papa ha domandato di dove erano. Lei dice di Cabra, mamma, lui dice Antequera, bella fanciulla, lui dice Antequera, fanciulla. Le ha preguntado el Papa que si han pecado. El le dice que un beso, mamita, que le había dado, niña bonita, que le había dado, niña. Il Papa ha domandato se hanno peccato. Lui dice che un bacio, mamma, glielo aveva dato, bella fanciulla, glielo aveva dato, fanciulla. Y la peregrinita, que es vergonzosa, se le ha puesto la cara, mamita, como una rosa, niña bonita, como una rosa, niña. Alla piccola pellegrina, che è timida, il viso si è fatto, mamma, come una rosa, bella fanciulla, come una rosa, fanciulla. Y ha respondido el Papa desde su cuarto: ¡Quién fuera pelegrino, mamita, para otro tanto, niña bonita, E il Papa rispose dalla sua stanza: tutti fossero pellegrini, mamma, per lo stesso peccato, bella fanciulla, para otro tanto, niña! per lo stesso peccato, fanciulla. Las campanas de Roma ya repicaron porque los pelegrinos, mamita, ya se casaron, niña bonita, ya se casaron, niña. Le campane di Roma hanno suonato perché i pellegrini, mamma, si sono sposati, bella fanciulla, si sono sposati, fanciulla. Zorongo Gitano Tengo los ojos azules, tengo los ojos azules, y el corazoncito igual que la cresta de la lumbre. Zorongo gitano I miei occhi sono azzurri, i miei occhi sono azzurri, e il mio cuoricino uguale alla cresta della fiamma. De noche me salgo al patio y me harto de llorar de ver que te quiero tanto y tú no me quieres ná. La notte vado nel patio e mi consumo nel pianto vedendo che tu non mi ami mentre io ti amo tanto. Esta gitana está loca, loca que la van a atar; que lo que sueña de noche quiere que sea verdad. Questa gitana è una pazza, una pazza da legare, quello che sogna di notte vorrebbe che fosse reale. El Café de Chinitas En el Café de Chinitas dijo Paquiro a su hermano: «Soy más valiente que tú, más torero y más gitano». Il caffè di Chinitas Dentro il caffè di Chinitas disse Paquiro al fratello: «Sono più forte di te, più gitano e più torero». En el Café de Chinitas dijo Paquiro a Frascuelo: «Soy más valiente que tú, más gitano y más torero». Tirò fuori l’orologio e parlò in questa maniera: «Questo toro ha da morire prima delle quattro e mezza». Al dar las cuatro en la calle se salieron del café y era Paquiro en la calle un torero de cartel. Uscirono dal caffè al rintocco delle quattro e Paquiro camminava come un torero affermato. Las morillas de Jaén Tres moricas me enamoran en Jaén: Aixa, Fátima y Marién. Le morette di Jaén Tre morette m’innamorano a Jaén: Aixa e Fátima e Marién. Tres moricas tan garridas iban a coger olivas, y hallábanlas cogita en Jaén: Aixa, Fátima y Marién. Tre morette proprio carine andavano a cogliere olive, e trovavanle finite a Jaén: Aixa e Fátima e Marién. Y hallábanlas cogita y tornaban desmaídas y las colores perdídas en Jaén: Aixa, Fátima y Marién. E trovavanle finite e tornavano avvilite con le facce impallidite a Jaén: Aixa e Fátima e Marién. Tres moricas tan lozanas, iban a coger manzanas hallábanlas tomaia en Jaén: Aixa, Fátima y Marién. Tre morette proprio fresche andavano a cogliere mele e trovavanle già prese a Jaén: Aixa e Fátima e Marién. Díjeles: ¿Quién sois, señoras, de mi vida robadoras? Cristianas, que éramos moras en Jaén: Aixa, Fátima y Marién. Dissi: Chi siete, signore, della mia vita predone? Cristiane che erano more a Jaén: Aixa e Fátima e Marién. Sevillanas del Siglo XVIII 1 ¡Viva Sevilla! Llevan las sevillanas en la mantilla un letrero que dice: ¡Viva Sevilla! Sevillanas del secolo XVIII 1 Viva Siviglia! Portano le sivigliane nella mantiglia un’insegna che dice: Viva Siviglia! ¡Viva Triana! ¡Vivan los trianeros, los de Triana! ¡Vivan los sevillanos y sevillanas! Viva Triana! Viva i trianeros, quelli di Triana! Vivano i sivigliani e le sivigliane! 2 Lo traigo andado. La Macarena y todo lo traigo andado. 2 Lo porto camminato. La Macarena e tutto lo porto camminato. Lo traigo andado; cara como la tuya no la he encontrado. La Macarena y todo lo traigo andado. Lo porto camminato; un viso come il tuo non l’ho trovato. La Macarena e tutto lo porto camminato. 3 Ay río de Sevilla, qué bien pareces lleno de velas blancas y ramas verdes. 3 Ahi, fiume di Siviglia, che sembri ben pieno di candele bianche e rami verdi. El majo discreto Dicen que mi majo es feo. Es posible que sí que lo sea, que amor es deseo que ciega y marea. Ha tiempo que sé que quien ama no ve. Mas si no es mi majo un hombre que por lindo descuelle y asombre, en cambio es discreto y guarda un secreto que yo posé en él sabiendo que es fiel. ¿Cuál es el secreto que el majo guardó? Sería indiscreto contarlo yo. No poco trabajo costara saber secretos de un majo con una mujer. Nació en Lavapiés. ¡Eh, ¡eh! ¡Es un majo, un majo es! El mirar de la maja ¿Por qué es en mis ojos tan hondo el mirar que a fin de cortar desdenes y enojos los suelo entornar? ¿Qué fuego dentro llevarán que si acaso con calor los clavo en mi amor sonrojo me dan? Por eso el chispero a quien mi alma dí al verse ante mí me tira el sombrero y díceme así: «Mi Maja, no me mires más que tus ojos rayos son y ardiendo en pasión la muerte me dan». El majo timido Llega a mi reja y me mira por la noche un majo que, en cuanto me ve y suspira, se va calle abajo. ¡Ay qué tío más tardío! ¡Si así se pasa la vida estoy divertida! Otra vez pasa y se alejo y no se entusiasma y bajito yo le digo ¡Adiós Don Fantasma! ¡Ay que tío más tardío! Si así se pasa la vida estoy divertida. Callejeo Dos horas ha que callejeo pero no veo, nerviosa ya, sin calma, al que le di confiada el alma. No vi hombre jamás que mintiera más que el majo que hoy me engaña; mas no le ha de valer pues siempre fui mujer de maña y, si es menester, correré sin parar, tras él, entera España. La maja de Goya Yo no olvidaré en mi vida de Goya la imagen gallarda y querida. No hay hembra ni maja o señora que a Goya no eche de menos ahora. So yo hallara quien me amara como él me amó, no envidiara ni anhelara más venturas ni dichas yo. El tra la la y el punteado Es en balde, majo mío, que sigas hablando porque hay cosas que contesto yo siempre cantando: Tra la la... Por más que preguntes tanto: tra la la... En mí no causas quebranto ni yo he de salir de mi canto: tra la la... El paño moruno Al paño fino, en la tienda una mancha le cayó. Por menos precio vende, Porque perdió su valor. ¡Ay! Il drappo moresco Sul drappo fine, nella bottega, una macchia è caduta. A minor prezzo si vende, perché ha perso il suo valore... Ahi! Seguidilla murciana Cualquiera que el tejado Tenga de vidrio, No debe tirar piedras Al del vecino. Arrieros semos; ¡Puede que en el camino Nos encontramos! Seguidilla murciana Chiunque abbia il tetto di vetro non deve lanciare pietre contro quello del vicino. Siamo carrettieri: forse per strada ci incontreremo! Por tu mucha inconstancia Yo te comparo Con peseta que corre De mano en mano; Que al fin se borra, Y créyendola falsa ¡Nadie la toma! Per la tua incostanza io ti paragono alla peseta che corre di mano in mano, alla fine si leviga e, credendola falsa, nessuno la vuole. Asturiana Por ver si me consolaba, Arrime a un pino verde, Por ver si me consolaba. Asturiana Cercando conforto mi avvicinai ad un pino verde, cercando conforto. Por verme llorar, lloraba. Y el pino como era verde, Por verme llorar, lloraba. Vedendomi piangere, piangeva, e il pino poiché era verde, vedendomi piangere, piangeva! Jota Dicen que no nos queremos Porque no nos ven hablar; A tu corazón y al mio Se lo pueden preguntar. Jota Dicono che non ci vogliamo bene perché non ci vedono parlare, ma al tuo cuore e al mio possono interrogare. Ya me despido de tí, De tu casa y tu ventana, Y aunque no quiera tu madre, Adiós, niña, hasta mañana. Ya me despido de tí, Aunque no quiera tu madre... Mi congedo da te, dalla tua casa e dalla tua finestra e nonostante tua madre non voglia: Addio bimba, a domani. Mi congedo da te nonostante tua madre non voglia … Nana Duérmete, niño, duerme, Duerme, mi alma, Ninna nanna Dormi bimbo, dormi, dormi, anima mia, Duérmete, lucerito De la mañana. Naninta, nana, Naninta, nana. Duérmete, lucerito De la mañana. dormi, stellina del mattino. Nannina nanna, nannina nanna, dormi stellina del mattino. Canción Por traidores, tus ojos, voy a enterrarlos; No sabes lo que cuesta, “Del aire” Niña, el mirarlos. “Madre a la orilla” Niña, el mirarlos. “Madre”. Canzone Poiché i tuoi occhi sono traditori io li seppellisco. Non sai quanto mi costa, “dell’aria” bimba, guardarli. “Madre all’aura” bimba, guardarli. “Madre”. Dicen que no me quieres, Y a me has quertido... Váyase lo ganado, “Del aire” Por lo perdido, “Madre a la orilla” Por lo perdido. “Madre”. Dicono che non mi vuoi bene, ma me ne hai voluto un tempo... Vada via ciò che ho vinto, “dell’aria” a causa di ciò che ho perso. “Madre all’aura” A causa di ciò che ho perso. “Madre”. Polo ¡Ay! Guardo una, ¡Ay! Guardo una, ¡Ay! ¡Guardo una pena en mi pecho, ¡Guardo una pena en mi pecho, ¡Ay! Que a nadie se la diré! Polo Ahimé! Serbo una... Ahimé! Serbo una... Ahimé! Serbo una pena in petto, Serbo una pena in petto, Ahimé! Che a nessuno dirò! Malhaya el amor, malhaya, Malhaya el amor, malhaya, ¡Ay! ¡Y quien me lo dió a entender! ¡Ay! Maledetto l’amore, maledetto! Maledetto l’amore, maledetto! Ahimé! E maledetto colui che me l’ha fatto capire! Ahimé! Betty Olivero Nata a Tel Aviv, ha studiato all’Accademia di musica Rubin, all’Università di Tel Aviv e all’Università Bar-Ilan con Itzhak Sadai e Leon Shidlowsky, nonché alla Yale University con docenti quali Jacob Druckman e Bernard Rands. Grazie alla borsa di studio Leonard Bernstein, nel 1982 ha lavorato a Tanglewood con Luciano Berio, con il quale (1983-86) ha continuato a studiare in Italia. L’innovativa musica della Olivero parla il linguaggio delle forme compositive contemporanee, e tuttavia si ispira ad antiche tradizioni musicali ebraiche e di altra provenienza. Il materiale musicale appare in ricchi e cangianti arrangiamenti, oppure è mescolato attraverso processi d’avanguardia in strutture che mostrano dense eterofonie, complessità ritmiche e ricche orchestrazioni. Il suo stile è coerente e non eclettico, ma al tempo stesso combina elementi diversi quali musica giudeo-ispanica (sefardita), sonorità arabe e musiche medioevali integrandole in un linguaggio di contemporaneità. Le composizioni della Olivero vengono eseguite da importanti orchestre e insiemi cameristici quali la Chicago Symphony Orchestra, la New York Philharmonic Orchestra, la Israel Philharmonic Orchestra, la BBC Philharmonic Orchestra, la London Sinfonietta, la Amsterdam Sinfonietta, lo Juilliard Ensemble e il Quartetto Arditti, in molti prestigiosi festival europei, nord americani e asiatici. Esti Kenan-Ofri Cantautrice, è nata in Italia e cresciuta in Israele. Come molti autori ed esecutori, considera la danza e la musica come un’unica arte che abbraccia la coreografia, il canto ed il suono. La sua arte è intimamente legata alle tradizioni di canto ebraico-safardite. Il suo sviluppo artistico è ispirato dalle tradizioni ricche e variegate del canto e della danza ebraica. Ha studiato danza in Israele e negli Stati Uniti con maestri quali Rina Schoenfeld, Alvin Nicolais, Murray Louis. Ha svolto gli studi musicali presso l’Accademia di Musica di Tel-Aviv ed ha perfezionato lo studio delle percussioni presso l’Accademia Rubin di Gerusalemme. Ha inoltre studiato musica araba con il compositore Shlomo Ziv-Li. Nel 1992 ha cantato insieme a Placido Domingo un brano del compositore Noam Scheriff, in occasione del cinquecentesimo anniversario dell’espulsione del popolo ebraico dalla Spagna. Si è esibita a Toledo accanto all’Orchestra Filarmonica di Israele diretta da Zubin Mehta e suona di frequente musica di Luciano Berio, il quale ha composto un’Aria all’interno del suo pezzo Ofanim espressamente per lei. Nel 1993 ha composto un pezzo musicale e coreografico per il teatro di danza “Inbal” basato sulle ninne nanne degli ebrei spagnoli. Da molti anni si esibisce con il Duo Kol-Tof, il Trio Kol Oud Tof, Slava Ganelin, l’Ensemble East-west, l’Orchestra arabo-andalusa di Tangier. I suoi pezzi sono stati eseguiti nei più importanti festival in Israele Contempoartensemble Fondato nel 1992 da Mauro Ceccanti, è un nucleo di solisti a composizione variabile che ha scelto come proprio ambito il Novecento musicale storico e la contemporaneità emergente a livello internazionale. Con un intenso lavoro di ricerca e sperimentazione Contempoartensemble realizza progetti che uniscono musica, cinema, prosa, danza e video-art. Partendo dal presupposto di una consonanza e contiguità fra musica e arti visive, il Complesso opera spesso in stretto contatto con i centri di arte contemporanea, come musei e altri luoghi significativi eletti di volta in volta in relazione ad eventi culturali ed esposizioni di opere d’avanguardia. Anche la produzione discografica, recensita per la qualità delle sue esecuzioni dalla critica internazionale più qualificata, si è sviluppata nel segno di uno stretto rapporto con alcuni dei massimi esponenti dell’arte contemporanea ai quali è stata affidata la veste grafica dei suoi cd e la realizzazione di un’opera ad esso abbinata: da Sol Lewitt (il cd ARTS è stato il «primo assunto nella collezione permanente del MOMA di New York») a Michelangelo Pistoletto, Jean Michel Folon, Daniel Buren, Gerhard Richter e Dani Karavan. Fin dagli esordi CE riceve il sostegno e la collaborazione di compositori come Luciano Berio (Presidente Onorario fin dalla fondazione), Peter Maxwell Davies, Steve Reich, Hans Werner Henze, Mauricio Sotelo, Henri Pousseur, Ivan Vandor, Luis De Pablo, Salvatore Sciarrino, Fabio Vacchi, Giorgio Battistelli, Ivan Fedele, Aldo Clementi, Sylvano Bussotti, Luca Lombardi, Azio Corghi, Michele Dall’Ongaro, Nicola Sani, Marcello Panni, Luca Mosca, Silvia Colasanti, Matteo D’Amico... eseguendo prime assolute e composizioni dedicate. Partecipa a importanti festival e stagioni concertistiche in Italia e all’estero fra le quali Teatro San Carlo di Napoli, Auditorium Stelio Molo di Lugano, Biennale di Venezia, Accademia Musicale Chigiana, Accademia Filarmonica Romana, Festival Milano Musica, Roma Europa Festival, R E C Festival Reggio Emilia, Huddersfield Contemporary Music Festival, Festival di Patrasso, Les Flaneries Musicales de Reims. È regolarmente presente nel cartellone del Maggio Musicale Fiorentino, dove negli ultimi anni ha presentato ritratti monografici di Ivan Fedele, Peter Maxwell Davies, Kaija Saariahao (Visual Concert, immagini video realizzate per CE da Jean Baptiste Barrière), Steve Reich, John Cage, Bruno Maderna. Dal 2002 CE organizza il Contempoartefestival finalizzato alla diffusione e al sostegno delle nuove composizioni italiane e internazionali, con particolare attenzione ai lavori dei giovani compositori. Vittorio Ceccanti Nato da una famiglia di musicisti, si diploma al Conservatorio di Firenze con Andrea Nannoni. Studia con i tre maggiori violoncellisti della celebre scuola di Rostropovič: Mischa Maisky, David Geringas, nonché con Natalia Gutman, Yo Yo Ma, Anner Bylsma, Valentjn Berlinsky, il Trio di Trieste e il Trio di Milano. Dopo essere stato a lungo allievo dei corsi di perfezionamento estivi dell’Accademia Musicale Chigiana, eccezionalmente ammesso sebbene non ancora diplomato, dal 2000 ne è diventato collaboratore come maestro assistente strumentista nei corsi di composizione di Azio Corghi, Giorgio Battistelli e Luis Bacalov. Vincitore di concorsi nazionali e internazionali, ha un’intensissima carriera internazionale che lo porta a esibirsi costantemente in Europa, Asia e Americhe. Dalla frequentazione con Sir Georg Solti nasce la passione per la direzione d’orchestra nella quale si perfeziona con Piero Bellugi e con Martyn Brabbins. È presidente di ContempoArtEnsemble. Numerose le incisioni discografiche. Tiene regolarmente Master Classes alla Royal Academy of London, alla Cincinnati University, all’Università di Seoul e insegna violoncello al Conservatorio di Castelfranco Veneto. Ruth Rosique Soprano spagnolo, Ruth Rosique si distingue oltre che per la sua musicalità anche per la vastità e varietà del repertorio. Dopo una breve esperienza di clarinettista e pianista, ha scoperto il canto a 15 anni e da allora ha approfondito i vari stili delle varie epoche: dal canto gregoriano alla musica contemporanea, dalle opere di Monteverdi a quelle di Britten o Henze, dai compositori dell’epoca barocca al bel canto, dai Lieder tedeschi alla Zarzuela, ella affronta tutti i repertori con entusiasmo e rigore che fanno di lei un’artista fondamentale della musica spagnola e internazionale. Applaudita interprete mozartiana, ha cantato i ruoli principali di Don Giovanni, Die Zauberflöte, Le Nozze di Figaro, Die Entführung aus dem Serail, La finta giardiniera, oltre a Elisir d’Amore, Don Pasquale. Nel suo repetorio figurano anche numerose opere di Rossini tra cui La Scala di seta, Il viaggio a Reims, Il Turco in Italia. Appassionata di musica barocca, ha cantato i ruoli principali ne Il combattimento di Tancredi e Clorinda e L´incoronazione di Poppea di Monteverdi (Drusilla e Poppea), L´Olimpiade di Galuppi, Orfeo ed Euridice di Gluck, Ottavia Restituita e Il Prigionier Superbo di Pergolesi, Trionfo del Tempo e del Disinganno e Aci e Galatea di Haendel, Andromeda Liberata e Atenaide di Vivaldi. La sua versatilità le ha dato la possibilità di interpretare anche ruoli in Werther di Massenet (Sophie), Roméo et Juliette di Gounod (Juliette), La Bohème di Puccini (Musetta), La Sonnambula di Bellini, Lakmé di Delibes, Falstaff di Verdi (Nanetta), Die Frau ohne Schatten di Richard Strauss, L’enfant et les sortilèges di Ravel, Orphée aux Enfers di Offenbach, The Rape of Lucretia di Britten, Der Kaiser von Atlantis di Ullman, Die sieben Todsünden di Weill, Moses und Aaron e Pierrot Lunaire di Schönberg, Elegy for Young Lovers di Henze. La Zarzuela riveste un ruolo importante nel repertorio di Ruth Rosique, che ne è un’interprete riconosciuta e ammirata ed è stata invitata ad interpretare più di una ventina di titoli. È stata invitata in molti dei più importanti teatri e sale del mondo e ha cantato sotto la direzione di maestri riconosciuti del panorama internazionale. Nata a Barcellona, vive in Andalusia, ha studiato nei Conservatori di Cadice, Guadalajara, Valencia. Si è perfezionata con Victoria de Los Ángeles, Donald Sultzen, Emma Kirkby, Kamal Khan, Manuel Cid ed Elena Obraztsova. La sua discografia conta più di 20 incisioni pubblicati da EMI, Naïve, Enchiriadis, Odeon, Dynamic. Aurelio Viribay Specializzato in accompagnamento di cantanti, completa la sua formazione in questo campo con Norma Shelter a Vienna, Dalton Baldwin in Francia e Félix Lavilla a Madrid. Ha insegnato repertorio vocale alla Hochschule für Musik e al Conservatorio di Vienna, e attualmente alla Escuela Superior de Canto di Madrid. Collabora come pianista accompagnatore ai corsi di Thomas Quasthoff al Mozarteum di Salisburgo e a quelli di Walter Berry e Teresa Berganza alla Escuela Superior de Música Reina Sofía di Madrid. Ha collaborato come pianista ufficiale a svariati concorsi di canto e offerto recital con molti dei più importanti cantanti e strumentisti del panorama internazionale. Si è esibito in quasi tutti i paesi europei, in Messico, Marocco, Giappone, apparendo in molte prestigiose sale. Ha effettuato registrazioni radiotelevisive con RNE, Catalunya Música e RTVE. La sua discografia, comprendente etichette quali Columna Música o Stradivarius, è concentrata sul canto da concerto. Aurelio Viribay si è inoltre laureato all’Università Rey Juan Carlos di Madrid con una tesi sul canto da concerto nel Gruppo degli Otto di Madrid.