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Ictus e iperomocisteina: aspetti genetici
Renato Casana
Stesura: aprile 2008
(4 pagine)
Il contributo potrebbe essere coperto da copyright ©
Ictus cerebrale: Linee guida italiane di prevenzione e trattamento SPREAD Stroke Prevention And
Educational Awareness Diffusion
I livelli plasmatici di omocisteina, che deriva dall'aminoacido essenziale metionina, sono influenzati
da fattori genetici che regolano la sintesi di enzimi coinvolti nel suo metabolismo (cistationina bsintetasi, 5-10 metilentetraidrofolato reduttasi) e dall'apporto dietetico di vitamina B6, B12 e acido
folico. Non vi è dubbio che Iperomocisteinemia ed ictus rappresenti effettivamente un "nuovo"
fattore di rischio sia per aterosclerosi sia per trombosi . Le basi molecolari del disordine sono solo
in parte note, e sono ancora relativamente scarsi studi sufficientemente estesi su popolazioni
rappresentative. I dati disponibili permettono comunque di affermare che è il fenotipo
iperomocisteinemia il vero fattore di rischio mentre il genotipo è meno rilevante.
Alcuni recenti dati della letteratura hanno dimostrato che, oltre al fenotipo-iperomocisteinemia
anche il genotipo, in particolare il polimorfismo C677T dell'MTHFR, è un moderato, ma
indipendente fattore di rischio per ictus.
Studi caso-controllo hanno mostrato una forte associazione tra ictus e iperomocisteinemia
moderata sia in condizioni basali che dopo test da carico con metionina. Inoltre alti livelli di
omocisteina aumentano in modo esponenziale il rischio di altri fattori tradizionali di rischio
vascolare come ipertensione e fumo.
Il British Regional Heart Study ha dimostrato che livelli di omocisteina nel quarto quartile
comportavano un rischio relativo per ictus di 4,7 (da 1,1 a 20,0) rispetto a quello del primo quartile.
Poiché alti livelli di omocisteina sono sia aterogeni che protrombotici, la relazione con l'ictus è
biologicamente plausibile ed è stata dimostrata in un modello animale. Negli studi prospettici di
coorte non è stata invece dimostrata una relazione tra livelli elevati di omocisteina ed eventi
vascolari in una serie di 14·916 medici (Physicians' Health Study). La riduzione dei livelli basali di
omocisteina può essere ottenuta mediante somministrazione di acido folico, vitamina B6 e vitamina
B12 ma non è stato ancora dimostrato che questo intervento terapeutico riduca l'incidenza di ictus.
Merita considerare che nella popolazione italiana vi è un'alta prevalenza della mutazione a carico
del gene che codifica la metilentetraidrofolato reduttasi in popolazione adulta e giovanile, associata
a termolabilità dell'enzima e più elevato rischio di iperomocisteinemia in caso di ridotta
introduzione di folati.
Studi prospettici sull'associazione tra iperomocisteinemia e rischio di malattia vascolare in soggetti
sani hanno dato risultati contrastanti. Alfthan ha dimostrato che esistono differenze fra i livelli
basali medi di omocisteina in 11 paesi e che esiste una correlazione tra mortalità cardiovascolare
ed omocisteina. Probabilmente quindi l'omocisteina è maggiormente correlata al rischio vascolare
nei pazienti con coesistenti patologie ad alto rischio.
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Nel 2002 sono comparsi in letteratura i risultati di tre metanalisi su studi prospettici che hanno
confermato i dati degli studi retrospettivi, dimostrando in modo definitivo l'associazione fra
iperomocisteinemia ed aumentato rischio di sviluppare futuri eventi cerebrovascolari di tipo
ischemico.
Nella metanalisi di Bautista et al., condotta su 14 studi di coorte per un totale di 2·529 casi e 7·305
non-casi (follow-up mediano di 9 anni), il rischio relativo di sviluppare un evento cerebrovascolare
in presenza di elevati livelli di omocisteina è risultato pari a 1,33 (IC95 1,21-1,47), in modo
indipendente dalla durata del follow-up e dall'età.
Nel 2005 due metanalisi hanno dimostrato un rapporto causale tra ictus e omocisteina, attraverso
una randomizzazione mendeliana basata sul calcolo del rischio stimato ottenuto da studi genotipopatologia e da quelli fenotipo-patologia. Dall'analisi di 111 studi, questa metanalisi genetica ha
identificato un OR per ictus pari a 1,26 (IC95 1,14-1,40) per la condizione di omozigosi TT versus
CC del gene MTHFR C677T. Tale valore non si discosta da quello atteso calcolato dagli studi
osservazionali precedenti, riguardanti la differente concentrazione di omocisteina tra gli omozigoti
TT e CC (OR 1,20). Tale significatività è rimasta anche per un'analisi multivariata aggiustata per
età, etnia e localizzazione geografica. L'aumento del rischio di ictus tra gli individui omozigoti per il
gene MTHFR T è, dunque, molto simile a quello rilevato dalle differenze nella concentrazione di
omocisteina date da questa variante. Tale concordanza dimostra la relazione causale tra la
concentrazione di omocisteina e l'ictus.
Infine, il gruppo di Autori dell'Homocysteine Studies Collaboration ha prodotto un'interessante
metanalisi in cui è stata calcolata, su studi retrospettivi e prospettici separatamente, la riduzione
del rischio di eventi cerebrovascolari associata ad una diminuzione del 25% (che equivale alla
riduzione media ottenibile con la supplementazione a base di acido folico) nei livelli di omocisteina
riportati nei singoli lavori. La metanalisi su studi prospettici (8 studi; 463 eventi) ha dimostrato un
OR globale pari a 0,77 (IC95 0,66-0,90) se aggiustato per età e sesso, e pari a 0,81 (IC95 0,69-0,95)
dopo aggiustamento per età, sesso, fumo, pressione sistolica e livelli di colesterolo. La
supplementazione vitaminica con acido folico determinerebbe quindi una riduzione di circa il 19%
nel rischio di sviluppare un evento cerebrovascolare.
Uno studio italiano ha dimostrato che elevati livelli di omocisteina sono un fattore di rischio
indipendente nei pazienti con fibrillazione atriale (OR 6,4; IC95 3,2-12,4) e che
l'iperomocisteinemia è un fattore di rischio indipendente di eventi ischemici durante la fibrillazione
atriale (OR 2,66; IC95 1,15-6,2).
Nello studio VISP (Vitamin Intervention for Stroke Prevention Study) è stata dimostrata una
associazione significativa tra i livelli di omocisteina ed il rischio di recidiva di ictus in 3·680 pazienti
con un follow-up di 2 anni.
Complessivamente, i risultati di queste metanalisi di studi prospettici, anche se diminuiscono
l'entità dell'associazione tra iperomocisteinemia ed ictus ischemico rispetto agli studi retrospettivi in
cui probabilmente i fattori confondenti (fumo, pressione arteriosa ed evento acuto) giocano un
ruolo importante, confermano l'esistenza di una associazione indipendente e statisticamente
significativa.
Renato Casana
Medico Chirurgo - Specialista in Chirurgia Vascolare
Professore a contratto - Università degli Studi di Milano
Centro Cardiovascolare “E. Malan” – Policlinico San Donato IRCCS
www.renatocasana.it
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