Corso di Laurea in Farmacia Anno Accademico 2002/03 Esame Integrato di “Farmaci per Uso Veterinario” Modulo 3: Aspetti Chimico-Farmaceutici Prof. Federico Corelli Dipartimento Farmaco Chimico Tecnologico Tel. 0577/234308 Programma del modulo: Esame dei principali farmaci antiparassitari, antiinfettivi, antiinfiammatori, cardiovascolari, SNC e comportamentali introdotti negli ultimi anni nella pratica veterinaria per la terapia degli animali da compagnia (cani, gatti e cavalli). 1 Introduzione Una percentuale significativa dei prodotti farmaceutici introdotti nel mercato della salute animale sono stati sviluppati in origine per altri settori, primi fra tutti quelli della salute umana e della salvaguardia dei raccolti agricoli. Molte delle industrie attive in ambito veterinario sono in realtà delle multinazionali con interessi economici notevoli anche nel campo della salute umana ed il mercato veterinario offre un’importante opportunità per allargare lo sfruttamento di prodotti farmaceutici sviluppati inizialmente per l’uso nell’uomo. La maggior parte di questi composti sono stati di fatto sviluppati usando animali da laboratorio ed hanno un profilo farmacotossicologico adatto all’uso nell’animale anche quando non vengono approvati per l’impiego terapeutico nell’uomo. E’ evidente che è difficile fare buon uso a livello veterinario di un farmaco sviluppato per l’uomo in assenza di informazioni attinenti la farmacocinetica e la farmacodinamica nella specie animale considerata, ma bisogna anche tenere presente che il mercato dei prodotti per la salute animale è assai più ridotto del corrispondente mercato dei farmaci per l’uomo ed è molto più sensibile ai costi: la copertura assicurativa è limitata e le spese della terapia devono perciò essere sopportate soprattutto dai proprietari. In questa situazione diventa molto importante il costo dei prodotti e molti di quelli utilizzati in terapia umana sono di fatto inaccessibili. D’altra parte lo sviluppo ex novo di farmaci per uso veterinario è meno costoso e più rapido, con probabilità di successo molto maggiori rispetto al processo di sviluppo di farmaci per uso umano, grazie alla possibilità di saggiare il composto in sviluppo nella specie animale considerata ad uno stadio molto più precoce dell’intero processo, il che elimina ogni incertezza sulla variabilità di specie e consente di individuare molto per tempo possibili effetti collaterali indesiderati. Infine, le prove cliniche possono essere condotte su un numero minore di pazienti. Recentemente si è avuto un considerevole spostamento dell’interesse dai medicamenti per animali da reddito verso quelli destinati ad animali da compagnia, principalmente cani, gatti e cavalli. In effetti, oltre il 60% dei prodotti farmaceutici immessi nell’uso veterinario negli ultimi cinque anni è destinato a questo mercato particolare, che è risultato il settore a più rapida crescita dell’intero mercato della salute animale. Ciò è stato dovuto almeno in parte all’aumento delle aspettative determinato dai progressi delle scienze veterinarie, alle accresciute esigenze terapeutiche conseguenti all’invecchiamento della popolazione degli animali da compagnia ed infine al maggior desiderio dei proprietari di spendere per ottenere trattamenti terapeutici efficaci. D’altronde, il mercato dei prodotti farmaceutici per il bestiame è diventato sempre più difficile sotto la pressione economica della globalizzazione e per la concorrenza di un altro settore molto forte, quello dei vaccini, destinati primariamente agli animali da reddito. 2 Passiamo ora ad esaminare nuovi prodotti introdotti in questi ultimi anni per la terapia delle principali malattie degli animali da compagnia, mettendo anche in evidenza altri composti di possibile interesse nell’immediato futuro. Farmaci Antiparassitari Questo rappresenta il settore più vasto del mercato della salute animale, con vendite che arrivano al 44% del totale. Anche in questo campo di recente sono stati introdotti in terapia nuovi farmaci per gli animali da reddito, ma la maggior parte delle nuove acquisizioni terapeutiche, in particolare ectoparassiticidi per infestazioni da pulci, è rivolta agli animali da compagnia. I parassiti si dividono in due grandi categorie: endoparassiti, come il verme del cuore (Dirofilaria immitis) che provoca la filariosi del cane, nematodi gastrointestinali e cestodi, ed ectoparassiti, come pulci e zecche. La filariosi del cane è una condizione potenzialmente letale nella quale i vermi si annidano e vivono nel cuore; è prevalente nelle zone in cui vivono le zanzare, che sono i vettori del parassita. E’ necessario controllare lo sviluppo dei vermi prima che raggiungano lo stadio adulto, perché a questo punto la loro uccisione può risultare fatale all’animale. L’infestazione da pulci e zecche provoca una serie di problemi agli animali da compagnia. Questi parassiti sono responsabili della trasmissione di svariate malattie e l’ipersensibilità alla puntura di pulce può causare una forma di dermatite allergica che rappresenta uno dei disturbi dermatologici più comuni nei cani e nei gatti. OMe OMe MeO HO HO O O O O O O O O O O R O O O HO HO O O OH Ivermectina (1) O HO N Selamectina (2) Il trattamento delle endoparassitosi è stato trasformato dalla scoperta nel 1976 delle avermectine, una classe di macrolidi ad attività antielmintica. Nel 1981, contemporaneamente alla presentazione della ivermectina (1) sul mercato dei prodotti per la salute animale, ha preso il via un nuovo concetto di lotta ai parassiti e si è 3 dovuto coniare un nuovo termine: quello di endectocida. Gli endectocidi sono farmaci efficaci su parassiti di natura sia artropodica sia nematodica. Entro questi due gruppi filogeneticamente diversi di organismi animali, si annovera la maggior parte degli ectoed endoparassiti degli animali domestici, nei quali provocano gravi effetti di spogliazione. Gli endectocidi sono però privi di azione nei confronti dei platelminti (trematodi e cestodi), che però sostengono elmintiasi di minore importanza economica. Le avermectine (ivermectina e abamectina) e le milbemicine (moxidectina, milbemicina D, milbemicina-ossima) oggi in commercio sono prodotti ottenuti per fermentazione da ceppi di actinomiceti del genere Streptomyces e modificati o meno chimicamente in una fase successiva. Le avermectine presentano una struttura lattonica macrociclica che lega una molecola zuccherina costituita da L-oleandrosio. Le milbemicine hanno struttura molto simile, ma non posseggono alcuna catena laterale zuccherina. Il meccanismo d’azione delle avermectine e probabilmente anche delle milbemicine è da ricondurre alla loro capacità di legarsi irreversibilmente e con alta affinità ai canali del cloro non GABA-dipendenti. Questo legame condiziona l’apertura dei canali permettendo un’entrata di ioni Cl che determina uno sbilanciamento ionico eventualmente fatale per il parassita. Lo stesso effetto si osserva a livello dei canali GABA-dipendenti, ma in questo caso il legame è reversibile ed a più bassa (circa 100 volte) affinità e provoca fenomeni paralitici reversibili nel parassita. Questi recettori per le avermectine sono specifici per gli invertebrati e non sono presenti nei protozoi e nei platelminti: ciò spiega l’inefficacia di questi farmaci verso tali parassiti. La tossicità delle avermectine e delle milbemicine dipende dalla loro capacità a legarsi con i recettori per il GABA nel sistema nervoso centrale dei mammiferi: la tossicità selettiva è quindi funzione dell’attività diversificata per i diversi recettori (canali del Cl degli invertebrati vs recettori del GABA nel SNC dei mammiferi) nonché della permeabilità della barriera ematoencefalica del mammifero, dal momento che i neuroni gabaergici si trovano solo nel SNC. Sebbene le avermectine siano molto potenti ed efficaci nei confronti di Dirofilaria immitis, non possono però in genere essere usate per controllare i nematodi gastrointestinali nei cani per la tossicità dose-limitante dimostrata in alcune razze, in particolare i collies, che presentano deficienze nei meccanismi di efflusso di questi farmaci, con conseguente maggiore incidenza di effetti sul SNC. I membri più anziani di questa famiglia di composti sono anche privi di efficacia a dosi non tossiche contro i principali ectoparassiti, pulci e zecche, ma un nuovo membro di questa classe, la selamectina (2), presenta per la prima volta efficacia verso gli ectoparassiti e Dirofilaria immitis. Applicato topicamente alla base del collo, il farmaco si distribuisce sul resto dell’animale risultando efficace a dosi non tossiche nei confronti delle pulci adulte per periodi prolungati, con un abbattimento dell’infestazione di oltre il 99% a distanza di 30 giorni dal trattamento. La selamectina è risultata efficace anche contro le zecche e nel controllo della filariosi del cane, con ridotta tossicità persino nei collies. 4 Altri composti a struttura non macrolidica sono stati registrati negli ultimi anni come ectoparassiticidi per animali da compagnia. F O O N H Cl N H F OCF2CHFCF3 Cl O S CF 3 N F3C CN N Cl Cl Lufenuron (3) Fipronil (4) NO 2 N N Cl NH2 N NH N Imidacloprid (5) Cl N NO 2 N NH Et Me Nitenpyram (6) Il lufenuron (3) è un regolatore della crescita degli insetti che è stato sviluppato dall’allora Ciba-Geigy ed è commercializzato dall’attuale Novartis tanto per la salute animale quanto per la protezione dei raccolti in agricoltura. Chimicamente appartiene alla classe delle aciluree, molte delle quali manifestano attività insetticida. Il composto si deposita nel tessuto adiposo dell’animale e viene lentamente rilasciato nel circolo sanguigno, mostrando un tempo di emivita nel cane e nel gatto di circa 60 giorni, per cui viene somministrato una sola volta al mese. Agisce come inibitore della sintesi della chitina, che è essenziale per lo sviluppo dell’esoscheletro della pulce: non è efficace quindi contro le pulci adulte, ma solo nei confronti di uova e larve. Inoltre non è attivo contro le zecche. Quando succhia il sangue dell’animale parassitato, la pulce femmina adulta assume il farmaco ed in parte lo incorpora nelle uova, che di conseguenza si seccano dopo essere state deposte, ed in parte lo elimina anche con le feci, per cui il lufenuron viene ingerito dalle larve che si cibano delle feci delle pulci adulte. Dal momemto che non è attivo sul parassita adulto, il lufenuron richiede del tempo per eliminare l’infestazione ed è perciò spesso usato in associazione con altri agenti antiparassitari. Il fipronil (4), insetticida a struttura fenilpirazolica di seconda generazione, è un composto molto potente, capace di uccidere sia pulci sia zecche allo stadio adulto. Una singola applicazione topica riduce del 97% la popolazione di pulci su cani e gatti dopo 4 settimane. E’ considerato uno dei più potenti acaricidi oggi disponibile. Anche questo composto agisce bloccando un canale del Cl GABA-dipendente dell’insetto, mostrando elevata selettività per il corrispondente canale ionico del mammifero (IC50mam / IC50ins >300). 5 L’imidacloprid (5) ed il nitempyram (6) agiscono entrambi come agonisti specifici del recettore nicotinico per l’acetilcolina dell’insetto, con una selettività verso il corrispondente recettore umano di circa 1000 volte. Analogamente al fipronil, questi composti agiscono per contatto e non richiedono che l’insetto succhi il sangue dell’animale. L’imidacloprid è utilizzato topicamente ed elimina un’infestazione di pulci entro 20 minuti, fornendo copertura efficace per circa un mese. Il nitempyram è invece somministrato oralmente e risulta altrettanto efficace dell’imidacloprid contro infestazioni già in atto: tuttavia ha un tempo di emivita breve e deve essere usato in associazione con il lufenuron per poter realizzare un controllo prolungato nel tempo. O N O O O H N O O N COOH N HN O O O O O O O O O N N O O N N H N N Argadina (8) Me 2N OMe O O O O O O O O Nafuredina (9) N H N H BAY44-4400 (7) HO O N O HO O NH H N O H O H OMe OH H Spinosina A (10) L’attività di ricerca nel campo degli antiparassitari continua ad essere molto sostenuta e vengono di anno in anno riportati svariati brevetti per composti strutturalmente correlati a quelli già in commercio (mee-too compounds). Inoltre sono stati identificati e sono attualmente oggetto di studio come antiparassitari alcuni composti di origine naturale a struttura anche complessa (macrolidica, ciclopeptidica, polienica), quali BAY44-4400 (7), descritto alla fine del 2000 in un convegno di medicina veterinaria, o l’argadina (8) e la nafuredina (9), od infine la spinosina A (10), che è stata oggetto di brevetti internazionali nel 2001. Per concludere il capitolo sulle malattie da parassiti ricordiamo la leishmaniosi, una malattia protozoaria del cane che può trasmettersi all’uomo, sostenuta dalla 6 Leishmania donovani (L. canis), e diffusa in tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Nel nostro Paese il cane svolge il ruolo di serbatoio dell’infezione, sia per l’uomo che per il cane. In Italia la malattia si riscontra soprattutto nelle regioni meridionali ed insulari, ma episodi sporadici possono riscontrarsi nelle regioni indenni tramite lo spostamento dei cani a causa della caccia, del commercio dei cani o di viaggi al seguito dei proprietari. Il trattamento si basa sull’impiego di farmaci antimoniali (stibogluconato sodico o antimoniato di N-metilglucamina) per via intramuscolare, ma la prognosi è riservata perché, nei casi in cui non si consegue la sterilizzazione, le ricadute a distanza di mesi o di anni sono sempre possibili. L’Unità di Sanità Pubblica Veterinaria della USL 7 procede in genere all’abbattimento dei cani infetti, per evitare il rischio grandissimo di trasmissione dell’infezione all’uomo (tre casi di leishmaniosi umana sono stati diagnosticati nella provincia di Siena negli ultimi tempi), ma i proprietari sono spesso contrari a questo tipo di intervento e tendono perciò a non denunciare l’infezione del proprio cane, con grave rischio per la salute pubblica. Farmaci Antiinfettivi Questo è il secondo settore come importanza nel mercato farmaceutico veterinario. L’impiego di antibiotici negli animali da reddito è attualmente argomento di notevole dibattito, in quanto notevoli sono le preoccupazioni per la possibile selezione di ceppi batterici resistenti a seguito dell’aggiunta di questi farmaci ai mangimi come promotori di crescita. D’altra parte l’utilizzo degli antibiotici come agenti antiinfettivi negli animali da compagnia non solleva analogo contenzioso dal momento che questi animali non entrano nella catena alimentare umana. Molti sono gli antibiotici, appartenenti ad un’ampia varietà di classi strutturali, F O F F COOH N COOH N N HN N O N F Orbiflossacina (12) Enroflossacina (11) O F O COOH F N COOH N N N N Diflossacina (13) N O N Marboflossacina (14) 7 normalmente usati in terapia veterinaria, con una marcata preferenza per quelli ad ampio spettro. Una menzione particolare meritano gli antibiotici a struttura fluorochinolonica: introdotti nella terapia veterinaria verso la fine degli anni ottanta, questi farmaci capaci di inibire selettivamente la DNA girasi batterica hanno raggiunto rapidamente una posizione di rilievo tra gli antiinfettivi. Per anni l’enroflossacina (11) è stato il farmaco leader del mercato, ma ormai il suo brevetto sta per scadere ed occorrono nuovi composti che possano emularne il successo. Negli ultimi anni alcuni nuovi prodotti della famiglia dei fluorochinoloni sono stati lanciati sul mercato, in particolare tre composti per l’impiego specifico nel settore degli animali da compagnia: la orbiflossacina (12), la diflossacina (13) e la marboflossacina (14). Si tratta di antibiotici potenti e ad ampio spettro, somministrabili per os, con valori di MIC90 nei confronti di ceppi batterici di interesse tipicamente nell’intervallo 0.02-0.4 µg/ml. La marboflossacina in particolare presenta una potenza simile a quella dell’orbiflossacina ma associata ad un profilo farmacocinetico superiore, con un tempo di emivita di circa 10 ore, Cmax di 1.3 µg/ml ed una biodisponibilità orale di oltre il 90%. I fluorochinoloni sono considerati in generale farmaci abbastanza sicuri ed innocui. Un preoccupante effetto collaterale riscontrabile nel cane è un processo erosivo a carico di cartilagini soggette a sollecitazioni di sostegno. Queste lesioni sono state di tale intensità da richiedere il sacrificio degli animali. Il cane è l’animale di gran lunga più sensibile agli effetti indesiderati di questi farmaci, tanto che questo tipo di danno compare entro poche ore dalla loro somministrazione. L’uso dei fluorochinoloni in cuccioli di razze di taglia media e pesante deve essere evitato prima degli 8 mesi o 18 mesi di età, rispettivamente. Anche nel cavallo è sconsigliata la loro utilizzazione, pena la comparsa di artralgie. 8 N COOH H N COOH H N O Cl Cl Carprofene (15) OH S O O N Etodolac (16) S Eltenac (17) N N H O S COOH NHSO2Me O O2N Vedaprofene (19) Meloxicam (18) Nimesulide (20) CF3 N N H2N O EtO N H N F N H SO2NH2 Celecoxib (21) Flupirtina (22) Farmaci Antidolorifici ed Antiinfiammatori I farmaci antiinfiammatori non steroidei (FANS) sono stati per molto tempo il cardine della terapia antidolorifica ed antiinfiammatoria nell’uomo e sono facilmente ottenibili OTC. Trasferire i prodotti per la salute umana direttamente al campo veterinario è reso complicato dal diverso profilo che i FANS presentano nell’uomo e nell’animale. L’ibuprofene per esempio non è raccomandato per i cani a causa di un più rapido assorbimento ed una maggiore emivita che determinano livelli ematici più elevati ed una maggiore incidenza di effetti collaterali GI che nell’uomo. I FANS sono stati utilizzati in terapia veterinaria negli ultimi dieci anni per il trattamento negli animali da compagnia dell’osteoartrite e del dolore associato ad interventi chirurgici. Di recente parecchi composti addizionali hanno raggiunto il mercato e tra questi alcuni con un profilo tossicologico migliore. Il trend nel campo veterinario è analogo a quello che si ha nella terapia umana, con una preferenza per composti COX2 selettivi per ridurre i problemi gastrointestinali. Come nel campo umano, determinare la selettività COX1/COX2 è fortemente dipendente dal tipo di saggio utilizzato, sebbene in confronto sia stato fatto finora poco lavoro usando gli opportuni enzimi animali. 9 Il carprofene (15) è il leader del mercato: si tratta di un inibitore reversibile e selettivo della COX2 con un buon profilo tossicologico nel cane, nel quale si ha una incidenza piuttosto bassa di effetti indesiderati sul tratto GI. Nel cane mostra un assorbimento orale >90% con una emivita di circa otto ore. Sebbene sia in commercio come racemo, l’isomero S è circa 200 volte più potente del suo enantiomero. L’etodolac (16) è risultato efficace in cani con osteoartrite cronica con bassa incidenza di effetti collaterali a dosi terapeutiche. Nonostante nell’uomo agisca come inibitore COX2 selettivo, nel cane il rapporto COX1/COX2 è risultato pari a 0.5. L’etodolac ha un tempo di emivita di 10-14 ore: l’esteso circolo enteroepatico determina nel cane elevati livelli plasmatici per un periodo prolungato. L’eltenac (17) è stato introdotto in terapia equina per uso parenterale, perché è poco tossico e attivo fino a 24 ore dopo una singola iniezione. Anche il meloxicam (18), il vedaprofene (19) e la nimesulide (20) sono stati recentemente utilizzati in terapia veterinaria come antiinfiammatori COX2 selettivi con scarsi effetti GI, ma i dati finora disponibili sono ancora troppo scarsi per definire in maniera precisa le reali potenzialità di questi farmaci negli animali da compagnia. Oltre ai suddetti farmaci già presenti sul mercato, alcuni inibitori COX2 altamente selettivi che sono in fase di sviluppo per la terapia umana potrebbero in futuro trovare applicazione in quella veterinaria. Il celecoxib (21) è stato oggetto di un recente brevetto come farmaco veterinario per la terapia di condizioni infiammatorie. Un altro recente brevetto descrive l’uso della flupirtina (22) per alleviare il dolore provocato dalla osteoartrite in cani e gatti. Questo composto è un analgesico non oppioide ad azione centrale con solo blanda capacità di inibire la sintesi delle prostaglandine. Farmaci Cardiovascolari Negli animali le malattie cardiovascolari sono leggermente diverse da quelle umane. L’ipertensione non è tanto comune nel cane e nel gatto quanto nell’uomo, anche se la disfunzione della valvola mitrale è più frequente nel cane. Nella maggior parte dei casi le malattie cardiovascolari non sono diagnosticate negli animali fino a che non insorge l’insufficienza cardiaca. Gli inibitori dell’enzima che converte l’angiotensina (ACE) sono tra i farmaci cardiovascolari più largamente utilizzati in terapia umana e più recentemente sono diventati di uso comune anche nei cani. L’enalapril, un ben noto e potente ACE inibitore con una IC50 di 2.5 nM, è stato introdotto in terapia veterinaria nel 1994. Altri due ACE inibitori hanno raggiunto il mercato in tempi più recenti, il benazepril (IC50 di 2.8 nM) e il ramipril (IC50 di 2.2 nM). Tutti questi sono in realtà dei profarmaci, che in vivo subiscono l’idrolisi per dare il diacido, e presentano durata di azione piuttosto simile. Il benazepril, che nell’uomo presenta una emivita di 21 ore, ha invece nel cane una emivita notevolmente più breve (3.5 ore). Tutti questi farmaci presentano nel cane effetti benefici, con riduzione 10 della mortalità e miglioramento del quadro patologico. Analogamente a quanto accade nell’uomo gli ACE inibitori provocano tosse nei cani in circa l’11% dei casi. Come alternativa agli ACE inibitori, è stato approvato in terapia veterinaria il pimobendan, un agente inotropo positivo risultato efficace nel trattamento di cardiomiopatie nei cani. In precedenza veniva utilizzata nel cane la digossina, un debole agente inotropo positivo, che però presenta un indice terapeutico sfavorevole. Il pimobendan è usato in associazione con altri farmaci, come diuretici ed ACE inibitori, sebbene sia esso stesso un blando vasodilatatore. A differenza dei precedenti farmaci inotropi, non determina un aumento del consumo di ossigeno a livello del miocardio. L’attività di questo composto, che agisce tra l’altro come PDE3 O O O O HN N H O N N COOH COOH Enalapril (23) O O Benazepril (24) O O HN H N N O H N N OMe COOH N H H Ramipril (25) Pimobendan (26) inibitore, risiede principalmente nell’enantiomero levogiro. Farmaci SNC e Comportamentali I problemi comportamentali più comuni nei cani e nei gatti derivano da aggressività, paura/ansia o disfunzioni cognitive associate all’età. Il 20-40% dei consulti veterinari per problemi comportamentali di questi animali sono in relazione con l’ansia da separazione. L’aumento dei casi di questo disturbo comportamentale è da collegarsi al fatto che sempre più animali da compagnia vengono lasciati soli per periodi sempre più lunghi come conseguenza di variazioni socio-economiche nella comunità dei proprietari. Tre composti sono ora approvati per l’uso veterinario in questa area. La selegilina (27), anche nota come L-deprenyl, è un inibitore delle monoaminoossidasi. È efficace nel 11 cane nel trattamento della sindrome da disfunzione cognitiva come pure di disordini comportamentali correlati all’ansia ed alla aggressività. N N Cl NMe 2 Selegilina (27) (L-Deprenyl) Feromone sintetico (29) Acido palmitico Acido pimelico Acido oleico Acido azelaico Clomipramina (28) La clomipramina (28) è un antidepressivo triciclico che inibisce l’uptake neuronale della serotonina e della noradrenalina, sebbene a dosi terapeutiche inibisca probabilmente soprattutto l’uptake della serotonina. È risultato efficace nella terapia di stati comportamentali avversi derivanti da ansia da separazione. Il trattamento farmacologico dovrebbe in linea di principio essere associato a terapia comportamentale, perché in questo caso non si osservano ricadute. Per il trattamento di disordini comportamentali nel cane sono stati studiati anche inibitori selettivi del reuptake della serotonina, ma nessuno di questi ha finora raggiunto l’impiego terapeutico. Il terzo farmaco introdotto in questo settore della terapia veterinaria è un prodotto specificamente sviluppato per il controllo comportamentale nei gatti e non ha invece alcun impiego in terapia umana. Si tratta di un feromone sintetico che comprende una miscela di acidi grassi: acidi palmitico, pimelico, oleico ed azelaico. Prodotti per Terapia Equina Mentre la maggior parte dei prodotti di recente acquisizione è destinata all’impiego in cani e gatti, ci sono altresì alcuni composti specificamente destinati al più piccolo mercato della terapia equina. Le ulcere peptiche sono un problema importante nei cavalli: fino al 50% dei giovani animali e una notevole percentuale degli animali da performance soffrono di questa condizione patologica. 12 H N N C N N S MeO N H O OMe O N F N O NH2 O Omeprazolo (30) Ketanserina (31) β-Aminopropionitrile (32) L’omeprazolo, un inibitore della pompa protonica largamente impiegato nell’uomo, è stato ora approvato anche per l’uso nei cavalli, in cui inibisce la secrezione acida gastrica di oltre il 90% e riduce la gravità delle ulcere gastriche. Non ci sono farmaci analoghi disponibili per cani e gatti, nonostante sia noto che l’uso dei FANS in questi animali può provocare ulcera gastrica. Due prodotti sono stati anche approvati per il trattamento delle ferite nei cavalli. La ketanserina è stata approvata in Europa come agente topico: come antagonista selettivo del recettore S2 della serotonina, è capace di ridurre la vasocostrizione provocata da serotonina e migliorare di conseguenza la microcircolazione nella ferita. La ketanserina sarebbe anche efficace nel ridurre l’ipergranulazione impedendo l’attivazione e l’aggregazione delle piastrine. Questo è un problema in particolare per le zampe dei cavalli dove la pelle è sottile portando alla formazione di tessuto cicatriziale indebolito. Un secondo prodotto, il beta-aminopropionitrile, è stato approvato per la terapia delle lesioni ai tendini: viene somministrato per iniezione intratendinea e agisce inibendo la lisil ossidasi, enzima coinvolto nel processo di polimerizzazione e di cross-linking delle fibrille di collagene. L’inibizione di questo enzima rallenta la velocità di cross-linking permettendo un miglior allineamento delle fibrille ed una riparazione più solida del tendine. 13