La Filosofia dello Spirito
• Spirito Soggettivo
Spirito Soggettivo
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Arte
Religione
Filosofia
I tre momenti dello spirito assoluto
Lo spirito assoluto, a sua volta, si articola in tre momenti:
• l'arte, che conosce l'assoluto nella forma dell'intuizione
sensibile;
• la religione, che conosce l'assoluto nella forma della
rappresentazione;
• la filosofia, che conosce l'assoluto nella forma del puro
concetto.
L'arte, dunque, è il primo momento dello spirito assoluto. Il suo
scopo è di rivelare la verità sotto forma di configurazione
sensibile; infatti, l'arte sta nel mezzo tra la sensibilità
immediata e il pensiero ideale.
Forza e limite dell’arte
Da un lato, questo rappresenta il punto di forza dell'arte: non si
può rimproverare all'arte il suo carattere di apparenza, perché
l'apparenza è essenziale alla verità, e il mondo perviene alla
sua vera esistenza solo nella mediazione dell'apparenza
artistica.
Dall'altro lato, questo rappresenta il limite dell'arte, che non può
andare oltre una conoscenza sensibile dell'assoluto; per tale
motivo, essa è la prima tappa di un percorso, che, passando
attraverso la religione, si concluderà solo con la filosofia, in
cui l'assoluto viene finalmente conosciuto nella sua forma più
adeguata, quella del puro concetto.
Critica del termine “Estetica”
La dottrina dell’arte di Hegel si trova nelle sue Lezioni di Estetica
(tenute nel decennio 1817-1827, ma pubblicate postume dagli
allievi negli anni 1835-1838).
Nella prima pagina del testo, troviamo una critica del termine
“Estetica”. Hegel precisa che l'oggetto delle sue lezioni è il
campo della bella arte, e che dunque il nome di “Estetica” non
è appropriato, indicando la scienza del senso, del sentire. Ma,
poiché il termine è ormai entrato nel linguaggio comune,
Hegel decide di conservarlo, precisando tuttavia che il vero
nome di questa scienza sarebbe “Filosofia della bella arte”.
Bello naturale e bello artistico
Dunque, Hegel critica la definizione dell'Estetica data da Baumgarten
(= scienza della conoscenza sensitiva). Nello stesso tempo, egli
critica anche la prospettiva di Kant: secondo Hegel, la bellezza non
scaturisce dal rapporto tra un soggetto e un oggetto, ma rappresenta
qualcosa di oggettivo, cioè l'apparire sensibile dell'idea.
Inoltre, Hegel distingue nettamente il bello naturale dal bello artistico,
affermando la superiorità del secondo sul primo, in quanto «la
bellezza artistica è la bellezza generata e rigenerata dallo spirito, e,
di quanto lo spirito e le sue produzioni stanno più in alto della natura
e dei suoi fenomeni, di tanto il bello artistico è superiore alla
bellezza della natura». Di conseguenza, il bello naturale non trova
posto nell'Estetica di Hegel: la vera bellezza è solo quella dell'arte.
Il bello artistico o l’ideale
Idea in generale: il concetto, la realtà del concetto e l’unità di entrambi.
Hegel precisa che non bisogna intendere con idea qualcosa di
astratto, perché l’idea è assolutamente in sé concreta, ed è bella solo
in quanto immediatamente una con l’oggettività ad essa conforme.
Critica di Hegel alla concezione platonica delle idee: l’idea non può
essere l’ultimo gradino nella serie delle mediazioni. Come il
concetto in forza della sua essenza spinge al di là di sé e diventa
idea, così anche l’idea spinge oltre se stessa, verso la sua
realizzazione: verso una realtà in cui l’idea stessa si dà esistenza (del
resto ogni esistente ha verità solo in quanto è un’esistenza dell’idea).
Solo l’idea veramente concreta produce la forma vera, e questa
corrispondenza di entrambe è l’ideale.
I tre momenti della storia dell’arte
Le diverse forme di arte traggono origine dal modo diverso di cogliere l’idea
come contenuto, da cui è condizionata la diversità della configurazione in
cui essa appare (a ogni determinatezza interna si lega immediatamente una
configurazione reale diversa). Le forme dell’arte perciò non sono altro che i
diversi rapporti di forma e di contenuto, rapporti che sorgono dall’idea
stessa (il contenuto deve essere in se stesso vero e concreto, prima che
possa trovare la vera forma bella, l’ideale). Hegel considera 3 rapporti
dell’idea con la sua configurazione, a cui corrispondono 3 forme principali
di arte, intese come forme storiche.
Infatti, poiché l'idea esplica la sua razionalità attraverso la storia, l'arte
intrattiene un profondo rapporto con la concreta realtà storica. In altri
termini, Hegel non considera le forme del bello artistico come realtà
atemporali, ma colloca ciascuna in un certo contesto storico-culturale. Le
tre forme di arte diventano così parti integranti di un processo che è lo
sviluppo storico dell'arte .
Arte
Arte simbolica
Arte classica
Arte romantica
L’arte simbolica
Arte simbolica: l’idea cerca ancora la sua vera espressione
artistica, perché è in se stessa ancora astratta e indeterminata e
non ha perciò dentro di sé l’apparenza adeguata; ne deriva che
anche la forma resta manchevole e accidentale.
In generale, la forma d’arte simbolica rappresenta una sorta di
pre-arte. Essa è propria principalmente delle antiche civiltà
orientali (in particolare egiziana, indiana, persiana), e ci
conduce solo dopo molti giri, trasformazioni e mediazioni
all’autentica realtà dell’ideale, che è la forma d’arte classica.
L’arte simbolica
Hegel precisa che non intende il simbolo come semplice forma esterna (che si
ritrova pure nell’arte classica e romantica), ma nella sua autonoma
peculiarità in cui esso offre una tipologia universale per l’intuizione
artistica.
Simbolo in generale: esistenza esterna che è immediatamente presente o data
all’intuizione, ma che non deve essere presa in base a lei stessa, così come
immediatamente si presenta, bensì in un senso più ampio e universale.
Quindi nel simbolo vanno distinti due lati:
- il significato (una rappresentazione o un oggetto, qualunque ne sia il
contenuto);
- la sua espressione (un’esistenza sensibile o un’immagine di qualsiasi
specie).
L’arte simbolica
Il simbolo è innanzitutto un segno. Ma nella semplice designazione la
connessione reciproca che vi è fra il significato e la sua espressione è un
legame del tutto arbitrario (ad es., la maggior parte dei suoni della lingua è
legata con le rappresentazioni che esse esprimono in modo accidentale;
oppure i colori, usati nelle bandiere per indicare a quale nazione appartenga
un individuo o una nave, non contengono in se stessi alcuna qualità in
comune con quel che significano, cioè con la nazione da essi
rappresentata).
Diversamente stanno le cose per il segno che deve essere un simbolo (ad es. il
leone considerato simbolo del coraggio, la volpe dell’astuzia, il cerchio
dell’eternità, il triangolo della Trinità) Il simbolo non è perciò un semplice
segno indifferente, ma un segno che nella sua esteriorità abbraccia in sé
anche il contenuto della rappresentazione che fa apparire.
L’arte simbolica
Nello stesso tempo, pur non essendo del tutto inadeguato al suo significato, non deve
neanche - per rimanere simbolo - farsi ad esso completamente commisurato. Infatti,
sebbene il significato e l’espressione concordino in una qualità, tuttavia la forma
simbolica contiene per sé anche altre determinazioni assolutamente indipendenti da
quella qualità in comune che essa ha prima designato (ad es., il leone non è solo
forte); parimenti, un certo contenuto può essere espresso anche da altri simboli (ad
es., anche il toro può esprimere la forza).
Ne deriva che il simbolo rimane essenzialmente ambiguo.
Per Hegel l'arte simbolica è caratterizzata da una disparità tra contenuto e forma: in
essa l'idea cerca ancora la sua vera espressione artistica, perché è in se stessa ancora
astratta e indeterminata. L'arte simbolica cerca di compensare questa “povertà” del
contenuto racchiudendolo in forme colossali, gigantesche (ad es., le piramidi
egiziane); ma, in tal modo, mette ancor più in evidenza la mancata adeguazione di
contenuto e forma.
L’arte simbolica
L'arte simbolica per eccellenza è l'architettura, e la terra del simbolo l'Egitto. Il
simbolo del simbolico è la Sfinge.
Le Sfingi, di colossale grandezza, sono corpi di animali in riposo, la cui parte
superiore ha figura umana sormontata talvolta da una testa di ariete, ma più
spesso da una testa di donna. Lo spirito umano tende a venir fuori dalla
forza brutale della bestia, ma non può giungere ancora a manifestare
completamente la propria libertà. Infatti, ciò accade soltanto nella civiltà
greca.
La Sfinge pose a Edipo il celebre enigma: “Chi è che di mattina cammina a
quattro zampe, a mezzogiorno con due e di sera con tre?”. Edipo trovò la
risposta: “L'uomo”, e precipitò la Sfinge dalla rupe.
L’arte classica
L’arte classica cancella la duplice insufficienza dell’arte simbolica: l’idea non si
arresta all’astrazione e all’indeterminatezza di pensieri generali, ma è in se stessa
libera soggettività infinita; in quanto tale, possiede anche la forma esterna ad essa
congruente (cioè la figura umana, che esprime sensibilmente la spiritualità
individualmente determinata). Nell'arte classica, l'unità di contenuto e forma è
senz’altro adeguata, per cui l’arte classica intuisce e realizza l’ideale artistico.
Ciò si verifica in un periodo preciso storico e in una determinata cultura: nella polis
greca. La bellezza classica ha come suo interno lo spirito libero e autonomo.
Diversamente che nelle civiltà orientali, nella vita etica greca l’individuo era in sé
autonomo e libero, pur senza distaccarsi dagli interessi universali dello Stato:
armonia tra l’universale dell’eticità e la libertà della persona; l’autonomia del
politico non si contrapponeva a una moralità soggettiva da essa distinta. Per Hegel,
il bel sentimento di questa felice armonia pervade tutte le produzioni in cui la
libertà greca ha preso coscienza di sé e si è rappresentata la sua essenza.
L’arte classica
Nell'opera d'arte greca, la bellezza degli dei esibisce nella materia
il distacco dalla corporeità naturale; ciò è possibile perché la
religione greco-olimpica è una religione antropomorfica.
Infatti, l’umano costituisce il centro ed il contenuto della vera
bellezza ed arte (un umano, però, purificato dai difetti della
finitezza), in quanto solo l’esteriorità dell’uomo è in grado di
rivelare in modo sensibile lo spirituale (corporeità che in sé
riflette lo spirito). L'arte classica per eccellenza è la scultura
(esemplari, sotto questo profilo, sono le statue di Fidia), in cui
l'organismo (la forma) si presenta come diretta espressione
dell'anima (il contenuto).
L’arte classica
Per Hegel, il popolo greco anche negli dei ha preso coscienza del suo spirito
sensibilmente, e ad essi ha dato per mezzo dell’arte un’esistenza che è
perfettamente conforme al vero contenuto. Grazie a questa corrispondenza,
l’arte è stata in Grecia la più alta espressione dell’assoluto, e la religione
greca è la religione stessa dell’arte. Perciò l’arte classica è il compimento
del regno della bellezza. Maggiore bellezza non può esservi né divenire.
Perché allora questo momento di perfezione è destinato a entrare in crisi?
Hegel osserva che un’eterna serietà aleggia sulla fronte degli dei e si effonde
su tutta la loro figura. Contrasto tra la loro beata altezza e la loro bellezza
esteriore e corporea: ciò costituisce la nube di mestizia che si può percepire
nelle immagini degli dei antichi, pur nella loro incomparabile e perfetta
bellezza. Nel loro aspetto si legge il destino che li sovrasta, e il cui
sviluppo, facendo emergere la contraddizione tra spiritualità ed esistenza
sensibile, porta l’arte classica incontro al suo tramonto.
L’arte romantica
L’arte romantica (cioè tutta l’arte post-classica: l’arte “cristiana”, dal
medioevo in poi) distrugge la completa unione dell’idea con la sua realtà e
ricolloca se stessa, sebbene in modo più alto, nella differenza e
nell’opposizione dei due lati tipiche dell’arte simbolica. La forma d’arte
classica ha infatti raggiunto il massimo a cui la sensibilizzazione dell’arte
può pervenire e, se vi è in essa qualcosa di manchevole, dipende dall’arte
stessa e dalla limitatezza della sfera artistica.
Questa limitatezza consiste in ciò: se l’accordo di contenuto e forma deve
essere completo, il contenuto deve essere tale da esprimersi compiutamente
nella forma naturale umana, senza traboccare oltre questa espressione
sensibile e corporea. Ma in questo modo lo spirito non viene a
manifestazione secondo il suo vero concetto, cioè come assoluto e eterno,
soggettività infinita dell’idea.
L’arte romantica
Hegel sottolinea che le sculture dell’arte classica sono prive
dell’espressione dell’anima, la luce dell’occhio. Esse sono
senza sguardo: il loro interno non traspare da esse come
interiorità che sa se stessa, in quella concentrazione spirituale
che è palesata dall’occhio.
Il dio dell’arte romantica invece appare come dio che vede, che sa
se stesso, che è interiormente soggettivo e che dischiude il suo
interno all’esterno.
Nell'arte romantica, si verifica di nuovo una sproporzione tra il
contenuto e la forma; in questo caso, però, è l'approfondirsi e
l'espandersi del contenuto a comportare l'inadeguatezza della
forma sensibile.
L’arte romantica
Nell'arte romantica, il contenuto spirituale è la concezione cristiana del divino,
che distrugge la particolarità del politeismo greco attraverso l'affermazione
dell'unico Dio. Alla sua base, vi è l'incarnazione di Cristo: di conseguenza,
la bellezza si realizza non più nella forma esterna, ma nella pienezza
dell'interiorità, cioè come amore.
L’arte romantica distrugge la perfetta corrispondenza forma-contenuto
dell’arte classica proprio perché ha acquistato un contenuto che va oltre la
forma classica e il suo genere di espressione: ciò che il Cristianesimo dice
di Dio in quanto spirito, a differenza della fede greca, che costituisce il
contenuto essenziale dell’arte classica.
Hegel parla dunque del “carattere di passato” dell'arte (= cosiddetta “morte”
dell’arte). Che cosa intende dire con ciò? Non certo che non si producano
più opere d'arte. Hegel vuol dire piuttosto che l'arte non è più il mezzo privilegiato di espressione della verità: questo compito spetta ormai alla
filosofia.