CORTOCIRCUITI – Guerra segreta tra nazisti e contro i nazisti
Operazione Anthropoid: “eliminate Heydrich!”
La Cecoslovacchia era un pugnale puntato al cuore della Germania dai
trattati di Versailles. Con l’annessione del 1938 e – nel 1941 – la nomina a
Reichsprotektor di Heydrich, Hitler si illuse di aver neutralizzato la
minaccia. Ma durante la Seconda guerra mondiale il governo di Praga in
esilio a Londra – d’accordo coi sovietici e i francesi – decise di aprire
proprio in Boemia la prima crepa nel “nuovo ordine” tedesco. Il mezzo?
L’eliminazione di Heydrich, l’uomo più potente delle SS dopo Himmler. Il
prezzo? Migliaia e migliaia di morti per rappresaglia…
di
Gian Paolo Pelizzaro
Tangmere, West Sussex, stazione aerea della RAF e aviobase segreta dello Special Operations Executive (SOE)
inglese. Sono le 10 di sera del 28 dicembre 1941: il quadrimotore Handley-Page Halifax Mk II (n° seriale 1a L9613,
codice NF-V), ai comandi del veterano dell’aria Ronald Clifford Hockey, comandante-pilota classe 1911
appartenente al 138° Special Duties Squadron, inizia a rullare sulla pista di decollo. A bordo, quindici uomini: sette
membri dell’equipaggio (Hockey, Wilkin, Holden, Burke, Hughes, Berwick e Walton), il capitano Jaroslav Šustr e
sette paracadutisti cecoslovacchi selezionati e addestrati dal SOE su incarico del governo del presidente
cecoslovacco in esilio a Londra Edvard Beneš. Gli agenti sono divisi in squadre e assegnati a tre diverse missioni:
Anthropoid (Josef Gabčik e Jan Kubiš), Silver A (Alfréd Bartoš, Josef Valčik e Jirí Potuček), e Silver B (Jan Zemek
e Vladimir Škácha). Gabčik e Kubiš di Anthropoid sanno che la loro è un’azione suicida. Ordini e obiettivi diversi
per sette agenti da infiltrare in territorio cecoslovacco con lanci notturni previsti per Anthropoid sulle coordinate di
un borgo ad est di Pilsen, cittadina celebre per la sua eccellente birra, e per i gruppi Silver A e B rispettivamente ad
est di Čáslav e a nord est di Ždírec. Inizia così una delle più misteriose e controverse operazioni segrete messe in
piedi durante la Seconda guerra mondiale dal governo cecoslovacco in esilio a Londra dopo l’annessione al Terzo
Reich della Boemia e della Moravia, come diretta conseguenza degli accordi della Conferenza di pace di Monaco di
Baviera del 28 e 29 settembre del 1938.
Questa è la storia dell’Operazione Anthropoid, lanciata per assassinare lo Stellvertretender Reichsprotektor [vice
protettore del Reich, una sorta di proconsole o governatore, NdR] di Boemia e Moravia Reinhard Heydrich,
Obergruppenführer delle SS, direttore dell’Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich (RSHA), l’uomo che più di
ogni altro aveva la strada spianata per la successione ad Adolf Hitler, dotato com’era del potere, dell’astuzia , della
crudeltà e dell’inflessibile determinazione per farlo. Dal 27 settembre 1941 (poco più di tre mesi dopo l’attacco
all’Unione Sovietica) Heydrich aveva preso il posto di Konstantin von Neurath come Reichsprotektor di Boemia e
Moravia. La versione ufficiale accreditata da Berlino parlò di avvicendamento per motivi di salute, ma in realtà non
s’era trattato d’altro che della rimozione di fatto del barone von Neurath (formalmente rimasto titolare del
Protettorato fino al 20 agosto 1943), ritenuto da Hitler troppo tenero nei confronti delle organizzazioni resistenziali
cecoslovacche proprio mentre le forze armate tedesche erano impegnate nell’enorme sforzo ad est con l’Operazione
Barbarossa. L’RSHA sapeva che proprio da Praga erano partiti i responsabili degli attentati compiuti a Berlino nel
gennaio e nel febbraio 1941, quest’ultimo alla stazione ferroviaria di Anhalter con l’intento di uccidere Heinrich
Himmler.
Heydrich non perde tempo. Il 28 settembre 1941, il giorno dopo la pubblicazione della notizia del suo arrivo nel
Protettorato e appena tre ore dopo la cerimonia del suo insediamento ufficiale celebrata nel Castello di Praga, fa
arrestare il primo ministro Alois Eliáš per la sua collaborazione con la Obrana národa (la Difesa nazionale che faceva
capo ai Tri králové, i cosiddetti «tre re» della resistenza cecoslovacca: il brigadiere generale Václav Morávek, il
colonnello Josef Mašin e il tenente colonnello Josef Balabán, coinvolti negli attentati di Berlino [il nome del quartier
generale dell’organizzazione resistenziale interna è ÚVOD, NdA]) e per i suoi contatti con il presidente Beneš, e
annuncia senza giri di parole l’introduzione della legge marziale. Il nuovo arrivato cala il pugno di ferro sul
Protettorato, senza pietà, sapendo che il tempo non è suo alleato. I primi due leader della resistenza cecoslovacca ad
affrontare il plotone d’esecuzione sono i generali Josef Bíly e Hugo Vojta. È solo un «antipasto» di quello che Heydrich
intende servire a tutti coloro che non vogliono sottomettersi al «nuovo ordine» imposto dal regime nazista. Ma il
siluramento di von Neurath e la nomina di Heydrich nascondono dell’altro. Come riferisce Rainer Hildebrandt nel
volume «Wir Sind die Letzten» (Berlino, 1950), il poeta Albrecht Haushofer (1903-1945) venne a sapere attraverso una
sua studentessa, Irmegard Schnuhr, sposata con un ufficiale delle SS di alto rango, che un SS chiamato Wilke le aveva
confidato che lo Stato Maggiore di Heydrich nell’RSHA stava facendo dei piani per impadronirsi con la forza del
comando di Himmler come Reichsführer SS e Capo della Polizia. Di questa possibilità scrive lord James DouglasHamilton nel suo libro «Motive for a Mission. The Story Behind Hess’s Flight to Britain» (Londra, 1971): «Forte di
questa notizia, Albrecht Haushofer decise di giocare a Heydrich un cattivo scherzo. Disse a Langbehn [Carl Langbehn,
un avvocato collegato all’Abwehr, il servizio segreto tedesco diretto dall’ammiraglio Wilhelm Canaris, e che, al pari di
Albrecht Haushofer, faceva il doppio gioco collaborando sia con la resistenza tedesca che con lo stesso Himmler, NdA] di
riferire la cosa a Himmler, il che avvenne ed Himmler ringraziò Langbehn». Il Reichsführer SS – prosegue DouglasHamilton – «si servì infatti di questa notizia per proporre ad Hitler di nominare Heydrich vice governatore della
Boemia e della Moravia, dal che si può dedurre che Himmler volesse essere sicuro che la persona di Heydrich rimanesse
il più lontano possibile da lui». In questo modo le due emergenze (la necessità di Himmler di tenere il più lontano e
occupato possibile il capo dell’RSHA e l’esigenza di normalizzare la situazione nel Protettorato mentre le truppe
tedesche avanzano verso est) si saldano nel settembre 1941 in un unico obiettivo, la nomina di Heydrich a
Reichsprotektor al posto del «malato» barone von Neurath.
Nella fessura che s’era aperta nel «sistema» nazista si inserisce il piano architettato dal governo cecoslovacco in esilio a
Londra, sotto pressione da parte francese e sovietica e appoggiato dai britannici per una pesante operazione clandestina
nel territorio del Protettorato. Anthropoid prende il via il 2 ottobre 1941, poche ore dopo l’inizio dei negoziati tra il
presidente Beneš, le autorità britanniche e francesi per incassare la promessa della revoca degli accordi di Monaco.
L’eliminazione di Heydrich è la contropartita che i cecoslovacchi mettono sul piatto per convincere il premier Winston
Churchill e il generale Charles de Gaulle, ad appoggiare la loro iniziativa. L’azione avrebbe dovuto consolidare il ruolo
di Beneš e del suo gabinetto in esilio e riaffermare la sua posizione sul piano politico-militare nel Protettorato, nel cuore
dell’Europa occupata. Il 18 giugno 1941 l’autorità britannica aveva formalmente riconosciuto il governo cecoslovacco in
esilio a Londra, ma non aveva modificato la propria posizione rispetto agli accordi di Monaco, e ciò era valso anche per i
francesi di de Gaulle. In un primo tempo inoltre c’era stata incertezza sugli obiettivi da colpire: o il Gruppenführer delle
SS Karl Hermann Frank, tedesco dei Sudeti, capo della polizia e segretario di Stato del Protettorato con von Neurath, o
Heydrich. Alla fine la scelta era caduta sul potente e temibile Heydrich, capo supremo della macchina repressiva
nazista.
La catena degli eventi che aveva portato Heydrich a Praga e quindi alla morte, aveva avuto inizio alla fine della Prima
guerra mondiale e affondava le proprie origini nel timore tedesco che l’influenza francese sulla Cecoslovacchia potesse
avere effetti negativi sulla sicurezza del Reich [vedi box a pagg. 58-59 NdR]. Questa fu una delle prime questioni che il
vice di Hitler, Rudolf Hess, ebbe a rivelare a sir Ivone Kirkpatrick, nei primi giorni dopo il suo arrivo in Scozia, la notte
tra sabato 10 e domenica 11 maggio 1941. Questo il resoconto dell’interrogatorio di Hess fatto da Kirkpatrick (esperto
di cose tedesche del Foreign Office con un passato da primo segretario dell’Ambasciata britannica dal 1930 al 1932,
incaricato d’affari in Vaticano dal 1932 al 1933 e poi primo segretario dell’Ambasciata britannica a Berlino fino al
1938), così come riferisce James Douglas-Hamilton: «Dopo aver dato così un’interpretazione della storia in perfetta
concordanza con le tesi naziste, Hess si rivolse ad avvenimenti più recenti. Disse che Hitler aveva tentato di trattare
l’Anschluss con mezzi pacifici e, dopo il fallimento di questo tentativo, era stato costretto ad occupare l’Austria su
desiderio dello stesso popolo austriaco. Il conflitto cecoslovacco era stato causato dai francesi: essi avevano tentato di
fare della Cecoslovacchia una base aerea contro la Germania e Hitler aveva dovuto inserirsi per bloccare questo
tentativo. Hess dichiarò poi che l’intervento di Chamberlain a Monaco era stato di grande aiuto per Hitler, ma, come i
britannici e i francesi tentarono di armare il resto della Cecoslovacchia, il Führer fu costretto ad agire contro questa
severa minaccia per la stessa Germania». Non è un caso che Hess parli della crisi Cecoslovacca in questi termini poiché,
tra il 1936 e il 1937, aveva potuto seguire direttamente e capillarmente dal suo amico e consigliere personale Albrecht
Haushofer le attività delle Organizzazioni Estere del Partito nazista, in particolare della VDA (Verein fuer das
Deutschtum in Ausland, la Lega per i nazionalisti tedeschi all’estero) e del Volksdeutsche Rat (il Consiglio dei popoli
tedeschi, organo di coloro che pur essendo di origine tedesca vivevano fuori dai confini del Reich, stimati in almeno 20
milioni) del quale era presidente il padre di Albrecht, Karl Haushofer. L’ex generale e politologo era stato il docente di
Hess alla Facoltà di Economia all’Università di Monaco e suo maestro nella formulazione dei principi del cosiddetto
«spazio vitale», derivanti dalla dottrina del Lebensraum, e cioè dell’autosufficienza nazionale della Germania postVersailles.
Albrecht Haushofer aveva seguito personalmente i colloqui segreti con il presidente Beneš dell’autunno del 1936
per cercare di neutralizzare i sospetti del governo di Praga nei confronti di Berlino. «Albrecht Haus hofer –
spiega Douglas-Hamilton – sperava che questi negoziati portassero a delle concessioni per i tedeschi che vivevano nella
regione ceco-sudeta, diminuissero l’influenza della Francia e dell’URSS in Cecoslovacchia e preparassero la
strada per uno sviluppo tedesco attraverso linee pacifiche». L’idea, in quel momento, era di un patto di non aggressione con il Reich sul quale era favorevole il presidente Beneš. Haushofer prima riferì queste
informazioni a Himmler tramite il suo capo di Stato Maggiore, gene rale delle SS Karl Wolff, poi predispose per
il Führer la sua relazione sui colloqui segreti con la controparte cecoslovacca. Lo studioso amico di Hess era
dell’opinione che se non si fosse pervenuti ad un accordo con Beneš, il governo di Praga avrebbe pot uto
pensare che il Terzo Reich avesse delle intenzioni poco rassicuranti verso la Cecoslovacchia, «il che – annota
sempre Douglas-Hamilton – avrebbe portato ad una conclusione contraria a quella che era l’intenzione ed
avrebbe rafforzato l’alleanza cecoslovacca con l’Urss e la Francia». Quando Hitler esaminò il rapporto
Haushofer tracciò una riga rossa sul primo punto delle proposte emerse nei negoziati segreti: l’idea del patto di
non-aggressione. Questo dimostra che Hitler aveva già deciso di eliminare mi litarmente la Cecoslovacchia e per
avere un buon alibi da opporre ai sospettosi osservatori internazionali riteneva fondamentale non migliorare la
posizione dei tedeschi sudeti, lasciandoli sotto il tallone del governo di Praga per sfruttarne le lamentele e
minacce e poi usare questi argomenti contro il popolo cecoslovacco. La trappola venne studiata a tavolino, così
come il piano di invasione al quale venne dato il nome in codice di Fall Grün [Caso Verde NdR]. È sempre
Albrecht Haushofer ad assistere segretamente Hess nella sua strampalata smania di trovare dei canali
diplomatici paralleli con ambienti britannici per cercare di intavolare una pace separata con Londra, prima
dell’inizio dell’invasione dell’Unione Sovietica.
Giovedì 16 marzo 1939, Adolf Hitler emette il decreto di annessione al Reich della Boemia e della Moravia,
istituendo un protettorato a capo del quale viene chiamato (due giorni dopo) Konstantin von Neurath, ministro
degli Esteri fino al 4 febbraio 1938. La Cecoslovacchia viene così smemb rata: la Slovacchia si sgancia e chiede
l’indipendenza, trasformandosi in uno Stato satellite della Germania, dove si instaura un regime conservatore
guidato dal presbitero monsignor Jozef Tiso (1887-1947). I vertici delle forze armate e dei servizi segreti
cecoslovacchi vanno in fibrillazione. Sanno di avere le ore contate. Temono seriamente che i dossier più
sensibili dello Stato Maggiore cadano nelle mani dei nazisti. Il giorno stesso, il Führer si era recato in visita a
Praga, accompagnato dal Reichsführer Heinrich Himmler e dal giovane capo del RSHA, l’Ufficio centrale per
la sicurezza del Reich dal quale dipendono il Sicherheitsdienst (servizio di sicurezza, SD) e la polizia di
sicurezza (SiPo), Reinhard Heydrich. Due giorni prima il generale František Moravec, capo della Settore
Ricerca del 2° Dipartimento GS (servizi segreti) dell’esercito cecoslovacco, aveva lasciato il Paese, volando a
Londra con dieci ufficiali del suo servizio. Moravec, aiutato anche dal SIS britannico, aveva portato con sè documenti
del suo archivio segreto, gran parte dei quali relativi agli accordi con i servizi segreti francesi e sovietici, in particolare
con il Deuxième Bureau e l’NKVD. Moravec lasciò a Praga, occupata dal nemico, anche vari agenti che fanno il doppio
gioco.
Uno di questi agenti era il noto A-54, identificato in Paul Thümmel, un ufficiale tedesco di origini cecoslovacche «capo
residente» della Sezione di Controspionaggio del Dipartimento III della stazione Abwehr di Praga. Intorno al caso Thümmel si
giocò una complessa macchinazione tra l’RSHA e l’Abwehr. Da tempo, infatti, Heydrich desiderava regolare i conti con il
proprio rivale di sempre, l’ammiraglio Canaris, sospettato di giocare una doppia partita con gli alleati occidentali. Thümmel
(alias René) dal 1936 era un contatto confidenziale dell’intelligence cecoslovacca e collegato all’MI6, i servizi segreti
britannici, altrimenti detto Secret Intelligence Service. Aveva avuto, infatti, un ruolo non secondario come «talpa»
dell’Abwehr nel cosiddetto incidente di Venlo e cioè nella cattura da parte del Sicherheitsdienst di due agenti del SIS (il
capitano Sigismund Payne Best e il maggiore Richard H. Stevens della stazione SIS presso l’Ambasciata britannica all’Aia),
il 9 novembre 1939. Dopo la fuga a Londra di Moravec e del capitano Jaroslav Šustr (che in qualità di comandante dello
Special Group D del 2° Dipartimento del Ministero della Difesa cecoslovacco avrà un ruolo di primo piano nella selezione e
nell’addestramento dei due agenti di Anthropoid), Thümmel viene «bruciato» dai sovietici per colpire Beneš e, più in
generale, la resistenza cecoslovacca che faceva capo al suo governo in esilio perché ritenuti delle «marionette» nelle mani
delle potenze occidentali. Grazie alla collaborazione di due agenti sovietici dell’NKVD (Will Leimer e il «Commissario»
Nachtmann), l’agente A-54 venne arrestato il 13 ottobre del 1941 con il consenso di Heydrich e immediatamente interrogato
dalla Gestapo. Venne rilasciato il 25 novembre grazie all’interessamento dell’ammiraglio Canaris, ma a patto che Thümmel
faccia da «cane da tartufo» per la cattura di un altro pezzo grosso della resistenza cecoslovacca. Arrestato di nuovo il 22
febbraio 1942 sulla base di ulteriori indizi, René confessò i contatti avuti con la rete di resistenza nel Protettorato, cercando
di convincere la Gestapo che stava lavorando alla disarticolazione dell’intera leadership clandestina cecoslovacca. Il 2 marzo
viene nuovamente rimesso in libertà, ma a condizione che accompagni ad un appuntamento-trappola il capitano Václav
Morávec della Difesa nazionale. Il 21 marzo 1942, Morávec, rimasto ferito nello scontro a fuoco con la Gestapo, si suicida
per non cadere nelle mani dei nazisti.
È in questo clima intossicato dai sospetti che nel avviene l’incontro a Praga, a metà maggio 1942, tra l’ammiraglio Canaris e
l’SS Obergruppenführer Heydrich per la sigla di un accordo tecnico-operativo tra Abwehr e RSHA riguardante la sfera
delle competenze nelle attività di controspionaggio. Nella mente di Heydrich è ormai chiaro che il servizio segreto militare è
totalmente inaffidabile, infestato da agenti nemici, come Thümmel, e diretto da un doppiogiochista. Heydrich è sicuro che
Canaris abbia tradito il giorno in cui la Germania ha attaccato l’Occidente. Ma la mortale rivalità tra i due capi
dell’intelligence tedesca viene mascherata da un impenetrabile scudo di cordialità e dell’impeccabile formalismo del
cerimoniale di Stato che organizza tutte le fasi della Conferenza di Praga che si svolge appena due settimane prima
dell’attentato ad Heydrich. Agli incontri partecipa anche il generale delle SS Walter Schellenberg, direttore dell’Amt VI
[Ufficio VI, ossia il servizio di intelligence dell’RSHA, NdR]. Con la scusa di migliorare i rapporti tra Abwehr e SD ed
evitare le frequenti duplicazioni di sforzi nel lavoro di spionaggio e controspionaggio ed eliminare le differenze nei metodi di
lavoro comune, il vertice serve in realtà ad Heydrich per sterilizzare il ruolo sempre più ambiguo di Canaris e a
ridimensionare l’Abwehr, sottomettendolo all’RSHA. Nelle pieghe di questo titanico scontro si inseriscono le manovre dei
servizi segreti cecoslovacchi, sovietici, francesi e britannici. Per Beneš, che fino a quel momento doveva scegliere tra due
obbiettivi da colpire, non c’è più alcun dubbio: Heydrich è la preda più grossa da sbattere sul tavolo dei negoziati con gli
Alleati, attraverso la quale consolidare il proprio ruolo di leader in esilio e incassare la promessa del suo ritorno al potere
a guerra terminata. [1 – continua]
Gian Paolo Pelizzaro
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La Cecoslovacchia: il cuore strategico – e multietnico – della Mitteleuropa
La Cecoslovacchia nacque ufficialmente col Trattato di Saint-Germain del settembre
1919. Il nuovo Stato nel cuore dell’Europa veniva a configurarsi come una lunga
striscia di territorio dai Sudeti ai Carpazi, che separava l’Ungheria dalla Polonia e si
incuneava profondamente nei territori tedeschi della Germania e dell’Austria. Una
posizione che le faceva includere nei suoi confini consistenti minoranze etniche: il
23% della popolazione era di lingua tedesca (soprattutto lungo il confine boemo con
le due nazioni germaniche) mentre l’8% era di lingua ungherese, residente in
Slovacchia, del resto fino al 1918 chiamata Alta Ungheria. Vi erano poi minoranze
rutene (ossia ucraini, concentrati nella Rutenia Transcarpatica, regione all’estremo
oriente della Cecoslovacchia che le fu assegnata nel 1920), polacche (in Slesia), rom
ed ebraiche. Se da un lato erano state le ambizioni indipendentistiche delle elite
culturali ceche e slovacche a volere la nascita di questo Stato multietnico, dall’altra è
indubbio che Francia e Gran Bretagna vi vedevano uno strumento geopolitico tanto
per minacciare la Germania – incuneandola al suo interno – quanto per chiudere il
“cordone sanitario” verso l’URSS. Nel 1935 la nascita in Francia di un governo
simpatizzante con Mosca trasformò Praga nella chiave di volta della strategia francosovietica di contenimento della Germania. Una strategia che si rivelò velleitaria per
Parigi e suicida per Praga, poiché Hitler ebbe gioco facile a presentare all’opinione
pubblica mondiale come legittime le aspirazioni dei tedeschi di Boemia d’essere
riuniti alla Germania, secondo i principi dell’autodeterminazione tanto sbandierati
dall’Intesa alla fine della Grande Guerra e poi mai applicati quando andavano a
vantaggio degli sconfitti. Con il Trattato di Monaco del 29 settembre 1938 la
Germania riuscì a farsi riconoscere l’annessione dei territori a maggioranza tedesca
(“Sudetenland”). Appena il giorno successivo anche la Polonia si scagliava contro
Praga, ottenendo con un ultimatum al limite della pirateria internazionale la cessione
del bacino carbonifero di Teschen dove viveva una minoranza polacca. A novembre
anche le regioni a maggioranza magiara – dopo una tesa trattativa a quattro fra Roma,
Berlino, Budapest e Praga – furono assegnate all’Ungheria, con l’Arbitrato di Vienna.
Nel frattempo, il 5 ottobre del 1938 il presidente Edvard Beneš aveva rassegnato le
dimissioni (sostituito da Emil Hácha) e il 22, insieme alla moglie Hana, si era recato
in esilio a Londra, mentre molti ufficiali delle Forze Armate cecoslovacche
abbandonavano il Paese, passando in Polonia. Con i negoziati di Monaco e il
successivo Arbitrato di Vienna la Cecoslovacchia aveva perduto ben 41.098 km
quadrati di territorio e circa cinque milioni di abitanti, mentre in pochi giorni si era
trasformato in una sorta di federazione a tre: Cechia, Slovacchia e Rutenia. Una
situazione del tutto precaria, che Hitler decise di forzare appena cinque mesi dopo,
imponendo il 14 marzo 1939 al governo di Hácha l’indipendenza della Slovacchia e il
15 la trasformazione della Cechia in un’appendice del Reich tedesco, il Protettorato
di Boemia-Moravia. Fra 16 e 23, infine, l’Ungheria invase la Rutenia e alcuni territori
slovacchi limitrofi. L’imposizione dell’effimera “pax hitleriana” nel Centro Europa
mise così la prima, fatale ipoteca sulla pace nel continente. La Cecoslovacchia, oltre a
possedere territori e popoli tradizionalmente di origine germanica, sarebbe stata
utilizzata come base aerea contro la Germania e ciò sulla scorta di un patto che Praga
aveva con la Francia. Era stato proprio Beneš, nel 1935, a promuovere l’accordo
cecoslovacco-sovietico che orientava tutta la politica estera del Paese verso la Francia
e rendeva palese la minaccia alla Germania che nel 1938 avrebbe condotto Praga
verso sei lunghi anni d’occupazione nazista. (EM-FP)