LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO LA RAGIONE Attraverso la coscienza infelice, dunque, la coscienza stessa diviene consapevole di essere tutta la realtà: il punto più significativo della modernità coincide con questa scoperta, per cui la coscienza, nel vano sforzo di aspirare a Dio, trapassa dialetticamente nel suo opposto rendendosi conto che lei stessa è l’Universale, il soggetto assoluto. La Ragione è pertanto, secondo Hegel, “la certezza di essere ogni realtà”. La certezza, tuttavia, è qualcosa di immediato, di intuitivo, di per sé evidente, che però deve diventare verità, ossia qualcosa di appreso e giustificato filosoficamente, tramite il pensiero, la fatica del concetto. Questa giustificazione, ovviamente, non può avvenire tramite un metodo astratto che sia anteriore rispetto ai contenuti filosofici (la certezza in Cartesio era rappresentata dal cogito, giustificazione del metodo, ma la verità della matematica e del mondo esterno era frutto di Dio, garante supremo e tale discorso doveva essere filosoficamente dedotto e dimostrato tramite le prove della sua esistenza): essa avviene in fieri, nel senso che la coscienza giunge a sapere di essere ragione solo ripercorrendo la storia dello Spirito nel suo farsi concreto, nella ricostruzione della dinamicità del suo sviluppo (ed è quindi consapevolezza autentica, vissuta). La coscienza deve sperimentare il suo farsi realtà e noi ripercorrere le tappe di quella storia spirituale. La dialettica, quindi, è il metodo interno ai contenuti filosofici, proprio in quanto ci mostra come e perché la coscienza umana, attraverso il travaglio del negativo e il suo eterno superamento, giunga a sapersi in quanto spirito e verità (che non è però qualcosa di fisso, di statico, pura sostanza, ma divenire perenne che avviene attraverso un logos, come avrebbe sostenuto Eraclito, che appunto è la dialettica). Nel suo inquieto cercare, la coscienza si rivolge all’inizio al mondo della natura: è questa la fase del naturalismo rinascimentale e della rivoluzione scientifica, dove la coscienza crede di cercare l’essenza delle cose, mentre in realtà cerca solo se stessa (sebbene non lo sappia ancora). Ecco dunque l’osservazione della natura e la scoperta delle leggi e del metodo sperimentale. Ad un certo punto, tuttavia, la ragione si rende conto che la realtà naturale non è altro da essa e che questa unità realtà/ragione deve essere non solo compresa astrattamente con le leggi scientifiche, ma realizzata consapevolmente comprendendo che l’umanità è lo stesso artefice del mondo. Questo farsi dell’uomo soggetto primario che plasma la storia conduce al godimento della realtà e a non sentirsi mai paghi delle proprie conquiste (il Faust di Goethe ne è l’esempio più pieno), oppure al tentativo di moralizzare il mondo, imponendo un astratto dover essere che rimane peraltro estraneo alle cose (come accade con Robespierre). In tale contesto la ragione si fa legislatrice, cercando di far apparire come universale solo ciò che è in realtà il suo interesse particolare, individuale. Quando l’individuo si rende conto di questo sostanziale inganno, e cioè di far parte di una comunità, di un popolo, si passa d una superiore realtà etica: lo Spirito. 1 LO SPIRITO Fino ad ora ci siamo occupati, nella nostra analisi, della Ragione: in essa la coscienza ha capito che il mondo non è più fuori di sé, ma non è stata in grado di giungere alla conciliazione con l’altro da sé, con le sue negazioni, perché essa si presentava come qualcosa di assolutamente astratto, avulso dalla coscienza dei popoli e dalle istituzioni storiche concrete. La ragione si evolve dunque a Spirito, realizzandosi nello spirito di un popolo, incarnandosi appunto nelle istituzioni concrete della sua civiltà. Per questo Hegel sosterrà, in seguito, che in una determinata epoca non può che esserci una determinata cultura e una certa filosofia: lo Spirito è il manifestarsi dell’Assoluto che si oggettiva nella storia, nelle istituzioni della comunità umana. In questa sezione egli sviluppa una storia ideale dell’umanità, dall’antichità fino alla sua epoca. Nella polis greca l’individuo è assorbito interamente nella dimensione collettiva: non c’è una morale e una vita privata estranea alla coscienza comune della polis (si pensi a Socrate). Il difetto di quest’epoca consiste nel fatto che non si è ancora sviluppata una soggettività autonoma dal contesto oggettivo della polis, dove ad essere centrale è un ethos socialmente condiviso. La soggettività e l’individualità si affermano nell’ambito della modernità: essa afferma la propria libertà assoluta con la Rivoluzione francese, sganciando il soggetto dalle catene dell’Ancien regime. Peraltro, tra la sostanzialità (legame inscindibile con la polis) e la soggettività manca la sintesi: la Rivoluzione francese non ha dato alla libertà un carattere positivo, ma si è mostrata in forma negativa, distruttiva, con il Terrore. Quindi, è compito dell’epoca presente costruire una società guidata da una spiritualità libera e consapevole, perfettamente conciliata con il mondo, cosa che né l’illuminismo né il romanticismo sono stati in grado di produrre. LA RELIGIONE Nella religione si giunge finalmente all’Assoluto, superando quella scissione tra la coscienza e l’altro da sé: con la differenza che la dimensione dell’Assoluto non viene più guadagnata attraverso il travaglio della soggettività, ma esso stesso si manifesta nel suo puro contenuto, nella sua essenza: “l’essenza assoluta in sé e per sé, l’autocoscienza dello spirito.” Tale contenuto era già presente fin dall’inizio, in ogni tappa della storia della coscienza, ma adesso esso giunge alla coscienza di sé. Tuttavia, nella religione questo sapere ha ancora la forma di rappresentazione da parte dell’io: lo Spirito si sa, si conosce attraverso forme rappresentative, mitico - narrative. Permane così uno scarto tra il divino e l’umano, tra Dio e il mondo. Nell’ambito della religione naturale, quella dell’Oriente, dell’Africa e dell’Egitto, il divino viene rappresentato e si incarna in figure enigmatiche e mute (fenomeni della natura, animali, obelischi), che mancano di soggettività: l’uomo non è ancora presente. Esso compare nella religione artistica, in Grecia, dove la soggettività entra a pieno titolo a costituire l’essenza della religione: nel linguaggio dell’oracolo, delle statue, del teatro e della poesia. Paradossalmente, questo porta ad un indebolimento della divinità, perché gli Dei risultano condizionati dalle passioni degli uomini, per cui alla fine si scopre che il divino è stato forgiato dallo stesso soggetto cosciente. 2 Soltanto nella religione rivelata, il cristianesimo, lo Spirito si incarna diventando realmente esistente: Dio si fa uomo nella figura di Cristo. In questa religione, che Hegel chiama non a caso ‘assoluta’, lo Spirito determina se stesso divenendo altro da sé, sia nella vita della Trinità, sia nella creazione del mondo, sia infine nel sacrificio che porta a redimersi dal male e dal peccato. L’espressione “Dio è morto”, che Hegel riprende da Lutero, esprime il dolore dello spirito che si estranea da sé per riconciliarsi con se stesso (nella resurrezione). Tuttavia, anche nella religione rivelata permane una certa lontananza dello Spirito dalla sua essenza: la redenzione dall’estraneità e la piena riconciliazione tra divino e umano è avvenuta nel passato, con la crocefissione e resurrezione, ma la comunità è proiettata nel futuro, ad attendere la parusìa, cioè la seconda venuta del redentore. Il presente non è ancora compiutamente riconciliato. IL SAPERE ASSOLUTO Tale riconciliazione e la riappropriazione da parte dello Spirito della sua essenza avviene solo con il sapere assoluto, con il concetto, ossia con la filosofia. In questa figura, lo Spirito ha come suo unico contenuto lo spirito stesso come storia e soggetto e oggetto, infinito e finito si identificano: esso non si sa più nella forma esterna della rappresentazione, ma nella sua essenza più piena. Lo Spirito, qui, non è tanto fuori dalla storia, ma afferra se stesso come verità nel tempo, identità di sapere ed essere, spirito e storia. Il traguardo finale della Fenomenologia è l’interiorizzazione e insieme la rammemorazione della sua storia da parte dello spirito: esso, per giungere a sapere sé nella sua essenza, ha dovuto percorre tutte le tappe precedenti della civiltà umana. Questa storia è ora compresa concettualmente con uno sguardo retrospettivo da parte dell’Assoluto. Va fatto notare che Hegel dedica all’ultima sezione dell’opera, quella appunto del sapere assoluto, una parte piuttosto breve: per quale motivo? Perché è soltanto nel sistema, rispetto al quale quest’opera doveva essere una sorta di introduzione (nel senso che abbiamo chiarito altrove, cioè nelle precedenti lezioni) che egli esporrà compiutamente il giungere dello Spirito alla sua autocoscienza nella forma del concetto. Resta il fatto, indubbio, che la Fenomenologia dello spirito è l’opera hegeliana che più aiuta a immedesimarsi con la sua idea di fondo della realtà come spirito e come storia: essa mette a fuoco l’anima segreta di tutto il sistema hegeliano, l’inquietudine del divenire. 3