277 Attualità Recenti Prog Med 2010; 101: 277-282 Farmacogenomica e chemioterapia: attuali conoscenze Ida Paris1, Gian Carlo Antonini Cappellini2, Paola Malaguti1, Maria Bassanelli1, Paolo Marchetti1 Riassunto. Numerose varianti polimorfiche di geni deputati al metabolismo ed all’azione di farmaci antiblastici sono coinvolte nella tossicità ai chemioterapici. Alcuni chemioterapici sono utilizzati in oncologia in differenti schedule associative per la terapia di diversi istotipi tumorali; tra di essi quello di comune uso per la terapia delle neoplasie gastro-intestinali, testa/collo e mammella è il fluorouracile (5-FU) che viene somministrato in setting adiuvante e metastatico. La capecitabina è un profarmaco, che dopo somministrazione orale, si trasforma in fluorouracile. Il cisplatino invece è utilizzato nella terapia delle neoplasie polmonari, genito-urinarie maschili e femminili, nel melanoma, nelle neoplasie occulte e nei mesoteliomi. I taxani (paclitaxel, docetaxel) sono usati nei tumori polmonari, della mammella, genito-urinari, nei sarcomi e nei tumori testa/collo. L’identificazione delle varianti polimorfiche dei geni coinvolti nel metabolismo e nel meccanismo d’azione degli antiblastici può essere importante nella scelta terapeutica per il singolo paziente sia per evitare tossicità intollerabili sia per la predizione della risposta al trattamento chemioterapico. Summary. Pharmacogenomics and chemotherapy. Genetic factors could alter drug metabolism and activity and could predict drug toxicity and/or efficacy. Several chemotherapy agents are administered in different schedules for the treatment of different cancer histotypes. The most used drug in the treatment of gastro-intestinal, head and neck and breast neoplasms is the 5-fluorouracil (5-FU). Capecitabine is a prodrug of 5-FU. Cisplatin based chemotherapy is administered in the treatment of lung, genitourinary tract, head and neck, occult neoplasms, mesothelioma and melanoma. Taxanes are used in lung, breast, head and neck, genitourinary tract neoplasms and sarcomas. Determination of polymorphisms in metabolizing enzymes before the administration of chemotherapy could offer new strategies for optimizing the treatment of individual patients. Parole chiave. Diidropirimidina deidrogenasi, espressione di ERCC1 nei tumori polmonari, MTHFR, polimorfismi della timidilato sintasi, tossicità da 5-fluorouracile, tossicità da irinotecan taxani e molecole transporter, UGT1A1. Key words. 5-fluorouracil toxicity, dihydropyrimidine dehydrogenase, ERCC1 expression in non small cell lung cancer, irinotecan toxicity, MTHFR, taxanes and drug transporters, thymidylate synthase gene polymorphisms, UGT1A1. Farmacogenomica zionali omogenei, ma in alcune regioni i danni ed i costi dovuti ad effetti collaterali indesiderati sono significativi. La farmacogenetica, cioè lo studio delle variabilità genetiche che influiscono sulla risposta ai farmaci, può mettere in evidenza le differenze genetiche degli enzimi coinvolti nel metabolismo di molti farmaci prevedendo in parte la loro potenziale tossicità e/o efficacia. Quindi la conoscenza del loro metabolismo e delle differenze geniche dei componenti che lo regolano rappresentano il primo passo verso un ideale trattamento farmacologico individuale. Storicamente la prima osservazione farmacogenetica risale al 1950 quando fu descritto, in alcuni soggetti, un differente effetto miorilassante di dosi simili di cloruro di suxametonio, con lento recupero del tono muscolare dopo chirurgia, dovuto a variazione genetica dell’enzima acetiltransferasi che produceva un più lento catabolismo del farmaco3. La variabilità individuale nelle risposte ai farmaci è dovuta a molteplici fattori che possiamo distinguere in: fisiologici: età, sesso, peso corporeo, condizione fisica; patologici: malattie, livello di funzionalità epatica o renale; ambientali: dieta, alcool, tabacco, altri farmaci; genetici: polimorfismi genici. Il problema delle reazioni avverse ai farmaci, pur essendo di grande entità, è spesso sottovalutato: si calcola che in Europa queste producano il 7 % di tutti i ricoveri ospedalieri, mentre negli Stati Uniti causano circa 106.000 morti e 2,2 milioni di eventi dannosi/anno. Il costo totale annuale per la comunità dei danni dovuti agli eventi avversi a farmaci, è stimato pari al costo totale di tutti i trattamenti farmacologici in atto nello stesso anno1,2. In Italia non esistono dati na1UOC Oncologia Medica, Ospedale Sant’Andrea, II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Sapienza Università di Roma; Medica, IDI IRCCS, Roma. Pervenuto il 15 marzo 2010. 2Oncologia Recenti Progressi in Medicina, 101 (7-8), luglio-agosto 2010 Particolare significato si deve attribuire alla tossicità/efficacia dei chemioterapici, i quali restano spesso l’unica alternativa nel trattamento delle malattie neoplastiche. Lo scopo ultimo della ricerca antitumorale è lo sviluppo di una chemioterapia che sia in grado di colpire specificamente le cellule neoplastiche e non quelle sane. Le acquisizioni scientifiche dell’ultimo decennio hanno aperto la strada a modi nuovi di affrontare questa malattia e lo sviluppo di agenti citostatici che siano in grado di bloccare selettivamente processi biochimici del ciclo cellulare caratteristici soltanto delle cellule tumorali rappresenterà probabilmente la sfida per il futuro; tuttavia i farmaci citotossici non selettivi rimarranno anche per l’immediato futuro largamente utilizzati in chemioterapia. Al momento non esistono marcatori attendibili e facili da valutare per predire la tossicità e l’efficacia dei trattamenti farmacologici delle malattie neoplastiche. La farmacogenetica relativa ai farmaci chemioterapici offre oggi la possibilità di conoscere i polimorfismi funzionali di enzimi coinvolti nel metabolismo delle sostanze più usate in chemioterapia o in combinazione con la radioterapia e rappresenta un mezzo attendibile e sempre più facile da usare per limitare gli effetti tossici e predire l’efficacia di uno schema terapeutico prima dell’inizio del trattamento stesso. Abitualmente ancora oggi i chemioterapici sono dosati in base alla superficie corporea del paziente che correla con il volume ematico circolante e con la filtrazione glomerulare, ma non con la loro farmacocinetica. In pratica i pazienti neoplastici sono ancora trattati con un approccio “trial-and-error”: si effettua in genere il trattamento ed in caso di tossicità si effettua una riduzione standard del dosaggio. In breve, nonostante il genoma umano mostri una elevata omologia tra individui della stessa specie (99 %), piccole variazioni sono presenti ed in molti casi possono determinare una variazione funzionale significativa delle specifiche sostanze codificate4. Le varianti alleliche, presenti in >1% della popolazione sono dovute a sostituzioni di singole basi, inserzioni e delezioni, ed a variazioni nel numero di “tandem repeats“ che sono la ripetizione di n volte di una coppia di basi in un tratto di DNA. La variante più comune è rappresentata dai Single Nucleotide Polimorphisms (SNPs), polimorfismi a nucleotidi singoli. Si calcola che esista una sostituzione di una singola base ogni 1000 basi nell’intero genoma umano; essi sono circa 10 milioni di cui più di 6 milioni sono già stati identificati. Ogni gene ha circa 5-10 SNPs dei quali 1% può avere significato biologico perché questo è presente in regioni codificanti o regolatrici (gene promoters) del gene: viene indicato come polimorfismo funzionale4. Oggi è possibile conoscere i polimorfismi funzionali di enzimi coinvolti nel metabolismo delle sostanze maggiormente usate in chemioterapia o in combinazione con la radioterapia. 5-fluorouracile e capecitabina: metabolismo, varianti polimorfiche e tossicità Tra i farmaci maggiormente utilizzati in oncologia ci sono gli analoghi delle diidropirimidine: 5fluorouracile (5-FU) e capecitabina (neoplasie gastrointestinali, mammella, testa-collo) e l’irinotecan (neoplasie del colon-retto). Il meccanismo d´azione principale del 5-FU5 (figura 1) è generalmente attribuito al legame del suo metabolita 5FdUMP all’enzima timidilato sintasi (TS), che viene così bloccato con arresto della sintesi di timidina e quindi della replicazione del DNA. L’esposizione a 5-FU determina sia un blocco precoce in fase S per inibizione della sintesi di DNA, sia un’impossibilità a completare la fase G1 delle cellule per inibizione della sintesi proteica. Il 5-FU può essere incorporato nel DNA sotto forma di FdUTP inducendo alterazioni della stabilità del DNA e sua frammentazione. Il catabolismo del 5-FU avviene in tutti i tessuti, ma principalmente nel fegato ad opera dell´enzima diidropirimidina deidrogenasi (DPD). Il prodotto principale dell’eliminazione metabolica è il diidro-5-FU. Il metabolismo epatico del 5-FU (figura 2), che rappresenta la principale via di eliminazione del farmaco (circa 80% della dose), è in larga misura responsabile dell´emivita molto breve di questo antimetabolita nel sangue (circa 10 min)6. Uri din 278 ilasi for f- os 5-FU Uridina chinasi Fosforibosiltransferasi 5-FU FUMP Timidina fosforilasi 5-FUDP 5-FUdR Timidina chinasi 5-FdUMP Figura 1. Vie metaboliche di attivazione del 5-FU 5-FU (15-20%) (80%) Eliminazione urinaria Catabolismo epatico Diidro-5-FU CO2, urea, F-β alanina Figura 2. Via di eliminazione del 5-FU 5-FUTP I. Paris et al.: Farmacogenomica e chemioterapia: attuali conoscenze Nonostante il ruolo predominante del fegato nel catabolismo del 5-FU, l’ubiquitarietà dell’enzima responsabile della formazione di diidro-5-FU spiega perché la presenza di diminuita funzione epatica non comporti di necessità la riduzione della dose del farmaco. La tossicità indotta dal 5-FU copre un ampio spettro di manifestazioni cliniche, anche se la leucopenia, la piastrinopenia e l’anemia sono gli effetti tossici che più frequentemente comportano una riduzione della dose. Il nadir dei leucociti interviene tra il 7° e il 14° giorno della somministrazione7. Le manifestazioni tossiche più comuni, tuttavia, sono a livello gastroenterico con comparsa di nausea, vomito, anoressia, stomatite e diarrea. Il 5-FU induce inoltre tossicità dermatologica con possibilità di alopecia, dermatite e iperpigmentazione cutanea. La secrezione lacrimale del farmaco spiega la comparsa di congiuntivite ed ectropion sino alla possibile, ma rara, stenosi postinfiammatoria dei dotti lacrimali nei pazienti trattati cronicamente. Fra le tossicità rare è opportuno ricordare che la somministrazione di 5-FU induce occasionalmente dolore precordiale. Infine, la facilità d’accesso del 5-FU nel SNC è stata messa in relazione al fatto che nel 2% circa dei pazienti è possibile osservare la comparsa di segni neurotossici acuti come sonnolenza, atassia e disfunzioni piramidali7. La capecitabina (N-[1-(5-deossi-beta-D-ribofuranosil)-5-fluoro-1,2-diidro-2-osso-4-pirimidinil]-npentilcarbamato) è una fluoropirimidina orale che è stata sviluppata con l´obiettivo di ridurre le tossicità del 5-FU e di aumentarne la selettività antitumorale attraverso l’impiego di un profarmaco che viene attivato preferenzialmente nella sede tumorale. Dopo somministrazione orale, la capecitabina viene assorbita immodificata dalla mucosa intestinale e convertita enzimaticamente a 5-deossi-5-fluorocitidina (5’-DFCR) a opera della carbossilesterasi epatica. A sua volta la 5’DFCR viene convertita in 5-deossi-5-fluoridina (5’DFUR) da parte della citidina deaminasi, enzima presente sia a livello epatico sia nel tessuto tumorale. All’interno del tumore si ha poi la trasformazione metabolica finale della 5’-DFUR in 5-FU per intervento della timidina fosforilasi (o pirimidina nucleoside fosforilasi), enzima significativamente più attivo nella sede tumorale che nel tessuto sano adiacente. La capecitabina non presenta attività citotossica intrinseca e diviene attiva solo dopo conversione metabolica in 5-FU6 . La concentrazione plasmatica del profarmaco e dei suoi metaboliti raggiunge il picco entro 90-120 minuti dall´assunzione. Successivamente le concentrazioni diminuiscono con un´emivita variabile tra 0,6 e 1 ora. La biodisponibilità del farmaco è quasi del 100%, con circa 70% della dose somministrata ritrovata nelle urine sotto forma di metaboliti inattivi. La concentrazione farmacologica nel tempo (AUC) del 5-FU, il più importante metabolita della capecitabina, aumenta in modo dose-dipendente. Studi di farmacocinetica nell´uomo hanno mostrato come la somministrazione continua di capecitabina determini livelli plasmatici di 5’-DFUR 20 volte superiori a quelli ottenibili con 5-FU somministrato in modo continuo e 12 volte superiori a quelli raggiunti in caso di somministrazione intermittente. Alterazioni lievi-moderate della funzionalità epatica non alterano in maniera clinicamente significativa i livelli plasmatici del composto primitivo e dei suoi metaboliti 5’DFUR e 5-FU. Per i pazienti con insufficienza renale importante, creatinina clearance inferiore a 30 mL/min, la capecitabina è controindicata. La capecitabina è generalmente ben tollerata: la maggior parte degli effetti collaterali è di grado lieve-moderato (grado 1 o 2 scala NCI-CTC), con tossicità di grado 3 o 4 nel 3% dei pazienti2-6. Le tossicità dose-limitanti della capecitabina sono la tossicità gastrointestinale e quella cutanea; il quadro della sindrome mani-piedi è riportato in circa il 50% dei casi trattati e si manifesta come grado 3 nel 10-15% dei casi. La tossicità gastrointestinale con vomito e stomatite, generalmente di lieve entità, è riportata in meno del 20% dei soggetti. Diarrea si è osservata in circa il 40-45% dei casi, di grado 3 o 4 nel 10% dei soggetti. La tossicità midollare è occasionale: neutropenia di grado 3 o 4 è riportata nel 3% dei casi; meno frequenti sono anemia o piastrinopenia di grado 3 o 49,10. La comprensione del meccanismo d’azione e del pathway catabolico del 5-FU rappresenta lo step fondamentale per sviluppare nuove strategie di trattamento. Poiché il 70-80% del 5-FU somministrato è degradato in vivo dalla diidropirimidina deidrogenasi (DPD), la rilevazione dell’attività della DPD stessa è un fondamentale indicatore delle capacità dell’individuo di degradare il farmaco. Numerosi studi svolti su pazienti neoplastici hanno documentato sia un deficit completo della DPD con tossicità grave e inattesa da 5-FU, trasmesso come carattere autosomico recessivo, sia la parziale attività della DPD con sviluppo di tossicità di vario grado dopo l’infusione del 5-FU. Recentemente è stato scoperto che il gene codificante per la DPD (il gene DPYD) è altamente polimorfico: sono state infatti identificate numerose varianti alleliche, la cui frequenza può variare significativamente in base al gruppo etnico considerato. In particolare, esistono varianti che producono una proteina in forma troncata, con attività enzimatica notevolmente ridotta11. Tuttavia, tali varianti sono relativamente poco frequenti, e quindi scarsamente correlabili con i frequenti episodi di tossicità da 5-FU (tabella 1 a pagina seguente). Molto più predittivi di tossicità e più frequenti sono i polimorfismi nella regione promoter del gene TYMS che codifica per la timidilato sintasi (TS). Tale enzima regola la sintesi de novo del DNA, è il bersaglio della 5-fluorodesossiuridina monofosfato, il metabolita attivo del 5- fluorouracile, ed il suo livello di espressione rappresenta il determinante molecolare più importante dell’efficacia clinica di questo farmaco. Vari polimorfismi del promotore di TS influenzano l’efficienza di trascrizione del gene e conseguentemente i livelli di espressione di mRNA e proteina TS. 279 280 Recenti Progressi in Medicina, 101 (7-8), luglio-agosto 2010 Tabella 1. Varianti del gene DPYD si associano a rischio di tossicità severa di 7 volte superiore (± 60%). Pazienti (non selez.) Tossicità globale G3/4 DPYD e tossicità G3/4 DPYD e rischio di tossicità G3/4 Morel11 n = 487 9% 60% 7 volte Schwab13 n = 683 16% 50% 3 volte Studio aumento della concentrazione e stabilità del complesso formato da 5-FU e 5,10-metileneTHF con un blocco della sintesi del DNA ed un’aumentata sensibilità al farmaco e della sua citotossicità15. Ed è stato dimostrato che il genotipo TS ha un Irinotecan: metabolismo, varianti polimorfiche e tossicità ruolo predittivo dei livelli di espressione del suo prodotto nel tessuto tumorale e conseguentemente della risposta al trattamento con fluoropirimiPolimorfismi di geni potenziali nel determinismo dine. Il primo di questi polimorfismi, situato a lidi un alto rischio di tossicità sono stati studiati anvello della regione enhancer del promotore del geche per l’irinotecan. L’irinotecan è un farmaco inne TS (locus cromosomico 18p11.32), è rappresentrodotto nei primi anni ’90 nella terapia di diverse tato dalla variazione nel numero di ripetizioni di neoplasie, ma attualmente è utilizzato principaluna sequenza di 28 paia di basi. Pazienti omozimente nel trattamento dei tumori colo-rettali. È un goti per la variante caratterizzata da 3 sequenze analogo semisintetico dell’alcaloide citotossico camripetute TSER*3 (TSER*3/*3) tendono ad avere ptotecina, ottenuto dalla pianta orientale Camptotheca acuminata. Inibisce la topoisomerasi I, deteruna minore probabilità di risposta al trattamento minando rotture nella doppia elica di DNA con apopcon 5-fluorouracile rispetto a pazienti omozigoti tosi. L’irinotecan è un profarmaco che viene converper la variante con 2 sequenze ripetute TSER*2 tito nel suo metabolita attivo SN38 da enzimi chia(TSER*2/*2) o eterozigoti (TSER*2/*3)12,13. Inolmati carbossilesterasi. Lo SN38 viene inattivato in tre, i pazienti omozigoti TSER*3/*3 risultano aveforma di glicuronide a livello epatico (SN38G) dalla re, in seguito al trattamento con 5-FU, un benefiuridinadifosfatoglucuronosyltransferasi (UGT) 1A1 cio inferiore in termini di sopravvivenza rispetto a e 1A9 e così viene escreto a livello biliare. I geni pazienti portatori dell’allele TSER*2. Questi dati UGT fanno parte di una superfamiglia enzimatica mostrano che il polimorfismo a livello del promomicrosomiale e sono localizzati nel reticolo endoplatore per il gene TS può influenzare sia la risposta smico degli epatociti, determinano l’aggiunta covadel tumore al trattamento chemioterapico basato lente di acido glicuronico con una facilitazione delsu 5-FU, sia la sopravvivenza14. Il secondo è, inl’escrezione biliare. L’enzima principalmente revece, un polimorfismo a singolo nucleotide rapsponsabile della glicuronazione è l’UGT1A1 che prepresentato dalla transizione G C a livello del dosenta più di 30 varianti genetiche. Tali varianti sodicesimo nucleotide della seconda sequenza ripeno caratterizzate da un numero variabile di ripetituta nell’allele TSER*3 che può abolire l’aumento zioni di una coppia di basi (TA), localizzate nella zodell’efficienza trascrizionale indotto da questa vana prossimale del promotore. Minore è il numero di riante. È stato inoltre descritto un terzo polimorripetizioni maggiore è l’attività trascrizionale del gefismo rappresentato dalla delezione di 6 paia di ne. Una bassa attività dell’enzima è stata evidenbasi a partire dal nucleotide 1494 della 3’UTR che ziata nella sindrome di Gilbert, in cui sono stati viè associato ad instabilità e a diminuiti livelli di ste 7 ripetizioni di TA; tale isoforma è classificata mRNA del gene TS a livello tumorale, la cui rilecome UGT1A1*28. La frequenza di tali ripetizioni vanza clinica deve ancora essere confermata (tanella popolazione varia con la etnia: nei caucasici la bella 2). frequenza dell’omozigosi per il UGT1A1*28 è del Metilenetetraidrofolato-reduttasi (MTHFR): 10%, mentre l’eterozigosi è del 40%16. Numerosi stuquesto enzima catalizza la conversione del 5,10-metilenetetraidrofolato in 5-metilTHF necessario neldi hanno evidenziato la correlazione tra genotipo la sintesi del DNA e nel mantenimento del pool dei UGT1A1*28 e tossicità da irinotecan, come neutronucleotidi. È necessario per la metilazione della penia G3-4 e diarrea17-20 . Uno studio pubblicato nel omocisteina in metionina: infatti la sua ridotta at2004 ha dimostrato come in caso di omozigosi TA 7/7 tività è associata ad accumulo di omocisteina circoci sia un rischio aumentato di circa 9,3 volte di neulante. Inoltre, è importante per il mantenimento di tropenia G421. Un precedente studio di fase I ha diun corretto pattern di metilazione del DNA (l’ipomostrato una correlazione inversa tra glucuronidametilazione del DNA può condurre ad attivazione di zione dell’SN38 e diarrea22. proto-oncogeni). Il polimorfismo 677C>T determina una ridotta funzione della redutTabella 2. Il polimorfismo 2R/2R conferisce un incrementato rischio di eventi avversi di 1,4 (22%). tasi. La diminuzione della funzionalità della MTHFR Studio Pazienti Tossicità TYMS TYMS e rischio causa un aumento della con(non selez.) globale G3/4 e tossicità G3/4 di tossicità G3/4 centrazione di 5,10-methyleSchwab13 n = 683 16% 22% 1,4 volte neTHF e di conseguenza un I. Paris et al.: Farmacogenomica e chemioterapia: attuali conoscenze Valutando tutti gli studi pubblicati, si evidenzia che il 50% dei pazienti con varianti polimorfiche dell’UGT1 presenta tossicità grave. Per tale motivo, negli USA, la FDA ha approvato nell’agosto del 2005 il test molecolare per genotipizzare UGT prima di iniziare uno schema di trattamento con irinotecan. Cisplatino e polimorfismi di ERCC1 Il cisplatino è il farmaco utilizzato nel trattamento dei tumori polmonari: sia come adiuvante sia nella malattia metastatica. Numerosi studi pubblicati hanno evidenziato come alcune varianti polimorfiche di determinati geni possono essere associate ad una prognosi peggiore con riduzione della sopravvivenza, nonostante un corretto trattamento. Una recente metanalisi23 ha dimostrato come il beneficio della chemioterapia adiuvante in termini di sopravvivenza a 5 anni sia solo del 4,2%. Anche se il beneficio che deriva dal trattamento varia con lo stadio di malattia ed è significativo solo in pazienti totalmente resecati allo stadio II e III di malattia, trattati con chemioterapia a base di cisplatino. Tuttavia, non essendo ancora chiaro quale sia la tipologia di pazienti nei quali è vantaggioso usare il cisplatino come adiuvante, ad oggi numerosi pazienti ricevono un trattamento molto tossico con pochi benefici. Molti biomarker sono stati esaminati all’interno di studi clinici allo scopo di trovare fattori predittivi di risposta che possano orientare i clinici sul tipo di chemioterapico da somministrare. L’associazione tra espressione di mRNA di ERCC1 e risposta al trattamento con cisplatino è stata riportata in diversi studi riguardanti le neoplasie del colon-retto, gastriche e polmonari. Il sottostudio biologico dello IALT (IALT Bio24) ha dimostrato che la terapia adiuvante con cisplatino ha prolungato significativamente la sopravvivenza nei pazienti con ERCC1 negativo (HR: 0,65), ma non nei casi ERCC1 positivi (HR: 1,14). Lo studio di Lord et al.25, effettuato su pazienti con stadio avanzato di malattia (stadio IIIB-IV), ha mostrato che una bassa espressione di ERCC1 è associata ad un miglioramento significativo della sopravvivenza (p=0,005) in pazienti trattati con cisplatino e gemcitabina. Un recente lavoro di Cobo et al., condotto su pazienti allo stadio IV di malattia, ha confermato che i livelli di mRNA dell’ERCC1 predicono la risposta al trattamento con cisplatino nei pazienti metastatici26. In un recente studio27 (TAT 2009), la mutazione omozigote del codone T19007C del gene ERCC1, sebbene in un numero ridotto di pazienti, è correlata con la resistenza al trattamento con il cisplatino e con una prognosi sfavorevole, in termini di sopravvivenza libera da progressione (PFS). La mutazione omozigote del codone T19007C del gene ERCC1 può rappresentare quindi un fattore indipendente di PFS in pazienti affetti da tumori polmonari non a piccole cellule, trattati con terapie contenenti il platino. XRCC1 è un altro gene la cui variante polimorfica 194Arg/Trp è associata a risposta al trattamento chemioterapico con cisplatino e potrebbe in futuro essere un marker predittivo di risposta al trattamento nei pazienti in stadio avanzato di malattia28. La variante polimorfica del gene GSTP1 (105Val/105Val) sembra predire una alta risposta al trattamento chemioterapico a base di oxaliplatino con un incremento della sopravvivenza nei pazienti affetti da neoplasia avanzata del colon29. Taxani: chemioresistenza e tossicità La chemioresistenza ai taxani dovuta alla overespressione dei geni ABC-transporter (come l’MDR-1) è un fattore importante di mancata risposta a chemioterapia per incremento della tossicità legata ad una più lunga esposizione al farmaco per bassa escrezione dello stesso (Ross DD, 2010). Difatti, l’overespressione di P-gp1/ABCB1 è associata a prognosi infausta in diversi tipi di neoplasie. Inoltre, l’efficienza catalitica di enzimi come i citocromi p450 (3A4, 3A5, 2C8), che di norma dovrebbe permettere un elevato metabolismo microsomiale epatico dei taxani, in caso di alterazioni polimorfiche può determinarne un incremento plasmatico per mancato metabolismo e quindi un livello di tossicità non accettabile30. Conclusioni Attualmente, la mancata valutazione dei polimorfismi prima di iniziare un trattamento chemioterapico non impedisce il trattamento stesso, ma in considerazione delle sempre maggiori conoscenze e della relativa semplicità di esecuzione, sarebbe importante una valutazione preliminare dei polimorfismi inerenti i geni coinvolti nel metabolismo degli antiblastici, allo scopo di evitare tossicità severe che implicano un trattamento subottimale della malattia a causa della perdita dell’intensità di dose e della successiva riduzione della stessa. Inoltre è importante sottolineare che una tossicità inaccettabile determina non solo una alterazione importante della qualità di vita del paziente, ma anche un incremento dei costi sociali di gestione della tossicità in ambiente ospedaliero. Quindi, quello che potrebbe apparire un costo aggiuntivo nel trattamento chemioterapico si potrebbe tradurre in un guadagno, se consideriamo tutti gli aspetti che possono essere coinvolti. 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