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LA LEZIONE
La legge di Snell
Lo studio sperimentale della rifrazione si può realizzare con materiali facilmente
reperibili: una base in polistirolo, degli spilli, un blocchetto di materiali trasparente
(vetro, plexiglas), un goniometro e della carta millimetrata.
Fig 1 Rifrazione di un raggio di luce attraverso un blocchetto di vetro. L’allineamento di alcuni spilli permette di misurare
l’angolo di incidenza e quello di rifrazione
Gli errori legati alla lettura dell’angolo (o alla misura dei lati che permettono la misura
indiretta dei seni degli angoli di incidenza e di rifrazione) sono di gran lunga superiori
all’errore sistematico che normalmente si compie approssimando la velocità della luce
nell’aria a quella della velocità della luce nel vuoto. In altre parole l’indice di rifrazione
dell’aria è posto uguale a 1 (naria=1,0003) e la legge di Snell si riduce all’espressione
nvetro=sen(i)/ sen(r), dove i e r sono rispettivamente gli angoli di incidenza e rifrazione.
Se si prendono in considerazione due raggi di luce paralleli incidenti sul mezzo
trasparente è facile dimostrare, prendendo in considerazione la figura 2, che la
differenza di cammino CB tra i due raggi di luce paralleli nel mezzo 1 corrisponde a un
intervallo di tempo t1=CB/v1 (con v1 velocità della luce nel mezzo 1), mentre il percorso
maggiore di un tratto AD nel secondo mezzo è associato a un tempo t 2=AD/v2.
Nell’ipotesi che i due raggi di luce paralleli subiscano la stessa rifrazione t 1= t2 e quindi:
CB/v1= AD/v2. Tenendo conto che per la costruzione delle figure: CB=AB sen(i) e
AD=AB sen(r), segue sen(i)/sen(r)=v1/v2 e infine sen(i)/sen(r)=n2/n1.
Fig 2 Confronto dei percorsi di due raggi di luce paralleli nel fenomeno della rifrazione
L’interpretazione fisica della legge di Snell è intuitiva, la velocità della luce nel mezzo
trasparente è inferiore di un fattore n (pari all’indice di rifrazione) a quella della luce nel
vuoto v=c/n. La sua dimostrazione in un ambito più generale, come abbiamo già detto
nella precedente lezione, implica il confronto tra percorsi vicini i cui punti iniziali sono
fissati. Il cammino complessivo l =n1(a2+x2)½+n2[b2+(d-x)2] ½ viene a dipendere allora
dalla componente x di figura 3.
Fig 3 Rifrazione di un raggio di luce
Variando di una quantità infinitesima x tale cammino deve essere verificata la
condizione che il rapporto incrementale [l(x+Dx)- l(x)]/ x ha come limite il valore zero
per x tendente a zero.
L’ottica di materiali con indice di rifrazione negativo
A partire dalla legge di Snell è possibile ricostruire il comportamento di materiali NIM
aventi indice di rifrazione negativi. Nella figura 4 l’immagine confronta il
comportamento dell’acqua ordinaria che spezza la cannuccia nel solito verso, con un
ipotetico liquido con indice di rifrazione n=-1,33.
Fig 4 Rifrazione in un mezzo ipotetico con n=-1,33 e nell’acqua n=1,33
.
La spiegazione è legata al valore negativo del seno dell’angolo di rifrazione che porta a
un angolo di rifrazione negativo orientato in modo simmetrico rispetto ai mezzi con
indice di rifrazione positivo. Come illustrato in figura 5.
Fig.5 Rifrazione negativa
Fig.6 Confronto tra una lente biconvessa con n positivo a sinistra)
e un’altra con n negativo (a destra)
Allora un materiale NIM (negative index materials) lavorato secondo una forma
biconvessa non sarebbe più una lente convergente, ma farebbe divergere i raggi
paralleli all’asse ottico (figura 6). Si potrebbe pensare di utilizzare una forma
biconcava, ma anche in questo caso non si otterrebbe nessun punto focale. Quindi ci si
può chiedere se l’ottica dei mezzi con indice di rifrazione negativi non presenti nessuna
lente capace di proiettare un’immagine su uno schermo. In realtà è sufficiente un NIM
a forma di parallelepipedo per ottenere un’immagine non capovolta e delle stesse
dimensioni dell’oggetto. Con riferimento alla figura 7, consideriamo una sorgente
luminosa molto vicina alla lente NIM, i raggi di luce convergono all’interno del materiale
stesso per formare una prima immagine speculare della sorgente. I raggi di luce
continuando hanno una seconda rifrazione e formano, all’esterno del materiale,
l’immagine a una distanza che dipende dallo spessore del materiale.
Fig 7 Formazione delle immagini nel passaggio di una lente planare con n=-1
Se l’indice di rifrazione è posto uguale a -1, come nella figura precedente, qualsiasi
punto luminoso vicino a quello dato si ritroverà nell’immagine stessa. La risoluzione
della lente planare è priva di aberrazioni ottiche (se ovviamente le dimensioni
dell’oggetto sono piccole rispetto a quelle della lente stessa e non vi sono effetti dovuti
al bordo). Un sistema privo di asse ottico in cui l’indice di rifrazione passa da +1 a -1 e
di nuovo a +1 riproduce allora un’immagine priva di distorsioni, una vera e propria
lente ideale: una superlente capace di intensificare l’immagine di partenza.
Non solo, nell’ipotesi di variare con continuità l’indice di rifrazione negativo sarebbe
possibile costruire una sfera con una cavità tale che i raggi di luce provenienti
dall’esterno fuoriescano dal NIM inalterati seguendo il percorso indicato in figura 8.
Fig 8 Rifrazione di un raggio di luce in un mezzo con indice di rifrazione negativo variabile con continuità
Poiché per un osservatore questo tragitto è equivalente a quello di un raggio rettilineo,
un eventuale oggetto posto nella cavità diverrebbe invisibile, come tutti i punti della
zona all’interno della sfera. Le strane proprietà dei NIM, oggi non sono più solo
curiosità matematiche e i laboratori di ottica in collaborazione con quelli di
nanotecnologie stanno realizzando esempi di antimateria ottica.
I metamateriali
Se si esaminano, al microscopio elettronico, le ali della farfalla Morpho paleides esse
mostrano una struttura bidimensionale di dimensione confrontabile con quella della
lunghezza d’onda della luce. La risposta ottica alla luce delle ali della farfalla dipende
molto dall’angolo di incidenza e si osservano colori cangianti.
Fig 9 Farfalla Morpho e particolare della microfotografia delle sue ali
Un insieme di celle composte da materiali dielettrici diversi (o dielettrici e metalli) in cui
l’indice di rifrazione varia periodicamente, su scale confrontabili con l è chiamato
cristallo fotonico (una struttura per i fotoni equivalente al cristallo per gli elettroni). Il
nome vuole appunto sottolineare che la rifrazione non avviene con tutte le frequenze
della luce, in analogia alle bande proibite delle energie degli elettroni di un
semiconduttore. I cristalli fotonici costituiscono il primo passo verso i futuri circuiti
ottici. Essi promettono guide d’onda microscopiche ad angolo retto e microcavità aventi
la stessa funzione dell’inserimento di atomi (drogaggio) nel reticolo di un
semiconduttore. Il costante miglioramento delle nanotecnologie ha permesso negli
ultimi dieci anni di creare nanostrutture per materiali artificiali chiamati metamateriali.
Essi sono caratterizzati da una risposta ottica (indice di rifrazione), una risposta
elettrica (costante dielettrica) e magnetica (permeabilità magnetica) tutte
contemporaneamente negative. I primi metamateriali sono stati realizzati, tra il 2000 e
il 2001, con celle dell’ordine del millimetro, molto più piccole della lunghezza d’onda
delle microonde (l dell’ordine del centimetro), impiegando fili metallici microscopici e
circuiti risonanti a forma di doppio anello con un taglio (figura 10).
Fig 10 Risonatori microscopici per metamateriali con permeabilità magnetica negativa
Il passaggio all’infrarosso e al visibile ha comportato un notevole salto di scala.
Sulla base di considerazioni teoriche di John Pendry, sono stati allestiti esperimenti in
cui sottili lamine di argento hanno la funzione di superlente per la luce ultravioletta che
illumina un reticolo inciso con un processo litografico. La scritta si forma al di là della
lamina con una definizione migliore della sorgente di partenza (figura 11).
Fig 11 Realizzazione di una superlente nei laboratori di Berkeley
Dal 2006 inoltre molti laboratori di ottica hanno progettato mezzi anisotropi capaci di
introdurre una variazione spaziale della costante dielettrica e di quella magnetica in
modo da influenzare il cammino di particolari radiazioni e rendere invisibili gli oggetti
all’interno di particolari zone dello spazio. Gli oggetti contenuti all’interno del
metamateriale risultano invisibili all’onda elettromagnetica incidente perché i raggi
vengono deviati e poi riemergono all’esterno della cavità come se fossero un
prolungamento della traiettoria originaria. Il problema è ridurre la forte attenuazione
della radiazione rifratta. I mantelli dell’invisibilità hanno la lunghezza di pochi millimetri
e sono efficaci soprattutto per frequenze prossime a qualche miliardo di hertz (GHz).
Ancora ben lontani da quelle mostrate dal ricercatore giapponese che si avvale non solo
delle proprietà del tessuto che lo avvolge, ma anche di riprese televisive e computer.
Solo così per ora si possono proiettare le immagini (al di là della persona) sul mantello
e raggiungere una sorta di trasparenza alla luce.
Fig 12 Mantello dell’invisibilità realizzato tramite una sofisticato sistema di telecamere, proiettori e computer
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