[Numero 26 - Articolo 2. Maggio 2008] La Disfunzione intestinale

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[Numero 26 - Articolo 2. Maggio 2008] La Disfunzione
intestinale indotta dagli oppiacei. Una recente review
Titolo originale: "Opioid-Induced Bowel Dysfunction"
Rivista e Riferimenti di pubblicazione: Journal of Pain and Symptom Management, Vol. 35
No. 1 January 2008
Recensione a cura di: Alberto Andrani
Indirizzo dell'articolo: Visita
Parole chiave: stipsi, antagonisti sistemici oppioidi, Alvimopan, Metilnaltrexone
Introduzione
Gli oppioidi sono comunemente utilizzati per il trattamento del dolore e della dispnea, ma la
loro azione è accompagnata da pesanti effetti collaterali, quali la nausea, i disturbi cognitivi e i
disturbi intestinali. Una tolleranza, di cui è sconosciuta la genesi, si sviluppa rapidamente verso
la maggior parte degli effetti collaterali. Sfortunatamente la tolleranza non si sviluppa verso gli
effetti collaterali a carico dell’intestino, che possono indurre una grande sofferenza nei pazienti
in trattamento con oppioidi e soprattutto nei pazienti in stato avanzato di malattia. I disturbi
intestinali da oppioidi comprendono il ritardo dello svuotamento gastrico con aumentato
reflusso gastroesofageo, ma soprattutto la stipsi. Conseguentemente si ha meteorismo,
tensione addominale, tenesmo e feci dure e secche. Una stipsi severa può portare a dolore da
distensione del lume intestinale, nausea, vomito e dispnea da blocco dell’escursione del
diaframma. Questi sintomi possono essere aggravati dalla presenza di ascite o masse tumorali.
Se trascurata la stipsi può progredire sino all’ostruzione fecale con ritenzione urinaria, delirio e
ileo meccanico completo. Circa il 40% dei pazienti in trattamento cronico con oppioidi per
dolore non neoplastico, accusa disturbi intestinali, ma il problema è nettamente peggiore nei
pazienti neoplastici, il 90% dei quali presenta una disfunzione intestinale. Questa review
analizza le attuali conoscenze sulla fisiologia gastrointestinale, gli effetti degli oppioidi sulla
funzionalità intestinale, l’efficacia ed i limiti dei rimedi attuali per affrontare i disturbi intestinali
indotti dalla terapia cronica con oppioidi. Le terapie migliori, attualmente disponibili, sono di
per sé pesanti e spesso inefficaci; pertanto vengono esaminati, in questo articolo, due farmaci
antagonisti periferici degli oppioidi come Alvimopan e Metilnaltrexone che potrebbero risolvere
i disturbi intestinali indotti dagli oppioidi.
Fisiologia Gastrointestinale
Le normali funzioni intestinali comprendono la secrezione, l’assorbimento, il trasporto e il
deposito. Sebbene l’entità di queste funzioni varino lungo i vari tratti dell’intestino, si possono
considerare comuni in tutto l’organo. La motilità intestinale avviene in due forme principali: la
segmentale e la peristaltica. La contrazione segmentale serve a miscelare il contenuto
intestinale e a esporre la superficie del bolo alimentare alla mucosa intestinale per
l’assorbimento e la secrezione. La peristalsi avviene mediante l’aumento del tono muscolare
intestinale a monte e la diminuzione del tono muscolare a valle, in modo da consentire lo
spostamento del contenuto del lume. Questi eventi sono regolati mediante meccanismi
endocrini, paracrini, neuroendocrini e autocrini. Dal punto di vista anatomico, sotto la sierosa,
la muscolatura liscia del viscere è costituita da uno strato longitudinale esterno e da uno strato
circolare interno. Il controllo da parte del sistema nervoso è garantito da un sistema intrinseco
ed uno estrinseco. Il sistema nervoso enterico intrinseco è costituito dal plesso mioenterico
situato tra i fasci della muscolatura liscia e il plesso sottomucoso, situato subito al di sotto
della mucosa. Il plesso nervoso intrinseco è costituito da milioni di neuroni, sia afferenti che
efferenti e neuroni di interconnessione che utilizzano neurotrasmettitori come l’acetilcolina, la
serotonina, il peptide intestinale vasoattivo e l’ossido nitrico. Il 95% della serotonina
dell’organismo è localizzato nel tratto gastroenterico e molti dei sottotipi di recettori della
serotonina sono stati identificati lì. I recettori per la 5HT1p e la 5HT4 sembrano
particolarmente coinvolti nella regolazione della contrattilità enterica. Il sistema estrinseco è
costituito dal sistema nervoso autonomo. Le fibre parasimpatiche sono fornite dal nervo vago e
dai nervi pelvici, mentre quelle simpatiche derivano dal sistema spinale toracolombare. Le
cellule interstiziali di Cajal (ICC) sono mischiate con i neuroni e le cellule muscolari lisce della
parete intestinale. Le cellule di Cajal sono elettricamente accoppiate mediante giunzioni, e
generano un’attività oscillante ad “onde lente” che viene trasmessa alle cellule muscolari lisce.
Infine, le cellule enterocromaffini rivestono la mucosa. Esse contengono serotonina che può
essere rilasciata quando il contenuto del lume viene a contatto con la superficie della mucosa
intestinale. L’integrazione tra tutti questi sistemi regola l’attività di secrezione, assorbimento e
motilità intestinali. L’interruzione di questo complesso meccanismo di comunicazione a livello
delle cellule pacemaker o dei neuroni o delle cellule muscolari o dei trasmettitori può portare a
una disfunzione intestinale.
Interazioni degli oppioidi con il tratto gastroenterico
Come interagiscono gli oppioidi con questo sistema? Gli oppioidi endogeni sono l’endorfine,
l’encefaline, e le dinorfine. Esse agiscono selettivamente sui recettori per gli oppioidi di tipo
mu, delta e kappa . Clinicamente gli oppioidi esogeni, come la morfina, agiscono
prevalentemente sui recettori mu. I recettori mu sono presenti nel sistema nervoso centrale e
periferico, così come nel tratto gastroenterico. Il ruolo degli oppioidi endogeni sulla funzionalità
dell’intestino rimane ampiamente sconosciuta. Si crede che giochino un ruolo sulla regolazione
della motilità intestinale fisiologica. Quando si trattano dei volontari sani, che non assumono
oppioidi, con gli antagonisti degli oppioidi come il naloxone, si osserva una riduzione dei tempi
di transito intestinale. È risaputo che gli agonisti dei recettori mu influenzano il tratto
intestinale in vari modi agendo sia al livello del sistema nervoso centrale ( se somministrati per
via intratecale rallentano la motilità e diminuiscono la secrezione intestinali ) che
perifericamente a livello del tratto gastroenterico. Gli oppioidi rallentano la motilità dell’intero
tratto gastroenterico, dallo stomaco al piccolo e grosso intestino. Ma l’effetto oppioide
predominante sembra essere quello a livello enterico. Studi su diverse specie animali hanno
dimostrato che sotto l’influenza degli oppioidi lo strato longitudinale esterno della muscolatura
liscia si rilassa, mentre lo strato circolare interno aumenta il proprio tono. Si pensa che i
neuroni eccitatori che innervano lo strato muscolare longitudinale, non riescano a rilasciare
l’acetilcolina, determinando così una riduzione del tono muscolare. Le cellule muscolari circolari
sono invece tonicamente attive e sotto il costante controllo dei neuroni inibitori tramite
neurotrasmettitori, quali il VIP e l’ossido nitrico. Gli oppioidi bloccano l’attività inibitoria
determinando un aumento del tono delle cellule muscolari circolari. L’effetto finale consiste in
un aumento della contrazione segmentale e una contestuale diminuzione del movimento
intestinale propulsivo. La conseguenza di questa disfunzione intestinale è un rallentamento del
contenuto intestinale con aumento del riassorbimento passivo che determina la formazione di
feci dure e secche. È inoltre chiaro che gli oppioidi diminuiscono in modo diretto le secrezioni
intestinali. L’effetto inibitore degli oppioidi sulle secrezioni intestinali sembra si esplichi
mediante altri mediatori come la serotonina e la norepinefrina. Questi effetti sulla motilità e la
secrezione gastrointestinali spiegano la stipsi da oppioidi.
Attuali terapie dei disturbi gastroenterici da oppioidi
Nonostante l’importanza clinica dei disturbi gastrointestinali da oppioidi, ci sono pochi studi da
cui estrapolare delle linee guida per l’utilizzo degli attuali farmaci per questi disturbi. Le terapie
attuali si prefiggono l’obiettivo di mantenere un volume fecale adeguato per stimolare il rilascio
di serotonina dalle cellule enterocromaffini e il mantenimento di feci soffici per facilitarne il
movimento e quindi la peristalsi intestinale. Le fibre facenti massa sono dei polimeri organici
che richiamano acqua nelle feci. Vi sono degli studi che supportano l’efficacia delle fibre
nell’incrementare la frequenza dei movimenti intestinali nella stipsi cronica intestinale. È
importante segnalare che l’assunzione delle fibre deve essere accompagnata dall’assunzione di
un adeguato volume di liquidi senza dei quali le fibre potrebbero aggravare la costipazione.
Pertanto nei pazienti in stato avanzato di malattia, in cui vi è spesso un’insufficiente
idratazione, è controindicato l’uso delle fibre. Peraltro in assenza di studi, è universalmente
accettato, su basi empiriche, che le fibre da sole non siano in grado di trattare efficacemente la
stipsi da oppioidi. Gran parte dei medici di medicina generale raccomandano l’assunzione di
sostanze “ammorbidenti” le feci insieme a lassativi stimolanti, nei pazienti in trattamento
cronico con oppiacei. Gli ammorbidenti, come il docusato sodico, sono sostanze detergenti che
permettono un miglior penetrazione di acqua nelle feci che diventano più soffici e più
voluminose. I lassativi stimolanti, come la senna e il bisacodile, aumentano la peristalsi con un
meccanismo non ancora ben conosciuto. In vitro mettendo a contatto della mucosa intestinale
la senna, si determina una contrazione immediata. In pratica, dopo una titolazione ottimale dei
lassativi stimolanti, si aggiungono i lassativi osmotici per facilitare l’evacuazione mediante
l’aumento di acqua nelle feci. Gli agenti osmotici comprendono gli zuccheri come lattulosio e
sorbitolo, i sali di magnesio, come il citrato di magnesio, o sostanze inerti come il glicole
polietilene. In caso di insuccesso, spesso è necessario aggiungere ai farmaci per via orale dei
rimedi rettali come le supposte di bisacodile o enteroclismi di sodio fosfato, per ammorbidire,
lubrificare e rimuovere le feci distali secche e dure. Spesso è necessario associare più rimedi
per ottenere una accettabile evacuazione. Ci sono altri agenti che teoricamente potrebbero
aumentare la peristalsi intestinale nella stipsi da oppioidi, ma che non sono stati validati da
studi clinici che ne permettano l’utilizzo con questa indicazione. La neostigmina, un inibitore
della acetilcolinesterasi che aumenta i livelli di acetilcolina, è stata usata nella sindrome di
Ogilvie, caratterizzata da una acuta pseudostruzione del colon. L’acetilcolina, l’agente
terminale che stimola la contrazione delle cellule muscolari lisce, potrebbe bypassare il blocco
inibitore degli oppioidi, ma determinerebbe bradicardia e aumento delle secrezioni
dell’apparato respiratorio. Il rilascio di serotonina gioca un ruolo chiave sulla motilità
intestinale, pertanto gli agonisti recettoriali selettivi della serotonina potrebbero avere un
ruolo. La cisapride, un agonista della 5HT4, aumenta la motilità gastrica e intestinale, ma non
è più disponibile in clinica per i suoi noti effetti collaterali sul cuore. La metoclopramide, un
antagonista della dopamina che è pure un agonista parziale della 5HT4, aumenta la motilità
gastrica, ma è risaputo avere scarsi effetti sul colon. Il tegaserod ( Zelnorm ) un agonista della
5HT4 che può aumentare la peristalsi, è stato approvato dalla FDA per la stipsi funzionale
cronica e per la stipsi del colon irritabile. Attualmente, però, non è più in commercio in quanto
è stato tolto volontariamente dal mercato per i suoi effetti collaterali. Molti altri agenti si sono
mostrati promettenti per la stipsi cronica funzionale, ma ancora non si conosce il loro ruolo
nella stipsi da oppioidi. Il misoprostol, un derivato sintetico analogo alla prostaglandina E1,
diminuisce significativamente il tempo di transito colico e incrementa il peso delle feci nel lasso
di sette giorni, nei pazienti con stipsi funzionale cronica. Ma uno studio in aperto per un
periodo più lungo, ha rivelato che solo un terzo dei pazienti continuano a rispondere al farmaco
o possono tollerare gli effetti collaterali dose-dipendenti. La colchicina è un altro farmaco che
ha fornito qualche speranza in un piccolo studio controllato nella stipsi funzionale. Diminuisce il
tempo di transito colico e aumenta la frequenza dei movimenti intestinali per un periodo di 4
settimane. Il lubiprostone ( Amitiza ) è un attivatore selettivo dei canali del cloro (CIC-2). Si è
pensato che agisca in modo da aumentare le secrezioni intestinali che determinano un
aumento della frequenza dei movimenti spontanei dell’intestino. È stato approvato dalla FDA
per i disturbi intestinali cronici, basandosi su due studi in fase III, sebbene non risultino studi
pubblicati sulle riviste scientifiche. La senna e il bisacodile sono profarmaci che vengono
attivati nel tratto gastroenterico. La senna è trasformato nella forma attiva dall’azione dei
batteri del colon. Il bisacodile è attivato dagli enzimi presenti nell’intestino tenue. Entrambi
possono procurare crampi addominali dolorosi. L’uso cronico della senna porta a melanosi del
colon, considerata da alcuni come uno stato precanceroso. In più l’uso cronico della senna
determina un danno del plesso nervoso intestinale. Sebbene studi a lungo termine sui ratti non
hanno portato prove di evidenza di questi effetti, non sono stati definitivamente esclusi
nell’uomo. Gli agenti osmotici a base di zuccheri agiscono perché nell’uomo non si possono
rompere i legami tra i disaccaridi; però i batteri colici possono idrolizzare questi legami e
metabolizzare i monosaccaridi che si formano con produzione di gas che determina un
fastidioso meteorismo. I rimedi rettali possono essere fastidiosi e imbarazzanti sia per i
pazienti che per gli assistenti e possono indurre incontinenza. A volte tutti i rimedi disponibili
sono inefficaci e la stipsi rimane.
Antagonisti per la stipsi indotta dagli oppioidi
Idealmente sarebbe desiderabile risolvere la stipsi da oppioidi senza interferire centralmente
con l’effetto antalgico. Antagonisti sistemici degli Oppioidi come il naloxone, sono stati studiati
in molti trials clinici. Il naloxone ha una biodisponibilità scarsa a causa del rapido metabolismo
epatico durante il suo primo passaggio. L’ipotesi prevista era che il naloxone orale potesse
raggiungere alte concentrazioni intestinali, antagonizzando la stipsi da oppioidi, senza
raggiungere livelli sistemici che potessero indurre crisi d’astinenza e ridurre l’azione antalgica
centrale. Sebbene gli studi mostrino chiaramente che la stipsi possa essere contrastata, questo
effetto è spesso associato ad una percentuale inaccettabile di sintomi da astinenza e di
incremento del dolore. Liu e Wittbrodt hanno notato che i pazienti in trattamento con alti
dosaggi di oppioidi sembrano essere più sensibili all’azione degli antagonisti ed a più alto
rischio di crisi d’astinenza. Per aggirare il problema dei sintomi generali da astinenza, sono
stati sviluppati antagonisti periferici degli oppioidi che sono stati esaminati in studi clinici. Fra
questi due sono quelli più promettenti: Alvimopan e Metilnaltrexone. L’alvimopan è un
antagonista selettivo per i recettori mu. L’attività sui recettori oppioidi centrali e periferici è
stata valutata su topi oppioidi dipendenti. Quando somministrato endovena l’attività sui
recettori periferici dell’intestino è 200 volte più potente di quella sui recettori centrali. La
selettività periferica dipende dalla natura chimica della molecola che non ne permette il
passaggio attraverso la barriera ematoencefalica. La stessa selettività periferica è stata
dimostrata nell’uomo quando l’alvimopan è stato somministrato per via orale. Liu ha
somministrato l’alvimopan per via orale ( 4 mg ) in pazienti dopo l’estrazione del terzo molare
pre-trattati con morfina e.v. ( 0.15 mg/kg ) e controllati con placebo, senza avere segni di
antagonismo a livello centrale come la riduzione dell’analgesia o la costrizione della pupilla.
Non sono riportati studi sull’uomo con alvimopan per via parenterale. È stato dimostrato che
l’alvimopan antagonizza il ritardo del transito intestinale indotto dagli oppioidi. Gonenne ha
trattato dei volontari sia con codeina o placebo per via orale per quattro volte al dì, sia con
alvimopan 12 mg o placebo, per via orale due volte al dì. La misurazione della motilità ha
dimostrato che la codeina ritarda il riempimento gastrico così come il transito del piccolo e del
grosso intestino. L’alvimopan ha contrastato il rallentamento del transito intestinale ma non il
rallentamento del riempimento gastrico. L’efficacia dell’alvimopan sulla stipsi da oppioidi è
stata valutata in uno studio in doppio cieco, randomizzato e controllato verso placebo con 168
pazienti in trattamento cronico con oppioidi sia per dolore cronico che per malattia da
dipendenza. I pazienti erano in trattamento con morfina orale con 10 mg o più al giorno da
almeno un mese. I pazienti presentavano una stipsi caratterizzata da “3 o meno di 3
evacuazioni per settimana “ associata ad almeno uno dei seguenti sintomi: feci dure,
sensazione di ostruzione rettale, sforzo alla defecazione, sensazione di evacuazione
incompleta. I 49 giorni dello studio erano ripartiti in 14 giorni di valutazione basale, 21 giorni
di trattamento, e 14 giorni di valutazione post-trattamento. I pazienti erano randomizzati ad
uno dei tre seguenti bracci: placebo, alvimopan 0,5 mg/dì per via orale, alvimopan 1 mg/dì per
via orale. Ai pazienti era permesso continuare la terapia iniziale per la stipsi, ma non era
permesso utilizzare lassativi o clisteri al bisogno. Tra tutti i pazienti il consumo medio di
morfina orale giornaliera era di circa 100 mg con un range da 10 a 1500 mg al giorno. L’outcome primario era costituito dalla proporzione di pazienti con almeno una evacuazione entro
otto ore dalla somministrazione del farmaco dello studio in ciascun dei 21 giorni di
trattamento, facendo la media tra tutti i pazienti. Durante il periodo di valutazione iniziale, la
frequenza media delle evacuazioni era circa 4 alla settimana in ciascun braccio, in contrasto
con i criteri di inclusione che prevedevano 3 o meno di 3 evacuazioni alla settimana. Sicché i
pazienti non presentavano una stipsi tale da poter essere inclusi nello studio. Entrambi i
dosaggi di alvimopan hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo del outcome primario. La quota di pazienti che avevano raggiunto l’obiettivo primario – una
evacuazione entro le 8 ore di assunzione del farmaco – aveva avuto un miglioramento del 29%
per il placebo, il 43% per alvimopan a 0,5 mg, il 54% per alvimopan a 1 mg. L’end-point
secondario, quale l’intervallo e la frequenza di risposta alla prima dose del farmaco dello studio
è stato raggiunto. La risposta entro le otto ore, nel gruppo placebo, è stata del 27%,
comparata col 57% dell’alvimopan a 0,5 mg e il 74% dell’alvimopan a 1 mg. Il tempo medio di
risposta alla prima dose del farmaco è stato di 21 ore, 7 ore e 3 ore, rispettivamente per
placebo, alvimopan 05 mg, alvimopan 1 mg. Solo il dosaggio più alto di alvimopan era
statisticamente e significativamente più veloce del placebo. Anche il numero di evacuazioni per
settimana era raggiunto. Il dosaggio più alto di alvimopan ha mostrato un incremento
significativo di frequenza di evacuazioni durante il periodo di trattamento, rispetto al placebo,
mentre il dosaggio più basso non mostrava differenze col placebo. Da notare che non c’è stata
nessuna diminuzione della concomitante terapia con lassativi durante la fase di trattamento. In
termini di tollerabilità, lo studio ha dimostrato che non c’è stato nessuna segnalazione di
aumento del dolore, secondo le aspettative, a conferma che il farmaco non passa la barriera
ematoencefalica in quantità clinicamente significativa. Con l’aumento del dosaggio, sono stati
riportati alcuni comuni effetti collaterali: crampi addominali, flatulenza, nausea, vomito,
diarrea. Nel gruppo alvimopan 1 mg, 11% ( sei pazienti ) hanno abbandonato lo studio a causa
di questi effetti collaterali, comparati col 3% del gruppo alvimopan 0,5 mg e il 2% del gruppo
placebo. I crampi intestinali e la flatulenza possono essere considerati come fisiologicamente
legati all’evacuazione, soprattutto quando è presente stipsi. Ma i crampi, la nausea, il vomito e
la diarrea, se presenti in modo severo, possono essere considerati come i sintomi di una crisi di
astinenza dei recettori periferici presenti nel tratto gastroenterico, come visto negli studi sul
naloxone. Il metilnaltrexone è un antagonista selettivo del recettore mu, si lega inoltre al
recttore kappa, ma non sembra legarsi al recettore delta. Ha un’emivita di circa 2,5-3 ore. La
sua selettività per i recettori periferici è stata dimostrata per la prima volta sugli animali.
Nell’uomo il metilnaltrexone alla dose di 0.3 mg/kg per via e.v. non antagonizza la depressione
centrale indotta dalla morfina (0.125mg/kg). Il metilnaltrexone ( e.v., per via sottocutanea, od
orale) ha dimostrato di antagonizzare il ritardato transito intestinale da morfina, misurato con
il breath-test con il lattulosio idrogenato. Negli studi sono state usate due formulazioni orali di
metilnaltrexone: un tipo gastroprotetta per impedire l’assorbimento gastrico, l’altra priva di
protezione. La forma gastroprotetta, 19,2 mg/kg di metilnaltrexone, potrebbe completamente
contrastare il ritardo del transito intestinale indotto da 0.05 mg/kg di morfina e ad un dosaggio
di 6.2 mg/kg, non solo annulla il ritardo dello svuotamento indotto dagli oppioidi, ma
addirittura diminuisce il tempo di transito iniziale. Probabilmente, la forma gastroprotetta,
riducendo l’assorbimento gastrico, permette concentrazioni più elevate nel lume intestinale. Il
metilnaltrexone non protetto, infatti, raggiunge, nel siero, livelli ematici sufficienti a
contrastare gli altri effetti collaterali della morfina, come la nausea e il prurito cutaneo, che si
pensa siano mediati da altri recettori periferici, fuori dal tratto gastroenterico. L’efficacia del
metilnaltrexone di contrastare la stipsi da oppioidi, è stata valutata da due piccoli studi (uno
utilizzando la via orale e l’altro la via e.v.). Lo studio con il farmaco per via orale era in cieco
semplice ed è stato condotto per due anni. Sono stati arruolati dodici pazienti in trattamento
cronico con metadone che presentavano una stipsi da oppioidi valutata come inferiore alle due
evacuazione alla settimana. La dose media di metadone era di 73.3mg/dì. Nel primo giorno
gruppi di 4 pazienti ricevevano del placebo mentre al secondo giorno i gruppi ricevevano uno
dei tre dosaggi di metilnaltrexone orale: 0.3, 1, 3 mg/dì. È stato raggiunto l’obiettivo di far
evacuare e il tempo di evacuazione. Nessuno dei 12 ha avuto un’evacuazione col placebo. Al
dosaggio di 0.3 mg/kg, tre dei quattro pazienti hanno evacuato dopo un tempio medio di 18
ore dall’assunzione del farmaco. Alla dose di 1 e 3 mg/kg, tutti i soggetti hanno evacuato dopo
un tempio medio di 12.3 e 5.2 ore, rispettivamente, dall’assunzione del farmaco. Gli autori
hanno riportato che molti pazienti hanno riferito crampi intestinali molto lievi, simili a quelli
della defecazione. Non ci sono stati sintomi sistemici di astinenza e nessun effetto collaterale.
Il metilnatrexone e.v. è stato studiato in un trial in doppio cieco, controllato contro placebo, su
22 utilizzatori cronici di metadone. I partecipanti sono stati trattati con una dose media di
metadone di circa 62mg/dì, per almeno un mese. Tutti i soggetti presentavano una stipsi da
oppioidi inferiore a due evacuazioni/settimana nella precedente settimana. Per due giorni
prima e per tutto il periodo dello studio non sono stati somministrati lassativi. I partecipanti
sono stati randomizzati per ricevere, in due distinte occasioni, o placebo o una dose scalare di
metilnaltrexone e.v. Ai pazienti veniva somministrata una serie di infusioni, sino ad un
massimo di 4, a distanza di un minuto l’una dall’altra, sino ad ottenere un’evacuazione o la
comparsa di effetti collaterali. I dosaggi dell’infusione erano calcolati, a salire, in modo da
somministrare 0.015, 0.05, 0.1 e 0.2 mg/kg. Nessun paziente che aveva ricevuto l’infusione
col placebo ha evacuato in nessuna delle due sessioni. Dieci su 11 dei pazienti a cui era stato
infuso il metilnaltrexone, hanno avuto una immediata evacuazione nella prima sessione,
mentre nella seconda l’hanno avuta 11 su 11. Per evacuazione immediata si intendeva una
evacuazione avuta durante o entro un minuto dalla fine dell’infusione. La dose media
dimostratasi efficace per indurre un’evacuazione era circa 0.1 mg/kg. Gli autori riferiscono che
i soggetti dello studio hanno avuto “ crampi addominali lievi o moderati simili a quelli di una
defecazione senza problemi.” Un solo paziente ha presentato diarrea. Non ci sono stati segni
sistemici di astinenza. Anche questo studio era piccolo e pertanto non si possono tratte
conclusioni definitive sulla sicurezza. Bisogna notare che, in uno studio pilota che ha preceduto
questo trial, un paziente in trattamento cronico con metadone, a cui era stato somministrato
e.v. una forte dose di metilnaltrexone – 0.45mg/kg – ha avuto crampi addominali molto così
forti, da essere escluso dallo studio.
Rilevanza per la Medicina Generale
La stipsi da oppioidi è un rilevante problema per i pazienti in trattamento cronico con questi
farmaci, sia che siano assunti per alleviare il dolore cronico non neoplastico, sia che siano
assunti per controllare il dolore e/o la dispnea nei pazienti con malattia tumorale, soprattutto
nelle fasi terminali della vita. È un effetto collaterale così costante che vi è la raccomandazione
stringente di somministrare dei lassativi contestualmente all’utilizzo di farmaci a base di
morfina, quando si deve iniziare una terapia antalgica che si prevede cronica. I farmaci che
abbiamo a disposizione non sono tuttavia sempre efficaci e possono a loro volta procurare
effetti collaterali che creano ulteriore sofferenza per il malato. È quindi naturale la continua la
ricerca di nuovi farmaci che possano risolvere o quanto meno controllare la stipsi da oppioidi.
Commento del revisore
In questa review, vengono passati in rassegna tutti i farmaci attualmente disponibili per il
trattamento della stipsi da oppioidi, focalizzando l’attenzione su una nuova categoria di
farmaci, gli antagonisti oppioidi periferici, di cui due molecole l’alvimopan e il metilnaltrexone
sono in fase avanzata di sperimentazione. Per l’alvimopan la FDA è in attesa della conclusione
degli studi di fase III per fugare i dubbi, sorti in precedenza, su eventuali effetti collaterali
cardiovascolari. Il metilnatrexone è stato invece approvato dal FDA con il nome di Relistor
(iniettabile s.c.), con l’indicazione per la stipsi indotta da oppioidi e recentemente anche
dall’EMEA, per cui è prossima la registrazione nel prontuario italiano.
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