Dipartimento Chirurgico - Ravenna
U.O. Urologia Aziendale
Il tumore vescicale
superficiale
"non muscolo invasivo" (NMI)
Informazioni utili
Dipartimento Chirurgico - Ravenna
U.O. Urologia Aziendale
Il tumore vescicale
superficiale
"non muscolo invasivo" (NMI)
Informazioni utili
Il presente opuscolo è stato realizzato a cura dell’U.O. di Urologia
Aziendale del Dipartimento Chirurgico - Ravenna, dell’Azienda
USL della Romagna.
Direttore U.O.
Dott. Salvatore Voce
Si ringrazia per la collaborazione alla stesura:
CPSI Monica Zanzani
CPSE Emanuela Pasi
AZIENDA USL DELLA ROMAGNA
U.O. AFFARI GENERALI E SEGRETERIA - RAVENNA
Composizione ed impaginazione: Claura Campanini
Stampa: a cura del Centro Stampa di Ravenna
Ravenna: stampa aprile 2015
4
INDICE
l
Premessa
pag. 6
l
Il tumore della vescica
Vescica - brevi cenni anatomici
pag. 7
l
Manifestazioni cliniche
pag. 8
l
Definizione e classificazione
anatomo/patologica
pag. 9
l
Epidemiologia e fattori di rischio
pag. 12
l
Evoluzione
- Stadiazione clinica ed anatomo/patologica
pag. 13
pag. 15
pag. 17
l
Sintomatologia
pag. 19
l
Diagnosi
pag. 19
pag. 19
pag. 20
pag. 21
pag. 22
pag. 24
- Gruppi prognostici
- Ecografia
- Citologia urinaria
- Markers cellulari
- Uretrocistoscopia
- Uro-Tac
l
Terapia chirurgica e medica
- TURBT
- Immunoterapia intravescicale
- Chemioterapia intravescicale
5
pag. 25
pag. 25
pag. 27
pag. 29
Premessa
La realizzazione di questo opuscolo informativo nasce con
l'intenzione di semplificare l'interpretazione di metodiche e
comportamenti utilizzati nella diagnosi e la cura di una patologia
molto frequente che colpisce uomini e donne: il tumore vescicale
superficiale o meglio definito come "non muscolo invasivo".
Vedremo di seguito cosa è utile sapere su questo argomento, come
si manifestano i principali sintomi, i segnali di allarme e
l'atteggiamento che all'interno della nostra unità operativa si utilizza
per la diagnosi, il trattamento e la sorveglianza di questo tipo di
neoplasia vescicale.
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Il tumore della vescica
Vescica - brevi cenni anatomici
Cosa è utile sapere
La vescica è l'organo deputato a raccogliere le urine prodotte dai reni.
La parete della vescica è costituita da 4 strati: mucosa, sottomucosa,
muscolare e sierosa.
Il tumore vescicale è una malattia abbastanza comune che prende origine
dall'epitelio della mucosa: urotelio (strato più interno della parete) e può
essere:
1 superficiale o non muscolo invasivo,
2 infiltrante (invade la parete muscolare e/o sierosa).
La tendenza al sanguinamento urinario caratterizza ogni sua forma.
Il tipo più frequente di tumore vescicale è il carcinoma uroteliale (in
inglese UCC: Urotelial Cell Carcinoma) chiamato così perché origina
dall'epitelio dell'organo, chiamato Urotelio.
Cause
E’ ormai accertato che alcuni fattori di rischio predispongono a UCC:
l
il fumo di sigaretta, rappresenta il fattore più importante. I cancerogeni
contenuti nel fumo penetrano nel sangue e vengono eliminati con le
urine, prima di essere espulsi agiscono per diverse ore sulle pareti
della vescica;
7
l
lavoratori esposti alle ammine contenute in vernici e coloranti di anilina,
possono promuovere la cancerogenesi vescicale;
l
la pregressa radioterapia sulla pelvi, per esempio per curare i tumori
prostatici, dell'endometrio e ovarici, può predisporre lo sviluppo di
carcinomi della vescica;
l
predisposizione genetica.
Manifestazioni cliniche
L'ematuria (presenza di sangue nelle urine) è il sintomo tipico del tumore
vescicale. Anche solo un episodio sporadico deve sempre essere
approfondito. Molto spesso l'ematuria da papilloma non si accompagna
ad altri sintomi, pertanto viene definita "a ciel sereno".
Se invece il papilloma cresce sul pavimento della vescica può indurre
frequenza urinaria, urgenza minzionale, nicturia. Tumori uroteliali sorti
sul collo vescicale possono causare anche un quadro ostruttivo, mentre
l'infiltrazione degli sbocchi ureterali può causare un dolore al fianco/tipo
colica renale.
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Definizione e classificazione
anotomo/patologica
Si definiscono tumori vescicali non muscolo invasivi (NMI) tutti i
processi neoplastici dell’Urotelio che si sviluppano all’interno della parete
vescicale ma che non arrivano ad interessare lo strato muscolare del
detrusore.
La linea di confine del coinvolgimento dello strato muscolare ha un
importante significato prognostico nella storia naturale della malattia,
costituendo un essenziale elemento di giudizio sulle proprietà aggressive
del processo neoplastico.
All'interno di questa definizione si comprendono diversi tipi di neoplasia.
Macroscopicamente ed endoscopicamente, possiamo distinguere forme
papillari e forme non papillari.
Le forme papillari possono avere una crescita verso l'interno della parete
(papilloma invertito) o essere vegetanti (esofitici).
Le forme non papillari assumono un aspetto a placca e sono da
considerarsi sempre forme più aggressive. Fra queste forme l'unica che
si considera benigna è quella del papilloma invertito.
Per quanto riguarda il grado di differenziazione cellulare oggi si distinguono
forme a basso grado (LG) e ad alto grado (HG) di malignità.
Le forme a basso grado presentano alterazioni esclusivamente citologiche,
basso rischio di progressione ed hanno la tendenza a recidivare.
Nelle forme Non Muscolo Invasive si distinguono i carcinomi confinati
alla mucosa (Ta) e quelli coinvolgenti la lamina propria (TI). Esistono
poi i carcinomi uroteliali non vegetanti, di alto grado, che vengono indicati
9
come CIS (carcinoma in situ), questi sono particolarmente a rischio per
la difficile diagnosi e la forte tendenza alla progressione, sono spesso
multifocali e possono coinvolgere simultaneamente le alte vie escretrici
e l'uretra prostatica.
Dal punto di vista istologico possiamo distinguere:
l
Iperplasia uroteliale
Ovvero l'aumento degli strati cellulari dell'urotelio con significato
reattivo-irritativo senza rapporti con i processi tumorali.
l
Papilloma uroteliale
Rara neoformazione benigna a forma di sottili ramificazioni detto
anche papilloma invertito che non si riproduce dopo l'asportazione.
l
Carcinoma uroteliale papillare non infiltrante di basso grado
Neoplasia con scarse atipie cellulari e quindi a basso grado di malignità,
limitata allo strato cellulare superficiale e che pertanto non può essersi
già disseminata con metastasi in altri organi. Tuttavia può ricomparire
(recidiva) nel tempo, ma solo raramente progredisce a carcinoma
infiltrante.
l
Carcinoma uroteliale papillare non infiltrante di alto grado
Neoplasia con evidenti atipie cellulari e quindi potenzialmente maligna,
ma che essendo ancora limitata allo strato superficiale non può essersi
già disseminata con metastasi in altri organi. Tuttavia può ricomparire
(recidiva) nel tempo e può progredire a carcinoma infiltrante,
specialmente se si associa a carcinoma uroteliale in situ.
10
l
Carcinoma uroteliale papillare infiltrante
Infiltrante significa che il carcinoma, in genere ad alto grado, ha
guadagnato gli strati sottostanti il rivestimento uroteliale, e quindi ha
acquisito il potenziale di diffusione metastatica agli altri organi.
Si distinguono diversi livelli di infiltrazione che comportano prognosi
e provvedimenti terapeutici diversi:
- infiltrante gli assi stromali o la mucosa/sottomucosa, ancora non
muscolo invasivo e quindi superficiale, significa che il tumore si è
esteso limitatamente allo strato più superficiale della parete
vescicale, ha bassa aggressività, una buona prognosi e viene
trattato con provvedimenti conservativi;
- infiltrante la tonaca muscolare propria (muscolo invasivo) significa
che il tumore si è esteso allo strato più profondo della parete
vescicale, è decisamente più aggressivo, con prognosi peggiore e
richiede provvedimenti terapeutici adeguati per prevenire l'ulteriore
diffusione.
l
Carcinoma uroteliale in situ
È un precursore del carcinoma infiltrante; consiste nella proliferazione
di cellule dell'urotelio molto atipiche che, sebbene ancora limitata al
rivestimento superficiale e quindi non infiltrante, ha una conosciuta
propensione per progredire a carcinoma infiltrante, con cui può essere
associato.
l
Displasia uroteliale
E' una proliferazione pre-neoplastica di cellule atipiche che può
progredire e/o essere associata a: carcinoma uroteliale in situ.
11
Epidemiologia e fattori di rischio
Il tumore vescicale è la neoplasia maligna più comune del tratto urinario
(è il 7° tumore più comune nell'uomo e il 17° nella donna). In Europa
il tasso di incidenza standardizzato per età è del 27 per 100.000 negli
uomini e del 6 per 100.000 per le donne. Considerando i dati dei
Registri Tumori Italiani (AIRT) si evidenzia che in media ogni anno
vengono individuati 70,7 casi di tumore della vescica ogni 100.000
uomini e 16,3 casi ogni 100.000 donne.
Il tumore della vescica è molto frequente nei Paesi occidentali, numerosi
sono i fattori di rischio, conosciuti o solo potenziali, che intervengono
nel suo determinismo.
Tra questi il fumo di sigaretta e l'esposizione professionale sono
sicuramente i più importanti.
Si stima che il rischio di un tumore della vescica nei fumatori sia di 2-6
volte superiore rispetto ai non fumatori, e che al fumo di sigaretta sia
attribuibile il 66% dei tumori vescicali nei maschi e il 30% nelle femmine.
Il rischio aumenta in maniera direttamente proporzionale alla durata
dell'abitudine al fumo di sigaretta e al numero di sigarette consumate
12
quotidianamente, mentre diventa approssimativamente simile a quello
dei non fumatori dopo 15 anni dalla cessazione dell'abitudine.
In maniera simile è ampiamente documentata la stretta relazione tra
esposizione a cancerogeni occupazionali e tumori della vescica.
Le esposizioni occupazionali più a rischio sono quelle dovute alle ammine
aromatiche, in particolare alla 2 naftilammina, benzidina, 4 amminodifenile,
4 nitrobifenile. Si stima che ai cancerogeni professionali sia attribuibile il
25% di tutti i tumori della vescica.
Le attività ritenute a rischio cancerogeno per la vescica sono quelle
relative alle lavorazioni della gomma, alcune lavorazioni dell'industria
chimica, tessile, metallurgica, degli autotrasporti, dell'edilizia.
E' stata riscontrata anche una associazione con attività di verniciatori,
parrucchieri e lavanderie a secco.
Va detto che alcuni soggetti tuttavia sviluppano questo tumore in assenza
di fattori di rischio sopra indicati.
Tali pazienti presentano probabilmente una predisposizione genetica,
oppure un'esposizione misconosciuta ad un cancerogeno ambientale.
Evoluzione
Il tumore vescicale origina come una lesione sulla parete vescicale, di
aspetto papillare o più raramente appiattito o ulcerato.
Nel 75-80% dei casi la malattia al suo esordio non coinvolge la tunica
muscolare. Spesso si presenta multifocale per la tendenza all'esfoliazione
delle cellule tumorali che vanno ad impiantarsi in altre aree vescicali
13
creando nuove lesioni papillari. Con il tempo nel 20-40% dei casi la
neoformazione può progredire infiltrando prima la lamina propria poi lo
strato muscolare e, infine, il rivestimento esterno alla vescica ed i tessuti
extravescicali.
Una lesione di profondità limitata alla lamina propria presenta una ridotta
pericolosità: può essere resecata endoscopicamente ma ha la possibilità
di recidivare.
Quando arriva a coinvolgere lo strato muscolare aumenta radicalmente
la sua pericolosità in quanto acquista la possibilità di metastatizzare; i
pazienti con neoplasia muscolo invasiva hanno un alto rischio di mortalità
cancro specifica.
L'infiltrazione della tonaca muscolare può richiedere pertanto la rimozione
chirurgica dell'organo ossia la cistectomia.
L'invasione linfatica coinvolge in genere i linfonodi iliaci interni, otturatori,
iliaci esterni e comuni, presacrali e poi retro peritoneali.
Le metastasi a distanza possono coinvolgere potenzialmente tutti i visceri,
ma più frequentemente si localizzano a livello osseo, polmonare, epatico,
peritoneale e intestinale.
L'invasione locale della malattia può interessare i meati ureterali causando
ostacolo al deflusso urinario e conseguente stasi a monte nella via
escretrice superiore con idroureteronefrosi che può compromettere la
funzione di uno o di entrambi i reni, può infiltrare la prostata o l'utero,
l'uretra e il peritoneo.
La lesione primitiva vescicale è spesso fonte di sanguinamento che si
manifesta clinicamente con ematuria che può essere lieve e transitoria
ma può assumere caratteri di acuzie fino all'anemizzazione.
14
Gruppi prognostici
I pazienti con neoplasia superficiale sono suddivisibili in gruppi di rischio
(basso, intermedio ed alto rischio) sulla base di fattori prognostici.
La suddivisione in gruppi di rischio non prevede comunque distinzione
fra rischio di ricorrenza e rischio di progressione.
Anche se i fattori prognostici possono indicare un alto rischio di recidiva,
il rischio di progressione potrebbe essere basso, mentre altri tumori
potrebbero avere un elevato rischio sia di recidiva che di progressione.
Il sistema di punteggio è basato su sei significativi fattori clinici e patologici:
l
numero di neoplasie (singola o multifocale)
l
dimensioni della neoplasia
l
tasso di recidiva
l
categoria T
l
presenza di CIS concomitante
l
grado del tumore
A basso rischio = G1-Ta, GI-TI singolo
Pazienti con tumore Ta, unifocale, di basso grado, hanno minor rischio di
recidiva o progressione per cui non risulta necessaria la terapia adiuvante.
Recenti studi, inoltre, suggeriscono che se la prima cistoscopia di controllo
dopo l'intervento è negativa, la successiva può essere effettuata dopo 9
mesi fino ad eseguire gli ulteriori controlli cistoscopici annualmente.
Pazienti con recidiva di stadio e grado simile possono, invece, beneficiare
di chemioterapia endovescicale.
15
A rischio intermedio = GI-TI-multiplo, G2-Ta, G2-TI-singolo
Pazienti con tumori Ta multifocale, di basso grado, hanno un rischio
intermedio di recidiva o progressione, soprattutto in presenza di atipie o
displasie. Pazienti con frequenti recidive Ta, di basso grado, necessitano
di resezione chirurgica ad ogni recidiva; tutto ciò ha un impatto sulla
qualità della vita del paziente stesso, considerate anche le ripetute
cistoscopie. Tali pazienti devono essere, dopo la resezione, sottoposti a
ciclo di terapia endovescicale: in Europa il trattamento usuale è
rappresentato dalla chemioterapia citotossica, mentre negli USA viene
solitamente utilizzato il BCG.
A rischio elevato = G2-TI- multiplo, G3-TI, cis
Pazienti con tumori papillari di alto grado e/o carcinoma in situ (cis),
hanno un rischio di recidiva di circa l'80% e percentuali di progressione
pari a circa il 40-70%. Quando l'esame istopatologico di un tumore
resecato mostra una patologia TIG3 e/o Cis è necessario iniziare una
terapia adiuvante mediante instillazioni con BCG. Una recidiva o
persistenza di malattia dopo ciclo di bcg, indica per il paziente un'alta
probabilità di progressione, anche se circa un terzo di tali pazienti risponde,
poi, ad un secondo ciclo di terapia con BCG. Esistono due diverse correnti
di pensiero, una rappresentata da quegli urologi che raccomandano ai
pazienti che non rispondono al primo ciclo di BCG di effettuare la
cistectomia radicale, l'altra, invece, costituita da urologi che ritengono
giusto ritardare la chirurgia radicale, consigliando un secondo ciclo di
BCG. Il ritardo nell'eseguire la cistectomia radicale, però, richiede un
attento e serrato monitoraggio del paziente, in considerazione del fatto
che, non di rado, il tumore diventa invasivo e metastatico.
16
Stadiazione clinica ed anatomo/patologica
Attualmente viene accettata la classificazione del 2002 TNM (Tumor,
Node, Metastasis) ovvero la classificazione in base al tumore ai linfonodi
e alle metastasi.
T tumore:
T0
Non segni di tumore primitivo
TX
il tumore primitivo non può essere definito
Ta
carcinoma superficiale non invasivo
Tis
carcinoma in situ "tumore piatto"
T1
tumore che invade il tessuto connettivo sottoepiteliale
T2
tumore che invade la parete muscolare
T2a
tumore che invade superficialmente la parete muscolare (metà
interna)
T2b tumore che invade profondamente la parete muscolare (metà
esterna)
T3
tumore che invade i tessuti perivescicali
T3a
microscopicamente
T3b macroscopicamente (massa extravescicale)
T4
tumore che invade qualsiasi delle seguenti strutture: prostata, utero,
vagina, parete pelvica, parete addominale
T4a
tumore che invade prostata o utero o vagina
T4b tumore che invade la parete pelvica o addominale
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N linfonodi:
NX
i linfonodi regionali non possono essere valutati
N0
assenza di metastasi ai linfonodi regionali
N1
metastasi di un singolo linfonodo < o - 2 cm
N2
metastasi in un singolo linfonodo > 2 cm o più linfonodi < a 5 cm
N3
metastasi in un linfonodo sup a 5 cm
M metastasi a distanza:
MX metastasi a distanza non valutabili
M0
assenza di metastasi a distanza
M1
metastasi a distanza
18
Sintomatologia
L'ematuria (presenza di sangue nell'urina) è il segno caratteristico del
tumore alla vescica ed anche solo un episodio deve essere indagato.
L'ematuria di origine vescicale in genere riguarda l'intera durata della
minzione e non si accompagna ad altri sintomi.
Se invece il papilloma cresce sul trigono vescicale o sul collo può
presentarsi con pollachiuria, urgenza minzionale, stranguria o sintomi
ostruttivi.
L'infiltrazione degli sbocchi ureterali da parte della neoplasia può causare
idronefrosi e colica renale. L'esame obiettivo non permette di ottenere
informazioni utili ai fini di una diagnosi o stadiazione.
Diagnosi
Ecografia
Qualora ci si dovesse imbattere in un sospetto di neoplasia vescicale, il
primo esame da effettuare è l'ecografia.
A volte il rilievo di papillomi vescicali è incidentale, avviene cioè per
caso durante uno studio ecografico dell'addome richiesto per altri motivi.
Il rilievo incidentale di una irregolarità focale della parete vescicale deve
sempre essere oggetto di valutazione specialistica. L'ecografia permette
inoltre di valutare le alte vie escretrici con l'identificazione di
neoformazioni della pelvi e dei calici renali o mediante la visualizzazione
19
di idronefrosi che potrebbe essere secondaria ad una ostruzione
neoplastica dell'uretere (2%).
Lo studio ecografico deve essere condotto con la vescica piena per
migliorare la sensibilità della metodica.
Risultano tuttavia di difficile individuazione ecografica le lesioni vescicali
inferiori a 5 mm di diametro.
Coaguli vescicali, fibrina, presenza di un terzo lobo prostatico, scarso
riempimento vescicale possono generare immagini sovrapponibili ad un
papilloma vescicale; per tali motivi la sensibilità di questo esame è
strettamente legata all'esperienza dell'operatore.
Citologia urinaria
La citologia urinaria è una indagine semplice e non invasiva che ricerca
cellule tumorali nelle urine. Devono essere raccolte le prime urine del
mattino poiché sono le più ricche di cellule esfoliate dall'epitelio durante
la notte.
I campioni da raccogliere sono 3, da raccogliere in tre giornate
consecutive.
Il patologo osserverà al microscopio il sedimento di tali campioni e fornirà
una risposta in base alla condizioni delle cellule esfoliate uroteliali: risposta
negativa se le cellule esaminate non presentano alterazioni, positiva se
si riscontra la presenza di cellule neoplastiche o dubbia in presenza di
alterazioni della cellula, (spesso di origine infiammatoria) che sono
comunque meritevoli di ulteriori accertamenti.
20
Questa ricerca ha un'alta sensibilità nei tumori di alto grado ma bassa in
quelle di basso grado.
La sensibilità della citologia urinaria nel CIS è alta per la scarsa coesione
cellulare e l'elevata presenza di cellule uroteliali ad elevata anaplasia
nelle urine.
La citologia negativa non esclude tuttavia la presenza di neoplasia
uroteliale.
E' una indagine operatore-dipendente, la valutazione può essere inficiata
da IVU, calcolosi delle vie urinarie o da instillazioni endovescicali con
chemioterapici.
Markers cellulari
Negli ultimi anni, in considerazione della scarsa sensibilità dell'esame
citologico, sono stati sviluppati diversi test con markers cellulari alla
ricerca di metodologie più sensibili per la diagnosi dei carcinomi uroteliali.
Al momento non è stato individuato nessun test sufficientemente
affidabile.
Pertanto nessun markers ad oggi è in grado di sostituire la sorveglianza
posta con la cistoscopia associata alla citologia urinaria.
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Uretrocistoscopia
La cistoscopia consente di vedere grazie all'introduzione di uno strumento,
rigido o flessibile, la superficie interna della vescica.
L'esame consente, qualora ci fosse la necessità, di effettuare prelievi
bioptici.
Viene eseguita in regime ambulatoriale senza anestesia con il solo ausilio
di materiali lubrificanti e blandamente anestetici per ridurre il fastidio
causato dall'introduzione dello strumento attraverso l'uretra.
Con questa metodica si osservano le condizioni della mucosa del basso
tratto urinario ed in particolare la pervietà degli ureteri, l'aspetto della
mucosa in tutti i suoi segmenti (pendula, membranosa, prostatica), in
tutti i suoi quadranti, del trigono vescicale e degli osti uretrali. Importanti
informazioni in corso di esame si ricavano anche osservando la
distensibilità della vescica e la simmetria del viscere. Naturalmente,
laddove venga individuata una lesione neoplastica essa deve essere
descritta nei suoi aspetti morfologici e topografici, le dimensioni e le
eventuali plurifocalità.
La cistoscopia viene utilizzata come strumento diagnostico in caso di
sospetto di papilloma, che nei controlli programmati per la sorveglianza
di eventuali ripetizioni (recidive) della malattia in pazienti
precedentemente sottoposti ad intervento di resezione endoscopica di
neoformazione vescicale.
In presenza di una chiara immagine di proliferazione vescicale individuata
con un esame di imaging, la cistoscopia può essere evitata e si può
procedere direttamente con la resezione endoscopica vescicale in sala
operatoria.
22
Il rischio di recidiva (70%) o di progressione (20%) del carcinoma
vescicale superficiale impone che i pazienti siano sottoposti ad una
sorveglianza stretta e prolungata nel tempo mediante cistoscopia.
23
Uro-Tac
L'uro-tac è una metodica utilizzata per rilevare difetti di riempimento dei
calici, della pelvi e degli ureteri. Può evidenziare dilatazioni (idronefrosi)
quando, nello specifico, una neoformazione dell'uretere ostacola il
deflusso normale dell'urina.
In questo caso il mezzo di contrasto iniettato, mostrerà una interruzione
o limitazione del passaggio di mezzo di contrasto.
Fornisce inoltre informazioni sullo stato del parenchima renale, sul volume
linfonodale e sulle possibili cause neoplastiche in presenza di ematuria,
sia di tipo intrinseco che di tipo estrinseco.
Malgrado i continui progressi tecnologici nella diagnostica per immagini,
essa rimane comunque ancillare all'endoscopia nella diagnostica dei
tumori vescicale NMI.
Il suo utilizzo a differenza di altre metodiche sinora citate permette di
visualizzare le neoplasie ureterali e le eventuali localizzazioni
extravescicali della malattia.
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Terapia chirurgica e medica
TURBT (Trans uretral resection of bladder tumor)
La resezione endoscopica trans-uretrale (TURBT) della neoformazione
vescicale viene effettuata con ansa diatermica ed ha una valenza
diagnostica e terapeutica. Il materiale resecato viene quindi inviato
all'anatomia patologica che fornisce una diagnosi ed una stadiazione
patologica.
Questa procedura viene eseguita in anestesia spinale o generale.
L'urologo asporta con una ansa da resezione la neoformazione vescicale,
compresa una porzione di tessuto della tonaca muscolare.
Questo permette di poter distinguere le forme non muscolo invasive
(superficiali), da quelle muscolo invasive, consentendo così di assegnare
una classe di rischio che consenta di indirizzare il paziente verso una
procedura piuttosto che un'altra.
I carcinomi uroteliali di dimensioni inferiori al centimetro possono essere
asportati "en bloc" includendo anche parte del tessuto muscolare
sottostante.
Tumori di maggiori dimensioni devono essere asportati in frammenti,
inviando separatamente la base di impianto della neoformazione.
La mancata presenza di fibre muscolari nei frammenti di resezione
rappresenta un elevato rischio di malattia residua e di recidiva precoce.
In questi casi è indicato ricorrere alla re-TURB.
Nelle malattie infiltranti la muscolare, è necessaria una terapia più
radicale.
25
Il gold standard terapeutico comprende la cistectomia radicale, ovvero
l'asportazione di vescica, prostata, vescicole seminali nell'uomo e di
vescica, utero tube e ovaie nella donna. Nello stesso intervento si
asportano i pacchetti linfonodali iliaco-otturatori, e si provvede alla
derivazione urinaria.
Rimossa la vescica è necessario ripristinare la sua funzione, ovvero
convogliare fuori dall'organismo le urine prodotte dai reni.
Esistono molteplici possibilità di derivazione urinaria, le più utilizzate sono:
l
ureterocutaneostomia: che prevede l'abboccamento degli ureteri
alla cute (in un unico sito o in due siti separati) che comporta la
sostituzione dei tutori una volta al mese e la manutenzione dei presidi
di raccolta delle urine quotidianamente;
l
condotto ileale secondo Bricker: in questo caso gli ureteri sono
abboccati ad un segmento intestinale (ileo) separato dal resto
dell'intestino e abboccato alla cute. Non ci sono tutori da sostituire e
l'urina potrà essere raccolta come avviene per l'intervento sopra
descritto, cioè attraverso un sacchetto adeso alla cute che non impone
manutenzioni troppo difficoltose;
l
neovescica ortotopica: significa isolare un'ansa intestinale dal
restante tubo gastroenterico, riconfigurarla in modo da creare un
serbatoio e riposizionarla al posto della vescica e ricollegandola agli
ureteri e all'uretra. In questo modo si mantiene la minzione per via
naturale, l'immagine corporea e una certa indipendenza dalla "gestione
sanitaria".
26
Tuttavia, rispetto alla vescica naturale, la neovescica ha 4 inconvenienti
da non sottovalutare:
- non è innervata, quindi non avverte il paziente quando è piena e
non si contrae spontaneamente, il che implica una adeguata
conoscenza di manovre atte allo svuotamento che vanno
dall'introduzione di cateteri usa e getta a intervalli regolari, alla
messa in opera di azioni e comportamenti da parte del paziente al
fine di ottenere un uso corretto della nuova vescica;
- produce muco in quanto la sua superficie è costituita da intestino,
visto che di esso faceva parte. Per consentire al muco di uscire
insieme alle urine questo va tenuto fluidificato con apposite
soluzioni mucolitiche;
- riassorbe urina (dato che si tratta di epitelio intestinale) quindi,
soprattutto i primi tempi, è necessario monitorare il ph delle urine
e l'equilibrio idrosalino del paziente;
- se la neovescica non viene correttamente gestita può dar luogo a
scompensi tali da determinare la riduzione della funzionalità renale
con problematiche anche gravi per il paziente.
Immunoterapia intravescicale
Nonostante l'efficacia della TURB nella eradicazione dei tumori non
muscolo-invasivi della vescica (Ta, TI) è comune la ricorrenza neoplastica
e la progressione verso forme più aggressive. Dopo aver effettuato un
intervento endoscopico per neoplasia superficiale può essere necessaria
27
la instillazione endovescicale di prodotti ad azione immunostimolante
locale, ad esempio con BCG (Bacillo tubercolare inattivo).
L'esatto meccanismo di azione del BCG non è stato identificato. E' noto
che, dopo instillazione endovescicale, il BCG aderisce all'urotelio e stimola
una risposta immunitaria locale e sistemica: i bacilli vengono "internalizzati"
nelle cellule uroteliali esponendo delle glicoproteine di superficie che
servono da antigeni per la risposta immunitaria. Non è comunque chiaro
se l'effetto antitumorale sia dovuto ad una risposta umorale specifica
verso l'antigene tumorale, ad una risposta cellulo-mediata oppure al rilascio
locale di citochine.
Alla luce dei dati disponibili il trattamento ottimale con BCG prevede
un'instillazione alla settimana per sei settimane (ciclo di attacco o
induzione) seguito da un ciclo di periodiche instillazioni, una ogni 3
settimane (ciclo di mantenimento). Il primo controllo endoscopico
generalmente viene effettuato dopo circa 4 mesi dall'inizio della terapia.
Pazienti sottoposti a trattamento con farmaci immunostimolanti
presentano una riduzione delle recidive che vanno dal 69% al 84% rispetto
a coloro che non hanno ricevuto il trattamento.
Una recente meta-analisi ha dimostrato che, oltre alla riduzione delle
recidive, il BCG riduce anche il rischio di progressione adottando uno
schema di mantenimento. Il BCG è superiore ai chemioterapici nel
prevenire le recidive, ma dovrebbe essere impiegato solo nei pazienti
con alto rischio di recidiva (neoplasia di alto grado) e di progressione per
la sua tossicità. Disturbi locali quali pollacchiuria, tenesmo e stranguria,
sono abituali nella maggior parte dei pazienti sottoposti a immunoterapia
(> 90%).
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I disturbi aumentano di intensità con le successive instillazioni per
raggiungere l'acme alla quarta instillazione settimanale. Un terzo dei
pazienti riferisce ematuria macroscopica, mentre fortunatamente i disturbi
sistemici sono meno frequenti; più comunemente viene riferita una
sintomatologia tipo influenzale con febbre, brividi, malessere, mialgie.
La peggiore complicanza secondaria al trattamento con BCG è la sepsi
(BCGite); febbre elevata e persistente, brividi scuotenti, sintomi/segni di
infezione sistemica, ipotensione, shock, rappresentano i segni della
BCGite. La BCGite mette in pericolo la vita del paziente e deve essere
prontamente riconosciuta e trattata.
Chemioterapia intravescicale (con Mitomicin C
con Farmorubicina)
Sulla vescica sono stati sperimentati numerosi farmaci chemioterapici
ma soltanto pochi hanno dimostrato efficacia sul carcinoma uroteliale.
La mitomicina è uno dei chemioterapici più utilizzati nella terapia
endovescicale per la sua efficacia e la scarsa tossicità sistemica; gli
eventuali effetti a livello generale sono caratterizzati da lieve malessere
febbre, sindromi simil-influenzali ma al contrario gli effetti locali sono
abbastanza frequenti, circa il 30%, e sono caratterizzati da disuria,
pollacchiuria, stranguria, nicturia e dolore sovrapubico.
Numerosi studi hanno dimostrato un effetto statisticamente significativo
della terapia adiuvante nel prolungare l'intervallo privo di malattia e nel
ridurre le recidive dal 53% al 47%. Non si è dimostrata alcuna efficacia
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sulla progressione verso una malattia invasiva, sulla metastatizzazione o
sulla sopravvivenza.
La Mitomicina C è indicata nel trattamento dei carcinomi mutifocali,
primitivi o recidivi, e nei carcinomi recidivi di basso grado, pTa in cicli di
terapia con mantenimento. Nei carcinomi G3pTI e CIS è indicata come
seconda linea o quando il trattamento con BCG non è eseguibile. La
percentuale di recidive varia dal 7 al 81%.
Anche la Farmorubicina (epirubicina) è un farmaco utilizzato nel
trattamento delle neoplasie vescicali, il dosaggio generalmente è di 80
mg e viene somministrato all'interno della vescica con un piccolo catetere
e prevede, esattamente come la mitomicina, un protocollo di
somministrazione che inizia con cadenza settimanale per 8 settimane,
poi 4 instillazioni ogni 15 giorni e successivamente una instillazione al
mese per 12 mesi (chiamato ciclo di mantenimento) entrambi i farmaci
sono generalmente ben tollerati dai pazienti e solo raramente le
manifestazioni cliniche in corso di trattamenti endovescicali sono
importanti al punto da dover sospendere la terapia.
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Numero Verde del Servizio Sanitario Regionale:
Linee Editoriali - Ravenna
Stampa a cura del Centro Stampa di Ravenna
EDITORIA N.00782 (stampa: aprile 2015)
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