LE CROCIATE (XI-XIII secolo) Durante l’XI secolo la Chiesa trovò il pretesto per estendere la guerra contro l’islam (guerra santa) dalla Spagna alla terra santa, in particolare Gerusalemme (città santa per Cristiani, Ebrei e Musulmani), governata dagli Arabi sin dal VI secolo. La guerra santa era anche una buona occasione per allontanare i cavalieri dall’Europa, ormai stanca delle loro violenze. Gerusalemme era la meta di molti pellegrinaggi di cristiani (era il luogo dove si trovava il Santo Sepolcro, cioè il luogo dove era stato deposto e seppellito Gesù) e i governanti islamici non avevano mai impedito queste visite, ma i Turchi (musulmani provenienti dall’Asia centrale, che conquistarono nell’XI secolo la Palestina e altre terre vicine), furono più intolleranti degli Arabi: nel 1090 qualcuno riferì di massacri di pellegrini cristiani ad opera dei Turchi, e della chiusura del Santo Sepolcro ai visitatori. Così, nel 1095, il papa Urbano II parlò ai nobili cavalieri di Francia nella cattedrale di Clermont, incitando a partire per la terra santa per combattere contro gli infedeli (i musulmani). I predicatori viaggiarono in tutta la Francia per trovare volontari. I cavalieri accettarono con entusiasmo (pensavano di combattere per la salvezza eterna), e lo stesso fecero molti contadini poveri e mercanti (convinti di ampliare i propri affari in nome della fede). Molti cucirono un croce rossa sulle vesti e partirono. Nel 1096 ci furono due schiere di crociati che si mossero per Gerusalemme. La prima, soprannominata crociata dei pezzenti, composta da poveri e mercanti e guidata da Pietro l’Eremita, attraversò l’Europa compiendo razzìe e distruzioni, e organizzando anche una serie di massacri di ebrei, considerati colpevoli di prestare denaro a interesse (un’attività condannata dal cristianesimo, anche se proprio per questo era spesso svolta dagli ebrei e non dai cristiani) e di aver condannato a morte Gesù Cristo. I massacri furono compiuti in varie città (Magonza, Worms, Strasburgo, Praga) con centinaia di morti. All’arrivo a Costantinopoli la schiera si disperse e quelli che proseguirono furono annientati da un’armata turca prima di giungere a destinazione. La seconda schiera, formata dai feudatari e dai loro cavalieri e guidata da Goffredo di Buglione, dopo aver percorso 2400 chilometri e aver sconfitto più volte le armate turche, conquistò Gerusalemme nell’estate del 1099. Dopo aver massacrato la maggior parte degli abitanti ebrei e musulmani della città, i Cristiani fondarono in questa zona dei regni di tipo feudale, chiamati Regni latino-cristiani: Principato della Piccola Armenia, Principato di Antiochia, Contea di Emessa, Contea di Tripoli e Regno di Gerusalemme, che era il più importante di tutti e venne affidato a Goffredo di Buglione, col titolo di “difensore del Santo Sepolcro”. Questi regni erano però piuttosto deboli e male organizzati e non riuscivano a difendersi dagli attacchi dei Turchi. Fu così organizzata una seconda crociata (1147-1149), la quale non ebbe effetti duraturi: infatti Gerusalemme tornò nelle mani dei musulmani (1187), che nel frattempo avevano fondato un vasto impero (Egitto, Siria, Mesopotamia) sotto la guida di Salah ad-Din (chiamato dagli Europei Saladino). Alla terza crociata (1189-1192) partecipò anche il re inglese Riccardo Cuor di Leone, che si scontrò duramente con Saladino, ma senza risultati: Gerusalemme rimase infatti musulmana. In questa crociata morì anche il vecchio imperatore Federico Barbarossa, annegando in un fiume. La quarta crociata portò ad un grave episodio, cioè la conquista di Costantinopoli (1204), che fu saccheggiata (i veneziani portarono via i famosi cavalli di bronzo che oggi si trovano sulla facciata della basilica di San Marco, a Venezia). Questo evento compromise ancora di più i rapporti tra Bisanzio e Roma (già aggravati dallo scisma del 1054), e provocò la rottura definitiva tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa d’Occidente. In seguito ci furono altre crociate (l’ultima, la settima, fu nel 1270) ma nonostante in queste imprese militari venissero coinvolti re, imperatori e valorosi cavalieri, i cristiani d’Europa non riuscirono più a riconquistare le terre sante. Tuttavia, grazie a numerose trattative, si giunse ad un accordo con i musulmani, i quali permisero ai cristiani di visitare liberamente Gerusalemme e di installarvi alberghi e botteghe per i pellegrini. Alcune città italiane furono molto avvantaggiate dalle crociate e dai traffici commerciali che si stabilirono con l’Oriente: in particolare Amalfi, Genova, Pisa e Venezia, che possedevano i porti principali di cui i crociati non potevano fare a meno nel loro viaggio verso oriente. Queste città vennero chiamate le città marinare. Esse, in questo periodo, liberarono il Mediterraneo dai pirati saraceni, stabilirono empori sulle coste africane e batterono la concorrenza commerciale di Bisanzio. Ma si combatterono anche ferocemente fra loro: Amalfi fu sconfitta e saccheggiata dai pisani nel 1137 (e non si riprese più), mentre la stessa Pisa, dopo due secoli di enorme ricchezza (durante i quali costruì il suo famoso Duomo in stile romanico, completato nel 1118) fu sconfitta da Genova nella battaglia della Meloria (1284). Nel XIII secolo rimasero a fronteggiarsi la repubblica di Genova e quella di Venezia che commerciavano in tutto il Mediterraneo orientale fino al Mar Nero (da cui proveniva il grano russo, le spezie e le sete asiatiche), vendendo schiavi ai ricchi signori cristiani di tutta Europa. Venezia ebbe poi enormi vantaggi dal saccheggio (con un bottino ricchissimo per i mercanti veneziani) e dalla conquista di Costantinopoli, grazie alla quale s’impadronì di tutti i porti bizantini sulle coste adriatiche e greche. Anche nel nord Europa (Paesi Bassi, Germania) molte città costruirono flotte, navigando e commerciando nel Mar Baltico e nel Mare del Nord, ottenendo molta libertà dai feudatari (come i Comuni italiani) e costituendo un’associazione di “città libere” del Baltico, chiamata Hansa (detta anche “Lega anseatica”, con sede nella città tedesca di Lubecca). La Hansa diventò presto molto ricca e potente, dotandosi di un proprio esercito e influendo sulle decisioni dei signori feudali e dello stesso imperatore del Sacro Romano Impero. Queste città commerciavano con i Russi e gli Svedesi (cui fornivano tessuti e altri prodotti in cambio di pellicce, aringhe sotto sale, ferro e altri minerali) e arrivarono a comunicare anche con i mercanti italiani: così le merci provenienti dai traffici mediterranei arrivarono nel nord Europa e quelle provenienti dal Nord arrivarono nella zona del Mediterraneo. FEDERICO II – LA PESTE E LA CRISI DEL TRECENTO Federico II (1194-1250) divenne Re di Sicilia a tre anni, e a quattordici (nel 1208) prese in mano le redini del governo, dopo un periodo in cui sull’isola aveva regnato il caos. Nel 1220 venne incoronato imperatore dell’impero romanogermanico, in seguito ad una lunga lotta contro i ghibellini. Federico II si occupò molto più dell’Italia che dell’impero. La Sicilia e l’Italia del Sud, sconvolte da predoni musulmani e dalle ingiustizie dei nobili, riacquistarono l’ordine e vissero un periodo di splendore sotto il suo governo. Infatti Federico riaffermò subito le leggi normanne, per impedire ai baroni di fare tutto ciò che volevano (per esempio non potevano più affittare i loro feudi). I giudici del re tornarono ad amministrare la giustizia. Un “giustiziere” posto in ogni sezione amministrativa dell’isola assicurava il pagamento delle tasse, controllava gli eserciti e lo svolgimento dei processi. Federico si occupò anche del comportamento pubblico, per evitare che la vita quotidiana fosse sconvolta dal caos e dall’arroganza dei prepotenti. In seguito fondò l’università di stato di Napoli per formare gli avvocati e gli amministratori del regno. Infine risollevò l’economia distribuendo le terre incolte con l’obbligo di disboscarle e seminarvi il grano, aumentò la produzione di zucchero e seta, e migliorò le condizioni dei contadini. Federico II fu amante della cultura, della scienza e della tecnologia. La sua corte si affollò di astronomi, matematici, filosofi (specie di religione musulmana o ebraica), scrittori e poeti. Nella Sicilia di Federico nacque la prima corrente poetica italiana (la Scuola Siciliana) che traeva ispirazione dalla poesia della Francia del Sud (i cui versi erano scritti in provenzale), arrivata in Italia anche grazie alla moglie del re, Costanza di Provenza. Federico fu un sovrano eccezionale ma anche spietato: non tollerava che venisse messa in discussione l’autorità dell’imperatore (per questo fece radere al suolo Gaeta e Messina) e impose tasse molto pesanti ai sudditi (per mantenere il lusso della propria corte). Venne scomunicato più di una volta perché la Chiesa temeva che il Re volesse appropriarsi del suo territorio per unificare l’impero (al nord) con il regno di Sicilia (al sud). Per questo ci furono anche lotte violentissime tra guelfi (sostenitori del papa) e ghibellini (sostenitori dell’imperatore), lotte che si trascinarono nel tempo, anche dopo la morte di Federico II. Il figlio di questi, Manfredi, fu incoronato re di Sicilia nel 1258, ma il papa offrì la corona dell’isola al francese Carlo d’Angiò, il quale uccise Manfredi nel 1266. Gli Angioini (che avevano spostato la capitale da Palermo a Napoli) regnarono l’Italia del Sud sfruttando i sudditi con tasse altissime. La protesta della popolazione esplose nel 1282, in occasione di un episodio (detto “dei vespri siciliani”) avvenuto durante la preghiera del vespro: un soldato angioino perquisì una dama, e la folla indignata reagì con violenza. Il tumulto si estese a tutta l’isola e le truppe della famiglia spagnola degli Aragonesi (grazie ad un accordo stabilito con i nobili siciliani) sbarcarono per combattere contro i francesi. La Guerra del Vespro (1828-1302) si concluse con la Pace di Caltabellotta che stabiliva un’innaturale spartizione del regno da parte delle due arroganti famiglie di dominatori stranieri: Napoli e l’Italia meridionale agli Angioini, la Sicilia agli Aragonesi. La parte finale del Medioevo, nel 1300, fu caratterizzata da un clima cupo e pieno d’angoscia: è l’autunno del medioevo. Il Trecento fu infatti un secolo terribile: ci furono guerre (tra cui quella dei Cent’Anni), durante le quali nazioni come la Francia vennero trasformate in campi di battaglia, i villaggi furono razziati e i raccolti vennero distrutti, così come i mulini, i forni e le officine; il clima diventò molto rigido e più piovoso, con conseguenze negative sui raccolti ma anche sulla conservazione dei cibi (mancava il sale, ricavato dall’evaporazione dell’acqua marina); e infine ci fu la catastrofe più terribile, cioè l’epidemia di peste del 1348, causata dalle pulci dei ratti provenienti da oriente, che attraversavano i continenti al seguito di mercanti, viaggiatori e pellegrini. L’epidemia si diffuse rapidamente in tutta Europa, provocando milioni di morti, senza di distinzione di classe, sesso o età. La peste bubbonica (che provocava bubboni su tutta la pelle) veniva curata nei modi più disparati, ma senza successo. I malati erano abbandonati all’istante, anche perché molti erano convinti che il male si diffondesse semplicemente attraverso l’aria. Le popolazioni si rivolgevano inutilmente alla preghiera, spesso in preda a scoppi di isteria collettiva: i santi venivano invocati continuamente dagli uomini in cerca di protezione, mentre schiere di flagellanti si frustavano a sangue, viaggiando di città in città, e chiedendo di essere perdonati poiché pensavano che la peste fosse un castigo divino. La magia riscuoteva un successo senza precedenti: maghi, guaritori e venditori di amuleti si arricchivano grazie alla credulità del popolo. Nel frattempo si verificavano sempre più frequentemente i massacri di ebrei. Questi, considerati da sempre “diversi” (per il loro modo di vestire, di pregare, di mangiare), svolgevano perfettamente il ruolo di capro espiatorio, e così le persone potevano trovare uno sfogo all’angoscia e al panico. Gli ebrei, inoltre, erano accusati dai cristiani di aver voluto la crocifissione di Cristo e di essere i soli a praticare un mestiere odioso come l’usura (la Chiesa, infatti, vietava ai cristiani di prestare denaro; anche se ormai banche e banchieri cristiani spuntavano dappertutto). Ai massacri di ebrei, poi, seguivano i saccheggi delle loro ricchezze. Nel 1348 ci fu, dunque, la prima persecuzione organizzata degli ebrei, che furono picchiati, torturati e arsi vivi sul rogo, in varie città europee, e in particolare in Germania, che da allora in poi divenne il centro dell’antisemitismo (=razzismo nei confronti degli ebrei, detti anche semiti) in Europa. Il fatto che gli ebrei morissero di peste come tutti gli altri uomini, come ricordò ai cristiani il papa Clemente VI, non servì a fermare i massacri. In alcune città i governanti non persero la testa e tentarono di reagire all’emergenza: vennero fornite tessere sanitarie alle persone sane, si cercò di mantenere l’ordine pubblico fermando gli “sciacalli” (che rubavano nelle case abbandonate) e reprimendo la violenza degli esaltati, grazie anche ai corpi di polizia e ai portatori (i quali portavano fuori dalle mura cittadine i cadaveri degli appestati). A Venezia venne istituita per tutte le navi in arrivo la quarantena (= un periodo di 40 giorni in cui le persone venivano isolate e osservate, per verificarne le condizioni di salute), adottata poi in molte altre città europee. Vennero istituiti controlli sulla pulizia, i cimiteri, gli ospedali, i medici, l’acqua della città, nonché sulla preparazione dei medicinali e sul numero delle nascite e delle morti. In tutta Europa ci fu un crollo demografico, che invertì la tendenza precedente, in particolare nelle campagne e nei villaggi (molti dei quali scomparvero del tutto), poiché i contadini si recavano in città a cercare maggior fortuna. Le terre persero così il loro valore, anche perché era diminuita la richiesta di prodotti agricoli (visto che la popolazione stava diminuendo), mentre i pochi braccianti rimasti chiedevano salari più alti. Così i nobili aumentarono le tasse per superare questa grave crisi. Di conseguenza molti contadini, vignaioli e mugnai si ribellarono contro le carestie, la guerra e l’oppressione dei signori. Ma questi ultimi reagirono con l’esercito: nel 1358 i cavalieri uccisero, in Francia, ventimila persone. In ogni caso, le cosiddette jacquerie (dal nome del capo di una rivolta, Jacques Bonhomme) non si fermarono, e si diffusero dalla campagna alle città, anche se finirono quasi tutte nel sangue.