18. 7.2007 - La Voce del Popolo

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DEL POPOLO
Qui si esagera
D
i recente la Televisione pubblica croata ha trasmesso un documentario sulle abitudini di vita dei giapponesi.
Seguendo il programma si è potuto apprendere che il Paese del Sol levante è pervaso
da un nuovo fenomeno sociale: l'adorazione
dei cani. Solo nel corso del 2004 i nipponici hanno acquistato oltre un milione e mezzo di cani. Stando agli autori del documentario questa nuova moda ha stimolato la nascita
di nuove e singolari professioni. Ad esempio
sono state inaugurate pasticcerie riservate ai
soli cani. Nelle metropoli giapponesi sono addirittura state inaugurate delle SPA di lusso
per cani. I padroni che si recano al lavoro o a
seguire le lezioni lasciano i propri animali in
custodia ai gestori di queste particolari strutture. Durante l'assenza dei loro proprietari i cani
sono sottoposti a massaggi di rilassamento,
a trattamenti estetici, bagni a base di essenze floreali, ecc. Addirittura ai cani viene fatta fare ginnastica su particolari attrezzi ginnici
studiati e realizzati appositamente pensando a
loro. I ritmi frenetici che scandiscono la vita
dei giapponesi, tuttavia sono tali che in molti
non possono permettersi di accudire un cane
a tempo pieno. Anche in questo caso l’ingegnosità degli imprenditori arriva in soccorso
di chi non vuole sentirsi escluso. In Giappone i cani, ma anche gatti e altre specie, possono essere presi in prestito. Per farlo basta
rivolgersi a negozi specializzati nell'affittare
animali domestici. La cifra che si spende per
questo genere di servizio varia tra i cento e i
trecento euro per un weekend. Sinceramente
a noi sembra che qui si esageri. Avere un cane
ha senso se lo si può godere, se si ha il tempo di giocare con lui. Se non si ha il tempo di
portarlo a passeggio, né di spazzolarlo è inutile adottarlo. Si rischia unicamente di farlo patire per via dei continui abbandoni. Inoltre, le
mode passano e i cani non sono dei vestiti che
possono essere riposti in armadio nella speranza che tornino a essere trendy.
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TEMA BASE
animali
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• Mercoledì, 18 luglio 20
IL RUGGITO
di Krsto Babić
È tempo di vacanze
Eccoci alla seconda metà di luglio. Migliaia di famiglie stanno per partire per le vacanze. Trascorrere momenti lieti in un ambiente diverso da quello abitudinario è utile
per ritemprare lo spirito e il corpo. Le ferie sono un diritto conquistato dopo decenni di
lotte sindacali.
Come tutti gli anni in questo periodo, anche nel 2007 i mezzi d’informazione testimoniano il problema dell'abbandono di migliaia di animali domestici. Esseri indifesi rinnegati dai propri padroni senza scrupoli. Animali lasciati morire per soddisfare un bieco
capriccio di persone immature.
Adottare un animale equivale ad accettare un impegno per tutta la vita. Se si pensa
di non essere in grado di onorarlo sarebbe opportuno non assumerselo. Certo, “esistono” mille scuse per giustificare un comportamento criminale. “Non sapevo in che modo
dire di no a mio figlio, ma ora a lui non interessa più”, è una delle giustificazioni più
frequenti. Ebbene cari genitori coscienziosi: dire di no a un bambino che pretende di
possedere un cane, anche se obiettivamente in casa vostra non ne esistono i presupposti,
è indubbiamente più educativo di quanto non lo sia il fatto di cedere alle sue pretese infantili. Inoltre, vi siete mai chiesti che razza di valori impartite ai vostri eredi insegnando
loro a rinnegare un amico semplicemente perché è diventato scomodo o d'intralcio?
Chi è in grado di abbandonare un animale solo perché in caso contrario non potrebbe recarsi in vacanza per alcune settimane non è degno di essere considerato una persona civile. Se proprio non si riesce a convincere nessun parente o amico a prendersi cura
del proprio animale mentre ci si deve assentare per periodi prolungati, una soluzione
esiste. I piccoli annunci sono pieni zeppi di gente che si offre di fare da dog-sitter e nelle
grandi città esistono pure degli appositi alberghi per cani (di norma accettano di ospitare anche altri tipi di animali). Persino gli hotel convenzionali accettano sempre più frequentemente di accogliere anche gli animali dei propri clienti.
Per concludere, prima di congedarci per l'estate, che trascorreremo in compagnia
del nostro cane, vi invitiamo a ragionare sulla seguente eventualità. Quando un giorno
sarete diventati anziani vi farà piacere essere abbandonati dai vostri familiari impazienti
di andare in villeggiatura?
2 animali
Mercoledì, 18 luglio 2007
ACQUARIOLOGIA
Veri e propri quadri viventi
Gli acquari, un hobby che rilassa
di Krsto Babić
N
on siete il tipo di persona
alla quale piace svegliarsi all'alba assieme ai fornai
per portare a spasso il cane? Vi fa
ribrezzo dover pulire la cassetta del
gatto? Siete allergici alle piume di
pappagallo? Se le risposte alle precedenti domande sono tutte affermative, ma non volete fare a meno
di un animale che vi faccia compagnia, una soluzione adatta a voi esiste. Stiamo parlando dell’acquario.
I “pesci rossi” non richiedono
particolari attenzioni, basta dare
loro da mangiare una volta al giorno. E addirittura, se decidete di dotarvi di un particolare dosatore munito di timer non sarete vincolati
neppure da questo obbligo. In più,
numerosi studi hanno dimostrato che trascorrere il tempo osservando i pesci mentre nuotano nell'acquario aiuta a distendere i nervi contribuendo a far diminuire la
pressione.
L’enorme varietà di pesci normalmente esistenti in commercio (sono oltre cinquecento) offre
un’infinità di possibilità di scelta
sul modo nel quale “decorare” il
proprio acquario. Il prezzo degli
animali varia da poche kune per le
specie più comuni fino a raggiungere svariate migliaia di euro per
quelle più rare e spettacolari. Analogo è il discorso che si deve fare
per quanto concerne l’esborso legato all’acquisto di un acquario inteso
come contenitore. Il prezzo dipende
anche dalla qualità dell’attrezzatura
elementare (purificatori, termometri, ossigenatori...). Nei negozi specializzati o tramite Internet si può
acquistare una miriade di optional:
città sommerse, modellini di vascelli, aerei della Seconda guerra mondiale e chi più ne ha più ne metta.
Dobbiamo ammettere di non essere stati del tutto onesti nei vostri
confronti quando in precedenza ab-
biamo affermato che per tenere dei
pesci in casa sia sufficiente dare loro
da mangiare una volta al giorno. Per
chiarirci, ciò è vero se vi accontentate di un acquario spoglio o quasi.
Se, invece, desiderate ricreare all’interno della vasca un’ambientazione
che simuli alla perfezione l’habitat
naturale di fiumi, laghi, mari o ocea-
ni nei quali prolificano le specie che
avete deciso di adottare, la cura dell’acquario si trasforma in un lavoro
certosino che richiede moltissimo
tempo e grande dedizione.
Se vi siete decisi ad allestire in
casa un acquario è essenziale prima
di tutto decidere di quale tipo dovrà
essere. Gli acquari si differenziano
tra quelli ad acqua salata o marina e
quelli ad acqua dolce. Anche i pesci
non sono tutti uguali, si distinguono
tra quelli tropicali e quelli che necessitano di vivere in acque fredde.
Ovviamente l’acquario non deve
necessariamente essere colonizzato con i pesci, si possono utilizzare
anche granchi, tartarughe o altri animali ancora.
Gli acquari possono essere
adornati sia con vegetazione artificiale (piantine in plastica molto
simili agli originali), oppure coltivata. Se si opta per questa seconda possibilità bisogna essere
consci che ci si assume un compito assai arduo. Far crescere una
pianta è già difficile in condizioni
normali, quando si tratta di vegetali acquatici le difficoltà crescono
esponenzialmente. Bisogna anche
essere dotati di un equipaggiamento adatto. Le giovani piante, infatti,
devono essere coltivate in un vaso
apposito, una precauzione necessaria ad evitare il rischio che gli animali presenti nel vero acquario non
le rovinino prima che abbiano avuto il tempo e il modo di raggiungere la maturità. Solo una volta che la
pianta ha raggiunto il giusto grado
di maturazione può essere trapiantata, un’operazione che richiede
una delicatezza straordinaria. Solitamente ai principianti si consiglia
di scegliere prima la flora dei propri acquari, di farla maturare e solo
in seguito di procedere all’acquisto
e all’introduzione della fauna. Figuratevi che esistono delle persone che una volta ottenuto il risultato voluto con le piante ornamentali decidono di non inserire i pesci
nell'acquario.
RETTILI Vissero a fianco dei dinosauri
I coccodrilli sono fossili viventi
A cura di Igor Kramarsich
E
sistono tra noi esseri che hanno vissuto
assieme ai dinosauri. Non sono in grado di raccontarci come fosse la preistoria.
Tuttavia, esaminandoli gli studiosi sono
stati comunque in grado di risalire a una
quantità eccezionale di informazioni fondamentali utili per permetterci di carpire i
segreti che hanno reso possibile la vita sul
nostro pianeta. Stiamo parlando dei coccodrilli che sono un ordine di rettili sopravvissuti per millenni quasi immutati.
Questi potenti animali comparvero tra
il Triassico superiore e l'inizio del Giurassico e da allora continuano a popolare la
terra grazie alle loro imbattibili caratteristiche, fisiche e comportamentali, che sono
rimaste pressoché inalterate nel tempo. A
causa di ciò, il coccodrillo può essere considerato un vero e proprio fossile vivente.
Caratteristiche fisiche
Il loro corpo è allungato e ricoperto
di scaglie, solitamente di colore scuro sul
dorso e chiaro sul ventre. La testa è triangolare, dotata di narici all'estremità della mandibola e occhi sporgenti. La lunga
coda dall'estremità piatta e le zampe palmate rendono i coccodrilli nuotatori formidabili. Raggiungono dimensioni impressionanti. La lunghezza varia dal me-
tro e mezzo ai sette metri. A seconda delle
specie il peso può variare dai venti chilogrammi a circa una tonnellata.
Comportamento
I coccodrilli sono predatori che tendono a vivere raggruppati assieme ai propri
simili, anche se non si può parlare di strutture sociali tipo branco. Questo modello
sociale a volte è sovvertito radicalmente,
e gli esemplari adulti tendono a difendere
in modo estremamente aggressivo le proprie zone di caccia. Le prede dei coccodrilli sono principalmente i pesci e i piccoli vertebrati. Quando raggiungono il
pieno sviluppo attaccano con successo anche animali molto grandi, quali i bovini.
La caccia avviene per agguato, avvicinandosi alla preda inconsapevole dall'acqua,
restando semisommersi. La pesca può avvenire in immersione, catturando i pesci
grazie alle notevoli doti natatorie di cui
sono dotati o posizionandosi a fauci spalancate in attesa che la preda si infili loro
in bocca, una curiosa tecnica che è stata
osservata nel coccodrillo del Nilo. Possono digiunare per lunghi periodi di tempo
(si ritiene fino a sei mesi). Sono in grado
di muoversi per tratti prolungati anche a
terra con andatura sostenuta, sollevando-
si sulle zampe. Tuttavia, soprattutto gli
esemplari più piccoli, tendono ad avere un
comportamento circospetto quando sono
lontani dall'acqua e vi si rituffano appena possibile. La femmina adotta cure parentali nei confronti dei piccoli, vigilando
sulla loro incolumità per diverse settimane. Essendo eterotermi, si devono riscaldare trascorrendo una parte della giornata
al sole. Durante queste pause sulle rive dei
fiumi o dei laghi, alcune specie di coccodrilli interagiscono con il piviere un uccello che ripulisce loro la bocca da parassiti
e residui alimentari.
Habitat
Reperibile pressoché in tutte le aree
equatoriali e tropicali del pianeta. I coccodrilli vivono lungo il corso di fiumi, nei
laghi, nelle zone paludose e alcune specie
si spingono persino in mare per lunghi tratti. Per nidificare preferiscono terreni umidi e ombreggiati, dove possono scavare
facilmente il nido e ricoprirlo di materia
vegetale (per assicurare una temperatura
costante grazie al calore generato dalla decomposizione di quest'ultima).
I coccodrilli si trovano all’apice della
catena alimentare e in quanto tali hanno
un ruolo assai importante in natura. L’unica vera minaccia che grava su di loro è la
caccia praticata dall’uomo. In molti Paesi
la caccia a questi rettili è stata proibita, ma
continua a essere praticata abusivamente.
Il bracconaggio è alimentato principalmente dal mondo della moda. La pelle di
questi animali, infatti, raggiunge quotazioni astronomiche.
animali 3
Mercoledì, 18 luglio 2007
FELINI
Il cacciatore di topi al soldo dei Templari
Il gatto certosino
amico dei monaci
POESIE
A cura di Sabrina Ružić
“S
e è vero che il gatto
persiano è il gatto dei
re, è altrettanto vero
che il gatto certosino è il re dei
gatti!!!!!”
Come avrete di certo potuto intuire il terzo capitolo della storia
sulle razze feline lo dedichiamo
al gatto certosino. Uno splendido
animale che per la sua specificità
viene, non senza modestia, definito il sovrano dei felini domestici.
Il certosino è una delle razze
feline più antiche. È stato importato in Europa dall'oriente dai cavalieri templari nel 1100 d.C. circa.
Resta imprecisata la provenienza:
non si sa se sia originario dell'Iran
o della Turchia. Una leggenda
narra che i Crociati che tornavano
dalle spedizioni in Terra Santa venivano ospitati nelle certose. Per
sdebitarsi con i monaci dell'ospitalità offerta, alcuni Templari regalarono ai religiosi una coppia di
gatti dall'esotico mantello grigioblu. Essi avevano la fama di essere dei grandi cacciatori di topi. Attratti da tale dote i frati iniziarono
ad allevarli allo scopo di proteggere sia i granai sia le scorte alimentari, come pure per evitare la
distruzione di preziosi manoscritti. D’altra parte, contrariamente
alle leggende non esistono prove
scritte che questi gatti siano stati
effettivamente allevati nelle certo-
se dai monaci cistercensi, né che
la tonalità del loro manto peloso
ispirò il colore del saio dei monaci certosini.
Il certosino è stato allevato,
in epoca moderna, a partire dagli
anni '30 del secolo scorso in Francia dalle sorelle Léger. In principio iniziarono ad allevare dei gatti
blu che comparivano numerosi in
un'isola dell'Atlantico. Pochi anni
dopo la loro gatta Mignonne fu
dichiarata all'esposizione di Parigi il più bel gatto certosino del
mondo. Nello stesso periodo si è
sviluppato un allevamento di gatti
blu nella zona del massiccio centrale francese. Si trattava di gatti
decisamente più robusti di quelli
di origine atlantica. Dopo la Seconda guerra mondiale il certosino rischiò l'estinzione. Allo scopo
di salvaguardarli furono operati
degli incroci con altre tipologie
di gatti, soprattutto con il British
blue, la razza considerata la più simile al certosino.
Nel 1977, però, la Federazione
internazionale felina stabilì la definitiva distinzione tra i certosini e
i British blue.
La corporatura
Il certosino è molto robusto
e ha una corporatura massiccia.
Non si può non notare una marcata differenza tra la femmina e
il maschio. La prima, di indole
più indomita e attiva, raggiunge
pesi e dimensioni tipiche del gatto
domestico (altrimenti noto come
"gatto europeo"). Il maschio può
invece raggiungere pesi e dimensioni considerevoli, arrivando persino a superare i dieci chilogrammi. Il maschio, inoltre, sviluppa al
di sotto del mento due ali di pelle
che gli donano un aspetto regale.
Il petto è largo e imponente, le
spalle ampie, larghe e muscolose,
le zampe corte con ossatura sottile. I piedi sono piccoli e rotondi
con i cuscinetti grigi con tonalità
rosa o marrone. La testa è molto
grossa e le guance sono ben marcate. La parte inferiore delle guance, tonde, basse e piene, conferisce alla testa una forma di trapezio
tondeggiante rovesciato. Il muso
non ha punta: sembra stretto rispetto alla testa. I cuscinetti dei
baffi sono molto sviluppati e insieme al pinch pronunciato donano al
certosino un'espressione dolce con
l'aspetto tipico del sorriso. Il naso
è grigio-ardesia, dritto e largo.
Le orecchie, strette alla base, di
grandezza media e arrotondate in
punta, sono poste in alto sulla testa. Gli occhi sono di color ramato arancio o cuoio. Sono grandi,
ben aperti e molto espressivi. La
coda è larga alla base e tende ad
assottigliarsi leggermente in punta. Non è troppo lunga ed è di colore identico al mantello. Il pelo è
lucido fitto, non cascante perché
sostenuto da un folto sottopelo
leggermente rialzato. La pelliccia
del certosino è lanuginosa, particolarmente idrorepellente e permette a questo gatto di adattarsi a
tutti i climi e a sopportare bene sia
il freddo sia l'umidità.
Il mantello
Il pelo grigio con riflessi di
blu può avere sfumature che variano dal color cenere fino al color ardesia. Tutte le tonalità sono
ammesse nello standard di razza,
ma la più apprezzata è il grigio blu
chiaro. Ai raggi del sole, il mantello, per un fenomeno di rifrazione,
assume sfumature di colore azzurro-viola. Secondo lo standard non
deve esistere differenza di totalità
tra mantello e sottopelo, il mantello deve apparire uniforme senza
ombreggiature, mentre la presenza di riflessi bruno-rossi e la presenza di peli bianchi costituisce
un difetto. Alla nascita il pelo del
cucciolo di certosino è striato, nei
primi mesi di vita le striature tabby sbiadiscono lasciando il caratteristico e uniforme colore blu sul
mantello.
Le caratteristiche
principali
Come ogni vero felino che si
rispetti, anche il certosino è un
animale schivo, riservato, timido,
docile e affettuoso. Non patisce di
solitudine, anche se non bisogna
abusare di questa sua caratteristica per lasciarlo ripetutamente solo
per lunghi periodi. È un animale
poco invadente, calmo e molto
equilibrato. È dignitoso, desidera
essere rispettato, sarà lui a stabilire il momento del gioco o delle
coccole. Il certosino, grazie alla
sua simpatia e dolcezza, tende a
conquistare e ad affezionarsi a tutti i membri della famiglia. Le sue
manifestazioni d'affetto sono riservate alle occasioni speciali, ed
è per questo che ogni suo gesto è
considerato estremamente prezioso. In genere è il maschio a essere
più tollerante rispetto alla femmina, che a sua volta è molto timida e schiva, ad eccezione del momento del parto, quando richiede
la presenza del padrone almeno
fino alla nascita del primo gattino.
Il certosino non è un gatto chiassoso, il suo miagolio è gentile e
sommesso.
Il gatto
di Leopold Persidi
Non a tutti, ma concede i suoi
affetti
a chi ne è degno.
Tranquillo, affezionato alle sue
abitudini,
tiene all’ordine, alla pulizia…
nella sua tenerezza manterrà
sempre
la sua libertà.
Non farà mai cose irragionevoli,
se affezionato sentirete l’intimità
degli affetti.
Simboleggia la donna, la femminilità.
Dalle dimensioni delle sue pupille,
si può calcolare l’ora del giorno.
Carattere indipendente,
obbedisce quando vuole
da sembrare un ingrato, non lo
è,
a volte ama star solo, ha paura
e diffida della società.
Gli antichi Egizi ne compresero
l’utilità
e l’importanza dei benefici ottenuti,
per salvare le derrate alimentari
dall’invasione dei topi, tanto
da farne un’animale sacro.
Perseguitato negli anni bui del
Medio Evo,
non capito ai giorni nostri,
molestato, tormentato dalla teppaglia,
vessato e condannato a morte,
poiché ignoranti, dalle stesse autorità
incivili, che non calcolano meschini,
le spaventose invasioni murine
nelle città.
Il gatto
è la duna
del deserto
di Benito Sablone
Bianca la luna a febbraio
la terrazza è smisurata
Il gatto è la duna del deserto
che assedia la città
Indistinta – più in là
abita un’altra razza
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animali
Martedì, 18 luglio 2007
Martedì, 18 luglio 2007
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CINOFILIA Un animale energico e riflessivo
Il pastore maremmano-abruzzese
A cura di Tosco Cicala
Q
uesto cane da pastore per la
difesa delle greggi, dalla storia millenaria, è considerato
razza unica dal 1.mo gennaio del
1958. In quella data l’Ente nazionale per la cinofilia d'Italia (ENCI)
ha approvato lo standard attualmente in vigore ponendo così fine alle
polemiche tra cinofili maremmani
e abruzzesi.
Di grande somiglianza con il kuvasz ungherese, il pastore dei Tatra
polacco e il cane da montagna dei
Pirenei, si ritiene che il maremmano-abruzzese discenda dai cani da
pastore del Medio Oriente. Più difficile è stabilire il modo in cui il maremmano-abruzzese si è diffuso nel
centro-sud Italia (Maremma toscolaziale, Abruzzo, Molise, Tavoliere
delle Puglie). Le ipotesi sono molte,
quasi infinite. Secondo alcuni giunse dall'Ungheria, terra nella quale
arrivò assieme ai cumani, una popolazione tartara che si era spostata
in Occidente spinta dalla pressione
dell’avanzata mongola.
La sua conoscenza è accertata
già in epoca romana come dimostra lo scritto “Rerum Rusticarum”
di Marco Terenzio Varrone: “Deve
avere un bello sguardo, essere di
grande taglia con occhi scuri o grigio giallastro… la testa è grande;
le orecchie sono pendenti; spalle e
collo larghi, arti lunghi e diritti…la
coda spessa, il latrato profondo, il
manto preferibilmente bianco affinché si possa distinguere e l’aspetto
generale leonino”.
Al primo secolo dopo Cristo risale il “De re rustica” di Columella.
Si tratta di un testo sugli animali domestici che si occupa anche dei cani
da pastore: “Il pastore desidera disporre di cani bianchi, affinché essi
non vengano confusi con gli animali
selvaggi… il suo compito principale
è quello di rincorrere il lupo… deve
essere potente e vivace. Il cane da
pastore con corpo slanciato eccelle
su quello a corpo corto”.
Un animale molto simile all’attuale maremmano-abruzzese è raffigurato anche in affreschi medioe-
Lo standard essenziale
Aspetto Generale: è una cane
di grande mole, con una forte costituzione e di aspetto maestoso.
La sua conformazione è quella di
un grande mesomorfo (quando la
lunghezza del tronco supera l’altezza al garrese).
Testa: è la parte del cane di
maggiore importanza, si presenta
grande e forte, di spiccata conicità, tale da poter essere paragonata
a quella dell’Orso polare.
Occhi : sono obliqui e ben distanziati l’uno dall’altro, di colore
che va dall’ocra al marrone scuro. La forma a mandorla dona al
cane uno sguardo ardente e determinato.
Collo: è poderoso e muscoloso, corto e sempre privo di giogaia, circondato da una folta criniera, ma solo nei maschi adulti.
Arti: giustamente proporzionati al resto del corpo, forti e
robusti, devono essere perfettamente paralleli e perfettamente a
piombo. I piedi sono larghi e rotondeggianti con ditta ben serrate.
Coda: è tenuta bassa a riposo, viene sollevata soltanto in eccitazione. È ben guarnita di folto
pelo.
Muscolatura: è assai potente e ben sviluppata in ogni parte
del corpo.
Tartufo: è molto grande è solitamente nero, ma in alcuni soggetti, può avvenire un lieve calo
della pigmentazione, soltanto in
inverno (tartufo invernale), per
poi ritornare del colore indicato
nella stagione calda.
Denti: sono completi nello
sviluppo e nel numero. Devono
avere la chiusura a forbice.
Mantello: è di colore bianco
latte, il pelo è lungo e folto, liscio o lievemente ondulato, mai
cadente ma sparato, forma nei
maschi, un ricco collare attorno
al collo, che ricorda la criniera
dei leoni.
Altezza e Peso: gli esemplari maschi raggiungono un’altezza al garrese che varia dai 67 ai
73 centimetri. Il loro peso oscilla
tra i 50 e i 60 chilogrammi (non
sono rari gli esemplari che arrivano a superare abbondantemente tale peso). L’altezza delle femmine è compresa solitamente tra
i 60 e i 68 centimetri al garrese. Il
loro peso varia tra i 35 e i 45 chilogrammi.
vali e dipinti del ‘600 e del ‘700. Lo
standard ufficiale prevede che il maremmano-abruzzese sia un cane di
grande mole, d’aspetto rustico ma
al contempo distinto e coraggioso,
d’espressione intelligente e carattere docile, ma feroce quando difende il gregge e la proprietà. La testa,
grossa e conica, ricorda quella dell’orso bianco, le orecchie sono piccole e triangolari, gli occhi scuri, il
tartufo con margine grosso, la dentatura a forbice stretta e il collo forte, dal pelo lungo e folto che forma
collare.
Il maremmano-abruzzese d’oggi rappresenta il frutto di una millenaria selezione legata alla pastorizia
transumante, oggi ancora diffusa in
Abruzzo dove d’inverno il bestiame scende nel Tavoliere pugliese.
Da sempre i pastori hanno avuto un
ruolo fondamentale nella selezione
di esemplari omogenei che fossero idonei all’impiego richiesto. Per
quanto riguarda il carattere si tratta
di cani fieri e indipendenti che non
necessitano d’addestramento. Anzi
odiano le costrizioni e hanno un forte senso d’autodisciplina. Notevole è la loro perspicacia così come il
senso di responsabilità per il loro dovere, ossia la guardia della proprietà
e la difesa del gregge. Sono cani ru-
stici, non necessitano di particolari
cure e amano vivere all’aperto. Le
femmine sono madri meravigliose
capaci di allevare cucciolate molto numerose. I cuccioli sono molto
precoci e coraggiosi. Il cane destinato a lavorare con il gregge deve essere energico e riflessivo. Il suo scopo è di imparare a conoscere le pecore che deve custodire una a una e
farsi accettare come loro tutore. Non
deve essere isterico, ululare e creare
panico. Oggi questo vigile custode
del gregge e coraggioso guardiano
sta riscuotendo un discreto successo anche nel campo della protezione civile. Il maremmano-abruzzese
è sempre più spesso impiegato pure
come cane da compagnia. Tutti gli
anni il Circolo del pastore maremmano-abruzzese organizza una decina di raduni e mostre, oltre a favorire l’iscrizione al Libro italiano dei
soggetti tipici utilizzati nel governare i greggi.
Nonostante il suo tardivo apprezzamento da parte della cino-
filia ufficiale (bisognerà attendere
gli anni ’50 del secolo scorso per
assistere alla nascita di una società specializzata per la tutela e l’incremento della razza), oggi il maremmano-abruzzese è piuttosto
diffuso anche all’estero. La razza
conta numerosi estimatori in Olanda, Svezia, Svizzera e soprattutto
Gran Bretagna, dove gli allevatori
investono notevoli sforzi allo scopo di reperire grandi riproduttori.
I britannici sono soliti acquistare
cucciolate nate da femmine italiane, lasciate partorire nei canili di
quarantena.
Ancora attuali sono le parole
pronunciate dal principe Tommaso
Corsini nel 1913: “…Se cercate ubbidienza e sottomissione state lontani dalla nostra razza, ma se apprezzate l’amicizia liberamente offerta e
ricevuta, un pizzico di umorismo e
molti insegnamenti sulle regole che
governano la vita selvatica, un Maremmano tipico è quanto di meglio
potrete trovare”.
Maremma vs Abruzzo
Nessuno può affermare con
assoluta certezza quale sia la
vera terra d’origine del pastore
maremmano-abruzzese. C’è chi
afferma che si tratti della Maremma e chi è convinto che sia invece l’Abruzzo. In un certo senso
hanno ragione entrambe le scuole di pensiero. Il termine pastore
maremmano-abruzese fu coniato nella seconda metà degli anni
Cinquanta del secolo scorso. In
quel periodo le vaste pianure della Maremma, erano appena state
bonificate ed era da poco iniziata, anche in quella zona d'Italia,
la transumanza dei pastori. Mentre, in altre regioni dell’Italia
centro-meridionale, quali il basso Lazio, la Puglia, la Campania
e soprattutto l'Abruzzo, la transumanza avveniva già da molti secoli. Erano pertanto rarissimi gli
esemplari di pastore abruzzese
che, scortando il gregge, si trovavano in Maremma. Ma ciò nonostante, si volle lo stesso dare al
nome del cane, una certa appartenenza a quella terra. La ragione
di tale scelta è sconosciuta. Una
delle giustificazioni più plausibili
consiste nel merito che spetta ai
toscani nell’opera di salvataggio
della razza. L’abruzzese, infatti, alla fine della Seconda guerra
mondiale sembrava destinato ad
una fine ineluttabile. In secondo
luogo, a un comprensibile ma deleterio disinteresse da parte di chi
in quel periodo aveva la possibilità di preservare intatte le caratteristiche fondamentali della razza abruzzese e non lo fece. La selezione portata avanti dagli allevatori toscani, si concentrò quasi
esclusivamente sull'aspetto mor-
fologico e meno su quello caratteriale. Secondo i dogmi del tempo il cane ideale doveva essere
gestibile, tranquillo, meno reattivo e maggiormente orientato al
contatto con le persone. Gli stessi fautori dello standard, si ispirarono, nella preparazione del
medesimo, alla linea di sangue
selezionata dai toscani, unificando poi, in un'unica razza le due
tipologie, fino a quel momento nettamente differenti tra loro.
La fusione delle razze, avvenne
a discapito dell'abruzzese, che fu
di fatto mortificato alle caratteristiche morfologiche e caratteriali di un cane più da "cortile"
e da esposizione, che da lavoro.
Quando i selezionatori del pastore maremmano, si resero conto
delle più o meno gravi carenze
caratteriali e fisiche ottenute, per
potervi porre rimedio, ridando
struttura, tempra, ma soprattutto
carattere, ai cani dei loro allevamenti iniziarono ad attingere dal
patrimonio genetico puramente abruzzese. Oggi continuano
a esistere grosse differenze tra
le due linee di sangue. All'interno di ciascuna delle due manca
ancora una certa omogeneità di
tipo. È questa il motivo dell’esistenza di soggetti che presentano
evidenti differenze morfologiche
tra loro, pur discendendo dallo
stesso ceppo genetico. A tale problema, non si è ancora posto rimedio a causa dei grossi contrasti
tra i sostenitori del cane di tipo
Maremmano e quelli a favore del
tipo Abruzzese, dissapori troppo
spesso alimentati dalla fame di
denaro e non dalla passione per
uno splendido animale.
6 animali
Mercoledì, 18 luglio 2007
MITOLOGIA«Semper edem» (sempre la medesima)
RACCONTI
Donne e cani
La pietraia brulla, abbacinante, che s’estende dal mare su verso i picchi, mostri incatenati, tutto
un groviglio di corpi possenti resi
di gesso da chissà quale incanto,
mi schiaccia sulla poltrona dell’autobus che sfreccia lungo la litoranea. E sono assurdi i nuovi alberghi, le osterie, i campeggi, gli
enormi cartelloni della pubblicità.
Non come i fazzoletti di terra stranamente verdi, i pochi alberi difesi
da muricce innalzate con centenaria tenacia, fortezze contro la bora
che cala giù come una furia per
sciogliersi chissà dove, sul mare,
e si porta via tutto al suo passaggio, persino la poca terra. Al riparo, nei dossi più ascosi, casettine
coi tetti rossi, bianche di calce,
tanto piccole che non si capisce
come abbiano fatto ad ospitare
nei secoli, uomini tanto massicci
come quelli che vivono da queste
parti.(...)
(...)Poi vengono avanti
il primo cane e la prima donna.
L’animale nel vedermi drizza il
pelo, le fauci aperte, gli occhi di
fuoco. Ma un richiamo della donna basta a farlo ammansire. Lei
cammina facendo girare un fuso
con annoiata sicurezza. Accanto
le trotterella un somaro, sfiancato sotto un gran fascio di legna.
Mi sorride la donna e ricompone pudicamente con una mano
la treccia sotto il fazzoletto bianco. Si lamenta per quell’asino
bolso che proprio non ce la fa a
scendere più rapido per il sentiero scosceso e lei ogni tanto deve
rimettergli a posto il carico e per
farlo, deve riporre il fuso e la rocca, così il lavoro rimane indietro.
Se ne va borbottando col suo sorriso, col suo cane ringhioso, con il
suo asinello sfiancato. Il fuso nella
sua mano riprende subito a prillare, ballerino.
Più avanti incontro una
casetta con un grande tiglio davanti. Sotto, all’ombra, se ne sta
seduta una vecchia, con un più
vecchio cane al fianco. Che neanche si alza, la bestia spelacchiata,
per abbaiare. Forse non ce la fa
neppure e mi guarda soltanto, con
due occhi grigi, quasi spenti. La
padrona sta sfogliando dei rami:
- Per il maiale, - mi dice.
- Per il maiale?
- Finché è giovane, vanno
bene pure le foglie. Così diventa
più lungo. Sa, noi siamo tre donne,
tre donne sole. I miei figli? Lavorano in Germania. La nuore sono
rimaste con me. A tirare avanti.
La terra è su per il Tuhobić, tutta da zappare, ma le nostre patate le richiedono gli alberghi più
lussuosi di Abbazia. Certo, se
l’orso non se le va a scavare prima. Quando torneranno, i figli si
costruiranno una casa vicino al
mare, hanno già acquistato il terreno, ed io rimarrò qui sola. - Il
cane mi guarda sornione ancora
una volta e poi con uno sbadiglio
s’addormenta. Sorride la vecchia,
d’un sorriso rassegnato e buono e
aggiunge: - Speriamo che tornino
presto, i figli, perché io sono così
vecchia che potrei anche morire.
E allora chi mi porterà in cimitero? Sono quasi due ore fino al
paese, due ore fino a Zlobin…
- Ci vorranno più uomini
per portare una bara…
- No, no! senza bara. Chi
ci passa con una bara per questi
nostri sentieri? Il vestito pulito,
quello sì. Mi porteranno giù come
hanno portato via tutti gli altri che
son partiti da qui senza far ritorno: sulle spalle.
Proseguo verso il monte. Ormai la vetta è a portata di
mano ma io non ho più voglia di
camminare. Mi siedo su una muriccia e guardo una serpe che se
ne va tranquilla tra i sassi. In alto
vola un falco e non so bene se s’è
accorto del rettile perché se ne va
planando pian piano in un giro
sempre più ampio. Poi, come un
bolide, arriva un cagnaccio nero
abbaiando come un forsennato. Io
mi alzo impaurito. Ma non è con
me che ce l’ha: ha visto la serpe
ed impegna un corpo a corpo che
in breve lo vede vincitore.
Viene avanti una donna
reggendo un bimbo in braccio.
Avrà una cinquantina d’anni.
Chiama il cane, che uggiola ora, e
salta attorno alla serpe che si srotola pian piano negli ultimi sussul-
ti dell’agonia. Si ferma la donna
e, di tasca, tira fuori un poppatoio
che porge al bambino.
- Suo nipote? – chiedo accennando al bimbetto, tutto tirato
a lustro.
- No, no…
- Suo figlio? Possibile?
- È il figlio di una conoscente. Sua madre è a lavorare in
un albergo della riviera. Me l’ha
affidato. Glielo tiro su come ho tirato su altri, finché lei non ritorna,
finita la stagione… Sono stata giù,
dal dottore...
Pulisce la donna la boccuccia del bimbo con una pezzuola
bianca e poi se ne va col suo cane,
su per il sentiero tra la pietraia.
Proseguo, arrivo a fatica
in vetta, resto per un po’ a dormire tra l’erba secca con attorno una
pace colma di riverberi. Quando
mi sveglio - il sole ormai sta tingendo di rosso la barriera di gesso
messa a ventaglio sotto il Tuhobić,
- viene avanti un altro cane. È un
cane brutto, grigio, con le orecchie a brandelli sicuramente per i
combattimenmti per qualche femmina dietro i pagliai delle casupole galleggianti sulla pietraia. È un
cane buono. Mi guarda, mansueto
si accuccia senza fiatare e, quando mi decido ad andarmene giù,
mi segue finché arriva il buio di
quella giornata corta d’autunno.
Mario Schiavato
La storia della fenice
A cura del dott. Marco Grilli
L
a fenice, il favoloso uccello sacro nominato la
prima volta in Egitto, originò molte credenze
nei tempi antichi. Nella fervida immaginazione delle prime civiltà era presentata simile all’aquila
reale, con lunghe zampe, il becco affusolato, il collo
dorato, le piume del corpo rosse e azzurre e le ali colorate d’oro e di porpora. Due lunghe piume, una rosa
e l'altra azzurra, rimanevano erette sulla testa o la incorniciavano con leggiadria.
Nelle leggende dei popoli antichi molti animali,
conosciuti per fisionomia e abitudini, venivano trasfigurati in chiave mitica ed esoterica, oppure arricchiti di nuove qualità cariche di significati simbolici. La
maggior parte degli storici considera la fenice un frutto della fantasia dei seguaci del Dio-Sole, anche se
per i suoi tratti salienti può essere accostata al fagiano
dorato, all’ibis o al pavone come nel caso della Bibbia, o più probabilmente all’Ardea purpurea (l’airone rosso, in egiziano detto bòjinev). Gli Antichi egizi
usavano festeggiare il ritorno del primo airone cine-
reo sopra il salice sacro di Eliopoli, evento beneaugurante di gioia e speranza.
In uno dei suoi aspetti quest’animale sacro rappresenta il continuo ripetersi dei cicli della storia universale. Se consideriamo l’influenza della disposizione
dei pianeti nella vita terrestre, nelle impenetrabili leggi universali accade che i corpi celesti tendano ad assumere le stesse posizioni reciproche a distanza di un
certo periodo. L’anno platonico, ossia il lasso di tempo che intercorre tra l’identica disposizione dei pianeti pari a 12.994 anni, si ripeterebbe dunque all’infinito
perpetuando lo stesso ciclo di eventi. Ecco quindi la
fenice, simbolo vivente di questo ciclo cosmico, destinata come l’universo a morire nel fuoco e risorgere
da esso, in quest’inesorabile circolarità della storia.
Secondo l’antica testimonianza di Erodoto, la fenice, un uccello sacro dalle forme simili a quelle dell’aquila, distinto per il piumaggio color oro brillante e rosso regale, ogni cinquecento anni compiva il
volo dall’Arabia alla città sacra di Eliopoli in Egitto,
portando con sé le spoglie imbalsamate del padre all’interno di un uovo di mirra, che veniva deposto nel
tempio del Dio Sole e poi bruciato. Eliopoli assunse
particolare importanza nell’Antico Regno, quando divenne sede del culto del Dio Sole Ra, ritenuto il capostipite dei faraoni. Nello stesso centro si conservava
il “benben”, la pietra solare degli egizi la cui forma
ispirò le piramidi.
Un altro interessante resoconto sulla fenice è presente nelle “Metamorfosi” di Ovidio: “C’è un solo
uccello che da sé si riproduce e risemina; gli Assiri
lo chiamano fenice. Si ciba non di frutta o fiori, ma
d’incenso e resine odorose… Dopo aver vissuto cinquecento anni, con le fronde di una quercia si costruisce un nido sulla sommità di una palma, ci ammonticchia cannella, spigonardo e mirra, e ci s’abbandona sopra, morendo (…). Dal corpo del genitore esce
una giovane fenice, destinata a vivere tanto a lungo
quanto il suo predecessore. Una volta cresciuta e divenuta abbastanza forte, solleva dall’albero il nido e
lo porta alla città di Heliopolis in Egitto, dove lo deposita nel tempio del Sole”. Moltissimi scrittori antichi scrissero sulla fenice in molteplici varianti; direttamente a Ovidio s’ispirò Dante, che nel suo Inferno
trasformò la magia in dramma morale: “Così per li
gran savi si confessa che la fenice more e poi rinasce,
quando al cinquecentesimo anno appressa; erba né
biado in sua vita non pasce, ma sol d’incenso lagrime
e d’amomo, e nardo e mirra son l’ultime fasce”.
Nelle leggende ebraiche la fenice fu l’unico animale che rimase insensibile alle lusinghe di Eva e per
questo ricompensata da Dio che la pose in una città
fortificata dove potesse vivere in pace per mille anni.
Al termine di quest’arco temporale, bruciava e risorgeva da un uovo sorto dalle sue stesse ceneri.
Anche il Cristianesimo risentì di queste influenze,
tanto che la fenice fu accostata a Gesù Cristo e divenne il simbolo paleocristiano della resurrezione e dell’immortalità. La sua immagine è frequente nelle catacombe ed è citata anche dal primo bestiario cristiano, “Il Fisiologo”: “C’è un altro volatile che è detto
fenice, Nostro Signore Gesù Cristo ha la sua figura”.
Perfino l’Oriente celebra le virtù di quest’uccello sacro, veggente e onnisciente. In Cina è una delle quattro creature magiche che presiedono al destino del Paese, personificazione delle forze primordiali
dei cieli.
Affascina ancora oggi il mito di un essere unico
e ineguagliabile (non a caso il modo di dire “essere
una fenice”), “semper edeam” (sempre la medesima)
come il sole che tramonta e risorge, nascosta e introvabile come nei celebri versi del Metastasio: “Come
l’araba fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia
nessun lo sa”.
Il Teatro Fenice di Fiume
animali 7
Mercoledì, 18 luglio 2007
VETERINARIA Un pericolo per uomini e animali
Leishmaniosi, un disturbo
che può costare caro
A cura della dott.ssa Marta Braščić
L
a Leishmaniosi è una malattia conosciuta da centinaia d’anni. Colpisce l’uomo e numerosi animali. È molto
diffusa nei Paesi del Mediterraneo, tanto da suscitare la preoccupazione dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità. Si tratta
di una parassitosi provocata da un
protozoo del genere Leishmania a
localizzazione intracellulare che
viene trasmessa da piccoli insetti
ematofagi (Phlebotomus).
Ciclo biologico
Il ciclo biologico della Leishmania è complesso per la necessità del microrganismo (dixeno)
di sfruttare un ospite intermedio,
l'insetto vettore, e di uno definitivo, l’ospite vertebrato. Nell'ospite
definitivo: uomo, cane, gatto, altri
animali domestici o selvatici, le
Leishmanie possono presentarsi
sotto forma di amastigote. I parassiti, precedentemente iniettati
in forme infettanti attive dal vettore attraverso la puntura al pasto
di sangue, scatenano la reazione
immunitaria dell'ospite e vengono inglobati nella linea cellulare
monocita-macrofagica. All’interno del citoplasma cellulare, gli
amastigoti si moltiplicano per
scissione binaria e con la rottura
della cellula parassitata, vengono
liberati per andare a invadere altri
macrofagi. Gli amastigoti, ingeriti dal flebotomo femmina quando
esercita l'ematofagia sul mammifero infetto, arrivano all’intestino
endemiche, l’altitudine, la temperatura ed il tasso di umidità ma
anche dalle condizioni sanitarie
del cane e dalla sua capacità immunoreattiva.
Sintomatologia
Il periodo d'incubazione nel
cane può variare da decine di
giorni a qualche anno. L'età dei
cani colpiti va da uno a undici anni anche se vi sono più frequentemente soggetti quelli di età
compresa tra i tre e i sette anni.
La sintomatologia è molto diversa, ha decorso normalmente subacuto-cronico anche se ci sono
segnalazioni di malattia silente
e asintomatica. Nel cane infetto
si riscontra una grave alterazione del quadro siero-proteico con
aumento della protidemia totale,
con riduzione delle albumine e
Patogenesi
La presenza dei flebotomi è
stagionale, da maggio a ottobre,
ma questa periodicità non si riflette sull’andamento della malattia nell’ospite definitivo. La diffusione della malattia è influenzata
da molti fattori ambientali tra cui
la densità dei flebotomi nelle aree
Terapia e profilassi
La Leishmaniosi è di sovente
difficilmente curabile, spesso si ha
solo una regressione di tutti i sintomi ma non si arriva alla completa guarigione con negativizzazione
dei test sierologici. Esistono vari
protocolli di somministrazione di
farmaci con costi più o meno elevati. È stata dimostrata pure l'efficacia di alcune sostanze immunostimolanti a fini terapeutici. La profilassi consiste soltanto nella lotta
al vettore o nell’uso di repellenti da
applicare all’animale.
BIOLOGIA Il trucco c’è ma non si vede
Il mimetismo nel regno animale
A cura della prof.ssa Mila Mariani Šubat
I
Un cane malato di Leishmania
La Leishmania vista
al microscopio
dell’insetto dove avvengono alcune fasi di sviluppo e di moltiplicazione del microrganismo. Le forme flagellate che hanno origine
da tale processo sono paramastigoti (reperibili nella faringe, nel
piloro e nell’ileo dell'insetto infestato) e promastigoti (localizzati nello stomodeo del flebotomo
vettore), dalle dimensioni dell’ordine di micron (µ). Il ciclo biologico della Leishmania nell’ospite
invertebrato dura dai quattro ai
venti giorni e dipende molto dalle
condizioni climatiche ambientali.
Il flebotomo è sensibile a temperature al di sotto della media estiva. Il contagio di un nuovo ospite
definitivo avviene durante il pasto
di sangue, attraverso l'inoculazione dei promastigoti metaciclici
infettanti dall’apparato buccale
(stomodeo) dell’insetto femmina
al sottocute del mammifero.
ai segni esterni evidenti, percepisce
una linfoadenomegalia alla palpazione dei linfonodi esplorabili, soprattutto dei prescapolari e dei poplitei ma arriva alla conferma della
presenza di Leishmania soltanto attraverso test ambulatoriali (ematologici, sierologici e bioptici).
aumento delle gammaglobuline.
Si osservano gravi danni ai tessuti e scompensi funzionali a carico
di rene, occhio, membrane sinoviali e cute. Le reazioni innescate dal parassita portano inoltre a
granulomatosi diffusa, amiloidosi, e una grave immunodepressione. A parte le lesioni cutanee,
la linfoadenopatia periferica, le
numerose flogosi (congiuntivite,
uveite, rinite, vasculite, glomerulonefrite, miosite e poliartrite)
e l’epistassi; il cane presenta onigrifosi, anoressia o aumento dell’appetito, dimagramento, febbre
(nella fase acuta) e disturbi della
deambulazione. I segni più importanti sono quelli cutanei che
si presentano come una dermatite
secca esfoliativa (squame furfuracee), simmetrica e non pruriginosa di natura cronica. La localizzazione è soprattutto a livello perioculare, nasale e auricolare con la
frequentemente formazione di ulcere sui cuscinetti plantari e sulle
prominenze ossee.
l mimetismo è la ragione per
la quale molti animali presentano forme e colorazioni tali da
farli assomigliare o al substrato
sul quale vivono o ad altre specie
sistematicamente diverse. Anche
nel caso di questo fenomeno la
natura si esibisce in una moltitudine di ingegnose soluzioni.
La colorazione adattativa che
consente all'animale di armonizzare con l'ambiente rimanendovi
nascosto alla vista dei nemici o
delle proprie prede viene definita colorazione mimetica. Esempi
di colorazione mimetica sono il
bianco mantello invernale della
lepre alpina, il disegno a macchie di molti animali dei boschi,
il dorso blu dei pesci, ecc. Esistono animali mimetici che imitano sia il colore che la forma
degli oggetti del loro ambiente
di vita. Il caso più noto è quello
dell'insetto stecco che assomiglia
talmente tanto, sia per forma sia
per colore, al ramoscello su cui è
posto da non poter essere assolutamente distinto da questo.
Alcuni animali hanno la capacità di cambiare il colore e il
disegno della pelle adeguandolo
a quello dell'ambiente. Il colore
della pelle cambia grazie ai riflessi nervosi e alle azioni ormonali che agiscono sui cromatofo-
ri situati nella cute. Questo fenomeno è presente in molti pesci
che vivono in prossimità del fondo come ad esempio la sogliola,
nei molluschi – polpo o nei rettili
– il camaleonte.
Molti animali velenosi o dotati di odore o sapore sgradevoli presentano colorazioni cutanee
vivacissime e disegni vistosi denominati colori d'avvertimento.
Queste hanno l'obiettivo di tenere lontani eventuali predatori. Possedere un sapore sgradevole non è una difesa ideale per
Lepre alpina
un individuo dal momento che
l'acquisizione della conoscenza
di tale fatto richiede molti sacrifici. La farfalla monarca che ha
un sapore sgradevole generalmente viene lasciata andare dagli uccelli dopo il primo assaggio, ma spesso viene anche ferita
Diagnosi
Un’accurata anamnesi può riportare riferimenti relativi al soggiorno dell’animale in aree endemiche, un lento e progressivo
dimagrimento accompagnato da
disoressia (appetito capriccioso),
lesioni cutanee di tipo furfuraceo
ed in alcuni casi epistassi, poliuria e polidipsia. La diagnosi clinica è spesso molto difficoltosa.
Inoltre non sempre a un quadro
clinico grave e conclamato corrisponde una parassitosi altrettanto
imponente, e viceversa. Il medico
veterinario che visita il cane, oltre
Farfalla monarca
Un calabrone
mortalmente. Per tale motivo gli
animali dotati di questi dispositivi di protezione lo mettono in
risalto con colori vistosi. Più appariscenti sono tali animali, minore sarà il numero di individui
che dovranno sacrificarsi. I colori d'avvertimento sono stati trovati negli insetti, nei rettili e negli anfibi velenosi.
In molti animali, particolarmente insetti, specie non imparentate che hanno lo stesso sapore sgradevole, pungiglioni o
altro tendono spesso ad assomigliarsi per quanto riguarda
le loro caratteristiche d'avvertimento. Questo tipo di adattamento è noto come mimetismo
mülleriano.
Api, vespe e calabroni sono
gli esempi più noti. Anche se
non sempre siamo in grado di
distinguerli facilmente, li identifichiamo subito come insetti che
pungono e ci teniamo a debita
distanza. Certamente una delle
esibizioni più spettacolari della
natura è il mimetismo batesiano,
che permette alle specie di difendersi con l'inganno.
Molti animali completamente innocui tendono ad assumere
le sembianze di specie velenose. Così ci basta vedere moscerini, coleotteri o altri insetti di
colore nero e giallo per associarli immediatamente a vespe e calabroni. Anche il fenomeno del
mimetismo ci insegna che ogni
specie che è riuscita a elaborare
nel corso dell'evoluzione un proprio meccanismo di protezione,
talvolta anche molto ingegnoso
si è guadagnata un proprio posto
in natura.
8 animali
Mercoledì, 18 luglio 2007
ENTOLOGIA Come diventare amici
LA FOTO DEL MESE
L’ingegno
Cuccioli a due e a quattro zampe:
le regole per una buona convivenza
U
Non abbiate paura l'immagine qui sopra non ritrae un cane
abbandonato dai propri padroni
diretti in villeggiatura e travolto da un'automobile di passaggio. La foto ritrae un simpati-
co e intraprendente cane mentre si riposa sfruttando l'unico
riparo dal sole che sia riuscito
a rintracciare in una di queste
tipiche giornate afose di mezza
estate. (kb)
na recente ricerca condotta dalla prestigiosa rivista inglese British Medical
Journal ha riesaminato il problema dell’aggressività dei cani nei
confronti delle persone. Per la prima volta, però, il problema è stato
affrontato dal punto di vista degli
animali. Se noi uomini ci comportiamo in modo sbagliato possiamo
innervosirli e renderli pericolosi. In
particolare, lo studio inglese punta sull’importanza dell’educazione
dei bambini che sono più a rischio
re perciò mediato. Se è ormai assodato che la convivenza tra bambini
e animali apporta notevoli benefici
allo sviluppo psicofisico dei piccoli
che, rispetto ai loro coetanei, sono
più propensi a essere socievoli, sensibili, responsabili e più sicuri di sé,
non sempre li si prepara ad accogliere un animale in casa. Gli adulti hanno il compito fondamentale di
insegnare ai propri figli la sensibilità e le regole per trattare con gli
animali nel modo più corretto e, nel
caso in cui ci sia già un animale in
CURIOSANDO
Il groviglio
Questa scena è stata immortalata a Fiume. Ritrae una donna
circondata da cinque cani. Stupisce la tranquillità con la quale gli
animali attendono che la padrona
apra la porta di casa. Chiunque
possieda un cane è perfettamente
in grado di capire a cosa ci stiamo riferendo. Infilare la chiave
nella toppa tenendo al guinzaglio
un cane può trasformarsi in un'impresa. Complimenti alla signora
per la sua abilità. Magari potrebbe
aprire un corso e insegnare la propria tecnica ad altri padroni.
AGENDA
Associazioni
"Snoopy" - Pola:
Gsm: 0989230461
e-mail: [email protected]
Canile di Pola
Telelefono: 052541100
Gsm: 098855066
Società per la potezione degli animali di Fiume
GSM: 098649939
"Lunjo i Maza" - Laurana
Gsm: 0917638892
Appuntamenti
CACIB UMAGO
Svolgimento: dall'8 al 10 settembre 2007
Iscrizioni aperte fino al 10 agosto 2007
Per informazioni rivolgersi ai seguenti recapiti:
Telefono: +385 (0)1 48 46 124,
e-mail: [email protected]
CACIT PARENZO
Svolgimento: dall'8 al 9 settembre 2007
Per informazioni rivolgersi ai seguenti recapiti:
Telefono: +385 (0)1 48 46 124,
e-mail: [email protected]
CACIT UMAGO
Svolgimento: dal 13 al 14 settembre 2007
Per informazioni rivolgersi ai seguenti recapiti:
Telefono: +385 (0)1 48 46 124,
e-mail: [email protected]
Programmi televisivi
Sabato ore 9.05 TVC2: "Beniamini domestici"
Da lunedì a venerdì ore 18.00 Raitre: "Geo magazine"
In Più Animali ti premia
Scatta una fotografia, scrivi una poesia, fai un disegno (su foglio A4) o
dedica un racconto ad un animale, vero o immaginario, al quale sei particolarmente legato e invialo in busta chiusa a “La Voce del Popolo” – “In più
Animali” (Via Re Zvonimir 20a – Fiume (Rijeka) 51000 – Croazia). Nella
busta inserisci un biglietto con su scritti il tuo nome, recapito telefonico, indirizzo ed età. Ogni mese saranno pubblicati i lavori più belli. Tra le opere
pubblicate ne sarà scelta una, al cui autore andrà in premio un libro della
casa editrice EDIT di Fiume. I testi, che non devono superare le 3.600 battute (spazi compresi), le foto e i disegni, se in formato digitale, possono essere inviati anche all’indirizzo di posta elettronica [email protected] (le
foto scattate con il cellulare non sono idonee alla pubblicazione).
di morsicature, non tanto ad opera
di un cane sconosciuto ma di quello di casa, che può sentirsi minacciato mentre mangia o riposa. Perché “il migliore amico dell’uomo”
sia tale, soprattutto quando in casa
c’è un bambino, è necessario adottare delle regole di convivenza che
permettano di vivere tutti insieme,
serenamente, senza pericoli.
La storia insegna
Uomini e cani, sin dal Paleolitico, hanno vissuto insieme. Secondo
Konrad Lorenz, il padre fondatore
dell’etologia (la scienza che studia
il comportamento animale) fu una
bambina a salvare da morte sicura un cucciolo di lupo e a portarlo
con sé nella caverna, accudendolo
e prendendosi cura di lui. È molto
probabile addirittura che qualche
donna abbia allattato i cuccioli di
lupo insieme ai neonati umani (secondo il fenomeno del “maternaggio”) legando per sempre l’evoluzione del cane a quella dell’uomo.
Quello che è certo è che ciò che unisce da sempre l’uomo al cane sono
delle caratteristiche intrinseche comuni a entrambe le specie: la socialità, la curiosità, la voglia di movimento e di gioco, l’adattabilità,
oltre che la maniera così simile di
esprimere emozioni e sentimenti.
Il rapporto tra
bambini e animali
casa quando arriva un bambino, di
gettare tempestivamente le basi affinché il cucciolo di uomo sia accolto non come un estraneo ma come
ri differenti da quelli degli adulti
possono non essere riconosciuti come “piccoli uomini”. Con la
giusta cautela, quindi, è bene favorire questi incontri tenendo presente che è fondamentale ricorrere a un veterinario comportamentalista nel caso in cui il proprio
animale mostri nei loro confronti
diffidenza, paura o, peggio, tendenza all’aggressività. Sotto una
guida esperta si potrà correggere
un errore di mancata conoscenza.
L’entrata
in scena del cane
Se si deve ancora sceglierlo e,
soprattutto se si è inesperti, è meglio preferire una razza naturalmente docile e magari una femmina, più dolce, tollerante e meno
incline a comportamenti aggressivi. I rappresentanti di certe razze,
tendono ad avere un temperamento
più forte e reattivo, specie se maschi e le loro reazioni possono essere più brusche e improvvise, per
esempio se tirati, trattenuti o travolti dai bimbi durante i giochi. Occorre però ricordare che i bimbi
non sanno riconoscere i segnali di
avvertimento che un cane può dare
quando “ne ha avuto abbastanza” e
quelli più piccoli non comprendono che un essere vivente ha le pro-
Animali e bambini, un binomio che dà
grandi risultati sul piano dello sviluppo
psicofisico dei piccoli. Ma solo a patto
che si rispettino alcune condizioni. Come
il rispetto della privacy degli animali
un altro membro della famiglia da
amare e proteggere.
L’arrivo
di un bambino
L’ideale sarebbe abituare il
proprio cane alla presenza dei
bambini entro le prime unidici/
dodici settimane di vita. In questo
periodo il cucciolo impara a socializzare e a conoscere l’ambiente in cui vivrà e, poiché tutto ciò
che si conosce bene non fa paura,
non avrà problemi ad accogliere
benevolmente il nuovo arrivato.
Se ciò non è avvenuto, durante i
nove mesi di attesa è importante
che l'animale sia messo a contatto
con i bambini che, fino all’età della pubertà, per movimenti e odo-
prie esigenze di tranquillità, rispetto e privacy. Regole che i genitori
devono spiegare molto attentamente ai propri figli. Tutto cambia se si
va a prendere un cane in canile. In
questo caso è impossibile conoscere la storia dell’animale e avere indicazioni precise sulle sue caratteristiche innate. È importante allora,
valutare l’animale non solo in base
all’aspetto fisico ma scegliendolo
tra i cani più docili e tranquilli, ansiosi di piacere, cercando si saperne di più sulle sue origini e la sua
vita in canile. Una volta a casa, il
bambino deve imparare da subito a
rispettare l’animale, facendo particolare attenzione al momento del
riposo e dei pasti, frangenti di tempo nei quali anche il cane più docile
dev’essere lasciato tranquillo.
Quasi tutti i cani, proprio come
impostazione genetica dovuta al
processo stesso di addomesticamento, sono docili e anche nei confronti dei bambini non mostrano
nessun tipo di aggressività. Quando
lo fanno, molto spesso, ciò dipende
da un errore di comunicazione all’interno della famiglia o dal fatto
che si è scelto il cane sbagliato. Il
rapporto tra bambini e animali, per
quanto istintivo e innato, dev’esseAnno I / n. 5 18 luglio 2007
“LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina
IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina
Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat
edizione: ANIMALI [email protected]
Redattore esecutivo: Krsto Babić / Impaginazione: Andrea Malnig
Collaboratori: Marta Braščić, Mila Mariani Šubat, Mario Schiavato, Alessandro
Superina, Marco Grilli, Igor Kramarsich, Sabrina Ružić e Tosco Cicala
Foto: Graziella Tatalović e d’archivio
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