DEL POPOLO Qui si esagera D i recente la Televisione pubblica croata ha trasmesso un documentario sulle abitudini di vita dei giapponesi. Seguendo il programma si è potuto apprendere che il Paese del Sol levante è pervaso da un nuovo fenomeno sociale: l'adorazione dei cani. Solo nel corso del 2004 i nipponici hanno acquistato oltre un milione e mezzo di cani. Stando agli autori del documentario questa nuova moda ha stimolato la nascita di nuove e singolari professioni. Ad esempio sono state inaugurate pasticcerie riservate ai soli cani. Nelle metropoli giapponesi sono addirittura state inaugurate delle SPA di lusso per cani. I padroni che si recano al lavoro o a seguire le lezioni lasciano i propri animali in custodia ai gestori di queste particolari strutture. Durante l'assenza dei loro proprietari i cani sono sottoposti a massaggi di rilassamento, a trattamenti estetici, bagni a base di essenze floreali, ecc. Addirittura ai cani viene fatta fare ginnastica su particolari attrezzi ginnici studiati e realizzati appositamente pensando a loro. I ritmi frenetici che scandiscono la vita dei giapponesi, tuttavia sono tali che in molti non possono permettersi di accudire un cane a tempo pieno. Anche in questo caso l’ingegnosità degli imprenditori arriva in soccorso di chi non vuole sentirsi escluso. In Giappone i cani, ma anche gatti e altre specie, possono essere presi in prestito. Per farlo basta rivolgersi a negozi specializzati nell'affittare animali domestici. La cifra che si spende per questo genere di servizio varia tra i cento e i trecento euro per un weekend. Sinceramente a noi sembra che qui si esageri. Avere un cane ha senso se lo si può godere, se si ha il tempo di giocare con lui. Se non si ha il tempo di portarlo a passeggio, né di spazzolarlo è inutile adottarlo. Si rischia unicamente di farlo patire per via dei continui abbandoni. Inoltre, le mode passano e i cani non sono dei vestiti che possono essere riposti in armadio nella speranza che tornino a essere trendy. ce vo /la .hr dit w.e ww TEMA BASE animali An no I • n. 5 07 • Mercoledì, 18 luglio 20 IL RUGGITO di Krsto Babić È tempo di vacanze Eccoci alla seconda metà di luglio. Migliaia di famiglie stanno per partire per le vacanze. Trascorrere momenti lieti in un ambiente diverso da quello abitudinario è utile per ritemprare lo spirito e il corpo. Le ferie sono un diritto conquistato dopo decenni di lotte sindacali. Come tutti gli anni in questo periodo, anche nel 2007 i mezzi d’informazione testimoniano il problema dell'abbandono di migliaia di animali domestici. Esseri indifesi rinnegati dai propri padroni senza scrupoli. Animali lasciati morire per soddisfare un bieco capriccio di persone immature. Adottare un animale equivale ad accettare un impegno per tutta la vita. Se si pensa di non essere in grado di onorarlo sarebbe opportuno non assumerselo. Certo, “esistono” mille scuse per giustificare un comportamento criminale. “Non sapevo in che modo dire di no a mio figlio, ma ora a lui non interessa più”, è una delle giustificazioni più frequenti. Ebbene cari genitori coscienziosi: dire di no a un bambino che pretende di possedere un cane, anche se obiettivamente in casa vostra non ne esistono i presupposti, è indubbiamente più educativo di quanto non lo sia il fatto di cedere alle sue pretese infantili. Inoltre, vi siete mai chiesti che razza di valori impartite ai vostri eredi insegnando loro a rinnegare un amico semplicemente perché è diventato scomodo o d'intralcio? Chi è in grado di abbandonare un animale solo perché in caso contrario non potrebbe recarsi in vacanza per alcune settimane non è degno di essere considerato una persona civile. Se proprio non si riesce a convincere nessun parente o amico a prendersi cura del proprio animale mentre ci si deve assentare per periodi prolungati, una soluzione esiste. I piccoli annunci sono pieni zeppi di gente che si offre di fare da dog-sitter e nelle grandi città esistono pure degli appositi alberghi per cani (di norma accettano di ospitare anche altri tipi di animali). Persino gli hotel convenzionali accettano sempre più frequentemente di accogliere anche gli animali dei propri clienti. Per concludere, prima di congedarci per l'estate, che trascorreremo in compagnia del nostro cane, vi invitiamo a ragionare sulla seguente eventualità. Quando un giorno sarete diventati anziani vi farà piacere essere abbandonati dai vostri familiari impazienti di andare in villeggiatura? 2 animali Mercoledì, 18 luglio 2007 ACQUARIOLOGIA Veri e propri quadri viventi Gli acquari, un hobby che rilassa di Krsto Babić N on siete il tipo di persona alla quale piace svegliarsi all'alba assieme ai fornai per portare a spasso il cane? Vi fa ribrezzo dover pulire la cassetta del gatto? Siete allergici alle piume di pappagallo? Se le risposte alle precedenti domande sono tutte affermative, ma non volete fare a meno di un animale che vi faccia compagnia, una soluzione adatta a voi esiste. Stiamo parlando dell’acquario. I “pesci rossi” non richiedono particolari attenzioni, basta dare loro da mangiare una volta al giorno. E addirittura, se decidete di dotarvi di un particolare dosatore munito di timer non sarete vincolati neppure da questo obbligo. In più, numerosi studi hanno dimostrato che trascorrere il tempo osservando i pesci mentre nuotano nell'acquario aiuta a distendere i nervi contribuendo a far diminuire la pressione. L’enorme varietà di pesci normalmente esistenti in commercio (sono oltre cinquecento) offre un’infinità di possibilità di scelta sul modo nel quale “decorare” il proprio acquario. Il prezzo degli animali varia da poche kune per le specie più comuni fino a raggiungere svariate migliaia di euro per quelle più rare e spettacolari. Analogo è il discorso che si deve fare per quanto concerne l’esborso legato all’acquisto di un acquario inteso come contenitore. Il prezzo dipende anche dalla qualità dell’attrezzatura elementare (purificatori, termometri, ossigenatori...). Nei negozi specializzati o tramite Internet si può acquistare una miriade di optional: città sommerse, modellini di vascelli, aerei della Seconda guerra mondiale e chi più ne ha più ne metta. Dobbiamo ammettere di non essere stati del tutto onesti nei vostri confronti quando in precedenza ab- biamo affermato che per tenere dei pesci in casa sia sufficiente dare loro da mangiare una volta al giorno. Per chiarirci, ciò è vero se vi accontentate di un acquario spoglio o quasi. Se, invece, desiderate ricreare all’interno della vasca un’ambientazione che simuli alla perfezione l’habitat naturale di fiumi, laghi, mari o ocea- ni nei quali prolificano le specie che avete deciso di adottare, la cura dell’acquario si trasforma in un lavoro certosino che richiede moltissimo tempo e grande dedizione. Se vi siete decisi ad allestire in casa un acquario è essenziale prima di tutto decidere di quale tipo dovrà essere. Gli acquari si differenziano tra quelli ad acqua salata o marina e quelli ad acqua dolce. Anche i pesci non sono tutti uguali, si distinguono tra quelli tropicali e quelli che necessitano di vivere in acque fredde. Ovviamente l’acquario non deve necessariamente essere colonizzato con i pesci, si possono utilizzare anche granchi, tartarughe o altri animali ancora. Gli acquari possono essere adornati sia con vegetazione artificiale (piantine in plastica molto simili agli originali), oppure coltivata. Se si opta per questa seconda possibilità bisogna essere consci che ci si assume un compito assai arduo. Far crescere una pianta è già difficile in condizioni normali, quando si tratta di vegetali acquatici le difficoltà crescono esponenzialmente. Bisogna anche essere dotati di un equipaggiamento adatto. Le giovani piante, infatti, devono essere coltivate in un vaso apposito, una precauzione necessaria ad evitare il rischio che gli animali presenti nel vero acquario non le rovinino prima che abbiano avuto il tempo e il modo di raggiungere la maturità. Solo una volta che la pianta ha raggiunto il giusto grado di maturazione può essere trapiantata, un’operazione che richiede una delicatezza straordinaria. Solitamente ai principianti si consiglia di scegliere prima la flora dei propri acquari, di farla maturare e solo in seguito di procedere all’acquisto e all’introduzione della fauna. Figuratevi che esistono delle persone che una volta ottenuto il risultato voluto con le piante ornamentali decidono di non inserire i pesci nell'acquario. RETTILI Vissero a fianco dei dinosauri I coccodrilli sono fossili viventi A cura di Igor Kramarsich E sistono tra noi esseri che hanno vissuto assieme ai dinosauri. Non sono in grado di raccontarci come fosse la preistoria. Tuttavia, esaminandoli gli studiosi sono stati comunque in grado di risalire a una quantità eccezionale di informazioni fondamentali utili per permetterci di carpire i segreti che hanno reso possibile la vita sul nostro pianeta. Stiamo parlando dei coccodrilli che sono un ordine di rettili sopravvissuti per millenni quasi immutati. Questi potenti animali comparvero tra il Triassico superiore e l'inizio del Giurassico e da allora continuano a popolare la terra grazie alle loro imbattibili caratteristiche, fisiche e comportamentali, che sono rimaste pressoché inalterate nel tempo. A causa di ciò, il coccodrillo può essere considerato un vero e proprio fossile vivente. Caratteristiche fisiche Il loro corpo è allungato e ricoperto di scaglie, solitamente di colore scuro sul dorso e chiaro sul ventre. La testa è triangolare, dotata di narici all'estremità della mandibola e occhi sporgenti. La lunga coda dall'estremità piatta e le zampe palmate rendono i coccodrilli nuotatori formidabili. Raggiungono dimensioni impressionanti. La lunghezza varia dal me- tro e mezzo ai sette metri. A seconda delle specie il peso può variare dai venti chilogrammi a circa una tonnellata. Comportamento I coccodrilli sono predatori che tendono a vivere raggruppati assieme ai propri simili, anche se non si può parlare di strutture sociali tipo branco. Questo modello sociale a volte è sovvertito radicalmente, e gli esemplari adulti tendono a difendere in modo estremamente aggressivo le proprie zone di caccia. Le prede dei coccodrilli sono principalmente i pesci e i piccoli vertebrati. Quando raggiungono il pieno sviluppo attaccano con successo anche animali molto grandi, quali i bovini. La caccia avviene per agguato, avvicinandosi alla preda inconsapevole dall'acqua, restando semisommersi. La pesca può avvenire in immersione, catturando i pesci grazie alle notevoli doti natatorie di cui sono dotati o posizionandosi a fauci spalancate in attesa che la preda si infili loro in bocca, una curiosa tecnica che è stata osservata nel coccodrillo del Nilo. Possono digiunare per lunghi periodi di tempo (si ritiene fino a sei mesi). Sono in grado di muoversi per tratti prolungati anche a terra con andatura sostenuta, sollevando- si sulle zampe. Tuttavia, soprattutto gli esemplari più piccoli, tendono ad avere un comportamento circospetto quando sono lontani dall'acqua e vi si rituffano appena possibile. La femmina adotta cure parentali nei confronti dei piccoli, vigilando sulla loro incolumità per diverse settimane. Essendo eterotermi, si devono riscaldare trascorrendo una parte della giornata al sole. Durante queste pause sulle rive dei fiumi o dei laghi, alcune specie di coccodrilli interagiscono con il piviere un uccello che ripulisce loro la bocca da parassiti e residui alimentari. Habitat Reperibile pressoché in tutte le aree equatoriali e tropicali del pianeta. I coccodrilli vivono lungo il corso di fiumi, nei laghi, nelle zone paludose e alcune specie si spingono persino in mare per lunghi tratti. Per nidificare preferiscono terreni umidi e ombreggiati, dove possono scavare facilmente il nido e ricoprirlo di materia vegetale (per assicurare una temperatura costante grazie al calore generato dalla decomposizione di quest'ultima). I coccodrilli si trovano all’apice della catena alimentare e in quanto tali hanno un ruolo assai importante in natura. L’unica vera minaccia che grava su di loro è la caccia praticata dall’uomo. In molti Paesi la caccia a questi rettili è stata proibita, ma continua a essere praticata abusivamente. Il bracconaggio è alimentato principalmente dal mondo della moda. La pelle di questi animali, infatti, raggiunge quotazioni astronomiche. animali 3 Mercoledì, 18 luglio 2007 FELINI Il cacciatore di topi al soldo dei Templari Il gatto certosino amico dei monaci POESIE A cura di Sabrina Ružić “S e è vero che il gatto persiano è il gatto dei re, è altrettanto vero che il gatto certosino è il re dei gatti!!!!!” Come avrete di certo potuto intuire il terzo capitolo della storia sulle razze feline lo dedichiamo al gatto certosino. Uno splendido animale che per la sua specificità viene, non senza modestia, definito il sovrano dei felini domestici. Il certosino è una delle razze feline più antiche. È stato importato in Europa dall'oriente dai cavalieri templari nel 1100 d.C. circa. Resta imprecisata la provenienza: non si sa se sia originario dell'Iran o della Turchia. Una leggenda narra che i Crociati che tornavano dalle spedizioni in Terra Santa venivano ospitati nelle certose. Per sdebitarsi con i monaci dell'ospitalità offerta, alcuni Templari regalarono ai religiosi una coppia di gatti dall'esotico mantello grigioblu. Essi avevano la fama di essere dei grandi cacciatori di topi. Attratti da tale dote i frati iniziarono ad allevarli allo scopo di proteggere sia i granai sia le scorte alimentari, come pure per evitare la distruzione di preziosi manoscritti. D’altra parte, contrariamente alle leggende non esistono prove scritte che questi gatti siano stati effettivamente allevati nelle certo- se dai monaci cistercensi, né che la tonalità del loro manto peloso ispirò il colore del saio dei monaci certosini. Il certosino è stato allevato, in epoca moderna, a partire dagli anni '30 del secolo scorso in Francia dalle sorelle Léger. In principio iniziarono ad allevare dei gatti blu che comparivano numerosi in un'isola dell'Atlantico. Pochi anni dopo la loro gatta Mignonne fu dichiarata all'esposizione di Parigi il più bel gatto certosino del mondo. Nello stesso periodo si è sviluppato un allevamento di gatti blu nella zona del massiccio centrale francese. Si trattava di gatti decisamente più robusti di quelli di origine atlantica. Dopo la Seconda guerra mondiale il certosino rischiò l'estinzione. Allo scopo di salvaguardarli furono operati degli incroci con altre tipologie di gatti, soprattutto con il British blue, la razza considerata la più simile al certosino. Nel 1977, però, la Federazione internazionale felina stabilì la definitiva distinzione tra i certosini e i British blue. La corporatura Il certosino è molto robusto e ha una corporatura massiccia. Non si può non notare una marcata differenza tra la femmina e il maschio. La prima, di indole più indomita e attiva, raggiunge pesi e dimensioni tipiche del gatto domestico (altrimenti noto come "gatto europeo"). Il maschio può invece raggiungere pesi e dimensioni considerevoli, arrivando persino a superare i dieci chilogrammi. Il maschio, inoltre, sviluppa al di sotto del mento due ali di pelle che gli donano un aspetto regale. Il petto è largo e imponente, le spalle ampie, larghe e muscolose, le zampe corte con ossatura sottile. I piedi sono piccoli e rotondi con i cuscinetti grigi con tonalità rosa o marrone. La testa è molto grossa e le guance sono ben marcate. La parte inferiore delle guance, tonde, basse e piene, conferisce alla testa una forma di trapezio tondeggiante rovesciato. Il muso non ha punta: sembra stretto rispetto alla testa. I cuscinetti dei baffi sono molto sviluppati e insieme al pinch pronunciato donano al certosino un'espressione dolce con l'aspetto tipico del sorriso. Il naso è grigio-ardesia, dritto e largo. Le orecchie, strette alla base, di grandezza media e arrotondate in punta, sono poste in alto sulla testa. Gli occhi sono di color ramato arancio o cuoio. Sono grandi, ben aperti e molto espressivi. La coda è larga alla base e tende ad assottigliarsi leggermente in punta. Non è troppo lunga ed è di colore identico al mantello. Il pelo è lucido fitto, non cascante perché sostenuto da un folto sottopelo leggermente rialzato. La pelliccia del certosino è lanuginosa, particolarmente idrorepellente e permette a questo gatto di adattarsi a tutti i climi e a sopportare bene sia il freddo sia l'umidità. Il mantello Il pelo grigio con riflessi di blu può avere sfumature che variano dal color cenere fino al color ardesia. Tutte le tonalità sono ammesse nello standard di razza, ma la più apprezzata è il grigio blu chiaro. Ai raggi del sole, il mantello, per un fenomeno di rifrazione, assume sfumature di colore azzurro-viola. Secondo lo standard non deve esistere differenza di totalità tra mantello e sottopelo, il mantello deve apparire uniforme senza ombreggiature, mentre la presenza di riflessi bruno-rossi e la presenza di peli bianchi costituisce un difetto. Alla nascita il pelo del cucciolo di certosino è striato, nei primi mesi di vita le striature tabby sbiadiscono lasciando il caratteristico e uniforme colore blu sul mantello. Le caratteristiche principali Come ogni vero felino che si rispetti, anche il certosino è un animale schivo, riservato, timido, docile e affettuoso. Non patisce di solitudine, anche se non bisogna abusare di questa sua caratteristica per lasciarlo ripetutamente solo per lunghi periodi. È un animale poco invadente, calmo e molto equilibrato. È dignitoso, desidera essere rispettato, sarà lui a stabilire il momento del gioco o delle coccole. Il certosino, grazie alla sua simpatia e dolcezza, tende a conquistare e ad affezionarsi a tutti i membri della famiglia. Le sue manifestazioni d'affetto sono riservate alle occasioni speciali, ed è per questo che ogni suo gesto è considerato estremamente prezioso. In genere è il maschio a essere più tollerante rispetto alla femmina, che a sua volta è molto timida e schiva, ad eccezione del momento del parto, quando richiede la presenza del padrone almeno fino alla nascita del primo gattino. Il certosino non è un gatto chiassoso, il suo miagolio è gentile e sommesso. Il gatto di Leopold Persidi Non a tutti, ma concede i suoi affetti a chi ne è degno. Tranquillo, affezionato alle sue abitudini, tiene all’ordine, alla pulizia… nella sua tenerezza manterrà sempre la sua libertà. Non farà mai cose irragionevoli, se affezionato sentirete l’intimità degli affetti. Simboleggia la donna, la femminilità. Dalle dimensioni delle sue pupille, si può calcolare l’ora del giorno. Carattere indipendente, obbedisce quando vuole da sembrare un ingrato, non lo è, a volte ama star solo, ha paura e diffida della società. Gli antichi Egizi ne compresero l’utilità e l’importanza dei benefici ottenuti, per salvare le derrate alimentari dall’invasione dei topi, tanto da farne un’animale sacro. Perseguitato negli anni bui del Medio Evo, non capito ai giorni nostri, molestato, tormentato dalla teppaglia, vessato e condannato a morte, poiché ignoranti, dalle stesse autorità incivili, che non calcolano meschini, le spaventose invasioni murine nelle città. Il gatto è la duna del deserto di Benito Sablone Bianca la luna a febbraio la terrazza è smisurata Il gatto è la duna del deserto che assedia la città Indistinta – più in là abita un’altra razza 4 animali Martedì, 18 luglio 2007 Martedì, 18 luglio 2007 5 CINOFILIA Un animale energico e riflessivo Il pastore maremmano-abruzzese A cura di Tosco Cicala Q uesto cane da pastore per la difesa delle greggi, dalla storia millenaria, è considerato razza unica dal 1.mo gennaio del 1958. In quella data l’Ente nazionale per la cinofilia d'Italia (ENCI) ha approvato lo standard attualmente in vigore ponendo così fine alle polemiche tra cinofili maremmani e abruzzesi. Di grande somiglianza con il kuvasz ungherese, il pastore dei Tatra polacco e il cane da montagna dei Pirenei, si ritiene che il maremmano-abruzzese discenda dai cani da pastore del Medio Oriente. Più difficile è stabilire il modo in cui il maremmano-abruzzese si è diffuso nel centro-sud Italia (Maremma toscolaziale, Abruzzo, Molise, Tavoliere delle Puglie). Le ipotesi sono molte, quasi infinite. Secondo alcuni giunse dall'Ungheria, terra nella quale arrivò assieme ai cumani, una popolazione tartara che si era spostata in Occidente spinta dalla pressione dell’avanzata mongola. La sua conoscenza è accertata già in epoca romana come dimostra lo scritto “Rerum Rusticarum” di Marco Terenzio Varrone: “Deve avere un bello sguardo, essere di grande taglia con occhi scuri o grigio giallastro… la testa è grande; le orecchie sono pendenti; spalle e collo larghi, arti lunghi e diritti…la coda spessa, il latrato profondo, il manto preferibilmente bianco affinché si possa distinguere e l’aspetto generale leonino”. Al primo secolo dopo Cristo risale il “De re rustica” di Columella. Si tratta di un testo sugli animali domestici che si occupa anche dei cani da pastore: “Il pastore desidera disporre di cani bianchi, affinché essi non vengano confusi con gli animali selvaggi… il suo compito principale è quello di rincorrere il lupo… deve essere potente e vivace. Il cane da pastore con corpo slanciato eccelle su quello a corpo corto”. Un animale molto simile all’attuale maremmano-abruzzese è raffigurato anche in affreschi medioe- Lo standard essenziale Aspetto Generale: è una cane di grande mole, con una forte costituzione e di aspetto maestoso. La sua conformazione è quella di un grande mesomorfo (quando la lunghezza del tronco supera l’altezza al garrese). Testa: è la parte del cane di maggiore importanza, si presenta grande e forte, di spiccata conicità, tale da poter essere paragonata a quella dell’Orso polare. Occhi : sono obliqui e ben distanziati l’uno dall’altro, di colore che va dall’ocra al marrone scuro. La forma a mandorla dona al cane uno sguardo ardente e determinato. Collo: è poderoso e muscoloso, corto e sempre privo di giogaia, circondato da una folta criniera, ma solo nei maschi adulti. Arti: giustamente proporzionati al resto del corpo, forti e robusti, devono essere perfettamente paralleli e perfettamente a piombo. I piedi sono larghi e rotondeggianti con ditta ben serrate. Coda: è tenuta bassa a riposo, viene sollevata soltanto in eccitazione. È ben guarnita di folto pelo. Muscolatura: è assai potente e ben sviluppata in ogni parte del corpo. Tartufo: è molto grande è solitamente nero, ma in alcuni soggetti, può avvenire un lieve calo della pigmentazione, soltanto in inverno (tartufo invernale), per poi ritornare del colore indicato nella stagione calda. Denti: sono completi nello sviluppo e nel numero. Devono avere la chiusura a forbice. Mantello: è di colore bianco latte, il pelo è lungo e folto, liscio o lievemente ondulato, mai cadente ma sparato, forma nei maschi, un ricco collare attorno al collo, che ricorda la criniera dei leoni. Altezza e Peso: gli esemplari maschi raggiungono un’altezza al garrese che varia dai 67 ai 73 centimetri. Il loro peso oscilla tra i 50 e i 60 chilogrammi (non sono rari gli esemplari che arrivano a superare abbondantemente tale peso). L’altezza delle femmine è compresa solitamente tra i 60 e i 68 centimetri al garrese. Il loro peso varia tra i 35 e i 45 chilogrammi. vali e dipinti del ‘600 e del ‘700. Lo standard ufficiale prevede che il maremmano-abruzzese sia un cane di grande mole, d’aspetto rustico ma al contempo distinto e coraggioso, d’espressione intelligente e carattere docile, ma feroce quando difende il gregge e la proprietà. La testa, grossa e conica, ricorda quella dell’orso bianco, le orecchie sono piccole e triangolari, gli occhi scuri, il tartufo con margine grosso, la dentatura a forbice stretta e il collo forte, dal pelo lungo e folto che forma collare. Il maremmano-abruzzese d’oggi rappresenta il frutto di una millenaria selezione legata alla pastorizia transumante, oggi ancora diffusa in Abruzzo dove d’inverno il bestiame scende nel Tavoliere pugliese. Da sempre i pastori hanno avuto un ruolo fondamentale nella selezione di esemplari omogenei che fossero idonei all’impiego richiesto. Per quanto riguarda il carattere si tratta di cani fieri e indipendenti che non necessitano d’addestramento. Anzi odiano le costrizioni e hanno un forte senso d’autodisciplina. Notevole è la loro perspicacia così come il senso di responsabilità per il loro dovere, ossia la guardia della proprietà e la difesa del gregge. Sono cani ru- stici, non necessitano di particolari cure e amano vivere all’aperto. Le femmine sono madri meravigliose capaci di allevare cucciolate molto numerose. I cuccioli sono molto precoci e coraggiosi. Il cane destinato a lavorare con il gregge deve essere energico e riflessivo. Il suo scopo è di imparare a conoscere le pecore che deve custodire una a una e farsi accettare come loro tutore. Non deve essere isterico, ululare e creare panico. Oggi questo vigile custode del gregge e coraggioso guardiano sta riscuotendo un discreto successo anche nel campo della protezione civile. Il maremmano-abruzzese è sempre più spesso impiegato pure come cane da compagnia. Tutti gli anni il Circolo del pastore maremmano-abruzzese organizza una decina di raduni e mostre, oltre a favorire l’iscrizione al Libro italiano dei soggetti tipici utilizzati nel governare i greggi. Nonostante il suo tardivo apprezzamento da parte della cino- filia ufficiale (bisognerà attendere gli anni ’50 del secolo scorso per assistere alla nascita di una società specializzata per la tutela e l’incremento della razza), oggi il maremmano-abruzzese è piuttosto diffuso anche all’estero. La razza conta numerosi estimatori in Olanda, Svezia, Svizzera e soprattutto Gran Bretagna, dove gli allevatori investono notevoli sforzi allo scopo di reperire grandi riproduttori. I britannici sono soliti acquistare cucciolate nate da femmine italiane, lasciate partorire nei canili di quarantena. Ancora attuali sono le parole pronunciate dal principe Tommaso Corsini nel 1913: “…Se cercate ubbidienza e sottomissione state lontani dalla nostra razza, ma se apprezzate l’amicizia liberamente offerta e ricevuta, un pizzico di umorismo e molti insegnamenti sulle regole che governano la vita selvatica, un Maremmano tipico è quanto di meglio potrete trovare”. Maremma vs Abruzzo Nessuno può affermare con assoluta certezza quale sia la vera terra d’origine del pastore maremmano-abruzzese. C’è chi afferma che si tratti della Maremma e chi è convinto che sia invece l’Abruzzo. In un certo senso hanno ragione entrambe le scuole di pensiero. Il termine pastore maremmano-abruzese fu coniato nella seconda metà degli anni Cinquanta del secolo scorso. In quel periodo le vaste pianure della Maremma, erano appena state bonificate ed era da poco iniziata, anche in quella zona d'Italia, la transumanza dei pastori. Mentre, in altre regioni dell’Italia centro-meridionale, quali il basso Lazio, la Puglia, la Campania e soprattutto l'Abruzzo, la transumanza avveniva già da molti secoli. Erano pertanto rarissimi gli esemplari di pastore abruzzese che, scortando il gregge, si trovavano in Maremma. Ma ciò nonostante, si volle lo stesso dare al nome del cane, una certa appartenenza a quella terra. La ragione di tale scelta è sconosciuta. Una delle giustificazioni più plausibili consiste nel merito che spetta ai toscani nell’opera di salvataggio della razza. L’abruzzese, infatti, alla fine della Seconda guerra mondiale sembrava destinato ad una fine ineluttabile. In secondo luogo, a un comprensibile ma deleterio disinteresse da parte di chi in quel periodo aveva la possibilità di preservare intatte le caratteristiche fondamentali della razza abruzzese e non lo fece. La selezione portata avanti dagli allevatori toscani, si concentrò quasi esclusivamente sull'aspetto mor- fologico e meno su quello caratteriale. Secondo i dogmi del tempo il cane ideale doveva essere gestibile, tranquillo, meno reattivo e maggiormente orientato al contatto con le persone. Gli stessi fautori dello standard, si ispirarono, nella preparazione del medesimo, alla linea di sangue selezionata dai toscani, unificando poi, in un'unica razza le due tipologie, fino a quel momento nettamente differenti tra loro. La fusione delle razze, avvenne a discapito dell'abruzzese, che fu di fatto mortificato alle caratteristiche morfologiche e caratteriali di un cane più da "cortile" e da esposizione, che da lavoro. Quando i selezionatori del pastore maremmano, si resero conto delle più o meno gravi carenze caratteriali e fisiche ottenute, per potervi porre rimedio, ridando struttura, tempra, ma soprattutto carattere, ai cani dei loro allevamenti iniziarono ad attingere dal patrimonio genetico puramente abruzzese. Oggi continuano a esistere grosse differenze tra le due linee di sangue. All'interno di ciascuna delle due manca ancora una certa omogeneità di tipo. È questa il motivo dell’esistenza di soggetti che presentano evidenti differenze morfologiche tra loro, pur discendendo dallo stesso ceppo genetico. A tale problema, non si è ancora posto rimedio a causa dei grossi contrasti tra i sostenitori del cane di tipo Maremmano e quelli a favore del tipo Abruzzese, dissapori troppo spesso alimentati dalla fame di denaro e non dalla passione per uno splendido animale. 6 animali Mercoledì, 18 luglio 2007 MITOLOGIA«Semper edem» (sempre la medesima) RACCONTI Donne e cani La pietraia brulla, abbacinante, che s’estende dal mare su verso i picchi, mostri incatenati, tutto un groviglio di corpi possenti resi di gesso da chissà quale incanto, mi schiaccia sulla poltrona dell’autobus che sfreccia lungo la litoranea. E sono assurdi i nuovi alberghi, le osterie, i campeggi, gli enormi cartelloni della pubblicità. Non come i fazzoletti di terra stranamente verdi, i pochi alberi difesi da muricce innalzate con centenaria tenacia, fortezze contro la bora che cala giù come una furia per sciogliersi chissà dove, sul mare, e si porta via tutto al suo passaggio, persino la poca terra. Al riparo, nei dossi più ascosi, casettine coi tetti rossi, bianche di calce, tanto piccole che non si capisce come abbiano fatto ad ospitare nei secoli, uomini tanto massicci come quelli che vivono da queste parti.(...) (...)Poi vengono avanti il primo cane e la prima donna. L’animale nel vedermi drizza il pelo, le fauci aperte, gli occhi di fuoco. Ma un richiamo della donna basta a farlo ammansire. Lei cammina facendo girare un fuso con annoiata sicurezza. Accanto le trotterella un somaro, sfiancato sotto un gran fascio di legna. Mi sorride la donna e ricompone pudicamente con una mano la treccia sotto il fazzoletto bianco. Si lamenta per quell’asino bolso che proprio non ce la fa a scendere più rapido per il sentiero scosceso e lei ogni tanto deve rimettergli a posto il carico e per farlo, deve riporre il fuso e la rocca, così il lavoro rimane indietro. Se ne va borbottando col suo sorriso, col suo cane ringhioso, con il suo asinello sfiancato. Il fuso nella sua mano riprende subito a prillare, ballerino. Più avanti incontro una casetta con un grande tiglio davanti. Sotto, all’ombra, se ne sta seduta una vecchia, con un più vecchio cane al fianco. Che neanche si alza, la bestia spelacchiata, per abbaiare. Forse non ce la fa neppure e mi guarda soltanto, con due occhi grigi, quasi spenti. La padrona sta sfogliando dei rami: - Per il maiale, - mi dice. - Per il maiale? - Finché è giovane, vanno bene pure le foglie. Così diventa più lungo. Sa, noi siamo tre donne, tre donne sole. I miei figli? Lavorano in Germania. La nuore sono rimaste con me. A tirare avanti. La terra è su per il Tuhobić, tutta da zappare, ma le nostre patate le richiedono gli alberghi più lussuosi di Abbazia. Certo, se l’orso non se le va a scavare prima. Quando torneranno, i figli si costruiranno una casa vicino al mare, hanno già acquistato il terreno, ed io rimarrò qui sola. - Il cane mi guarda sornione ancora una volta e poi con uno sbadiglio s’addormenta. Sorride la vecchia, d’un sorriso rassegnato e buono e aggiunge: - Speriamo che tornino presto, i figli, perché io sono così vecchia che potrei anche morire. E allora chi mi porterà in cimitero? Sono quasi due ore fino al paese, due ore fino a Zlobin… - Ci vorranno più uomini per portare una bara… - No, no! senza bara. Chi ci passa con una bara per questi nostri sentieri? Il vestito pulito, quello sì. Mi porteranno giù come hanno portato via tutti gli altri che son partiti da qui senza far ritorno: sulle spalle. Proseguo verso il monte. Ormai la vetta è a portata di mano ma io non ho più voglia di camminare. Mi siedo su una muriccia e guardo una serpe che se ne va tranquilla tra i sassi. In alto vola un falco e non so bene se s’è accorto del rettile perché se ne va planando pian piano in un giro sempre più ampio. Poi, come un bolide, arriva un cagnaccio nero abbaiando come un forsennato. Io mi alzo impaurito. Ma non è con me che ce l’ha: ha visto la serpe ed impegna un corpo a corpo che in breve lo vede vincitore. Viene avanti una donna reggendo un bimbo in braccio. Avrà una cinquantina d’anni. Chiama il cane, che uggiola ora, e salta attorno alla serpe che si srotola pian piano negli ultimi sussul- ti dell’agonia. Si ferma la donna e, di tasca, tira fuori un poppatoio che porge al bambino. - Suo nipote? – chiedo accennando al bimbetto, tutto tirato a lustro. - No, no… - Suo figlio? Possibile? - È il figlio di una conoscente. Sua madre è a lavorare in un albergo della riviera. Me l’ha affidato. Glielo tiro su come ho tirato su altri, finché lei non ritorna, finita la stagione… Sono stata giù, dal dottore... Pulisce la donna la boccuccia del bimbo con una pezzuola bianca e poi se ne va col suo cane, su per il sentiero tra la pietraia. Proseguo, arrivo a fatica in vetta, resto per un po’ a dormire tra l’erba secca con attorno una pace colma di riverberi. Quando mi sveglio - il sole ormai sta tingendo di rosso la barriera di gesso messa a ventaglio sotto il Tuhobić, - viene avanti un altro cane. È un cane brutto, grigio, con le orecchie a brandelli sicuramente per i combattimenmti per qualche femmina dietro i pagliai delle casupole galleggianti sulla pietraia. È un cane buono. Mi guarda, mansueto si accuccia senza fiatare e, quando mi decido ad andarmene giù, mi segue finché arriva il buio di quella giornata corta d’autunno. Mario Schiavato La storia della fenice A cura del dott. Marco Grilli L a fenice, il favoloso uccello sacro nominato la prima volta in Egitto, originò molte credenze nei tempi antichi. Nella fervida immaginazione delle prime civiltà era presentata simile all’aquila reale, con lunghe zampe, il becco affusolato, il collo dorato, le piume del corpo rosse e azzurre e le ali colorate d’oro e di porpora. Due lunghe piume, una rosa e l'altra azzurra, rimanevano erette sulla testa o la incorniciavano con leggiadria. Nelle leggende dei popoli antichi molti animali, conosciuti per fisionomia e abitudini, venivano trasfigurati in chiave mitica ed esoterica, oppure arricchiti di nuove qualità cariche di significati simbolici. La maggior parte degli storici considera la fenice un frutto della fantasia dei seguaci del Dio-Sole, anche se per i suoi tratti salienti può essere accostata al fagiano dorato, all’ibis o al pavone come nel caso della Bibbia, o più probabilmente all’Ardea purpurea (l’airone rosso, in egiziano detto bòjinev). Gli Antichi egizi usavano festeggiare il ritorno del primo airone cine- reo sopra il salice sacro di Eliopoli, evento beneaugurante di gioia e speranza. In uno dei suoi aspetti quest’animale sacro rappresenta il continuo ripetersi dei cicli della storia universale. Se consideriamo l’influenza della disposizione dei pianeti nella vita terrestre, nelle impenetrabili leggi universali accade che i corpi celesti tendano ad assumere le stesse posizioni reciproche a distanza di un certo periodo. L’anno platonico, ossia il lasso di tempo che intercorre tra l’identica disposizione dei pianeti pari a 12.994 anni, si ripeterebbe dunque all’infinito perpetuando lo stesso ciclo di eventi. Ecco quindi la fenice, simbolo vivente di questo ciclo cosmico, destinata come l’universo a morire nel fuoco e risorgere da esso, in quest’inesorabile circolarità della storia. Secondo l’antica testimonianza di Erodoto, la fenice, un uccello sacro dalle forme simili a quelle dell’aquila, distinto per il piumaggio color oro brillante e rosso regale, ogni cinquecento anni compiva il volo dall’Arabia alla città sacra di Eliopoli in Egitto, portando con sé le spoglie imbalsamate del padre all’interno di un uovo di mirra, che veniva deposto nel tempio del Dio Sole e poi bruciato. Eliopoli assunse particolare importanza nell’Antico Regno, quando divenne sede del culto del Dio Sole Ra, ritenuto il capostipite dei faraoni. Nello stesso centro si conservava il “benben”, la pietra solare degli egizi la cui forma ispirò le piramidi. Un altro interessante resoconto sulla fenice è presente nelle “Metamorfosi” di Ovidio: “C’è un solo uccello che da sé si riproduce e risemina; gli Assiri lo chiamano fenice. Si ciba non di frutta o fiori, ma d’incenso e resine odorose… Dopo aver vissuto cinquecento anni, con le fronde di una quercia si costruisce un nido sulla sommità di una palma, ci ammonticchia cannella, spigonardo e mirra, e ci s’abbandona sopra, morendo (…). Dal corpo del genitore esce una giovane fenice, destinata a vivere tanto a lungo quanto il suo predecessore. Una volta cresciuta e divenuta abbastanza forte, solleva dall’albero il nido e lo porta alla città di Heliopolis in Egitto, dove lo deposita nel tempio del Sole”. Moltissimi scrittori antichi scrissero sulla fenice in molteplici varianti; direttamente a Ovidio s’ispirò Dante, che nel suo Inferno trasformò la magia in dramma morale: “Così per li gran savi si confessa che la fenice more e poi rinasce, quando al cinquecentesimo anno appressa; erba né biado in sua vita non pasce, ma sol d’incenso lagrime e d’amomo, e nardo e mirra son l’ultime fasce”. Nelle leggende ebraiche la fenice fu l’unico animale che rimase insensibile alle lusinghe di Eva e per questo ricompensata da Dio che la pose in una città fortificata dove potesse vivere in pace per mille anni. Al termine di quest’arco temporale, bruciava e risorgeva da un uovo sorto dalle sue stesse ceneri. Anche il Cristianesimo risentì di queste influenze, tanto che la fenice fu accostata a Gesù Cristo e divenne il simbolo paleocristiano della resurrezione e dell’immortalità. La sua immagine è frequente nelle catacombe ed è citata anche dal primo bestiario cristiano, “Il Fisiologo”: “C’è un altro volatile che è detto fenice, Nostro Signore Gesù Cristo ha la sua figura”. Perfino l’Oriente celebra le virtù di quest’uccello sacro, veggente e onnisciente. In Cina è una delle quattro creature magiche che presiedono al destino del Paese, personificazione delle forze primordiali dei cieli. Affascina ancora oggi il mito di un essere unico e ineguagliabile (non a caso il modo di dire “essere una fenice”), “semper edeam” (sempre la medesima) come il sole che tramonta e risorge, nascosta e introvabile come nei celebri versi del Metastasio: “Come l’araba fenice, che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”. Il Teatro Fenice di Fiume animali 7 Mercoledì, 18 luglio 2007 VETERINARIA Un pericolo per uomini e animali Leishmaniosi, un disturbo che può costare caro A cura della dott.ssa Marta Braščić L a Leishmaniosi è una malattia conosciuta da centinaia d’anni. Colpisce l’uomo e numerosi animali. È molto diffusa nei Paesi del Mediterraneo, tanto da suscitare la preoccupazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Si tratta di una parassitosi provocata da un protozoo del genere Leishmania a localizzazione intracellulare che viene trasmessa da piccoli insetti ematofagi (Phlebotomus). Ciclo biologico Il ciclo biologico della Leishmania è complesso per la necessità del microrganismo (dixeno) di sfruttare un ospite intermedio, l'insetto vettore, e di uno definitivo, l’ospite vertebrato. Nell'ospite definitivo: uomo, cane, gatto, altri animali domestici o selvatici, le Leishmanie possono presentarsi sotto forma di amastigote. I parassiti, precedentemente iniettati in forme infettanti attive dal vettore attraverso la puntura al pasto di sangue, scatenano la reazione immunitaria dell'ospite e vengono inglobati nella linea cellulare monocita-macrofagica. All’interno del citoplasma cellulare, gli amastigoti si moltiplicano per scissione binaria e con la rottura della cellula parassitata, vengono liberati per andare a invadere altri macrofagi. Gli amastigoti, ingeriti dal flebotomo femmina quando esercita l'ematofagia sul mammifero infetto, arrivano all’intestino endemiche, l’altitudine, la temperatura ed il tasso di umidità ma anche dalle condizioni sanitarie del cane e dalla sua capacità immunoreattiva. Sintomatologia Il periodo d'incubazione nel cane può variare da decine di giorni a qualche anno. L'età dei cani colpiti va da uno a undici anni anche se vi sono più frequentemente soggetti quelli di età compresa tra i tre e i sette anni. La sintomatologia è molto diversa, ha decorso normalmente subacuto-cronico anche se ci sono segnalazioni di malattia silente e asintomatica. Nel cane infetto si riscontra una grave alterazione del quadro siero-proteico con aumento della protidemia totale, con riduzione delle albumine e Patogenesi La presenza dei flebotomi è stagionale, da maggio a ottobre, ma questa periodicità non si riflette sull’andamento della malattia nell’ospite definitivo. La diffusione della malattia è influenzata da molti fattori ambientali tra cui la densità dei flebotomi nelle aree Terapia e profilassi La Leishmaniosi è di sovente difficilmente curabile, spesso si ha solo una regressione di tutti i sintomi ma non si arriva alla completa guarigione con negativizzazione dei test sierologici. Esistono vari protocolli di somministrazione di farmaci con costi più o meno elevati. È stata dimostrata pure l'efficacia di alcune sostanze immunostimolanti a fini terapeutici. La profilassi consiste soltanto nella lotta al vettore o nell’uso di repellenti da applicare all’animale. BIOLOGIA Il trucco c’è ma non si vede Il mimetismo nel regno animale A cura della prof.ssa Mila Mariani Šubat I Un cane malato di Leishmania La Leishmania vista al microscopio dell’insetto dove avvengono alcune fasi di sviluppo e di moltiplicazione del microrganismo. Le forme flagellate che hanno origine da tale processo sono paramastigoti (reperibili nella faringe, nel piloro e nell’ileo dell'insetto infestato) e promastigoti (localizzati nello stomodeo del flebotomo vettore), dalle dimensioni dell’ordine di micron (µ). Il ciclo biologico della Leishmania nell’ospite invertebrato dura dai quattro ai venti giorni e dipende molto dalle condizioni climatiche ambientali. Il flebotomo è sensibile a temperature al di sotto della media estiva. Il contagio di un nuovo ospite definitivo avviene durante il pasto di sangue, attraverso l'inoculazione dei promastigoti metaciclici infettanti dall’apparato buccale (stomodeo) dell’insetto femmina al sottocute del mammifero. ai segni esterni evidenti, percepisce una linfoadenomegalia alla palpazione dei linfonodi esplorabili, soprattutto dei prescapolari e dei poplitei ma arriva alla conferma della presenza di Leishmania soltanto attraverso test ambulatoriali (ematologici, sierologici e bioptici). aumento delle gammaglobuline. Si osservano gravi danni ai tessuti e scompensi funzionali a carico di rene, occhio, membrane sinoviali e cute. Le reazioni innescate dal parassita portano inoltre a granulomatosi diffusa, amiloidosi, e una grave immunodepressione. A parte le lesioni cutanee, la linfoadenopatia periferica, le numerose flogosi (congiuntivite, uveite, rinite, vasculite, glomerulonefrite, miosite e poliartrite) e l’epistassi; il cane presenta onigrifosi, anoressia o aumento dell’appetito, dimagramento, febbre (nella fase acuta) e disturbi della deambulazione. I segni più importanti sono quelli cutanei che si presentano come una dermatite secca esfoliativa (squame furfuracee), simmetrica e non pruriginosa di natura cronica. La localizzazione è soprattutto a livello perioculare, nasale e auricolare con la frequentemente formazione di ulcere sui cuscinetti plantari e sulle prominenze ossee. l mimetismo è la ragione per la quale molti animali presentano forme e colorazioni tali da farli assomigliare o al substrato sul quale vivono o ad altre specie sistematicamente diverse. Anche nel caso di questo fenomeno la natura si esibisce in una moltitudine di ingegnose soluzioni. La colorazione adattativa che consente all'animale di armonizzare con l'ambiente rimanendovi nascosto alla vista dei nemici o delle proprie prede viene definita colorazione mimetica. Esempi di colorazione mimetica sono il bianco mantello invernale della lepre alpina, il disegno a macchie di molti animali dei boschi, il dorso blu dei pesci, ecc. Esistono animali mimetici che imitano sia il colore che la forma degli oggetti del loro ambiente di vita. Il caso più noto è quello dell'insetto stecco che assomiglia talmente tanto, sia per forma sia per colore, al ramoscello su cui è posto da non poter essere assolutamente distinto da questo. Alcuni animali hanno la capacità di cambiare il colore e il disegno della pelle adeguandolo a quello dell'ambiente. Il colore della pelle cambia grazie ai riflessi nervosi e alle azioni ormonali che agiscono sui cromatofo- ri situati nella cute. Questo fenomeno è presente in molti pesci che vivono in prossimità del fondo come ad esempio la sogliola, nei molluschi – polpo o nei rettili – il camaleonte. Molti animali velenosi o dotati di odore o sapore sgradevoli presentano colorazioni cutanee vivacissime e disegni vistosi denominati colori d'avvertimento. Queste hanno l'obiettivo di tenere lontani eventuali predatori. Possedere un sapore sgradevole non è una difesa ideale per Lepre alpina un individuo dal momento che l'acquisizione della conoscenza di tale fatto richiede molti sacrifici. La farfalla monarca che ha un sapore sgradevole generalmente viene lasciata andare dagli uccelli dopo il primo assaggio, ma spesso viene anche ferita Diagnosi Un’accurata anamnesi può riportare riferimenti relativi al soggiorno dell’animale in aree endemiche, un lento e progressivo dimagrimento accompagnato da disoressia (appetito capriccioso), lesioni cutanee di tipo furfuraceo ed in alcuni casi epistassi, poliuria e polidipsia. La diagnosi clinica è spesso molto difficoltosa. Inoltre non sempre a un quadro clinico grave e conclamato corrisponde una parassitosi altrettanto imponente, e viceversa. Il medico veterinario che visita il cane, oltre Farfalla monarca Un calabrone mortalmente. Per tale motivo gli animali dotati di questi dispositivi di protezione lo mettono in risalto con colori vistosi. Più appariscenti sono tali animali, minore sarà il numero di individui che dovranno sacrificarsi. I colori d'avvertimento sono stati trovati negli insetti, nei rettili e negli anfibi velenosi. In molti animali, particolarmente insetti, specie non imparentate che hanno lo stesso sapore sgradevole, pungiglioni o altro tendono spesso ad assomigliarsi per quanto riguarda le loro caratteristiche d'avvertimento. Questo tipo di adattamento è noto come mimetismo mülleriano. Api, vespe e calabroni sono gli esempi più noti. Anche se non sempre siamo in grado di distinguerli facilmente, li identifichiamo subito come insetti che pungono e ci teniamo a debita distanza. Certamente una delle esibizioni più spettacolari della natura è il mimetismo batesiano, che permette alle specie di difendersi con l'inganno. Molti animali completamente innocui tendono ad assumere le sembianze di specie velenose. Così ci basta vedere moscerini, coleotteri o altri insetti di colore nero e giallo per associarli immediatamente a vespe e calabroni. Anche il fenomeno del mimetismo ci insegna che ogni specie che è riuscita a elaborare nel corso dell'evoluzione un proprio meccanismo di protezione, talvolta anche molto ingegnoso si è guadagnata un proprio posto in natura. 8 animali Mercoledì, 18 luglio 2007 ENTOLOGIA Come diventare amici LA FOTO DEL MESE L’ingegno Cuccioli a due e a quattro zampe: le regole per una buona convivenza U Non abbiate paura l'immagine qui sopra non ritrae un cane abbandonato dai propri padroni diretti in villeggiatura e travolto da un'automobile di passaggio. La foto ritrae un simpati- co e intraprendente cane mentre si riposa sfruttando l'unico riparo dal sole che sia riuscito a rintracciare in una di queste tipiche giornate afose di mezza estate. (kb) na recente ricerca condotta dalla prestigiosa rivista inglese British Medical Journal ha riesaminato il problema dell’aggressività dei cani nei confronti delle persone. Per la prima volta, però, il problema è stato affrontato dal punto di vista degli animali. Se noi uomini ci comportiamo in modo sbagliato possiamo innervosirli e renderli pericolosi. In particolare, lo studio inglese punta sull’importanza dell’educazione dei bambini che sono più a rischio re perciò mediato. Se è ormai assodato che la convivenza tra bambini e animali apporta notevoli benefici allo sviluppo psicofisico dei piccoli che, rispetto ai loro coetanei, sono più propensi a essere socievoli, sensibili, responsabili e più sicuri di sé, non sempre li si prepara ad accogliere un animale in casa. Gli adulti hanno il compito fondamentale di insegnare ai propri figli la sensibilità e le regole per trattare con gli animali nel modo più corretto e, nel caso in cui ci sia già un animale in CURIOSANDO Il groviglio Questa scena è stata immortalata a Fiume. Ritrae una donna circondata da cinque cani. Stupisce la tranquillità con la quale gli animali attendono che la padrona apra la porta di casa. Chiunque possieda un cane è perfettamente in grado di capire a cosa ci stiamo riferendo. Infilare la chiave nella toppa tenendo al guinzaglio un cane può trasformarsi in un'impresa. Complimenti alla signora per la sua abilità. Magari potrebbe aprire un corso e insegnare la propria tecnica ad altri padroni. AGENDA Associazioni "Snoopy" - Pola: Gsm: 0989230461 e-mail: [email protected] Canile di Pola Telelefono: 052541100 Gsm: 098855066 Società per la potezione degli animali di Fiume GSM: 098649939 "Lunjo i Maza" - Laurana Gsm: 0917638892 Appuntamenti CACIB UMAGO Svolgimento: dall'8 al 10 settembre 2007 Iscrizioni aperte fino al 10 agosto 2007 Per informazioni rivolgersi ai seguenti recapiti: Telefono: +385 (0)1 48 46 124, e-mail: [email protected] CACIT PARENZO Svolgimento: dall'8 al 9 settembre 2007 Per informazioni rivolgersi ai seguenti recapiti: Telefono: +385 (0)1 48 46 124, e-mail: [email protected] CACIT UMAGO Svolgimento: dal 13 al 14 settembre 2007 Per informazioni rivolgersi ai seguenti recapiti: Telefono: +385 (0)1 48 46 124, e-mail: [email protected] Programmi televisivi Sabato ore 9.05 TVC2: "Beniamini domestici" Da lunedì a venerdì ore 18.00 Raitre: "Geo magazine" In Più Animali ti premia Scatta una fotografia, scrivi una poesia, fai un disegno (su foglio A4) o dedica un racconto ad un animale, vero o immaginario, al quale sei particolarmente legato e invialo in busta chiusa a “La Voce del Popolo” – “In più Animali” (Via Re Zvonimir 20a – Fiume (Rijeka) 51000 – Croazia). Nella busta inserisci un biglietto con su scritti il tuo nome, recapito telefonico, indirizzo ed età. Ogni mese saranno pubblicati i lavori più belli. Tra le opere pubblicate ne sarà scelta una, al cui autore andrà in premio un libro della casa editrice EDIT di Fiume. I testi, che non devono superare le 3.600 battute (spazi compresi), le foto e i disegni, se in formato digitale, possono essere inviati anche all’indirizzo di posta elettronica [email protected] (le foto scattate con il cellulare non sono idonee alla pubblicazione). di morsicature, non tanto ad opera di un cane sconosciuto ma di quello di casa, che può sentirsi minacciato mentre mangia o riposa. Perché “il migliore amico dell’uomo” sia tale, soprattutto quando in casa c’è un bambino, è necessario adottare delle regole di convivenza che permettano di vivere tutti insieme, serenamente, senza pericoli. La storia insegna Uomini e cani, sin dal Paleolitico, hanno vissuto insieme. Secondo Konrad Lorenz, il padre fondatore dell’etologia (la scienza che studia il comportamento animale) fu una bambina a salvare da morte sicura un cucciolo di lupo e a portarlo con sé nella caverna, accudendolo e prendendosi cura di lui. È molto probabile addirittura che qualche donna abbia allattato i cuccioli di lupo insieme ai neonati umani (secondo il fenomeno del “maternaggio”) legando per sempre l’evoluzione del cane a quella dell’uomo. Quello che è certo è che ciò che unisce da sempre l’uomo al cane sono delle caratteristiche intrinseche comuni a entrambe le specie: la socialità, la curiosità, la voglia di movimento e di gioco, l’adattabilità, oltre che la maniera così simile di esprimere emozioni e sentimenti. Il rapporto tra bambini e animali casa quando arriva un bambino, di gettare tempestivamente le basi affinché il cucciolo di uomo sia accolto non come un estraneo ma come ri differenti da quelli degli adulti possono non essere riconosciuti come “piccoli uomini”. Con la giusta cautela, quindi, è bene favorire questi incontri tenendo presente che è fondamentale ricorrere a un veterinario comportamentalista nel caso in cui il proprio animale mostri nei loro confronti diffidenza, paura o, peggio, tendenza all’aggressività. Sotto una guida esperta si potrà correggere un errore di mancata conoscenza. L’entrata in scena del cane Se si deve ancora sceglierlo e, soprattutto se si è inesperti, è meglio preferire una razza naturalmente docile e magari una femmina, più dolce, tollerante e meno incline a comportamenti aggressivi. I rappresentanti di certe razze, tendono ad avere un temperamento più forte e reattivo, specie se maschi e le loro reazioni possono essere più brusche e improvvise, per esempio se tirati, trattenuti o travolti dai bimbi durante i giochi. Occorre però ricordare che i bimbi non sanno riconoscere i segnali di avvertimento che un cane può dare quando “ne ha avuto abbastanza” e quelli più piccoli non comprendono che un essere vivente ha le pro- Animali e bambini, un binomio che dà grandi risultati sul piano dello sviluppo psicofisico dei piccoli. Ma solo a patto che si rispettino alcune condizioni. Come il rispetto della privacy degli animali un altro membro della famiglia da amare e proteggere. L’arrivo di un bambino L’ideale sarebbe abituare il proprio cane alla presenza dei bambini entro le prime unidici/ dodici settimane di vita. In questo periodo il cucciolo impara a socializzare e a conoscere l’ambiente in cui vivrà e, poiché tutto ciò che si conosce bene non fa paura, non avrà problemi ad accogliere benevolmente il nuovo arrivato. Se ciò non è avvenuto, durante i nove mesi di attesa è importante che l'animale sia messo a contatto con i bambini che, fino all’età della pubertà, per movimenti e odo- prie esigenze di tranquillità, rispetto e privacy. Regole che i genitori devono spiegare molto attentamente ai propri figli. Tutto cambia se si va a prendere un cane in canile. In questo caso è impossibile conoscere la storia dell’animale e avere indicazioni precise sulle sue caratteristiche innate. È importante allora, valutare l’animale non solo in base all’aspetto fisico ma scegliendolo tra i cani più docili e tranquilli, ansiosi di piacere, cercando si saperne di più sulle sue origini e la sua vita in canile. Una volta a casa, il bambino deve imparare da subito a rispettare l’animale, facendo particolare attenzione al momento del riposo e dei pasti, frangenti di tempo nei quali anche il cane più docile dev’essere lasciato tranquillo. Quasi tutti i cani, proprio come impostazione genetica dovuta al processo stesso di addomesticamento, sono docili e anche nei confronti dei bambini non mostrano nessun tipo di aggressività. Quando lo fanno, molto spesso, ciò dipende da un errore di comunicazione all’interno della famiglia o dal fatto che si è scelto il cane sbagliato. Il rapporto tra bambini e animali, per quanto istintivo e innato, dev’esseAnno I / n. 5 18 luglio 2007 “LA VOCE DEL POPOLO” - Caporedattore responsabile: Errol Superina IN PIÙ Supplementi a cura di Errol Superina Progetto editoriale di Silvio Forza / Art director: Daria Vlahov Horvat edizione: ANIMALI [email protected] Redattore esecutivo: Krsto Babić / Impaginazione: Andrea Malnig Collaboratori: Marta Braščić, Mila Mariani Šubat, Mario Schiavato, Alessandro Superina, Marco Grilli, Igor Kramarsich, Sabrina Ružić e Tosco Cicala Foto: Graziella Tatalović e d’archivio