SAKE
Il sakè nasce da una fermentazione “complessa” del riso macinato (pulito). Si converte in alcool grazie
all’attività di enzimi e lieviti derivanti dallo stesso riso. Il processo produttivo si chiude dopo 20/30 giorni
di laboriose attività e procedure tradizionali (in questo testo molto semplificate). Successivamente
filtrato, diluito con acqua, pastorizzato è lasciato riposare per circa 6 mesi. In questa procedura ci sono
molte variabili ed eccezioni.
FASI DI PRODUZIONE DETTAGLIATE
1. Pulizia/macinazione del riso. E’ un punto critico, maggiore è la percentuale di pulizia del riso e
migliore è la qualità del sakè. Attraverso la pulizia si elimina la parte esterna del chicco (grassi,
proteine, vitamine) tenendo solo il cuore (amidi).
2. Lavaggio con acqua. Il riso assorbe acqua. Punto critico, in quanto la percentuale di acqua
assorbita influenza le fasi successive.
3. Cottura a vapore per circa 50 minuti, per macerare il chicco di riso.
4. Aggiunta della muffa di Koji (aspergillus oryzae).
5. Riposo per 5/7 giorni (fase Koji). In questa fase si sviluppano gli enzimi naturali del riso.
6. Aggiunta di acqua e lieviti.
7. Riposo per 14 giorni (fase Shubo). In questa fase gli enzimi convertono gli amidi del riso in
glucosio.
8. Fase di fermentazione: i lieviti attaccano il glucosio ottenendo l’alcool. La fermentazione dura
20/30 giorni. Da questa fase si ottiene il Moromi.
9. Pressatura del Moromi, da cui si ottiene il sakè con 20% alcool
10. Filtrazione
11. Aggiunta di acqua per portare la gradazione alcoolica a 15%/16%
12. Aggiunta di alcool per certe tipologie di sakè
13. Pastorizzazione
14. Riposo per circa 6 mesi
TRE SONO LE VARIABILI PER AVERE UN SAKE DI QUALITA’:
1. Tipologia del riso e qualità dell’acqua. Il riso usato in cucina (dove i grassi, le proteine e gli amidi
sono uniformi nel chicco) è diverso rispetto al riso usato per produrre il sakè (dove gli amidi sono
localizzati nel centro del chicco e le proteine, vitamine e grassi al suo esterno). Dall’amido del
riso, trasformato prima in zucchero e poi alcool, si ottiene il sakè. In questo caso si può
paragonare il sakè al vino dove si distingue l’uva da tavola dall’uva da vino e come per l’uva ci
sono diverse varietà di riso, più o meno idonee, per la produzione del sakè e diverse sono le aree
geografiche dedicate migliori di altre.
2. Macinazione del riso. Più il riso è macinato (eliminando grassi, vitamine e proteine, lasciando i
soli amidi presenti del cuore del chicco) migliore sarà il sakè. Generalizzando al massimo, più si
macina il riso, migliore sarà la qualità del sakè.
3. Esperienza e know how del produttore.
DEGUSTARE SAKE:
Due sono le variabili determinanti estreme, secchezza e dolcezza, influenzate anche dall’alcool e
dall’acidità. La qualità del sakè corrisponde per tradizione ad un prodotto secco, ma vi possono essere
sakè bilanciati tra secchezza e dolcezza di ottima qualità.
Per misurare la secchezza e la dolcezza del sakè si utilizza il Nihonshu-do (simile ad un termometro) che
agendo sulle variabili di densità del sakè puro e dell’acqua, dà un risultato tra - 3 e + 12. Più alto è il
numero più secco risulta il sakè, viceversa più basso è il numero più dolce risulta il sakè. La media dei
sakè sul mercato è di circa + 4.
Altri elementi da considerare durante la degustazione sono il corpo, la struttura (determinati dagli
aminoacidi presenti naturalmente nel sakè), gli aromi fruttati e floreali in crescita e una totale armonia
tra le seguenti 6 sensazioni: sapori, dolcezza, acidità, sapidità, amarezza, astringenza. Mentre la
sensazione post degustazione deve essere di totale pulizia in bocca.
INVECCHIAMENTO: Il sakè deve essere consumato giovane e fresco. Se tenuto a temperatura
controllata tra +5° e +20°, si mantiene anche per 3 anni.
TEMPERATURA: Il sakè viene preferibilmente consumato a temperature + 7° come per il vino bianco,
ma può essere consumato anche leggermente riscaldato.
ABBINAMENTI: Sicuramente avrebbe difficolta con alimenti troppo saporiti, piccanti, è ideale invece
con pesce, verdure e carni leggere. Comunque il principio è lo stesso, la completezza tra bere e
mangiare.