Il genetista nella diagnosi delle immunodeficienze

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1.
Il genetista nella diagnosi
delle immunodeficienze
Luciana Chessa*
*“Sapienza” Università di Roma, II Facoltà di Medicina e Chirurgia
Nuovi aggiornamenti di Immunologia clinica. Immunomodulazione e anticorpi
ISBN: 978–88–548–3433 –0
DOI: 10.4399/97888548343301
pp. 11–17
ottobre 2010
abstr ac t
The genetic bases of immunodeficiences are discussed. The recent progress in genetic molecular
techniques allowed in the last 15 years the detection of the causative mutations of the main immunodeficiences, showing a great genetic heterogeneity for most of them. The genetic defect could act
on the expression and function of the proteins involved in the development of the immune system,
in the cascades of cellular signalling and in the maintenance of immune system homeostasys. Mutations of Btk and other genes encoding for pre-B cells receptors or for BLNK protein cause around 90%
of defects in B cells maturation. Iper–IgM syndromes are due to mutations in CD40 ligand, CD40,
AID, or UNG in 70–80% of affected individuals. Rare defects in ICOS or in CD19 are causative of
Common Variable Immunodeficiency (CVID), whilst about 10% of patients with CVID show heterozygosity for missense TACI mutations.
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e immunodeficienze primitive (IDP)
costituiscono un gruppo eterogeneo di patologie causate da difetti in
geni implicati nei normali meccanismi della risposta immunitaria. Ad oggi sono state
identificate circa 200 IDP e più di 120 difetti
genetici associati. Sebbene in base all’incidenza le IDP siano considerate patologie
rare, la loro prevalenza nelle diverse popolazioni varia da 1:500 a 1:500.000, dipendendo
di fatto dalla situazione sanitaria dei diversi
paesi. I deficit dell’immunità umorale sono
i più frequenti:
— deficit di IgA 1/500–1/700;
— malattia di Bruton 1/100.000.
Per lungo tempo si è pensato che le IDP
fossero delle patologie monogeniche, ad
eredità recessiva autosomica o legata al sesso. Negli ultimi anni sono state identificate
forme ad eredità autosomica dominante, ad
eredità mitocondriale e forme poligeniche;
l’eredità autosomica recessiva rimane comunque la più frequente. Il difetto genetico può agire sull’espressione e la funzione
di proteine coinvolte in un’ampia gamma
di processi biologici, come lo sviluppo del
sistema immunitario, le funzioni degli effettori cellulari, le cascate di segnale e il mantenimento dell’omeostasi immunitaria.
Le IDP possono manifestarsi con un
ampio spettro di segni clinici, come suscettibilità alle infezioni, allergia, patologie autoimmuni, malattie infiammatorie, malattie
linfoproliferative e cancro. Esse sono dovute nel 65% dei casi a difetti dell’immunità
umorale, mentre difetti combinati dell’immunità cellulare e di quella anticorpale sono
responsabili di un ulteriore 15% dei casi. La
presentazione clinica è comunque eterogenea anche nell’ambito di una stessa patologia e/o di uno stesso difetto genetico.
Sofisticate tecniche genetiche hanno reso
possibile, negli ultimi 15 anni, l’identificazione dei geni responsabili delle più note e meglio descritte immunodeficienze. Mutazioni
di Btk, di componenti dei recettori delle cellule pre–B e B (λ5, Igα, Igβ), o della proteina
BLNK sono responsabili di circa il 90% di casi
con difetti nella maturazione delle cellule B.
Le sindromi da iper–IgM sono causate da mutazioni nel CD40 ligando, CD40, AID, o UNG
nel 70–80% dei pazienti affetti. Rari difetti in
ICOS o in CD19 possono originare un quadro
clinico consistente con la diagnosi di immunodeficienza comune variabile (CVID), così
come circa il 10% dei pazienti con questa patologia presentano in eterozigosi sostituzioni
aminoacidiche in TACI.
I molteplici meccanismi interattivi che
compongono il sistema immunitario possono essere raggruppati in 4 sistemi principali:
B linfociti e immunità anticorpo–mediata, T
linfociti e immunità cellulo–mediata, fagociti
e cascata del complemento. Le IDP vengono
classificate a seconda del sistema maggiormente colpito, anche se più sistemi possono
essere coinvolti in un’unica malattia:
1) IDP da difetti dei B linfociti o ID anticorpali con abnorme suscettibilità alle
infezioni da agenti patogeni piogeni ad invasività extracellulare (Agammaglobulinemia X–recessiva, XLA; Immunodeficienza
Comune Variabile, CVID; Deficit di IgA e
Ipogammaglobulinemia transitoria), con
una frequenza del 50% dei deficit umorali e
del 20% dei deficit combinati;
2) difetti dei T linfociti che provocano
una minore capacità di difendersi dai germi ad invasività intracellulare; poiché i T
linfociti cooperano con i linfociti B nella risposta anticorpale predispongono anche ad
infezioni da germi extracellulari (quindi ID
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combinate e se il difetto è molto grave ID
combinata grave, SCID) con una frequenza
del 10%;
3) ID da difetti del complemento, molto
rare (2%);
4) ID da difetti dei fagociti con frequenti e gravi infezioni batteriche e fungine (tra
queste la Malattia Granulomatosa Cronica,
CGD) (18% delle IDP);
5) ID associate a sindromi, cioè malattie in cui oltre al sistema immune sono
coinvolti anche altri organi (sindrome di
Wiskott Aldrich, WAS; sindrome di DiGeorge, CATCH22; Atassia–Teleangiectasia (AT);
Candidiasi mucocutanea cronica).
maturazione delle cellule b
e difetti anticorpali primitivi
Le cellule staminali ematopoietiche danno
origine alle cellule progenitrici totipotenti
che si possono differenziare nei progenitori
comuni mieloide (CMPs) o linfoide (CLPs).
Le CLPs progrediscono ai precursori delle
cellule B, oltre ad originare le cellule T, le
natural killer (NK) e le cellule dendritiche
plasmacitoidi (pDCs). I precursori delle
cellule B passano poi allo stadio di sviluppo pro–B CD10+ CD19+ CD34+. Le cellule pro–B si differenziano in cellule pre–B
CD10+ CD19+ CD34– che esprimono la
catena H di membrana che associandosi a
molecole di segnale (5/14.1 surrogate light
chain, CD79a e CD79b) formano il recettore delle cellule pre–B (pre–BCR). Mutazioni
nei componenti di pre–BCR e di B–cell linker (BLNK) risultano nell’agammaglobulinemia autosomica recessiva senza cellule B
mature in periferia. Difetti nel pathway di
segnale delle cellule B mediati dalla proteina
BTK danno origine all’agammaglobulinemia X–linked.
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I difetti primitivi nella immunoregulazione costituiscono un modello per la patofisiologia delle malattie linfoproliferative 1
(XLP1) e 2 (XLP2).
malattia di bruton (XLA)
Nel 1952 Bruton descrisse il caso di un bambino di 8 anni con infezioni polmonari e sepsi
ricorrenti. L’elettroforesi sieroproteica permise di documentare un deficit di immunoglobuline (Ig) sieriche.
Associando alla terapia antibiotica la somministrazione di Ig si assistette ad un progressivo miglioramento clinico del paziente; ma
soltanto nel 1993 è stato identificato il gene
responsabile della XLA.
Le manifestazioni cliniche compaiono
dopo il sesto mese di vita, alla scomparsa delle Ig di origine materna. Sono rappresentate
da infezioni ricorrenti e gravi a carico di molteplici distretti. I principali microrganismi responsabili sono batteri capsulati (Streptococcus pneumoniae, Haemophilus influenzae,
stafilococchi), che danno origine a polmoniti,
otiti, sinusiti e anche a: piodermiti, artriti (da
Mycoplasma), sepsi, gastroenteriti (specie da
Giardia), meningoencefalite cronica. Complicanze tardive sono bronchiectasie e sindrome
da malassorbimento. Inoltre è stata osservata
l’associazione con malattie autoimmuni e tumorali (adenocarcinoma gastrico).
Il gene mutato è localizzato sul braccio lungo del cromosoma X nella regione
q21.3–q22; è formato da 19 esoni e codifica
per una proteina di 77 kDa, la tirosinchinasi
dei linfociti B (Btk), proteina citoplasmatica specifica delle cellule ematopoietiche
(cellule mieloidi, piastrine, cellule B), non
espressa nelle plasmacellule e nei linfociti T.
Il blocco della differenziazione causato
da mutazioni nel gene Btk porta all’assenza
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di cellule B mature. Sono state individuate
più di 500 mutazioni che portano alla produzione di una proteina tronca o di una proteina strutturalmente instabile o con deficit
dell’attività catalitica (es. mutazioni non
senso con formazione di un codone di stop
prematuro, mutazioni missenso). È stato osservato che mutazioni analoghe nella stessa
famiglia sono correlate con una espressione
fenotipica diversa. Ciò suggerisce che altri
fattori genetici possono contribuire a determinare la gravità clinica della malattia;
infatti l’attività di altre protein–chinasi citoplasmatiche (TEC) potrebbe compensare il
deficit legato a mutazioni di Btk. Non è stata
osservata una evidente correlazione genotipo/fenotipo in XLA, tuttavia è stato evidenziato che specifiche mutazioni in Btk sono
correlate alla gravità della malattia.
Dal 1952, quando l’agammaglobulinemia congenita è stata descritta da Bruton,
la caratterizzazione delle IDP nell’uomo
è stata cruciale per la comprensione della
biologia della risposta immunitaria innata
e adattativa. Recentemente è stata identificata una serie di difetti primari dell’immunità innata, insieme a nuovi difetti nella
differenziazione delle cellule pre–B e B e
nella maturazione anticorpale e a patologie monogeniche con alterata omeostasi
sia dell’immunità innata che di quella adattativa. Nuovi difetti dell’immunità innata
sono:
— TLR3–mediated signalling defects in
HSV encephalitis;
— Cytokine–induced JAK–STAT pathway defects in hyper–IgE syndrome;
— X–linked susceptibility to mycobacterial disease;
— Severe congenital neutropaenia;
— Leukocyte adhesion deficiency type III.
cvid
Mutazioni in un gene recentemente scoperto
sembrano essere responsabili di molti casi di
deficienza immunitaria, in particolare di due
sindromi — la deficienza di immunoglobulina A (IgA) e l’Immunodeficienza Comune
Variabile (CVID) — che rendono i pazienti
estremamente vulnerabili alle infezioni e che
spesso non vengono diagnosticate. La deficienza di IgA colpisce una persona su 600; la
CVID è meno comune ma più grave. L’immunodeficienza comune variabile comprende deficit anticorpali che si presentano con
grande eterogeneità clinica sia nella tarda
infanzia che, più tipicamente, nella prima–
media età adulta. I bambini e gli adulti che ne
soffrono subiscono infezioni ricorrenti, bronchiti, polmoniti e infezioni gastrointestinali.
Le sindromi possono verificarsi nella stessa
famiglia e predisporre i pazienti anche all’autoimmunità, in particolare colpendo la tiroide e dando origine ad un’insufficienza ormonale. I pazienti con la CVID, infine, sono predisposti allo sviluppo di linfomi a cellule B.
Le mutazioni di TACI interferiscono con due
aspetti della risposta immunitaria relativi
alla maturazione delle cellule B; sono state
identificate in 4 pazienti su 19 con la CVID
e un paziente su 16 con la deficienza di IgA.
I pazienti non erano imparentati fra loro.
Nessuno dei 50 soggetti di controllo sani
analizzati presentava una mutazione di TACI.
Altre molecole implicate nell’eziopatogenesi
della CVID sono ICOS e BAFF/BAFF–R. Tutte le proteine finora identificate partecipano
alla maturazione di T e B linfociti e all’organizzazione della risposta immunitaria.
SCID (Severe Combined Immunodeficiency)
Le SCID (immunodeficienze combinate gravi) sono un gruppo eterogeneo di malattie ge-
Il genetista nella diagnosi delle immunodeficienze
netiche che compromettono gravemente la
funzione del sistema immunitario, in particolare dei linfociti T (e spesso anche dei linfociti
B). A causa di questo difetto, l’organismo è incapace di difendersi nei confronti di qualsiasi
agente infettivo: virus, batteri, funghi. Si tratta
quindi di patologie molto gravi, che portano
rapidamente a morte a meno che non si intervenga attraverso il trapianto di midollo osseo.
La SCID colpisce 1 su 100.000 nati vivi. Gli individui affetti da SCID nelle prime settimane
di vita non presentano sintomi, dal momento
che probabilmente sono ancora protetti dagli
anticorpi trasmessi dalla madre attraverso la
placenta, ancora in circolo nel sangue. Dai tre
ai sei mesi compaiono i primi sintomi, cioè
una particolare suscettibilità alle infezioni intestinali e respiratorie, anche a quelle meno
aggressive quali la candidiasi.
I geni coinvolti nell’insorgenza della SCID
sono numerosi e quindi troviamo differenti
varietà di questa sindrome che proprio dal
gene mutato, o dalla proteina correlata assente, prendono il nome. Alcuni esempi sono: il
deficit di catena gamma, il deficit di chinasi
JAK3, il deficit di purine nucleoside phosphorilase (PNP), il deficit di adenosin deaminasi
(ADA), il deficit di MHC di classe II.
Nei pazienti con SCID il blocco della produzione di linfociti porta ad immunodeficienza. Mutazioni germinali dei geni necessari per
la produzione, la sopravvivenza o la funzione
dei linfociti causano varie forme di SCID, con
cellule B, T e NK assenti o non funzionali.
Il blocco della produzione di cellule immunocompetenti nei pazienti con SCID porta
all’espansione del pool di cellule progenitrici
(CLPs). Il numero di cellule CD34+ ematopoietiche staminali progenitrici presenti nel
midollo osseo dei bambini con X–linked SCID
è relativamente alto, ad indicare che il pool di
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cellule progenitrici è espanso per l’assenza di
catene γc, che sono richieste per il signalling
delle citochine e la differenziazione delle CLP.
La correzione genica delle cellule ematopoietiche e progenitrici porta alla ricostituzione della capacità immunitaria. Nella
terapia genica per la SCID X–linked viene
utilizzato un vettore retrovirale per trasferire il γc cDNA umano normale nelle cellule
staminali ematopoietiche pluripotenti isolate
dal midollo osseo del paziente. L’espressione
di γc ripristina la risposta delle citochine e permette la differenziazione delle CLP in cellule
B, T e NK. Il successo della terapia genica in
questi pazienti potrebbe essere dovuto all’ampio pool di cellule progenitrici disponibili per
la trasduzione e all’elevato livello di innesto
delle cellule geneticamente corrette, dovuto
all’assenza di linfociti endogeni maturi.
SINDROME DI WISKOTT–ALDRICH
È un’immunodeficienza congenita ad eredità recessiva legata all’X; colpisce circa un neonato ogni 250.000 maschi. Il gene malattia
è localizzato sul braccio corto del cromosoma X nella regione p11.2 ed è stato chiamato
WASP (Wiskott Aldrich Syndrome Protein).
WASP codifica per una proteina espressa
selettivamente nelle cellule ematopoietiche
necessaria ai processi di riorganizzazione del
citoscheletro, e in particolare alla polimerizzazione dell’actina. Attraverso il legame con
la GTPasi Cdc42, la proteina WASP collega
fenomeni di attivazione cellulare con la riorganizzazione del citoscheletro e quindi con
la risposta biologica della cellula agli stessi
stimoli di attivazione.
La malattia è caratterizzata dalla triade:
— infezioni ricorrenti causate dal deficit
di linfociti T e B;
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— emorragie causate da carenza di piastrine nel sangue;
— eczema.
La WAS è classificata come “immunodeficienza combinata”, poiché il deficit immunitario colpisce sia i linfociti B che i T. Il
deficit immunitario, pur interessando sia i
B che i T, è parziale; in particolare, i pazienti WAS sono capaci di produrre anticorpi
contro certi microrganismi (come il tetano) ma sono incapaci di produrne contro
altri germi, come l’Haemophilus influenzae o lo pneumococco, che presentano sulla loro membrana antigeni polisaccaridici.
A causa di questo difetto i pazienti WAS
sviluppano frequenti e/o ricorrenti otiti,
polmoniti e perfino meningiti. Il numero
dei linfociti T è normale alla nascita, ma
diminuisce progressivamente nel tempo;
inoltre, essi presentano difetti funzionali. A
causa di queste alterazioni i pazienti WAS
possono sviluppare infezioni da germi opportunisti come la Candida, lo Pneumocistis jirovecii o gli herpesvirus. Le piastrine
sono presenti in un numero marcatamente
ridotto, intorno alle 15.000–35.000, e sono
molto più piccole (circa la metà) rispetto
a quelle normali. A causa di questa trombocitopenia possono insorgere emorragie
sulle mucose (cavo orale) o negli organi interni, sia spontaneamente, sia a seguito di
piccoli traumi. Le dimensioni ridotte delle
piastrine costituiscono il miglior test per
confermare la diagnosi di WAS in un bambino con trombocitopenia, in quanto essa è
l’unica patologia conosciuta con questa caratteristica. Infine, in quasi tutti i pazienti
con la WAS è ricorrente l’eczema, in forma
leggera in alcuni pazienti, fastidioso e ribelle alla terapia in altri.
Sindrome di DiGeorge (catch22)
La sindrome di DiGeorge o aplasia timica
è una delle poche malattie da carenza immunitaria da deficit di linfociti T i cui sintomi si manifestano subito dopo la nascita, a
causa di un difetto embrio–morfogenetico.
I pazienti presentano ipoplasia del timo e
delle paratiroidi, con la caratteristica sintomatologia ipocalcemica (tetania, convulsioni) che si verifica nelle prime 24 ore di vita,
malformazioni cardiache con difetti settali
e interruzione dell’arco aortico e mancata
chiusura del dotto arterioso, basso impianto auricolare, ipoplasia mandibolare e palatoschisi. L’ipocalcemia di questi soggetti è
permanente. Questa sindrome causa l’insorgenza di infezioni spesso letali. In un ristretto numero di casi è indicato il trapianto di
timo fetale e l’ipoparatiroidismo va curato
con calcio al quale si deve aggiungere vitamina D o paratormone.
La CATCH22 (Cardiac anomalies, Abnormal facies, Thymic hypo/a–plasia, Cleft
palate, Hypocalcaemia) è causata dalla microdelezione, generalmente de novo, della
regione genica 22q11.2; colpisce 1/4000
nati.
Atassia Telangiectasia (At)
L’Atassia Telangiectasia è una malattia ad
eredità autosomica recessiva, con una frequenza di 1/40.000 nati, caratterizzata da
atassia cerebellare progressiva, telangiectasie oculocutanee, infezioni broncopolmonari ricorrenti, deficit di IgA, aumento di
alfafetoproteina, difetti endocrini, anomalie
ecocardiografiche, ipersensibilità alle radiazioni ionizzanti, predisposizione a leucemie
e linfomi T. A livello cellulare si notano
un aumento delle rotture cromosomiche
Il genetista nella diagnosi delle immunodeficienze
spontanee e indotte da radiazioni ionizzanti e da radiomimetici; la presenza di
riarrangiamenti cromosomici coinvolgenti
soprattutto i cromosomi 7 e 14 nei loci delle immunoglobuline e dei T–cell receptors;
la sintesi di DNA radioresistente dopo danno al DNA, per il mancato funzionamento
dei punti di controllo del ciclo cellulare. Il
gene responsabile della malattia appartiene ad una famiglia di geni ben conservati
nella scala evolutiva che regolano i punti di
controllo del ciclo cellulare e la morte cellulare programmata. Il gene codifica per la
proteina ATM che presenta un sito catali-
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tico di tipo fosfatidilinositol–3–chinasico ed
è espressa in maniera costante nelle cellule
degli individui non mutati. Le mutazioni
del gene ATM sono generalmente delezioni, più raramente inserzioni o sostituzioni
di base, e nella maggior parte dei casi originano un prodotto proteico tronco, non
funzionante.
I possibili meccanismi di immunodeficienza in AT sono riconducibili a:
— ricombinazione V(D)J difettiva;
— disfunzione timica;
— repertorio ristretto;
— funzione linfocitaria difettiva.
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